La band, innanzitutto, così come è presentata sul sito ufficiale del musicista http://vollenweider.net:
Andreas Vollenweider: harps, gu-cheng, vocals, wind instruments, accordeon, kora etc.
XiaoJing Wang: erhu (chinese violin)
Joe McHugh: whistles, flutes, uillian pipes, guitars, bouzouky, mandolin etc.
Walter Keiser: drums, percussion
Jazz & Image è una manifestazione che da qualche anno fa ascoltare ai romani musica di qualità in un ambiente davvero bello, all'interno di un parco, con luci e atmosfere che sfruttano intelligentemente la natura circostante. Quest'anno c'è stato spazio anche per un musicista come Andreas Vollenweider, la cui musica, certo non vicinissima al jazz, è però un esempio di contaminazione ricco di colori e suoni che supera finalmente le consuete tediose distinzioni fra new age, world music, easy listening e via annoiandosi :-).
Si spengono le luci: nel buio Walter Keiser, batterista di valore e compagno da sempre della storia musicale di Vollenweider, distende un morbido tappeto ritmico sui cuori di tante persone che dimostreranno nel corso del concerto di conoscere bene l'arpista svizzero; si comincia a sentire piano un flauto e una melodia di quelle che fanno pensare a storie di folletti, e dopo alcuni secondi Andreas entra saltellando e suonando, avvicinandosi fra gli applausi alla sua arpa. Via con Stella, forse il brano dell'ultimo CD Cosmopoly in cui la cifra dell'artista è più riconoscibile.
Impressiona davvero il modo in cui l'arpa riempie il suono e il palco: Vollenweider e Keiser insieme sono già un gruppo, una macchina sonora in grado di affascinare e coinvolgere.
Questo è il ricordo più grande che resta del concerto a fine serata. Alla fine del brano sale sul palco, annunciato da un Vollenweider spiritoso e comunicativo come al solito, Joe McHugh, fiatista irlandese di dubbia qualità, che fa quel che può per abbellire un quadro sonoro che non aveva bisogno di lui e che mostra tutti i suoi limiti quando si passa a momenti di improvvisazione collettiva, in cui ogni sua nota suona didascalica ed elementare.
Il bello di Vollenweider e Keiser sta invece proprio nel fatto che la loro grande tecnica è nascosta dalle suggestioni dei loro suoni e non risulta fredda.
Va molto meglio con la grazia e la bravura della cinese XiaoJing Wang all'erhu; si avverte ancora la distanza con il duo svizzero che è davvero di una compattezza che lascia stupefatti, ma alcuni momenti del concerto sono davvero di musica globale, con suoni che sembrano provenire da mille nazioni contemporaneamente.
Vollenweider coinvolge il pubblico, ci invita a cantare, a sostenere con le voci il ritmo, a giocare con loro in un paesaggio cui non sarebbe giusto dare il nome di un genere musicale.
Si arriva a Pyramid, primo brano scritto da Vollenweider con l'arpa e per l'arpa e splendida chiusura del concerto, guarda caso suonata ancora solo con l'apporto di Keiser (grandi applausi per lui pochi minuti prima per uno spettacolare assolo).
Resta il suono meraviglioso e pieno di un'arpa che incanta da più di quindici anni, una musica da sentire con tutto il corpo, una piacevolissima sensazione di serenità (e la musica, perché no, serve anche a questo!), la sensazione che meno di due ore di concerto sia un po' poco e il rammarico per due compagni di viaggio non sempre all'altezza della situazione.
A presto
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