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© Andrea Gerolimon per http://www.music-on-tnt.com |
Itinerari
Jazz di Trento Uno legge sui manifesti "Gonzalo Rubalcaba and João Bosco Group" e presuppone di trovarsi davanti la sera del concerto un Rubalcaba in piena forma, accompagnato da João Bosco e dal suo gruppo. Bene, con questo spirito mi sono presentato domenica 8 aprile all'Auditorium S. Chiara di Trento. Mi sono seduto e ho aspettato con una certa trepidazione l'ingresso dei musicisti. Insomma, stiamo pur sempre parlando di Gonzalo Rubalcaba, pianista cubano tra i più apprezzati degli ultimi anni. Ma un'amara sorpresa era lì ad attendermi. Infatti è stato il cantante e chitarrista brasiliano João Bosco a prendere in mano in modo quasi "autoritario" l'intero concerto, lasciando alla sua band (composta da Carlos Enriquez al basso elettrico e al contrabbasso, e da Ignacio Berroa alla batteria) e allo stesso Gonzalo pochissimo spazio. Nei pochi momenti in cui ha potuto esprimersi, il musicista cubano ha sicuramente dimostrato la sua grande tecnica e raffinatezza, ma non credo sia mai stato particolarmente entusiasta di suonare davanti al pubblico trentino. Anzi, ho avuto pure l'impressione che non ci fosse continuità tra le note che uscivano dal pianoforte e il movimento delle sue mani sulla tastiera. Alla qual cosa ha contribuito indubbiamente la pessima amplificazione (una delle peggiori che abbia mai sentito!!), che faceva sembrare lo Stainway presente sul palco un Yamaha male accordato… E che dire di João Bosco? Che ha dato prova di essere un buon artista, a suo agio sia con i ritmi brasiliani (leggi bossa nova), che con quelli più vicini al latin jazz caraibico. Certo, forse è mancato di quel coinvolgimento emotivo che avrebbe sicuramente trasformato l'intero concerto, e che ha sempre accompagnato personaggi del calibro di João Gilberto o Caetano Veloso, tanto per citare due nomi "a caso". Alla fine il risultato è stata una serata tutto sommato piacevole, in linea con l'impostazione data quest'anno ad Itinerari Jazz, dove si è voluto privilegiare un jazz più facile e orecchiabile (passatemi il termine), capace di attirare anche il pubblico non particolarmente smaliziato, che, bisogna dirlo, è accorso numeroso a tutti e quattro i concerti. Personalmente avrei
preferito però delle scelte più coraggiose, maggiormente sperimentali;
una via che era già stata intrapresa gli anni scorsi, e che aveva consegnato
degli ottimi risultati, anche se più sul piano della qualità esecutiva
che su quello del richiamo del grosso pubblico. Tant'è, sono scelte, discutibili,
ma sempre rispettabilissime. O no?
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