Negli ultimi anni il panorama musicale italiano è finalmente riuscito a sfuggire al monopolio della musica leggera dettato da quell'enorme macchina per fare soldi che si chiama Sanremo, esplorando generi molto più vari e validi.
Questo anche grazie alla fucina di talenti rappresentata dai centri sociali che, nel bene e nel male, hanno visto muovere i primi passi a gruppi come i Modena City Ramblers, i Litfiba, gli Ustmamò, i CSI e molti altri.
Molti di questi, una volta raggiunto il successo commerciale, hanno smussato i toni provocatori dei loro primi lavori allo scopo di abbracciare un pubblico più vasto ed eterogeneo; pochi di loro sono rimasti fedeli alla linea originaria. Ed è proprio fra questi ultimi che i 99 posse, con il loro ultimo lavoro, hanno dimostrato di essere.
Corto Circuito è un album sicuramente strano, e dimostra come i cinque ragazzi napoletani stiano raggiungendo la piena maturità stilistica, ricercando suoni più raffinati ed elettronici sempre mantenendo il loro disagio ed il loro grido di protesta. Già con Cerco Tiempo i posse avevano cercato, a mio avviso mancando il bersaglio, di affinare il loro stile: le intenzioni che allora appena trasparivano, in Corto Circuito si presentano nella loro luccicante realtà.
L'introduzione di suoni campionati magistralmente coordinati con una sensibilità insospettabile, e l'uso massiccio della morbida voce di Meg contrapposta al solito, arrabbiato Zulù, creano un'atmosfera a metà tra il sognante e l'angosciante, l'amore s'intreccia con l'odio e la rivolta con la resa. E' un disco contraddittorio, che se da un lato prende definitivamente le distanze da una società e uno stato incapaci di capire il disagio dei giovani, come in "Lettera al presidente", ed esalta valori umani semplici come l'amicizia e l'amore ("Quello che"), dall'altro giura vendetta alle classi governanti ("Pagherete tutto").
Tale contraddizione si avverte anche nei suoni, che variano da dolci ballate a ruvidi sfoghi repressi ma laceranti ("Focolaio"). Il tutto culmina nella canzone che dal titolo all'album, Corto Circuito, la mente ed il cuore che si scontrano senza risoluzione. Un album profondo perfettamente studiato, attraverso il quale i 99 posse dichiarano all'Italia la loro esistenza non più come meri portavoce dello scontento dei giovani, ma come una band ormai completa sotto ogni punto di vista, entrando a pieno titolo nell'ambito di quella che è comunemente chiamata musica d'autore.
Da segnalare la collaborazione dei Subsonica in "me siente", a dire il vero decisamente superflua. Un disco da ascoltare e riascoltare, che riesce a farci pensare attraverso il suo messaggio sociale e umano.
A presto
© Copyright 1999 Francesco Pone- http://www.music-on-tnt.com