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© P. L. Zanzi per http://www.music-on-tnt.com |
MUSIC
ON TNT presenta MOONJUNE RECORDS
www.moonjune.com E' arrivata su questi schermi
la collaborazione fra la nostra rivista ed una label davvero interessante
di New York, la Moonjune Records. Da laggiù ci ha contattato il
suo presidente Leonardo Pavkovic, che ci ha scoperto ed ha pensato,
molto semplicemente, di promuovere il nome della propria etichetta inviandoci
dei CD da recensire e fornendoci qualche informazione sugli artisti. Ho
scritto quel "molto semplicemente" con un preciso ed amaro intento
polemico, visto che ora ho le prove che è molto più facile
ricevere CD, senza averli richiesti, da una label di New York e da una
persona cortese piuttosto che chiederne in Italia, senza ottenere mai
neanche un no in cambio
Beh, vado avanti, ma la Moonjune mi è
già simpatica coi CD ancora incellofanati
;-). Comincio proprio dal jazz, e per farlo esco subito dal nome Moonjune per parlare della consorella Jazz Magnet Records, di cui ho ricevuto 4 CD davvero notevoli. Il primo che ho aperto è In the ear of the beholder di Jorge Sylvester e del suo Afro-Caribbean experimental trio. Sinceramente non ho mai sentito i nomi dei tre componenti, il che mi dà il vantaggio di una forzata neutralità di ascolto. Sylvester suona il sax alto, Donald Nicks è al basso elettrico e Bobby Sanadria è il batterista. E' un lavoro interessante, non facilissimo e in un certo senso coerente con le premesse, nel proporre un incontro tra sonorità di provenienza caraibica e strutture ritmiche africane, in una strada che può far venire in mente Fela Kuti ma che osa di più, dal momento che è più intransigente nella costruzione di geometrie che la formula del trio rende più spigolose e scarne. Il basso molto a la Pastorius e il sax viaggiano spesso insieme a tessere linee di cantabilità essenziale rafforzate da una batteria che, paradossalmente, nei momenti più duri è l'elemento che ammorbidisce il soundscape. Per il resto, il CD viaggia nei territori del jazz (specie col sax, mentre basso e batteria non sembrano seguirlo qui più di tanto) e, con qualche piccola fase di stanca, lascia alla fine la piacevole sensazione di aver ascoltato una musica non banale e non ostica a tutti i costi. Di particolare collocazione ed interesse è Snips, la registrazione (di non buona qualità, ma qui conta anche altro) del primo concerto di Steve Lacy per solo sax negli USA. E' del 1976, e le foto interne documentano l'ambientazione in cui ha avuto luogo, di fatto un loft con 15-20 persone sedute su poltrone o in terra, il che rende il tutto ancor più affascinante, insieme a quel suono così caratteristico del sax di Lacy. E' un doppio CD che sinceramente sarebbe sbagliato consigliare a tutti, visto che di sicuro non è fra le cose che "si lasciano ascoltare"; è un lavoro che richiede testa, attenzione, passione per la storia del jazz e la filologica comprensione che è necessaria di fronte ad una produzione di qualità audio davvero non elevata. D'altra parte è una chicca di quelle che si mostrano con orgoglio fra jazzofili Per chi apprezza il jazz di scuola inglese e le sue diramazioni (perché qui di diramazioni si parla, decisamente) si arriva alla Moonjune con Bar Torque di Elton Dean e Mark Hewing, due musicisti che dal Canterbury sound in poi hanno contribuito in vario modo a numerosi progetti del mondo musicale jazz-oriented anglosassone. In questo CD registrato dal vivo nel 1992 al London Jazz Cafè, Dean è al sax e Hewing suona chitarre acustica, MIDI guitar e campionatori. I brani sono tre lunghi momenti improvvisativi di impatto evocativo e morbidamente teso, senza mai strillare, con qualche rimando al sound che loro stessi hanno contribuito a costruire e alle ampie escursioni oniriche di Fripp e Terry Riley. Sul fronte del jazz più classico (chissà in che senso, poi diciamo quello che, quando lo senti, ti fa dire "è jazz") segnalo il CD di una contrabbassista, Mary Ann McSweeney, che si chiama Thoughts of you. Interessante e godibile, ben suonato da un non usualissimo sestetto con trombone, sax, piano, basso, batteria e percussioni. Si ascoltano molto piacevolmente la cover di Yes and No di Shorter, il traditional Amazing grace e brani della stessa Mc Sweeney, che fra l'altro suona bene, ha uno strumento con un bel timbro legnoso e pieno e una gradevole sensibilità melodica, che in alcuni punti mi ha ricordato Ron Carter. Per chi ama il progressive ci sono poi 2 CD che, a sorpresa, fanno arrivare dall'America su una webzine italiana come la nostra due gruppi nostrani, che hanno trovato maggior spazio altrove. Storybook documenta un concerto del 1997 al Progday Festival dei Finisterre, gruppo di cui si apprezzano da subito le ottime doti tecniche, grazie ad un sound nitido e definito e ad un insieme compatto e preciso. Se cercate le critiche classiche che si rivolgono di solito a questi gruppi (un po' di Genesis, di Gong, di Jethro Tull e d'altro) beh, non è che vi si possa smentire neanche stavolta, ma nel suo genere resta un buon disco, composto e suonato con bravura e dignità professionale e con la coraggiosa coerenza di chi cerca ancora di fare una musica lontana dal consueto e priva di eccessi elettronici (anche se bisogna aggiungere un leggero retrogusto di Banco del mutuo soccorso e in Hispanica, a proposito di Jethro Tull, sembra di stare "vivendo nel passato" ;-) ). Work in progress live è invece il CD dei veronesi DFA, band che suona un prog di impronta più moderna, elettrico, teso, arricchito di virtuosismi, tempi dispari, anticipi e tutte quelle delizie che per alcuni sono un po' stucchevoli ma che per altri sono assolutamente gli elementi distintivi della musica migliore. Senza cercare paragoni altisonanti, siamo di fronte ad un gruppo che conosce ed utilizza molto bene le lezioni del prog più spinto e tecnico, con gli immancabili innesti vintage che il contesto richiede e la sobria consapevolezza di saper suonare bene.
Che dire? Una è la speranza che la collaborazione fra Moonjune e Music on TNT prosegua, visto il livello delle produzioni ascoltate finora. Ovviamente nei giudizi abbiamo la più totale libertà ed indipendenza, se non fosse ancora chiaro, per cui non può che farci piacere parlare di questa musica e continuare a farlo in futuro. La seconda cosa è il ritorno al discorso che avevo introdotto a bocca socchiusa all'inizio dell'articolo, e sarò breve anche in questo caso. La scelta da parte di una label di promuoversi inviandoci dei CD, come credo si veda bene nelle righe che avete appena letto, è un'operazione che porta esclusivamente vantaggi, a tutti. La casa discografica deve solo pagare la spedizione del materiale e il costo ( ) dei CD, e ottiene pubblicità. Noi abbiamo buona musica di cui parlare. I lettori hanno notizie, opinioni, recensioni e suggerimenti da parte di persone sui cui gusti si può ovviamente discutere in lungo e in largo, ma la cui onestà di giudizio è invece fuori discussione. Se poi dall'altra parte ci sono persone gentili e tranquille come Pavkovic, ci guadagnamo anche dal punto di vista umano. In redazione continuiamo a chiederci cosa aspettino le altre label a risponderci
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