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Il 27 gennaio scorso, come ormai sanno anche i sassi, s'è celebrato il 100° anniversario dalla morte di Giuseppe Verdi, probabilmente il più grande operista italiano e certamente uno dei più grandi dell'intera storia della musica. Una data che casca a fagiolo, proprio all'inizio dell'anno, del millennio per giunta, quasi un giubileo della musica. Questa data ha stimolato molte direzioni artistiche di teatri e sale da concerto di tutto il mondo ad allestire, proprio in questo giorno, il Requiem che Verdi compose in memoria di Alessandro Manzoni: Milano, Parma, Roma, Trieste, Marsiglia, Madrid, Colonia, Washington, New York, Tallin e forse altre. Addirittura, in tutto il 2001, saranno complessivamente più di 80 le esecuzioni del Requiem nelle varie città del mondo. Una cifra impressionante, una vera indigestione direi, giustificata oltre che dalla particolare occasione anche dalla musica vera e propria, bella e affascinante, di quelle che catturano subito l'attenzione e che ti entrano dentro al cuore e lì restano. Certo, a parte i meriti di Verdi ci sono anche i demeriti della presunzione di credere che ci sia al mondo una valanga di voci in grado di cantare come si deve questa partitura monumentale. Non è così, non ci vuole un genio per capirlo, ma oggi il convento questo passa e questo ci dobbiamo ascoltare in trepidante attesa di tempi migliori. Ma cos'è un Requiem? Per alcuni giorni sulle pagine culturali dei giornali nazionali non s'è parlato d'altro, ma chissà se tutti sanno cosa questo termine significa. Nel dubbio, concedetemelo, vi dirò che Requiem è la prima parola di un'antica preghiera liturgica (i cui versi furono adoperati nella messa per i defunti fin da tempo antichissimo) che così iniziava: Requiem aeternam dona eis domine (O Signore, dona a lui luce eterna…). La Messa di Requeim (non da Requiem come erroneamente si dice) è divisa in varie parti che solitamente sono: Introitus (Requiem aeternam) Il Requiem verdiano fu eseguito per la prima volta il 22 maggio 1874 con grande successo di pubblico. La critica, invece, espresse qualche riserva accusando il compositore di aver scritto un lavoro poco "sacro" e troppo "teatrale". Un appunto che, pur non del tutto errato, mira alla superficie del discorso, non alla sua sostanza. Verdi era certamente soprattutto un compositore di teatro, ma sono proprio certe caratteristiche del suo modo di scrivere musica a rendere eccezionale questo Requiem. Verdi creò davvero un'opera in cui l'uomo si confronta, con dolorosa e disillusa angoscia, con il mistero della morte. Soprano, contralto, tenore, basso, coro e orchestra ci restituiscono con imperiosa grandiosità un atmosfera di ricchi contrasti emotivi, con improvvise accensioni e commosse oasi liriche. Il momento di più alto ed immediato impatto emotivo è probabilmente rappresentato dal terrifico Dies irae, mentre davvero non si contano i punti in cui la melodia verdiana è pervasa da una strepitosa forza d'ispirazione e d'espressione. L'Istituto Discografico Italiano
ha recentemente pubblicato su doppio CD (insieme al Te Deum e a preludi
e sinfonie da varie opere) una registrazione live del Requiem di Verdi
che mi sento di dover segnalare per la sua bellezza. Per chi invece preferisce la purezza del suono moderno c'è la recente pubblicazione della Teldec con Domingo e Furlanetto o, andando un po' indietro negli anni, la mitica edizione della Decca con la Sutherland e il Luciano nazionale. A voi la scelta! |
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