Franco SGAVIOLI - Conoscere le proprie origini

 

 

Introduzione e spiegazione della genealogia e della storia

 

 

1 - MOTIVO DEL SITO –

2 – COME PARTECIPARE PER MIGLIORARE LE INFORMAZIONI

3 – CONTENUTO DEL SITO E MODO DI CONSULTAZIONE

4 – LA RICERCA

5 - LA GENEALOGIA E LA STORIA DELLA STIRPE SGAVIOLI

6 - UNA STORIA NATA IN ITALIA E CRESCIUTA IN BRASILE –

7 - LA VOGLIA DI ESSERE E DI SENTIRSI ITALIANI –

8 - SIGNIFICATO E DERIVAZIONE DEL COGNOME SGAVIOLI –

9 - COLLEGAMENTI

 

 

 

 

Aggiornamento del sito: maggio 2010. La banca dati di questo sito comprende 1319 persone di cui 648 sono femmine e 671 sono maschi.

 

 

 

1 - MOTIVO DEL SITO –

 

Questo sito è dedicato alla Stirpe SGAVIOLI, della quale vuole ricostruire la genealogia e la storia. E' stato realizzato da Franco Sgavioli, residente in via Luigi Zoja, 1 - 20153 - Milano - Italia.

Nel sito ci sono tutte le persone che, in vario modo, fanno parte della genealogia e che sono state individuate e rintracciate nei vari archivi pubblici e/o privati. Le informazioni, i dati e tutto quanto è qui pubblicato è stato controllato ed è il risultato di certificazioni sicure e pubbliche. In alcuni casi vi sono anche informazioni fornite dalle persone stesse o da altre che con loro hanno vissuto. Nella ricostruzione genealogica degli Sgavioli non mancano persone. Infatti, tutti coloro che si sono chiamati Sgavioli, oggi sono in questa genealogia. Può darsi che manchi qualcuno, che per ovvi motivi, come descritto più avanti, non è stato possibile rintracciare. Ma tutti gli Sgavioli, fin dal loro inizio, sono qui descritti. Per quanto riguarda, invece, le altre stirpi, cosiddette affini o parenti, mi sono spinto nella ricerca genealogica fino  ai limiti del possibile, cercando di non superare il limite di quello che si chiama parentela. In questo caso, ovviamente, mancano delle persone e di altre vi sono informazioni carenti.

In genere possono esservi dati imprecisi, o che sembrano tali, in quanto qualche volta è successo che gli stessi dati fossero diversi da archivio ad archivio. Fanno parte di questa genealogia anche le persone che sono state acquisite attraverso matrimoni e/o unioni naturali. L'unione naturale è un vincolo molto forte che fa proseguire la discendenza secondo il legame del sangue piuttosto che quello legale.

Infatti, in qualche caso, vi sono stati riconoscimenti legali che hanno influito sul trasferimento del cognome al figlio, ma che non avevano alcun vincolo di sangue. Qui si è tenuto conto di questi fatti, privilegiando il vincolo di sangue.

 

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2 – COME PARTECIPARE PER MIGLIORARE LE INFORMAZIONI

Come si è detto, tutte le persone che fanno parte di altre stirpi, cioè diverse dalla stirpe Sgavioli, sono inserite in questa genealogia perché affini, cioè parenti a causa del matrimonio. Altre, invece, sono inserite per vincoli di sangue. Per alcune stirpi ho fatto studi più approfonditi che per altre, con ricerche mirate per meglio capire gli antenati: Ho potuto, così, risalire ad antenati per parecchie generazioni. Si può fare di più aggiungendo altre generazioni se mi venissero inviati i dati o mi venissero indicate le vie per averli. Chi consulta il sito e trova errori, omissioni od altro, o vuole aggiungere dati al fine di completare e migliorare le informazioni, deve fare la cortesia di mandare una e-mail all'indirizzo che si trova in fondo a questa pagina. Possono scrivere anche coloro che desiderassero avere ulteriori informazioni. Si tenga presente che quanto esposto in questo sito è solo una parte di un libro intitolato "CONOSCERE LE PROPRIE ORIGINI" - Genealogia e storia della stirpe Sgavioli -, che contiene tutta la storia della stirpe, fin dall'inizio e cioè dal 1600 circa, con descrizione delle varie situazioni e con l'esposizione di una sintesi per ogni persona, oltre ad un racconto delle sue vicende di vita. E' riprodotta anche la foto, quando è stato possibile averla. Ovviamente il volume in questione è in continua elaborazione a causa degli aggiornamenti che arrivano. Per un completamento dei dati e la formazione di una grande storia della stirpe, che comprenda il maggior numero di dati e di informazioni, bisognerebbe che ognuno, che consulta il sito, mandasse, con e-mail come si è detto, le storie che conosce, oppure la propria storia o quella della sua famiglia. Consiglio a tutti di partecipare e contribuire a costruire questa genealogia. E' un'avventura avvincente e, posso dire, speciale, in quanto coinvolge se stessi in una storia che, se vogliamo, resterà scritta e potrà essere letta dai nostri figli e nipoti. Se non scriviamo quello che sappiamo, tutto andrà dimenticato, perduto e sparirà con noi. Poiché noi facciamo parte della storia della nostra famiglia è giusto che ognuno di noi dia il proprio contributo per entrare noi stessi in questa meravigliosa occasione di appartenenza ad una stirpe.

 

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3 – CONTENUTO DEL SITO E MODO DI CONSULTAZIONE

In questo sito non è stato possibile inserire elaborazioni grafiche, cioè alberi genealogici, di dimensioni grandi. Basti sapere che l'albero genealogico, che comprende solamente la discendenza Sgavioli è un foglio di carta largo tre metri. L'intreccio, inoltre, delle varie Stirpi rende impossibile avere un albero grafico completo di tutto. È, però, possibile, per ognuno ricostruire il proprio albero genealogico così come viene descritto più avanti. Per alcune persone, considerate cardine nella genealogia, è stato inserito un albero grafico corrispondente alle generazioni precedenti e successive alla persona in questione. Ovviamente il libro di cui sopra, invece, è molto più completo di questo sito. Quando si consultano gli elenchi o le tabelle si tenga presente che la consultazione deve essere fatta secondo l'ordinamento che è descritto in testa alle stesse. È possibile fare una ricerca puntuale delle persone seguendo le istruzioni che si trovano, sempre, negli elenchi o nelle tabelle. In calce ai dati di ogni persona, nelle note, vi è la sua genealogia o progressione genealogica a cominciare dal Capostipite. Questo è il suo specifico ramo genealogico personalizzato. In base ad esso è possibile risalire ai propri antenati, cercando e consultando, per ogni persona, i relativi dati.

·         Nel sito troverete gli elenchi delle persone comprese nella genealogia, sia che esse siano di cognome Sgavioli come di altri cognomi. Si tratta, come già si è detto, e comunque, di persone imparentate, a vario titolo, tra di loro.

·         Vi è anche l’elenco dei matrimoni, od unioni, fra le varie persone.

 

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4 – LA RICERCA

 

Dove ho cercato. Per poter ricostruire la genealogia e la storia della stirpe Sgavioli ho dovuto consultare molti e vari documenti. Erano di diversa specie, forma, qualità e scrittura. Provenivano dagli archivi presso i Comuni, le Parrocchie, gli uffici pubblici e presso archivi privati. Nella Parrocchia di Roncanova ho trovato una grande quantità di documentazione su registri di varia natura risalenti a prima del 1700. Alcuni di questi libri sono consunti dal tempo e dall'umidità, e le loro pagine non possono essere consultate perché si sfarinano o si sbriciolano al solo tocco. L'arciprete pro tempore della parrocchia, don Meneghelli, mi narrava che alcuni volumi erano stati usati dai suoi predecessori quali zeppe per tavoli traballanti o per tenere in sesto finestre malandate. Quindi questi libri si sono presi anche l'acqua piovana. Da queste carte, con molta pazienza, ho potuto raccogliere dati di molte persone che nella genealogia sono fondamentali al fine di capire come questa si è evoluta nel tempo. Inoltre ho potuto individuare molte persone che con gli Sgavioli hanno allacciato rapporti di parentela a causa dei matrimoni. Nel periodo 1600/1700/1800 la comunità del paese di Roncanova non doveva essere molto numerosa. Infatti, i registri hanno annotazioni di nascita, di matrimonio o di morte che non sono così frequenti. La difficoltà di consultazione è consistita soprattutto nella calligrafia degli estensori degli atti e nel linguaggio usato: un latino maccheronico, come si dice, che mischiava italiano, dialetto e latino cercando di far rientrare tutto il discorso nelle regole latine.

La provenienza della stirpe. Non è stato facile né semplice ricostruire vicende e far combaciare avvenimenti, date, persone, luoghi. Per quanto mi è stato dato di conoscere da tutta la documentazione consultata e/o acquisita in vario modo e dai racconti riportati dalle persone ancora in vita, da me direttamente e personalmente intervistate, che si sono tramandate racconti, storie, memorie e discorsi vari, posso affermare che la zona intorno a Roncanova-Gazzo Veronese, in provincia di Verona, è stata quella che più ha ospitato ed ha visto nascere molte generazioni degli Sgavioli. I documenti più vecchi che ho potuto, finora, consultare sono del 1600 e fanno iniziare gli Sgavioli nel paese di Roncanova. La documentazione trovata nell'archivio della Parrocchia è stata, per me, una grande fonte di dati. Anche se, in qualche caso, le informazioni potevano sembrare confuse e poco precise. Esse, infatti, erano contenute in registri che il tempo ha, in parte, rovinato e che l'umidità dei locali, in cui sono stati conservati, ne ha ridotto la leggibilità. Molti fogli risultano quasi distrutti dal tempo. L'inchiostro sbiadito. La scrittura fine ed incerta. Scritture in italiano, in latino, mezzo e mezzo, numeri dalla grafia non comune e diversa dall'attuale. La mia ricerca, puntigliosa e precisa, ricostruisce ed evidenzia una sequenza generazionale chiara, certa e controllata. Il primo Sgavioli cui si fa cenno nei registri parrocchiali è Vincenzo, la cui provenienza ancora non conosco. Siamo nel 1600. A quel tempo, nel paese, era l'unico a chiamarsi Sgavioli. Viene pertanto il dubbio che egli non sia nato in questo paese ma in un altro. Presumibilmente uno vicino. Tale ipotesi è confortata dal fatto che tutti gli Sgavioli, che, in seguito, si trovano in Roncanova, hanno in lui il capostipite. Nella mia ricerca non ho trovato altri Sgavioli che non fossero discendenti da questo Vincenzo. Infatti, tutti gli Sgavioli viventi nel mondo, non solo in Italia, discendono da lui. Si può anche dedurre che egli fosse, a quel tempo, il solo, o quasi, a portare questo cognome. Ripeto: tutti gli Sgavioli, oggi viventi, discendono da questo unico capostipite:Vincenzo. La ricerca evidenzia che oggi in Roncanova non vi sono più Sgavioli. Questo fatto può avere la spiegazione seguente: verso la fine del 1800 i maschi cercarono di uscire da quel paese per avere opportunità diverse. Alcuni, infatti, andarono nei paesi vicini (Nogara, Villimpenta, Castel d'Ario, Sorgà), altri cercarono fortuna emigrando in Brasile. In quel periodo il mondo e l'Italia in particolare, stavano cambiando velocemente. In Italia erano finite le guerre risorgimentali, si stava formando una nuova nazione, la società aveva nuove pulsioni. I contadini volevano un nuovo status. Gli Sgavioli erano sempre stati dei contadini e le nuove generazioni cercavano di avere condizioni di vita diverse e volevano conquistare nuove posizioni nella società. Come tutte le famiglie del tempo, anche ogni famiglia Sgavioli che si formava era patriarcale. Ognuno aveva molti figli. A quei tempi la mortalità infantile era molto alta e quindi le donne avevano molti figli finché erano giovani e prolifiche. Inoltre i figli costituivano una fonte di lavoro e di mano d'opera. Nei campi, per i maschi, e di aiuto nel lavoro domestico e nell'allevamento dei fratelli, per le femmine.

 

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5 - LA GENEALOGIA E LA STORIA DELLA STIRPE SGAVIOLI –

 

Ovale: La zona del Veneto dove si formò la prima generazione degli Sgavioli. Cartina con Roncanova    Come già accennato, l'albero della Stirpe Sgavioli si sviluppa, molto frondoso, iniziando da una sola persona, Vincenzo. Cercherò di narrare la storia della stirpe prendendo in considerazione le persone più significative, cioè quelle che hanno fatto storia. Non è ovviamente possibile descrivere qui tutti quanti. Di tutte le persone, però, vi è, nel libro di cui ho parlato, per ognuna, una Tavola riassuntiva, in cui vengono elencati tutti i dati di quella persona. Di seguito, quando vi sono altre informazioni su quella persona, viene aggiunta anche una descrizione delle sue Vicende della vita. Quando possibile è aggiunta anche una fotografia. La stirpe, in base alla documentazione più vecchia in mio possesso, inizia, come già detto, con Vincenzo. Si colloca in Roncanova (Gazzo Veronese – Verona) e siamo sul finire del 1600. Pertanto, Vincenzo è da considerare il Capostipite della Stirpe Sgavioli. Si può pensare che suo padre, con il probabile nome Francesco, avesse ancora il cognome Sgavioli ed abitasse in Roncanova o in un paese vicino. La generazione precedente, però, non aveva il cognome Sgavioli, ma, probabilmente solo Gavioli. Non vi sono, in realtà, altri Sgavioli prima di questo periodo. La S è stata aggiunta per una questione di appartenenza ad una data famiglia. Per cui penso che non si debba andare più indietro per quanto riguarda il cognome. Vi sono, però, altre persone, con il cognome Gavioli, vissute in tempi antecedenti, di cui va provata l’appartenenza alla stirpe. Ma è necessario provvedere ad ulteriori ricerche, da svolgersi soprattutto nei paesi vicini a Roncanova o anche più lontani. Infatti, come si evidenzia più avanti, si può dedurre, dall’origine del cognome, che gli Sgavioli, con il cognome Gavioli, provenissero dal Polesine e magari, ancora prima, dal Ferrarese. La data di nascita di Vincenzo (Vincenzo SGAVIOLI) si colloca intorno al 1680. Ebbe due figli, nati in Roncanova: Domenica e Francesco. Domenica va in sposa a tal Antonio Mariani.

·         Francesco, nato intorno al 1710, si sposò il sette di dicembre del 1740, in Roncanova, con una ragazza del paese la cui famiglia abitava in quella località da molto tempo. I matrimoni avvenivano sempre nel paese di residenza della donna. Ebbe molti figli. Bartolomeo, il primo, è nato nel 1741.

1.        Bartolomeo si sposò con Angela Minozi, in Roncanova, ed ebbe almeno otto figli, nati tutti a Roncanova. E' morto a 41 anni di febbre, chiamata infiammatoria intermittente, in quanto si manifestava altissima in alcuni giorni e meno alta in altri. Venne seguito, nella sua malattia, da un validissimo medico, il dr. Raggi, di Sanguinetto, specialista in questo tipo di malattia. Il decorso di questa durò 30 giorni. Alla fine la forte fibra di Bartolomeo cedette e morì il nove di luglio del 1782 alle ore 23 circa. Faceva molto caldo. Nel cielo sereno di quella notte, a quell'ora, si distingueva ancora, all'orizzonte, una strana e straordinaria lingua di fuoco. Nonostante che il tramonto del sole fosse avvenuto alcune ore prima, una striscia di nuvolette era ancora arrossata da un riflesso del chiarore solare. Sembrava che il cielo riflettesse l'essere di Bartolomeo: uomo attaccato alla vita, lavoratore forte, mai stanco. La moglie era incinta, praticamente all'ultimo mese di gravidanza. Si sentì male e fu distesa sul letto più vicino. Il figlio nacque due mesi dopo, l'11 settembre del 1782, alle ore 24 circa. Gli fu dato il nome del padre: Bartolomeo. Questo Bartolomeo sposerà, in Roncanova, nel 1806, tale Maddalena Parma. Di loro non ho trovato figli.

2.       Vincenzo fu il secondogenito di Francesco. Nacque il 19 febbraio del 1746. Non ho rintracciato particolari vicende di quest'uomo, che sembra sia morto presto. Infatti, i genitori, dopo di lui, ebbero altre tre femmine e solo dopo queste nacque, il ventinove aprile del 1757, un maschio a cui diedero, ancora, il nome di Vincenzo, a significare che volevano, comunque, un figlio che si chiamasse come il nonno. Questo Vincenzo svolgeva la professione di guardia campestre. Si sposò in Roncanova con Maria Rossato, da cui ebbe non meno di sette figli. I suoi primi tre figli sono morti presto. La quartogenita, Rosa, nata nel 1792, si sposò due volte. Il quintogenito Giovanni, nato nel 1795, non ha lasciato tracce. La sesta nata è Giuseppina Maria. L'ultimo figlio, Vincenzo, con lo stesso nome del padre, nato nel 1798, sposò Elena Casonati,dalla quale si conosce sia nata una sola femmina.

·         Egidio, il più significativo tra i figli di Bartolomeo, nacque nel 1771 in Roncanova. I suoi fratelli e sorelle non ebbero buona sorte. Sarà l'unico a far proseguire la stirpe. Come tutti i suoi predecessori, anch'egli passò, praticamente, tutta la sua vita a Roncanova, dove morì a 76 anni, il 05/02/1847. Fece due matrimoni. Una prima volta sposò Pasqua Stefanini di Gazzo, villica, che si trasferì, con il matrimonio, nel domicilio del marito in una casa presso la chiesa della parrocchia di Roncanova al civico 154. Ebbero almeno otto figli. Pasqua morì a Roncanova il 30/01/1819. In seconde nozze Egidio sposò, il 06/07/1819, Angela Soave, dalla quale ebbe altri tre figli. Come suo padre e suo nonno era villico di condizione. Buon lavoratore, era stimato dai paesani per la sua mitezza ed onestà. Era noto per la sua capacità di risolvere i problemi riguardanti le controversie tra padroni e contadini. Al suo funerale partecipò tutto il paese. Fu sepolto nel cimitero di Roncanova. Si narra che il giorno  in cui fu accompagnato all’ultima dimora faceva molto freddo. La settimana prima era nevicato e le strade erano lastricate di ghiaccio. Bisognava essere molto attenti a non scivolare. I contadini erano avvolti nel loro tabarro scuro e portavano in testa il loro solito cappello. Le donne avevano chi una mantella, chi un cappotto. Sul capo avevano uno scialle, di lana, nero, che scendeva lungo le spalle. Pregavano in silenzio a testa china. Le facce erano molto tristi. Il prete Immerse il suo asperges nell’acqua benedetta e asperse la bara con piccole gocce. Così benedisse la salma con ampi gesti, lenti e solenni. Fu una perdita sentita da tutti.

·         Tra i figli di Egidio abbiamo: Giovanni, il primo, nato il 16/10/1800, che muore dopo pochi giorni di virus, come è scritto nel 'Liber Mortuorum' documentazione conservata negli archivi parrocchiali di Roncanova. Anna Maria, la seconda figlia, nata il 14/03/1802, muore, anche lei, a sei giorni dalla nascita. Francesca, la terza, nata il 26/03/1804 alle ore 14,00, sposa Marchesini Giuseppe in Roncanova il 12/02/1828. Avrà almeno otto figli. Sia Francesca che il marito erano, come recita la documentazione del tempo, conservata negli archivi della Parrocchia di Roncanova, dei villici. La loro istruzione era molto bassa. Infatti, nel libro dei matrimoni è scritto che gli sposi non hanno firmato il registro in quanto illetterati. In quel tempo la mortalità infantile era molto alta. Infatti, dai registri della Parrocchia risulta che almeno tre dei loro figli sono morti poco tempo dopo la nascita. Francesco, il quarto figlio di Egidio, è nato il 23/09/1806 alle ore 9 di notte. È morto a 61 anni il 22/07/1867 alle due del pomeriggio. Ha passato la sua vita a Roncanova, ma non ho trovato, nei vari registri, sue notizie. Michelangelo, quinto figlio, nato il 28 settembre 1809, alle ore 8 pomeridiane, di condizione villico, sposò, in Roncanova il 09/02/1831, Rosa Lonardi, una ragazza nata a Correzzo, paese vicino al suo, il giorno 08/11/1808. Rosa abitava sempre al civico 154 ed era figlia di Giuseppe e di Angela Soave, ambedue villici e cattolici. I documenti parrocchiali ci dicono che, al momento delle nozze, per le regole di allora, gli sposi erano minori di età e Rosa era orfana di padre, morto in Correzzo, e Michelangelo della madre. Quindi chiesero ed ebbero i prescritti assensi e consensi al matrimonio. La condizione dei due era quella di villici. Erano di religione cattolica. Non firmarono il registro dei matrimoni perché illetterati. Stabilirono il loro domicilio in Roncanova presso la chiesa, al civico n. 154. In seguito traslocarono al civico 141. Dal loro matrimonio nacquero otto figli, tutti a Roncanova. Una femmina e sette maschi. Tobia, Remigio, Luigi Tobia, Aloisia, Placido, Isaia, Benigno, Angelo. I figli di Michelangelo vissero il periodo risorgimentale e videro aprirsi davanti a loro nuovi orizzonti. Infatti, quasi tutti si spostarono dal paese natio, Roncanova, verso altri paesi vicini in cerca di nuove possibilità.

·         Michelangelo è il comune stipite dei due rami in cui si dividerà l’albero degli Sgavioli. Di cui si parlerà più avanti.  

·         Angela, la sesta figlia di Egidio, nata il 30/12/1811, alle ore 6 di mattina, muore dopo due giorni per morbo. Viene battezzata subito appena nata in quanto si vede da subito che le sue condizioni di salute si aggravano di ora in ora.

·         Gaetano, il settimo figlio di Egidio, nasce il 24/06/1813, alle ore 11 antimeridiane, sposa Bulgarelli Clara, nata a Roncanova il 14/09/1818, nella chiesa del Crocevia a Roncanova, il 24/06/1837. Ebbe tre figlie.

·         Per la prosecuzione della genealogia bisogna prendere in considerazione i figli di Michelangelo, che, per quanto riguarda i primi quattro, non vissero a lungo. Rimasero: Placido, Isaia, Benigno e Angelo.

·         Placido, il quinto, nato il 16/05/1836 alle ore 2 antimeridiane, si è sposato con Rosa Castellini di Pellegrina (Isola della Scala) e si è sistemato prima a Nogara e poi a Gazzo Veronese. Ebbe sei figli, tre maschi e tre femmine.

·         Isaia, il sesto figlio di Michelangelo, nato il 24/02/1838 alle ore 11 pomeridiane, sempre a Roncanova, ha abitato, con i genitori e gli altri fratelli a Nogara, in contrada Brancon. Ha sposato, il 07/02/1860, Giustina De Vincenzi, nata a Nogara il 14/10/1842. Ebbe sei figli, di cui un solo maschio. Isaia fu il più intraprendente. Ha fatto il fittavolo, il contadino, l'agricoltore. Era un po' irrequieto. Molti, allora, emigravano. Anche lui si imbarcò, nell'ottobre del 1887, per S. Paolo del Brasile. Vi rimase solo tre anni. Poi ritornò. Evidentemente l'avventura brasiliana non era stata così soddisfacente, per lui, da poterlo trattenere in quel paese grande, immenso e ricco di ogni speranza. Le sue radici erano qui, nella sua terra natale, dove c’erano i suoi cari. Sua madre era morta qualche mese prima del suo ritorno. Anzi, la morte della madre era stata, forse, una delle cause del ritorno stesso.

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Brancon. La casa dove vissero molti Sgavioli.

 
Benigno, penultimo figlio, è nato il 12/07/1842. Sposò il 24/08/1869, a Nogara, Rodegher Ginevra, nata a Nogara il 25/06/1843. Ebbe sei figli, tre femmine e tre maschi. Ha vissuto in diversi posti. Benigno nacque al civico 141, alle ore 5 del mattino, come ci dice la documentazione della Parrocchia di Roncanova. Era luglio. Le giornate erano molto calde ed afose. C'era molto lavoro nei campi e nelle aie. La madre aveva lavorato fino al giorno prima. Aveva appena preparato la cena quando cominciarono le doglie e sentì che stava per nascere il figlio. Si racconta che si mise a letto ed aspettò. A quei tempi i figli nascevano in casa con l'assistenza dei famigliari ed eventualmente dell'ostetrica, se c'era. Verso mattina, quando il sole già indorava il cielo, senza troppa fatica, nacque Benigno. Rosa aveva 33 anni e, per lei, non sarebbe stato l'ultimo figlio. Lo stesso giorno della nascita, al calar della sera, nonostante il caldo afoso e la polvere che c'era nell'aria, Benigno fu portato in chiesa e fu battezzato. La famiglia era molto religiosa e praticante. In seguito, nel 1864, la famiglia si trasferì a Nogara in località Brancon. In questa contrada abitava, con la famiglia, Ginevra Rodegher, che qui era nata alle ore 8 pomeridiane del giorno 25/06/1846. Fu battezzata il giorno successivo. Ginevra era figlia di Francesco di Michele e di Remondini Angela di Valentino. Il padre, Francesco, era nato a Pampuro, località vicina a Nogara, il 02/08/1808 ed era di condizione villico. Michele, padre di Francesco, era pure villico, come era villica la madre Domenica Galvani. Benigno e Ginevra si sposarono in Nogara il 24/08/1869. Lui aveva 27 anni, lei 23. Era estate, il caldo era leggermente calato, le giornate si erano accorciate ed il lavoro nei campi permetteva una sosta. E, quindi, ci si poteva anche sposare. La cerimonia fu semplice. Si allestì una tavolata fuori all'aperto davanti a casa. Il pranzo fu ottimo e gli sposi erano contenti di aver coronato il loro desiderio Quando Benigno contrasse matrimonio suo padre era già deceduto e la madre era rimasta vedova. Gli sposi si stabilirono in contrada Brancon. nella casa della madre di lui. Qui nacquero i loro sei figli: Emma Maria Prima (1870), Erminia (1871), Giuseppe (1873), Francesco Albino (1877), Regina Maria (1879), Pietro (1884). Benigno, dopo sposato, abitò con la madre alcuni anni. Nel frattempo era diventato famoso per il lavoro cui si dedicava con maggiore impegno: il taglio delle canne palustri. A quel tempo le canne erano una grande risorsa economica. Venivano impiegate sia nel lavoro dei campi, sia in lavori artigianali. Si fabbricavano ceste, sporte, tovagliati, legacci, impagliature per sedie, ecc. Quando arrivava il tempo del taglio delle canne, egli rimaneva sul posto di lavoro e non si recava neppure a casa per mangiare o dormire. Viveva in una capanna, costruita sempre di canne palustri, dove la moglie gli portava pasti caldi avvolgendo piatti e scodelle in fazzoletti ripiegati e annodati sui lembi. Dormiva in questa capanna per fare prima e cominciare il lavoro al mattino presto, appena spuntava l'alba. Allora si andava solo a piedi e la distanza fra casa e posto di lavoro richiedeva parecchio tempo. Anche la moglie, che doveva portargli da mangiare, doveva camminare lungo interminabili, polverosi sentieri di campagna sotto il sole implacabile della pianura padana. Era una vita dura. Non c'erano orari di lavoro. Quando il sole sorgeva all'orizzonte e l'aria era ancora umida e fresca, Benigno era già nella palude fangosa a tagliare le canne mature e le erbe palustri. Le mani, le braccia erano tagliuzzate dalle affilate ed aguzze foglie delle erbe. In molti casi il sangue usciva dalla sottilissima e dolorosa ferita. Benigno, allora, strofinava una certa erba verde e morbida sulla ferita. Il sangue si coagulava e lui proseguiva imperterrito. Ai piedi aveva stivali di cuoio. Indossava pantaloni e giaccone di fustagno. In mano una roncola affilata. Si chinava, tagliava. Accatastava i fusti delle canne e gli steli delle erbe. La moglie, oltre a preparargli i pasti e a portargli da mangiare, lo aiutava a confezionare in fasci le lunghe canne e le grasse erbe. Le legava in grossi fasci affinché fossero trasportale con facilità sotto i portici della fattoria. Infatti, alla fine della giornata, arrivava il carro trainato dai lenti e buoni buoi. Vi si caricava tutto il lavoro della giornata e lo si portava sull'aia. Il carro sobbalzava nelle buche dello stradone sterrato. Ma arrivava lentamente fino al cortile della corte. Qui i vari fasci venivano divisi a secondo della qualità, della lunghezza e del loro futuro utilizzo. Gli steli venivano puliti dalle foglie superflue e quindi accatastati. Quando il lavoro era finito il buio stava già avanzando, La giornata finiva che gli uomini e le donne avevano le membra stanche ed un grande desiderio di riposo. Bastava ancora un'ultima attenzione agli animali, che, nelle stalle, stavano anche loro pregustando l'imminente riposo. La moglie Ginevra, aveva anche un orto, un pezzetto di terra davanti casa, dove cercava di coltivare verdure. Erano quelle che servivano d'estate ma anche d'inverno perché molte di loro venivano conservate con cura. Dopo alcuni anni, nel 1886, Benigno si trasferì, con la famiglia, a Roncoferraro, dove si dedicò ad un nuovo lavoro: un proprietario terriero della zona, aveva visto la tenacia, la bravura e la forza di lavoro di Benigno. Gli offrì il posto di risaro o risaiolo nella sua tenuta. Ciò comportava "condurre" dei terreni coltivati a risaia, curare la semina del riso, la sua coltivazione regolando gli invasi d'acqua, la relativa monda, la raccolta, ecc. Una delle attività collaterali alla coltivazione del riso era quella della pesca. Infatti, si poteva sfruttare la gran quantità d'acqua della risaia per seminare in essa molti pesci che sarebbero cresciuti in fretta. Alla fine, senza grossi problemi, gli introiti erano sostanziosi. Nel 1911 comprò una casa a Pradello, dove abitò fino alla morte. Era un uomo alto, magro, arcigno. Aveva occhi neri di fuoco. Deciso nelle azioni. Atteggiamento altero. Non aveva paura di nessuno. Aveva sempre una piccola roncola in mano o attaccata alla cintola dei pantaloni. Con quella minacciava chiunque lo importunasse. Una volta alcuni fascisti gli si pararono davanti nell'azienda che dirigeva. Volevano spadroneggiare e comandare cosa bisognasse fare. Avevano anche qualche bottiglia di olio di ricino in mano. Lui prese un forcone tra le mani. Con occhi folgoranti minacciò di infilzarli se non se ne fossero andati subito. Vi furono scambi di parolacce e di invettive. Ma se ne andarono. I suoi genitori erano cattolici praticanti. Era vissuto nel clima del Risorgimento dalla parte di coloro che non amavano il Papa dell'epoca, Pio IX. Diventò un tiepido socialista e quando arrivò il fascismo non ne fu felice. Aveva visto molti suoi concittadini bere l'olio di ricino che certi squadrasti facevano loro ingoiare. I tre figli maschi di Benigno ebbero la seguente sorte. Benigno, da buon padre, cercò di invertire la tendenza di essere villici, ed indirizzò i figli verso una professione. Pietro fu mandato presso un artigiano del posto per imparare ad esercitare il mestiere di falegname. Infatti, in seguito, divenne un buon artigiano e fu apprezzato per i lavori che faceva. Francesco Albino fu mandato presso il ciabattino del paese affinché imparasse a fare il calzolaio. Anche lui diventò bravissimo nel suo mestiere e tutti i contadini si facevano fare scarpe nuove o si facevano riparare quelle vecchie da lui. Giuseppe fu l'unico che non volle saperne di imparare un mestiere. Nella sua scheda militare c'è scritto che faceva l'oste. Giuseppe, nacque il 14/05/1873 e sposò in Villimpenta Dionigia Sardini il 24/04/1898. Si stabilirono in Villimpenta il 11/11/1902 provenendo da Salizzole. Quindi la famiglia si trasferì a Sorgà il 11/11/1906, Francesco Albino, nacque alle ore 2 e diciassette minuti antimeridiane del 31/07/1877. Sposò Elisa Marani. Pietro, nacque il 17/09/1884 e sposò, a Castel d'Ario, Domitilla Paganella il 28/05/1909. Pietro abitava già a Castel d'Ario e l'11/11/1809 si trasferisce con la famiglia a Villimpenta.

·         Per inciso devo dire che ho conosciuto il bisnonno Benigno. Me lo ricordo soprattutto quando io e Celestino, mio cugino, lo facevamo arrabbiare e lui ci inseguiva con il bastone in mano, minacciando di darcelo sulla schiena. Finiva tutto in una nostra grande risata, che aumentava il suo disappunto, mentre la moglie lo invitava a lasciar perdere.

Angelo, ultimo figlio di Michelangelo, nacque a Roncanova il 02/07/1845 alle ore tre pomeridiane. Angelo visse con la famiglia del padre nel paese di nascita, Roncanova. Nel 1874, tutti si trasferirono a Nogara, stabilendosi in contrada Brancon al n. 23. Si sposò il 02/04/1877 in Engazzà di Salizzole, con Giaoni Luigia, di Giacomo, nata ad Engazzà di Salizzole il 11/07/1849. Angelo aveva quasi 32 anni.

A Brancon nacquero i suoi sei figli: Tersiliano (1878), Regina (1879), Giulia (1879) gemelle, Natale Stefano Giuseppe (1883), Leonardo Angelo (1885), Michelangelo (1888). Nel 1889 si trasferiscono tutti a Sorgà, paese vicino a Nogara. Angelo, nel 1894, emigrerà in Brasile con tutta la famiglia (senza Natale Stefano Giuseppe morto nel frattempo).

Così, con Angelo inizia quello che ho chiamato il Ramo Brasiliano della Stirpe Sgavioli. Anche se Angelo è nato in Italia può essere ugualmente considerato il Capostipite di questo ramo. Dopo di lui, con due dei suoi figli, il ramo sarà successivamente, diviso in due ceppi.

Più tardi Angelo ed il figlio Michelangelo ritorneranno in Italia.

 

Siamo nel periodo in cui l’Italia si sta unificando e sta diventando una nazione. Le regioni, una dopo l’altra vengono aggregate e passano a formare l’Italia. Anche le popolazioni approfittano di questi fatti per potersi spostare nel territorio e cercare di approfittare delle opportunità offerte in posti diversi da quelli in cui hanno vissuto.

L’Italia si forma, però vi sono mille difficoltà nel far funzionare la nuova nazione. Vi sono, anche, molti scontenti per le condizioni economiche non proprio floride.

 

Tersiliano Giacomo, primo figlio di Angelo, è un ragazzo irrequieto. Ha sedici anni e, vista la situazione di indigenza in cui si trova la famiglia, con il padre, matura il desiderio di andare a cercare fortuna all’estero. Già lo zio Isaia era andato in Brasile, anche se, poi, se ne era tornato.

Così, partono tutti per il Brasile. In quel paese immenso, si diceva, che vi era la possibilità di lavorare. E voglia di lavorare in famiglia ce n’era tanta.

Infatti, il lavoro non mancò.

La madre morì presto ed il padre ed il fratello Michelangelo ritornarono in Italia.

Con Tersiliano Giacomo e Leonardo Angelo rimasero in Brasile le sorelle.

Con loro due si formano due ceppi dello stesso ramo brasiliano: il Ceppo Tersiliano ed il Ceppo Leonardo.

 

Tersiliano Giacomo diventa il capostipite del Ceppo Tersiliano.

Tutti i figli di Tersiliano, tranne uno, nasceranno in Brasile, in una località chiamata Bica de Pedra (oggi Itapui).

In questa cittadina vivono ancora alcuni Sgavioli. Molti altri si sono trasferiti e spostati in altre città.

Tersiliano Giacomo si è sposato a Bica De Pedra il 28/01/1899 con un’italiana, Zole Speltri, nata a Rovigo nel 1877 ed ebbe undici figli.

 

Casella di testo: Gazzuolo  dove vissero molti Sgavioli

Leonardo Angelo, come già detto, è emigrato in Brasile con la famiglia del padre Angelo. Aveva nove anni e quindi era ancora un bambino. Nelle vicende del lavoro ha agito insieme al fratello Tersiliano.

Come detto per Tersiliano Giacomo, così Leonardo Angelo è capostipite del Ceppo Leonardo.

Si sposò a Bica De Pedra il 27/09/1911 con Manfrinato Julia ed ebbe dieci figli.

 

Michelangelo, nato anche lui, come tutti i suoi fratelli, a Nogara è emigrato a sei anni in Brasile. Ritornò, come anche il padre, in Italia. Ebbe diverse residenze. L’ultima a Castel d’Ario, in località Gazzuolo. Sposatosi con Beccari Stella nel 1921 ebbe una figlia: Alda Luigia. A Gazzuolo dimorarono diversi Sgavioli tra cui anche Tersiliano, ritornato brevemente dal Brasile.

 

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    6 - UNA STORIA NATA IN ITALIA E CRESCIUTA IN BRASILE –

Nel 1898 Angelo, con la moglie ed i figli Tersiliano (1878), Leonardo Angelo (1885), Michelangelo (1888) e le sorelle gemelle Regina e Giulia (1879) emigrò in Brasile con destinazione lo Stato di S. Paolo.

Partirono da Nogara, in provincia di Verona, imbarcandosi a Genova, su una nave di cui non è stato ancora possibile ricostruire il nome. Partirono per la loro nuova avventura verso un paese che prometteva speranze, benessere ed una vita migliore. A quel tempo molti veneti, come loro, erano emigrati in quel paese, che era diventato quasi come una calamita, un'attrazione irresistibile di miglioramento. Qualche anno prima, nell'ottobre del 1887, lo zio di Terciliano, Isaia, era partito anche lui per il Brasile, ma era ritornato dopo poco più di due anni, nel febbraio del 1890, per ragioni di famiglia. Il nipote Terciliano era rimasto affascinato dal racconto dello zio e del cugino Giuseppe Virgilio (1877) suo coetaneo, che era andato con il padre. Gli piacevano gli spazi immensi di quel paese nuovo, le possibilità di coltivazioni, che, lui contadino, fantasticava di poter realizzare.

L'immaginazione galoppava e offriva sempre più spazio al desiderio di andare… andare... andare... Contagiò con queste sue immagini il padre, i fratelli e le sorelle. Il padre Angelo vedeva in questa nuovo mondo una grande occasione per i figli. Così tutta la famiglia partì con una grande speranza nel cuore. Angelo, capo famiglia, con la moglie Luigia Giaoni, e i cinque figli Tersiliano Giacomo, Leonardo Angelo, Michelangelo, Regina e Giulia. Arrivati in Brasile Tersiliano e Leonardo Angelo trovarono lavoro come contadini presso un'azienda del caffè in Bica de Pedra, piccola località sul fiume Tiete. Dopo un impegno tenace e perseverante comprarono, con grande sacrificio, due proprietà. Leonardo si stabilì in quella di Bica de Pedra, mentre Tersiliano si trasferì in quella di Floresta, località vicina, in Bairro Taquaral (Boracéia).

Nel frattempo era morta Luigia ed Angelo ritornò in Italia insieme a Michelangelo.

Tersiliano chiamò la sua azienda, Fazenda Boa Vista. Vi organizzò una piantagione di caffè, la cui coltura era la più trattata diffusamente, e di canna da zucchero. A quel tempo la coltivazione del caffè era una delle principali produzioni in Brasile, come anche la canna da zucchero. Erano coltivazioni redditizie i cui frutti venivano venduti facilmente ai paesi esteri. Infatti, vi era una forte corrente di esportazioni e gli affari andavano bene. Nel 1918 Tersiliano ritornò in Italia con tutta la famiglia. Rimase un paio di anni e poi ritornò in Brasile sempre con tutta la famiglia.

Dopo la crisi di New York, del 1929, in tutto il mondo diminuì, in modo drastico, l'acquisto del caffè brasiliano. Ne subentrò una grave crisi. Vi furono dei grandi tracolli finanziari e per gli agricoltori seguirono anni durissimi. Anche per Tersiliano le cose non andarono bene. Egli vide crollare intorno a sé tutte le conquiste fatte e fu per lui triste e doloroso assistere impotente alla vanificazione del suo arduo lavoro, fatto per un paese, il Brasile, che stava diventando grande grazie anche all'opera di tanti italiani, di suoi compaesani. Frustrato e senza speranza si tolse la vita nel 1937, a soli 58 anni, con un colpo di pistola.

Finì, così, il suo sogno. Egli aveva creato una grande e numerosa famiglia (undici figli), che, grazie a lui, ha posto radici stabili in Brasile e ha conquistato posizioni sociali importanti e di rilievo. Durante gli anni della buona sorte si era speso in modo concreto per il miglioramento della vita sociale della comunità, soprattutto di quella italiana. Queste sue attività imprenditoriali e sociali contribuirono a dare un forte sviluppo economico a tutto il territorio. Nella sua vita ha avuto iniziative riguardanti attività sociali, scolastiche e ricreative ricevendone la riconoscenza di tutti. Cercò di fare grande la città in cui visse e dove nacquero i suoi figli. Nei registri della storia del Municipio, Tersiliano è considerato uno dei fondatori della città di Floresta (Boracéia). Come riconoscimento dei suoi meriti, in suo omaggio, la città gli ha intitolato, con il suo nome, la via principale: Rua Terciliano Sgavioli. I figli continuarono nell'opera del padre e divennero personaggi importanti ed influenti. Anche loro hanno avuto riconoscimenti per la loro opera a favore della comunità. Tra le principali: una Scuola intestata a Sgavioli Edir Helen, un campo sportivo in omaggio a César Augusto Sgavioli, una superstrada dedicata a César Augusto Sgavioli, una via intestata ad Anibal Sgavioli, un Centro per la Salute, un Reparto del Pronto Soccorso dell'Ospedale ed altro ancora. I figli e/ o i nipoti di Tersiliano hanno realizzato molte cose utili al loro paese. In particolare AMILCAR (1899), il primo figlio di Tersiliano, pur essendo nato in Brasile ha prestato servizio nell'esercito italiano come Carabiniere durante la 1^ guerra mondiale in quanto il padre, in quegli anni, era ritornato in Italia con tutta la famiglia. Fu destinato a Milano dove presidiò il Duomo per due anni. Ritornato in Brasile amministrò una proprietà agricola, ma si dedicò anche in opere di bene per la sua città, Boracéia. CESAR AUGUSTO (1901). È il secondo figlio di Tersiliano. Pur svolgendo un'importante attività commerciale è stato Consigliere nel Consiglio Municipale della città di Pederneiras, quando Floresta faceva parte di questo Municipio. Fu anche membro del Juri in Pederneiras. Ha lottato per l'emancipazione politica ed amministrativa del Distretto. La città, in seguito, ottenne l'elevazione alla categoria di Municipio. Egli ne fu il primo Prefetto (Sindaco) e con dedizione, capacità amministrativa ed amore, in poco tempo ha organizzato tutta la struttura necessaria a una buona città, come tutti i miglioramenti riguardanti acqua, fogne, illuminazione ed un Hotel (Hotel Municipal). Il suo amore per la città era talmente grande che donò al Municipio, creato da poco, molte aree del suo terreno per la costruzione dell'Hotel Municipal, oggi Prefettura Municipal, (Municipio), per lo Stadio di calcio, che porta il suo nome, per le sale e stanze per i lattanti, aree pure dedicate a lui. Lottò parecchio ed ottenne l'apertura e la pavimentazione della strada che collega Boracéia a Pederneiras a cui fa dato il suo nome (Rodovia César Sgavioli). Quando morì il suo corpo fu esposto nella Sala del Consiglio Municipale e ricevette l'omaggio di tutta la città. La sua vita e le sue opere furono un esempio e una concreta dimostrazione del vero amore per il servizio pubblico. Oggi è ricordato come un modello e con evidenti segni di riconoscenza e di gratitudine. ANIBAL (1910) è il sesto figlio di Tersiliano. È stato una persona che si è sempre impegnata in tutti i settori del lavoro e della vita. Uomo religioso lavorò molto per la Parrocchia Nostra Signora Apparsa in Boracéia. Aveva un forte senso di solidarietà umana. Lavorò nel commercio. La sua proprietà terriera aveva una ricca fonte d'acqua (miniera d'acqua purissima). Non esitò a metterla a disposizione della comunità. Venne costruita, da parte del Municipio, una condotta che incanalò l'acqua fino alla città. Tutti i cittadini poterono così beneficiare di questo bene indispensabile al progresso ed al conforto della vita. Per questo gesto e molti altri orientati sempre alla donazione di se stesso e delle sue proprietà per il bene comune, ricevette in suo omaggio, l'intestazione a suo nome di una via, dopo la sua morte. Si chiama Rua Anibal Sgavioli, in Boracéia. Così lasciò registrato in forma onorevole il suo passaggio su questa terra. Una figlia di Anibal, Edir Helen, fece la professoressa in una scuola, che dopo la sua morte, fu intestata a lei per le sue opere educative dedicate ai bambini). HORACIO (1915) è stato un privilegiato fra i figli di Tersiliano. Infatti, ha potuto frequentare, non senza sacrifici, l'Università, facoltà di Medicina a Rio de Janeiro. All'epoca era una cosa straordinaria e possibile solo a pochi. Divenne Medico. Fu molto umano e carismatico. Medico di famiglia che non si faceva pagare. Il suo onorario consisteva in frutta, verdura e molto spesso solo in un 'Dio ti ricompenserà'. Le sue diagnosi erano eseguite con "occhio clinico" e sempre corrette. Salvò molte vite umane. Era da tutti considerato un medico competente ed umano. Fu nominato Medico Capo nell'Ospedale Hospital S. José della città. Fu Consigliere nel Consiglio Municipale ed ebbe una partecipazione molto attiva nella società. Era un idealista e lottava per migliorare le condizioni di vita della popolazione. È ricordato con molta simpatia. AURELIO (1919), è l'unico figlio di Tersiliano ad esser nato in Italia. Fu quando Tersiliano, con tutta la famiglia era ritornato in Italia per un paio d'anni. Aurelio era molto fiero ed orgoglioso di esser nato in Italia e di questo se ne faceva vanto. Ha fatto il sarto e l'agricoltore. PLACIDO (1923), è stato l'ultimo figlio di Tersiliano. Fece il bancario e l'agricoltore. Dopo la sua morte, in suo onore, fu intitolata a suo nome, Placido Sgavioli, una Sala di Emergenza nella Santa Casa di Pederneiras per essere stato un vecchio membro della Confraternita, che aveva lottato per sanare i debiti di questo Ospedale in tempi difficili.

 

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7 - LA VOGLIA DI ESSERE E DI SENTIRSI ITALIANI –

Quanto esposto è solo una parte, quella più evidente, della storia che la stirpe SGAVIOLI ha avuto ed ha in Brasile. Molti altri episodi, molte altre cose sono state concretizzate, da protagonisti, sia dai personaggi sopradescritti che dai loro discendenti.

Ora alcuni membri della famiglia desiderano avere la cittadinanza italiana e per questo hanno iniziato le pratiche. È il caso di dire che si sentono italiani, che hanno una grande nostalgia della loro Italia, che gli antenati avevano dovuto lasciare e che ora la vedono e la sentono come la loro Patria e la loro Madre. All'estero, nella terra che li ha ospitati, essi hanno ben meritato ed hanno contribuito efficacemente e concretamente allo sviluppo di quel Paese. In questi anni hanno con grande passione cercato, con tutti i mezzi, un contatto in Italia che potesse riferire sulla loro genealogia. Un giorno ci siamo incontrati su Internet. Per loro si spalancò una finestra, una porta. Era come essere risorti: avevano, finalmente, ritrovato una strada che poteva dare un significato alle loro origini. Fu così che ci inviammo un'infinità di email, con le quali ci scambiavamo dati, foto, informazioni ed affettuosità. Divennero ancora più italiani di prima in quanto avevano, ormai, in Italia non solo qualcuno con cui dialogare, ma un parente, perché facciamo parte dello stesso albero genealogico. Crebbe in loro un desiderio irrefrenabile. Venire in Italia per vedere i luoghi dove erano vissuti i loro antenati, baciare quella terra che, per loro così lontana ed irraggiungibile, quasi una chimera, ora era a portata di mano. Vennero e fu un’esplosione di gioia e di commozione. Con i componenti della famiglia di Adhemar Sgavioli, siamo sempre stati in contatto diretto sia per lo scambio di informazioni sia per una collaborazione reciproca al fine di scrivere un libro che raccolga la storia e la genealogia della stirpe Sgavioli in Italia e in Brasile. Sarà intitolato "CONOSCERE LE PROPRIE ORIGINI" Genealogia e storia della stirpe Sgavioli.

 

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    8 - SIGNIFICATO E DERIVAZIONE DEL COGNOME SGAVIOLI –

 

Lo studioso Giovanni Rapelli, che si occupa di linguistica e dialettologia, nel suo libro “I cognomi del territorio veronese”, edito da Cierre Edizioni nell’ottobre del 2007, a pag. 370 prende in considerazione il cognome, e scrive:

 

Gaviòli, Sgaviòli - Il primo è frequente a Villabartolomea; il secondo è di Nogara. Gavioli è un diffuso cognome modenese, derivato da un nome personale documentato nel Medioevo – nel Chronicon Vulturnense – nella forma latina Gaviulus; la forma base del nome, Gavius, è comunque attestata in epoca romana nel Modenese. Il secondo cognome ha la frequente S- intensiva settentrionale.

Attestazioni: Vincenzo Sgavioli, nato circa nel 1680 a Roncanova di Gazzo (comunicaz. di Franco Sgavioli, di Milano)

 

Secondo questo studioso, il cognome SGAVIOLI, potrebbe derivare da Gavioli a cui è stata posta davanti una S quale rafforzativo a significare una più marcata appartenenza. Questi rafforzativi erano comuni nei dialetti, soprattutto al nord, ma anche nella lingua italiana.

Pertanto, Sgavioli è un rafforzativo di Gavioli.

Non vi è un’interpretazione del significato di questi cognomi.

 

È stata avanzata, inoltre, una seconda ipotesi sulla derivazione e sul significato dei due cognomi Gavioli e Sgavioli.

Secondo questa, Gavioli lo si può leggere come un soprannome polesano, Gaviol, che significa ‘raggio della ruota’, a sua volta derivato dal ferrarese Gavi, usato anche nell’antico italiano, che vuol sempre dire ‘raggio di ruota’.

La popolazione, a quel tempo, si muoveva con facilità fra il territorio ferrarese e quello polesano, così poteva succedere, come cosa normale, che le parole, come i cognomi, subissero delle trasformazioni dovute agli usi del luogo. Per cui si può pensare che dal ferrarese Gavi si sia passati facilmente al polesano Gaviol a cui, in seguito, è stato aggiunto il rafforzativo S.

Il cognome, quindi, deriverebbe dal mestiere esercitato da quelle persone e cioè fabbricanti di ruote.

 

Lo studioso Rapelli tende a credere che la prima interpretazione sia quella più autentica. Del resto anche lo studioso Franco Violi, nel suo Cognomi a Modena e nel Modenese, Aedes Muratoriana, Modena 1996, cita quale forma base di questi cognomi, Gavius, attestazione di epoca romana. E successivamente nel Medioevo come Gaviulus , di derivazione latina come si usava a quel tempo.

 

Secondo le indagini condotte da questi studiosi ed anche da me, il cognome Gavioli è molto diffuso mentre il cognome Sgavioli ha una diffusione molto limitata sia nel territorio, sia come numero. Effettivamente gli Sgavioli che sono esistiti e che esistono a tutt’oggi, sono tutti e solamente quelli che io ho censito. Forse tranne qualcuno che mi può essere sfuggito e del quale, in qualche caso, ho avuto contezza. Oggi, in Italia, gli Sgavioli rimasti sono quelli elencati in questo libro. Altri non ve ne sono e la stirpe, in quanto prosecuzione, spetta solo a loro. Altro discorso va fatto per gli Sgavioli che vivono in Brasile. Il cognome, in quello Stato si è diffuso molto e moltissimi, oggi, sono gli Sgavioli.

 

Il cognome Sgavioli è stato limitato al territorio veneto. Sembra addirittura che abbia avuto la sua primogenitura nel comune di Roncanova o in qualche località vicina ed ancora non conosciuta.

Come ho potuto constatare il cognome Sgavioli l’ho trovato nei registri parrocchiali di Roncanova già nel 1680 circa, con Sgavioli Vincenzo.

Nei vari documenti, sia parrocchiali che delle istituzioni, ho sempre trovato questo cognome scritto bene e correttamente. Solo due volte, in documenti parrocchiali ho trovato la scrittura leggermente deformata (Sgabbioli – Parrocchia di S. Pietro – Nogara: Libro degli atti di nascita anno 1870. Doc. SGA081), ma subito corretta dallo stesso autore dell’errore.

Da quanto ho potuto constatare, nei documenti della Parrocchia di Roncanova il cognome Sgavioli è sempre scritto bene e correttamente in tutti i registri ed in tutte le epoche, anche se diversi erano gli autori (preti) che compilavano gli atti nei registri. Perciò sembra di capire che il cognome era abbastanza conosciuto e chi scriveva sapeva come scriverlo.

Gli Sgavioli, però, a quei tempi erano dei semplici contadini, che non sapevano, probabilmente, né leggere né scrivere. E, quindi, non conoscevano la grafia del loro cognome. Si dà il caso che qualcuno, non saprei dire quando, deve aver aggiunto all’originale cognome Gavioli una S per rafforzare una appartenenza, seguendo un modo di dire che interpretava una realtà vissuta dalla gente per meglio significare una data famiglia.

 

 

 

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 9 - COLLEGAMENTI

 

 

Genealogia della Stirpe SGAVIOLI

 

Per informazioni scrivere a: francosgavioli@alice.it

Se si vuole vedere l’albero genealogico interattivo cliccare su questo collegamento. Sito-albero-genealogico Qui si può vedere l’albero genealogico partendo da una persona qualsiasi. Sarà, poi, facile navigare nell’albero stesso.