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LA CADUTA E’ durato fino al 1989, anno in cui, grazie anche alla perestrojka ( politica di avvicinamento all’ Occidente ), il Presidente sovietico Gorbaciov ha deciso che era venuta l’ora che i Tedeschi decidessero da soli del proprio destino. Il 9 novembre di quell'anno, Günther Schabowski, leader della Sed (il partito comunista) di Berlino est, annuncia, infatti, la resa: con parole ambigue dice che da quel momento il Muro viene aperto per permettere "viaggi personali all'estero". Sono le sette di sera, poco dopo scoppia una festa spontanea alla porta di Brandeburgo e nella Kurfürstendamm di Berlino ovest. Il Muro viene fatto a pezzi. Si chiudeva in tal modo un’epoca e veniva, di fatto, sancita la fine dell’Unione Sovietica e del suo dominio sull’Europa Orientale. Quel giorno premevano a migliaia, a decine di migliaia, sempre più. A Mosca, sbigottiti, non sapevano decidersi se dare l'ordine di attaccare alle truppe. Per ammissione dell'ex ministro degli esteri, il georgiano Shevardnadze, c'era palpabile il timore che un attacco innescasse la miccia del terzo conflitto mondiale. Così, chi scavalcava rimase sorpreso di non prendersi i proiettili della Stasi, la polizia di regime assestata intorno al Charlie Check Point, dalla parte controllata dal Patto di Varsavia. E fu l'inizio del diluvio. Una folla d’ex cittadini dell'ex Germania orientale invadeva gioiosamente le strade e i parchi del settore ovest di quella che era stata la Capitale e che, dieci anni dopo, sarebbe tornata ad esserlo. |
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