Radici storiche dei due popoli Se si va in Palestina difficilmente è possibile sottrarsi al fascino della Terra Santa. Le colline sono ricoperte di ulivi e dalle rive del Mar Morto si può vedere Gerico la più antica città del mondo. Ad occidente tra i monti scintillano le cupole d’oro dei templi di Gerusalemme. La Palestina fu terra di parole divine rivelate all’umanità: in questa terra ebbero origini le più grandi religioni monoteistiche della storia. I più antichi abitanti furono i cananei a cui si affiancarono gli amorrei e successivamente verso il XIII secolo a.C. gli Ibrim, gli ebrei che provenivano dall’Egitto. Questi sotto la guida di Giosuè conquistarono il paese contendendolo ai Cananei e ai Filistei. Verso l’anno 1000 a.C. gli israeliti conquistarono Gerusalemme che divenne capitale del regno. Il figlio di David, Salomone, poté costruire grandiose opere tra cui il tempio e il palazzo reale. Alla morte di Salomone il regno si divise in due: il regno di Giuda con capitale Gerusalemme ed il regno di Israele con capitale Samaria. Dopo alcuni secoli di vita autonoma gli imperi mesopotamici sopraffecero i due regni: gli Assiri conquistarono Israele nel 722 a.C. e i Babilonesi quello di Giuda distruggendo Gerusalemme. Dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 dC) In seguito alla distruzione del Tempio di Gerusalemme gli ebrei dovettero lasciare Gerusalemme e solo poche comunità rimasero nei centri di Tiberiade e Yavne. Durante il periodo bizantino gli ebrei dovettero sottostare alla pesante tutela del Cristianesimo. In seguito all'avvento dell'islamismo, Gerusalemme fu conquistata dagli arabi e rimase in loro possesso fino al 1099 d.C. quando i crociati fondarono il Regno di Gerusalemme che cadde definitivamente nel 1138 d.C. Ai crociati rimasero pochi possedimenti che furono persi per sempre con l'arrivo di una nuova ondata musulmana, i mamelucchi provenienti dall'Egitto. La dominazione mamelucca durò circa due secoli, interrotta nel 1517 dall'impero ottomano che mantenne il predominio sulla regione fino al 1917. La nascita del movimento sionista Sul finire del XIX secolo nacque il movimento sionista fondato da Theodor Herzl, giornalista viennese di famiglia ebraica, che si prefiggeva come soluzione al problema nazionale la fondazione di uno stato ebraico in Palestina. Nel 1882 si ebbe il primo insediamento di ebrei - russi come comunità agricola con l'intento di ricreare condizioni di lavoro e di organizzazione sociale normali all'interno del popolo ebraico. Nel 1897 fu organizzato il Primo Congresso Sionista e fu fondata la prima Organizzazione Mondiale Sionista, il cui obiettivo era la costituzione di un focolare ebraico in Palestina; con il Secondo Congresso (1898) si raccolsero i fondi per l'acquisto dei terreni. Già nel 1882 Eliazer Ben Yehouda si era impegnato nella ricerca di una lingua che potesse essere un punto di unità per tutto il popolo della diaspora, partendo dalla Bibbia stessa: nacque così l'ebraico moderno, che sarebbe divenuto lingua nazionale dello stato fondato nel 1948. La Dichiarazione Balfour Il 2 Novembre 1917 la Dichiarazione Balfour aveva reso di pubblico dominio il sostegno del governo britannico all'Organizzazione sionista. Il trattato fu accolto favorevolmente e il successo di tale iniziativa fu ottenuto grazie a commercianti, religiosi, intellettuali che seppero trasformarsi in contadini e operai, organizzati in cooperative agricole dette "kibbutz". Proprio in questo periodo, a causa di tali trasformazioni, cominciarono a verificarsi i primi veri scontri fra coloni ebrei e palestinesi. Con l'avvento della Prima Guerra Mondiale si determinò il crollo della Turchia, alleata di Germania e Austria, e la disgregazione dell'Impero Ottomano, favorendo la creazione di un protettorato britannico e di uno francese in Palestina. La spartizione dei territori fra Francia e Inghilterra si svolse con l'ingerenza di interessi da parte del Regno Unito. Infatti la Gran Bretagna aveva incoraggiato la ribellione degli arabi contro l'Impero Turco promettendo a Saddam Hussein, sceicco della Mecca, il riconoscimento delle rivendicazioni di indipendenza e libertà; ma tale promessa si rivelò ingannevole, infatti fu negata la creazione di uno Stato indipendente. Così gli arabi rivendicarono i territori palestinesi, esclusi, secondo l'Inghilterra dal progetto di indipendenza araba. Da questo momento la politica araba rimase sempre contraria all'insediamento ebraico, mentre quella inglese andò via via facendosi sempre più ambigua. Durante gli anni '20-'30 la Gran Bretagna vincolò l'immigrazione ebraica "alle capacità di assorbimento economico" del Paese. In realtà il problema era politico: si erano formate istituzioni democratiche quali un'Assemblea rappresentativa elettiva, un Consiglio Nazionale, l'Agenzia ebraica e l'Haganà (nucleo del futuro esercito israeliano). I rapporti tra le due comunità peggiorarono, nonostante gli sforzi da entrambe le parti per trovare un accordo, e si ebbero diversi scontri: nel 1929 a Hebron la comunità ebraica fu sterminata e la sinagoga distrutta; una rivolta araba scoppiò in Palestina tra il 1936 e il 1939. La Seconda Guerra Mondiale ed il dopo-guerra Durante la Seconda Guerra Mondiale, di fronte all'azione nazista, gli ebrei chiesero alla Gran Bretagna di far cadere ogni limite imposto all'immigrazione in Palestina; la risposta fu negativa e rivelò in questo modo il cambiamento di posizione inglese rispetto alla stessa Dichiarazione Balfour. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il governo laburista inglese si rese ostile nei confronti degli ebrei fino a bloccare totalmente l'immigrazione e a rifiutare ai profughi di Auschwitz l'ingresso in Palestina. Un'intensa attività antibritannica ebraica pose termine al mandato inglese in Medio Oriente. Nel 1947 la Gran Bretagna portò il problema all'attenzione delle Nazioni Unite: il risultato fu il varo di una commissione speciale composta da esperti, che avessero vissuto in Palestina. Tale commissione propose una spartizione del territorio in due stati indipendenti, legati da un'unione economica e uno Statuto Internazionale per Gerusalemme. Il progetto (Risoluzione 181) fu approvato dall'Assemblea Generale dell'O.N.U. il 29 Novembre 1947 con maggioranza superiore ai 2/3. I governi arabi non accettarono la Risoluzione e promisero lo stato di guerra non appena fosse stata messa in atto. La proclamazione dello Stato d'Israele 14 Maggio 1948 Il 14 maggio 1948 avvenne la proclamazione definitiva dello stato d'Israele con il primo Primo Ministro David Ben Gurion a Tel-Aviv. Le prime parole del nuovo capo del governo del primo e unico stato creato dall’ONU furono: “Se gli stati arabi vorranno la pace, l’avranno. Se vorranno la guerra avranno anche questa”. Quella stessa notte l'esercito britannico si ritirò dai territori palestinesi, lasciando le loro basi militari, e 30.000 soldati provenienti da cinque diversi stati arabi invasero Israele con lo scopo di "eliminare l'entità sionista". Si diffuse, allora, la paura di un secondo sterminio della popolazione ebraica; tuttavia Israele oppose una validissima resistenza, dimostrando la propria forza militare ed organizzativa. Gli scontri si conclusero nel 1949 con la firma separata degli accordi con Siria, Libano, Giordania ed Egitto a Rodi, sotto l'egida dell'O.N.U.. L'Iraq, invece, rifiutò, lasciando aperta la questione. La perdita più grave tra le parti fu quella dei palestinesi che in questo modo videro cadere definitivamente la possibilità di costituire un loro stato indipendente. La 'diaspora palestinese' e la 'guerra dei 6 giorni' Con le vicende del 1948-49 cominciò una 'diaspora palestinese ', cioè i palestinesi in territorio israeliano fuggirono verso gli stati confinanti, ove vennero raccolti in campi profughi in balia dei governi arabi. Nel 1956 il presidente egiziano Nasser nazionalizzò la Compagnia Universale del Canale di Suez lasciando Israele privo di ogni possibilità di usufruirne. Israele, unitamente a Francia e Gran Bretagna, fece un tentativo di conquistare il controllo sullo stretto: la prima mossa fu quindi quella di occupare la penisola del Sinai a ridosso del canale. L'azione israeliana però non portò a nessun successo: sotto la pressione di Stati Uniti ed Unione Sovietica Israele fu costretto a restituire all'Egitto la penisola del Sinai, mentre il suo accesso al canale fu garantito da America e Russia. In realtà il transito non gli venne mai concesso e per evitare un contatto con le truppe egiziane furono posizionati come cuscinetto tra Israele ed Egitto contingenti dell'O.N.U.. Tutto ciò fece salire notevolmente la tensione negli anni seguenti soprattutto nei rapporti con la Siria: numerosi attentati terroristici e scontri tra gli eserciti si verificarono fino al 1967. In questa situazione l'Egitto radunò il proprio esercito e dichiarò "aperto stato di guerra con Israele ". La situazione precipitò dando origine a una guerra tra Egitto, Siria, Giordania e Iraq da un lato e Israele dall'altro, che per la rapidità viene denominata 'Guerra dei sei giorni' ( 5 Giugno - 11 Giugno 1967 ). In meno di una settimana Israele occupò gran parte dei territori nemici e li denominò 'territori occupati' e con essi Israele quadruplicò la sua estensione, appropriandosi anche di Gerusalemme. Dopo la fine della guerra lo Stato ebraico si rese disponibile ad aprire il dialogo con gli stati sconfitti; tuttavia il mondo arabo rifiutò ogni tipo di apertura e di accordo nei confronti dello Stato israeliano. Oggi i palestinesi sono 5 milioni e consumano ancora la loro diaspora: 800 mila vivono in Israele come cittadini di serie B; 1.800.000 sono sotto l’amministrazione militare nei territori occupati di Gaza e della Cisgiordania; 1.700.000 si sono rifugiati in Giordania e gli altri sono “stranieri” in Libano, in Siria, in Egitto e in tutti gli angoli del mondo. Conseguenze della guerra dei 6 giorni e nascita dell'OLP I tre anni seguenti le ostilità tra Egitto e Israele si tradussero in una guerra di logoramento con il verificarsi di attacchi terroristici. In un primo summit arabo venne incaricato Ahmad Shaquairi di mettere in piedi una organizzazione in risposta all'azione israeliana: nacque così l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (O.L.P.). Rafforzatasi, divenne sempre più importante come portavoce del mondo arabo; nel 1974, Yasser Arafat, presidente della organizzazione ottenne di poter parlare all'assemblea della Nazioni Unite, dalle quali il movimento ebbe il riconoscimento di esistenza. Nel 1970 l'O.L.P. venne espulsa dalla Giordania in seguito all'episodio del 'Settembre Nero' ( 17 Settembre 1970 ) in cui l'esercito giordano si scontrò con i fedayin (la falange terroristica dell'O.L.P.). I fedayin si rifugiarono , allora nei territori 'amici', soprattutto in Libano. Nello stesso anno morì il presidente egiziano Nasser, dimessosi già da tre anni dalla carica, ma ancora notevolmente attivo e popolare: questa data segna la fine di un'epoca, quella del così detto 'panarabismo', che di lì a poco venne sostituito dalla lotta per l'islamismo, unitamente a quella terribile per il petrolio. Guerra dello Iom Kippur - 1973 Al posto di Nasser fu eletto alla presidenza Anwar al-Sadat. Nel frattempo insediamenti israeliani si espandevano nei territori del Golan ( Libano), del Sinai ed in Giordania. Questo fattore, unito alla sempre crescente importanza internazionale del commercio del petrolio, fece sfociare le tensioni in un attacco di Siria ed Egitto sul Golan e su Suez, nel giorno del Kippur, ricorrenza ebraica dell'Espiazione. Sebbene la vittoria militare sia andata, come negli scontri precedenti ad Israele, si trattò per quest'ultimo di una sconfitta psicologica: infatti attraverso un'intesa raggiunta a Ginevra con l'O.N.U.(1974), Israele fu costretto a ritirarsi dal Sinai in due fasi successive. Nella stessa occasione si verificò l'altra vittoria dei paesi arabi: il riconoscimento dell'O.L.P. nell'assemblea delle Nazioni Unite. L’Egitto a colloquio con Israele e gli ‘accordi di Camp David’ Tuttavia queste soluzioni non furono tali, bensì costituivano una minaccia di insabbiamento della questione palestinese, che il presidente Sadat non poteva accettare a causa delle condizioni di miseria cui il suo Paese era andato incontro. Conscio della superiorità americana nella regione, il nuovo rais (capo) aveva compiuto un notevole cambio di alleanze , espellendo i consiglieri militari sovietici dall'Egitto: con grande sorpresa e speranza del mondo intero, si rese disponibile al dialogo con Israele. Il neoeletto governo di Begin lo accolse alla Knesset (parlamento), dove Sadat tenne un discorso. Tuttavia l’O.L.P. e il mondo arabo rifiutarono il negoziato, appoggiati dall'U.R.S.S., e l'Egitto fu costretto a firmare il totale riconoscimento dello Stato d'Israele in cambio dei territori occupati e di una trattativa sulla questione palestinese. Tali accordi furono denominati 'accordi di Camp David' e comprendevano due trattati distinti: il primo concerneva le modalità del ritiro di Israele dal Sinai e la sua parziale smilitarizzazione; il secondo prevedeva l'avvio di negoziati intesi a dotare la Palestina di uno statuto autonomo per un periodo di transizione di cinque anni, dopo il quale sarebbe stato elaborato uno statuto definitivo. La "Pace in Galilea" Il mondo arabo, trascinato da un fronte della fermezza (Siria , Libano e O.L.P.), ben presto isolò l'Egitto e lo escluse dalla Lega araba. Varie manifestazioni di rivolta islamica si ebbero quindi negli anni successivi, con infine l'assassinio di Sadat il 6 Ottobre 1981, che portò ad un avvicinamento dell’Egitto ai paesi islamici. L'anno seguente Israele attaccò il Libano, sotto la guida di M.Begin e del ministro della difesa Sharon, con un'operazione denominata "Pace in Galilea", il cui obiettivo era eliminare ogni presenza militare o amministrativa palestinese in Libano. Alla fine del 1982 Beirut fu teatro di un assedio lungo due mesi. Le difese del Libano, abbandonato dai Paesi fratelli, erano debolissime; infine l'O.L.P. fu costretto ad abbandonare anche il territorio libanese. Fu in questa occasione che la popolazione israeliana scese per la prima volta in piazza a manifestare la propria disapprovazione per le decisioni del governo in merito all'O.L.P., e soprattutto in merito ai massacri nei campi. Gli accordi con il Libano Le tendenze pacifiste aumentarono e l'opinione pubblica optò per una soluzione distensiva. In linea con queste tendenze, il 17 Maggio 1983 il segretario di stato americano Schultz patrocinò un accordo fra Libano e Israele che prevedeva la fine delle ostilità ed entro tre mesi il totale ritiro delle forze israeliane dal territorio occupato. Tuttavia la presenza di soldati siriani e militanti dell'O.L.P. nel Libano sembrò una minaccia per lo Stato ebraico che non rispettò i patti firmati, lasciando la situazione invariata. L'assedio di Beirut ebbe un'influenza negativa sull'opinione pubblica israeliana, tanto che il primo ministro Begin dovette rassegnare le dimissioni nell’Agosto 1983; venne sostituito dal capo del partito Likud Itzahk Shamir. Il nuovo governo dovette misurarsi con una crisi economica, che alla fine portò a nuove elezioni l’anno dopo. Non fu tuttavia raggiunta la maggioranza assoluta da nessuna delle due parti e quindi il presidente Herzog dovette intervenire invitando il partito laburista a formare un governo che comprendesse anche Shamir: l'accordo prevedeva un’alternanza al governo tra il laburista Peres e Shamir. Entro il 1985 il nuovo governo 'di unità nazionale', riuscì a completare il ritiro delle truppe dal Libano. Nonostante la politica di distensione attuata da Israele, le tensioni con l'O.L.P. non diminuirono. L'intifada Lasciato il Libano, l'O.L.P. non aveva più alcun punto di riferimento ove porre le basi, e risultava notevolmente indebolito. Qualche anno più tardi, dopo venti anni di occupazione e di sconfitte militari, la disperazione ed il rifiuto di una situazione intollerabile per la giovane generazione cresciuta sotto il giogo israeliano, furono all'origine di un nuovo tipo di guerra, armata di sassi: l'intifada (rivolta). Seguito sempre crescente ebbe il movimento integralista di Hamas che si schierò dalla parte dell'intifada senza più riconoscersi nel movimento di Y.Arafat. Inoltre l'intifada venne organizzata dal C.U.N.R. (Consiglio Unito Nazionale di Ribellione). Forte di un'intifada che costituiva un formidabile strumento di propaganda, la direzione dell'O.L.P. si riunì nel Novembre 1988 ad Algeri e riconobbe l'insieme delle risoluzioni dell'O.N.U. sulla Palestina, compresa la 242 (Sollecitazione dello sgombero dei territori israeliani). Nello stesso anno l'O.L.P. divenne l'unico portavoce della causa palestinese. Tale nuova forza permise a Y.Arafat di proclamare l'esistenza, benché 'virtuale', anche di quello stato palestinese che non era mai stato realizzato (Dicembre 1988). Di fronte all'O.N.U. il leader propose un'iniziativa di pace che includeva una conferenza internazionale ed una forza di sorveglianza delle Nazioni Unite per controllare il ritiro dai territori occupati. Il primo ministro israeliano Shamir non accettò il negoziato con i palestinesi, ma acconsentì un'autoregolazione della cosiddetta 'striscia di Gaza', territorio ancora in mano israeliana nonostante gli accordi di Camp David. La questione dei confini Il problema dei confini è sempre stato centrale nella ricerca di una soluzione al conflitto arabo-israeliano. I confini vennero inizialmente designati nel 1949 dalla 'linea verde', cioè una linea armistiziale: la striscia di Gaza e Gerusalemme est furono lasciati fuori dallo stato nascente, come anche la Cisgiordania e l'altipiano del Golan. Tuttavia tali confini divennero ben più ampi quando, nel '67, dopo la 'guerra dei sei giorni' contro Giordania, Egitto e Siria lo Stato ebraico conquistò i territori che un tempo erano sotto il mandato britannico, cioè Gerusalemme est, il Golan e la penisola del Sinai . Con la risoluzione 242 dell'O.N.U., votata nel 1967, fu concordata la restituzione dei territori sopra citati. Fino al 1977 i laburisti di Rabin avevano portato avanti una politica di distensione contrattando con i siriani la restituzione del Golan e nel 1974 dei territori ottenuti nella 'guerra del Kippur' (risoluzione 338); questi furono divisi in due stati separati da truppe di sicurezza dell'O.N.U.. L'apertura alla restituzione dei territori non era tuttavia totale , poiché l'unico scopo era di smilitarizzare il Golan e rettificare la linea dei confini . Va inoltre ricordato che la versione inglese della 242 recita "from occupied territories", che si potrebbe tradurre con un generico "da territori occupati". L'ambiguità di questa formulazione non definita e le discrepanze nelle traduzioni ufficiali (vedi quella francese, ad esempio ) continuarono a far discutere. Nel 1982 ebbe la maggioranza in Israele il partito Likud, che rinnegò la politica laburista. Benché la sinistra israeliana continuasse a sostenere il processo di distensione, altre idee si facevano strada : una secondo cui per avere confini sicuri bisognava avere delle aree strategiche come il Golan e la parte ad ovest della Giordania, quasi un confine naturale. Altri teorizzando la costituzione di un 'Grande Israele' ipotizzavano confini lontani da centri abitati, favorendo così l'annessione di vaste aree per scopi di difesa.
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