Il Vesuvio è il vulcano più famoso della terra, l’unico attivo dell’Europa continentale ed è anche uno dei più pericolosi poiché il vasto territorio che si estende alle sue pendici ha visto la costruzione di case fino a 700 metri di altura. E’ un tipico esempio di vulcano a recinto costituito da un cono esterno tronco, Monte Somma (1133 metri), con cinta craterica in gran parte demolita entro la quale si trova un cono più piccolo rappresentato dal Vesuvio (1281 metri), separati da un avvallamento denominato Valle del Gigante, parte dell'antica caldera, dove in seguito, presumibilmente durante l'eruzione del 79 d.C., si formò il Gran Cono o Vesuvio. La Valle del Gigante è suddivisa a sua volta in Atrio del Cavallo ad ovest e Valle dell'Inferno ad est. Il Vesuvio è un caratteristico vulcano poligenico e misto, ossia costituito da lave di composizione chimica diversa e formato sia da colate di lava sia da depositi piroclastici. Tutte le zone alle pendici della montagna sono da considerarsi formate da terreni trasportati da lave di fango che scendono dagli scoscesi pendii nelle stagioni piovose attraverso profondi e stretti valloni detti alvei o più comunemente lagni. Gli alti argini sono formati da cumuli di scorie laviche, che precipitati allo stato incandescente e dilagati verso le basse pendici, si rivelano ora a causa del loro materiale fertile, ricco di silicio e potassio, preziosi per la vegetazione. Nelle giornate più fredde la condensazione dei vapori rende visibili le fumarole presenti in numerosi punti della parete interna del cratere. Il Somma-Vesuvio è uno strato-vulcano in cui la parte più antica è rappresentata dallo strato-vulcano del Somma (1133 metri sul livello del mare) e della caldera terminale di questi sorge il Gran Cono del Vesuvio (1281 metri sul livello del mare). Con l’eruzione pliniana del 79 d.c. per quanto il fatto non sia per niente provato, si pensa sia sorto il primo abbozzo dell’attuale Gran Cono. Il diametro di base del complesso Somma-Vesuvio ha un diametro di circa 15 chilometri mentre il Gran Cono emergente dalla caldera è di circa 4 chilometri; il cratere del Vesuvio è lievemente ellittico e si è formato dopo la fase esplosiva terminale dell'eruzione del 1944. L'attività eruttiva del complesso vulcanico può essere distinta in tre periodi. Il più antico è probabilmente il più lungo di tali periodi ed è quello che precede l’eruzione del 79 d.c. la ricostruzione della attività è basata esclusivamente su dati di tipo geologico. Del secondo periodo, tra il 79 d.C. ed il 1600 circa, è disponibile una documentazione incompleta e spesso è molto problematica la sua interpretazione. Il periodo più recente (1631-1944) è nel complesso ben documentato. Durante la sua lunga e dolorosa vita il Somma-Vesuvio è stato caratterizzato da una attività vulcanica estremamente variabile che può essere riassunta succintamente come segue: - eruzioni principalmente effusive di modesta entità (formazione di coni di scorie e scorrimento di colate di lava) - eruzioni essenzialmente esplosive di media entità - eruzioni catastrofiche esplosive pliniane tipo "Pompei ed Ercolano". L’età di inizio della attività vulcanica non è perfettamente nota. Da carotaggi effettuati nei pozzi geotermici sono state riscontrate lave e prodotti vulcanici fino a 1345 metri di profondità (1125 metri sotto il livello del mare). In una carota prelevata alla base della formazione è stata eseguita una misura radiometrica che ha fornito un’età di circa 300.000 anni. Altri tipi di rilevamenti hanno fornito un’età di 500.000-1.000.00 di anni. Comunque il Somma propriamente detto pare si sia iniziato a formare intorno a 25.000 anni fa (eruzione delle pomici di Codola). Nel periodo antico ricostruito stratigraficamente mediante dati radiometrici e storici, è possibile suddividere l’attività piroclastica del vulcano negli ultimi 17.000 anni in nove lunghi periodi (precedenti al primo periodo di attività sono riscontrabili delle lave basali di età superiore ai 17.000 anni). La distribuzione areale di questo prodotto è stata certamente influenzata dall’azione dei venti spiranti durante l’eruzione stessa. L’assenza di lave negli ultimi 17.000 anni nel settore settentrionale del vulcano può essere spiegato soltanto dall’esistenza dello sbarramento morfologico costituito dalla caldera del Monte Somma. Questa caldera viene, perciò, fortemente retrodatata rispetto alle opinioni correnti, che la vedono connessa con l’eruzione del 79 d.c. o con quella precedente di Avellino. Con l’eruzione di pomici del 79 d.C., che distrusse e seppellì le città romane di Pompei-Ercolano, Stabia e Oplonti, inizia il ciclo storico antico del Somma-Vesuvio. Questa eruzione di tipo pliniano, fu preceduta da segnali premonitori, da come può evincersi dalla sismicità ricorrente dal 60 al 70 d.C., segnalato da Plinio il giovane a Tacito nelle sue famose lettere " ... un fortissimo terremoto si verificò nel 60 d.C." ed è probabile che questo non sia stato l’unico. Dall’esame delle lettere di Plinio il giovane dai prodotti eruttati, si capisce che questa eruzione iniziò con la formazione di un enorme pino vulcanico, alto più di 20 chilometri, che sparse una pioggia di ceneri e lapilli prevalentemente in direzione sud-est fino ad una distanza di 72 chilometri dopo di ciò si ebbe una interruzione della attività vulcanica per diverse ore e poi una emissione orizzontale di materiale piroclastico (surge) che avrebbe causato un grande numero di vittime. Contemporaneamente la messa a posto di lahars ricchi di pomici fu la causa del seppellimento della città di Ercolano sotto uno spessore di 20-25 metri di materiale. Nel periodo tra il 79 d.C. ed il 1500 si ebbero almeno undici eruzioni. Con l’eruzione del 1631 inizia l’attività storica recente del Vesuvio. Alcuni mesi prima dell’eruzione, avvenuta il primo di Dicembre 1631 nella zona si ebbero numerosi terremoti e poco prima dell’evento eruttivo (durata di alcune settimane) si intravidero i primi segni premonitori: intorbidamento ed addirittura completa mancanza di acqua nei pozzi. Man mano che ci si avvicinava al giorno dell’eruzione i terremoti diventavano sempre più frequenti e di intensità sempre maggiore. L’eruzione iniziò in modo esplosivo facendo saltare la cima del Vesuvio squarciando il fianco occidentale del vulcano contemporaneamente si formò un gigantesco pino nero e furono eiettati giganteschi blocchi. Il 17 di Dicembre dalla base del Vesuvio si ebbero abbondanti profusioni di lave, che in circa due ore raggiunsero il mare inoltrandosi per oltre trecento metri (per questa ragione si produssero onde marine molto alte, i cosiddetti tsunami). La massa lavica partita dal fianco del vulcano si divise in vari rami distruggendo gli abitati di Bosco Tre Case, Torre del Greco e Torre Annunziata, mentre valanghe di fanghi (lahar) distrussero i paesini siti sul versante del Monte Somma. L’attività effusiva del Vesuvio continuò con intensità decrescente (con brevi picchi crescenti) fino al Gennaio 1632, provocando la morte di almeno 4.000 persone. Recentemente però un attento riesame dei materiali emessi dal Vesuvio nel 1631 ed una accurata revisione delle cronache contemporanee hanno messo in evidenza l’assenza di colate laviche connesse con questa eruzione, essenzialmente esplosiva, caratterizzata dallo scorrimento di potenti e devastanti nubi ardenti. Tutte le colate descritte risulterebbero probabilmente più antiche del 1631 e riconducibili, forse, al periodo 968-1037 d.C. Dopo questa eruzione inizia il periodo ciclico della storia eruttiva del Vesuvio, meglio descritta dal Mercalli, stabilendo per ognun periodo eruttivo la seguente successione dei fenomeni: 1) inizio del ciclo: aumento della temperatura e della acidità delle fumarole. Si inizia la formazione di un piccolo cono di scorie all’interno del cratere centrale con una moderata attività esplosiva 2) le dimensioni del cono di scorie aumentano, sia per l’attività esplosiva e sia per gli efflussi di lave che riempiono fino all’orlo il cratere sommitale (questo periodo può durare fino a trenta anni); contemporaneamente agli efflussi di lave e scorie si hanno brevi periodi di pausa, in cui vengono emessi dalla fumarola grandi quantità di acido cloridrico e anidride solforosa, che testimoniano la permanenza di magmi a piccole profondità. A volte si hanno modesti traboccamenti di lave dal cratere, che non causano danni. 3) fase culminante: dopo che si è riempito completamente il cratere, avviene la fase culminante del periodo eruttivo, perché il livello della colonna di lava nel condotto vulcanico è piuttosto alto, e la lava è sottoposta a fortissime pressioni ed, inoltre, è satura di gas. Perciò quando i materiali non riescono più a contenere la pressione troppo elevata, ha inizio l’eruzione iniziò l’eruzione con violente esplosioni e rapidi efflussi di lave. Il cono si spacca e contemporaneamente si originano grosse nubi di ceneri a forma di pino; spesso si formano delle enormi fratture che arrivano fino alla base del cratere di cui la lava si espande rapidamente. Con questa fase parossistica termina il ciclo ritmico del Vesuvio, che nell’ultima fase entra in uno stato di apparente riposo (fase solfaritica) che perdura per circa sette anni. Fino ad oggi si sono ripetute, in tutto, tredici cicli eruttivi; l’ultima eruzione del 1944 ha ricalcato perfettamente questa ritmicità. L’ultimo ciclo del vulcano iniziò nel 1931 con la formazione di un piccolo cono di scorie ed emissioni di lave e scorie all’interno del cratere. Nel 1944, dopo un intervallo di trentuno anni, il cratere fu riempito di materiali scoriacei e lavici finché il cono di scorie superò l’orlo del cratere; successivamente si ebbero due crolli della parte sommitale del cono, all’interno del condotto. Alcuni giorni dopo l’attività esplosiva aveva di nuovo aperto il condotto e le lave iniziarono a fuoriuscire dal cratere. L’attività dell’eruzione del 1944 fu ampiamente descritta da Imbò che la suddivise in diverse fasi: - fase effusiva: 18 marzo, fu caratterizzata da zampilli lavici all'interno del cratere e da colate laviche che fuoriuscirono da una frattura nel lato est, attraverso l’atrio del cavallo e puntando verso Massa e San Sebastiano con una velocità di 50-100 km/h. Il 21 marzo l’emissione di lave dalle fratture cessò ed iniziò una nuova fase caratterizzata da violente esplosioni e profusioni di colonne e fontane di lave dal cratere centrale che raggiunsero l’altezza di alcuni chilometri. Successivamente si ebbe una fase di esplosioni miste; durante l’ultima fontana lavica, l’ottava, si notarono emissioni cineree scure, che, in seguito, dettero luogo ad una grossa nube di circa 5 chilometri di altezza, con emissioni di bombe vulcaniche. Questa fase durò ininterrottamente fino al giorno 22 che può essere considerato come della fase di massima intensità del parossismo eruttivo. A questa fase si deve l’attuale conformazione esterna del cratere vesuviano, infatti durante l’eruzione si ebbero le modificazioni del cratere dovute alle forti emissioni di gas sotto pressione. - fase sismo-esplosiva. L’ultima fase è quella sismo esplosiva in cui si produssero forti terremoti, mentre l’andamento esplosivo perdeva la sua regolarità e potenza, fino a che il 17 aprile si ebbe la chiusura completa del cratere. Tutt’oggi il Vesuvio persiste in una fase di quiescenza che dura oramai da quasi cinquanta anni, con un unica eccezione nel 1964, quando si ebbe un aumento sismico e gravimetrico. L'origine dell’attività sismica fu probabilmente causata da crolli, dovuti alla creazione di cavità al di sotto delle masse detritiche ricoprenti il fondo del cratere, per parziale inglobamento di queste masse da parte del magma. L'aumento della gravità, invece, fu dovuto all’innalzamento della colonna magmatica nel condotto eruttivo fino a raggiungere le masse detritiche (tale fenomeno si verificò tra il dicembre 1962 ed il maggio del 1964). Da allora il vulcano si trova in stato di quiescenza e non vi sono indicazioni di un prossimo risveglio. Tuttavia il Vesuvio è certamente un vulcano molto pericoloso. Nel corso della sua storia ha infatti attraversato molte volte lunghi periodi di riposo, durati in alcuni casi diversi secoli, che si sono conclusi con eruzioni esplosive tanto più violente quanto più lungo è stato il periodo di riposo che le ha precedute. L’attuale insensata ed anarchica urbanizzazione dell’area vesuviana, in parte connessa anche alla perdita di memoria storica delle eruzioni passate da parte della popolazione e delle amministrazioni, si ripercuote in una situazione di rischio altissimo. Sulle pendici del vulcano ed in un raggio di 10 km dal Gran Cono vivono oggi più di 600.000 persone, e la periferia della stessa Napoli si trova a non più di 8 km dal cratere. I risultati delle ricerche finora condotte hanno portato a miglioramenti sostanziali nel grado di conoscenza del vulcano, permettendo di ricostruire le modalità del suo funzionamento durante diverse eruzioni del passato e la sua struttura attuale, e di formulare ipotesi sul suo comportamento futuro. Da questi dati e da queste ipotesi scaturisce lo scenario eruttivo dell’evento massimo atteso in caso di ripresa dell’attività del Vesuvio a breve-medio termine (nei prossimi 50 anni), L’evento massimo atteso è un’eruzione esplosiva di media intensità, definita dai vulcanologi "sub-pliniana", simile per energia, volume di magma emesso e fenomenologia eruttiva a quella verificatasi nel 131 d.C.. |
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