GEMMA BLU (STAND BY ME)
I
Avevo la testa appoggiata alle morbide tendine della finestra e osservavo affascinato le gocce di pioggia che si disintegravano silenziosamente contro il freddo asfalto della strada. Forse non vedrò mai più la pioggia, pensai. Fra le mani stringevo un biglietto rosa coperto di scritte. Qualche minuto prima uno dei pochi addetti governativi rimasti sul pianeta mi aveva telefonato, per darmi forse una delle più belle notizie della mia vita.
Lei è uno dei 10000 fortunati che ha vinto un biglietto per lultima navetta Arca.
La partenza è fissata per domani mattina, alle ore 8.50.
Si presenti alla spazioporto con qualche minuto di anticipo. Verrà trasportato con un treno speciale verso la navetta diretta alla stazione orbitante Eden01. Si ricordi che questa è la sua ultima occasione per lasciare il pianeta: X431 entrerà in collisione con la Terra fra meno di 96 ore.
X431 era un meteorite esteso quasi come lAmerica e lEuropa messe assieme. Al primo impatto avrebbe letteralmente smembrato il pianeta. Gli stati, disperati, avevano provato di tutto, bombe atomiche comprese, ma niente era servito per fermare lavanzamento del bolide infuocato. Così, negli ultimi anni era stata costruita in prossimità dellorbita marziana Eden01, la più grande stazione spaziale permanente mai concepita dallumanità. Poteva contenere fino a 50 milioni di persone.
Solo 50 milioni di persone.
Lesodo è iniziato 2 anni fa. Le Arca, dalla capacità di 10000 persone, partivano alla volta di Eden01 con un ritmo di circa 100 navette alla settimana. Lultima navetta sarebbe partita lindomani, e io stringevo fra le mani un biglietto per quel volo.
II
Ero immerso nella semioscurità della casa, e lunica luce che mi illuminava proveniva da uno stanco lampione vicino alla mia finestra (ma, se vogliamo essere precisi, cera anche unaltra luce, fra le nuvole scure) . Mi alzai cautamente e mi diressi verso lo stereo. Frugai un po nello sporco cassettone posizionato di fianco al divano e ne tirai fuori una piccola custodia impolverata. Era la custodia di un CD. Erano quasi 25 anni che i CD erano stati soppiantati dai DVD prima e dagli UDVD poi, ma era ancora possibile ascoltare una canzone da questi dischetti argentati assai poco capienti.
Forse anche i produttori di stereo sono dei nostalgici, pensai divertito.
Lo inserii nella fessura per metà, prima di essere aiutato da quel maledetto meccanismo automatico (mangiadita, come lo aveva soprannominato scherzosamente mia moglie molto tempo prima).
Già, mia moglie. Quella che stava per partire era la nostra canzone. Quel disco me lo aveva lasciato in eredità mio padre, dicendo: - Tienilo, e ascoltalo ogni tanto. Ha fatto innamorare centinaia di persone.-
La canzone era Stand By Me di Ben E. King: quella roba aveva 60 anni, ma era ancora straordinariamente coinvolgente. Nel giro di qualche secondo, la dolce musica iniziò a diffondersi per la stanza.
When the night
Has come
(Sally, mia moglie)
And the land is dark
(questa era la canzone che faceva da sottofondo alla prima volta che feci lamore con lei)
And the moon
is the only
(In un campo di grano, fuori città. Lunica luce che ci illuminava, era quella lunare)
Light well see
(Lunica luce che in quel momento illuminava la Terra. Lunica luce che in quel momento illuminava il centro delluniverso).
No I wont be afraid
Oh I wont be afraid
Just as long as you stand, stand by me.
Come imbambolato, rimasi a fissare una foto della Terra sulla copertina di un vecchio numero di National Geographic.
III
Il mattino seguente mi affrettavo lungo il vialetto di casa con due enormi valige sottobraccio. Solo il necessario. Qualche camicia, qualche maglia della Ralph Loren per essere eleganti (sì, anche quella rosa che mi piaceva un sacco), otto o nove paia di pantaloni, qualche oggetto caro e un paio di buoni libri. Di sicuro ci sarebbe stato qualche divertimento lassù. Non potevano aver dimenticato il cinema, i libri, qualche sacrosanto videogioco o no?
La strada sembrava deserta. Chi poteva era già partito, gli altri erano rintanati in casa. Che senso avrebbe avuto girovagare senza meta per una città disabitata?.
Mi avvicinai alla mia Mercedes Neon blu elettrico. Il mio (ex) collega Vern Norton aveva sbavato tre settimane quando gli dissi che me lero comprata. Nemmeno con tutta la buona volontà se la sarebbe potuta permettere: Charlie, suo figlio, era gravemente malato, e la moglie Roxanne lavorava part time da una vecchia megera schiavista. Così un giorno gliela prestai. Si divertì molto a fingere di essere il vero padrone di quellauto. Mi raccontò addirittura che due ragazze (piuttosto carine, a quanto disse) si erano avvicinate e gli avevano chiesto di fare un giro, ma non ci credo. Cristo, Vern è un bravuomo, ma certo non si può dire che sia un bel ragazzo.
Adesso forse era a casa, ad imboccare Charlie con delle pappette, a pregare, o a piangere, perché lui non aveva vinto. No Vern, nemmeno questa volta hai vinto.
Misi le valige nel bagagliaio e mi affrettai a partire.
Accesi lautoradio e iniziai cercare a caso. Molte stazioni trasmettevano solo fruscii, ma cera ancora qualche radio ottimista che metteva su i dischi per la gente rimasta. Nessuno parlava. Il personale, probabilmente, stava passando gli ultimi giorni con la famiglia .Trovai un brano piuttosto vecchio, cantato da un tipo a cui sembrava avessero piantato un cetriolo nel sedere, che aveva fatto molto scandalo nei lontani anni 90. Il nome non lo ricordo, ma ricordo invece che era uno di quei depravati che se ne andavano in giro vestiti da donna con 30 centimetri di zeppe sotto i piedi. Comunque la canzone veniva quasi a puntino.
I know is the last day on earth
Well be togheter while the planet dies
I know its the last day on earth
Well never say goodbye
Era bella dopotutto.
Con le strade deserte, non ci misi molto a raggiungere lo spazioporto.
Ma non stavo pensando al viaggio, adesso.
Stavo pensando a Vern e a suo figlio. Stavo pensando a quei 6 miliardi di persone che, come lui, non avevano vinto. Stavo pensando a Sally, a Ben E. King, al campo di grano e alla copertina di quel National Geographic. Stavo ripensando alla mia infanzia, e a quante volte avevo giocato su quellerba scolorita dei giardinetti, che in estate prendeva ugualmente quel profumo particolare di frutta acerba. Stavo ripensando a quello che stavo per fare.
Nella mia mente unaltra musica divenne più forte.
So darlin darlin stand by me
Oh stand by me
Oh, stand by me, stand by me
Era Sally che cantava.
IV
Raggiunsi lo spazioporto. Molte auto erano parcheggiate davanti allentrata. Gli altri fortunati dovevano essere già qui. Con una certa fretta discesi dallauto e aprii il bagagliaio. Dentro cerano le due famose valige. Una era un ricordo di gioventù: tutta macchiata e scolorita, non me lero sentita di lasciarla a casa. Mi aveva accompagnato in Italia, durante il viaggio più bello della mia vita.
Con un certo rimorso, rimasi a ripulire le impurità dai vetri della Neon.
Che stupido. Non la userò più.
Dopo un po, riluttante, riuscii ad impormi di allontanarmene.
Le porte automatiche si aprirono, e con una certa emozione, percorsi allungando costantemente il passo quei settecento metri che mi dividevano dalla salvezza.
Sulle panchine, molta gente dalletnia più varia aspettava larrivo del treno. Vedevo un bambino dai tratti orientali che piagnucolava, un giovane ragazzo nero che piangeva e si soffiava continuamente il naso, unanziana signora che accarezzava tremando il suo cagnolino, che forse aveva percepito latmosfera strana. Molti però ridevano nervosi e scambiavano battute con il vicino.
In lontananza, in fondo ai binari, scorsi lArca, bianca e splendente in tutta la sua magnificenza.
Il treno arrivò sfrecciando. Laria mi scompiglio i capelli. A mano a mano che i vagoni passavano, il treno rallentava landatura, fino a quando non si fermò definitivamente. Quando le porte si aprirono, le gente alle mi spalle si avventò allinterno del veicolo, quasi travolgendomi. Un addetto, forse pronto anche lui a partire, aiutava le persone anziane ad entrare in quella calca.
Io, paralizzato, ero rimasto più indietro, in disparte.
Stavo fissando, completamente assorbito, il riflesso su un finestrino di un vecchio cartellone pubblicitario della Nike. Su uno sfondo nero, punteggiato di minuscole e fredde stelle, poggiava unimmagine gigante delle Terra, coperta di nuvole ma ugualmente splendente come come come una gemma blu
come una gemma blu
In lontananza, udivo una voce fastidiosa, che forse stava tentando di attirare la mia attenzione. Ma imperterrito, osservavo quel riflesso come ipnotizzato. In un attimo mi ritornarono alla mente le stesse immagini che mi erano schizzate davanti in auto.
Udii ancora quelle voci. Forse qualcuno stava imprecando.
come una gemma blu
Poco dopo, lentamente, il treno si mosse.
V
Ebbi un attimo di panico incredulo. Sono pazzi? Vogliono lasciarmi qui? Iniziai a rincorrere i vagoni e cercai di urlare. Nessun suono uscì dalla mia bocca asciutta. Nessuno.
Indeciso, con le braccia a penzoloni, tremante, mi accasciai su una panchina, con la testa fra le braccia.
Sudavo, e un forte senso di nausea mi attanagliava lo stomaco.
La panchina, gelida, non sembrava partecipare al mio sgomento.
Ho fatto la cosa giusta, pensai, ma non ne ero convinto. Almeno fino a quando non fui sicuro che qualcosa mi aveva sussurrato allorecchio: Oh stand, stand by me, stand by me.
Rimasi a guardare la partenza. In unondata infuocata, il rombo assordante dallArca mi raggiunse, accompagnato dal muro di calore intenso dovuto alla combustione di migliaia di litri di carburante. Prima lentamente, poi sempre più in fretta, la navetta si staccò dal suolo e iniziò a solcare quelloceano blu che in quel momento, come mai nella mia vita, avevo visto terso e splendente. Sconsolato, continuai a fissare il cielo per molto tempo, anche quando ormai lunica luce che potevo scorgere era quella fredda e sinistra di X431.
Valutando ad occhio, dovevo avere ancora circa una settantina di ore. Decisi il da farsi.
Rimontai in auto e iniziai a vagare per la città spopolata dove solo poche facce smunte e impaurite mostravano di sfuggita lo sguardo perso e rassegnato. Mio Dio, mi ritrovai a pensare, che cosa ti abbiamo fatto? Cosa abbiamo fatto per meritarci questo?
In giro regnava la devastazione: macchine abbandonate, valige piene di vestiti fatte a pezzi e seminate lungo la strada, mobili rotti e accatastati a caso, bici e motorini accartocciati fra loro come fossero foglie. Chi era già partito di certo non sera preoccupato di lasciare in ordine. Quelli che, come me, erano rimasti, se ne fregavano altamente. Tanto fra meno di tre giorni non ci sarà più nulla.
Continuai il mio giro silenzioso (anche la radio aveva preferito rimanersene muta), fino a quando non riconobbi linsegna gialla e arancione che stavo cercando. Oh Gesù, quanto tempo è che non metto più piede in questo posto?
Da quando avevo 7 anni non ero più tornato al Gramy Munky, la gelateria migliore di tutta la città (ricordo ancora: COMPRATE UN SUPER MUNKY CREAM, UN GIORNO CI RINGRAZIERETE!). Già.
Vicino al Munky stavano ancora quei giardinetti che frequentavo da giovane. Erano molto diversi una volta, ma la conformazione è sempre la stessa. La mia parte preferita era la pozza di sabbia, dove, assieme a Thomas Cullen e Pat Devlin costruivamo dei castelli così grandi che dentro ci poteva stare benissimo un ragazzino di un metro e quaranta. Ovviamente seduto.
Mi diressi verso laltro lato della strada e scavalcai la rete di accesso ai giardini. Ora molte giostre non cerano più, ed erano state sostituite con delle panchine di plastica rossa, forse più utili ma molto meno caratteristiche. Fortunatamente la sabbia era rimasta. Ci ficcai una mano dentro e rimasi ad assaporare ogni granello che scivolava via, verso il basso, per ricongiungersi con gli altri.
Poi, improvvisamente e con violenza, strappai una manciata di fili derba e li portai al viso. Nonostante fossero passati molti anni, conservavano ancora il profumo aspro della frutta acerba.
Rimasi lì, seduto, a godermi la mia infanzia, per molte ore.
I due giorni successivi li passai con Vern, il mio ex-collega. Sceso dallauto suonai il campanello. Venne ad aprirmi il suo fantasma. Quella non era di sicuro la persona che mi ricordavo: spento, apatico, raggrinzito come se fosse improvvisamente invecchiato di 15 anni. Per un attimo, comunque, un largo sorriso gli esplose sul volto, seguito da una pausa e dalle parole: - Quanto tempo!-, poi imbarazzato, - Entra, entra ti prego, come mai da da queste parti?-.
Così gli raccontai che avevo deciso di rimanere. Anche lui, titubante, mi spiegò che Roxanne aveva vinto e se nera partita con lultimo volo. Vern era rimasto qua con Charlie, ad accudirlo fino alla fine.
Così decisi di aiutarli. Vern mi ospitò volentieri e, poco a poco, vidi tornare in lui quella voglia di vivere che sembrava aver abbandonato il suo corpo da molto tempo. Lultimo giorno li feci salire tutti e due sulla Neon. Vern era tutto eccitato, e Charlie non era da meno (arrivò perfino a chiamarmi zio). Feci il giro in auto più divertente della mia vita.
Alla fine, quando gli dissi che dovevo andare, Vern si avvicinò e mi strinse la mano calorosamente. Ero sicuro di aver scorto nei suoi occhi commossi una profonda riconoscenza.
VI
Mancavano solo poche ore allimpatto previsto e le nubi squarciate lasciavano filtrare una luce molto più forte di quella solare. La strada sterrata che stavo percorrendo era tutta sconnessa e faceva sobbalzare lauto in maniera preoccupante, tanto che mi chiesi se gli ammortizzatori avrebbero tenuto. Dopo una buona dose di questa tortura, arrivai allalbero che stavo cercando. Era una gigantesca quercia secolare. Alla sua destra giaceva quel campo, culla di tanti ricordi. Chiusi la porta dellauto e iniziai a togliermi la giacca. Mi immersi in quel grano biondo che in quella luce appariva quasi irreale. Le spighe che mi accarezzavano mi fecero assalire dai ricordi.
(il suo corpo)
(le sue labbra)
(i suoi movimenti sinuosi)
(la luna)
Quasi inconsciamente mi ero spogliato completamente. Nudo, iniziai a vagare per quel campo dorato alla ricerca di anni che ormai non cerano più. Poi, la sua voce mi raggiunse nuovamente.
If the sky that we look upon
Should tumble and fall
Or the mountain should crumble to the sea
I wont cry, I wont cry
No I wont shed a tear
Just as long as you stand, stand by me
And darlin darlin stand by me
Oh stand by me
Whoa stand now, stand by me, stand by me
Molto tempo era passato. Ora, nudo come un verme, mi trovavo raggomitolato in posizione fetale sotto la secolare quercia, e fra le mani stringevo una spiga di grano.
Allimprovviso, un boato tremendo squassò il cielo e la terra. Tutto stava iniziando a tremare. Calmo, come se potessi vederci meglio, mi alzai in piedi. Unimmensa sfera infuocata sfrecciò sopra di me, scostando le nubi al suo passaggio. E arrivata.
In pochi attimi, scomparve allorizzonte. Entro poco tutto sarebbe stato annullato.
Senza rendermene conto, strinsi il pugno così forte da sgretolare la spiga che avevo in mano
O Dio ti prego, proteggimi.
Come in risposta, Sally tornò.
Darlin darlin stand by me
Oh stand by me
Oh stand now, stand by me, stand by me
Stammi vicina, Sally.
Laria si incendiò e la terra sotto i miei piedi iniziò a vibrare violentemente.
Prima che il mio corpo venisse investito dalle fiamme
(Whenever yuore in trouble just stand by me)
calde lacrime
(Oh stand by me)
di nostalgia
(Whoa stand now, oh stand, stand by me)
solcarono le mie guance e caddero al suolo.
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