CASTAGNO
MAL DELL'INCHIOSTRO
Questa malattia, presente in
Italia sin dal secolo scorso, si è diffusa in tutte le zone castanicole italiane e, dopo
un lungo periodo di quiescenza, sta causando danni molto gravi in numerosi impianti di
castagno.
Le prime avvisaglie degli attacchi di Phytophthora cambivora (Petri) Buism,
l'agente patogeno, sono caratterizzate da un rallentamento della vegetazione e pertanto le
piante e le ceppaie colpite presentano una chioma molto più rada rispetto a quella delle
piante sane. Le foglie sono più piccole e spesso ingialliscono. L'accrescimento delle
branche è scarso ed esse appaiono raccorciate. La fruttificazione è concentrata alla
sommità della chioma ed è costituita da ricci più piccoli del normale, chiaramente
visibili anche se circondati da foglie secche ancora attaccate ai rami e alle branche. Ad
uno stadio più avanzato molti rami e successivamente le branche cominciano a disseccare
tanto che la parte apicale appare completamente spoglia.
Tali manifestazioni possono essere originate da vari agenti di marciume radicale e
pertanto saranno necessari saggi sulle radici e sul colletto.
Asportando la corteccia alla base del fusto dei castagni e delle ceppaie colpite dalla
malattia viene osservata la necrosi del cambio che dal colletto sale al di sopra del
livello del suolo. Queste aree presentano l'aspetto caratteristico di lingue più o meno
estese lungo l'asse del fusto e sono note come macchie a
fiamma o a diagramma. Saggiando ancora verso il terreno si nota che esse si estendono
anche sulle grosse radici. La penetrazione del micelio parassita avviene attraverso le
ferite all'altezza del colletto della pianta o alla base delle grosse radici, ma essa può
facilmente verificarsi anche sull'apice delle radichette assorbenti e da qui, invadendo i
tessuti, il patogeno si diffonde sull'apparato radicale. Si può dedurre che vengono
uccise dal " Mal dell'inchiostro" anche quelle piante o ceppaie in cui
non è possibile rilevare alla base del fusto la caratteristica macchia a fiamma.
Deperimenti e morie causate dal "Mal dell'inchiostro" sono stati rilevati
anche nei vivai su gruppi di semenzali da innestare o innestati, coltivati su terreni
umidi. I danni sono apparsi notevoli sia per l'intensità della malattia che per il suo
decorso rapido e violento: le giovani piantine presentano improvvisi stati di sofferenza e
poi rapidamente muoiono. Sui semenzali sono state osservate necrosi radicali ed
imbrunimenti corticali e legnosi variamente estesi alla base del fusto, tipici degli
attacchi di P. cambivora e di P. cinnamomi.
Gli attacchi della malattia si verificano con maggior facilità su quei castagneti situati
in luoghi umidi, piuttosto declivi ove scorre l'acqua o in conche ove essa può
raccogliersi per un certo tempo. L'umidità è uno dei fattori che più influiscono sulla
malattia. Sia la P. cambivora che la P. cinnamomi (quest'ultima capace di
provocare sintomi e danni identici a quelli prodotti dall'altro fungo parassita) si
diffondono tramite oospore e planoconidi cigliati. Quest'ultimi, per mezzo del velo
d'acqua esistente nel terreno, raggiungono le radichette e vi si insediano, stabilendo
così l'infezione.
La conservazione del fungo è affidata alle oospore capaci di sopravvivere per lunghi
periodi di tempo: anche oltre sette anni.
Le conoscenze sulla biologia dell'agente patogeno indurrebbero a ritenere questa malattia
come localizzata a particolari ambienti molto umidi e con ristagni d'acqua, ma la gravità
e soprattutto la vastità dei danni smentiscono questi criteri ed inducono a ritenerla
come una fitopatia dell'apparato radicale molto più diffusa di quanto sinora ritenuto.
Riguardo al decorso della malattia, vengono individuati due andamenti: uno rapido e
l'altro lento. Il primo è dovuto alla scarsa vigoria dell'apparato radicale oltreché
alla capacità del parassita di infettare in breve tempo tutta la massa radicale; il
secondo si verificherebbe quando le radici sono in uno stato del tutto opposto. E'
estremamente importante porre la massima attenzione nell'acquisto e nella messa a dimora
di semenzali e di giovani piantine, controllando lo stato degli apparati radicali. E'
veramente reale il pericolo di diffondere nei castagneti questa malattia con effetti
disastrosi.
Contro il " Mal dell'inchiostro" non sono ancora disponibili metodi di difesa
realmente efficaci tanto è vero che sui castagni colpiti, purché siano effettuate alla
comparsa dei primi sintomi della malattia, si può intervenire con energiche potature e
capitozzature per ridurre la chioma e stimolare le radici a produrre nuovi elementi
radicali. Importanti risultano anche gli interventi tesi a migliorare il drenaggio del
suolo ed eliminare i ristagni idrici.
L'impiego di prodotti anticrittogamici sistemici sembra al momento inopportuno per le
difficoltà di somministrazione e gli incerti risultati. In vivaio invece si può
intervenire con i trattamenti alla comparsa dei primi sintomi di sofferenza sulle
piantine. E' consigliabile l'uso di prodotti del gruppo delle acilalanine e del fosfito di
alluminio (Cristinzio, 1986).
Incoraggianti prospettive sono offerte dalla difesa biologica basata sull'attività
antagonistica di alcuni funghi simbionti micorrizici.
I tentativi di Cristinzio e Grassi (1986, 1993) di individuare varietà di Castanea
sativa resistenti alla malattia costituiscono un'altra interessante possibilità
d'intervento e, a questo proposito, incoraggianti risultati sono stati conseguiti da
ricercatori in Spagna dove questa malattia arreca danni molto gravi.
Cancro
della corteccia
Il cancro della corteccia è
provocato dal fungo Ascomicete Cryphonectria (Endothia) parasitica
(Murr.) Barr. Il patogeno, di origine orientale, è stato identificato per la
prima volta nel 1904 su Castanea dentata negli Stati Uniti, dove in poco meno di
mezzo secolo ha provocato la distruzione di circa 40 milioni di ettari di questa specie.
La prima segnalazione in Italia risale al 1938, quando il parassita venne ritrovato su Castanea
sativa nell'entroterra ligure ed attualmente il cancro è presente in tutte le aree
castanicole italiane, tanto che ormai l'agente patogeno può essere considerato
naturalizzato, se non endemico, nel nostro Paese.
Il fungo colpisce tutte le parti epigee della pianta ad eccezione delle foglie. La C.
parasitica penetra sui rami e sui polloni attraverso ferite di varia natura, anche
piccoli traumi superficiali provocati dalla grandine o dal vento (un punto molto sensibile
è l'inserzione dei rami secondari sui giovani fusti). Il micelio, che si espande sulla
corteccia provoca aree depresse di colorazione rossastra, che poi si fessurano più o meno
profondamente ed evolvono in cancri sui quali si formano delle pustole rosso-aranciate,
costituite dalle fruttificazioni del fungo (picnidi). Sollevando la corteccia in
corrispondenza delle zone colpite, si osservano i tessuti imbruniti e su di essi è
possibile rinvenire i caratteristici "ventagli" di color bianco-crema e
costituiti dal micelio . La loro presenza è importante ai fini diagnostici.
Il cancro interessa tutta la circonferenza del ramo o del pollone e rapidamente ne uccide
la parte superiore tanto che le foglie disseccate rimangono a lungo attaccate al ramo
morto. Un altro sintomo tipico di questa malattia è l'emissione di un numero elevato di
rami epicormici alla base del cancro. La diffusione del parassita avviene attraverso i
conidi, di origine agamica e le ascospore, di derivazione sessuata. I primi, contenuti in
picnidi ed inglobati nei cirri da una sostanza vischiosa, vengono liberati e provvedono
alla diffusione. Le seconde si formano invece all'interno dei periteci e dopo la loro
espulsione possono essere trasportate anche a notevole distanza dal vento.
I picnidi si formano in vari periodi dell'anno, anche su rami morti, che possono così
costituire pericolosi focolai di infezione. I principali vettori della malattia possono
essere: l'acqua di pioggia, il vento, gli animali come insetti,uccelli e mammiferi
compreso lo stesso uomo. In natura C. parasitica è in grado di colpire altre
specie arboree, quali Quercuus, Alnus, Ostrya, ecc., sulle quali sono stati isolati
soltanto ceppi virulenti. Queste piante, nei boschi misti, possono costituire dei focolai
delle infezioni più dannose (Turchetti et al. 1991).
Oltre all'andamento sopra descritto, l'attacco della C. parasitica può
manifestarsi con una sintomatologia atipica nella quale, pur con lo sviluppo di cancri,
non si hanno disseccamenti, né emissione di rami epicormici che invece caratterizzano
quelli più dannosi. I tessuti della parte colpita reagiscono attivamente all'attacco
formando dei rigonfiamenti, mentre il micelio appare poco consistente con ventagli molto
esili e superficiali, produce infine scarsi picnidi. Spesso i cancri non circondano il
pollone colpito, ma assumendo una colorazione nerastra, restano circoscritti sulla
corteccia e possono essere espulsi. Queste infezioni sono originate dagli isolati
ipovirulenti del parassita cioè dotati di minore aggressività nei confronti del
castagno.
Questo fenomeno che si è spontaneamente manifestato in natura è alla base del
miglioramento fitosanitario di sempre più numerosi castagneti in Italia e in Europa e
permette di attuare la lotta biologica nei casi in cui è necessario intervenire per
attenuare la mortalità causata dalla malattia.
Il cancro della corteccia del castagno è divenuto ormai una malattia quasi endemica in
Italia ed in Europa, pertanto qualsiasi tentativo di risanamento avrà un successo
temporaneo. Se i castagneti sono e saranno costretti a convivere con la C.
parasitica è e sarà necessario che tale parassita sia meno dannoso possibile.
Questa opportunità viene offerta proprio dai ceppi ipovirulenti e perciò è quanto mai
indispensabile la loro presenza e predominanza nei castagneti, perché il patogeno è
presente in tutto il suo areale anche nella forma virulenta.
Affinché gli isolati ipovirulenti possano insediarsi e diffondersi naturalmente in un
territorio è necessario che siano presenti molte infezioni cicatrizzanti dato lo scarso
numero di picnidi che vengono prodotti sui cancri e riguardo alla capacità di
trasmissione dell'ipovirulenza è importante che i suddetti isolati siano dotati di un
ampio spettro di compatibilità vegetativa, cioè la capacità di formare frequentemente
anastomosi ifali stabili e quindi permettere il passaggio del dsRNA.
L'infezione naturale dell'ipovirulenza può essere incrementata con le inoculazioni
combinata agli isolati ipovirulenti che originano un cancro capace dopo uno o due anni di
cicatrizzare e regredire spontaneamente.
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