E sul
campanile di un eremo medievale dellOltrepò pavese la storica «martinella» del
carroccio
Scoperta per caso durante ricerche sul monachesimo irlandese in Lombardia
La campana
del carroccio donata, con la croce lobata, dal vescovo milanese Ariberto dIntimiano
allesercito della Lega Lombarda come simbolo di richiamo al valore, allunità
e alla fede dei federati lombardi, si trova sul campanile dellAbbazia di S. Alberto
a Butrio di Ponte Nizza in provincia di Pavia.
Chi scrive queste note ha a sua volta approfondito con riscontri e sopralluoghi la
scoperta e ha avuto modo di sviluppare, nellambito di ricerche storiche svolte sui
rapporti tra i Malaspina e labbazia di San Colombano a Bobbio, linteresse per
la campana suscitato originariamente nellarchitetto Cate Calderini dalle numerose
segnalazioni locali, frutto anche, va detto, di testimonianze e di leggende vecchie di
secoli.
Il marchese Obizzo Malaspina nellXI secolo era signore di molte terre e castelli nel
territorio che va da Pontremoli fino allAlto Monferrato ed era personaggio molto
influente allepoca della battaglia di Legnano.
Alla calata in Italia dellimperatore Federico I da Susa nel 1168 si schierò al suo
fianco, col marchese di Monferrato e il conte di Biandrate, ma successivamente ritenne
conveniente abbandonare la parte imperiale e aderire agli ideali della Lega Lombarda.
Parteciperà quindi alle trattative della pace di Costanza, nel cui documento avrà una
citazione particolare . In un manoscritto conservato nellArchivio di Stato di Pavia
Obizzo Malaspina è indicato come primo «custode» della «martinella» del carroccio .
Un ulteriore supporto documentale ci è stato fornito da Fabrizio Bernini, uno storico del
Pavese e del Vogherese , autore di varie pubblicazioni; alla sua cortesia dobbiamo le
informazioni, le notizie e i documenti che ci hanno permesso di arrivare alla storica
«martinella». Leremo monastico risale ai primi anni del Mille, quando il frate
Alberto, che osservava la regola di S. Benedetto, scelse come luogo di preghiera una
grotta naturale tra Begna e Borrione, dove poi sorgerà labbazia per opera dello
stesso monaco che vi rimase dal 1020 al 1073. Ampie e precise sono le testimonianze
raccolte dal Bernini. Esse sono comprovate anche da un memoriale redatto da padre Paolo
Cassola, rettore delleremo di S. Alberto dal 1900 al 1920. Egli, attingendo anche
dal carteggio dei Malaspina, conservato nellArchivio di Stato di Pavia, aveva
raccolto in questo manoscritto la storia dellabbazia e della campana del carroccio,
per ottenere un sussidio straordinario dal Ministero della guerra per i restauri della
stessa abbazia.
Obizzo Malaspina, il primo custode della «martinella»
Così risulta che la campana del carroccio sarebbe stata custodita per lungo
tempo nella residenza privilegiata di Obizzo Malaspina, il castello di Zucchi nella Valle
di Nizza, uno dei più fortificati del tempo, che sorgeva a 715 metri di altitudine tra i
monti Succo e Bagnara. Padre Cassola descrive il maniero di Zucchi come un ameno castello
munito di cinque torri difesa,dal quale si godeva un grandioso e magnifico panorama su tutta la valle
Staffora. Era il maniero più strategico,
più munito e inespugnabile di tutto il territorio .
Dalla rocca di Zucchi la «martinella» del carroccio era stata portata allabbazia
di S. Alberto (ma non si sa in che periodo e da chi) e collocata in un modesto campanile a
vela sul tetto delloratorio di S. Maria annesso alle altre costruzioni
delleremo fondato da S. Alberto. La ricostruzione cronologica degli abati e rettori
della Badia di Butrio assegna la titolarità dal 1454 al 1461 a Taddeo de Noxeto (Noceto),
discendente dal nobile casato di Busseti di Tortona, che fu anche il primo abate
commendatario, in quanto la badia era stata nel frattempo elevata a commenda dal
Vaticano.Forse fu proprio questo abate a prendere in consegna dai discendenti di Obizzo
Malaspina la campana del carroccio,dovendo dotare il nuovo campanile
della chiesa delleremo di un concerto campanario facendola così collocare insieme
ad altre due di nuova fusione. Il trasferimento a Butrio della storica «martinella» del
carroccio ad opera dellabate Taddeo sarebbe provato dallaggiunta del suo nome
alla iscrizione, su due righe, nella parte superiore dello stesso sacro bronzo: «MCCCCLIIII
xps rex venit i pace ds horet- e...Tadeus de Noxeto comedatarius abacie S. Alberti».
La trascrizione e chiave di lettura di questa scritta sulla campana è offerta da un
monaco della stessa abbazia, Padre Placido Lugano , che afferma: «Nella prima riga si
hanno due lacune: tra la «s» e la «e» manca una lettera: dopo la «e» ne mancano tre.
Sciogliendo le abbreviazioni e riempiendo le lacune si legge: MCCCCLIIII Christus rex
venit i(n) pace D(eu)s h(on)oret(ur): S.(A.) e(tus), cioè Sanctus Albertus in luogo di
Deus honoretur, si può leggere anche D(eu)s h(om)o re(surrexi). Il S. Albertus sarebbe il
nome dato alla campana ».
La data, 1454, posta sulla stessa, non deve quindi ingannare, e non è contraria alla
tradizione che identifica questa campana con la «martinella» del carroccio.
Una campana in lega di rame, oro
e argento
Perché allora labate Taddeo di Noceto fece applicare il suo nome e la suddetta
iscrizione? Ce lo rivela ancora il già citato Padre Paolo Cassola nel suo memoriale, dove
tra laltro scrive che: labate Noceto «per occultare la campana in modo che
non venisse derubata, fece applicare tutto allingiro di essa il proprio nome.
Lattento osservatore scopre subito a prima vista che le lettere con le quali è
scritto il nome... sono posticce e che vennero applicate alla famosa campana vari secoli
dopo. E noto poi che nel Medio Evo di questi inganni se ne facevano molti, anche
intorno alle reliquie dei santi, per sottrarle alla rapacità degli uomini e
allentusiasmo religioso. Niuna meraviglia quindi se alcuni storici, tratti in
inganno dallastuzia usata da quellabate, hanno creduto (contro la tradizione
costante) che la campana non fosse del carroccio di Milano. Ma contro costoro grida la
tradizione diffusa non solo nel popolo ma tra gli stessi uomini dotti. Tanto è vero che
questa tradizione è tramandata per mezzo di scritti e di stampe. Anzi alcuni anni orsono
il famoso gesuita padre Savio, storico insigne, passando a Varzi per andare a
Bobbio, ebbe
occasione di trattenersi in argomenti storici con lillustre dottor Giacomo Piana,
assessore del Comune di Varzi; ora avvenne che egli manifestò al Piana lidea di
vedere con i propri occhi la famosa campana del carroccio di Milano e che da secoli si
conservava in S. Alberto e che a tale effetto si era recato a Varzi per venirla a
vedere... ».
La campana pesa 200 chilogrammi, è alta 47 centimetri e ha un metro e mezzo circa di
circonferenza. Stando anche alla testimonianza della ditta Eredi Giovanni Borroli di
Genova, che nel 1856 aveva proceduto ad accordare questa e le altre due campane collocate
sul campanile, era stata confermata la circostanza che si trattava di una campana fusa nel
Mille e che nella lega era stato impiegato, oltre al rame, anche oro e argento, affinché
non si rompesse cadendo e perché il suo suono fosse più squillante e i suoi rintocchi si
udissero da più lontano non solo come richiamo per le contrade di Milano nel momento del
pericolo e del bisogno di volontari, ma anche durante le battaglie, come richiamo al
valore e alla fede dei combattenti.
Infine un particolare importante confermerebbe la autenticità della «martinella»,
riconducendola a quella donata dallarcivescovo Ariberto dIntimiano alla Lega
Lombarda: due piccole borchie nelle quali è scolpita come in trionfo una donna che ha ai
suoi piedi un uomo inginocchiato. La donna, nel senso mistico religioso cattolico,
rappresenterebbe la Madonna e luomo in ginocchio lumanità. Attorno ai due
borchioni vi sono cinque iniziali di altrettante parole, e precisamente: F. R. U. O. S.,
cioè Fiet Regnum Unum Ovile Sanctum, che tradotte suonano: vi sarà un regno solo, un
santo ovile. Lultima parola potrebbe anche essere solum, un solo ovile.
Questa interpretazione delle sigle è confermata anche nel manoscritto del già citato
padre Paolo Cassola, rettore nel primo Novecento dellAbbazia di Butrio, che aggiunge
alcune considerazioni riferite allarcivescovo Ariberto. «Egli riconosceva - afferma
il Cassola - tanto lImpero Romano come la Chiesa di Roma, ma in pari tempo voleva e
riconosceva la libertà dItalia e dei suoi Comuni contro legemonia
dellimperatore tedesco». E quindi la frase riportata sulla campana, a suo parere,
potrebbe anche essere interpretata in «un solo ovile», cioè lunione delle Chiese
dissidenti. «In tal senso le sigle - afferma labate Cassola - riassumono il diritto
naturale dellordine pubblico, basato su leggi cristiane, a difesa delle libertà
popolari dei Comuni, sostenute dalla potenza del Sacro Romano Impero». Ora che
tradizione, documenti e riscontri ci hanno portato a scoprire lesistenza e il luogo
dove è conservata la «martinella» del carroccio cera da auspicare che, in
occasione della imminente Sagra del Carroccio del 2000, la si potesse avere a Legnano per
esporla e portarla magari anche in sfilata.
La Famiglia Legnanese, in accordo col prevosto di Legnano Carlo Galli ha subito avviato i
primi contatti con lattuale rettore delleremo, don Francesco
Maragno.
Dopo una trasferta a Butrio, lo stesso rettore ha sciolto le riserve, concedendo la
rimozione provvisoria della storica campana affinché, con tutte le garanzie che richiede
lo spostamento di un così antico e prezioso cimelio, possa essere trasportata a Legnano
per ledizione di questanno della Sagra.
La campana potrà così essere anche sottoposta a nuove probanti prove scientifiche per
certificare la più precisa data di fusione.
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