Patti territoriali una moderna politica per trasferire soldi pubblici alle imprese

 

Nel mese di febbraio è stata fortemente pubblicizzata l’approvazione, da parte dello Stato, di 6 dei 7 patti territoriali proposti in Toscana, da enti locali, imprese, ed associazioni di categoria. I patti territoriali sono uno degli strumenti della “politica per il lavoro”, già nel cosiddetto pacchetto Treu, perseguiti dal governo Prodi, prima, ed ora dall’esecutivo presieduto da D’Alema (sul pacchetto Treu chi è interessato può vedersi i numeri 1, 4, 5 di “Comunicazione antagonista”). Si tratta, in realtà, di una delle forme di moderna assistenza all’impresa. L’iniziativa è presa dagli enti locali (Province, Comuni capofila di un’area) che stabiliscono un tavolo di concertazione con la presenza delle associazioni imprenditoriali e dei sindacati “maggiormente rappresentativi”. Dopo la fase della concertazione c’è quella dell’individuazione delle iniziative da promuovere - quantificandone, sulla carta, obbiettivi, costo, posti di lavoro. A questo punto viene stipulato, con il sostegno della Regione o, in alternativa, con un “tutor” indicato direttamente dal governo, il patto territoriale. Il governo, dopo una propria fase istruttoria, decide i finanziamenti sulla base di una serie di parametri (se si tratta delle aree definite “a declino industriale”, sul tasso di disoccupazione ed altri indicatori di sviluppo) e della loro presunta validità. Il “patto” consiste nel raggruppare una serie di progetti che riguardano una medesima area territoriale - in modo da utilizzare tutte le sinergie possibili: utilizzo d’infrastrutture, reti comunicative, manifestazioni espositive… Il raggruppamento dei progetti garantisce, alle imprese che li hanno presentati, una sere di agevolazioni: di natura amministrativa (licenze, concessioni, permessi vari…); di natura fiscale e contributiva; di natura contrattuale (rispetto alla eccezionalità delle assunzioni, finalizzate al progetto e, quindi, precarie per definizione) e, soprattutto, la copertura economica rappresentata dal finanziamento statale, che viene corrisposto a fondo perduto. Il patto è un meccanismo senza nessun rischio per le imprese e gli enti locali proponenti. Finchè non arrivano i contributi statali non vengono tirate fuori le quote d’investimento, a carico di imprese ed enti, previste dal progetto stesso. Nella tabella riportiamo l’elenco dei patti territoriali sostenuti dallo Stato, con il numero dei progetti, ripartiti fra pubblici e privati, i relativi investimenti anch’essi ripartiti fra pubblici e privati, e la previsione di posti di lavoro. Va segnalata la differente procedura seguita dal patto relativo all’Appennino centrale, stipulato con un passaggio diretto dal governo all’Unione Europea. La Regione Toscana ha contribuito al sostegno dei patti con una cifra complessiva di 23 miliardi e 150 milioni. C’è un settimo patto territoriale rimasto, per ora, a bocca asciutta. E’ quello di Pisa, la cui esclusione ha scatenato una violenta polemica tra il Presidente della Provincia, Nunes, ed il Presidente della Regione, entrambi appartenenti ai DS. Ma è lo stesso Chiti che tranquilizza imprenditori e personale politico del pisano: “il patto di Pisa è rimasto escluso dai finanziamenti statali per un mero errore procedurale non imputabile agli enti locali” e sarà ammesso quanto prima al contributo statale. Una veloce valutazione Al di là dell’incogruità che emerge dalle stesse cifre (circa 1.500 miliardi con cui si creano 3.000 posti di lavoro a termine!), non si può continuare a contrabbandare per politica dell’occupazione quella che è mero sostegno all’impresa - a cui si garantiscono, oltre ai soldi dei contributi, corsie preferenziali per la burocrazia, piena flessibilità nell’impiego della forza lavoro, speciali linee di credito. Anche questa vicenda fornisce delle chiarissime chiavi di lettura per comprendere il ruolo svolto dai vari attori: sindacati di stato, Regione, governo D’Alema E’ del tutto in linea con il loro ruolo futuro di “intermediari di manodopera”, e quindi non stupisce, il sostegno accalorato offerto dai sindacati confederali, in primis la CGIL, ai patti territoriali. E’ lo stesso sostegno che è stato offerto a tutte le politiche per la “reindustrializzazione”, a partire dalla legge 181/89, il cui risultato è sempre stato il medesimo: crollo dell’occupazione e salvaguardia dei profitti. Per quanto riguarda la Regione Toscana, la giunta Chiti governa con una sola riconosciuta centralità: quella dell’impresa ed i fatti, ma anche le parole, sono inequivocabili. Per il governo la sostanza della “politica per l’occupazione e lo sviluppo” sta tutta nell’offrire contributi, sconti fiscali e migliori condizioni di sfruttamento agli industriali - per chi non lo avesse letto segnaliamo sullo scorso numero di “Comunicazione antagonista” l’articolo di commento al “patto di Natale”.