Danza per anime
vaganti Tra
gesto e frase, "mutAzioni" di Lucia Citterio e Giovanna
Turrini GIOVANNI MARI - TORINO
Vite malate e vaganti. L'inconsapevolezza, il
pesante confine tra corpo e mente. Presentato a Torino nella
biennale dell'arte emergente Big, mutAzioni,
installazione a sette stanze con danza e parola, propone un
percorso tra sei esistenze logorate che si conclude in un
sogno complessivo di trance felice e impersonale. Allestito
nell'ex stabilimento del Fabrik di Moncalieri, lo spettacolo
di Lucia Citterio e Giovanna Turrini scorre tra le pareti
domestiche di una donna muta e sola che si fa bella per se
stessa, di un uomo privo di controllo che si difende
abbaiando, tra gli stracci da lavare di una casalinga vittima
del proprio amore. Tra i giochi tristi di una bimba che vaga
nelle rovine di un conflitto, tra le sofferenze di una
straniera che si porta dietro la sua casa fatta di sacchetti,
ra i lunghi divani di una prostituta. Con la coreografia
della Citterio, musiche lievi e le poesie di Dikinson e della
stessa Turrini (proiettate sui muri), mutAzioni solca
la solitudine e la disperazioneper raggiungere un 'balletto'
di anime. Le parole sussurrate nelle stanze a tratti volano
sulla scena, a tratti scolpiscono l'immagine nella sua
crudezza. La donna che si trucca, così, colpisce per la sua
comunicazione solo facciale, l'uomo composto per i tic e gli
errori. La bimba ferita dalla guerra confonde le bombe con le
bambole mentre la terra cade dai suoi piedi, la casalinga fa
l'amore col volto coperto e vive il nudo solo nel cambio dei
ruoli. La straniera sbatte contro il muro ma si autoscatta
foto felici da spedire a casa, la prostituta si lamenta di chi
spia il suo corpo. Il 'balletto' finale (nella settima stanza)
è interrotto da imbarazzi e paura. La parola, aggressiva o
leggera, 'parlata' in diretta dal settimo interprete, racconta
quanto accade. Si staglia tra musiche, rumori ed effetti luce
per raccontare la necessità di riarrotolare il filo delle
culture e del tempo: la mutua accettazione di anagrafi solo in
origine differenti, l'esigenza della speranza, il bisogno di
oltrepassare, anche oltre le costruzioni di se stessi.
|