La CONDIZIONE della DONNA

INTRODUZIONE

Si deve a Champollion, l’ uomo che per primo decifrò i geroglifici, un’ acuta osservazione sulla straordinaria libertà di cui godettero le antiche donne egizie, rispetto non solo alle altre civiltà contemporanee, ma anche nei confronti della società europea del 1800, in cui l’ archeologo viveva.

Non a caso gli antichi scrittori greci, venuti a contatto con la tarda civiltà egizia, accecati dalla prevenzione nei riguardi delle donne tipica del loro mondo, si convinsero che le Egiziane dominassero i loro mariti; d’ altronde anche le Etrusche, che partecipavano alla vita conviviale e culturale dei loro uomini, venivano definite, falsamente, di facili costumi.

In realtà in Egitto, già dall’ Antico regno nel III millennio a.C., si era affermata una sostanziale parità fra i sessi, giuridica e materiale, come si può comprendere dai diversi aspetti della vita femminile in riva al Nilo.

La RELIGIONE

La dea Iside fu forse la più grande e la più amata delle divinità egizie: moglie del dio Osiride, grande e giusto Re dell’ Egitto, fu costretta a compiere imprese eroiche ed astute per poter riportare in vita lo sposo, ucciso a tradimento dal perfido fratello Seth. Il suo mito ha diversi ed importanti significati:

E’ molto interessante notare come la figura femminile più importante nella Religione egiziana, fosse estremamente positiva, pari o superiore alle figure maschili, e anche questo è testimonianza del rispetto nei confronti delle donne: nella Genesi Eva, la Donna, è invece inaffidabile e subalterna ad Adamo, l’ Uomo.

Nella religione comune in Egitto non vi era alcuna differenza fra uomini e donne:

Questo ultimo ci introduce al prossimo capitolo, quello del potere, poiché i sacerdoti erano importantissimi in uno stato contadino, legato ad un fenomeno ricorrente, quello delle piene del Nilo, di cui occorreva conoscere il periodo esatto, per poter seminare i campi in anticipo, pena la perdita del raccolto.

Solo i sacerdoti e le sacerdotesse infatti potevano calcolare con grande esattezza il calendario, grazie alla loro conoscenza della scienza astronomica.

La GESTIONE del POTERE

Come esempio di commistione tra politica e religione possiamo citare le "Divine adoratrici" del dio Amon, sacerdotesse e maghe, che governarono la grande città di Tebe dal 1000 a.C. per quasi 500 anni.

Ma anche il ruolo più importante, il Regno, fu appannaggio di numerose donne, alcune ufficialmente riconosciute come Faraone, altre che gestirono il potere supremo come Reggenti, a partire dal tempo del Regno Antico, fino all’ ultima Sovrana dell’ Egitto, la famosissima Cleopatra.

Ma anche come Regine, spose del Faraone, il ruolo delle prime donne del Regno fu fondamentale, come testimoniano papiri, iscrizioni murali e fastosità delle sepolture: molti nomi di esse ci sono giunte, ma due in particolare sono divenute famose, anche per la loro straordinaria bellezza fisica, rispecchiata dalle statue che le raffigurano: Nefertiti e Nefertari.

La prima fu moglie di Akhenaton, il sovrano che per primo adorò un solo Dio, simboleggiato dal sole: fu forse lei la Principessa che allevò nella Reggia il fanciullo Mosè, come raccontato dalla Sacra Bibbia? Certo è, che mentre in Egitto, morto il Faraone ritornò il politeismo, fra gli Ebrei, in fuga verso la Palestina, si affermò compiutamente la natura monoteista della Religione.

Nefertari fu amatissima dal potente faraone Ramses II, al punto che Ella non solo partecipò agli atti principali del governo, ma fu raffigurata nel celebre tempio di Abu Simbel, in grandezza analoga al marito, a testimoniare nei secoli la parità fra i due coniugi.

A più bassi livelli era possibile alle donne essere a capo di provincie e città o di importanti uffici centrali: in conclusione, all’ infuori dell’ esercito, non era ad esse preclusa per legge alcuna carriera né posto di rilevante importanza sociale.

SCUOLA e LAVORO FEMMINILI.

L’ educazione, pur diversa tra maschi e femmine, per queste ultime affidata prevalentemente alla madre, comprendeva per entrambi i sessi l’ apprendimento di lettura e scrittura nella scuola del villaggio; le fanciulle, nell’ ambiente familiare apprendevano a cantare, suonare uno strumento, danzare, filare e tessere; inoltre praticavano con le compagne ginnastica e nuoto (nel fiume o nei canali).

In età più matura alcune si recavano in scuole di alto grado, in particolare presso i Templi, così da poter apprendere tutte quelle conoscenze (vedi quanto sopra detto per le sacerdotesse) grazie a cui non era loro preclusa alcuna attività.

Infatti anche se la maggioranza delle donne sposate si dedicava alla cura delle case (o palazzi nelle classi sociali più agiate), curando in particolare l’ accurata igiene degli ambienti e del vestiario (abitudine grazie alla quale in Egitto scarsa diffusione ebbero le malattie epidemiche) e la preparazione degli alimenti base dell’ alimentazione egizia (il pane e la birra), siamo a conoscenza di donne proprietarie terriere, scriba (cioé ragioniere e letterate), medici ed ostetriche, affariste ed amministratrici di beni, persino capitane di navi.

Naturalmente erano molto più numerose le donne addette a mansioni tipicamente femminili, come parrucchiere, tessitrici ecc. o manuali come il lavoro nei campi.

Va qui detto che per uomini e donne esistevano sì pari salario, ma anche talvolta pari condizioni di lavoro duro e servile: tuttavia contrariamente a quanto si crede, in Egitto, non si ebbe una vera schiavitù, se non per i prigionieri e le prigioniere di guerra, ai quali vennero comunque garantite possibilità di riscatto e di integrazione nella società.

Gli egiziani, maschi e femmine, potevano invece essere condannati dai tribunali ai lavori forzati, proporzionalmente alla gravità della colpa commessa.

Le condizioni di servitù per le egizie, consistevano in genere in un servizio domestico protratto nel tempo, ma con contratto economico liberamente sottoscritto, molto simile alle attuali collaboratrici domestiche a tempo pieno; poteva non essere remunerato solo se rappresentava una prestazione a rimborso di debiti contratti e non pagati.

Il DIRITTO MATRIMONIALE e LA VITA FAMILIARE

L’ amore per gli antichi Egizi era dono divino della dea Hathor, la felicità terrena, perciò esaltato ed oggetto di componimenti letterari, come ci rivelano gli antichi papiri.

Non necessariamente si concludeva con il matrimonio: poiché il fondamento di quest’ ultimo erano la fedeltà ed il reciproco rispetto, le relazioni prematrimoniali delle ragazze egiziane erano tollerate come esperienze di vita ed anche come periodo di prova, che poteva concludersi con una rottura.

Il matrimonio era una libera scelta: nessuna legge imponeva alla donna di sposarsi e nessuna potestà, anche quella del padre, poteva obbligare ad una unione di interesse o "combinata": sono documentati matrimoni con uomini di classe sociale inferiore e persino con stranieri.

Dopo il matrimonio la donna manteneva il proprio cognome ed era giuridicamente protetta dagli abusi e dai maltrattamenti: il fallimento di un matrimonio era regolato da un apposito tribunale, che applicava norme molto simili a quelle che attualmente regolano i divorzi nei Paesi Anglosassoni. E’ interessante notare infatti che spesso i coniugi stilavano contratti matrimoniali, con clausole in caso di separazione.

Generalmente in caso di abbandono o colpa del marito, la donna riceveva un elevato indennizzo e la restituzione della dote, in caso contrario recuperava solo i beni personali, decurtati di una quota destinata al risarcimento del marito.

Naturalmente, come anche ai nostri giorni, non tutto filava liscio: l’ adulterio poteva concludersi tragicamente ed erano le donne a pagare con la vita il proprio errore. Tuttavia si tratta di casi isolati di violenza individuale: per la mentalità egiziana la punizione doveva essere limitata a sanzioni economiche e la riprovazione morale si esercitava nei confronti degli adulteri di entrambi i sessi.

In caso di morte del marito, la vedova ereditava un terzo delle sostanze del marito (i restanti due terzi venivano divisi tra i figli, maschi e femmine); in caso di bisogno materiale, era obbligo morale per i benestanti e notabili del luogo aiutare vedove ed orfani.

Vanno sfatate alcune leggende circa le abitudini matrimoniali egizie:

Per concludere la vita matrimoniale delle donne egizie prevedeva, a differenza degli antichi greci (che ne furono scandalizzati!) un costante ruolo al fianco del marito, anche nei banchetti, allietati da musiche, danze, letture poetiche e discussioni filosofiche, cui le convitate partecipavano attivamente.

Erano queste, come ai nostri giorni, occasione di sfoggio di bellezza, eleganza e ricchezza: i preparativi che li precedevano ci introducono all’ ultimo argomento.

La CURA della BELLEZZA.

Sono celebri l’ avvenenza e l’ eleganza delle antiche egizie, testimoniate dalle pitture e dalle statue; in tempi di moralismo bigotto hanno valso loro l’ accusa di lascivia e oscenità.

In realtà le donne egiziane avevano una straordinaria cura dell’ igiene personale, usavano la cosmesi per valorizzare le loro doti, i loro canoni estetici privilegiavano un fisico snello, che esaltava l’ eleganza dell’ abbigliamento, spesso succinto grazie al clima caldo: le loro immagini sono di una bellezza attuale, quasi tratte da una rivista di moda dei nostri giorni.

Visitando i musei egizi si resta sorpresi dalla straordinaria civiltà e tecnologia raggiunte nell’ uso di prodotti ed oggetti, che potrebbero figurare in una casa moderna: il latte e altre sostanze detergenti per il bagno e l’ igiene dentaria, i cosmetici per il trucco (preparati perfino con pietre semi- preziose come turchese e malachite), i profumi, le creme rassodanti, i belletti, i coloranti per capelli ecc. contenuti in preziosi vasetti di pasta di vetro o di alabastro, a loro volta racchiusi in preziosi cofanetti in legno intarsiato.

Accanto ad essi strumenti tutt’ oggi utilizzati: bastoncini e spatole per l’ applicazione, pinzette depilatorie, pettini, spille e naturalmente gli specchi, allora fabbricati con lamine riflettenti di metallo prezioso.

L’ arte della tessitura, che aveva raggiunto in Egitto una straordinaria perfezione, ci ha lasciato numerosi esempi di abbigliamento femminile dei quali il più famoso ed il più raffigurato è la tunica di lino, lunga fino ai piedi, leggera e aderente, per sottolineare la bellezza e le forme del corpo femminile; esistevano ovviamente abiti più semplici, fino al perizoma, analogo ai nostri costumi balneari e soprabiti per le giornate fredde

Anche la biancheria da bagno pervenutaci impressiona per la somiglianza ai modelli attuali, così come gli accessori quali parrucche, cinture e calzature, quest’ ultime semplici e leggere: ad esempio il sandalo infradito è un’ invenzione della moda egizia.

Ultimo ornamento a disposizione delle antiche donne egiziane erano i gioielli: anelli, braccialetti da polso e da caviglia, diademi, collane, pendenti, anelli, orecchini di straordinaria fattura in oro, argento, smalti e pietre, in particolare ametiste, corniole e turchesi.

Possiamo concludere dicendo che l’ amore per la bellezza delle egiziane non è solo una curiosità o un dato storico, ma fu anche fonte di ispirazione per l’ arte nelle sue diverse forme, dalle splendide sculture e pitture che le rappresentavano, ai capolavori dell’ oreficeria e dell’ artigianato.

Alla pagina italo-egizia