Corradino Agnelli
Nel corso di un mio recente viaggio nei territori occupati ho visto che il
processo di espropriazione dei territori palestinesi da parte degli
israeliani prosegue senza soste, anzi ha subito un'accelerazione.
Ho visto
come la potenza occupante pratica l'esproprio della terra, la distruzione
della case palestinesi, l'apertura delle bypass-road (che aggirano i
villaggi arabi e collegano tra loro gli insediamenti dei coloni, gli
accampamenti dell'esercito), la chiusura delle strade che collegano i
villaggi e le città arabe (con blocchi di cemento, con tonnellate di
detriti e terra, con la distruzione del manto stradale e della massicciata
oppure, ancora, con i posti di blocco).
Questi quattro strumenti combinati
insieme stanno trasformando i cosiddetti Territori Autonomi Palestinesi in
una serie infinita di campi di concentramento a cielo aperto in cui la
popolazione viene tenuta prigioniera, senza lavoro, senza commerci, senza
servizi essenziali.
Ad essa viene concessa una sola via d'accesso, soggetta
alla volontà inappellabile dell'autorità d'occupazione, che apre e chiude
l'accesso a persone e mezzi a seconda del capriccio e della volontà di
effettuare una rappresaglia.
I coloni e i soldati israeliani, invece,
grazie ad una meticolosa e ragionata opera di costruzione di svincoli,
circonvallazioni e tunnels, possono raggiungere i "loro" accampamenti e le
"loro" case aggirando l'ostacolo rappresentato dai palestinesi e dalle loro
povere pietre.
Che dire poi dei check points dove tutti i palestinesi
devono sottostare quotidianamente all'umiliazione del controllo dei
lasciapassare da parte di soldati israeliani.
Chi visita la Palestina passando liberamente (grazie al passaporto
straniero) da una parte all'altra, scavalcando i check points nota l'enorme
quantità di soldati, soldatesse, poliziotti, poliziotte, carri armati,
blindati e jeeps telecamere e altri strumenti dispiegati ogni giorno dallo
stato di Israele per angariare il popolo palestinese, per rubargli la terra
centimetro dopo centimetro e per modificare la composizione etnica della
popolazione residente sul terreno.
Non si può fare a meno di notare la scissione degli israeliani tra il loro
mondo ricco pulito bello e raffinato e le incursioni nei Territori dove -
con carri armati, bombe, giubbotto antiproiettile, fucile e manganello
tengono a bada gli "arabi" i "selvaggi" e tentano di annientarli,
umiliarli, espellerli, impoverirli, convincerli a scappare altrove: via da
Gerusalemme, via dalla West Bank, via da Gaza, andate altrove, in
Giordania, in Europa, negli USA, ma non qui, nella terra che Dio ha
promesso agli ebrei.
Rifletto sul fatto che questi soldati e poliziotti sono quasi sempre
giovani (rigorosamente ambisessi: in Israele c'è la parità uomo/donna!).
Giovani che di giorno si comportano da bastardi con gli arabi e che di
sera, tolta la divisa, vanno allegramente a divertirsi a Yehuda Street,
ascoltano la musica rock (persino Sting!), in discoteca o alla Cineteque
come se fossero persone normali.
C'è una schizofrenia totale e pericolosa tra lo stile di vita "civile"
della sera, quando sono "entre nous" e la sincera adesione ad una politica
quotidiana razzista e coloniale finalizzata alla espulsione degli arabi
dalla Palestina e da Gerusalemme. Che cosa permette questa scissione
impressionante tra un "noi, civili, colti, raffinati" e un "loro, arabi
sporchi e terroristi senza giustificazione"? Chi educa questi ragazzi a
tale scissione?
Purtroppo in Italia lo stato israeliano e l'impresa coloniale sionista
trovano buona accoglienza presso i giornalisti "laici" e "di sinistra" i
quali - pronti a indignarsi per la mancata separazione tra Stato e
Religione che si registra nella cultura e nei paesi islamici - fanno finta
di non vedere l'impasto mortifero che collega (anche a livello di
spiegazione aperta, formale, dichiarata) la politica coloniale di Israele
alla Terra che Dio promise al popolo di Israele.
Questo fa sì che gli stessi mass media pronti a gridare "guerra per i
diritti umani!" quando la CNN gli dà l'imbeccata, utilizzino poi tutti gli
artifici della retorica e della manipolazione per indirizzare
insensibilmente, ma fermamente l'opinione pubblica a favore degli
israeliani, spiegando il conflitto in termini di "convivenza difficile" tra
due popoli e due religioni e tacendo tutti gli aspetti della "conquista"
coloniale che un pezzetto di Occidente, animato da un folle disegno di
rivincita e auto affermazione contro 2000 anni di storia, sta scaricando
su un popolo privo di alcuna responsabilità storica circa la diaspora e la
strage degli ebrei del XX secolo, privo degli strumenti, delle armi, delle
alleanze internazionali necessarie per reagire all'aggressione.
Le ragioni dei palestinesi hanno poco ascolto in Italia e i palestinesi
hanno pochi amici. È necessario fare di più per chiarire le vere ragioni
del conflitto e le sue implicazioni internazionali.
Non è infatti cosa di
poco conto avere nel Medio Oriente uno stato aggressivo e militarista
(armato anche della bomba H!), organicamente vincolato agli USA e alla
Turchia assieme a cui costituisce il braccio armato meridionale della
tenaglia USA (l'altro braccio essendo l'Inghilterra ) pensata per limitare
e controllare l'UE e i paesi arabi.
Quei pochi ambienti che ancora appoggiano apertamente i palestinesi
dovrebbero fare qualcosa per portare dinanzi al pubblico italiano le
ragioni dei palestinesi ed hanno il dovere di farlo presto, con
intelligenza e fantasia organizzativa.
Poiché il conflitto è destinato a
durare ancora a lungo e ad assumere toni sempre più drammatici, è
importante che si costituisca un fronte, una lobby palestinese in Italia
che difenda le ragioni di questo popolo infelice e apra gli occhi agli
italiani.
(16 aprile 2001)