Fra' Diavolo
(Sì - disse Dioniso - voglio rendere la razza umana più forte, più malvagia e più profonda… e anche più bella!)
Lo scritto di Hedrok, "La sinistra è morta, viva la sinistra!", oltre a manifestare un'intonazione eminentemente propositiva, il che costituisce un enorme merito, stimola una riflessione di natura più generale. Del resto, qualche annotazione di carattere teorico non è mai fuori luogo…
La rivoluzione francese: lo spartiacque fra "l'antico regime" e l'epoca della borghesia. Un evento che ha visto uniti e solidali il terzo stato - ovvero quell'insieme di ceti che ricade sotto l'etichetta di "borghesia" - ed il quarto stato, in seguito definito come "la classe operaia". In un famoso dipinto dell'epoca si vede il borghese, in abito nero e con il cilindro in testa, brandire un trombone - il fucile, non lo strumento musicale - fianco a fianco con il proletario scamiciato, armato di sciabola. Insieme all'assalto del vecchio mondo. Guidati da una Libertà deliziosamente discinta…
Il periodo che va dalla morte di Robespierre al Manifesto dei Comunisti di Marx è assolutamente centrale all'analisi che si va qui conducendo. Peccato che se ne sappia così poco. Solo accademici e topi di biblioteca sono in grado di fornire informazioni e modelli interpretativi. Tuttavia possiamo tentare di far risaltare qualche elemento particolarmente interessante. E' in questa fase che i detentori del capitale produttivo - ovvero la "grande borghesia" - si apprestano a ricostruire le istituzioni dello stato e a rinnovare i costumi della società civile. Di converso, la classe operaia coltiva l'archetipo della "rivoluzione tradita" e si prepara ad andare oltre… Appare la figura dell'intellettuale borghese che si schiera contro la borghesia. Un personaggio peculiare… Un uomo contro se stesso? Oppure un veggente in grado di interpretare le imprescindibili necessità della storia? O qualche altra cosa? Bah!
La fase successiva è nota, poiché è quella che appartiene al vissuto di noi tutti. Si è aperta con una dichiarazione di guerra - per l'appunto il Manifesto dei Comunisti - e si è conclusa con una dichiarazione di resa: la caduta dell'Unione Sovietica. La parabola storica della classe operaia è nata con l'affermazione che è possibile, e necessario, costruire un mondo migliore di quello sognato dalla borghesia; si è conclusa con il riconoscimento che la via indicata dalla borghesia è l'unica percorribile. La classe operaia non è svanita. Semplicemente, è ritornata nell'alveo dei ceti borghesi da cui aveva preso forma e a cui si era contrapposta. Il medesimo destino è toccato ai partiti e alle istituzioni che per tradizione hanno rappresentato, politicamente e culturalmente, la classe operaia. E come spesso avviene, chi si pente si colloca in posizioni più conservatrici di chi non ha mai lasciato il solco. Certo, conflitti "sindacali" ce ne saranno sempre. L'eterno problema di come dividere la torta…
Dura da digerire, eh?
Tuttavia, il tramonto della classe operaia come classe rivoluzionaria a riaperto le porte al pensiero utopistico borghese. Quello dell'origine… Veniamo adesso al popolo di Seattle. Già nel corso del settecento, nell'ambito degli illuministi, che in qualche modo possono essere immaginati come dei proto-borghesi, sono rintracciabili utopie estreme, "sogni impossibili" e tuttavia immensamente desiderabili. E' difficile concepire una visione più utopica del Falasterio di Fourier. Per non parlare delle grandi visioni libertarie dei pensatori americani che, senza alcun dubbio, andrebbero studiati un po' di più. Il "black block" del popolo di Seattle è figlio di Max Stirner, così come del Leviatano di Hobbes e delle visioni di Thomas Jefferson. La borghesia ha sempre coltivato al proprio interno un'ala estrema ed utopistica, senza la quale un evento come la rivoluzione francese non sarebbe stato neanche concepibile. A partire dal Manifesto dei Comunisti, tale eterogeneo filone di pensiero è stato messo in ombra, a favore d'impostazioni via via sempre più burocratiche e, soprattutto, inefficienti. C'è stato un periodo quando un intellettuale doveva innanzi tutto farsi perdonare la propria origine borghese, e poi, eventualmente, dire qualcosa di sensato; ma quest'ultimo punto non era affatto obbligatorio. Tutt'altro… E così via, fino al crack finale!
Penso che a pochi sia sfuggita l'affinità fra il popolo di Seattle e l'ala "creativa" del '68 - ove con questo termine indichiamo quella parte del movimento di allora che non si riconosceva esplicitamente nell'ortodossia marxista-leninista.
A quei tempi ci fu chi accusò il movimento del '68, ed in particolare la sua ala "creativa", di essere degli utopisti borghesi piuttosto che dei portavoce del proletariato. Ebbene, io penso che avesse perfettamente ragione! A fronte di una classe operaia in via d'omologazione in quanto porzione "benpensante" della borghesia, il '68 ha espresso la necessità di nuove utopie. Utopie borghesi, certamente, ma tutt'altro che conservatrici. Utopie dello stesso stampo di quelle che hanno portato il mondo fuori del medioevo e dentro l'epoca moderna. E non mi pare di dire poco…
Certo ci sarebbe molto da aggiungere. E spero che qualcun altro si faccia vivo! L'impatto emotivo di certe affermazioni dovrebbe essere in grado di vincere la naturale pigrizia…
Per finire, torniamo al "tormentone": che cosa vuol dire essere di sinistra - un piccolo omaggio a Nanni Moretti. Tentiamo un haiku, stilisticamente pessimo però.
(Ah… Come pesa nella mano il coltello, quando non lo si usa da tanto tempo…)
Da qualche tempo leggo le pagine di "un po' di sinistra" e, superando ogni indugio, ho deciso di redigere, non senza un filo di legittima apprensione, le presenti note di commento.Non proprio piacevoli, né confortanti però…
D'altra parte, mi sembra che al punto in cui siamo non valga la pena di tirarsi indietro, sia per chi scrive, come per chi legge. Tirarsi indietro non è mai stato nel nostro stile, del resto…
Ciò che ho cercato di capire e, nei limiti del possibile, di esprimere in forma razionale, è l'evidente "magone" e "desiderio di passarci sopra" presente in molti dei contributi su cui mi sono soffermato.
Dipende forse dalla probabilità che le prossime elezioni vadano male? Francamente non credo. In fin dei conti, dopo un'elezione se ne fa un'altra e sicuramente in passato ci sono stati momenti più incerti e più duri. Del resto, possiamo dire che le guerre non si perdono mai, si perdono le battaglie, poi si muore, preferibilmente di cause naturali, e la palla passa a qualcun altro. Tutto qui, né arduo, né doloroso.
La difficoltà di oggi è di natura diversa, assai più profonda e più "inconscia". E' di tutto ciò che voglio scrivere, cercando di aprire uno spiraglio.
Soffermiamoci sul nostro essere "di sinistra". Mi sembra abbastanza evidente che risulti sempre possibile, forse finanche agevole, "sentirsi di sinistra" in quanto detentori di "sentimenti", "intenzioni", "etica" di "sinistra". E' possibile e agevole oggi sentirsi parte di una "comunità di sinistra", la quale sviluppi e propugni una "educazione dei sentimenti" in linea con le antiche tradizioni, della sinistra appunto.
Tutt'altra cosa è definire una linea politica di sinistra. Su questo punto, quando la buona volontà e un'adesione di principio non bastano più, cominciano le vere difficoltà. E sono dolori…
Infatti, se dire qualcosa di sinistra è fin troppo facile, delineare una prassi politica di sinistra sembra, al contrario, essere virtualmente impossibile. D'altra parte, è stato proprio il pensiero di sinistra a puntualizzare che con i buoni sentimenti non si cambia il mondo…
Sgrossando con l'accetta il contesto in cui ci troviamo a vivere, possiamo individuare due linee di organizzazione economica, in competizione su scala mondiale: purtroppo, senza alcun dubbio, si tratta di due distinte interpretazioni del capitalismo, nessuna delle quali può ragionevolmente essere definita "di sinistra".
La prima è il modello a cerchi concentrici, così ben descritto a suo tempo da Kissinger e predominante prima della caduta dell'Unione Sovietica; la seconda è costituita dalla "globalizzazione", specifica dell'epoca clintoniana.
Il confronto/scontro dialettico fra queste due prassi capitalistiche è ancora in corso e non è possibile allo stato attuale sapere quale sarà l'esito finale, anche se, a fil di logica, una "globalizzazione" di qualche tipo dovrebbe probabilmente tendere a prevalere…
Tuttavia, occorre ribadire che si tratta di modelli perfettamente interni e funzionali allo sviluppo capitalistico. Se poi qualcuno ha ancora voglia di discorrere su "immanenza" e "storicità", su "egemonia" e "strutture di classe", bisogna avere il coraggio di riconoscere che, nella fattispecie, la sofistica non è in grado di mutare le condizioni del mondo in cui viviamo…
Cosa rimane della realtà politica del vecchio socialismo reale? Poco, forse nulla, forse quel nulla è addirittura troppo… La Cina si sta trasformando in qualcosa di mostruoso e indefinibile che fa male persino alla vista, quando si è costretti a contemplare lo specchio, temo in questo caso fin troppo sincero, dei mass media. Cuba tira avanti ancora per un po', come una mondana di lusso ormai appassita, ricca di un gran passato ma senza alcun futuro… Il terzo mondo sprofonda nella barbarie, a volte anche affascinante, specialmente per chi apprezza l'umorismo nero, ma priva di alcuna connotazione di razionalità occidentale, per non dire di alcuna "qualità" di sinistra. Qualche "statarello sottoproletario" si offre in vendita all'occidente per espletare gli usuali "servizi sporchi"…
Amici miei, la situazione è questa e non è da noi farsi illusioni…
Qual è dunque lo stato dell'arte? Il modello capitalistico, centrato sui tre poli principali, USA, Europa e Giappone, è totalmente egemone su scala globale e le uniche contraddizioni reperibili nel mondo sono del tutto interne al sistema, e non antagonistiche. Giova ripetere: non antagonistiche!
Giova un'ulteriore ripetizione: CONTRADDIZIONI NON ANTAGONISTICHE AL MODELLO CAPITALISTICO.
Cosa resta dunque? La fine?
Ecco, l'abbiamo detto! Fa male? Dobbiamo forse ammalarci e morire per tutto ciò? Dobbiamo farci tormentare dai sensi di colpa? Dobbiamo crocifiggerci alla maniera dei cristiani o recitare il ruolo dei giullari di corte per l'intrattenimento dei vincitori?
O non possiamo forse ingoiare l'amaro calice ed andare avanti? Tutto è perduto, e allora? Si fottano gli uccelli del malaugurio, non siamo forse noi ancora vivi? E tali dobbiamo rimanere…
E' necessario vincere la tentazione di trasformare "l'essere di sinistra" in un "sentire religioso". Certo, il vecchio oppio dei popoli può sicuramente offrire conforto, ma poi?
Se in India, dopo migliaia di anni, l'antica religione di Zoroastro sopravvive ancora, una sinistra trasformata in "atto religioso" potrebbe anche sfidare i secoli… Ma a quale scopo? Per trasformarsi, con l'inesorabile trascorrere del tempo, in un laido fantasma, appena in grado di "sedurre" un passante in qualche latrina abbandonata?
Meglio, molto meglio essere coraggiosi… Meglio, se è il caso, adottare il motto: "nessuna speranza, nessuna paura"… E guardare il mondo con occhi limpidi!
C'è molto lavoro da fare e ciascuno lo deve fare a modo suo. Se gli va di farlo…
Per me, ad esempio, è importante capire in quale fase storica, e seguendo quali modelli teorici e sentieri filosofici, la sinistra politica abbia imboccato la strada dell'auto-annichilimento.
Si tratta della prassi sovietica, criticata infinite volte ma forse mai capita in profondità e alla luce dell'oggettività storica? Oppure si tratta di Marx, il quale indubbiamente, accanto a costruzioni intellettuali geniali, ha proposto anche vere e proprie corbellerie?
O si deve ritornare indietro alla "sinistra hegeliana" e alla rivoluzione francese? E che dire della rivoluzione americana, da tutti ignorata e liquidata come una guerra di indipendenza di secondaria importanza? E l'illuminismo? E le "massonerie"? E il contrapporsi tra il mondo classico e il cristianesimo? O forse dobbiamo risalire alla preistoria e cercare le radici dell'originaria cultura umana o UR-cultura? Certo si tratta proprio di un gran lavoro…
Meglio, assai meglio, comunque che crogiolarsi "nell'isola che non c'è"…
E se poi, per caso, si scoprisse che tutto ciò è assolutamente inutile, e che la vecchia "sinistra" è morta e sepolta per sempre…
Suvvia! Facciamogli gran bel funerale e andiamo avanti a vedere cosa ci riserva la sorte!
(18 aprile 2001)