Frank Frink



(in archivio dal 1 agosto 2001)
Sharon, criminale di guerra, in visita a Roma. Il presidio dei pacifisti a P.za S. Marco. Alcune considerazioni.

Per la incriminazione di Sharon come criminale di guerra è in atto una petizione internazionale, pubblicata anche sulla nostra rivista. Quando si è avuta notizia della sua rapida visita a Roma, l'Associazione per la pace ha immediatamente organizzato un presidio a P.za S. Marco, a partire dalle ore 17 di ieri 12 luglio; hanno aderito Donne in nero, Ics, il manifesto, la Comunità palestinese, la FIOM e Rifondazione.
Questo presidio veniva dopo quelli organizzati a P.za Argentina e a Montecitorio, che avevano visto la presenza, è triste dirlo, solo di una cinquantina di persone, sia pure molto determinate nella loro testimonianza.
Quando ieri sono arrivato a p.za Venezia ho visto da lontano le molte bandiere e la presenza energica di un centinaio di palestinesi e di pacifisti. C'erano anche alcuni degli ebrei italiani che hanno firmato il documento contro Sharon: i loro cartelli esprimevano un dissenso netto dal governo israeliano.
Insomma, un gruppo combattivo che allargava il cuore. Eppure un amico palestinese mi ha fatto subito notare quanto questo risultato fosse insufficiente rispetto ad un fatto clamoroso e gravemente significativo come la visita di Sharon a Roma.
E' vero… ho ripensato alle tante manifestazioni di 20, 30 anni fa. Alle decine di migliaia di persone che, negli slogan, unificavano le lotte del Vietnam, di Cuba, della Palestina. Sembrava, allora, che veramente l'imperialismo potesse essere rapidamente sconfitto!
Perché questa gravissima disattenzione verso il problema palestinese?
Ho chiesto a delle giovanissime amiche, iscritte ad una sezione dei DS, come nella loro sezione si viva il problema palestinese. Ci sono idee diverse, mi hanno detto… è doloroso parlarne… ci sembra una guerra fratricida. Mi ha stupito che queste ragazze ritenessero oppressi ed oppressori ugualmente colpevoli, accomunati in una "guerra fratricida".
Ma, a parte la sinistra istituzionale, c'è il "popolo di Seattle", che si prepara ad un gioioso assedio degli otto "grandi" a Genova. Sarà una lotta in massima parte in nome degli 1,3 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno; una lotta contro la globalizzazione voluta dalla finanza internazionale, per ridurre in schiavitù altri miliardi di persone. Ma allora… possibile che il "popolo di Seattle" non trovi la forza di manifestare in massa anche in occasioni come questa, per il popolo palestinese?
In realtà una grande manifestazione per la Palestina c'è stata a Roma il 12 novembre 2000, con la presenza di circa 50.000 persone. Una bella manifestazione turbata nella sua conclusione, da un grave atto di intolleranza. Dal palco doveva parlare, insieme al rappresentante palestinese, una pacifista israeliana, Neta Golan, in durissima contrapposizione con il governo israeliano. Degli imbecilli organizzati, che vorrebbero dirsi di sinistra, impedirono a Neta Golan di parlare, fino ad organizzare un assalto al palco. Poi la pacifista israeliana ha potuto parlare da un camion di Rifondazione. Abbiamo ora avuto notizia del fatto che Neta Golan, in una manifestazione unitaria con i palestinesi, è stata fermata e picchiata dai militari israeliani, che le hanno fratturato un braccio. Con il braccio rotto è intervenuta alla manifestazione successiva, con i palestinesi.
La manifestazione di ieri mi ha fatto pensare a quelle che si svolgono nei "paesi normali", che la televisione qualche volta ci fa vedere: un piccolo gruppo di persone che testimonia con ostinazione di fronte alla gente che passa: le madri di Plaza de Majo, i gruppi di pacifisti davanti alla Casa Bianca ecc. Anche ieri questa composta testimonianza di fronte alla folla, con Monsignor Capucci che, insieme con le donne, ha fatto un piccolo corteo attorno a p.za Venezia. Alla fine una piccola delegazione è andata a consegnare un documento al Parlamento.
Insomma, credo che bisogna essere capaci di unificare rapidamente i vari fronti di lotta.
La guerra in Palestina non è un solo un problema specifico, sia pure grave, in mezzo a molti altri! La Palestina è un punto esemplare di scontro e di incontro, fra il ricco Nord del mondo ed il Sud povero; un punto decisivo, perché se i palestinesi saranno sconfitti, con essi sarà sconfitto il tentativo di emancipazione progressista del mondo arabo e trionferà l'integralismo islamico e, altrove, quello indù, quello cristiano ecc.. Il trionfo della disperazione.
(17 luglio 2001)

Frank Frink

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(in archivio dal 5 luglio 2001)
La Repubblica e le veline del SISDE

Il 23 giugno, in prima pagina su La Repubblica, l'articolo principale riportava voci del SISDE secondo cui una parte del movimento anti G8 avrebbe sequestrato ed usato i poliziotti come scudi umani. Ci sarebbe da sbellicarsi dal ridere, se qualcuno avesse conservato, in questo grande carnevale mediatico, il senso delle proporzioni.
Ma si cerca l'evento; se non è lo spogliarello della Ferilli sarà il defilé delle "tute bianche" in completo da autodifesa. Del resto, in questo clima da passerella ma seguendo una ispirazione opposta, non si era anche parlato di manifestare nudi per Genova? Meglio comunque nudi ed indifesi che rischiare di farsi coinvolgere, insieme con centomila persone, in scontri dalle conseguenze imprevedibili.
Centomila che, giustamente, a Genova vogliono dire fortissimo, quanto mai prima, che la tutela dei G8 sul mondo è illegittima; essa causa la fame e le malattie nel terzo mondo ed espropria la nostra vita.
I giornali, nel moltiplicarsi delle voci diffuse dai servizi segreti e nei cedimenti all'esibizionismo giovanile e minoritario, vibrano di eccitazione.
Normalmente essi sanno tutto delle profondità del pensiero di D'Alema, ci raccontano la partita a scacchi nei DS, irridono le utopie di Bertinotti ma non sono in grado di spiegarci nulla del "popolo di Seattle". Ben venga, allora tutto questo folklore. Esso fa notizia e ci distrae come il sesso, i pedofili ed i miracoli di Padre Pio.
Ma un giornale "di sinistra" come la Repubblica merita un discorso a parte.
La Repubblica è sempre stata nemica del chiasso, degli eccessi…. Quando la FIAT decise i licenziamenti di decine di migliaia di lavoratori, quando poi questi occuparono la fabbrica, quando Berlinguer andò a sostenerli, facendo un comizio davanti ai cancelli, La Repubblica si schierò nettamente. Basta con le utopie; i non licenziati tornassero assennatamente a produrre! Ed infatti La Repubblica è stata, con il sindacato di Lama, uno dei maggiori artefici del patto fra i "produttori", gli operai ancora "garantiti" e gli industriali. E che non si parlasse di diritto al lavoro degli esclusi, dei giovani, delle donne, di reddito di cittadinanza, di qualità della vita, di ubbie ambientaliste!
Ma poi gli stessi "produttori", come lavoratori dipendenti, furono invitati da questo giornale a capire che oggi dovevano amputarsi le pensioni, domani l'assistenza sanitaria ecc..
"La Repubblica" oggi sente di nuovo odore di rivolta. Con il folklore e le voci dei servizi segreti si vende il giornale. Ma si prepara anche il pubblico ai morti che a Genova ci potrebbero essere. E Repubblica sarà pronta a dire che bisogna tornare alla normalità.
Ma noi dobbiamo assolutamente evitare, per quanto possiamo, che questi morti ci siano. Il mio pensiero va al '77, agli scontri con la polizia, ai morti che ne seguirono, alla conseguente e piena sconfitta del movimento, mentre gli italiani si chiudevano in casa.
Facciamo un dispetto a La Repubblica! Garantiamo la invasione pacifica di Genova!
(27 giugno 2001)

frankfrink@unpodisinistra.it

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(in archivio dal 27 giugno 2001)
Ricominciamo

Bene, ormai è passata la sbornia di elezioni e possiamo riprendere la nostra vita di tutti i giorni. La destra ha vinto, la sinistra ha perso. Anche se con sfumature diverse gli italici leader sono tutti soddisfatti, tranne quei quattro o cinque vistosamente puniti dall'elettorato e da un sistema elettorale che, in qualche caso, essi stessi avevano contribuito a costruire.
La destra promette di governare in modo efficiente e moderno. Ho già sentito cavatine di questo tipo. C'è di che preoccuparsi.
La sinistra, che ha fatto esattamente quello che si deve fare per non vincere, promette una opposizione ferma e qualcuno dei leader maximi ha già proposto la formazione di un governo ombra. C'è di che preoccuparsi.
L'intelligenza che guida la formulazione dei risultati elettorali è una di quelle cose che ancora devo capire. Come diavolo fanno a stabilire quanti voti deve prendere il vincitore e quanti lo sconfitto, senza che quest'ultimo si ribelli e non accetti il risultato?
Mah.
www.unpodisinistra.it ha un calo di visite, mi dice il contatore. Anche lui, il giornale sta facendo esattamente quello che bisogna fare per essere un sito visitato da pochi affezionati.
Come la sinistra nazionale preferisce ignorare certe regole, prima fra le quali quella che impone di domandarsi "dove vuoi arrivare?" ogni volta che si intraprende un viaggio, il nostro giornale si è lanciato gioioso lungo un percorso che non tiene in alcun conto le poche regole che pure, in un sistema apparentemente complesso come questo, fanno la differenza. Rileggere, a questo proposito qualcuno degli scritti comparsi già alcuni mesi fa all'interno di questo sito e lo scritto che Julia ci ha fatto avere ancor prima di aprire il giornale.
Che altro dire? Qualche volta si perde perché … non si fa il necessario per vincere. Forse non interessa. Forse si presume di sapere già tutto e non aver bisogno del parere altrui.
Mah.
Continuiamo il nostro viaggio.
Se accettiamo la definizione di Gregoretti "internet è un posto dove tutti parlano, ma nessuno ascolta" possiamo dire che noi ci stiamo muovendo nel modo giusto. Se vogliamo che qualcuno di più ci ascolti sarà bene che prima impariamo ad ascoltare chi ne sa più di noi. E magari guardare come fanno a muoversi i pescatori di mestiere, quelli che mettono assieme i grandi numeri.
Viviamo nel tempo dell'accesso totale all'informazione, del villaggio globale e di una marea di altre stronzate alle quali un nome ben assestato conferisce aurea immeritata.
In realtà avvicinarsi al vero è un viaggio arduo, la strada impervia. In un mondo dove, grazie alla lontananza, le industrie della notizia ci porgono ogni giorno il falso dono dell'essere informati, l'artigianato e l'arte di pochi veri portatori ci parlano ancora di questa fatica dell'avvicinarsi, di questi viaggi, di questa quotidianità del guardare. Ecco: la ricerca e l'onestà nel portare, questo è moderno, questa è la complessità fertile davanti a cui non arretrare.
(4 giugno 2001)

gordon@unpodisinistra.it

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(in archivio dal 27 giugno 2001)
Genova per noi

Dopo la prima vittoria di Berlusconi, nel 1994, "il manifesto" lanciò un appello affinchè la sinistra unita manifestasse il 25 aprile a Milano. Ci ritrovammo in centomila, sotto la pioggia. Fu l'inizio di una serie di manifestazioni che portarono nella estate un milione e mezzo di persone a Roma, a difesa delle pensioni. La "costola della sinistra", secondo la indimenticabile definizione di D'Alema, la Lega, fece cadere il governo. Altro che trame di palazzo, come sostenne la destra! La verità è che gli operai della Lega, magari antimeridionalisti, probabilmente razzisti, volevano la pensione e molti di loro avevano in tasca la tessera della CGIL. Bossi non poteva reggere questa contraddizione!
La "sinistra" imbecille non ha saputo rispondere adeguatamente alle chiacchiere sul "ribaltone". Imbecille ma più probabilmente connivente, in quanto il nuovo governo di centro sinistra subito rincominciò a parlare di compatibilità, flessibilità, "aggiustamento" delle pensioni, dissipando in poco tempo un enorme patrimonio di mobilitazione.
Perché quello delle pensioni era, ed è, un tema unificante; chiunque si può chiedere: se i vecchi non vanno in pensione, come potranno lavorare i giovani? Lavorare meno, lavorare tutti, come si diceva quando i cervelli non erano decotti!
Di nuovo Berlusconi è al governo. Di nuovo si prepara una enorme mobilitazione per il G 8 a Genova. Non una manifestazione nazionale…Lo scontro è su scala globale. Il contro vertice vedrà la presenza di decine di migliaia di europei ed extra europei, venuti non solo a manifestare ma a partecipare ai tanti forum che animeranno Genova.
La partecipazione italiana copre un vastissimo arco di forze e di culture, come cerchiamo di testimoniare nella documentazione allegata: centri sociali, gruppi cattolici, ARCI, FIOM, Cobas, Rifondazione.
In particolare vi segnaliamo: il documento della "rete contro i G8", che elenca i motivi della protesta; la lettera al Presidente della Repubblica per la libertà di manifestare, firmata, fra gli altri, da ARCI, Beati i Costruttori di pace, Pax Christi, WWF; "G8, il rantolo della matassa", articolo satirico anti G8; "lettera aperta ai centri sociali" che riafferma la necessità di ribadire il carattere pacifico del contro G8.
E' chiaro, ora, che i punti di riferimento politico non potranno più essere quelli che avevano raccolto il dissenso contro il primo governo Berlusconi. Vorremmo che una nuova sinistra politica si coagulasse rapidamente, dopo aver affrontato, discusso e superato le cause della sconfitta.
(4 giugno 2001)

frankfrink@unpodisinistra.it

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(in archivio dal 15 giugno 2001)
In attesa...

Siamo in attesa. Cosa farà Berlusconi? Si arresteranno le risse sotto la quercia? Quando il congresso?
Anche la nostra rivista è in attesa, ed ha a lungo conservato in prima pagina gli articoli sulla secca sconfitta elettorale.
Ma le elezioni municipali, che hanno attribuito al centro sinistra (non possiamo dire alla sinistra), le città di Roma, Napoli e Torino riaprono le speranze. Dobbiamo incominciare a parlarne!
A Roma e Napoli, e in qualche modo anche a Torino, si sono sperimentate in questi anni progettualità e prassi unitarie della sinistra; ciò ha consentito a Rifondazione di partecipare con convinzione ad uno schieramento che non si riduceva ad un grigio cartello elettorale.
Cosa sarà possibile in queste isole assediate? Potranno testimoniare di una socialità diversa?
I nostri desideri tornano alle prime giunte rosse di Roma: a Petroselli , Vetere e Argàn, con Nicolini.
A Nicolini e all'idea di una città aperta ai cittadini, di spazi culturali fruiti da tutti, di una cultura diffusa che è modo di vivere e non orpello da esibire. Allora il terrorismo aveva spinto i romani a chiudersi in casa. Oggi le televisioni di Berlusconi e quelle pubbliche spacciano violenza, individualismo, arrivismo; unificano l'esaltazione della famiglia, con l'esibizione del sesso, fantasticato ma non praticato, e con il voyerismo ammiccante rispetto ai bambini (salvo poi riesumare l'immagine del mostro… i pedofili). E' il trionfo del falso costruito a tavolino, titillando i nostri istinti più bassi e più prevedibili. E noi siamo a casa, davanti alla televisione a guardare...
Ma non è vero che "la gente" può apprezzare solo questo, come attesterebbero gli auditel! Il cinema, il grande cinema di Chaplin, di Ejzenstejn, è nato come arte plebea, per tutti. Un'arte veramente sovversiva! Ugualmente a tutti si rivolgevano gli affreschi delle nostre cattedrali! E la tragedia greca, cui assistevano tutti i cittadini!
Vorremmo che di nuovo un Comune di sinistra ci spingesse ad uscire, creando eventi, spazi culturali e di vita alternativi. Un contributo per una nuova socialità.
L'idea di cultura richiama la multicultura, un patrimonio cui dobbiamo imparare ad attingere. E la intercultura, la possibilità di creare ad un livello superiore una nuova cultura "meticcia".
Anche questo deve esserci garantito da un sindaco di sinistra. La creazione di spazi pubblici, anche architettonici, in cui le culture possano incontrarsi, magari attingendo alle esperienze del Villaggio Globale e dei centri sociali; la valorizzazione e la moltiplicazione delle figure professionali dei mediatori culturali; l'insegnamento dell'italiano agli stranieri e viceversa; l'elezione, da parte degli immigrati con permesso di soggiorno, di consiglieri comunali aggiunti, essi stessi immigrati, con la possibilità di intervenire in Consiglio comunale, anche presentando mozioni, sulle tematiche della immigrazione e della multicultura. Anni fa il Consiglio comunale di Roma aveva approvato una delibera in tal senso, cui il timorato Rutelli non ha mai dato seguito.
Oggi le associazioni antirazziste parlano di un assessore per gli immigrati.
Queste ed altre battaglie ci aspettiamo dal nuovo Comune. Da questo patrimonio si potrebbe ripartire per creare modelli di società alternativi a quelli oggi vincenti: partire dalle città per trasformare il paese.
(31 maggio 2001)

frankfrink@unpodisinistra.it

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(in archivio dal 5 giugno 2001)
La elaborazione del lutto

Nei miei 55 anni mai mi era capitato di intravedere un futuro così dominato dalla destra e dal conformismo, così povero di speranze. Sempre, durante "il secolo breve", c'è stato un altrove a cui guardare: la Francia rivoluzionaria, l'Unione sovietica, la Cina o le libere idee che correvano per il mondo.
La sconfitta elettorale rende ora evidente una sconfitta ben più grave, che c'era da anni e che non si voleva vedere. La sconfitta è nella fine della speranza di cambiamento, nella scomparsa dell'altrove, nella "fine della storia". Questo, ci dicono, è il migliore dei mondi possibili. La sinistra deve solo accompagnare la marcia verso la new economy, per renderla meno traumatica e più razionale.
Non è solo la perdita di gran parte delle nostre idee e della nostra identità. E', ancora più grave, la incapacità di ascoltare, di ragionare insieme e far emergere umani desideri, idee, aggregazione, dalla massa indistinta della "gente".
Cosa pensa "la gente", cosa " i giovani", cosa "le donne" o altre categorie sociali pretendono di raccontarcelo oggi i sondaggi. Le domande da fare le decidono loro; le risposte le interpretano loro. Trionfo della tecnocrazia sociologica!
Ho vissuto la mia giovinezza all'interno di organizzazioni di massa, partiti e sindacato, in cui si discuteva, ci si scontrava spesso ma si decideva insieme, nelle sezioni e nei congressi. Non chiusi in se stessi, ma confrontandosi con "le masse", senza la cui mobilitazione, era chiaro, nulla si sarebbe ottenuto.
Tutto questo non esiste più. E quanto sono futili le discussioni post elettorali sulla colpa di questo o di quel partito! I capi dei partiti sembrano trarre ispirazione non dalle discussioni con la "base" ma dall'empireo mondo delle idee e, soprattutto, da quel che raccontano i profeti della new economy e diffondono i grandi giornali "progressisti" borghesi, come "La Repubblica". Per anni La Repubblica è stata il superpartito che indirizzava gran parte della sinistra italiana, mentre i giornali storici della sinistra chiudevano. Anche le sezioni sono ormai vuote, oppure ci si trovano pochi militanti autoreferenziali, senza capacità di accoglienza e di ascolto.
Non dico che tutti i partiti siano uguali: sono vicino a quelle organizzazioni che sono consce di rappresentare una parte, non grande, della sinistra e che lavorano per riattivare la discussione e per ricostruire una speranza.
Ma non pretendo che il cambiamento debba essere quello che io mi aspetto. Io, lavoratore dipendente e, come si diceva una volta, garantito, cresciuto nel mito della classe operaia, mi chiedo: è forse vero che oggi si cerca una autonomia, una realizzazione al di fuori del lavoro dipendente? A quanti interessa questa possibilità?
Esistono poi "zone liberate", fuori dal comando capitalistico, nell'arcipelago dei centri sociali, nelle cooperative, nel volontariato, in cui si possano realizzare economie e rapporti sociali diversi?
L'eterogeneo "popolo di Seattle" è una meteora che vive di riflesso sui mass media o costituisce un nucleo di alternativa globale alla globalizzazione capitalistica? Un punto di riferimento diverso dalla classe operaia, al di fuori delle grandi fabbriche? Quali alleanze sono possibili?
Cerco notizie che non trovo sui grandi giornali. Voglio parlare con chi è disposto a farlo. Questa ricerca io propongo ad un piccolo gruppo di lavoro come il nostro, conscio che i passi saranno lenti e piccolissimi. Ma è un modo per sfuggire al bla…bla… del politichese.
Il lutto della politica si supera guardando in se stessi e nei propri vicini, ricominciando a fare piccoli passi, con modestia.
(17 maggio 2001)

frankfrink@unpodisinistra.it

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(in archivio dal 5 giugno 2001)
Il popolo di Seattle e i boicottaggi.
La Danone, questa volta

Si è da poco concluso il boicottaggio organizzato dal "popolo di Seattle" contro le 39 multinazionali farmaceutiche, colpevoli di voler lucrare enormi profitti con i brevetti sui farmaci contro l'AIDS, e di voler impedire al Sud Africa (5 milioni di sieropositivi) di produrre autonomamente questi farmaci. Le multinazionali, forse per evitare ulteriori danni alla propria immagine, si sono ritirate dal processo che avevano intentato contro il Governo sud africano.
In precedenza c'era stato il boicottaggio della Nike, colpevole di produrre scarpe nel terzo mondo utilizzando lavoro minorile, della Nestlè, per aver promosso in Africa l'allattamento artificiale (in luoghi in cui la polvere di latte deve essere sciolta in acque spesso inquinate), ecc..
Comunque fino ad ora i boicottaggi combattevano le condizioni di sfruttamento del Sud del mondo o dell'intero pianeta (con la eccezione del boicottaggio della MC Donald's promosso da centri sociali e Rifondazione, contro le umilianti condizioni di lavoro).
Oggi, invece, il popolo di Seattle chiede di boicottare la Danone, che ha deciso di tagliare alcune migliaia di posti di lavoro in Francia. La Danone è in forte attivo, ma questo non basta… Occorre far salire ancora il titolo in borsa e ciò, come ormai sappiamo bene, si ottiene con i licenziamenti.
In Francia è in atto un grande boicottaggio della Danone, ma Attac Italia chiama anche noi al boicottaggio.
Non c'è che l'imbarazzo della scelta!
Danone possiede in Italia la Saiwa e la Galbani; controlla le acque minerali Ferrarelle, Acqua di Nepi, Igea, Antica Fonte, Boario e la produzione di Yogurt Danone, Vitasnella, Danito, Danette, Ritz, Oro Saiwa, Crackers Premium Saiwa, Cipster, biscotti Tuc, Pansaiwa, Urrà, biscotti e snack Vitasnella, Wafer Saiwa, mozzarella Vallelata Galbani, mozzarella Santa Lucia, Galbanino, Bel Paese, Certosa.
Frank Frink, interessato e stupito, si chiede: stiamo passando dalla "democrazia dei cittadini" e dalla "Repubblica fondata sul lavoro" ad un tentativo di contropotere dei consumatori? Ci sarà mai qualcuno che abbia voglia di parlarne?

Per ulteriori informazioni rivolgetevi ad Attac Italia, Iantornofi@libero.it.
(9 maggio 2001)

Frank Frink

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(in archivio dal 9 maggio 2001)
Lo smaltimento dei libri sulla vita di Berlusconi.
Un pesante impegno ecologico o una risorsa?

Cari lettori, amici, compagni
stanno per arrivare alle nostre case 20 milioni di libri sulla vita di Berlusconi!
I compagni indietreggiano inorriditi davanti alla marea che sta per sommergerli. Eppure alcuni valorosi cercano vie di salvezza, per il bene di tutti.
Il manifesto individua una soluzione di antico sapore piccolo borghese, anarchico-individualista. (Ma ben venga…) Dice:"Rispeditelo al mittente. Se ci riuscite (se il postino suona alla vostra porta per la consegna, cosa ovviamente non usuale nei condomini), non accettatelo nemmeno. Se invece trovate il libercolo in cassetta, infilatelo in un'altra busta e indirizzatelo a : Silvio Berlusconi, Villa San Martino, 20043 Arcore (MI). Dato il suo peso, la affrancatura regolare sarebbe di lire 7.000. In caso di affrancatura parziale, il maggior costo sarà a carico del destinatario (a meno che le Poste non mandino direttamente il tutto al macero)".
Frank Frink inorridisce di fronte a tutto questo ben di Dio mandato al macero. 20 milioni di vite di Berlusconi!!! Quale spreco!
L'ARCI propone un'altra strada: consegnare il tutto alle associazioni del volontariato.
Frank Frink immagina che ogni sezione, circolo, centro sociale, camera del lavoro, associazione di volontariato si trasformi in un punto di raccolta delle vite di Berlusconi. Milioni di cittadini si recheranno a questi centri di raccolta portando la loro sporta di libri; così milioni di cinesi, durante la Grande Rivoluzione Culturale, hanno arginato le piene dei fiumi, portando ciascuno una cesta di terra sulle spalle!
Con questo lavoro da formiche, con le somme ricavate, quante cose si potrebbero fare!
Ma Frank Frink teme un trabocchetto. Teme che le vite di Berlusconi vadano soggette alla normativa sui rifiuti e che occorra essere autorizzati per raccoglierle e consegnarle agli utilizzatori finali. Ebbene, da vecchio ambientalista, si informerà, decreti Ronchi (sui rifiuti) alla mano!
E voi, cari lettori, cosa suggerite? Come vi regolerete?
(19 aprile 2001)

Frank Frink





Baudolino

Il libro di Berluscone?
Io proporrei semplicemente di metterlo dentro i cassonetti della raccolta per "carta da riciclare", che tanta buona carta venga recuperata e riutilizzata per scopi più nobili senza però scordarsi di scriverci sopra (con pennarello grosso):

RIFIUTO SPECIALE
(19 aprile 2001)




Erasmo: Per fatto personale

Come la maggior parte degli elettori anche Erasmo ha ricevuto Linea Azzurra, che non è una linea di profumi, ma un periodico quindicinale,di 132 pagine, senza numero né data, intitolato "Una storia italiana". Si tratta di una smaccata pubblicità elettorale che rassomiglia per il modo in cui è concepita a tante biografie che nella nostra vita abbiamo letto e che spesso provenivano dai paesi tanto aborriti dal Nostro, i paesi del "socialismo reale" . Nomi che ci vengono in mente: Brezhnev, Ceausescu, Kim Il Sung, Enver Hodzha. I cortigiani anche allora erano preda di uno smodato culto della personalità.
Quello che ci fa scrivere non è il proposito di recensire una propaganda sfacciata che ha sedotto tanti cervelli ma le "riflessioni" di pag. 27 sotto il titolo: "A proposito de l'Elogio della Follia" con il distico: "Vi proponiamo alcuni passi della prefazione di Silvio Berlusconi a "l'Elogio della Follia" di Erasmo da Rotterdam". Consentite ad Erasmo di precisare che il "capolavoro di Erasmo", come lo definisce Berlusconi, nell'edizione Einaudi citata dal nostro ha per titolo "Elogio della Pazzia". Improvvisa ci è venuta l'illuminazione: il poveretto è veramente pazzo. Ha manie di grandezza, manie di persecuzione, si paragona al Padreterno, pretende di fare miracoli.
Rispedite al mittente questa rivistina pretenziosa, opera di illusionisti, e, se volete realmente sapere qualcosa sul conto del Cavaliere, acquistate in edicola il numero speciale di "diario" dal titolo Berlusconeide. Troverete tante domande alle quali il nostro si guarda bene dal rispondere.
(30 aprile 2001)

Erasmo

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(in archivio dal 2 aprile 2001)
Lettere dalla Palestina. Lettere per la Palestina
(in collaborazione con Nader)

Attraverso internet e tramite e-mail ci arrivano notizie sulla situazione in Palestina.
Si tratta spesso di notizie in tempo reale e di appelli che le associazioni pacifiste diffondono tramite internet e che chiedono di diffondere di computer in computer, in una velocissima reazione a catena, per bloccare le aggressioni.

E' quanto è accaduto a partire da Lunedì 12 febbraio.
Gush Shalom, una associazione pacifista israeliana da sempre in durissima contrapposizione con la politica colonizzatrice dello Stato israeliano, ha diffuso un messaggio in cui comunicava che l'esercito israeliano si apprestava a demolire 22 case palestinesi nel distretto di Mawasi e che la popolazione palestinese si preparava a resistere. Gush Shalom chiedeva di inviare un fermo monito alle autorità israeliane e al Presidente e al Segretario di Stato degli USA.
Abbiamo pubblicato il messaggio e l'appello su "Un po' di sinistra" ed abbiamo noi stessi mandato e mail in Israele e negli USA. (Dagli USA un sistema automatico ci ha immediatamente trasmesso lettere di ringraziamento del Presidente degli Stati uniti e dal Segretario di Stato!).
Pochi giorni dopo Gush Shalom (
www.gush-shalom.org) ci ha scritto che, soprattutto grazie alla resistenza della popolazione palestinese, ma anche grazie alla mobilitazione internazionale, di cui internet è stato il mezzo principale, il progetto di demolizione era stato bloccato.
Ma il 20 febbraio ci è arrivato un ulteriore appello di Gush Shalom, da trasmettere alle autorità israeliane, per la difesa di due case nel villaggio di Beit Unmar, nella West Bank.
Un rosario quotidiano di distruzioni. Ci si chiede di prenderne atto, di farle conoscere, di suscitare la voce di quanti possiamo.
Women's Organization for Political Prisoners (WOPP, Tel Aviv, trn1@zahav.net.il ) diffonde notizie sui prigionieri politici, che trovate nella nostra documentazione (hanno detto).
Una ragazza di 17 anni, condannata a sei anni e mezzo di carcere, vuole riprendere gli studi ma in carcere non ha i libri necessari; una donna di 28 anni, madre di tre figli, in attesa di giudizio, vuole preparare gli esami di ammissione all'università ed ha anche lei necessità di libri ed altro materiale. E poi, per tutte, la completa sospensione delle visite dei parenti dall'inizio dell'Intifada, la mancanza di abiti per l'inverno e di altri generi di prima necessità, le lettere dei familiari che vanno perse, le limitazioni sull'ora di aria, le molestie dei prigionieri comuni ecc…

Fin dalla nascita di "Un po' di sinistra", due mesi fa, cominciammo a raccogliere notizie dalla Palestina; riprendemmo un appello de "il Manifesto" che chiedeva e-mail di solidarietà per la famiglia di un soldato israeliano condannato a 28 giorni di carcere per aver rifiutato di partecipare ad azioni contro i palestinesi (kuzar@research.haifa.ac.il)

Perché concentrarsi sulla Palestina?
Perché crediamo che la Palestina sia un punto nodale della nostra storia; punto di scontro, sulle vie del petrolio, fra l'imperialismo mondiale e gli altri paesi (una volta si diceva "i paesi del terzo mondo", oggi, ipocritamente, "i paesi in via di sviluppo"); punto di scontro e di incontro di grandi culture e di grandi religioni; paese in cui il necessario dialogo ha reso possibile (se non sarà soffocata) la nascita di uno dei pochi stati laici e democratici del medio oriente, unica risposta possibile all'integralismo islamico.
Perché, come ha detto ieri Moni Ovadia durante lo spettacolo "Una bomba di solidarietà per "il manifesto", tutto quello che conosciamo è nato attorno al Mediterraneo e dal Mediterraneo potranno nascere le nuove speranze.
Cosa possiamo fare?
Stiamo incominciando ora.
Le notizie dalla Palestina ci giungono in modo molto episodico, con grande ritardo. Vorremmo utilizzare meglio i nostri amici palestinesi, vorremmo stabilire contatti stretti con le associazioni pacifiste italiane e con quelle israeliane. Vorremmo sfruttare le tante possibilità di incontro che offre una città come Roma.
E' un impegno troppo grande per un piccolo gruppo di lavoro come il nostro.
Chiediamo, quindi, l'aiuto dei nostri lettori, perché ci sostengano, ci segnalino essi stessi notizie sulla Palestina, indicandone la fonte, e si facciano tramite della diffusione di notizie, appelli e mobilitazioni. Scopriremo insieme con voi fin dove possiamo arrivare. (27 febbraio 2001)

frankfrink@unpodisinistra.it



(in archivio dal 16 marzo 2001)
Interrogativi per la sinistra
(in collaborazione con Cornelia)

Un giovane amico, da anni appassionato sostenitore della lotta per l'indipendenza del popolo basco, si reca in Spagna per un anno, per continuare là i suoi studi universitari.
Dalla Spagna ci scrive un articolo sull'ETA, cui ancora vanno la sua simpatia ed il suo appoggio, anche se prende atto del fatto che il proseguire degli attentati, in cui muoiono comuni cittadini, determina dei "dubbi etici profondi, che attanagliano le coscienze dei molti che hanno creduto nella causa dell'indipendenza basca". (Trovate l'articolo nel nostro
archivio).
Un altro amico, T.K., ci ha inviato l'articolo, di netta condanna dell'ETA, che trovate in questo numero; esso ha suscitato accese discussioni in redazione e ci spinge ad aprire un dibattito.
I punti del dibattito:
Un tema antico: quali sono i rapporti fra lotte per l'indipendenza nazionale, lotta di classe e sinistra?
C'è un momento in cui una lotta per l'indipendenza nazionale perde il carattere progressista e si trasforma in pura riaffermazione di una identità etnica ossificata ed incapace di qualsiasi dialogo ed evoluzione?
E' moralmente e politicamente giusto l'uso della violenza? Cosa intendiamo con violenza, visto che una certa dose di essa sembra parte della vita? Siamo per la non violenza in assoluto o riteniamo legittimi e politicamente efficaci alcuni livelli di violenza, in relazione ai fini da raggiungere? Chi, eventualmente, può decidere sull'uso della violenza e chi può esercitarla?
Proviamo ora ad allargare il discorso, recependo gli interrogativi che ci vengono da altre parti della sinistra.
Passiamo dal concetto di "violenza" a quello più rassicurante di "forza", dagli eserciti di liberazione alle grandi organizzazioni di massa, ai partiti della sinistra, dai condottieri ai dirigenti di questi partiti. Sappiamo che, con nostro grande dolore, le organizzazioni politiche di massa sono in crisi. Sappiamo che molti agiscono nel sociale, ma rifiutano assolutamente di essere "inquadrati" nei partiti. Sono scelte cui Marco Revelli dà voce, specie nel suo ultimo e criticatissimo libro "Oltre il Novecento", che dovremmo leggere, magari facendo forza su noi stessi.
Revelli dice: "Il movimento comunista, il maggior movimento antisistemico del secolo che ci sta alle spalle, era convinto che si dovesse accumulare una forza uguale e contraria a quella del capitale……Io credo che il movimento di Seattle e di Porto Alegre sia perfettamente consapevole del fatto che su quel piano la partita non è giocabile….La forza di questo movimento è di muoversi a un altro livello, che non è l'accumulo di potenza per la conquista del potere….ma è quello della costruzione di relazioni e rapporti sociali e pratiche e mentalità radicalmente altre". Non riconosciamo in queste parole gli atteggiamenti e le prassi di alcuni dei nostri figli?
E' possibile che queste siano bestemmie, ma con queste bestemmie la sinistra deve confrontarsi.

frankfrink@unpodisinistra.it



(in archivio dal 18 febbraio 2001)
Non toccate la Coca Cola

Ho notato con sgomento che è stato inserito fra i siti preferiti uno per il boicottaggio della Coca Cola.
Eppure voi avete visto nelle nostre riunioni conviviali quanto io sia un accanito degustatore di tale bevanda!
Altro che i mille vini italiani! La Coca Cola è la stessa in tutto il mondo ed io mi sento a tutti affratellato nella Coca Cola! Si badi bene: non quella misera multinazionale di imitazione che è la Pepsi! Niente a che vedere. Tanto per incominciare la lattina, che nella Coca è di un bel rosso acceso, che mette subito allegria. La Pepsi, invece, ha dei miseri colori tristanzuoli da "vorrei tanto ma non posso".
E poi, vediamo cosa c'è veramente dentro la Coca Cola.
La formula chimica, lo sanno tutti, è segreta. Ma la formula vera è il segreto della giovinezza, della amicizia, della felicità.
Guardate nelle pubblicità quei ragazzi di tutto il mondo, che corrono in riva al mare, cantano vicino al fuoco, si sorridono da un paese all'altro, da una razza all'altra: siamo veramente tutti fratelli!
E poi il Natale! per me è Natale quando vedo apparire il primo spot natalizio della Coca Cola; ce ne sono di bellissimi: ricordate quello storico dei cento ragazzi e ragazze seduti di sera su una collina a disegnare con i loro corpi un albero di Natale, che cantano tutti insieme, con una candelina in mano? E quello recente dei tantissimi camion rossi, tutti illuminati, che di sera, a Natale, arrivano portando a tutti la preziosa bevanda e la lieta novella? Come mi fanno sentire buono! …."aggiungi un posto a tavola, che c'è un amico in più"….
Ma non vorrei fare torto alla Coca Cola dandone una immagine dolciastra. La Coca Cola è anche una bevanda gagliarda, macha. La Coca Cola è ad Harlem, con i ragazzi neri che giocano il basket e fanno a chi la dice più grossa; magari è estate ed hanno fatto saltare un distributore, per impadronirsi delle lattine. Perché, dobbiamo dire, tutti hanno diritto alla Coca Cola; se non ce la date ce la prendiamo! La Coca Cola ha una funzione sociale e noi ne facciamo espropri proletari. Meglio questi del vecchio sistema stalinista delle nazionalizzazioni. Con l'esproprio proletario c'è più movimento, più allegria, più partecipazione dal basso!
E poi la Coca Cola come medicina contro il mal di testa, un cucchiaino di Coca Cola per calmare il vomito dei bambini, la Coca Cola per liberare il lavandino. La Coca Cola utilizzata dalle adolescenti americane degli anni 50 come spermicida nelle lavande vaginali… Quanta storia, quante leggende, quanta nostalgia….
Non lo fate!
Già il fido Bertinotti, i centri sociali, i ragazzi con i contratti di formazione lavoro (in vena di sciopero e contestazione), i miei figli (che hanno superato l'età delle patatine fritte), mi hanno impedito di continuare a frequentare MC Donald's! Quale perdita!
Non mi togliete anche la Coca Cola! Non togliete ogni poesia alla vita!

frankfrink@unpodisinistra.it



Francesco
Ciao, pattinando nel sito ho letto l' articolo "Non toccate la Coca Cola", di Frank Frink, che a quanto pare deve essere un collaboratore del sito, almeno così pare visto il suo indirizzo di e-mail che compare in fondo all' articolo.
Premetto che, secondo la logica del " Non puoi vivere di sole aringhe e acqua di barile" anche io , quando mi capita bevo della Coca Cola, così come bevo acqua, the, vini italiani ecc...quindi non soffro di dogmatismi religiosi o ideologici.
Normalmente la disinfetto con del Gin o del Rhum.
Ma torniamo all' articolo... si tratta di uno scherzo vero?
A uno può piacere qualsiasi cosa, ma ad arrivare a mettere giù un panegirico di quella portata.
Io personalmente, mi sono sentito affratellato a qualcuno per dei motivi un pò più grandi diciamo, e non grazie ad una lattina di roba da bere, il colore rosso acceso della lattina non mi mette allegria, non me ne impippa un tubo se la lattina della Pepsi è triste e smorta, per quanto riguarda la formula segreta, la giovinezza, la felicità, i coglioni che corrono in riva al mare o che catatoneggiano, candela in mano, sotto l' albero di natale, sempre grazie al magico potere della rossa lattina, i camion...mah!
E poi come fa del liquido marrone, dolciastro e pieno di bollicine ad essere macho?...i ragazzi che giocano a basket ad Harlem...va bene che l' accenno a Mc Donald's sa tanto di battuta alla Django Edwards...
Da dove è saltato fuori?
E' il figlio dell' ambasciatore Usa?
E' caduto nel pentolone della pozione magica durante un rave?
Sembra la classica lettera da Gringo Loco, entusiasta di ogni minima troiata che gli viene sparata sù per il cervello, come soltanto al paese dei Gringos Locos sanno fare...
Ti saluto, e dimmi che era uno scherzo.
Saluti anche a Capitan America


Risponde l'autore dell'articolo

Caro Francesco
vedo che la provocazione è riuscita! forse anche troppo!
Credevo che la esaltazione che Frank Frink, "fatto di Coca Cola", fa di questa "preziosa bevanda" destasse il sorriso e soprattutto promuovesse un approfondimento sul mondo in cui viviamo; mondo fittizio di immagini pubblicitarie, mondo dei balocchi, falsamente sorridente, in cui già avanza Mangiafuoco, il burattinaio di Pinocchio, il Cavaliere, il cui faccione ci guarda e ci sorride da tutti i muri della città, vero Grande Fratello. Gli crederemo? ci farà ballare al suono della frusta?

Per Marx la religione è l'oppio dei popoli.
Stalin chiedeva, con vuoto sarcasmo, di quante divisioni disponesse il Papa.
Oggi io non so di quante divisioni di angeli ed arcangeli disponga la Chiesa. Mi sembrano, comunque, tantissime!
Ma ora io mi chiedo quale è la potenza che può mettere in campo la pubblicità.
Perché vedi, caro Francesco, la Chiesa ci prometteva, ci promette la felicità in Paradiso, se saremo obbedienti; soprattutto si interessa alla nostra sessualità: niente sesso fuori del matrimonio, la omosessualità deve essere repressa, la famiglia è indissolubile ecc.
La pubblicità, invece, ci propone la felicità su questa terra! Se acquisterai questo e quello sarai giovane, pieno di amici, circondato di belle donne ecc.. Vivrai una sessualità esaltante .. Oppure avrai una moglie adorabile, dei figli belli, biondi, ricciuti, una casa con un bel giardino ed un cane fedele.

C'è una lotta sotterranea fra la Chiesa, che teme questo tipo di materialismo, ed il mondo della televisione che è, oggi, il grande contenitore della pubblicità. Leggevo su "il manifesto" Rossana Rossanda, che si meravigliava che i pubblicitari fossero chiamati "i creativi". Immagino Rossanda, che stimo moltissimo, intenta la sera a leggere dei buoni libri, a scriverne lei stessa ecc. Ma la massima parte di noi è fatta di persone che la sera a casa accendono la televisione e guardano….
La fantascienza ci svela il segreto…Quanti films ci hanno mostrato personaggi che credono di vivere la loro vita ed invece sono pedine di una realtà fittizia. Ti ricordi "The Truman show"? Il protagonista era un giovane a sua insaputa continuamente ripreso dalla televisione, che organizzava gli avvenimenti della sua vita come un gigantesco sceneggiato, da inzeppare di pubblicità e ritrasmettere in tutto il mondo.
Noi guardiamo questi films affascinati perché ci raccontano cose che già abbiamo intuito. Ma forse siamo prigionieri in un gioco di specchi. Il cinema, la televisione ci imbrogliano, il cinema e la televisione ci dicono che ci imbrogliano… Come fare a rompere gli schermi cinematografici ed i teleschermi? Come fare a vivere?

Oggi "la gente" è diffidente rispetto alla politica. Non mi imbrogliano, dicono, non mi faccio fregare. E poi, si dice, sono finite le grandi ideologie; il mondo non si può cambiare; la natura del mondo è questa…chi vuole cambiarla deve andare contro natura, versando il sangue di milioni di uomini...
Invece il capitalismo, dicono, è un sistema naturale. Vogliono proprio farci credere "normale" che oggi milioni di giovani non possano scegliere un loro progetto di vita e si debbano adattare, flessibilmente, alle esigenze del sistema!
Ma allora ci vuole l'oppio! Se l'oppio televisivo non ce lo distribuissero gli spots allora dovrebbe spacciarlo lo Stato, attraverso qualche forma di "Pubblicità e progresso"!
(Magari i così detti paesi del "socialismo reale" ci hanno provato…).

Come se ne esce?
In altri anni siamo stati portati verso l'alto dall'onda lunga del 68 e del 69…gli operai con gli studenti, dicevano le nostre canzoni…le nostre vite pulsavano con il ritmo possente degli avvenimenti…non guardavamo la televisione….nel 68 gli americani atterrarono sulla luna con un grande show televisivo…io e tanti altri compagni non guardammo…ci puzzava troppo di diversivo…intanto i Vietcong sconfiggevano gli USA, in Cina Mao diceva ai giovani, agli operai, ai contadini poveri di sparare (in senso figurato, caro Francesco) sul quartier generale. La Grande Rivoluzione Culturale era meglio degli spettacoli televisivi…

Ma tutto questo non si può creare con un atto di volontà.
Intanto io ti propongo un'altra cosa… seguiamo un percorso di riflessione personale… non esorcizziamo il problema, come tu fai, chiediamoci fino in fondo cosa significa il mondo della immagine, della pubblicità in particolare, per ciascuno di noi…percorriamo fino in fondo il tunnel per uscire alla luce…impariamo a vedere le nostre catene per potercene liberare. Hai mai sentito parlare di analisi? O forse tu sei, per grazia di Dio e volontà di Marx, uno dei pochi uomini completamente liberi attualmente in circolazione?

Credo che il tema del mondo della immagine e della pubblicità possa essere affrontato da noi e soprattutto dai nostri lettori in modo più approfondito di quanto facciano queste righe scritte in fretta per rispondere a Francesco. Continuiamo il dibattito?
Care anime belle, venite alle mie provocazioni!
Frank Frink


Linutile
Caro amico della Coca Cola,
sulla bevanda non ho osservazioni particolari; per me ha un difetto di base che non me la può fare apprezzare: non è alcolica! e poi preferisco in genere cibi e bevande caratteristiche di ogni cultura e che non siano uguali in ogni luogo ed in ogni tempo.
Per esempio vi ricordate, in Italia, il chinotto che se è NERI NE RI…BEVI? Perché non beviamo più chinotto, in fondo era la bevanda che più si avvicinava al gusto della Coca Cola. Un motivo c'è: la Coca Cola investe, ed ha investito nel passato, moltissimo in pubblicità.
Ho letto, non so dove, non so quando, ma l'ho letto: solo il 7% del valore di un litro di CC è dovuto alla sua "fabbricazione", il resto (93%) è il costo della pubblicità.
Se questo è vero, come è vero, e se pensiamo di passare, che so, all'8%, con un aumento di circa 10 lire per ogni litro, che non intacca il suo potere concorrenziale rispetto alle altre bevande (neanche nei confronti della Pepsi Cola), di quanto si potrebbero aumentare i salari degli operai che la fabbricano (tenendo conto che il costo del lavoro sarà una quota del 7%)? Degli operai, dico, non dei dirigenti, che dovrebbero già guadagnare abbastanza.
E non parlo degli operai americani, ma degli operai che in ogni Paese hanno il compito di miscelare ed imbottigliare il concentrato che viene dagli USA; quanto pensate che sia remunerato il lavoro di un operaio cinese o indonesiano o brasiliano o indiano per questo lavoro?
Su questi problemi dobbiamo interrogarci, non su quanto sia buona la CC.
Con affetto il solito linutile (.. e pure minuscolo!)


Gordon
La Coca Cola è il prodotto primario del processo di lavorazione che ha come prodotto secondario la cocaina, per cui se nel mondo si bevesse un sacco di Coca Cola, ci sarebbe un sacco di cocaina a disposizione e, per la nota legge di mercato, il suo prezzo si abbatterebbe. E siccome il suo fascino lo deve più che altro al prezzo elevato, una volta a buon mercato la gente smetterebbe di consumarla.
E forse comincerebbe a farsi inalazioni col Vinavil.
Per questo vi suggerisco di imbottirvi di Coca Cola e contemporaneamente fare aggiottaggio di Vinavil, prima che aumenti di prezzo, in modo da venderla poi a caro prezzo ai vinavilomani.
In bocca al lupo
[Luigi Pasteur e Giovanni Montedison]

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(in archivio dal 9 gennaio 2001)
Noi e gli altri.Gli immigrati

Credevamo nel "terzo mondo", nei "paesi in via di sviluppo", nelle guerre di liberazione, nelle "campagne del mondo" (Asia, Africa, America Latina) che, secondo Mao, avrebbero accerchiato la "città del mondo" (Europa, Nord America, Giappone).
Abbiamo litigato, a partire dalla repressione della "primavera di Praga", con chi ancora considerava l'URSS un paese socialista; poi abbiamo sperato che Gorbaciov realizzasse il passaggio ad una democrazia reale, basata, quindi, anche sulla condivisione dei mezzi di produzione.
Con i giornali, con il cinema e soprattutto con la televisione ci arrivavano immagini di questi popoli lontani.
I sorrisi cortesi dei diplomatici vietnamiti ai negoziati di pace, mentre il loro paese era sotto le bombe; poi la fuga, con gli elicotteri, degli americani dalla loro ambasciata a Saigon, che stava per capitolare.
Gli uomini e le donne della guerriglia a Cuba; le foto del Che.
Gli antichi film di Ejzenstejn (quanto volgare la parodia fattane da Villaggio!) e poi i film del "disgelo", i film russi, polacchi, cecoslovacchi che abbiamo amato e ci hanno fatto sperare; e, per alcuni, la ricerca di un ulteriore contatto, i viaggi organizzati nella Unione Sovietica (e poi la dolorosa scoperta che viaggiare non sempre significa capire).
E' arrivato un triste 2000 e, ci dicono, ci ha portato un grande regalo: il computer con cui giochiamo a casa illudendoci di poter toccare il mondo.
Ma c'è un'altra novità.
La tragedia del terzo mondo e dei paesi dell'est ha portato fra noi uomini e donne in cerca di lavoro o di asilo politico. Persone con cui parlare, da difendere, con cui immaginare modi nuovi di convivenza e di azione comune.
La globalizzazione del capitale ci porta anche nuove forme di schiavitù: la prostituzione coatta, i bambini segregati negli scantinati e costretti a lavorare per poche centinaia di lire, il traffico di organi.
E, da noi, quanta ipocrisia!
Dicono di voler combattere la schiavitù della prostituzione. Poi i poliziotti fanno retate delle prostitute che vogliono difendere; queste vengono riprese seminude dalla televisione; il "telespettatore" può avere la sua dose di pornografia e insieme virtuosamente condannare la schiavitù e maledire la immigrazione.
Dicono di voler combattere il contrabbando di essere umani e le continue sofferenze e morti che provoca l'immigrazione clandestina; è per questo, dicono, che cercano la collaborazione della Turchia; per fermare il flusso di kurdi che, fuggendo dalla Turchia, chiedono asilo politico in Europa. Non dovremmo, invece, accogliere questi esuli sulle nostre navi per portarli in salvo? O intervenire energicamente sulla Turchia?
Ocalan e con lui migliaia di kurdi erano venuti in Italia per parlare di pace; il nostro governo di centro sinistra gli ha fatto capire che non era persona gradita e lo ha spinto alla fuga, fino alla cattura da parte dei turchi. Ora, virtuosamente, diciamo che la Turchia non entrerà in Europa se condannerà a morte Ocalan (ma al tribunale fascista è bastato impedire per 20 anni al cervello di Gramsci di funzionare).
Chi ha consentito questo passa ancora per una volpe della politica, cui la sinistra guarda piena di attesa. Ma il tradimento che è stato rimosso pesa sulla nostra anima e altera i nostri orizzonti.
E, nonostante tutto questo, abbiamo proposto una italiana, la Bonino, come commissaria delle Nazioni Unite per i rifugiati politici e ci siamo offesi quando la sua candidatura non è stata accolta!
Più in generale Governo, Banca d'Italia, Confindustria, destra e sinistra concordano sul fatto che abbiamo bisogno della immigrazione. Ma li vogliamo sottomessi! Che fine ha fatto, ad esempio, la proposta di legge per il voto degli immigrati nelle amministrative, su cui l'Ulivo si era impegnato in campagna elettorale? E la nuova legge sul diritto di asilo?
Quante e quali "guerre umanitarie" combatteremo?
Di queste cose vogliamo parlare con i nostri amici palestinesi, algerini, senegalesi, tunisini, bengalesi, ucraini. Non sono lontani. Sono qui, ed è questa l'unica grande novità positiva del 2000.
Crediamo che "Un po' di sinistra" possa essere un tramite di questo colloquio.

Frank Frink

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(in archivio dal 9 gennaio 2001)
La manifestazione per la Palestina del 12 novembre 2000

Manifestazione per i diritti del popolo palestinese, manifestazione di sostegno ai pacifisti israeliani.
Manifestazione allietata da uno splendido sole, bella, colorata e grande (circa 50.000 persone) grazie alla ampiezza delle forze politiche coinvolte, che andava dai partiti della sinistra tradizionale alla sinistra antagonista.
Soprattutto c'erano tantissimi palestinesi ed altri immigrati arabi. C'era anche una rappresentanza dei Curdi. C'era la Associazione dei Partigiani d'Italia.
Moltissime le donne arabe.
Quasi tutte avevano il velo; qualche anno fa, ci siamo detti, non era così.
Abbiamo visto con preoccupazione un grande striscione verde che reclamava una Palestina islamica.
Ma alla manifestazione c'era anche monsignor Capucci, ad evidenziare il contributo dei palestinesi cristiani. E c'erano i nostri amici palestinesi laici.
Nel corteo numersi militanti di Socialismo Rivoluzionario distribuivano la loro rivista. Uno di loro ci ha detto di essere contro l'esistenza dello stato di Israele. Non abbiamo comprato la rivista, ma ce ne siamo pentiti perché forse ci avrebbe aiutato a capire quello che è successo dopo.
Al Circo Massimo dovevano parlare Jamal Zaqut, del Consiglio nazionale palestinese, e la pacifista israeliana Neta Golan, di Gush Shalom.
Inizialmente a Neta Golan, che ha condiviso in molti modi le sorti del popolo palestinese, è stato impedito di parlare. Poi lei e Jamal Zaqut hanno parlato da un camion di Rifondazione.
Cosa è successo?
Il nostro amico palestinese Nader, che da oggi inizia una collaborazione con noi, si interroga su alcuni Centri sociali. Noi, nella calca che assediava il palco, abbiamo visto lo striscione di Socialismo Rivoluzionario e, forse, frange dei Cobas. Difficile capire.
Vorremmo avere delle smentite che pubblicheremo con gioia.
Ma, chiunque sia stato, che senso ha far pagare la posizione vile, fin qui tenuta dalla sinistra di governo sulla Palestina, ad una pacifista israeliana che ha lottato con i palestinesi? L'esercito americano non ha lasciato il Vietnam anche grazie ai pacifisti americani? I vietnamiti lo sapevano bene!
Ma non vogliamo lanciare anatemi. Discutiamo! Ragionare è difficile, ma è un dovere, anzitutto per contribuire a portare al successo la lotta del popolo palestinese.

frankfrink@unpodisinistra.it

Nader
Quelle facce mascherate, con la amata Kefiah, simbolo della lotta di liberazione palestinese e la libertà contro tutte le tirannie, mi hanno fatto male quanto le pallottole dei soldati israeliani.
In un momento nel quale a noi palestinesi, malgrado la tragica situazione in Palestina, ha fatto molto piacere rivedere tanti visi scoperti, già conosciuti in passato nelle file della sinistra, sfilare di nuovo per la pace in Palestina e in medio oriente, rispondendo al desiderio dei palestinesi che vivono sotto l'occupazione israeliana di trovare fuori, soprattutto in Europa, qualcuno che manifesti la sua solidarietà vera e la voglia di impegnarsi per la pace in Medio Oriente e nel mondo.
I palestinesi vorrebbero sentire la voce degli israeliani pacifisti perché sappiamo e ne siamo convinti che all'interno di Israele dobbiamo trovare i nostri interlocutori per giungere ad una pace vera e giusta per tutti i popoli dell'area, senza distinzione.
Il popolo palestinese laico farà di tutto, speriamo con l'appoggio delle forze laiche nel mondo, per impedire la nascita di uno stato confessionale.
Mi appello ai mascherati di presentarsi in pubblico, anzitutto perché i palestinesi sarebbero felici di vedere in faccia chi solidarizza con loro, e per chiarire la loro posizione e quale è il motivo che li ha spinti a disturbare una manifestazione pacifista preparata e organizzata da donne e uomini di sinistra (è giusto scrivere solo "di sinistra"), e se sono contenti delle dichiarazioni dei rappresentanti della destra sulla manifestazione e sul conflitto mediorientale.
I dubbi sono tanti su quel comportamento irriguardoso nei confronti dei rappresentanti della Palestina; non credo che i Centri sociali siano contro la volontà del popolo palestinese di colorare il suo stato come vorrà, dopo la liberazione.
Mi appello alla sinistra di non arrendersi davanti ai gesti scorretti di qualche balordo, che farebbe la stessa cosa in qualsiasi stadio di calcio contro tutto e tutti.
Sono contento che siano state rifiutate le partecipazioni delle forze politiche antisemite e xenofobe.


Su questo argomento vedi anche la sezione "hanno detto"

Ariel
Sono un ragazzo ebreo di 17 anni ed il 28 settembre mi sono recato in Israele per celebrare il nostro compleanno.
Lo stesso giorno Sharon entrava nella spianata dove ora sono situate le due moschee sacre ai mussulmani e provocava le reazioni dei fedeli palestinesi lì riuniti. Per tutta l'opinione pubblica questa è stata la causa dell'inizio degli scontri, ma in realtà sia palestinesi che israeliani si stavano preparando da tempo ad una nuova ondata di violenza.
La questione ora, a mio modo di vedere, si gioca su due fronti: il primo è il fronte politico dove se da ambo le parti vengono messe da parte le destre integraliste è possibile giungere ad un accordo, ma soprattutto è necessario che i palestinesi scelgano finalmente un leader che non sia più schiavo dell'autorità di altri paesi arabi come Siria e Libano, che non aspettano altro che dichiarare guerra ad Israele: infatti Arafat ha ormai perso completamente il controllo del suo popolo e per tentare di ottenere consensi istiga le masse alla violenza in nome della famosa "guerra santa".
Anche Barak però non è esente da colpe: difatti dovrebbe definitivamente voltare le spalle agli ultraortodossi del Likud e aprirsi alla sinistra populista di Lea Rabin, ma forse per il primo ministro è più importante restare al Governo che raggiungere la pace.
Il secondo fronte è quello religioso che riguarda Gerusalemme e che, secondo mie, è irrisolvibile se non con la divisione della città: infatti anche se da Ebreo mi sento di affermare che Gerusalemme è la nostra città, ragionando da laico capisco che anche per gli Arabi è sacra e quindi l'unica soluzione è dividerla con il controllo da parte dei caschi blu dell'ONU della zona sacra ad entrambi le religioni.

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