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Cerco qui di riprendere un discorso iniziato qualche mese fa e non concluso, anche se arrivare ad una conclusione ben precisa e' un intento molto lontano dai miei piu' pii desideri. Mi riferisco a quello che da piu' parti si sta delineando come uno dei piu' gravi problemi globali che l'umanita' si trovera' ad affrontare nei prossimi decenni. Mi riferisco al problema ambientale e in particolare, nella sua manifestazione piu' evidente, alla problematica delle emissioni di gas serra in atmosfera che causano il surriscaldamento del pianeta.
Nell'ultima conferenza dell'Aja sono emerse tutte le contraddizioni relative a questo tema e il dibattito che c'e' stato ha finalmente raggiunto l'opinione pubblica, anche se e' mia convinzione che la maggior parte di quest'ultima non ha ancora messo a fuoco il problema nelle sue cause e nelle sue implicazioni sociali e produttive.
L'attenzione degli scienziati a questi temi e' antica: basti pensare che il primo ad interessarsene e ad inquadrare il problema dell'effetto serra e' stato il fisico Arrhenius nel primo decennio del XX scorso secolo. Egli fu il primo ad accorgersi quanto questo problema fosse legato con la produzione industriale aumentata esponenzialmente durante il XIX secolo e che ha continuato ad aumentare sempre a tasso esponenziale durante lo scorso secolo. Fece delle rozze stime sull'aumento della temperatura media del pianeta e non si allontano' molto dalla verita', come oggi possiamo constatare.
Oggi la situazione e' molto diversa e le previsioni degli scienziati sono molto piu' affidabili (ma purtroppo non piu' ottimistiche) di quelle di Arrhenius, da qui nasce il problema ambientale che agita il sonno (e la veglia) dei sostenitori del pensiero unico e che compare in tutte le agende dei grandi incontri internazionali tra potenze economiche.
Cercare di dare un quadro della situazione negoziale in ambito internazionale e' compito troppo arduo per le mie capacita', quindi cerchero' di darvi un sommario elenco degli schieramenti in ordine di peso decisionale che si incontrano durante le ormai famose conferenze sull'ambiente:
-JUSCANNZ (parola formata dalle iniziali di Japan, United States, Canada, New Zealand; comprende anche l'Australia. Guidato naturalmente dagli Stati Uniti)
-UE (Unione Europea)
-G77&China (140 paesi che rappresentano circa l'85% della popolazione mondiale, guidato dalla Cina e comprende l'Africa, l'India, i paesi mediorientali dell'OPEC, quelli sudamericani e quasi tutti quelli asiatici)
-CSI (Comunita' stati indipendenti, cioe' federazione Russa e quasi tutti i paesi dell'ex-URSS)
La riga vuota nel mezzo non e' casuale in quanto la discussione sui temi ambientali e' sostanzialmente tra UE e Stati Uniti (come trapela anche dai mass-media) non tanto per l'effettivo peso politico ed economico di questi schieramenti, ma quanto per il semplice motivo che l'effetto serra, causato dalle emissioni di CO2, e' per il 90-95% dovuto ai soli paesi industrializzati. Per questo e' stato approvato, non senza duro scontro, il famoso "Protocollo di Kyoto" che prevede una riduzione entro il 2012 delle emissioni di anidride carbonica dei paesi industrializzati del 5,2% rispetto al livello del 1990 (in barba alla volonta' degli scienziati che proponevano una riduzione del 60-80% del totale). La riduzione si sarebbe dovuta ottenere per quote differenziate delle quali l'UE si e' sobbarcata l'onere piu' pesante (-8%), poi gli Stati Uniti (-7%) nonostante emettano molto di piu' dell'UE, Giappone (-5%), Federazione Russa (0%).
Oltre che trascurabili queste misure si stanno rivelando di importanza praticamente nulla in quanto gli Stati Uniti e il Giappone hanno fatto approvare un'altra norma, osteggiata da Europa e Cina ma senza la quale non avrebbero accettato il trattato, che permette il commercio dei diritti ad inquinare (emission trading). La situazione quindi si e' capovolta in quanto gli Stati Uniti e il Giappone acquistano dai Russi i loro diritti ad inquinare (poiche' a causa della crisi economica producono e inquinano progressivamente di meno) e cosi' ottengono non solo di non ridurre nulla, ma di poter aumentare le proprie emissioni.
Inoltre dato che la produzione industriale e' collegata alle emissioni di gas serra ma e' legata anche, e soprattutto, alla crescita economica dei diversi paesi, sono state introdotte alcune norme che permettono ai paesi in via di sviluppo, che emettono poco e nulla, di aumentare le proprie emissioni al fine di facilitare la crescita economica del paese. Questo principio si chiama "Contraction and Convergence" ed e' stato gia' applicato all'interno dell'UE per la spartizione della quota destinata al nostro continente (+40% Irlanda, +30% Portogallo, -25% Germania, -20% Inghilterra, -6% Italia...). Ebbene, gli americani hanno proposto la possibilita' di poter commerciare quote di emissione con i paesi in via di sviluppo, fortunatamente questi hanno rifiutato in quanto si sarebbero tolti in partenza la possibilita' di poter sollevarsi dalla loro misera posizione (ma questo risultato non si sarebbe ottenuto se non avessero avuto una posizione unitaria).
Lontano dall'aver dato un quadro completo della situazione negoziale, spero di aver stimolato la vostra attenzione a questa problematica di importanza fondamentale per il futuro di una umanita' globale, non piu' ristretta entro i confini nazionali. A mio avviso la "globalizzazione" e' un fenomeno che e' stato sempre presente nelle nostre societa', in ogni tempo. E' una tendenza all'espansione che forse e' insito in ogni forma di vita comune, ma che sicuramente si e' gia' presentato nella storia in tempi e modi diversi. Nel nostro tempo forse e' piu' difficile che in passato in quanto la complessita' della societa' e' aumentata, inoltre stiamo raggiungendo un limite "fisico" che e' rappresentato dalle possibilita' del nostro pianeta di sostenere la nostra crescita. Ma dire "nostra" crescita e' falso e ipocrita in quanto sappiamo che il nostro mondo e' fatto di pochi ricchi e tantissimi poveri, pensate solo che se tutto il mondo vivesse ai livelli degli Stati Uniti d'America ci servirebbe una quantita' di risorse naturali ed energetiche pari a tre (o piu') pianeti Terra.
Non so trovare una soluzione univoca a questi problemi, ma chi lo sa? La soluzione che verrebbe spontanea da proporre e' di ridistribuire e controllare le ricchezze presenti sul pianeta e quindi anche le ricchezze individuali, ma credo sia poco praticabile perche' frenerebbe la legittima liberta' individuale di gestire il proprio avvenire. Credo che sia necessario innanzitutto creare una coscienza comune su queste problematiche che purtroppo non esiste ancora. Bisogna fare un passo culturale che ancora non abbiamo fatto. Se ora non puo' risultare accettabile una qualunque forma di schiavitu', lo era pero' duecento anni fa quando era legalizzata e lo e' ancora in molte zone del mondo. L'analogo passo da fare e' capire che le risorse naturali ed energetiche non sono infinite mentre l'attuale sistema di crescita e consumo capitalistico si basa su questo falso principio.
(13 luglio 2001)
Uno spettro si aggira per il mondo occidentale e diventa sempre di piu' l'incubo ricorrente di economisti e di propugnatori del pensiero unico moderno basato sulla sovranita' del Mercato e sull'utopia della Crescita continua: e' lo spettro del picco di produzione del petrolio, il cui approssimarsi (2005-2010) sta rendendo sempre piu' alti e oscillanti i prezzi dello stesso.
Questo si ripercuote, nell'immediato, sul prezzo dei combustibili (e sui consumatori con l'aumento della benzina o dei riscaldamenti), e nel medio termine limitera' fortemente il sistema di produzione-consumo che domina ora il mondo occidentale (non sostenibile), ma cosa piu' importante offre il terreno per una instabilita' politica internazionale che non si era mai vista dal dopoguerra ad oggi. In questa serie di articoli che, spero, pubblichero' periodicamente cerchero' di tessere un discorso che lega indissolubilmente tra di loro le grandi questioni del secolo che viene: mercato, risorse energetiche, sviluppi militari e crisi ambientali.
Gia' perche' sembra paradossale ma la guerra fredda rendeva molto piu' stabile di ora il mondo intero e a parte alcune singole e sporadiche crisi (delle quali non si puo' veramente dire quanto eravamo vicini allo scoppio di una guerra) le due parti non avrebbero mai pensato di scontrarsi apertamente l'una contro l'altra, ma solo indirettamente, in territori stranieri, contro paesi alleati al nemico, ma non eccessivamente strategici; per esempio gli Usa hanno avuto un paese alleato all'Urss a due ore di gommone dalla Florida e non hanno mai pensato di occupare completamente Cuba e togliersi il pensiero.
Usa e Urss sapevano che se la situazione fosse precipitata si sarebbe arrivati ad un conflitto molto rischioso per gli uni e per gli altri; battere il nemico e impedirgli di risollevarsi senza subire perdite "accettabili" era una probabilita' assai remota (sia con l'uso di armi nucleari sia senza), inoltre una guerra militare e' in primo luogo una guerra economica e tutte e due le economie sono state fino agli anni ottanta sane, robuste e capaci di sopportare una lunga guerra non nucleare.
Ora invece il mondo e' dominato da un unico potere: quello occidentale, la cui figura di maggior rilievo sono naturalmente gli Stati Uniti d'America. I singoli e, possibilmente, piccoli stati che operano, per interessi propri, direttamente o indirettamente, a danno degli americani o della loro economia vengono puniti severamente con occupazioni militari o con bombardamenti aerei sul paese mirati a fiaccare l'economia (industrie, centrali chimiche ed energetiche), a demoralizzare la popolazione per far perdere consenso politico ai governanti e a distruggere sistematicamente i centri di potere e d'informazione.
Tutto questo con l'unico fine di preservare e aumentare la propria supremazia su tutti i popoli del Pianeta e per poter sfruttare a tempo indeterminato le sue ricchezze energetiche e naturali che hanno portato, dalla rivoluzione industriale ad oggi, tanto benessere nel mondo occidentale.
Per fare questo tentero' di rimanere rigorosamente analitico ma non potro' tuttavia non esprimere giudizi personali di fronte a quelle evidenze che contrastano fortemente con quello che viene riferito dai mezzi d'informazione o che fanno ormai parte del senso comune
Capitera' infatti di vedere rigirata la frittata rispetto a quello che viene detto in televisione o sulla carta stampata da politici o da giornalisti: questa e' la mia chiave di lettura di fatti reali con i quali l'umanita' si e' gia' imbattuta e con i quali ci imbatteremo in un prossimo futuro.
Potra' infiltrarsi in voi un senso di pessimismo e di impotenza rispetto a molte crisi che, purtroppo, ci aspettano e che sembrano sfuggire ad ogni controllo, ma e' necessario rendersi conto della gravita' della situazione per acquistare una coscienza (soprattutto sociale, ambientale ed energetica) che ancora manca e della quale una societa' che vuole essere considerata moderna non puo' piu' fare a meno.