Gordon
Al Palazzo delle Esposizioni di Roma la gente fa la coda per entrare nella parte dove sono esposte le immagini dell'11 settembre a New York.
Non voglio lasciarmi andare a commenti banali del tipo "la gente fa la coda per vedere l'aereo che sbatte sulla torre, esattamente come per vedere la cappella Sistina". Voglio invece sottolineare l'aspetto della curiosità, quasi morbosa, con la quale tanti hanno risposto alla domanda "perché è venuto a vedere questa mostra?"
Stiamo subendo degli eventi e partecipiamo alla loro celebrazione. Pedine. Quanto inconsapevoli?
Noi in realtà ignoriamo i veri motivi che hanno causato quei 7 mila morti, ignoriamo cosa sta realmente accadendo nel mondo in questo momento. Il gendarme americano sta tentando di imporre una pace in Palestina e, dopo anni di silenzio/assenso quando non di consenso sulla politica israeliana, prende le parti del popolo palestinese. Arafat dieci anni dopo lo storico abbraccio con il signore di Bagdad, non esita ad allontanarsene precipitosamente adesso che gli Stati Uniti promettono appoggi diplomatici alla causa palestinese.
Ragion di stato.
Attorno al colosso americano, impegnato in un'operazione militare limitata sul territorio ma accompagnata da un'azione diplomatica globale, si è suscitato l'appoggio e il supporto di tutti i paesi industrializzati o che aspirano a diventare tali. L'orso russo, odiato nemico fino a un decennio fa, cadavere marcescente di un impero dissolto fino a pochi mesi fa, è ora definito "la seconda potenza mondiale". Quale è la panzana?
L'Italia freme e inarca il sopracciglio perché non viene invitata al banchetto dei grandi, il presidente del consiglio vola per farsi vedere accanto al presidente americano in una conferenza stampa durante la quale nessun giornalista ha fatto domande sull'Italia e sul suo ruolo. Ma intanto sono partiti per il fronte alcuni mezzi corazzati di costruzione italiana che verranno provati per verificarne le potenzialità. Se piaceranno, gli USA hanno promesso di comprarne un bel po'. L'occasione è buona per fare un test. Visto che ci siamo.
Per ora l'Italia fa operazioni di marketing e si guadagna il ruolo di guardiano dei Balcani.
Intanto attorno agli Stati Uniti si è raccolto un consenso/assenso di dimensioni planetarie. Anche chi non vuole appoggiare apertamente l'azione militare, non si tira indietro dall'esibirsi in una formale quanto ridicola condanna del terrorismo. Che significa condannare una cosa della quale non si riesce a concordare la definizione?
Ma alla grande abbuffata vogliono partecipare tutti. L'Inghilterra, decisa ad entrare in Europa come forza un gradino sopra alle altre, la Russia decisa ad avere aiuti consistenti e buoni prezzi sul gas che vende all'occidente, la Cina, che vuole diventare un paese industrializzato senza pagare il dazio che i padroni del vapore hanno chiesto a tutti i paesi che volevano saltare il fosso.
Stiamo assistendo ai preparativi di una nuova spartizione del mondo, gli Stati Uniti toccano il massimo livello del loro potere e, inevitabilmente se la storia è maestra di vita, sanno che il lato discendente della loro parabola si sta avvicinando. Il potere non è infinito e la massima potenza non è che l'inizio della crisi senza ritorno. Stanno cercando di godere l'ebbrezza del massimo e, contemporaneamente, vogliono preparare la discendenza a loro gradita. Esperimenti analoghi non hanno dato buoni frutti, in passato. Soprattutto per chi aveva da perdere solo la propria vita.
Stanno cercando di stabilire, insomma, quale sarà l'ordine prossimo venturo. Artefice di questo cambiamento non è il buon Woytila che tanto ha fatto nel suo lungo regno, poveretto, ma che sta ormai arrivando alla fine delle batterie; il cambiamento è pilotato dal presidente della massima potenza economica e bellica, da quel Bush la cui famiglia d'origine non ha mai nascosto i propri strettissimi legami con il mercato delle armi e del petrolio.
Dall'altra parte un gruppo di "studenti religiosi", i talebani. Costruiti e coccolati dagli Stati Uniti (con la stessa tecnica con la quale hanno partorito e allevato Saddam), i talebani sono sfuggiti al controllo del loro creatore e armatore. Vanno puniti.
Già, proprio quei talebani ai quali gli Stati Uniti hanno consegnato, anni fa, per ringraziarli di aver ostacolato l'invasione russa dell'Afganistan, il territorio ove si coltiva e produce buona parte dell'oppio destinato al mercato mondiale per la trasformazione in eroina, la droga con la quale si controllano gli sbandati. Adesso gli studenti sono i gestori di questo grosso business, possono stabilire il prezzo del prodotto e la quantità da immettere sul mercato. Un po' come possono fare altri paesi con il petrolio.
Curioso eh?
Avete idea di quali cifre di danaro muove il mercato mondiale dell'eroina?
L'Europa non esiste. Se c'è ancora qualcuno che ci spera segua la fila dei comunicati e delle dichiarazioni. Ci sono la Russia, la Cina, la Gran Bretagna, ma non c'è un soggetto che si chiama Europa. A due mesi dalla moneta unica nelle tasche di tutti, c'è un soggetto politico, con tanto di parlamento regolarmente eletto, che non esiste: l'Europa. Ci sono la Francia, la Germania... l'Italia con il suo presidente del consiglio che vuole una ricompensa per la perduta dignità. Dai, facciamo un bel concerto con annessa sottoscrizione.
La sinistra italiana intanto, tra una scaramuccia, un sorrisetto saccente e un amabile e dotto distinguo sta cercando di trovare il proprio timoniere. Nuovo, purché garantisca privilegi e attendismi vecchi.
(22 ottobre 2001)
Penso ancora a quel cardinale (Sodano) che rispondeva alle domande della stampa affermando che "noi (cioè quelli come lui) dobbiamo indicare ai fedeli per chi votare e certamente daremo la nostra preferenza a quei partiti che difendono la dignità e la vita".
Che belle parole!
Bene, caro Cardinale, finalmente qualcuno che parla chiaro. Adesso mi aspetto che dalla tua bocca escano parole e indicazioni altrettanto chiare e conseguenti. E quindi una condanna del regime di Pinochet e dei tuoi colleghi che a suo tempo lo ha appoggiato, una condanna dei tanti regimi autoritari, torturatori, persecutori, una condanna di tutti i paesi nei quali vige ancora la pena di morte e mi aspetto, anzi, che il Vaticano consigli a tutti i fedeli di non andare per alcun motivo in quei paesi, in quanto nemici della vita e della dignità. Come fece a suo tempo per i paesi comunisti, insomma.
Mi aspetto, caro Cardinale, la tua ferma condanna di tutta quella parte dell'imprenditoria italiana che basa il proprio potere su ricatti, bassezze e cialtronerie perpetrati ai danni dei loro dipendenti: straordinari obbligatori e non pagati, paghe inferiori ai minimi sindacali, pacche sul culo tanto è legale, condizioni ambientali (sto parlando di salute, caro Cardinale) sfavorevoli il tutto imposto con un "nessuno ti obbliga a stare qui, se non ti va bene puoi andare".
Questo per la dignità. Ma anche per la vita: basta sfogliare i quotidiani per sapere di gente che muore di e sul lavoro, per sapere di gente messa in cassa integrazione a 50 anni che si suicida perché non riesce a trovare altri lavori. Per sapere di gente frustrata, umiliata, disadattata, viva nel corpo, ma spenta dentro.
Ma certo che sono cose che spettano ai politici e ai sindacati, esattamente come le elezioni, però, scusami se insisto, mi aspetto che tu, dopo quello che hai detto, per un minimo di coerenza e amor proprio condanni anche queste forme di disprezzo della dignità e della vita e additi alla pubblica opinione le aziende dove ciò avviene. Nome e cognome. Basta sfogliare i giornali, sai? E fammi anche il piacere di vietare ai tuoi subalterni di continuare a officiare la messa pasquale dentro a queste ditte. Già, come può una persona che difende la vita e la dignità, portare il corpo e il sangue di Cristo in casa di gente che ha eletto a propria regola quella di prosperare sulla vita e l'umiliazione altrui? Non venirmi a raccontare la storiella del figliol prodigo, ti prego.
So, caro Cardinale, che qualche giorno prima delle elezioni te ne uscirai con una elucubrazione alla volemose bene e contro gli opposti estremismi, so che non dirai una parola esplicita né contro il comunismo e nemmeno contro il capitalismo, che ormai a fare dell'anticomunismo è rimasto solo Ceretta Berlusconi, e a fare dell'anticapitalismo è rimasto ... già, chi cavolo fa una cosa del genere oggi?
Ma torniamo a noi caro Cardinale, perché non prendi una iniziativa seria per difendere la dignità e la vita? Poi ci rifletto e capisco che non lo farete mai, capisco che le vostre parole sono la solita pappa, quella con la quale drogate le menti da secoli e secoli. Siete gente dalla quale è bene guardarsi. Marcinkus ha permeato di sé la vostra esistenza, siete la gente che non ha esitato a far fuori Calvi e Sindona e a sterminare le popolazioni dei paesi "scoperti" dagli spagnoli e dai portoghesi. Siete gente che da secoli uccide e umilia col sorriso sulle labbra e una pietra nel cuore. Perché mai proprio adesso dovreste diventare gente perbene?
(28 febbraio 2001)
I manifestoni elettorali che ormai sono parte integrante dell'arredo urbano delle periferie delle grandi città, mi forniscono una nuova occasione di riflessione.
Rutelli ha fatto il terzo murale e credo che ormai la sua strategia di comunicazione mediante questo mezzo sia chiara. La grafica è banalotta ma gradevole, lo slogan è stato partorito nel tentativo di riappropriarsi dell'argomento sul quale Silvio Senzarughe Berlusconi ha già sparato il suo. L'unione abbastanza curata della veste grafica dice che Rutelli non si rivolge allo stesso elettorato al quale intende parlare Berlusconi.
Quest'ultimo si vede che vuol attrarre l'attenzione del bue: viso sorridente adorno d'una espressione cordiale da venditore di pentole, scritte grandi e con poche parole tutte in maiuscolo, slogan secco, sparato e ovvio per poter essere recepito dal telespettatore medio delle reti Mediaset (ma si, lo so che l'apparente ovvietà nasconde programmi di sterminio delle menti, ma chi ha studiato come fare quei messaggi sa bene a chi sono rivolti e sa che devono essere fatti così, se voi capite dov'è il trucco vuol dire, semplicemente, che non siete i destinatari del messaggio).
Rutelli invece ha scelto come target proprio quella parte di elettorato che è capace di capire la fregatura insita e nascosta nei messaggi del Senzarughe.
Ecco, fin qui le cose mi sembrano abbastanza chiare. Dove Rutelli mi spiazza, con la stessa tecnica che il goleador di fama adopera per segnare il gol dal dischetto, è nella scelta delle immagini che compaiono nei suoi cartelloni. Nel primo hanno messo un Rutelli bamboccino, nel secondo un Rutelli che pare sputare sul microfono, nel terzo il nostro si esibisce in una gestualità da Mago Oronzo cannato fatto.
Ma chi diavolo fa, seleziona e sceglie quelle fotografie? Ma nemmeno per regalo le si accetta! Secondo me nello staff di Rutelli c'è qualcuno che prende due stipendi: uno glielo da il nemico, non vedo altra spiegazione. Perdiana Francesco guarda il lavoro che hanno fatto, prima di staccare l'assegno!
Ah, ho visto i murales di Casini (il politico, non il comico) e di Buttiglione (il politico, non il mezzobusto televisivo). Se vi capitano a tiro fermatevi e guardateli. Quelli di Casini (il politico) sono divertenti, si vede che non ha niente da dire, ma vuole esserci lo stesso. Quelli di Buttiglione espongono una fotografia incredibile: l'uomo è stato ritratto mentre rideva. Che abbiano fatto ricorso ad una controfigura? Cosa c'è scritto non lo so. Sono rimasto soggiogato dalla foto e non ho letto nulla.
Vicino ai manifestoni dei politici ce n'era uno, altrettanto grande e con una grafica somigliante, sul quale campeggiavano il viso di una ragazza sconosciuta e la scritta "Bricofer ha tutto per te". Che si tratti di una formazione nuova?
(19 febbraio 2001)
gordon@unpodisinistra.it
Mi scrive Federica M. da Treviso invitandomi a tornare sul problema del lavoro e in particolare sull'apparente contraddizione tra le dichiarazioni rese nei primi giorni di gennaio dagli industriali del nordest, che sostenevano la necessità di "importare" centomila extracomunitari, pena la drastica riduzione della produttività dell'intera zona e le cifre che denunciano la disoccupazione tuttora esistente da quelle parti.
La contraddizione, come dicevo, è solamente apparente. Vediamo perché. Gli imprenditori in questione non cercano specialisti, né diplomati, né laureati, ma manodopera di basso livello. E' vero che loro parlano di "tornitori, fresatori" e via dicendo, ma in realtà si riferiscono a persone da adibire al carico e scarico di centri di lavoro automatici gestiti da software, programmati non dall'addetto alla macchina, ma da uno specialista che una volta finito il lavoro, lascia alla bassa manovalanza il compito di "alimentare" la macchina con i pezzi grezzi da lavorare.
Certamente anche il caricamento e lo scaricamento dei pezzi dal piano di lavoro sono operazioni che richiedono una certa preparazione, ma si tratta di nozioni e di manualità che si acquisiscono con poche ore di addestramento. Elementari regole e precauzioni.
Dunque il lavoro offerto è di questo tipo. Non c'è molto da fare, nel triangolo d'oro italiano, per chi ha voluto conseguire un diploma oppure una laurea e non è detto che ognuno trovi qualcosa di pertinente alla sua specializzazione. Ecco allora che la laurea in Lettere va bene per fare l'impiegata in un'agenzia di viaggi e che la laurea in Fisica va benissimo per fare il pianificatore nell'azienda che gestisce gli autobus di qualche linea privata.
Le specializzazioni, sia di studio che conseguite sul campo, subiscono gli effetti dello scollegamento tra il mondo dello studio e della ricerca, e quello del lavoro. Le collaborazioni tra imprenditoria e istituzioni sono talmente poche da essere praticamente trascurabili dal punto di vista dell'orientamento a chi deve progettare una carriera di studi. Torneremo su questo argomento specifico, ossia sui rapporti tra il mondo del lavoro e quello della ricerca e dello studio, perché non è questa l'occasione più adatta per scendere nel dettaglio.
Riprendo invece l'argomento iniziale, per concludere con una considerazione. I settori del mercato del lavoro che attualmente sono in fermento, quelli più attivi nella richiesta di manodopera, "tirano" perché molte aziende medie e grandi, anche straniere, hanno smantellato i loro reparti di lavorazione e deciso di affidare la produzione all'esterno. Lavorazioni meccaniche e montaggi in primis.
Sondaggi di mercato fatti verso paesi con costi del lavoro minori di quelli italiano, non hanno dato, per ora, risultati soddisfacenti in termini di velocità di esecuzione, accuratezza della lavorazione, uniformità del prodotto. Per chi vuole una certa qualità il nostro mercato è ancora una scelta obbligata. Le piccole e medie imprese italiane hanno così la possibilità di attirare il flusso di lavoro necessario alle industrie nazionali più grandi e a quelle dei paesi europei più industrializzati e con tecniche di ricerca e sviluppo più avanzate, per esempio la Germania e l'Inghilterra. Ecco che le piccole aziende italiane, per non lasciarsi sfuggire una delle poche occasioni di lavoro, devono fornire prodotti buoni e a prezzi molto più bassi del solito; in poche parole: oggi più che mai hanno bisogno di pagare poco la manodopera. Ecco la necessità di avere lavoratori da inquadrare nei livelli contrattuali più bassi.
Per ottenere questo risultato la strada seguita è una sola: automazione dei processi e degli impianti, pochissimo personale specializzato (leggi costoso) e tutto il resto a basso prezzo. E qui viene il dolo: pochi sono regolarmente assunti e gli altri, extracomunitari, pensionati, lavoratori in nero, molte donne e tanti giovani vengono pagati quattro soldi a ritenuta d'acconto o a partita IVA. La flessibilità del lavoro, panacea tanto conclamata da più parti, compreso qualche settore della sinistra, se non regolamentata può diventare quello che già è per molti: lavoro poco e malpagato.
Ah dimenticavo: è inverno, se riuscite ad entrare in qualcuna di queste fabbrichette (e alcune sono poco più di scantinati) vi accorgerete che l'imprenditore, per risparmiare, non accende il riscaldamento. I lavoratori, compresi i tre, quattro impiegati, lavorano con il cappotto addosso. Funzionano bene, invece, le stufette elettriche messe nell'ufficio dell'imprenditore e in quello del figlio. Ma loro due, si sa, devono mandare avanti la baracca, spingere il carretto, mica possono ammalarsi.
Capiamoci: le porte d'uscita non sono bloccate e non c'è l'obbligo di stare lì 14 ore. Aggiungo che il corrispettivo della prestazione d'opera è probabile che sia stato patteggiato, ma sapete: con i pensionati, i lavoratori in nero e con quelli a ritenuta d'acconto e a partita IVA, la trattativa è semplicissima: ti do tot, se ti va rimani, altrimenti avanti il prossimo.
In Italia non sono la semischiavitù e la miseria le molle che spingono ad accettare queste condizioni di lavoro e, tutto sommato, non siamo un paese ai primi passi sulla via dello "sviluppo". No, in Italia siamo già un pezzo avanti: i signori imprenditori ci stanno trasformando nella "Taiwan d'Europa".
(19 gennaio 2001)
gordon@unpodisinistra.it
Il lavoro c'è. Il lavoro non c'è. Ascolto gli interventi degli industriali del nord-est e apprendo che il lavoro c'è, mancano i lavoratori. Penso a Lorenzo e Maria Grazia, due amici di Mestre, che a 40 anni si trovano per strada da due anni perché la ditta ha chiuso. Non riescono a trovare lavoro e fanno attività stagionale, vivono con l'orecchio teso al telefono, aspettando che suoni per portare la buona novella: venga, c'è lavoro per tre mesi. Ogni tanto anche in nero. Tanto ormai va bene anche così. Non c'è lavoro, mi dicono.
Marcegaglia e Salomon non le conosco personalmente, Lorenzo e Maria Grazia si. Conosco anche la storia che il lavoro c'è, ma non c'è gente che ha voglia di lavorare. Ormai sa di muffa per quanto è vecchia.
Non commento, per non ribadire cose già dette e ascoltate da tempo. Giusto dice Billè quando mette tutti sull'avviso, osservando che di questo passo si svilupperanno soltanto le partite IVA e le attività sottopagate. E il lavoro nero. Ormai molte piccole aziende del centro-sud Italia hanno organizzato la struttura della propria forza lavoro con i criteri temuti da Billè. Fare un giro nemmeno tanto lontano da Roma, per credere.
Il segretario nazionale di Confinterim, la confederazione delle associazioni di categoria delle società di lavoro interinale italiane (sarebbe il lavoro in affitto, tipo caporalato, ma legale), sbandiera trionfalmente i dati dell'ultimo anno: 250 mila lavoratori coinvolti, 55 milioni di ore lavorate, 1200 miliardi di fatturato. E aggiunge che "il lavoro interinale sta dando una risposta soddisfacente ai giovani e ai meno giovani in cerca di occupazione".
Mano alla calcolatrice vedo che le giornate lavorative pro-capite (media di 8 ore giornaliere) sono state circa 27 in un anno! La cifra di danaro, che a prima vista sembra enorme, si risolve in un misero 4 milioni e 800 di cui una parte va in tasse (giusto!), una parte va all'agenzia di lavoro "interinale" (è la legge) e quello che rimane va al lavoratore.
Concludendo, il lavoro interinale, a detta dei suoi stessi sostenitori, nell'ultimo anno ha dato lavoro per 27 giorni pro capite, in cambio di (forse) un paio di milioni, ripeto: annui. Per uno che non ha nulla da fare è qualcosa. Per chi DEVE mantenere se stesso o, peggio, una famiglia, lavorare un mese e portare a casa 2 milioni ogni anno è la fame garantita.
Durante il dibattito espongo questa mia conclusione. Il segretario generale mi risponde che il lavoro interinale ha dato così poca occupazione perché … in questo paese c'è ancora molto lavoro fisso. Ridacchia e sdrammatizza con una battuta, ma ormai la stronzata/verità l'ha detta.
Dunque la ricetta è semplice: bisogna mandare per strada tutti i lavoratori dipendenti, poi convincerli a mettere la loro opera al servizio del lavoro "interinale" e così finalmente avremo trovato il modo di dare molto lavoro … alle ditte che si occupano di lavoro interinale.
Cin cin
gordon@unpodisinistra.it
Per strada, in decine di manifesti formato murale, Berlusconi e Rutelli sfoggiano sorrisi rassicuranti, esibiscono slogan di sinistra, giocano al "l'ho detto prima io". Gli slogan ormai sono farciti di ovvietà. E' ovvio che la scuola debba formare le nuove leve, che bisogna rispettare la natura, che è necessario avere un lavoro e pensioni dignitose. La presa per i fondelli è evidente. Questi qui, per convincermi a votare per loro, promettono che mi lasceranno campare!
Poi c'è quel tale Baccini (non il cantante) che sta spendendo, anche lui, un sacco di soldi in murales, dai quali esorta a pensare al futuro. Anche questo ha capito cosa si deve fare per vincere e mi prende per i fondelli. Dico di più: non mi tranquillizza la faccia che esibisce nel manifesto, quella tipica del bamboccino al Plasmon un po' suonato che ride mentre tiene in mano un gelato che cola.
Il tipo è evidentemente scemo, se sarà eletto farà un sacco di casini, ma cos'altro potrebbe fare, poverino? Tra l'altro si consideri che siamo nella stagione fredda e quello si è fatto ritrarre in maniche di camicia. Solo a vederlo così vestito in pieno inverno, fermo da sembrare imbalsamato col sorriso della festa, viene da chiedersi: chi gli ha fatto questo scherzo? Poi guardi l'espressione del viso... Basta, non ne parlerò più, è come sparare sul presepio.
Berlusconi è furbo e ha uno staff di esperti: si vede che i suoi cartelloni sono stati studiati e strutturati, l'immagine globale è asciutta e mirata alla comunicazione. Segue regole consolidate e codificate che funzionano da decenni. Il target è stato definito e identificato. C'è del professionismo, evidentemente. E' di vecchio stampo e dalla parte del nemico, ma c'è.
Rutelli fa cadere le braccia. Come ha evidenziato Hedrock, pare che Rutelli abbia fatto in fretta e furia un murale, tanto per far vedere che "ci sono anch'io". Grafica passabile, fotografia improponibile, slogan sconcertante. Probabilmente il manifestone di Rutelli lo hanno "buttato giù" alla fine di un'allegra cena fra amici, simpatici e capaci, ma un po' brilli. E a corto di idee. Cribbio, ma questo è il parto del grande guru della comunicazione che hanno assoldato?
E poi: ragazzi, quando si comincia a far politica?
Televisione. In seconda serata va in onda "Satyricon" di e con Daniele Luttazzi. Daniele è un comico irriverente e irriguardoso (fa il verso ai giornalisti televisivi e dice rivolto al suo pubblico "questa edizione usa concetti elementari per venire incontro al vostro scarso quoziente intellettivo"), certamente non è personaggio da prima serata.
Il suo show è condito con ironia graffiante, non risparmia colpi al sistema economico e politico, non è ossequioso nei confronti del palazzo. Parla di politica con un linguaggio da comico, e picchia duro. Evidentemente non ha paura di perdere il posto.
Nel suo show, Luttazzi ha intervistato Luciana Castellina e Piero Fassino. Grande coraggio dei due che si sono esposti a domande dirette e mirate. Ma con quanta chiarezza e disponibilità hanno fronteggiato il fuoco di quelle domande, e con quale carica di umanità e di simpatia sono usciti da quelle interviste. Brava Castellina, bravo Fassino. E grande lezione di Luttazzi che fa politica, esce allo scoperto, mette sul tavolo le proprie idee e straccia gli intervistatori da salotto, quelli impegnati da sempre a far domande restando inginocchiati. Il comico insegna all'iscritto all'ordine dei giornalisti.
Torno con la memoria alla fine dell'anno 2000, nemmeno un mese fa. Sulle reti nazionali "normali" Carlo Azelio Ciampi rivolge il discorso alla nazione, dice la sua su quello che c'è stato, da uno sguardo su quanto potrà venire. Espone, valuta, analizza, ammette che c'è ancora qualcosa da fare, ma, tutto sommato, il bilancio è positivo, siamo un paese democratico e le piccole magagne marginali saranno sicuramente messe a posto con il contributo di tutti. Tutto va bene, o ci andrà tra poco. Auguri.
Sulle reti normalmente criptate viene trasmesso, in contemporanea al discorso di Ciampi, il saluto alla nazione di Beppe Grillo. L'arredo degli studi è diverso, molto diverso, tanto formale quello di Ciampi, quanto inquietante quello di Grillo, quasi sommerso da liquame nel quale navigano cadaveri di pesci e di pantecane e sul quale galleggia, simbolicamente, la sua scrivania.
Grillo affronta gli stessi argomenti di Ciampi, ma con piglio diverso, cita dati, pubblicazioni, mette in guardia sui pericoli che corriamo a dare credito a Berlusconi e Bossi e alla loro corte dei miracoli; parla di politica, di disoccupazione, di inquinamento, di uranio, di guerra, di collegamenti e legami a livello mondiale. Parla di un sacco di cose. E porta argomenti. Parla seriamente di cose serie.
Penso ai manifestoni, ai discorsi ufficiali, alle interviste dei lacchè di regime. La conclusione è desolante: in questo felice Paese, per ridere un po' bisogna ascoltare i politici e per sentire qualcosa di politico bisogna ascoltare un comico. Possibile?
Fatemi parlare di questa campagna elettorale del millennio, iniziata in un giorno incerto di qualche mese fa e che finirà chissà quando, visto che la data delle elezioni non è ancora definita. Fatemi parlare di questa campagna elettorale di durata giubilare, fatemene interessare adesso, che poi, vi prometto, cercherò di tornarci il meno possibile, perché ci penseranno i signori del palazzo e gli aspiranti reggicoda a saziarvene.
Permettetemi di onorare Berlusconi. Si, in alto i cuori per un uomo che è accusato di nefandezze contemplate dai codici civile e penale, eppure continua imperterrito ad andare in giro a testa alta, giurando la propria innocenza sulla testa dei suoi figli e gabellandosi ad ogni piè sospinto come unico paladino del progresso e della libertà nazionale.
Mitico Berlusconi, che ha comprato da Mondadori una emittente televisiva allo sfascio e l'ha trasformata in una fonte di guadagno. Unico Berlusconi, che ha rilevato da Rusconi un'altra emittente televisiva ormai decotta e ne ha fatto una fonte di ricchezza. Moderno Creso, arricchito chissà come e colto quanto basta, con quei quattro o cinque volumi finti che occhieggiano dalla libreria alle sue spalle durante le apparizioni ufficiali; bello ma non fatale, con il riportino tenuto incollato dalla moderna chimica delle schiume; gradevole, col sorriso ritoccato al computer che non riuscirà mai a imitare durante le esibizioni dal vivo; sempre disponibile a rilasciare dichiarazioni permeate di bontà per chi ama e di anatemi per gli altri; sempre più intenzionato, visto quello che manda in onda dalle sue antenne, a fare dell'Italia la terra promessa di chi crede al gioco delle tre carte e di chi, per insanabili limitazioni mentali, non può capire la profonda differenza che separa essere da sembrare.
Portatelo nei vostri cuori. Siategli grati di tutto quello che ha fatto per aprirvi gli occhi sul mondo che vi circonda, anche se non era proprio questo, forse, lo scopo che lo animava.
Quanti di noi 30 anni fa, parlando di televisione, sostenevano che i gusti possono cambiare, che se al telespettatore si danno buoni programmi lui finisce con il rifiutare la spazzatura e addirittura che se avrà i mezzi a disposizione farà da sé delle cose belle, utili, fruttuose? Forse Roberto Faenza non sarà ancora d'accordo con me, ma è nei fatti che il buon Berlusconi da 20 anni a questa parte ha dimostrato, sia con l'esperienza televisiva che con quella politica, che ai nostri connazionali piace la paccottiglia che il Cavaliere fa, emana e dice: telenovelas, giochini, soap operas, pubblicità, musicarelli, regalini, cosce, soldi facili, sorrisetti ammiccanti, telegiornali urlati, comicità crassa, fantasticherie fanciullesche, politici vocianti e fintamente rissosi, futuro da effetti speciali.
Grazie a Berlusconi, le moltitudini di evangelizzatori più o meno politicizzati hanno potuto toccare terra con i piedi e finalmente rendersi conto che il riscatto delle masse, dei poveri e dei diseredati è un'elucubrazione mentale da sessantottini inguaribili e credenti da parrocchia di trincea.
Grazie a Berlusconi, il popolo e la povera gente (le due diciture individuano la stessa cosa, cambia solo l'autore del dizionario) sono venuti allo scoperto e hanno confermato, se mai se ne fosse sentito il bisogno, che il vuoto mentale è riempibile solamente con altro vuoto.
Non consoliamoci, amici, nascondendoci dietro a un dito: se è vero che anche in altri paesi la televisione viene usata per perpetuare e propagare la mancanza di idee, è sciocco adagiarsi sulla medicina del "mal comune mezzo gaudio".
Bene ha fatto, dunque, l'intellighenzia della sinistra, dei progressisti e dei democratici a scegliere Rutelli come condottiero per la prossima tornata elettorale. Finalmente pare aver capito che quando si ha a che fare con Berlusconi da una parte e gli italianuzzi dall'altra, se si vuole evitare l'incontro e la formazione di una miscela altamente nociva non ci si deve lasciare andare a discorsi seri, concreti, fondati, impegnativi e dialettici. Ma chi diavolo volete che vi venga dietro se promettete sacrifici? Ma via, fate cose redditizie: alzate polvere, promettete fumo, siate inutilmente sorridenti, esuberanti e piacevoli, esibitevi in slogan senza senso (per ora siamo a cambiare l'Italia, fare città più sicure e meno tasse per tutti, ma seguitelo perché se questo è l'inizio il seguito promette di essere esilarante); fate balenare l'immagine di paradisi irrealizzabili, piuttosto che lo spettro di sacrifici reali. E' più remunerativo.
Non voglio parlare poi dell'anticomunismo professato dal proprietario del riporto più liscio d'Italia, che celebra questo rito in modo talmente elementare da sembrare fanciullesco, se lo si confronta con uno qualunque dei tanti latrati emessi dal suo ringhiante alleato Casini.
Berlusconi ha adottato un'immagine pubblica volutamente vacua, studiata per piacere all'italianuzzo; lui è ben cosciente di questo, e si diverte, dice "il pericolo comunista" con il livore arruffone e sbrigativo degli anni '50, ma si vede che dentro di sé ride, come il ragazzo che fa il suo numero alla stazione della metropolitana e quando porge un palloncino ai bambini dice "questa è magia". E loro, i piccoli, guardano meravigliati quel palloncino e si stringono timorosi alla mamma. Ecco, per i nostri connazionali Berlusconi è al tempo stesso mago e mamma, è questo il vero conflitto d'interessi.
Il giovane Rutelli vuole vincere le elezioni? Allora stia attento a dosare bene le sue apparizioni e a non proporre programmi concreti. Studi bene il suo avversario, ne assimili i modi, sia berlusconiano: parli di grandi temi sociali con parole ispirate al celebre "lo so io cosa ci vorrebbe", si faccia vedere ben vestito, ma non ricercato, mostri la propria famiglia felice, racconti barzellette. Al popolo queste qualità piacciono. E faccia tacere la propria gentile consorte.
Sbaglia, secondo me, chi manda in giro volantini in cui si fantastica del sogno di levarsi di torno Berlusconi. Sbaglia perché dopo di lui lorsignori creeranno un personaggio capace di rimpiazzarlo adeguatamente nell'immaginario collettivo e dovremo ricominciare tutto daccapo per farlo venire allo scoperto. Ragazzi, possibile che vi siete dimenticati che mentre Mosè si inerpicava sul Monte per trovare la verità e portarla al popolo, quelli che lo aspettavano a valle si sono costruiti un vitello d'oro e ne hanno fatto un Dio? Avete idea di quanti vitelli sono stati costruiti e adorati fino ad oggi, aspettando che qualcuno scendesse dal Monte? Non lasciateli soli dicendo "trovo la verità e torno". Non sanno stare soli e detestano qualunque verità richieda memoria e faccia pensare. Teniamoci Rutelli e Berlusconi, teniamoli come sono. Li conosciamo e magari, se li prendiamo per il verso giusto, qualche sana risata ce la fanno fare.
Cari strateghi, avete fatto bene a non cercare, anche questa volta, un rappresentante che parla di sacrifici. Mandate a cagare quelli che ancora vi restano in magazzino. Date i ritocchi finali a Rutelli, aspettiamo che Berlusconi esca dalla sala trucco e si dia inizio allo spettacolo. Rinnovatevi, fate una campagna elettorale all'americana, vogliamo dichiarazioni volutamente cretine, dibattiti fintamente avvelenati, poderosi e inesistenti scontri frontali costruiti a tavolino; fatelo, per favore: vincerà il migliore e noi potremo divertirci a guardare gli effetti speciali.
E se un giorno dovesse scarseggiare il pane, non ci preoccuperemo più di tanto: sappiamo bene che lorsignori tireranno fuori dal cappello un mago sorridente che prometterà brioches per tutti.
Che più?
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