Nadia Cervoni
Un altro mondo è possibile con cibo, acqua, lavoro per tutti e tutte; sì, un altro mondo è possibile se prima tra tutte è la necessità della Pace.
"Cessate il fuoco", s'invoca in Medio oriente. Ma per lasciar parlare chi e che cosa?
La giustizia, il diritto, pare di no. Purtroppo la voce che si vuol far levare dal coro è ancora quella delle strategie politico-economiche, militari e colonialiste.
Accade così che la ricerca del "controllo" si sostituisce alla ricerca della pace, che "l'ordine" prende il posto della convivenza sociale, che "la sicurezza" inghiotte la libertà.
Eppure bisogna far cessare il fuoco e invece si continua a soffiare perché questo non avvenga.
Un altro mondo è possibile se chi ha più cibo, acqua, terra, lavoro, si convince che la bilancia va riposizionata verso una indispensabile "minima equità". Viceversa senza lavoro, cibo, terra, acqua per tutti, le fabbriche delle ingiustizie, delle violenze, del terrorismo continueranno ad andare a pieno ritmo, alimentate da un mercato che non conosce confini, né religioni, né culture, il cui passpartout si chiama mercato delle armi, una grande famiglia dai mille volti nemmeno tanto celati.
In tutto ciò, negata da una malcelata disonestà, la funzione della guerra e delle guerre come strutturalmente necessaria e i prevedibili e a volte ricercati, perché anch'essi funzionali, echi di un'opposizione che apre il fuoco.
Ma attenzione, si parla solo di echi e non di viva voce come tragicamente accaduto l'11 settembre 2001.
Qualcosa è sfuggito al controllo prima o dopo l'11 settembre?
Per questa risposta bisognerà attendere ancora molto.
Intanto il mondo piomba in un orribile vortice: con i toni della ragione si parla dell'atomica e con quelli del sapere si discute di peste chimica.
Né all'una né all'altra vi è rimedio, semplicemente la prima era stata bandita, la seconda debellata e oggi entrambe ci minacciano.
Ecco perché è necessaria la pace, ecco perché occorre far cessare il fuoco.
Il 14 ottobre marceremo alla Perugia-Assisi perché un altro mondo è possibile con cibo, acqua, lavoro, terra e libertà per tutti e tutte dove l'unico uso auspicabile è quello della forza della nonviolenza.
Altre forze, militari e armate, c'è chi le chiama di guerra chi di polizia, non vanno e non potranno mai andare verso la costruzione di una prospettiva della Pace.
C'è un import-export che dovrebbe diventare il pane dei nostri giorni futuri, dove il dialogo e la conoscenza tra culture diverse possono fare molto, è l'import-export della libertà.
Una libertà che mi piace pensare donna, fertile e consapevole del suo diritto all'autodeterminazione.
Nadia Cervoni
come donna:
Donne in nero Roma - Marcia mondiale delle Donne
come lavoratrice:
Dir.ne naz.le Filt/CGIL
(3 ottobre 2001)