Omar Minniti
Anche se restano ancora impresse nella mente le immagini dei gravi
attentati che hanno coinvolto la popolazione Usa, la vita continua e il
nostro impegno non può e non deve fermarsi, nell’imminenza di
importanti scadenze. Poche settimane ci separano dall’ennesimo
appuntamento referendario. Il prossimo 7 ottobre gli elettori italiani
saranno chiamati ad esprimersi sull’ipotesi di controriforma
federalistica dello Stato, su un nuovo tentativo di stravolgere da
destra la Costituzione repubblicana. Il tempo stringe, ma a sinistra, e
specialmente tra le file dei soggetti antagonisti, ancora non si
avverte l’esigenza di una discussione articolata su un tema così
delicato.
Sembrano lontanissimi i tempi in cui solo la Lega razzista e
secessionista di Bossi “scaldava” i suoi militanti con anatemi su “Roma
ladrona” e rivendicava un forte decentramento a favore delle regioni
più ricche del Paese. Con gli anni tutti (o quasi) i partiti, a destra
come a sinistra, hanno finito col fare proprie, in toto o in parte,
quelle posizioni.
Ormai il federalismo viene servito in cento salse,
per renderlo appetito ad ogni palato: esiste il “federalismo solidale”,
elaborato negli alambicchi di gran parte della sinistra ex
socialdemocratica e liberal e degli stessi sindacati, il “federalismo
democratico”, addirittura il “federalismo nazionale” dei fascisti. Al
Sud è spuntato perfino il “federalismo meridionalista”…
In ogni modo si
vuole far mandare giù questo boccone amaro, anche a quelle categorie
tradizionalmente restie a quest’involuzione del modo di amministrare lo
Stato. Parliamo degli abitanti delle regioni del Mezzogiorno e dei
lavoratori in generale, che ben poco ci guadagnerebbero da
un’amministrazione pubblica improntata sui particolarismi locali, sulle
logiche della deregulation e della sussidiarietà, sul ritorno di
quel “dividi e comanda” tanto caro ai padroni di ogni epoca (da dove
parte l’attacco contro i contratti nazionali e per la restaurazione
delle famigerate “gabbie salariali”?).
Qualcosa di simile al federalismo ha fatto breccia perfino in certi
ambienti della sinistra di classe e critica, un po’ per le influenze
nefaste influenze della sinistra moderata, un po’ per il convincimento
che possa sussistere un nesso tra decentralizzazione e forme di
autogestione, “comunitarismo” e partecipazione dal basso. Una posizione
che naviga a vele spiegate, soprattutto grazie al vento del Nord-Est…
L’assenza di un dibattito allargato influisce non poco a creare
confusione e disorientamento tra i compagni.
Il secco no di Rifondazione comunista, dichiarato recentemente dalla
Segreteria nazionale, è senza dubbio un primo passo positivo, ma in
questi giorni prima della chiamata alle urne urge, nonostante
l’attenzione dell’opinione pubblica sia rivolta altrove, una
mobilitazione ben più incisiva. Anche perché questa volta, a differenza
degli ultimi referendum-capestro, appare molto difficile l’auspicata
bocciatura della controriforma grazie alla marea montante
dell’astensionismo: gli elettori dovranno esprimersi su un solo quesito
e, per di più, sotto il bombardamento mediatico delle principali
fazioni pro-federaliste.
A mio avviso, suonano più che mai attuali –nonostante siano “vecchie”
di mezzo secolo abbondante- le parole pronunciate da Togliatti durante
il primo congresso legale (il quinto) del Pci, subito dopo la vittoria
sul nazi-fascismo: "Non siamo federalisti; siamo contro il
federalismo… Questo non vuol dire che ignoriamo le regioni e che non
vogliamo concedere loro la necessaria autonomia… si tratta di concedere
prima di tutto ampie autonomie locali ai comuni. Il nostro
regionalismo, però, e lo diciamo chiaramente, ha dei limiti. Un Italia
federalistica sarebbe un paese nel quale risorgerebbero e finirebbero
per trionfare tutti gli egoismi e i particolarismi locali, e sarebbe
ostacolata la soluzione dei problemi nazionali nell’interesse di tutta
la collettività. Un’Italia federalistica sarebbe un’Italia nella quale
in ogni regione finirebbero per trionfare forme di vita economica e
politica arretrate, vecchi gruppi reazionari, vecchie cricche
egoistiche, le stesse che hanno fatto sempre la rovina d’Italia".
Meditiamo, compagni, meditiamo…
(17 settembre 2001)