Rosangela Mura



(in archivio dal 15 settembre 2001)
Revisionismo: la rimessa in discussione della legge 194

Ogni volta che c'è in giro aria di repressione e di revisionismo rispunta puntuale l'attacco alla 194. E' una legge, quella sull'interruzione volontaria di gravidanza, che non ha mai avuto pace, fin da quando fu approvata nel lontano 1978 e da quando fu riconfermata, a grande maggioranza, dal referendum popolare del 1981.
Nessun'altra legge, che io mi ricordi, ha subito un tale destino. Non certo la legge sul divorzio (vessillo anche questa delle battaglie integraliste cattoliche) che pure scatenò, al tempo del suo referendum, massicci scontri culturali e politici e crociate mistificatorie, e vide la diretta scesa in campo della Chiesa. Il referendum passò (con un'alta percentuale di NO), la società metabolizzò l'istituto del divorzio nella sua cultura e si accorse che le previsioni apocalittiche sullo sfascio morale dell'Italia post-legge erano sconfessate senza remissione. Nessuno oggi, neanche il più accanito dei Buttiglioni, si sognerebbe di proclamare (ma neppure di accennarvi di sfuggita) l'abrogazione del divorzio.
Eppure anche la 194 è stata confermata dalla volontà popolare, anche la 194 ha smentito i suoi detrattori producendo effetti benefici - e saldamente provati dalle statistiche - quali la scomparsa dell'aborto clandestino e la progressiva e continua diminuzione degli aborti in totale. Anche questa legge, dunque, dovrebbe essere ormai definitivamente assorbita nel tessuto culturale e politico della società. Invece, così non è.
Proprio qualche giorno fa stavo riordinando materiale politico degli ultimi 10-12 anni (volantini, articoli di giornali, relazioni e interventi in dibattiti) e mi ha colpito toccare, per così dire, con mano come tutto il percorso fosse costellato dai ricorrenti attacchi - da parte di singoli, di gruppi, di istituzioni - alla legge sull'interruzione di gravidanza: crociate per cancellarla, proposte per modificarla, limitarla, stravolgerla, tentativi continui di riportare il sentire comune indietro di decenni.
Che cosa c'è allora, in questa legge, di più profondo e di più temibile dei ventilati danni (ormai ampiamente smentiti) alla morale e alla società? In primis, senza dubbio, quel potere antico, iscritto da sempre nel corpo della donna, per cui lei e solo lei è depositaria della scelta finale sulla nascita. Ognuno di noi è nato, perché sua madre ha scelto di farlo nascere. E' della donna l'ultima parola in questo campo; e su questo potere l'uomo non ha controllo. Può, con la violenza e lo stupro, costringere la donna a concepire; ma non ha nessuna vera possibilità di determinare la prosecuzione della gravidanza e la nascita.
Come recuperare, allora, il potere e il controllo desiderati e mai posseduti, se non riaffermando l'illegalità dell'aborto e ricacciando le donne nella condanna sociale, nella vergogna e nell'eterna alternativa fra la speculazione dei "cucchiai d'oro" e il rischio di morte sul tavolo della mammana.
Oppure, con raffinatezza più moderna, teorizzando la personalità giuridica dell'embrione e vincolando indissolubilmente la donna, fin dall'inizio della gravidanza, al diritto-destino del nascituro e attraverso di lui, soggetto sotto tutela, a un potere maschile esterno e istituzionalizzato.
Ma una presa di potere non viene quasi mai presentata brutalmente per quello che è; tanto meno se deve essere imposta a un'intera società. Ecco allora che la si propone ammantata di moralismo e di rispetto per la vita. False motivazioni entrambe e facilmente smantellabili a colpi di logica. Se veramente si volesse far scomparire l'aborto, ci si impegnerebbe con tutte le energie per la contraccezione e la diffusione capillare dell'informazione; al contrario, ci sono resistenze pesanti da parte di tutti i moralisti, soprattutto nel campo dell'educazione sessuale dei giovani e nella diffusione del preservativo, perfino a fronte del flagello dell'AIDS; l'informazione è tuttora ai minimi termini.
Quanto alla seconda motivazione, non è pensabile che un vero amore e rispetto per la vita non sia indirizzato soprattutto alla vita che viene dopo la nascita, quando si ha diritto al cibo, alla salute, all'amore, alle garanzie economiche, all'istruzione, alla libertà. Milioni di esseri umani, una volta nati, hanno di fronte, invece, la prospettiva della morte per fame o per guerra, della menomazione delle malattie, dell'abbrutimento e dello sfruttamento in tutti i campi (dal lavoro all'abuso sessuale). Chi può, in piena coscienza, chiamare "vita" quella che li attende?
Perciò, è molto più corretto definire il fronte anti-aborto per quello che veramente è: non "movimento per la vita", ma "movimento per la nascita" (e che dopo ognuno si arrangi come può!).
E' notizia di pochi giorni fa che Bush ha ritirato la sua partecipazione alla Conferenza ONU sui bambini, perché la bozza di dichiarazione finale accennava all'aborto come a uno dei mezzi di pianificazione familiare. Singolare che tanto "amore per la vita" venga da un campione di esecuzioni capitali, che è arrivato alla Casa Bianca anche, e soprattutto, con i voti conquistati a colpi di morti in diretta. Ma certo l'aborto non offre lo stesso spettacolo di un'esecuzione, non solletica le più basse pulsioni vendicative delle folle, non fa balzare in testa ai sondaggi di gradimento. E poi, non dimentichiamolo, i condannati a morte, per svolgere bene la loro funzione, devono prima essere nati.
E non solo loro. Potere e capitalismo hanno bisogno, per esistere, di masse di uomini e donne: da sfruttare sul lavoro, a basso costo; da arruolare negli eserciti; da convincere ai consumi; da manovrare per spostare consensi e voti. Non si ha , certo, potere sui non-nati.
La 194 è una buona legge e ha avuto, come dicevo, benefici effetti, pur non essendo mai stata applicata pienamente. Ancora oggi, infatti, è molto alta la percentuale dei medici obiettori e lenta la loro sostituzione; e chi sceglie di non obiettare è caricato di maggior lavoro, subisce emarginazioni e rallentamenti nella carriera.
Non è applicata pienamente, poi, perché troppo scarso è ancora il numero dei Consultori, soprattutto nel Meridione. La 194 ha assoluto bisogno del Consultorio per vivere. Il Consultorio (altra fondamentale conquista del movimento femminile) è il primo referente sul territorio, una cerniera vitale fra la popolazione e la struttura sanitaria; fornisce assistenza e prevenzione e, per obbligo di legge, informazione sulla contraccezione a ogni donna che chieda l'interruzione di gravidanza. Cioè, previene l'aborto. Concretamente, a differenza delle roboanti crociate dei moralisti.
Ma proprio qui è il cancro nascosto e l'attacco più subdolo alla 194. Da alcuni anni a questa parte i Consultori, invece di essere potenziati, vengono progressivamente ridotti e strangolati. Non solo non sono ancora - a 25 anni dalla loro istituzione - del numero previsto dalla legge (a Roma ne manca il 50%; in altre zone d'Italia la situazione è peggiore), ma diminuiscono; vengono chiusi senza seri motivi o, con termine più elegante, "accorpati", soprattutto in provincia in zone già mal collegate dai trasporti pubblici, quindi sempre più irraggiungibili per le utenti. Soffrono di riduzione di personale e di finanziamenti e rischiano seriamente di vedere stravolta la loro funzione specifica per divenire ambulatori generici (l'ultima proposta della Giunta Storace prevede che diventino centri per il disagio sociale!).
Tutto ciò, a differenza delle crociate di Buttiglione, non finisce sui giornali; avviene in silenzio e subdolamente, senza possibilità per noi di accorgercene in tempo e di intervenire. Proprio questo è il pericolo maggiore: che il chiasso ricorrente sulla cancellazione della legge storni l'attenzione da provvedimenti apparentemente meno gravi o del tutto innocui che, sommati insieme, otterranno lo stesso effetto.
Non credo che la 194 sarà veramente abrogata, né adesso, né in futuro. La reazione nel mondo femminile sarebbe molto forte, indesiderabile per qualunque governo, e sicuramente trasversale (non dimentichiamoci che il referendum dell'81 fu vinto con una percentuale molto superiore ai numeri della sinistra e lo stesso Vaticano, che pure si aspettava la sconfitta, restò sbigottito dalla pioggia di NO). Sono fermamente convinta, però, che verrà attaccata indirettamente, con piccoli provvedimenti successivi; sarà modificata in senso peggiorativo e resa sempre meno applicabile e sempre più lontana dalle donne, soprattutto da quelle delle fasce più deboli. Finchè, se non fermeremo in tempo il processo, l'aborto verrà riportato di fatto, pur esistendo ancora la legge, nel privato e nella clandestinità.
E sono convinta che la via privilegiata dell'attacco sono i Consultori, intorno ai quali non si leva la tempesta mediatica, ma su cui, proprio per questa ragione, dobbiamo vigilare più assiduamente.
Neanche la proposta di considerare persona l'embrione ha vere possibilità di essere sancita per legge, in quanto è di per sé un assurdo giuridico; pensiamo solo alle complicazioni che porterebbe nelle questioni ereditarie, senza contare che non esiste corpo di leggi che dia la qualifica di persona a chi non è nato. Ma la sua pericolosità non è da sottovalutare, per l'impatto culturale e simbolico che ne deriva. La ripetizione ossessiva di tale concetto, l'approvazione di mozioni su questo argomento da parte di consigli comunali e regionali, come è già avvenuto, anche se non sarà legge, avrà comunque l'effetto di influenzare il pensiero collettivo, instaurerà un clima di caccia alle streghe e farà, di ogni donna che abortirà, un'assassina.
Del resto queste previsioni non sono lontane. Qualche mese fa a Zola Predosa, un comune della provincia di Bologna, la giunta comunale (ahimè, di centrosinistra!) ha concesso al locale "movimento per la vita" l'autorizzazione a entrare nel Consultorio per dare assistenza (morale?) alle donne che chiedevano l'interruzione di gravidanza. Più o meno quello che prometteva, già qualche anno fa, un candidato romano di Alleanza Nazionale nella sua campagna elettorale.
A dimostrazione che proprio qui, negli aggiustamenti striscianti e apparentemente isolati, si nasconde il vero pericolo per la 194. Più che nei proclami di Buttiglione e nelle farisaiche smentite dei suoi colleghi di governo.
(6 settembre 2001)

Rosangela Mura

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