Nazismo, Nietzsche e Tacito: la mistificazione


- L'ideologia nazista, elaborata da Hitler nel Mein Kampf, individuava nella purezza della Razza il fine di tutto. Questa purezza si doveva ottenere soprattutto in 2 aspetti: quello genetico (quindi caratteristiche somatiche, fisiche, ecc.)e quello culturale.

- Analizziamo innanzitutto l'aspetto culturale: Hitler considera gli ariani (la razza Germanica) come "creatori di cultura". Vi sono poi i "portatori di cultura", costutiti dalle razze ritenute inferiori agli Ariani che hanno appreso il sapere dagli Ariani e si limitano semplicemente ad usarlo. Infine vi sono i distruttori di cultura, individuati nella "razza ebraica". Forse Hitler voleva ricollegarsi al fatto che Nietzsche considerasse gli Ebrei "il popolo di risentiti per eccellenza", ma quello del grande filosofo non era un discorso razziale-culturale, bensì era un discorso posto in un ambito ben diverso, ove il nichilismo creato dai falsi valori, dai "falsi idoli" posti dapprima dal platonismo e poi dalle religioni (soprattutto quella ebraica e quella cristiana), dovevano essere distrutti per sgombrare la mente dell'uomo e dargli così la possibilità di esprimere liberamente i suoi impulsi vitali.

- I nazisti quindi si sono richiamati all'insegnamento del filosofo

Friedrich Nietzsche

tedesco in modo puramente strumentale. Fra l'altro, quella di Nietzsche è stata una delle incorpora-zioni meno felici operata dal nazismo. E questo era riconosciuto dagli stessi nazisti quando dicevano di non poter incorporare fino in fondo Nietzsche all'interno della propria ideologia, per una serie tutt'altro che marginale di motivi: per il fatto che quella nazista era una ideologia antisemita, mentre Niet-zsche era filosemita; perché quella nazista era una ideologia populistica - anche se i nazisti non la chiamavano proprio così, mentre Nietzsche era assertore di una teoria aristocratica (ed è eviden-te che non si può fare una teoria politica aristocratica ed appoggiarsi al consenso delle masse).

- Altri due concetti impropriamente attinti dal nazismo sono quelli della "Bestia bionda", per cui mi ricollegherò in seguito a Tacito,e del "Superuomo" ("uber-mensch"). Per Nietzsche il Superuomo è quell'essere, teso tra animale e uomo, che sa trarre godimento dall'aspetto tragico-dionisiaco del mondo appena sgombrato da Dio e dai falsi idoli. Non viene fatto quindi alcun discorso razziale,
nè tantomeno si vuole designare col termine "superuomo" un messia. Si vuole indicare semplicemente un uomo "normale" che però a differenza dei "risentiti" sà dire di sì alla vita, sà sopravvivere senza i valori che erano presenti nella vecchia morale appena distrutta. Niente a che vedere quindi col proget-to di Hitler di purificare la razza al fine di creare l'uomo perfetto.

- E ora il concetto della "Belva bionda": nella Genealogia della morale Nietzsche, parlando di essa, non si riferisce solo a tribù tedesche, ma anche agli Arabi, ai Giapponesi, agli antichi Romani e via dicendo; da un secondo punto di vista, si pensa inoltre che quell'immagine non fosse una metafora, ma fosse la descrizione di una cosa vera: Nietzsche stava parlando del leone, cosicché con "belva bionda" non voleva indicare una tribù teutonica, per celebrare la superiorità dei Tedeschi. Hitler invece fa dell'aspetto fisico e della perfezione dell'individuo uno dei punti fondanti della sua ideologia. La con-servazione della razza e delle sue caratteristiche genetiche prima di tutto. Mescolare le caratteristiche della razza "superiore" con altre di rango inferiore non porterebbe altro che alla perdita del "mo-dello" perfetto, originario, individuato negli uomini germanici del Nord.

- In questo rientra anche la "sanità" della razza. Dal Mein Kampf: "Il Reich [...] deve mettere la raz-za al centro della vita generale. Deve darsi pensiero di conservarla pura. Deve dichiarare che il bambi-no è il be-ne più prezioso d'un popolo. Deve fare in modo che solo chi è sano generi figli, che sia scan-daloso metter al mondo bambini quando si è ammalati o difettosi...".

- Dopo aver queste cose, capiamo come il "De Germania", famosissimo trattatello di Tacito, abbia potuto trovare gran successo nell'ideologia nazista. Come per Nietzsche, anche l'opera di Tacito è stata interpretata in maniera strumentale, travisando in alcune frasi il significato originario (ricordiamo che il "De Germania" è un opera rientrante nel filone etnografico dell'autore latino, appassionato dei costumi, delle abitudini e del tipo di vita delle popolazioni straniere). Nel "De Germania" Tacito ha come punto di riferimento fisso, quasi ossessivo, Roma; egli apprezza l'integrità e l'austerità dei costumi morali dei Germani per condurre una chiara polemica con quelli corrotti che invece si erano diffusi nella società romana. Non esalta insomma i Germani per glorificare la loro razza, bensì per condurre una velata polemica con la società in cui egli viveva.

- Anche l'aspetto fisico, come si può facilmente capire, è per Tacito il risultato dell'autoctonia e dell'isolamento geografico a cui i Germani erano sottoposti. Tra l'altro nella cultura romana mancava quel mito della purezza della razza presente invece nel nazismo. Una prova sono le origi-
ni troiane di Roma. o il processo di ellenizzazione a cui la società romana era sottoposta. Addirittura Tacito non manca di criticare la durezza e le barbarie cui i Germani si rendevano protagonisti.