Referendum e legge elettorale

di Fabio Trazza

Rischio spezzettamento partiti. Ritorno partitocratico. Partitocrazia senza partiti. Partitocrazia virtuale, che nasce per partenogenesi dei gruppi parlamentari. Sono tutti temi che stanno alla base delle nuove polemiche intorno alla legge elettorale e al referendum. Da più parti si indica la data dei primi di maggio, per andare al referendum e decidere se togliere del tutto la quota proporzionale dal sistema elettorale. Intanto il governo ha avanzato una proposta di legge, che, se approvata, eliminerebbe la possibilità di effettuare il referendum. Non è ben chiaro come faccia il governo, senza l’aiuto delle opposizioni, a far passare una legge su questa materia. Ma intanto il presidente del consiglio dei ministri, il 12 febbraio, ha annunciato sia la proposta, sia l’avvio delle consultazioni con le opposizioni. I termini del dibattito sono ampiamente noti, perchè diffusi da tutti gli organi di informazione. E non è questa la sede per un esame tecnico della proposta. A noi interessa riflettere su un punto. La soluzione auspicata, anche qui per molti solo a parole, di un corretto bipolarismo, dovrebbe portare all’accettazione del sistema elettorale di tipo anglosassone. Ma questa soluzione si poteva avere già con l’esito referendario del 92, che è stato tuttavia ampiamente tradito. Si è poi a lungo ragionato sul fatto che il sistema anglosassone sarebbe piuttosto impraticabile nel nostro paese. E non senza fondamento, vista la storia d’Italia, e non solo del novecento. Invece di andare a scuola a Londra, i nostri studiosi di riforme elettorali sono andati a Parigi. Ma forse i corsi erano chiusi e così ci troviamo senza maestri. Vista però la genialità italiana, che in vari campi non esita a manifestarsi, non sarebbe male dare la parola direttamente al popolo, depositario di tale genio. Da qui la nostra considerazione, estremamente prudente, che oggi il referendum vada difeso e soprattutto ne vada difeso l’esito. Obiezione: se questo referendum passasse, ci sarebbe il rischio che la coalizione perdente diventi vincente. Per smontare tale obiezione, non vale certo la pena di idolatrare questo referendum. Lo sanno tutti, non è perfetto. Tuttavia è meglio dell’esistente, e forse anche della migliore intesa che potrebbe essere prodotta in un parlamento che può interpretare il sentimento popolare, ma ne ignora i nitidi contorni che in materia verrebbero espressi nel voto referendario. Nel frattempo le forze politiche potrebbero vo- tare un no alla doppia candidatura dei sindaci, se si presentano alle europee. Nella nuova fase europea c’è bisogno di deputati a tempo pieno. In molti paesi europei, già adesso, per chi ha altri incarichi non è possibile fare il deputato part-time. Proprio perchè siamo in una nuova fase europea che va reinventata e ricostruita, il doppio incarico non consentirebbe alla delegazione italiana di essere presente per come è necessario. E, visto che non c’è ancora l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, non sarebbe male che il parlamento gettasse le basi perchè anche le prossime elezioni per il Quirinale non fossero l’ennesima occasione per contarsi tra schieramenti, ma la scadenza per coronare le istituzioni repubblicane con la più autorevole, razionale, tollerante e lungimirante figura in cui il popolo italiano, nella sua maggioranza, possa riconoscersi e possibilmente rispecchiarsi, indipendentemente dall’essere uomo o donna. Perchè il semplice fatto che faccia notizia la proposta di una donna al Quirinale, vuol dire che esistono ancora tanti pregiudizi, duri a morire.

 


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