Pena
di morte
di Fabio Trazza
All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si sono riuniti tutti i 185 paesi che compongono la comunità internazionale, per ottenere la moratoria delle esecuzioni capitali nel mondo. Un tentativo fatto già nell’assemblea generale nel 1994, quando un italiano presentò la proposta di risoluzione per la prima volta. Non passò per otto voti. Fu ripresentata in Commissione Diritti Umani ed ebbe successo nel 1997-1998. Il mondo intellettuale americano si sta orientando verso l’abolizionismo, come appare da autorevoli interventi di qualificati professori della New York University: “le cose potranno sicuramente cambiare tra qualche anno, e forse in dieci anni l’America riuscirà ad abolire la pena di morte.” Tra tutti i rappresentanti delle missioni diplomatiche al Palazzo di vetro di New York, da ricordare il rappresentante della Santa Sede alle Nazioni Unite, Raffaele Martino, oltre ai testimonial della pena di morte (tra cui una donna americana, condannata a morte per poi essere definita innocente e liberata dopo anni trascorsi nel braccio della morte, o il dissidente cinese condannato a morte: 19 anni di carcere e 12 campi di concentramento). Dalla stessa New York University è partita una campagna a sostegno della moratoria. Per la Milano dei lumi, dal Parini ai Verri, dal Beccaria al Manzoni, è un onore aver scritto la prima pagina di quest’avventura umana contro il presunto diritto dello Stato alla morte dei suoi cittadini in tempo di pace. Ma, oltre a tutti gli organismi istituzionali favorevoli ad una moratoria, non sarebbe ininfluente o senza significato anche il pronunciamento di alcune tra le più generose Organizzazioni non governative. Tra esse, e per prima, il Rotary International, che pure tanta parte ha avuto per la stessa definizione della Carta dell’Onu.
Copyright
(C) 1999 il Narratario. Direttore responsabile F. M. Trazza.