Perchè
gli italiani scrivono tanto e leggono poco?
di Maria Maranesi Pace*
Gian Arturo Ferrari, direttore generale divisione libri
Mondadori, e vicepresidente Associazione per i libri, ha recentemente divulgato
(Sole 24 ore domenica 14 febbraio 1999, p.31) in un lungo articolo, “Il Belpaese
dei non lettori”, lo stato dell’editoria. L’articolo è pieno di cifre. Del
resto se non le ha lui, chi potrebbe averle? Aldilà dei numeri, colpiscono
due dati, uno di costume, l’altro di cultura.
Dato di costume. Colpisce un certo compiacimento con cui Ferrari chiude il
suo articolo, nel quale loda la sensibilità del governo italiano nel favorire
l’editoria. Sensibilità dimostrata in occasione di un recente incontro con
l’Associazione per i libri. Ma cosa si aspettava, da un qualsiasi governo,
che gli rispondessero che non bisogna leggere?
Dato di cultura. Si riconosce l’assenza di un’assidua lettura nella mancanza
del trionfo della riforma protestante. Come dire: è colpa dei cattolici. Poi
l’Italia è stata fatta tardi e il tasso d’analfabetismo è sempre stato molto
alto. Più altre ragio ni, tutte piuttosto argomentate.
Ma a noi del Narratario è parso più acuto e più degno di nota un breve foglio
che una professoressa della scuola italiana, naturalmente mai ricevuta da
nessun ministro, mai ospitata in nessun Sole, e distante anni luce dagli emolumenti
del dotto e rappresentativo Gian Arturo Ferrari, ma a contatto diretto e quotidiano
con i giovani, che coi libri dovrebbero lavorare, ha divulgato per incuriosire
colleghi e studenti ad andare nella sua biblioteca d’istituto.
n.d.r.
E’ un paese curioso, il nostro. Per fare un piccolo esempio,
ogni anno si pubblicano in Italia smpre più libri. E questo accade dappertutto.
Da noi però si legge poco e, specialmente da quando siamo nell’Europa unita,
sempre più spesso firme più o meno illustri strapazzano gli italiani per la
loro disaffezione alla lettura, tirando in ballo:
- la scuola - of course - incolpata di cancellare il piacere di leggere anche
nei pochi che lo provano d’istinto, anzichè accenderlo nei tanti che non l’hanno
mai provato;
- l’elevato costo dei libri;
- la qualità non sempre eccelsa delle pubblicazioni e il proliferare dei libri-saponetta.
Gli osservatori più clementi scaricano qualche colpa sul clima mite, che invita
a stare all’aperto (ma dimenticano l’inverno). Ad ogni buon conto, gli italiani
continuano a leggere poco. Per le ragioni esposte prima, certamente, ma anche
per coerenza. Perchè la lettura è una forma di ascolto e agli italiani, in
generale, piace molto di più parlare che ascoltare. Molto di più scrivere
che leggere. Senza contare che per noi l’amore per gli alberi (non parliamo
della botanica), non è mai stato di casa e, quanto a bambini, siamo in testa
nella classifica dei paesi che ne sfornano di meno. Ma cosa c’entrano gli
alberi ed i bambini con i libri? C’entrano, perchè piantare un albero e mettere
al mondo un figlio sono i modi più semplici e antichi per lasciare, o per
illudersi di lasciare, una traccia di sè su questa benedetta Terra. In presenza
di un - momentaneo ? - declino delle più tradizionali forme di sopravvivenza,
ci si affida alla Scrittura. Ecco perchè, forse, gli italiani scrivono tanto
e leggono poco. Si può aumentare il numero dei lettori, almeno nel nostro
istituto? L’impresa è ardua, ma chi ama il rischio, la lettura e la scrittura,
passi in biblioteca martedì 9 marzo alle ore 14.
* Maria Maranesi Pace è professoressa di ruolo nella scuola secondaria superiore e da molti anni segue con cura e scrupolo le sorti e l’efficacia della biblioteca del suo istituto.
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