Narcotraffico
e pena di morte valgon bene un viaggio e una messa
di Fabio Trazza
“Non dimentichiamo che nel prossimo millennio, ormai imminente,
l’America sarà il continente con il maggior numero di cattolici”.
E’ un passaggio chiave nel discorso che il Papa ha rivolto a tutti i vescovi
riuniti del Nuovo Mondo nel suo ultimo viaggio, nella settimana appena conclusa.
Basterebbe questa sua considerazione per spiegare perchè il Vaticano dedica
tanta attenzione ai viaggi in terra d’America, che un Papa, visibilmente stanco,
non esita ad accettare come una missione, per giunta faticosa, ma di una fatica
tipicamente umana, anche per un vecchio combattente polacco. E’ segno di uno
spirito missionario l’idea di agitare i grandi temi, per commuovere le coscienze
e quindi muovere gli uomini verso la direzione della povertà, perchè quello
è il luogo dell’incontro che può convertire o invertire il cammino di ogni
uomo. L’idea però di muovere e commuovere tutto un mondo, anzi proprio il
Nuovo Mondo, con i contrasti più stridenti, l’America massima, con il suo
massimo di ricchezza e il suo massimo di povertà, che convivono gomito a gomito,
non è più l’idea di un missionario, ma un progetto titanico. Certamente questo
Papa può assumere progetti più grandi di quanto umanamente si possa concepire,
perchè ha assistito (quando non contribuito) a determinare mutamenti negli
schieramenti mondiali, così radicali da lasciare sgomenti. Che i grandi imperi
possano cadere per sconfitte militari, invasioni e mutamenti culturali, è
cosa comprensibile. Che l’impero sovietico sia crollato, come svanito, come
risucchiato in un incubo, da cui sono emerse povertà e masse prive di strumenti
per orientarsi verso l’autogoverno, è cosa non ancora ben comprensibile a
distanza di un decennio. Questo vuoto ha creato disorientamento nel mondo
e ha fatto venir meno, come per incanto, l’idea, tanto accarezzata dalla modernità,
sin dal settecento, che la pace sia il risultato di un equilibrio di forze.
Oggi c’è forza, ma non c’è equilibrio. Il Papa nel suo viaggio interpreta
il disorientamento contemporaneo e progetta di rassicurarlo. Ricorda la crescente
affermazione dei sistemi democratici e proprio a questi sembra voglia apertamente
chiedere di imboccare la strada che può allontanare dal disorientamento. Il
no alla tortura, il no alla pena di morte inflitta dopo un processo, il no
al traffico dei narcotici, che infliggono la pena di morte dopo un gioco,
sembra dire il Papa, devono essere le conquiste dello stesso processo democratico,
e della ricerca razionale dell’uomo moderno. Sono beni e valori che risalgono
all’epoca dei lumi e che i sistemi democratici non possono tradire. Ma non
si commetta l’errore dei potenti onnipotenti, come gli spagnoli nel seicento,
che stroncarono le comunità di gesuiti che aiutavano gli indios nella ricerca
di una nuova identità. I gesuiti furono espulsi. Ma il vantaggio per gli stessi
spagnoli fu nullo, visto il loro stesso successivo declino. Un viaggio quindi
come missione, ma anche come ammonimento.
Con un gigante è difficile parlare. Tu puoi parlare, ma lui non può ascoltare. Tra i nostri venticinque lettori, tuttavia, una riflessione si impone. Quale contributo potrebbero dare tanti assidui e tormentati viaggi papali, se condotti in terra europea? Oggi l’Euopa non ha più il primato del cattolicesimo. Ma ha un altro primato. Quello di contribuire, unificandosi, non solo economicamente, a determinare un equilibrio vero nel mondo. E a questa impresa sembra che le fatiche non vengano più dedicate. Cattolicesimo, protestantesimo, ortodossia, se intensificassero il dialogo per l’unità delle genti, farebbero rinascere l’anima europea. Non chiediamo altre fatiche. Ma la rinascita di un sogno. Già coltivato dal cardinale Martini, a Milano, per l’Europa.
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