Abbiamo ancora mezzo sacchetto di menta e con questo ce ne andiamo dritti verso Et Tleta Laou Oued, magnifica spiaggia consigliataci da Renato, la guida che sapeva 6 lingue.
Ci si presenta in realtà questo spettacolo: fila di ombrelloni (ognuno con il suo caminetto fumante), sabbia nera e bollente, mare alla temperatura prossima allo zero assoluto e tamburelli sulla battigia alquanto trivella-ciolla.
Scappati dopo un paio d'ore di sole da questa Rimini marocchina, non prima di aver messo su Bob Marley sullo stereo di una compagnia di diciotteni marocchini che in ringraziamento ci hanno offerto che cosa se non il Kif, sulla strada del ritorno rimaniamo stregati dalle gole in cui si insinua l'Oued Laou… e infatti ci scappa il bagnetto.
In uno scenario surreale di un fiume luccicante e limpido, contornato da rocce e macchia mediterranea incontriamo due aborigeni del posto: Abdullate e Mohamed dallo sguardo molto saggio.
Fin da subito gag molto esilaranti tra tuffi, bambini che volano in testa al Fez e difficoltà di comunicare (il concetto di età è qui sconosciuto). Il tutto sotto lo sguardo vigile e attento di un pastore errante dell'Andalusia.Il resto della giornata è dedicato ai ristorantini della città dei balocchi: dopo un momento in terrazza di cultura con Giacomino e Jaime, el Jefe dell'Hashish.
Notevole lo Snack Bon Moubia: gamberoni e brochette da sparo, forse il migliore pasto consumato qui in Marocco. Ritorno in albergo e in ordine: sciolta dello Chef, stellata in terrazza al Kif, tacchinaggio del Berb alla spagnola bionda (Silvia) e riflessione finale sull'altra spagnola ("piscerà in piedi o seduta?" -Africa !-).