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EVENTI: atti di convegni.


Milano - VELOCITY - 19 - 22 NOV 1991 - The bicycles improving mobility and the environment in our cities. (pagg. 194/195 Minutes of the conference) Workshop: J TOURISM

20.3.1997 - F.I.A.B.- Ciclobby - Convegno in Milano:

relazione del Prof. Giacomo Corna Pellegrini: "Turismo in bicicletta"


Milano - VELOCITY - 19 - 22 NOV 1991 The bicycles improving mobility and the environment in our cities. (pagg. 194/195 Minutes of the conference) Workshop: J TOURISM

Angelo Mainetti - A.Ri.Bi./Bergamo: CYCLETOURISM

CICLOTURISMO

1) Che cos’è il cicloturismo? Mi piace definirlo, anzitutto, un “mezzo di comunicazione”: con noi stessi, con chi pedala vicino a noi, con l’ambiente che ci circonda. Per chi ritenga questa definizione troppo psicologica, dirò che il cicloturismo è un modo qualificato di usare la bicicletta. Questa può essere infatti usata “indifferentemente” al posto di altri mezzi di locomozione (e tale fatto è già positivo di per sé, per i suoi vantaggi intrinseci ed estrinseci in quanto mezzo economico, igienico, non inquinante, non ingombrante, agile nel traffico e di uso piacevole), ovvero il suo impiego al posto di altri mezzi può essere frutto di una “scelta ragionata”, quando cioè si vuole perseguire tali vantaggi. In tal caso l’impiego della bicicletta è ancor più rilevante, perché espressivo di una maturazione culturale che ha superato lo standard della stratificata cultura di massa, asservita all’auto. Ora, non par dubbio che il cicloturismo è espressione di questa scelta ragionata, essendo impensabile che una persona si presti ad un’esperienza cicloturistica (assoggettandosi quindi ai suoi innegabili risvolti di minore comodità e di maggiore fatica) semplicemente “per caso” e non, invece, perché convinto della validità di simile esperienza od anche solo per verificarla in concreto e di accertarne le peculiarità riferitegli da chi tale esperienza ha già fatto. Ebbene, proprio perché suscettibile di innescare a sua volta una salutare reazione a catena di ordine comportamentale socialmente rilevante, il cicloturismo esigerebbe grande attenzione e la massima incentivazione dagli operatori politici e dai pubblici amministratori con adeguate iniziative logistico-culturali e promozionali.

2) Una siffatta politica, volta a far leva sulla bicicletta quale mezzo per soddisfare in misura sempre più ampia la naturale vocazione turistica dei cittadini, avrebbe infatti l’ulteriore vantaggio di sottrarre contingenti sempre più numerosi di persona al traffico motorizzato ed alla loro dipendenza dall’auto, almeno nei giorni non lavorativi. Vero è infatti che, anche a livello semplicemente inconscio, il pendolarismo di fine settimana costituisce una fuga dai luoghi di residenza e di lavoro, resi ogni giorno più inospitali: ma tale fuga si riduce assai spesso ad una delusa “speranza” di fuga, proprio perché condizionata anch’essa all’automobile (il cui tollerato abuso nei centri urbani è tra le cause principali del loro degrado e inospitalità) con l’inevitabile traslazione in sede extraurbana di ciò che si voleva lasciare alle spalle - la congestione del traffico, le tensioni ed i pericoli della guida, la nevrosi che ne deriva: il tutto aggravato dalle interminabili code, sorta di pena dantesca dei nostri tempi - cumulandosi così lo stress dei “weekends”, teoricamente dedicati al riposo allo stress dell’affanno quotidiano. Siamo all’attualizzazione della classica metafora del serpente che si mangia la coda! La bicicletta, per contro, pur tenendo conto dei suoi limiti ed anche prescindendo dai suoi già esaminati vantaggi, ha rilevanti potenzialità di superare le suesposte contraddizioni, di soddisfare cioè le avvertite esigenze di un turismo alternativo e famigliare su medie percorrenze, tale da realizzare un’evasione “effettiva” dal quotidiano (specie perché consente il diretto rapporto degli utenti tra di loro e con l’ambiente circostante), da favorire un’efficace “rottura” con lo stesso e con tutti i suoi condizionamenti, da attuare un “salto” culturale qualitativamente positivo.

3) Tutto ciò impedisce di considerare la modesta bicicletta quale retaggio di un superato e nostalgico romanticismo cui guardare con tollerante senso di superiorità: e dovrebbe invece provocare una convinta politica atta a consentirle di esprimere appieno tali sue potenzialità anche nel campo turistico. Purtroppo in Italia quasi nulla è stato fatto sinora in tal senso: basti pensare infatti che tutti coloro che si propongono esperienze cicloturistiche devono prioritariamente concentrare la loro attenzione sull’individuazione di qualche superstite stradina, non ancora sacrificata sull’altare degli allargamenti e delle rettifiche per meglio servire la dea a quattro ruote dell’era moderna e sperare che tale suo sacrificio sia almeno differito nel tempo! Siamo infatti abissalmente lontani dal disporre di “percorsi ciclabili” riservati, quanto meno prioritariamente, alle biciclette, garantiti nella loro sussistenza e riserva a queste ultime. Eppure, in mancanza di siffatte strutture, è impensabile impostare una seria politica di promozione della bicicletta ad uso turistico: non potendosi infatti ragionevolmente contare su schiere di candidati al suicidio o di poeti.

4) Come contemperare, allora, l’esigenza cicloturistica con l’attuale mancanza di indispensabili infrastrutture ciclabili? Una soluzione concreta, economica e di agevole attuazione è quella già proposta da talune associazioni di amici della bicicletta (es.: Bergamo e Milano): disporre cioè, con leggi regionali, che nei giorni festivi (sperimentalmente, dall’aprile al settembre) siano chiuse al traffico automobilistico zone volta a volta diverse e significative per ragioni monumentali o paesistiche del territorio delle Regioni - con esclusione delle eventuali strade di grande traffico in esse ricomprese - di ampiezza tale da consentire percorrenze, tra andata e ritorno, di un centinaio di chilometri ciascuna. Vi è da confidare che questa proposta, ormai da anni sottoposta ai Responsabili delle Regione Lombardia, possa finalmente trovare quell’attenzione che, di fatto, le è stata sinora negata. Di grande importanza, perché è in grado di agevolare il formarsi di una cultura cicloturistica, è il cicloturismo “domestico” o “fuori porta”: ossia, quello attuato da piccoli gruppi di amici durante la bella stagione, al termine della loro attività lavorativa, e consistente nel percorrere distensivamente in bicicletta 15 - 20 chilometri nelle immediate vicinanze del proprio Comune di residenza: possibilmente con sosta per una frugale cena conviviale in qualche trattoria incontrata lungo il percorso. Anche questa forma di cicloturismo sarebbe positivamente incentivata dalla possibilità di orientarsi verso strade minori senza traffico: soluzione che - nell’ottica di una convinta politica promozionale dell’uso della bicicletta (e, di riflesso, di recupero della vivibilità ambientale) - le civiche Amministrazioni potrebbero attuare senza spesa alcuna disponendo la chiusura di tali strade al traffico motorizzato dei non residenti nelle ore serali e notturne. Altre soluzioni - ugualmente agevolate dalla già esistente disponibilità dei suoli - potrebbero consistere nel riattare e destinare al cicloturismo le sedi delle linee ferroviarie dismesse, le strade alzaie lungo fiumi e canali, nonché i tratti - sovente lunghi e pregevoli sotto il profilo paesaggistico - delle vecchie strade sostituite da varianti più idonee alla circolazione automobilistica. Anche queste soluzioni richiedono tuttavia una chiara volontà politica da parte degli Enti che, con le loro decisioni e, se del caso, con i loro interventi finanziari dovrebbero renderle possibili: e l’esperienza insegna che questa volontà politica postula da parte di tutti gli interessati a provocarla - associazioni o cittadini singoli - chiarezza di idee, coerenza e fermezza nei comportamenti, costanza nelle sollecitazioni.

5) Osservo infine - desumendo l’osservazione dalla ormai consolidata esperienza estera - che il cicloturismo, se adeguatamente incentivato, è in grado di innescare un indotto economico di tutto rispetto: sia per gli operatori del settore (rivenditori e operatori di biciclette), sia per i gestori d strutture (alberghi, ristoratori e simili) appositamente riservate ai cicloturisti.

6) Da ultimo, osservo che anche il cicloturista deve dar prova di educazione e di senso di responsabilità: troppo spesso, invece, chi usa la bicicletta a scopo turistico, forse per istintiva reazione allo strapotere delle auto, si comporta con inutile arroganza e disattenzione delle norme del codice della strada, creando inutili e sovente pericolosi intralci alla circolazione e - nelle zone pedonalizzate - agli stessi pedoni. Tutti questi comportamenti irresponsabili devono essere evitati: solo così potrà affermarsi un’auspicabile e seria cultura cicloturistica: e il cicloturismo potrà costituire una valida alternativa al turismo motorizzato, come sarebbe nell’interesse generale.

(Mainetti Avv. Angelo) Milano, 20.11.1991


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Milano, 20 Marzo 1997

F.I.A.B. Federazione Italiana Amici della Bicicletta - CICLOBBY

Convegno su "TURISMO IN BICICLETTA"

Relazione del Professor Giacomo Corna - Pellegrini, Geografo


TURISMO IN BICICLETTA

Il turismo ha ormai assunto in molti regioni del mondo una importanza straordinaria, sia dal punto di vista economico che da quello sociale. I Paesi più economicamente avanzati, ai quali massimamente i turisti si ascrivono, lo annoverano tra le attività in maggiore progressione dinamica; mentre quelli che semplicemente lo accolgono ne vengono a loro volta investiti con grande forza, subendone molti effetti (voluti e non voluti) sui propri costumi di vita.

Fino a non molto tempo fa la crescita continua del turismo era generalmente giudicata fenomeno unicamente positivo: espressione del benessere di chi lo realizza; occasione di aumento dei redditi per chi lo ospita e lo organizza; possibilità di incontri pacifici tra genti diverse. Tutto ciò continua ad essere vero, ma sempre più frequentemente si levano voci ad indicare, accanto agli aspetti positivi, molti problemi che il turismo pone e molti effetti negativi che esso pure produce: degrado ambientale quando si supera la “capacità di carico” dei luoghi turistici; possibile stravolgimento dei modelli di vita delle regioni ospitanti; impreparazione degli stessi turisti a cogliere tutto il significato di quanto essi fanno, viaggiando o soggiornando nei luoghi più diversi, quindi danni psicologici derivanti da esperienze turistiche affrettate e male organizzate.

Si è perciò fatta più pressante la problematica sul “come” il turismo venga realizzato, sulle modalità con le quali esso si svolge, sulle mete da raggiungere, i compagni di viaggio, i mezzi stessi di locomozione con i quali il turismo viene effettuato. E’ a questo proposito che si pone una riflessione sul turismo in bicicletta, che nelle stesse parole indica esplicitamente il mezzo tecnico di cui si avvale, ma assai più ampiamente propone anche una particolarissima modalità di organizzazione dell’attività turistica, nonché dell’avvicinamento che i suoi protagonisti possono realizzare ai luoghi visitati e alle persone incontrate.

Per ragionare su questo tema conviene anzitutto ricordare la diversa “scala” alla quale può svolgersi l’uso turistico della bicicletta: quella locale, nell’intorno della stessa residenza dei suoi utilizzatori, e quella più ampia, per avvicinare luoghi e realtà umane anche molto lontane da essa. In entrambi i casi l’uso stesso della bicicletta come mezzo di trasporto propone comportamenti simili, ma nel secondo caso la stessa lontananza dei luoghi da raggiungere richiede l’uso combinato anche di altri veicoli, per raggiungere i territori dove poi cominciare a pedalare.

In ogni caso, la decisione di usare la bicicletta (da sola o combinata con altri mezzi di trasporto) per fare del turismo si intreccia con tutte le abituali componenti di ogni attività turistica, che sono: la disponibilità di tempo libero; la disponibilità di denaro; l’attrazione verso i luoghi da raggiungere; la possibilità di “godere” quei luoghi percorrendoli, sostandovi, incontrandovi persone, trovandovi ospitalità; infine, l’organizzazione dell’itinerario turistico secondo le sue specifiche modalità realizzative, compresa quella importantissima della scelta dei propri compagni di viaggio.

Rispetto alla disponibilità di tempo libero, la scelta della bicicletta come mezzo di trasporto potrebbe parere, a prima vista, ininfluente. In realtà così non è, perché la semplicità del mezzo stesso e l’abituale vicinanza del suo parcheggio vicino alla propria residenza rendono minimi i tempi necessari per iniziare un allontanamento dalla medesima, che abbia già, in qualche modo, un “sapore” turistico, anche se appena si svolga in un quartiere lontano della propria città, o nella sua periferia, o in un paese vicino.

Rispetto alla disponibilità del denaro necessario per realizzare una esperienza turistica, forse nessun altro mezzo di trasporto è più economico della bicicletta. A parità di distanza percorribile, neppure l’andare semplicemente a piedi è competitivo, rispetto alla pedalata. Su lunghe percorrenze, la combinazione d’uso anche di altri veicoli comporta bensì il prezzo di trasporto del biciclo su di essi, ma ciò è solitamente più che compensato dal risparmio nell’uso, altrimenti necessario, di quegli altri mezzi di trasporto che nelle località turistiche sono abitualmente disponibili, ma a carissimo prezzo.

Entriamo sempre più nella specificità del “turismo in bicicletta” ragionando sulle attrattive che spingono il turista ad intraprendere il suo viaggio. Si tratta di ambienti naturalistici, città, luoghi storici o di interesse artistico il cui godimento comporta un approccio diretto, tanto è vero che, allorquando ci si avvicini ad essi con altro mezzo (aereo, treno, automobile, nave), si deve sempre abbandonare quest’ultimo per un contatto che sarebbe altrimenti impossibile. Dove poi il turismo abbia già raggiunto proporzioni di massa, il distacco da qualunque mezzo di trasporto meccanico è, nella maggior parte dei casi, addirittura obbligatorio. La bicicletta, invece, consente abitualmente un approccio più ravvicinato, nel quale la percezione dell’ambiente naturalistico non è velata da alcuno schermo; mentre l’attraversamento di un territorio urbano, il godimento di suoi caratteri architettonici e urbanistici è immediatamente possibile senza abbandonare il proprio mezzo di trasporto. Solo le visite all’interno di edifici o spazi chiusi richiede, ovviamente, di parcheggiare anche la bicicletta.

Qualcosa va anche detto sulla particolare possibilità che l’uso della bicicletta, come mezzo di trasporto, offre per incontrare altre persone durante un viaggio o un soggiorno turistico. L’immediatezza di quei possibili incontri, rispetto a quelli - ad esempio - di chi viaggia in automobile non ha bisogno di essere illustrata. Ma a ciò si aggiunge, spesso, una certa simpatia che ispira il turista in bicicletta, che si sta “conquistando” con le sue forze un ambiente lontano da casa. Forse non è un caso che anch’io ricordi con ammirazione (e un poco di tenerezza) due anziane signore in bicicletta, che io superai col mio camper mentre percorrevo strade semi desertiche dell’Australia occidentale, in pieno outback.

Anche la ricerca dell’ospitalità nei luoghi turistici ha, per il viaggiatore in bicicletta, una sua specificità: certo non gli sono vietati gli alberghi a cinque stelle, ma gli sono però assai più facilmente avvicinabili, rispetto ad altri mezzi di trasporto, soluzioni ospitaliere di grande semplicità. Bed and breakfast o agriturismo appaiono, ad esempio, in perfetta sintonia col turismo in bicicletta, ed offrono occasioni d’incontro preziose, sia con la gente del posto che con altri turisti.

Lo scambio di esperienze tra culture diverse, appannaggio potenziale di ogni esperienza turistica, diventa inoltre assai più facilmente reale per chi non frapponga, tra sé e i propri ospiti, gli ostacoli di mezzi di trasporto certamente più veloci, ma al tempo stesso vissuti talora da questi ultimi come più “aggressivi”, e comunque come espressione di modi di vita troppo lontani per essere avvicinati.

Anche l’organizzazione, per così dire, “tecnica” del viaggio in bicicletta ha sue specificità che meritano d’essere ricordate. La prima è l’immediatezza della sua possibile realizzazione, senza alcuna mediazione che ne condizioni i tempi o le scadenze dei trasporti, nonché la loro eventuale prenotazione. In secondo luogo va rilevata la estrema flessibilità degli itinerari e dei loro tempi, consentita dal turismo in bicicletta. Chiunque abbia esperienza di viaggi altrimenti organizzati, soprattutto di viaggi di gruppo, sa quanto sia stressante il doversi adattare alle “gabbie” temporali e spaziali entro le quali essi necessariamente si svolgono. Poter sostare qualche ora di più in un luogo gradito o infilarsi in una strada secondaria per riconoscere realtà forse meno appariscenti, ma più “vere”, è soltanto possibile a chi abbia autonomia sufficiente per farlo, come abitualmente consente, appunto, il viaggiare in bicicletta.

Anche la scelta giusta dei propri compagni di viaggio (così delicata e importante) appare, nel turismo in bicicletta, non certo automaticamente e positivamente risolta, ma almeno in qualche modo facilitata. La stessa progettazione di una modalità di turismo siffatto garantisce, infatti, una certa omogeneità di approccio a quella esperienza, una similare sensibilità all’incontro con realtà diverse, un comune apprezzamento per la vita all’aria aperta: elementi tutti preziosi per chiunque, viaggiando, non voglia subire la fatica di compagni di viaggio la cui ottica sia troppo lontana dalla propria.

Accanto a questi aspetti positivi del turismo in bicicletta è peraltro doveroso ricordare anche altri aspetti più problematici. Anzitutto vi è una limitazione delle distanze percorribili, ovviamente proporzionate ai tempi comportati dall’andare in bicicletta, nonché dalla fatica fisica che ciò comporta. Per quanto ben ripagato dai vantaggi alla salute che derivano dall’esercizio fisico, ciò comporta limitazioni di movimento che sono comunque sensibili. almeno rispetto ad altri mezzi di trasporto meccanici.

Un altro problema, soprattutto nelle aree urbane, è quello della convivenza, sulle medesime platee stradali, con mezzi più veloci, più ingombranti, talora fortemente inquinanti, con i quali bisogna confrontarsi in ogni momento. A questo proposito, la separazione delle piste ciclabili dalle strade carrozzabili diventa una evidente necessità.

Anche la segnaletica stradale e la cartografia turistica, solitamente pensate soltanto per gli automobilisti, può costituire una difficoltà per chi scelga invece la bicicletta come mezzo di trasporto. Mancano, infatti, in quegli strumenti d’informazione, indicazioni preziose di percorsi alternativi (talora bellissimi), che soltanto il ciclista può permettersi di seguire. A questo proposito sono però ormai in atto esperienze molto interessanti in varie parti d’Italia e del mondo per adeguare queste indicazioni ad una loro utilizzazione più variegata.

Tornando ora a quegli elementi di preoccupazione - ricordati all’inizio - che il dilagare disordinato e massiccio del turismo può suscitare, si possono fare alcune considerazioni conclusive.

Anzitutto, per ciò che riguarda i pericoli che il turismo possa degradare l’ambiente risulta chiaro quanto i ciclisti siano estranei al problema. Essi non lasciano tracce, non inquinano l’atmosfera, occupano spazi enormemente minori di qualunque altro mezzo di trasporto. Ipoteticamente, soltanto un loro sovraffollamento potrebbe causare qualche disagio, ma ciò sarebbe forse possibile, semmai, in un contesto cinese o vietnamita, non certo in quello europeo, dove problemi di questo tipo sono invece frequenti e tipici di un esasperata mobilità automobilistica individuale.

Anche rispetto all’impatto che il turismo esercita sulle regioni ospitanti (soprattutto quelle a livello di vita molto inferiore alla media dei turisti), il viaggiare in bicicletta non elimina del tutto, ma certo attenua di molto confronti troppo estremi, che in troppi altri casi risultano quasi “scandalosi”. I ciclisti mostrano, con il loro stesso pedalare e con la semplicità del mezzo di trasporto prescelto, una certa umiltà, un desiderio di non stupire per la smodata abbondanza dei loro bagagli o della cilindrata della loro macchina. E’ questo un presupposto importante per entrare positivamente in colloquio con gente che, soprattutto nei Paesi sottosviluppati, è spesso al limite della sopravvivenza. Comunque, non è certo l’arrivo di turisti in bicicletta quello che può stravolgere i costumi locali di vita (naturalmente se i ciclisti sono poi coerenti al loro stile di semplicità anche una volta scesi di sella).

L’eventuale impreparazione degli stessi turisti all’esperienza del viaggio resta un problema anche per chi lo affronti in bicicletta; anzi, a quella psicologica può aggiungersi anche l’eventuale impreparazione fisica ad affrontare adeguatamente gli sforzi necessari. Per quanto attiene l’attenzione a ciò che può attendersi dal viaggio, in termini d’incontro culturale, valgono per tutti delle buone letture e una adeguata sensibilità all’incontro con tutto ciò che è nuovo. Per chi il viaggio lo compia in bicicletta può però dirsi, almeno, che l’attraversamento pacato e relativamente lento di un territorio consente di percepirne adagio adagio i caratteri naturalistici, i profumi , le atmosfere; nonché, almeno in certa misura, gli stessi caratteri antropici. Tutto ciò è ben più difficile per chi sfrecci a velocità sostenuta sulla propria macchina, oppure si limiti sostanzialmente a guardare paesaggi fuggevoli, dal finestrino di un autobus o di un treno.

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