Terra di laghi e di vulcani (un po'
di geografia del Nicaragua)
Il Nicaragua deriva il proprio nome dalla popolazione indigena dei Nicarao
(di origine náhuatl) ed è collocato proprio al centro della
Grande Depressione centroamericana. È il più grande fra i
paesi dell'istmo
ed, al contempo, il meno popolata (secondo i dati del censimento del 1995,
gli abitanti sono 4.100.000). La popolazione è composta prevalentemente
da meticci (oltre il 70%), da alcune minoranze etniche mescidate durante
i secoli con gli schiavi africani (9%), da un certo numero di bianchi (soprannominati:
«cheles») e da amerindi.
Il territorio di questo paese fa parte di una delle zone geologicamente
più instabili e più «giovani» della Terra: la
struttura dell'istmo centroamericano inizia infatti a delinearsi nel Miocene
e, nel corso del tempo, consente l'unione dei due subcontinenti americani
grazie soprattutto all'intensa attività vulcanica connessa
con la grande orogenesi che porta alla formazione delle possenti catene
montuose lungo tutta l'area del Pacifico. Del resto, l'intero istmo centroamericano
a tutt'oggi non è ancora completamente assestato, data la consistenza
dei fenomeni
vulcanici e la perenne instabilità sia del suolo che del mare.
In Nicaragua si situa l'elemento strutturale più caratteristico
dell'istmo: la Grande Depressione, ossia un ampio solco tettonico che può
essere considerato come l'autentico confine fisico fra il mondo nordamericano
e quello sudamericano: segna nettamente il confine geologico fra i due
continenti, i quali iniziano a fondersi soltanto dopo la loro congiunzione.
Questa depressione rappresenta un fondamentale elemento divisorio anche
per il Nicaragua stesso, dato che separa due aree diversissime per estensione,
geomorfologia e popolamento. La vasta Depressione che parte dal Golfo de
Fonseca e giunge sino al río San Juan (per poi proseguire in Costa
Rica) è l'area più popolata e fertile del paese.
Se geologicamente l'unione fra le due Americhe è in certo qual modo
recente, dal punto di vista bio-geografico è sufficientemente antica
(circa due milioni di anni) da rendere possibile il passaggio nei due sensi
sia di specie vegetali che animali. Ciò chiarisce perché
in Nicaragua convivano specie caratteristiche di entrambi gli emisferi
ed è il punto di confluenza di etnie precolombiane
di diversa provenienza.
Inoltre, proprio i suoi aspetti geografici rivestono una speciale importanza
nella storia di questo paese, come vedremo più in dettaglio nella
terza parte di questo opuscolo, dato che la sua particolare posizione risveglia
per più di tre secoli l'interesse di varie potenze economico-politiche,
principalmente per la possibilità di costruire un canale
interoceanico fra l'Atlantico ed il Pacifico, per il passaggio di merci
e di passeggeri da un lato all'altro del continente.
I pochi chilometri del litorale del Pacifico (sedici, per la precisione),
rendono possibile la realizzazione di un canale con un investimento economico
veramente irrisorio. Per il resto del collegamento vi sono il Cocibolca
ed il río San Juan. Non sorprende, quindi, che durante vari secoli
in molti pensino alla possibilità di ricongiungere i due oceani
proprio attraverso questo paese.
Il Nicaragua ha la forma di un trapezio irregolare ed occupa una posizione
strategica nella regione centroamericana: confina a nord con l'Honduras
(530 Km.), a sud con il Costa Rica (220 Km.), ad est con l'Oceano Atlantico
e ad ovest con il Pacifico. Come tutti i paesi centroamericani (escluso
El Salvador), anche questo si affaccia sui due oceani.
Dati precisi sull'estensione del paese, non esistono, sia perché
misurazioni accurate non vengono mai effettuate, sia perché i confini
con l'Honduras non sono ancora ben stabiliti, nonostante la Corte internazionale
di giustizia dell'Aja nel 1960 tenti di risolvere l'annosa e controversa
questione delle frontiere settentrionali nicaraguensi.
Solamente i confini meridionali hanno una fisionomia precisa, in virtù
degli accordi del 1888 con il Costa Rica, i quali stabiliscono che le frontiere
fra questi due paesi deve correre ad una distanza compresa fra i due ed
i dieci chilometri al sud del Lago Nicaragua e del suo emissario (il río
San Juan).
La superficie territoriale del paese è di 128.875 Kmq. (escludendo
le acque interne) con poco più di quattro milioni di abitanti, per
cui la densità media è di 31,5 abitanti per chilometro quadrato.
In realtà, però, circa il 90% della popolazione vive sulla
costa del Pacifico e circa un quarto nella capitale (Managua).
La diversità etnica dell'attuale popolazione nicaraguense deriva
da evidenti ragioni storiche. Su un sostrato di popolazione indigena che,
come si vedrà nella terza parte di questo opuscolo, è già
in origine soggetta a numerose migrazioni, confluiscono due etnie di provenienza
assolutamente diversa: gli spagnoli, di razza bianca e di provenienza europea,
e gli afrocaraibici, di razza nera e di provenienza africana. Come risultato
di questi tre flussi migratori, gli spagnoli si installano inizialmente
nella regione del Pacifico e nelle terre alte centrali, mescolandosi con
gli abitanti indigeni di origine mesoamericana; i gruppi afrocaraibici
si installano in vari enclaves, soprattutto nelle vicinanze di Bluefields,
mescidandosi in molti casi con i mískitos. La popolazione
india che non si mescola, nel corso dei secoli scompare totalmente dalla
costa del Pacifico, è molto ridotta nell'altopiano centrale e si
mantiene, sebbene in fase recessiva di fronte alla colonizzazione bianca,
nelle pianure dei Caraibi.
Il gruppo etnico che subisce la maggior crescita demografica e si estende
territorialmente più degli altri, è senza dubbio quello dei
meticci. Infatti, la popolazione del versante del Pacifico si presenta
in modo molto omogeneo, con un assoluto predominio di meticci, mentre sul
versante orientale dell'altopiano centrale, così come nelle pianure
e nelle coste dell'Atlantico, si concentra maggiormente la popolazione
indigena (mískitos, sumus, ramas e garifonas).
D'altro canto, la popolazione nicaraguense rivela profondi squilibri fra
i vari dipartimenti (regioni) e fra le tre grandi aree del paese: il Pacifico,
l'altopiano centrale e l'Atlantico. A livello geografico, infatti, vi sono
tre zone ben distinte fra loro: la regione del Pacifico, quella settentrionale
e quella atlantica. Poco meno della metà del territorio è
coperto da foreste, soprattutto nella parte orientale del paese.
L'area del Pacifico, ossia quella di minor estensione territoriale, comprende
appena il 14% del paese ma, ciò nonostante, è la più
densamente popolata, con oltre cento abitanti per chilometro quadrato;
la regione centrale (che occupa circa il 30% del territorio nazionale)
presenta una densità di circa ventitré abitanti per chilometro
quadrato e nella regione atlantica (la quale occupa oltre la metà
della superficie del paese) vive solamente il 10% della popolazione, con
una densità estremamente bassa: appena quattro abitanti per chilometro
quadrato.
Il paese è costituito da un vasto altopiano di circa mille metri
d'altitudine media, il quale degrada lentamente verso il Mar dei Caraibi,
dove si apre una costa bassa, spesso paludosa, orlata da una fitta vegetazione
tropicale. Verso il Pacifico, invece, la fascia costiera è ripida
e dominata da una catena di numerosi coni vulcanici di notevole altezza.
La costa del Pacifico (450 Km.) è in alcuni tratti sabbiosa e rocciosa,
mentre in altri è pantanosa. Le zone
sabbiose sono ovviamente le più frequentate: Poneloya,
Pochomil, Casares, Masachapa e San Juan
del Sur, sono le maggiori località balneari del paese, estremamente
frequentate. Il litorale atlantico è molto più esteso (550
Km.) ed il mare è meno profondo, mentre le coste sono basse.
La costa occidentale inizia dalla Punta san José, nel Golfo de Fonseca
e termina nella Bahía de Salinas, confine con il Costa Rica.
Le pianure del Nicaragua, in origine costituiscono il fondo di mari o di
laghi, in seguito riempiti dalle numerose eruzioni vulcaniche, dai terremoti
e dai maremoti.
Quella del Pacifico (di origine vulcanica e quindi molto fertile) è
stretta, corre parallela alla costa e si estende sino ai laghi; la catena
dei vulcani inizia dal Cosigüina (845 m.) e si conclude con il Mombacho
(1.345 m.), la attraversa penetrando nei due grandi laghi. Molti di questi
vulcanisono
famosi per le loro violente eruzioni: il Cosigüina, il Momotombo (1.258
m.), il Santiago (1.363 m.), il Masaya (660 m.) ed il Mombacho. Altri vulcani
sono: il San Cristóbal (1.745 m.), il Concepción (1.610 m.),
il Telica (1.060 m.) ed il Maderas (1.394 m.). Il Cosigüina, nel 1835,
causa la più grande esplosione dell'emisfero occidentale, proiettando
nell'aria ben 25 Km. cubi di materiale vulcanico.
Cerro Negro
Momotombo
Concepción
Del resto, quest'area è ancora in fase di assestamento e, pertanto,
è estremamente soggetta a frequenti e spesso disastrosi fenomeni
eruttivi (come quelli del Cerro negro nel 1992 e nel 1995) e sismici (terremoti
di Managua nel 1931 e nel 1972, maremoto
lungo tutta la costa occidentale nel 1992).
Le tre aree in cui è divisibile il paese, presentano fra loro sostanziali
differenze, non solo dal punto di vista geografico, ma anche da quello
delle tradizioni culturali, sociali ed etniche, come vedremo meglio in
seguito.
La costa del Pacifico è pianeggiante e fertile, intensamente coltivata
con vari prodotti destinati soprattutto all'esportazione; è senza
dubbio la parte più ricca e popolata del paese, dove si trovano
anche le città maggiori. La piovosità è scarsa e concentrata
soprattutto fra i mesi di maggio e novembre, mentre la media della temperatura
è compresa fra i 27° ed i 30° C.
Questa fertile pianura consente pertanto lo sviluppo di un'agricoltura
meccanizzata, rivolta essenzialmente all'agroesportazione: banane, cotone
e canna da zucchero. Il boom del modello agroesportatore degli Anni Cinquanta
e Sessanta, basato soprattutto sul cotone e sull'allevamento estensivo,
in realtà provoca un rapido disboscamento di tutta questa area.
L'uso intensivo di pesticidi e di concimi chimici (in concentrazioni sempre
crescenti e seriamente dannose sia per gli esseri umani che per l'ambiente),
accanto alla scarsa preoccupazione per la salvaguardia e la migliore utilizzazione
del suolo, fa sì che il versante del Pacifico sia oggi considerato
una zona a forte degrado ambientale.
Verso l'interno, al di là di una fascia di basse colline, il territorio
presenta una serie di altopiani profondamente incisi dall'erosione e sovrastati
da alcune dorsali disposte a ventaglio. Il centro del paese è
infatti montagnoso e copre una superficie pari a circa un terzo di tutto
il territorio. Da Managua, prendendo la Carretera
panamericana in direzione nord, ci si dirige verso questa zona montagnosa,
la quale occupa la parte centro-settentrionale del paese sino alla frontiera
con l'Honduras: qui vi predominano la coltivazione del caffè e l'allevamento
bovino, ed è l'area più difficile e povera del paese, sia
per le condizioni di asperità del territorio, che per le difficoltà
di comunicazione ed un'agricoltura ancora notevolmente arretrata. Tradizionalmente
vi si produce il caffè, importante prodotto di esportazione. Il
clima è fresco e le precipitazioni sono abbondanti per circa nove
mesi all'anno (da maggio a gennaio).
La zona del Pacifico e quella montagnosa sono quelle che maggiormente si
identificano con l'intera nazione, non solo perché sono le zone
più densamente popolate e vi si trovano le maggiori città,
le più importanti vie di comunicazione, ma anche perché è
qui che si trova la totalità della struttura produttiva del paese.
Una catena di circa cinquanta vulcani, divide a nord-ovest la fascia degli
altopiani che dominano la parte centrale del paese e si prolunga anche
all'interno del Lago Nicaragua, in mezzo alle cui acque forma il pittoresco
gruppo di Ometepe-Maderas, che erge
maestoso le sue cime ancora attive.
Come si è detto poco sopra, la pianura dell'Atlantico è la
più estesa e la sua terra è calda ed umida. La Costa Atlantica
comprende le grandi foreste e la parte caraibica del paese; si tratta di
una zona di difficile accesso, quasi priva di strade (le uniche esistenti
sono comunque sterrate), scarsamente popolata ed agevolmente percorribile
solo per via fluviale. Il clima è caldo-umido, con abbondanti precipitazioni.
Questo territorio è da sempre storicamente separato ed isolato dal
resto del paese: dopo la Conquista subisce la
colonizzazione inglese, sostanzialmente diversa dal modello di sfruttamento
spagnolo (anche se con identici obiettivi) e poi quella statunitense. Più
che sulla distruzione delle culture autoctone e sul violento assoggettamento
delle popolazioni, la colonizzazione britannica si basa, infatti, sul commercio
e sulla costituzione di un «rapporto di fiducia» cementato
dall'illusione che viene lasciata ai mískitos di continuare
ad autogovernarsi.
La costa orientale è bassa e sabbiosa ed in vari punti è
contrassegnata da paludi e lagune: da Cabo gracias a Dios (confine con
l'Honduras), le lagune si susseguono quasi ininterrottamente sino a quella
di Perlas. Più a sud si giunge alla baia di Bluefields
e, superata la Punta Mico, si incontra l'ultima insenatura prima di giungere
al Costa Rica: la baia di San Juan del Norte.
Nel periodo di auge della pirateria caraibica, tutta la costa atlantica
dell'America Centrale è un vero e proprio punto di forza sia per
gli olandesi che per gli inglesi: le sue coste sinuose, ricche di anfratti
e baie (veri e propri ripari naturali per le navi di piccolo tonnellaggio),
costituiscono infatti un ottimo rifugio naturale per gli uomini dediti
ai colpi di mano ed alle incursioni sia in mare che in terraferma.
La Costa Atlantica occupa il 56% del territorio nicaraguense, con una popolazione
che a malapena raggiunge le cinquecentomila persone. Con i suoi sessantaseimila
chilometri quadrati, rappresenta però una realtà sociale,
etnica, culturale ed economica estremamente diversa dal resto del paese.
La maggior parte della popolazione, distribuita in comunità, pratica
un'agricoltura di pura sopravvivenza e sviluppa un'economia basata sul
commercio e la vendita dell'eccedenza di prodotti agricoli, la pesca e
l'allevamento. Il lavoro salariato deriva dallo sfruttamento forestale,
dall'estrazione dell'oro, dall'agricoltura (palma africana, palma da cocco,
arachidi).
Questa parte del paese è coperta da fitte foreste, estremamente
ricche di alberi pregiati, il cui legname viene per secoli rapinato dalle
compagnie multinazionali: il mogano, il ciliegio tropicale, il caucciù,
il palissandro, il bambù ed il pino caraibico. Proprio questa fitta
foresta tropicale aiuta notevolmente la resistenza degli indigeni che abitano
la Costa Atlantica e perciò gli spagnoli non riescono mai a colonizzare
questa parte del paese.
Il Nicaragua è attraversato da numerosi fiumi, ma i più importanti
sono quelli che sfociano nell'Atlantico. Vi sono un centinaio di corsi
d'acqua che confluiscono nei ventitré fiumi che si gettano nel Mar
dei Caraibi, nei diciotto tributari del Pacifico e nei quarantacinque dai
quali è alimentato il Lago Nicaragua.
Il fiume più lungo del paese è il río Coco (725 Km.)
che, a seconda delle zone che attraversa, muta varie volte la propria denominazione:
Wanks, Segovia, Somoto, Cabrigal, Oro. Lungo le sue sponde, sia in Nicaragua
che in Honduras, vivono i mískitos. Altri corsi fluviali
sono il Cuculay, il Prinzapolka (251 Km.) ed il río grande de Matagalpa,
che sfociano nell'Atlantico; nel Pacifico, invece, si getta l'Estero real.
Il río Coco segna buona parte del confine con l'Honduras, mentre
il río San Juan (Km. 199) fa da frontiera con il Costa Rica e, grazie
al fatto di essere ampio e calmo, è completamente navigabile: nel
XIX secolo è la rotta seguita dai cercatori d'oro statunitensi per
entrare ed uscire dal Nicaragua.
I laghi più importanti sono: il Xolotlán (o Managua), con
una forma simile al numero otto ed una superficie di circa 1.140 Kmq. Le
sue acque sono fangose poiché contengono sedimenti vulcanici, ma
anche perché vi finiscono le acque di scolo della capitale. Il lago
Cocibolca (o Nicaragua), posto al centro della Grande Depressione, con
i suoi 8.430 Kmq. è il più grande dell'America Latina (il
ventunesimo per estensione su tutta la Terra), è ricco sia come
fauna che come flora. In esso vive persino una qualità particolare
di pescecane ed una di pescesega (gli unici al mondo in acqua dolce). All'interno
del Cocibolca (che in lingua originaria significa: «il dolce mare»)
vi sono oltre quattrocento isole ed isolotti.
Un tempo questi due laghi (che comunicano fra loro attraverso il río
Tipitapa) costituiscono un'insenatura della costa del Pacifico, ma l'accumulo
di materiale dovuto all'intensa attività vulcanica li separa progressivamente
dall'oceano.
Il Cocibolca si trova proprio al centro della Grande Depressione e, rispetto
al livello del mare, è ad un'altezza di trentaquattro metri; in
rapporto al vicino Xolotlán, tende costantemente ad abbassarsi,
il che testimonia che il processo di «affondamento» del versante
caraibico è tuttora in atto.
La maggior parte degli altri laghi presenti sul versante del Pacifico è
di origine vulcanica.
Il Nicaragua è quindi una terra di laghi e di vulcani. Questi ultimi
recano beneficio al paese in vari modi: con la cenere che fertilizza i
campi e con l'energia geotermica racchiusa al loro interno: inoltre, rappresentano
forme spettacolari che caratterizzano il paesaggio naturale.
Come in tutti i paesi tropicali, anche qui vi sono solamente due stagioni:
una piovosa (chiamata inverno) e l'altra secca (chiamata estate), che hanno
caratteristiche fra loro ben distinte. Occorre dire che, pur essendo nell'emisfero
settentrionale, i nicaraguensi chiamano inverno la stagione delle piogge,
anche se ufficialmente è estate. In «inverno» (maggio-novembre)
piove infatti con maggior frequenza; la vegetazione, i campi e le coltivazioni
sono verdi; il bestiame ingrassa maggiormente poiché non soffre
la sete e produce anche una maggior quantità di latte; fiumi e laghi
in questa stagione aumentano notevolmente la loro portata. In «estate»
(dicembre-aprile), invece, la vegetazione si secca; i fiumi più
piccoli diminuiscono la loro portata o si seccano completamente; in questo
periodo la temperatura è a volte decisamente soffocante (soprattutto
nella settimana di Pasqua).
Il clima è dunque vario. Nella zona del Pacifico è caldo
e secco, e viene chiamato «clima della pianura o tropicale».
In questa zona del paese, l'estate dura sei mesi. La zona centrale presenta
un clima più gradevole, temperato ed umido. La regione dell'Atlantico
è, invece, caratterizzata da piogge abbondanti, per cui ha un clima
tropicale umido. In sintesi, la piovosità è molto più
abbondante e costante nelle aree esposte all'eliseo di nord-est e quindi
nelle fasce orientali del paese (zona caraibica), mentre va diminuendo
verso l'interno ed è abbastanza scarsa sulla costa del Pacifico.
Le differenze climatiche, unitamente alla diversità dei suoli, determinano
naturalmente i vari tipi di vegetazione. Il bosco umido tropicale ricopre
le pianure atlantiche, costituendo una vera e propria «foresta pluviale»
che si prolunga sia verso l'Honduras che il Costa Rica. Al suo interno
è presente una straordinaria ricchezza biologica che mantenuta sostanzialmente
intatta lungo il corso dei secoli, ma che un intervento umano irrazionale
potrebbe danneggiare in maniera irreversibile.
Dall'estremo nord del litorale caraibico si estende una delle formazioni
vegetali più caratteristiche della Costa Atlantica: la zona dei
pini dei Caraibi (Pinus caribaea) che, nei pressi di Bluefields,
raggiunge i suoi limiti meridionali nell'emisfero nord. Le terre alte,
da Las Segovias sino a Matagalpa,
sono coperte da boschi di conifere e pinete che toccano in questa zona
il loro limite meridionale.
In Nicaragua vivono molte specie animali, come l'ocelot (un felino dalla
bellissima pelliccia, il pécari, il coatí, formichieri, scimmie
di vario tipo, tapiri, bradipi; non mancano, naturalmente, giaguari, puma, coccodrilli
e serpenti di vario tipo (alcuni, come il Corallo, anche molto velenosi).
Fra i volatili, vi sono pappagalli di varie grandezze e colori, il pellicano
bianco, le gru e le cicogne. Nelle acque marine vivono squali, testuggini,
crostacei e varie specie di pesci.
L'agricoltura è la base dell'economia ed in questa attività
produttiva è occupato oltre un terzo della forza-lavoro; dato però
che il terreno arativo e le culture arborescenti occupano solamente il
9,8% della superficie territoriale, l'agricoltura si pratica su aree limitate
e si producono soprattutto caffè e banane, in minor misura cacao
e canna da zucchero. Il prodotto maggiormente esportato è il caffè,
mentre l'importante industria del cotone negli ultimi decenni perde progressivamente
la propria importanza. Nelle zone elevate si allevano bovini in gran numero.
Sul versante atlantico si estraggono minerali (oro, piombo argentifero).
Le sole industrie notevoli sono quelle minerarie e dello zucchero. Per
importanza, quello manifatturiero è il secondo settore economico
ed occupa circa il 20% della forza-lavoro.
Il Nicaragua, come si può vedere nella parte
storica, è un paese dalla storia eccezionalmente travagliata:
guerre civili ed interventi militari stranieri (soprattutto statunitensi),
sono all'ordine del giorno e la presenza di forti interessi stranieri nell'economia
nazionale, rappresenta, pertanto, un ostacolo allo sviluppo organico ed
armonico dei vari settori produttivi e determina una serie di crisi periodiche
che incidono sfavorevolmente sia sul tenore di vita della popolazione che
sullo sviluppo complessivo del paese.
Il Nicaragua è il più povero ed arretrato fra i paesi dell'istmo
centroamericano, soprattutto a causa dei gravi squilibri del suo apparato
produttivo, strutturalmente corrispondenti a quelli sociali e territoriali.
Per lunghi decenni i proventi dell'economia nazionale sono totalmente finalizzati
ai profitti di caste ristrette, senza minimamente contribuire al progresso
dell'insieme del paese.
In realtà, per parecchi decenni l'economia di questo paese dipende
in misura notevole dagli Stati Uniti: buona parte delle ricchezze minerali
e forestali vengono, infatti, sfruttate da compagnie nordamericane e canadesi,
le quali, soprattutto sotto il regime somozista, beneficiano di contratti
assai favorevoli. Persino la quasi totalità delle esportazioni,
sino al 1979, è diretta verso il grande e potente vicino del nord,
dal quale, a sua volta, il Nicaragua importa prodotti industriali, macchinari
e combustibile. Tutta la struttura produttiva è gravata proprio
dall'ingente e vincolante presenza del capitale nordamericano che, sino
al 1979, riduce il paese ad un ruolo economicamente subordinato.