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Anno I n.21 Internet 01/08/2000
Napster, riflessioni
a freddo
Il caso Napster
ha risvegliato anche l'interesse dei media tradizionali che, con la solita approssimazione,
dovuta stavolta più che altro a ignoranza, si sono occupati diffusamente dell'accaduto.
Nei giorni successivi al polverone, mentre molti si sono sentiti sollevati dalla
proroga concessa dal giudice che di fatto rinvia una possibile chiusura, si
impongono e si sovrappongono le riflessioni.
Ieri, in un articolo
molto preciso Massimo Mantellini ha sottolineato alcuni aspetti della vicenda
Napster ed espresso una visione dei fatti che in alcuni punti condivido.
In sintesi ha sottolineato la delusione di chi, il fondatore di Napster Shawn
Fanning, il CEO e i Venture Capitalist, aveva investito sul potenziale di un'idea
rivoluzionaria ed era sul punto di incassare i sostanziosi ritorni economici
che la stessa prometteva. Questo è comprensibile ed è un punto importante dell'intera
vicenda.
Il comportamento dell'azienda Napster è stato fin qui simile a quello di un
Giano Bifronte: da un lato, consapevole di basare il suo successo sulla condivisione
di file protetti da copyright (su questo si basano i 20 milioni di iscritti
al sistema e i rapporti con gli stessi, verso i quali si sono sempre usati toni
da amici e spesso complici); dall'altro lo start-up di San Mateo, CA, cercava
di tessere accordi con discografici e artisti, cercando di far passare l'idea
che il suo era un metodo con cui si promuovevano artisti poco noti. Arrivando
addirittura a voltare le spalle a centinaia di migliaia di iscritti, come avvenuto
con la vicenda Metallica. In quel
caso Napster, minacciato dalla Band di ritorsioni legali, espulse centinaia
di migliaia di propri iscritti, che erano stati segnalati dai Metallica stessi,
colpevoli di possedere copie delle loro canzoni. Questo comportamento segnò
una volontà di prendere le distanze dai propri iscritti colpevoli di violazione
della legge sul copyright, come se non fosse noto a tutti che il successo dell'idea
era proprio basato su quello.
Sempre nell'articolo citato si parla di sacrosante ragioni della RIAA, che cerca
a tutti i costi (anche a quello dell'impopolarità) di rallentare, rimandare
e ritardare il diffondersi di un fenomeno che porterà ad una probabile riduzione
dei loro profitti, fin qui stratosferici. Questo può essere vero e comprensibile
da un lato, anche se bisogna riflettere sulle possibilità di boicottaggio, che
sono reali e porterebbero a perdite consistenti e immediate nelle entrate delle
major discografiche.
Le petizioni presentate e firmate da moltissimi fan hanno mostrato a tutti,
anche in Italia, che il potere è in mano ai fan/consumatori di musica. E mentre
le testate nazionali, le TV, le radio, si affrettavano a descrivere i ragazzi
come dei piccoli hacker e sicuramente dei fuorilegge, cercando di non deludere
le aspettative dei discografici italiani, gli stessi si sono trovati travolti
da un fenomeno che li ha trovato completamente impreparati. Di qui le conseguenti
interviste di "funzionari" delle associazioni dei discografici, dalle quali
traspariva una non conoscenza del fenomeno e quindi del "nemico". Sembravano
figure tristi uscite dai filmati in bianco e nero degli anni '70. Incredibile
pensare che siano gli stessi che manovrano decine di star nostrane che giocano
a fare i trasgressivi, salvo essere pronti a dichiararsi soddisfatti della decisione
di chiudere Napster.
In pochi hanno pensato al problema (boomerang) del danno d'immagine derivante
dal sostenere la linea a favore della chiusura. Ne sanno qualcosa i Metallica
e il rapper Dr.DRE, che per primi hanno iniziato la battaglia legale contro
Napster e ora si ritrovano con un vistoso calo nelle preferenze di molti dei
loro stessi fan, che prima non li avrebbero mai traditi e ora giurano che non
compreranno più i loro CD.
Meglio han fatto quelle Band e artisti che hanno dato il loro supporto alla
"causa" consapevoli del fatto che i loro ricavi non ne avrebbero risentito.
Infatti una delle contromosse di Napster è stato il tentativo di "Boicottaggio
al contrario" detto Buycott, che propone l'acquisto dei CD degli artisti amici,
per mostrare alle case discografiche il potere dei consumatori, che poi sono
quegli stessi ragazzi che vengono chiamati ladri dalla RIAA.
Ancora nell'articolo viene sottolineato da più parti come i ragazzi si siano
gettati sui cloni del Napster, ovvero su quei programmi che permettono la condivisione
dei file, ma non sono stati ancora toccati dalle citazioni targate RIAA. Quasi
a sottolineare la promiscuità degli stessi giovani fedeli alla causa, ma non
a Napster.
Questo non è a mio avviso corretto. Infatti se da un lato si è notato un tributo
di profonda fedeltà degli utenti verso chi ha inventato il sistema (e questo
forse non l'hanno ancora capito bene neanche nei quartier generali dell'azienda
a San Mateo, dato che è questo il vero patrimonio di Napster, che potrà di certo
essere un giorno monetizzato), dall'altro si sono notati segnali di prudenza
e di corsa ai ripari anche da parte dei promotori dei sistemi concorrenti.
Ad esempio Cute-Mx ha temporaneamente
ristretto gli accessi al suo sistema di condivisione file. Questo come conseguenza
della preoccupazione per possibili ritorsioni da parte dei giudici.
La RIAA infatti, per ora, non si preoccupa di citare tutti in giudizio e, dato
che vuole creare un precedente, concentra tutti i suoi sforzi contro Napster.
Di certo per poter poi proseguire con maggior forza contro tutti gli altri.
Insomma la supposta ingratitudine dei fan di Napster è tutta da dimostrare,
per questo si possono leggere gli interessantissimi commenti postati insieme alla firma nella petizione "Mp3
is not a crime!" a favore di Napster.
Se negli uffici di San Mateo realizzano che c'è un consistente premio fedeltà
su cui fare leva, la supposta tristezza sparirà dai loro volti, quando vedranno
di nuovo arrivare quei soldi che sembravano perduti per sempre. Non hanno solo
inventato un sistema rivoluzionario per far crollare il potere delle case discografiche,
ma hanno applicato alla perfezione una delle regole auree del web-marketing:
creare una comunità fedele al sito e alle proposte dello stesso. In questo Shawn
Fanning è riuscito alla perfezione, probabilmente senza volerlo. Come spesso
è accaduto nelle favole che Internet ci ha abituato a raccontare.
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