LA COMMERCIALIZZAZIONE DEL SERVIZIO
(Progresso Fotografico N°5/99 del Giugno 1999)


Foto Nick Waplington

Siamo all'ultima, ma forse più faticosa, parte del mestiere di fotogiornalista: quella della vendita del frutto del proprio lavoro.
Le fasi della preparazione e della realizzazione del servizio hanno definito il messaggio che volete o dovete inviare ed hanno stabilito come utilizzare il vostro codice di comunicazione (cioè il linguaggio fotografico), il tutto tenendo inevitabilmente in considerazione un canale attraverso il quale diffondere il vostro servizio.
Avete cioè progettato e scattato pensando anche a chi volete o dovete vendere il servizio.
E' questo dunque il momento in cui, tornati dal laboratorio con tutto il materiale appena ritirato (diacolor o negativi con provini), vi sedete e pensate a cosa farne.

Inizialmente le fasi da affrontare sono due: quella della selezione delle foto e quella della presentazione del servizio.
La selezione delle foto
Come già detto la selezione delle foto deve essere fatta in maniera da costruire una storia completa o quantomeno in modo da trattare un soggetto in maniera esauriente.
Può iniziare con le ipotetiche foto di apertura e proseguire con le foto di contorno, oppure può rispettare l'ordine cronologico degli scatti o invece può seguire il criterio dell'avvicinamento graduale al soggetto (da più lontano a più vicino).
Pensate sempre poi alla persona che guarderà le foto e che deve trovare spunti per l'impaginazione, in sintonia con le caratteristiche editoriali della rivista; ancora una volta dunque è bene dire che è necessario conoscere bene il giornale e lo spazio che dà alle immagini prima di selezionare le foto.
Di solito il dubbio di chi inizia questa professione è sempre sul numero di foto da presentare, sulla quantità. Ebbene non esistono regole da questo punto di vista se non quelle del buon senso che regola i rapporti professionali.
Ci sentiamo di dire solo tre cose:
a) la vostra selezione deve essere molto rigorosa, essenziale: i photo editor o chi per essi sono persone che quotidianamente vedono migliaia di fotografie, vivono in mezzo alle immagini, sono sommersi dalle foto; pensare di suscitare il loro interesse grazie alla quantità di foto presenti nel vostro servizio è un grave errore. Queste persone si stancano nel vedere una massa spropositata di immagini, tanto più se pensate che il giornale ne utilizzerà poi solo una minima parte. Siate dunque moderati e tenete presente che il numero delle foto da presentare varia da servizio a servizio e soprattutto da soggetto a soggetto.
b) Abbiamo versato fiumi di inchiostro per sottolineare l'importanza della qualità a scapito della quantità: quindi la selezione delle foto deve essere il frutto di un vostro progetto generale, in cui tutti gli aspetti considerati in questi articoli NON devono essere lasciati al caso. La selezione deve far parte di questo generale processo di progettazione, realizzazione e diffusione del vostro servizio. Vedrete che affrontando il fotogiornalismo con questa mentalità e questa metodologia, la selezione delle foto verrà spontanea.
c) Ricordatevi che le foto brutte si ricordano di più e meglio delle foto belle: per cui evitate di inserire immagini solo per fare numero o per altri marginali motivi. Meglio poche belle immagini che tante immagini tra cui alcune belle e molte così così. Se non siete pienamente convinti di una foto non inseritela. Scartate le foto che non vi piacciono, buttate via le foto tecnicamente sbagliate.


La presentazione del servizio
1) I plasticoni o le stampe: un reportage realizzato in diacolor, di piccolo o medio formato, e proposto per la vendita deve essere presentato in semplici plasticoni trasparenti. Questi ultimi permettono una immediata visione di ogni singola diapositiva e contemporaneamente offrono un quadro d'insieme del servizio. In commercio esistono dei contenitori per diapositive che sono tanto belli quanto inutili: ricordatevi che tentare di abbellire il servizio con orpelli estetici non serve: quello che conta per un photo editor è un possibile utilizzo del vostro soggetto abbinato alla qualità delle vostre foto, non la raffinatezza né tantomeno l'ingombro della presentazione. I reportage realizzati in negativo e proposti per la vendita necessitano una presentazione di stampe fotografiche: è meglio se queste ultime non superano il formato 24x30 e non sono inferiori al 13x18, devono essere impeccabili tecnicamente e devono avere un bordo bianco (per impedire lo smanacciamento di tutte le persone che le visioneranno). Inutile incollarle o preparare dei passepartout (in caso di utilizzo dovrebbero venire smontate), basta una solida scatola che le contenga. Ogni servizio deve essere costruito in modo da formare una sequenza di immagini non casuale: tale cioè da ricostruire la storia che si è raccontata o da proporre prima le possibili immagini di apertura oppure da ricostruire un avvicinamento graduale al soggetto. Non devono esserci spazi vuoti nel plasticone: se una foto è stata venduta o tenuta in visione deve essere rimpiazzata da una uguale oppure tutto il servizio deve essere risistemato.
2) Le didascalie: ogni plasticone deve essere numerato, così come ogni diapositiva ed ogni stampa. Su ogni telaietto e/o dietro ad ogni stampa ci devono essere: a) il vostro nome con i vostri recapiti (sulla parte superiore del telaietto o sulla parte centrale del retro della stampa deve essere indicato nome, cognome, numero di telefono e se possibile anche l'indirizzo del fotografo, il tutto preceduto dalla "c" cerchiata di "copyright"); b) la didascalia riferita alla singola foto (sulla parte inferiore del telaietto o sulla parte centrale del retro della stampa ci deve essere scritto luogo, titolo dell'intero servizio ed ogni altro riferimento necessario agli utilizzatori della foto). Una stessa didascalia può corrispondere a più foto. E' sconsigliabile, in linea di massima, precisare la data di realizzazione della foto, al fine di permetterne la vendita anche a lungo termine (tranne ovviamente che in caso di avvenimento particolare e di attualità). Le didascalie devono essere perfettamente comprensibili. Possono essere scritte anche a mano con un pennarello indelebile, ma è preferibile redigerle su delle etichette adesive magari con un computer o con una macchina da scrivere. Alcuni laboratori, dietro il pagamento di un sovrapprezzo e su vostra esatta indicazione, sono in grado di stampare direttamente sul telaietto brevi didascalie. Se necessario è bene prevedere delle didascalie più dettagliate stampate su uno o più fogli da allegare ai plasticoni: in tal caso ogni didascalia deve fare preciso riferimento al numero della foto posizionata all'interno di un plasticone, a sua volta numerato, al fine di permettere un esatto riferimento della didascalia. Le foto da presentare devono essere sempre pulite ed ordinate; se necessario cambiate i telaietti, puliteli e se occorre rididascalizzate tutto.
3) Il testo di accompagnamento: è indispensabile preparare un testo di accompagnamento al servizio. Deve essere un testo breve (al massimo una o due cartelle), titolato e firmato, che deve immediatamente inquadrare il reportage e riassumerne gli aspetti essenziali da un punto di vista giornalistico. Nato per accompagnare le foto, spesso aiuta a venderle precisando delle informazioni che non si possono esternare visivamente. Ha inoltre una funzione di promemoria per voi e talvolta per il photo editor che deve proporre il soggetto al direttore.

La vendita del servizio
Siamo al momento della commercializzazione vera e propria del reportage, altro aspetto essenziale del mestiere di fotogiornalista.
Questa fase vive su una imprescindibile dualità: alcuni fotografi affidano la vendita delle loro immagini a delle agenzie fotografiche (scaricandosi degli aspetti più noiosi e complicati della commercializzazione ma rinunciando ad alcuni vantaggi), altri pensano personalmente alla diffusione dei loro servizi (facendosi carico di tutti gli aspetti della vendita: contatti, negoziazione tariffe, controllo delle foto pubblicate e difesa dei propri diritti, in cambio di assoluta libertà e pieni introiti).
Avere o no bisogno di una agenzia fotografica è la grande domanda che tutti i fotoreporter si porranno ad un certo punto della propria carriera.
E visto che la risposta a questa domanda è estremamente soggettiva e personale, su di essa non ci permettiamo di intervenire. Possiamo solo aiutarvi a prendere una eventuale decisione esaminando insieme i pro e i contro dei due casi.
a) la vendita tramite agenzia fotografica
Pro:
- L'agenzia è fondamentalmente un archivio di immagini, che vengono vendute anche in assenza del fotografo, liberando quest'ultimo da problemi di archiviazione, gestione e vendita e permettendogli di dedicarsi esclusivamente alla produzione di fotografie.
- L'agenzia è un punto di riferimento per quanto riguarda l'informazione: di solito raccoglie e permette di consultare la stampa, anche internazionale, permette lo scambio di idee tra fotografi e consente una visione su grande scala dell'andamento del mercato. E' affidabile, raggiungibile e consultabile in ogni momento.
- L'agenzia è una struttura che talvolta gestisce l'organizzazione dei reportage, spesso semplicemente chiedendo permessi e accrediti altre volte addirittura assumendo delle persone che, spulciando notizie sui mass media, si occupano di trovare e proporre ai fotografi i temi per i loro servizi (sono i cosiddetti incaricati della produzione); in ogni caso l'agenzia è un punto di riferimento anche e soprattutto quando il fotografo è sul campo, sul luogo delle riprese.
- L'agenzia raggruppa dei venditori professionisti (i cosiddetti "distributori") che sono ben informati, che hanno dei contatti privilegiati con certi giornali e con certe persone all'interno dei giornali (sono cioè ben introdotti), che conoscono bene prezzi e tariffe, che sanno condurre una trattativa. Generalmente incaricati di seguire più giornali, questi venditori si fanno carico di tutti gli aspetti della commercializzazione del servizio, sono infatti degli agenti di commercio (dei rappresentanti) che hanno una percentuale sul venduto. Nel campo dell'attualità essi permettono ad un'agenzia di muoversi rapidamente per la vendita (di solito sono più di uno per agenzia), sia in Italia che all'estero.
- L'agenzia può talvolta partecipare alle spese del servizio che si intende realizzare, questo avviene soprattutto con i fotografi assunti o con quelli più fidati.
Contro:
- L'agenzia è una azienda che deve monetizzare i suoi servizi, per cui generalmente trattiene una grossa percentuale sul prezzo di vendita del reportage (dal 35 al 50%)
- L'agenzia è una sorta di sabbia mobile dalla quale i fotografi raramente riescono ad uscire: vengono inghiottiti dalla sua struttura e tagliati fuori da giornali e redazioni, non riuscendo così a conoscere le reali esigenze del mondo dell'editoria perché impossibilitati ad avere con esso dei rapporti diretti).
- I cosiddetti "distributori" (venditori, agenti, rappresentanti) dell'agenzia devono vendere allo stesso tempo i servizi di più fotografi e propongono tutti i soggetti indifferentemente (vengono pagati a percentuale sul venduto, su qualsiasi venduto, a loro non interessa cosa vendono o se vendono il vostro servizio piuttosto che quello di un altro): se il vostro servizio sembra non interessare i distributori non perdono tempo a parlarne o a tentare di convincere l'interlocutore, lo mettono sotto al pacco dei servizi da proporre e ne prendono uno diverso di un altro autore, ed il frutto del vostro lavoro finisce in fondo alla fila nell'arco di pochi secondi. La struttura di un'agenzia è ideale per la vendita di foto singole e per ricerche di archivio, mentre spesso è un ostacolo per la vendita di reportage più ampi.
- In un'agenzia certi fotografi hanno dei privilegi (perché più anziani, perché più fidati, perché sono i titolari dell'agenzia, perché più esperti, perché specializzati in certi settori, ecc. ecc.) e spesso ottengono i servizi più interessanti giornalisticamente e/o economicamente in barba alla vostra voglia di emergere.
- L'agenzia ha l'esigenza di coprire obbligatoriamente certi avvenimenti rispetto ad altri (perché più appetibili per i giornali). Succede quindi che impone al fotografo di essere presente ad un evento senza però avere la certezza di poter vendere le immagini prodotte (a causa della spietata e veloce concorrenza delle numerose altre agenzie) e magari impedendo al fotografo di realizzare un altro servizio cui stava lavorando da tempo e per lui molto più importante.
- Pochi sono i fotografi assunti da un'agenzia: la maggior parte dei fotoreporter italiani sono dei free-lance, cioè dei liberi professionisti, che collaborano con un'agenzia la quale poi tenta di vendere le loro immagini ai suoi vari clienti. Questi fotografi sono solitamente pagati solo "a venduto" (cioè solamente se e per quanto i diritti di riproduzione delle immagini vengono cedute a terzi). E' l'ultima forma di lavoro a cottimo presente in Italia!
b) la vendita diretta
Pro:
- Un fotografo indipendente, se è capace di gestirsi e garantirsi da solo la commercializzazione dei suoi servizi, recupera il 100% dei benefici della vendita.
- Un fotografo indipendente è costretto a frequentare le redazioni delle riviste per proporre i suoi soggetti e/o i servizi già realizzati: è così a diretto contatto con le reali esigenze del mondo dell'editoria. Con l'esperienza potrà capire immediatamente i bisogni dei suoi clienti e riuscirà a trovare numerose idee grazie alla loro frequentazione; d'altro canto ,conoscendo il suo lavoro e la sua esperienza, le redazioni saranno motivate a commissionargli dei servizi.
- Un fotografo indipendente ha una conoscenza diretta, precisa ed approfondita del soggetto trattato: è dunque particolarmente capace di parlarne, proporlo nel modo giusto, ben presentarlo ed eventualmente difenderlo in redazione.
- Un fotografo indipendente è libero di trattare tutti i soggetti che vuole e di progettare a suo piacimento la propria vita professionale (ad esempio realizzando dei soggetti commerciali da vendere immediatamente oppure investendo su soggetti a lungo termine).
Contro:
- Un fotografo indipendente è costretto ad anticipare i soldi da investire nel servizio oppure a trovare dei finanziamenti presso riviste o clienti vari, in quest'ultimo caso sarà obbligato a delle ricerche lunghe e fastidiose con notevole dispendio di energie.
- Un fotografo indipendente deve suddividere il suo tempo tra realizzazione e vendita dei suoi reportage: ciò può nuocere sia all'una che all'altra.
- Un fotografo indipendente non ha la rapidità di azione e l'ampia diffusione di un'agenzia per poter vendere dei soggetti di stretta attualità: è difficile per lui una distribuzione veloce e puntuale di un soggetto di attualità o la vendita all'estero .
- Un fotografo indipendente è sempre solo: non si può affidare a nessuna struttura per mettere in piedi il suo reportage, difficilmente può accedere a degli appuntamenti ufficiali o a manifestazioni di una certa importanza (a meno che non disponga di una lettera di accredito e quindi di un incarico da parte di un giornale o di un cliente): essere fotografi indipendenti è sinonimo di libertà e di solitudine.
Consigli per la vendita diretta
Conoscere le riviste:
a) se decidete di contattare direttamente gli organi di stampa, in prima istanza dovete stabilire a quale giornale o rivista proporre il vostro servizio finito. La vostra scelta dipenderà da criteri economici (quale rivista paga meglio) o personali (su quale rivista vi piacerebbe pubblicare il lavoro).
b) all'interno delle riviste cercare, chiedere e rivolgersi al photo editor (picture editor) oppure, in sua assenza o mancanza, all'art director (direttore artistico). Per trovare il loro nome e recapito cercate sul colophon (la parte della rivista dove sono elencati i nomi di dipendenti e collaboratori).
c) dovete sapere quali sono stati i soggetti affrontati negli ultimi numeri, quale l'importanza e lo spazio dato alle immagini, quale lo stile della rivista, quale il target di riferimento e così via fino ad arrivare ad informazioni più banali, ad esempio se esiste un giorno di ricevimento in cui il photo editor vede i fotografi e i distributori delle agenzie o se invece occorre prendere un appuntamento, qual è il periodo di "chiusura" del numero (cioè il periodo frenetico in cui tutto il giornale deve essere pronto per essere mandato in stampa) in modo da evitare di presentarsi in momenti poco opportuni, ecc. ecc..
Conoscere il soggetto
a) dovete saper parlare in maniera precisa e puntuale del soggetto trattato, sottolineandone gli elementi giornalistici ed esternando i motivi che potrebbero spingere quella rivista a pubblicare quel servizio: dovete cioè conoscere e padroneggiare perfettamente tutti gli aspetti del vostro servizio.
b) dovete saper attirare l'attenzione dell'interlocutore destando il suo interesse anche durante il primo contatto telefonico, quando riassumerete brevemente il soggetto, ne evidenzierete i temi chiave, spiegherete i modi con cui avete affrontato l'argomento, stimolerete la curiosità della persona con cui state parlando.
c) dovete essere concisi nella presentazione: così come siete stati selettivi nella scelta delle foto, altrettanto dovete esserlo nell'esposizione verbale.
Conoscere le regole del gioco
a) dovete saper condurre una negoziazione. Se il soggetto e le foto interessano al cliente infatti si inizia a parlare di prezzi e due sono i casi cui potrete trovarvi di fronte: o vi viene chiesto di fare una proposta di prezzo (e allora dovete conoscere le tariffe in vigore sul mercato) oppure vi viene fatta una proposta (e allora dovete avere gli elementi per accettarla o meno)
b) dovete saper valutare le condizioni di esclusiva. Di solito le riviste chiedono un'esclusiva sul servizio acquistato, cioè una vostra garanzia che lo stesso servizio/soggetto non venga venduto ad altre riviste. Di solito l'esclusiva è di 60 giorni dalla data di pubblicazione per i mensili e di 30 giorni per i settimanali, ma non considerateli termini definitivi, l'esclusiva può variare da soggetto a soggetto e da rivista a rivista. Quello che conta è chiarire sempre anche questo aspetto.
c) NON proponete mai dei duplicati: è sempre garanzia di professionalità proporre un servizio costituito da diapositive originali o da stampe manuali, il risultato di una stampa tipografica realizzata con originali è ovviamente molto migliore di quella fatta con duplicati ed è vostro interesse avere dei pubblicati realizzati nel miglior modo possibile, soprattutto in vista di un loro possibile inserimento nel vostro book (portfolio) di presentazione.
d) Dovete stabilire chiaramente i termini di vendita o di visione delle immagini. Nel rapporto tra cliente e fotografo le cose devono sempre essere estremamente chiare. E' sempre meglio dunque mettere per iscritto nei dettagli le condizioni di collaborazione. A questo scopo è bene usare un blocco per "bolle di accompagnamento (o di consegna) non fiscali", quest'ultimo è formato da pagine (in doppia copia) sulle quali segnare nome e dati (anche fiscali se necessario) del fotografo, nome e dati del cliente, titolo del servizio, numero e tipo delle foto consegnate, condizioni di vendita, eventuale prezzo e condizioni di pagamento, termini dell'esclusiva, eventuali termini della consegna in visione, ecc. ecc. Questo foglio va fatto firmare dal cliente (di solito dal photo editor o da chi per esso), la copia con la firma originale la tenete voi fotografi, l'altra copia la consegnate al cliente. In questo modo su un unico documento avrete la ricevuta per la consegna ed una sorta di contratto di vendita.
Perseverare
Come fotogiornalisti dovete mettere in conto una quantità spropositata di tempo perso alla ricerca delle persone che vi interessano all'interno delle riviste: tempo che impiegherete cercando per decine di volte di ottenere un appuntamento con un photo editor, tentando di avere notizie del servizio che avete lasciato in visione, chiamando per sapere se il servizio acquistato è stato pubblicato, informandovi su forme e modalità di pagamento, sollecitando pagamenti, attendendo che la persona interessata esca dall'ennesima fantomatica riunione. L'importante è non scoraggiarsi: perseverate, ovviamente usando tutta la vostra gentilezza, educazione e discrezione.

I prezzi delle fotografie
Stabilire i prezzi delle fotografie o dei servizi fotografici è quanto di più complicato e, talvolta, inutile si possa fare: complicato perché occorrerebbe conoscere i numerosi tariffari esistenti, inutile perché, pur di vendere, pur di vedere il proprio nome scritto su un giornale o pur di comprare a basso prezzo, tutti (fotografi ed editori) applicano, propongono o impongono altri prezzi (ovviamente più bassi).
Ciò premesso, nel campo del fotogiornalismo c'è da fare una distinzione tra quelli che sono i prezzi delle foto singole e quelli che sono i prezzi dei servizi fotografici.
Prezzi foto singola
In teoria, ed in linea con quanto appena detto, bisogna far riferimento ai vari tariffari esistenti che fondamentalmente sono: quello del G.A.D.E.F., quello dell'Ordine dei Giornalisti, quello della S.I.A.E., quello di Tau Visual.
In pratica dovete considerare il tariffario cui fa riferimento la testata a cui avete intenzione di vendere la vostra immagine: infatti di solito è la rivista che propone un prezzo di acquisto ed a voi non resta che decidere se accettarlo o meno.
Prezzi servizi fotografici
Il prezzo di un servizio può variare a seconda dell'importanza data al servizio, del numero di foto utilizzate dalla rivista, dall'investimento effettuato dal fotografo in termini di tempo- energia- denaro, dalla complessità delle foto realizzate, ecc. ecc.
In ogni caso per la vendita di servizi fotografici completi occorre di solito stabilire un forfait, cioè un prezzo globale inferiore (scontato) a quello che si otterrebbe sommando il valore di listino di ogni singola foto acquistata.
Tale forfait può essere frutto di una trattativa tra fotografo e rivista, ma più spesso viene proposto dalla testata stessa (in questo caso i margini di trattativa esistono ma sono molto scarsi ed a voi, anche stavolta, praticamente non resta altro che decidere se accettare o meno). Come fare per sapere che prezzo proporre o, se non altro, se accettare o meno un prezzo proposto? Come fare cioè a determinare questo forfait?
I nostri consigli al riguardo sono due:
1) Contare il numero di foto acquistate o utilizzate dal cliente, moltiplicarlo per il prezzo di una foto singola (seguendo le indicazioni di un tariffario) ed applicare uno sconto la cui percentuale stabilirete mentalmente e a priori in caso di proposta da valutare oppure insieme al cliente stesso durante l'eventuale trattativa.
2) Fare un conto di tutte le spese vive sostenute per la realizzazione del reportage ed aggiungervi una cifra corrispondente al vostro compenso. Il problema a questo punto diviene quello della determinazione di questo compenso (visto che per quanto riguarda le spese vive è sufficiente fare una somma di cifre, corrispondenti spesso ad altrettante ricevute: rulli, sviluppi, stampe, plasticoni, trasferimenti, vitto, alloggio, ecc. ecc.). L'ideale sarebbe riuscire a stabilire un compenso fisso da applicare ad ogni giornata di lavoro: lo si può fare calcolando quali sono i costi vivi che annualmente dovete e/o volete sostenere per portare avanti l'attività di fotografo (somma che deve - ripetiamo: deve - contenere tutti - ripetiamo: tutti - gli importi relativi alla vostra attività: dall'affitto all'ammortamento delle attrezzature, dalle bollette alla carta intestata, dalla vostra pubblicità al commercialista, dalle tasse ai fondali di carta, dalle riviste ai rullini, ecc. ecc.), aggiungendovi la quota minima che vi serve per sopravvivere (secondo le vostre esigenze, abitudini e necessità) e suddividendo il tutto per le giornate che di solito in un anno dedicate alla realizzazione delle immagini. Otterrete una cifra che corrisponde a quanto dovete farvi pagare, come minimo, una giornata di lavoro per non rimetterci di tasca vostra: se infatti decidete di accettare lavori retribuiti meno di quanto corrisponde a questa cifra minima vuol dire che state pagando per vedere pubblicate le vostre foto! E questo non vuol dire lavorare ma essere sfruttati. Significa entrare in un meccanismo che non solo ed inevitabilmente vi porterà al fallimento (economico e psicologico) ma che contribuisce anche a rovinare il mercato a chi vive di fotografia e fa i salti mortali per tirare avanti decentemente e correttamente (in quanto questi ultimi vengono esclusi per fare spazio a chi lavora sottocosto). Tenete conto che alcuni giornali, ed anche alcune agenzie, sopravvivono proprio grazie all'esistenza ed al ricambio di questi ingenui pseudo-fotografi i quali inevitabilmente e miseramente scompaiono dal mercato e vengono immediatamente sostituiti da altri pseudo-fotografi altrettanto ingenui che cadono subito nelle grinfie delle suddette strutture, mettendo in atto un gioco al massacro poco proficuo per tutti. Attenzione dunque: fate bene i vostri calcoli!

Inquadramento professionale
Se dovete vendere delle fotografie o dei servizi dovete anche essere in regola con le istituzioni e con il fisco in particolare. Inquadramento professionale infatti significa sostanzialmente inquadramento fiscale.
Premettiamo che quelle sottostanti sono note informative molto concise e superficiali: per maggiori approfondimenti vi consigliamo di rivolgervi ad un commercialista di fiducia o ad una associazione di categoria che saprà darvi tutte le indicazioni necessarie ad uno sviluppo personalizzato della vostra attività.
Secondo il nostro ordinamento giuridico esistono tre modi, non sostituibili l'uno con l'altro, per esercitare l'attività fotografica in generale (e dunque anche quella fotogiornalistica).
a) Fotografo artigiano: è il caso di chi deve o vuole impostare la sua attività basandosi sull'organizzazione dell'azienda, dando molta importanza alle attrezzature, fondandosi su degli investimenti (ad esempio un negozio o uno studio fotografico). Occorrono: iscrizione all'albo delle imprese artigiane della camera di Commercio (C.C.I.A.A.), iscrizione all'I.N.A.I.L. ed all'I.N.P.S., richiesta della partita I.V.A.. Successivamente si provvederà ad emettere: fatture (con numerazione progressiva annuale, indicando nome - indirizzo - codice fiscale sia vostri che del cliente e applicando al proprio compenso il 20% di I.V.A.), dichiarazione I.V.A. (con versamenti trimestrali o mensili), dichiarazione dei redditi, versamenti I.N.A.I.L., ed altro su cui vi informerete al momento opportuno da persone più competenti.
b) Fotografo libero professionista: è il caso di colui che svolge l'attività fotografica basandosi prevalentemente sulla sua creatività, sulla sua intelligenza e sulle sue capacità (ad esempio un fotoreporter o un fotografo ritrattista). Serve l'iscrizione all'I.V.A e all'I.N.P.S.; la fatturazione deve essere con numerazione progressiva annuale fatta aggiungendo al proprio compenso il 4% di rivalsa del contributo previdenziale (che in totale è del 10%, il 6% a carico del fotografo e il 4% a carico del cliente) aggiungendo al totale così ottenuto il 20% di I.V.A. (e sottraendoci il 20% di ritenuta d'acconto se il cliente è un imprenditore o una società). Idem come sopra per dichiarazione I.V.A. e dichiarazione dei redditi.
c) Cessione di diritto d'autore: la risoluzione ministeriale 94/E del 30/4/97 dà la possibilità (non comune e valida solo per alcune limiate situazioni) di cedere i diritti di utilizzo delle immagini esclusivamente per impieghi editoriali (riviste, giornali, libri). Tale tipo di cessione ha il vantaggio di essere esclusa da I.V.A., di avere un imponibile I.R.P.E.F. calcolato sul 75% del compenso (il resto è considerato come spesa di produzione del lavoro e quindi detratto in qualità di quota forfettaria), di non essere soggetta al contributo I.N.P.S. ; al tempo stesso ha lo svantaggio di poter essere applicata solo per lavori destinati a diventare libri fotografici, per servizi finiti proposti a riviste, per cessioni di copie a privati collezionisti; tutte le altre forme di utilizzo, in particolare quelle più commerciali o pubblicitarie, sono escluse da questa opportunità. La cessione deve essere documentata mediante una ricevuta fiscale con numerazione a sé stante, cioè al di fuori della numerazione di altre fatture da voi eventualmente emesse.
Esiste poi un caso molto frequente e spesso utilizzato da chi ancora non svolge professionalmente l'attività fotografica ma che comunque riceve dei compensi derivanti dalla cessione o dalla realizzazione di fotografie fatta in maniera occasionale e non continuativa (anche in presenza di altro lavoro): è il caso della prestazione occasionale. Per documentarla occorre emettere una ricevuta (sottraendo dal compenso il 20% di ritenuta d'acconto se emessa ad imprese, senza ritenuta d'acconto se emessa a privati) ed in ogni caso (anche in presenza di lavoro subordinato) va compilata la dichiarazione dei redditi e precisamente il quadro relativo ai redditi occasionali.

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