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83. Ābhiṣecanika
( Il libro della consacrazione regale. XII, 1-38)
I 1 Vaiśaṃpāyana disse: compiuti i riti di tutti gli amici, i figli di Pāṇḍu, Vidura, Dhṛtarāṣṭra e tutte le donne dei bhārata, 2 là risiedevano i rampolli dei kuru dalle grandissime anime, rimanendo fuori città per un mese di purificazioni, 3 e compiuti i riti, al re Yudhiṣṭira dall'anima giusta, si avvicinavano quei supremi brahmani perfezionati e dalle grandi anime, 4 il dvaipāyana, Nārada e Devala grande ṛṣi, e Devasthāna e Kaṇva, e i migliori dei loro discepoli, 5 e altri ri-nati sapienti dei veda, dalla piena saggezza, e quelli che vivevano in casa, e gli snātaka vennero a vedere il migliore dei kuru, 6 e giunti vicino al grand'anima, venivano onorati secondo le regole, e si sedevano quei grandi ṛṣi su dei preziosissimi seggi, 7 e accettati gli onori dovuti per quel momento, si appressavano secondo le regole circondando Yudhiṣṭira, 8 e sulle sacre rive della Bhāghīrathī, il re coll'animo tremante per il dolore, consolavano i savi a centinaia di migliaia, 9 e a tempo debito Nārada diceva a Yudhiṣṭira dalla giusta anima, circondato da tutti quei muni queste parole appropriate al momento: 10 “ col valore del tuo braccio, e col favore del Mādhava, hai vinto l'intera terra, secondo il dharma o Yudhiṣṭira, 11 per fortuna siete sopravvissuti a questa guerra terrificante per il mondo, forse che non ti rallegri o pāṇḍava, tu devoto al dharma kṣatriya? 12 forse che non gratificherai gli amici dopo aver ucciso i nemici? forse che il dolore non ti lascerà, avendo tu ottenuta la prosperità?” 13 Yudhiṣṭira disse: “ conquistata l'intera terra, affidandomi alla forza del braccio di Kṛṣṇa, e al favore dei brahmani e alla forza di Bhīma e Arjuna, 14 un grande dolore si trova sempre nel mio cuore, per aver compiuto questa enorme strage di parenti, fatta per avidità, 15 il figlio di Subhadrā, e i figli di Draupadī miei amati figli, ho fatto uccidere, questa vittoria o venerabile mi appare come una sconfitta, 16 che mai dirà la mia nuora vṛṣṇi, all'uccisore di Madhu, risiedendo ella a Dvārakā, a Kṛṣṇa ad Hari da qui partito? 17 e Draupadī coi figli uccisi, colla compassione per i parenti uccisi, così intenta al nostro bene, ancora mi ferisce, 18 e un'altra cosa o venerabile vi è che ti devo dire o Nārada, io mi sono consultato in segreto con Kuntī, preso dal dolore, 19 quello che, forte come un branco di elefanti era irresistibile sul carro in battaglia, il saggio, saldo nei voti, controllato e violento, dalle movenze leonine, 20 si è associato quel prode, dal fiero ardimento, coi figli di Dhṛtarāṣṭra, quell'appassionato, sempre ardente, ci ha colpito in ogni battaglia, 21 dalle rapide armi, lo splendido combattente, abile e dal meraviglioso coraggio, era il figlio nato in segreto di Kuntī, e nostro fratello uterino, 22 durante la cerimonia funebre Kuntī ha rivelato che le era nato da Sūrya, quel figlio pieno di ogni qualità, e che in quel tempo lo aveva affidato all'acqua, 23 lui che fu ritenuto al mondo il figlio di Rādhā e del sūta, era il figlio maggiore di Kuntī, nostro fratello materno, 24 e all'oscuro di ciò, io in battaglia l'ho ucciso per avidità del regno, e questo brucia le mie membra, come un fuoco dei mucchi di cotone, 25 e neppure il pṛthāde dai bianchi cavalli sapeva che era un fratello, né io, né Bhīma né i gemelli, ma lui dai fermi voti, sapeva di noi, 26 era andata Pṛthā alla sua presenza, così abbiamo saputo, volendo che facesse la pace con noi: 'tu sei mio figlio.' così ella, 27 ma il desiderio di Pṛthā non fu compiuto da quel grand'anima, molto dopo abbiamo udito che lui disse alla madre: 28 ' io non posso abbandonare in battaglia il sovrano Duryodhana, io sarei ignobile, ingannatore e un ingrato 29 se mi unissi a Yudhiṣṭira, secondo il tuo consiglio, e la gente penserebbe che io ho paura dell'eroe dai bianchi cavalli, 30 io avendo vinto sul campo il Vittorioso assieme al Lunghi-capelli, allora dopo mi riconcilierò col figlio di Dharma.' così lui diceva, 31 e ancora Pṛthā diceva a quell'ampio di torace: ' combatti contro Phalguna, ma lascia sicuri gli altri quattro.' 32 e quel saggio, piangendo a mani giunte diceva alla madre: ' giunto a vincerli non ucciderò i tuoi quattro figli, 33 e di certo madre, tu avrai ancora cinque figli, con Karṇa se ucciso il pṛthāde, con Arjuna se io sarò ucciso.' 34 e di nuovo la madre ansiosa per i figli, diceva al figlio: ' compi il bene per i fratelli, di quelli per cui cerchi il bene.' 35 così avendo parlato Pṛthā, lasciatolo tornava a casa, e quel valoroso fratello uterino fu ucciso dal fratello Arjuna, 36 e non fu saputo da lui il discorso di Pṛthā o muni, quindi quel prode grande arciere fu abbattuto dal pṛthāde, 37 e io venni a sapere dopo, che lui era un fratello uterino o supremo ri-nato, che Karṇa era il fratello maggiore, dalla bocca di Pṛthā o potente, 38 per questo brucia grandemente il mio cuore per aver ucciso il fratello, con Karṇa e Arjuna alleati, io potrei vincere anche il Vāsava, 39 quando io ero tormentato nella sala dai malvagi figli di Dhṛtarāṣṭra, la mia collera violentemente salita, si calmava guardando Karṇa, 40 e quando udii il suo aspro discorso che saliva pungente, mentre lo pronunciava nella sala durante la partita per compiacere Duryodhana, 41 allora si spegneva la mia collera guardando i suoi piedi, i suoi piedi erano identici a quelli di Kuntī, così io pensai, 42 e cercando il motivo di quella comiglianza con Pṛthā, pur pensandoci io non né trovai la causa, 43 ma come fu che in battaglia la terra inghiottì la sua ruota? e come fu che mio fratello fu maledetto? questo tu mi devi qui dire, 44 io vorrei conoscere o venerabile tutto come accadde in verità, tu signore, sei un saggio sapiente di tutto e conosci passato e futuro del mondo.” II 1 Vaiśaṃpāyana disse: così richiesto, il muni Nārada, il migliore dei parlanti, raccontava interamente come il figlio del sūta fu maledetto: 2 “ così è ciò o grandi-braccia, come tu hai detto o bhārata, nessuno potrebbe resistere in battaglia a Karṇa e Arjuna, 3 ma ti racconterò un segreto degli dèi o sovrano, ascolta dunque o grande re, come questo accadde un tempo, 4 come può lo kṣatriya andare in paradiso purificato dalle armi o potente? attraverso la nascita di un conflitto, per questo fu stabilito un figlio alla fanciulla, 5 egli fin da fanciullo dotato di grande splendore, divenuto figlio del sūta, ottenne la scienza dell'arco dal tuo maestro il migliore dei discendenti di Aṅgiras, 6 avendo lui la forza di Bhīmasena, la destrezza di Phalguna, la tua intelligenza o re dei re, e la disciplina dei gemelli, 7 all'amicizia fin dalla fanciullezza tra Vāsudeva e l'armato del gāṇḍīva, e all'affetto per loro dei viventi pensando, egli bruciava, 8 e da giovane ottenne l'amicizia del re Duryodhana, perché sempre inviso da voi, o per destino o per sua natura, 9 e scorgendo la supremazia del Conquista-ricchezze nell'arte dell'arco, avvicinando Droṇa in segreto, Karṇa gli diceva queste parole: 10 ' io vorrei conoscere l'arma di Brahmā, col segreto per richiamarla, potrei diventare pari ad Arjuna in battaglia; così io penso, 11 lo stesso affetto verso figli e discepoli tu hai di certo, per tua grazia, che gli esperti non dicano di me che non sono compiuto nelle armi.' 12 Droṇa così richiesto da Karṇa per riguardo verso Phalguna, e conoscendo la cattiveria di Karṇa, gli diceva: 13 un brahmano dai fermi voti può conoscere rettamente l'arma di Brahmā, oppure uno kṣatriya dedito al tapas, nessun altro la può mai conoscere.' 14 così apostrofato, salutando e onorando il migliore degli aṅgirasidi, rapidamente si recava da Rāma, presso la montagna mahendra, 15 e raggiunto Rāma inchinandosi con la testa, ne chiedeva l'insegnamento dicendo: ' io sono un brahmano e un bhṛguide.' 16 Rāma lo accoglieva dopo avergli chiesto che ogni cosa della sua nascita dicesse, gli diede il benvenuto e ne divenne molto felice, 17 e là risiedendo Karṇa sul monte mahendra, era accompagnato da gandharva, da rakṣas, da yakṣa e dagli dèi, 18 e tra questi ottenne quell'arma secondo le regole, dal migliore dei bhṛguidi, e molto caro divenne a dèi, gandharva e rākṣasa, 19 un giorno egli vagando in riva al mare vicino all'āśrama, da solo avanzava il figlio del sūta con spada e arco in mano, 20 e per caso senza saperlo, colpiva la vacca da latte di un certo sapiente del brahman devoto all'agnihotra, 21 e pensando di averlo compiuto senza saperlo, ne informava il brahmano, Karṇa, e cercando il suo perdono diceva queste parole: 22 ' senza saperlo prima o venerabile, ho ucciso la tua vacca, qui tu devi concedermi il tuo perdono.' così egli ripetutamente, 23 ma quel savio gli diceva adirato come rimproverandolo colle parole: ' o malfattore, tu meriti la morte e ne otterrai il frutto o folle, 24 con quello che sempre emuli, quando sarai incessantemente impegnato, combattendo con lui o malvagio, la terra inghiotterà una tua ruota, 25 e mentre la ruota è ingoiata dalla terra, la tua testa o privo di senno, il nemico avanzando abbatterà; vattene o vergogna degli uomini, 26 come la mia vacca fu uccisa da te o sciocco, senza curartene, un altro abbatterà la tua testa mentre sarai senza attenzione.' 27 egli ancora cercava di ingraziarsi quel supremo ri-nato, con vacche, ricchezze e gemme, e lui di nuovo gli diceva: 28 ' nessuna parola da me pronunciata può l'intero mondo falsificare, vattene o rimani, o quanto si deve fare compi.' 29 così apostrofato dal brahmano, allora Karṇa a testa bassa per la tristezza, ritornava da Rāma intimorito ripensando a ciò nella sua mente.” III 1 Nārada disse: “ per il valore del braccio di Karṇa, per il suo controllo e modestia, e per l'obbedienza al guru, molto era contento quella tigre dei bhṛguidi, 2 e a lui interamente e rettamente l'arma di Brahmā col suo modo di ritiro, insegnava in tutte le parti e liberamente quell'asceta a lui intento al tapas, 3 e acquisita l'arma allora Karṇa rallegrandosi nell'āśrama di Bhṛgu, compiva un grande impegno nell'arte dell'arco, col suo portentoso valore, 4 e un giorno Rāma vagando vicino all'āśrama, assieme a Karṇa, quel saggio consumato dal digiuno, 5 si addormentava il figlio di Jamadagni, confidando nell'amicizia sorta, posando la testa sulle ginocchia di Karṇa, quel guru per la stanchezza, 6 e allora un verme simile a stringa, divoratore di carne e sangue, terribile, dal violento tocco giungeva vicino a Karṇa, 7 e raggiunta la sua coscia, vi penetrava per succhiargli il sangue, e lui non poteva scacciarlo o ucciderlo per paura del guru, 8 e rimanendo a sopportare allora quel verme o bhārata, temendo di svegliare il guru, lo ignorava il figlio del sūta, 9 Karṇa dunque con fermezza quel dolore insopportabile sopportava, e senza muoversi né tremare, reggeva il bhṛguide, 10 quando però il discendente di Bhṛgu ne ebbe il corpo bagnato di sangue, allora quell'asceta si svegliava e acceso d'ira diceva: 11 ' oh, io sono caduto nell'impurità, perché hai fatto ciò? dimmi tutto secondo verità lasciando ogni timore.' 12 allora Karṇa gli raccontava del morso del verme, e pure Rāma allora vedeva quel verme che assomigliava ad un porco, 13 con otto piedi e dai denti aguzzi, tutto coperto di aculei, e il corpo coperto di peli, chiamato di nome alarka, 14 appena fu guardato da Rāma il verme perdeva la vita, essendo ancora imbrattato di sangue, e questo apparve un portento, 15 e allora apparve in cielo un rakṣasa di aspetto terribile, capace di ogni aspetto, col collo rosso, e corpo bruno, come una nube tonante, 16 costui messosi a mani giunte con grande devozione diceva a Rāma: ' fortuna a te o tigre dei bhṛguidi, io me andrò donde sono giunto, 17 da te sono stato liberato da questo inferno o supremo muni, che tu sia benedetto, per la gioia e il favore che mi hai fatto.' 18 e a lui diceva il potente grandi-braccia figlio di Jamadagni: ' chi sei tu? e perché eri precipitato in questo inferno? dimmi tutto ciò.' 19 egli disse: ' io ero prima il grande asura di nome Gṛtsa, un tempo nel devayuga io o caro, ero quasi coetaneo di Bhṛgu, 20 e io ho rapito con la forza l'amatissima moglie di Bhṛgu, e per la maledizione del grande ṛṣi divenuto un verme, sono precipitato a terra, 21 e il tuo trisavolo mi disse pieno di collera: ' nutrendoti di orina e muco o malvagio, vivrai nell'inferno.' 22 e io allora gli dicevo: ' vi sarà una fine alla maledizione o brahmano?' e Bhṛgu mi disse: ' la compirà Rāma mio discendente.' 23 e fu così che io ottenni questo stato così infausto, e da te oggi incontrato, fui liberato da questa mala nascita.' 24 ciò detto, quel grande asura inchinatosi a Rāma se ne andava, ma Rāma diceva con collera queste parole a Karṇa: 25 ' un così grande dolore o sciocco, un brahmano non potrebbe mai sopportarlo, questa è una resistenza da kṣatriya, spontaneamente dimmi la verità.' 26 allora Karṇa gli diceva per calmarlo, temendo una maledizione: ' sappi che io sono un sūta che nasce dall'incontro tra brahmani e kṣatriya, 27 io sono Karṇa figlio di Rādhā, così mi chiama la gente sulla terra, concedi il tuo perdono o brahmano, a me che bramavo quest'arma o bhṛguide, 28 il guru è un padre senza dubbio, un potente che impartisce la sapienza dei veda, da ciò o bhṛguide, io ho affermato di esserti vicino per stirpe.' 29 il migliore dei bhṛguidi diceva con ira ma quasi ridendo, a lui che era caduto a terra, triste e lamentevole, e a mani giunte: 30 ' dato che tu per brama dell'arma hai agito falsamente, e perciò a te o sciocco fu rivelata l'arma di Brahmā, 31 al momento della morte otterrai una cosa diversa da questa, il brahman non può mai stare con uno che non sia un brahmano, 32 vattene ora, questo non è un posto per un mentitore, ma nessun kṣatriya sarà uguale a te in battaglia.' 33 così apostrofato da Rāma, egli rettamente se ne andava, e raggiunto Duryodhana gli disse: ' io sono un guerriero completo.'” IV 1 Nārada disse: “ Karṇa dunque ottenuta quell'arma dalla bocca del bhṛguide, assieme a Duryodhana si compiaceva o toro dei bhārata, 2 quindi un giorno i re si riunirono in uno svayaṃvara, nel regno dei kaliṅga o re, del re Citraṅgada, 3 la città prosperosa aveva là il nome di rājapura, e i re a centinaia là si ritrovarono per quella fanciulla, 4 e Duryodhana avendo saputo che là si riunivano tutti i principi, sul suo carro con delle parti in oro, assieme a Karṇa vi si recava, 5 quindi iniziato quello svayaṃvara con un grande festival, i sovrani della terra vi si precipitarono per quella fanciulla o supremo sovrano, 6 Śiśupāla, Jarāsaṃdha, Bhīṣmaka, e Vakra, Kapotaroman, e Nīla, e Rukmin dal fermo coraggio, 7 e Sṛgāla o grande re, che era il signore del regno delle donne, Aśoka, Śatadhanvan, e Bhoja, eroe rinomato, 8 questi e molti altri erano giunti dalla regione meridionale, e pure dei maestri barbari, e dei re dell'est e del nord, 9 tutti con bracciali d'oro, e con ghirlande allacciate d'oro fino, tutti con corpi spendenti ed eccitati come tigri, 10 quindi riunitisi tutti quei re o bhārata, la fanciulla entrava nell'arena, accompagnata dalla nutrice e da un eunuco, 11 quindi mentre erano nominati i nomi dei re o bhārata, quella fanciulla bellissima, superava i figli di Dhṛtarāṣṭra, 12 Duryodhana il kauravya però non sopportava quell'offesa, non curandosi di quei sovrani fermava la fanciulla, 13 egli per folle orgoglio del suo valore, e vicino a Droṇa e a Bhīṣma, fatta salire la fanciulla sul carro, sfidava quei sovrani, 14 e procedeva con carro e spada e con le protezioni sul braccio allacciate, Karṇa il migliore degli armati, gli andava dietro o toro fra gli uomini, 15 allora una grandissima confusione vi fu tra i re o Yudhiṣṭira, ' allacciate le corazze, aggiogate anche i carri!' 16 e furiosi attaccavano i due: Karṇa e Duryodhana, scagliando piogge di frecce come nubi su due monti, 17 Karṇa quelle frecce in volo ad una ad una, con rasoiate, abbatteva a terra e pure i loro archi e faretre, 18 quindi alcuni erano senza arco, altri alzavano l'arco, e altri prendevano le frecce, e le lance e le mazze dai carri, 19 per la sua rapidità li confondeva Karṇa il migliore dei combattenti, e uccisi gli auriga, e per la maggior parte erano sconfitti i sovrani, 20 questi si affrettavano da sé, gridando ai cavalli: ' vai , vai!' e tremavano lasciando la battaglia quei re con la mente abbattuta, 21 allora Duryodhana protetto da Karṇa se ne andava, felice, avendo preso la fanciulla, verso la città che ha nome dagli elefanti.” V 1 Nārada disse: “ il re māgadha però, il sovrano Jarāsaṃdha vedendo la forza che palesava Karṇa, lo sfidava ad un duello di carri, 2 sorgeva lo scontro tra quei due esperti di armi divine, e nella battaglia l'un l'altro si innondarono con svariate armi, 3 e terminate le frecce e privi di arco, con le spade rotte e ridotti a terra, quei due fortissimi, si assalivano con le sole braccia, 4 con le braccia e con le unghie combattendo Karṇa contro di lui, quasi stava per dividere le due parti del corpo unite da Jarā, 5 e quel sovrano vedendo il mutamento che stava avvenendo nel suo corpo, abbandonando ogni ostilità diceva a Karṇa:' io sono soddisfatto.' così o bhārata, 6 e per la contentezza egli donava a Karṇa la città di mālinī era re degli aṅga, quel vincitore di nemici o tigre fra gli uomini, 7 Karṇa, e dotato di suprema forza governava campā, col permesso di Duryodhana, come tu pure sai, 8 così era celebrato sulla terra per la potenza delle armi, e in tuo favore fu privato di corazza e orecchini dal re degli dèi, 9 egli donava i suoi divini orecchini supremamente onorati, e nati con lui, e la corazza pure nata con lui, ingannato dalla māya del dio, 10 liberatosi degli orecchini e della corazza nati con lui, fu ucciso dal Vittorioso, sotto gli occhi di Vāsudeva, 11 e per la maledzione del brahmano, e per quella di Rāma grand'anima, per la grazia fatta a Kuntī e per la māya del Cento-riti, 12 e per il disprezzo di Bhīṣma, chiamato un mezzo guerriero nell'elenco dei guerrieri, per la ditruzione della sua energia da parte di Śalya, e per la guida di Vāsudeva, 13 e le armi di Rudra, del re degli dèi, di Yama, e di Varuṇa, di Kubera e di Droṇa, e di Kṛpa grand'anima, 14 quelle armi divine avendo in battaglia, l'armato del gāṇḍīva, da lui fu dunque ucciso Karṇa figlio del sole, splendido come quell'astro, 15 così maledetto tuo fratello e ingannato da molti, in battaglia vi ha trovato la morte, non dolertene o tigre fra gli uomini.” VI 1 Vaiśaṃpāyana disse: ciò detto, il divino ṛṣi Nārada rimase in silenzio, ma Yudhiṣṭira quel re e ṛṣi, bruciava sommerso dal dolore, 2 a quel valoroso coll'animo triste, sofferente a testa bassa, che sospirava come un serpente, cogli occhi pieni di lacrime, 3 Kuntī che aveva le membra scosse dalla sofferenza e la mente presa dal dolore, diceva, parlando dolcemente e a tempo queste appropriate parole: 4 “ Yudhiṣṭira, grandi-braccia, non devi dolerti, abbandona la sofferenza o grande saggio, ascolta queste mie parole, 5 io ho tentato un tempo di rivelare a lui la fratellanza con te, e pure il sole, il divino suo padre lo fece o migliore dei sostenitori del dharma, 6 queste parole, per desiderio del suo bene, per amicizia e per la sua felicità, dal sole furono dette in sogno e anche in mia presenza, 7 ma né il sole, né io fummo capaci con azioni o coll'affetto, di persuaderlo allora e di condurlo all'unione con te, 8 quindi posseduto dal destino, saldo nell'accendere l'inimicizia, fu ostile verso di voi, così io l'ho veduto.” 9 così apostrofato dalla madre il dharmarāja, cogli occhi pieni di lacrime, quell'anima pia colla mente agitata dal dolore diceva queste parole: 10 “ per aver tu mantenuto segreto questo fatto io ne fui ferito.” così le disse quello splendidissimo, e malediva le donne di tutti i mondi fieramente oppresso dal dolore: “ esse non manterranno mai più un segreto.” 11 il re ricordandosi di figli e nipoti, di amici e parenti, col cuore spezzato e coll'animo afflitto divenne, 12 quindi con l'anima avvolta dal dolore, come un fuoco dal suo fumo, nella disperazione cadeva quel saggio re, afflitto dalla sofferenza. VII 1 Vaiśaṃpāyana disse: Yudhiṣṭira, anima giusta, coll'animo agitato dalla sofferenza, si lamentava tormentato dal dolore, ricordando Karṇa, grande sul carro, 2 e penetrato da dolore e sofferenza sospirava ripetutamente, e afflitto dal dolore guardando Arjuna gli diceva queste parole: 3 “ se noi avessimo praticato la questua nella città dei vṛṣnị e degli andhaka, non avremmo avuta questa mala fine, avendo compiuta la strage dei parenti, 4 i nostri nemici erano i kaurava prosperi e ricchi, e noi essendoci uccisi da noi, quale frutto possiamo avere del dharma? 5 vergogna sia alla condotta degli kṣatriya, vergogna sia alla nostra forza innata, vergogna sia all'intolleranza, per cui noi siamo caduti in questa sventura, 6 virtuoso è il perdono e la disciplina, puro il disinteresse per la vendetta, la non-violenza e la parola sincera sono usi propri degli abitanti delle selve, 7 noi per avidità e confusione, ci siamo rifugiati nella stupitidà e nell'orgoglio, e abbiamo ottenuta questa situazione per godere della sovranità, 8 nessuna gioia neppure per il regno del trimundio possiamo avere, avendo veduti uccisi i parenti, che pur bramavano la terra, 9 noi per la terra li abbiamo abbattuti a terra, e non si doveva, avendoli perduti noi viviamo senza scopo avendo ucciso i parenti, 10 come cani che lottano per la carne, non essendo noi dei cani, e quella carne per noi è vana, avendola mangiata, 11 neppure per l'intera terra, né per mucchi d'oro, né per tutte le vacche e i cavalli si dovevano perdere quelli che furono uccisi, 12 pieni di desiderio e di furia, caduti nell'ira e nell'intolleranza, salendo sul carro della morte, sono andati alla dimora del figlio di Vivasvat, 13 cercando per loro molta fortuna, i padri hanno cura dei figli, col tapas e lo studio casto, coll'obbedienza e la pazienza, 14 con digiuni e sacrifici, con voti e fauste feste, le madri ottengono i figli, portandoli per dieci mesi, 15 'se con fortuna nasceranno, e se dopo nati vivranno, se avranno forza fin dalla nascita, e se ci daranno gioia, qui e nell'altro mondo.' così pietose attendono il loro frutto, 16 per loro questo aspettativa fu negata, e fu interamente infruttuosa, giacché i loro figli furono uccisi giovani coi loro lucidi bracciali, 17 senza aver goduto dei beni della terra, senza aver pagato i loro debiti, ai padri, e agli dèi, sono andati alla dimora del figlio di Vivasvat, 18 quando per loro dunque, ai genitori era nato la possibilità di aver il frutto che poteva nascere dalla loro forza e bellezza, questi sovrani furono uccisi, 19 pieni di desiderio e furia, adornati da collera e gioia, non godranno mai in alcun modo del frutto della loro nascita, 20 quelli uccisi dei pāñcāla e dei kuru, e noi che non fummo uccisi, otterremo i mondi senza onore per le nostre azioni, 21 noi saremo ricordati come la causa della distruzione del mondo, e noi dovremmo precipitare per la cattiva condotta del figlio di Dhṛtarāṣṭra, 22 egli fu sempre di cattivo consiglio, pieno d'odio, vivendo di inganni, di falsa condotta sempre verso di noi, che non lo offendavamo, 23 bramando la nostra parte, né noi né loro l'hanno conquistata, né loro hanno goduto della terra, delle donne e della musica, 24 non furono ascoltati i consigli dei ministri, e le parole dei sapienti, e non vennero le preziosissime gemme, né la terra, né le ricchezze, 25 vedendo la nostra prosperità, egli divenne pallido, triste, e verde di rabbia, e dal figlio di Subala fu informato il sovrano Dhṛtarāṣṭra, 26 e il padre asioso per il figlio gli permettevva di avere quella cattiva condotta, e di non curarsi del padre, del figlio di Gaṅgā e di Vidura, senza dubbio Dhṛtarāṣṭra è finito come io sono finito, 27 non avendo disciplinato quel figlio avido, impuro, e in preda al desiderio, è decaduto dall'accesa gloria, avendolo fatto uccidere coi suoi fratelli, 28 e gettando nel fuoco della sofferenza questi due vecchi, Suyodhana, sempre con mente malvagia fu pieno di odio per noi, 29 quale parente essendo di nobile nascita, poteva così parlare verso gente amica, come quel vile ha parlato, bramoso di guerra in presenza del vṛṣṇi? 30 e noi per nostra colpa siamo perduti per anni eterni, avendo bruciato tutti i luoghi, come per l'energia del sole, 31 quell'uomo fu ostile a noi, finito preda di cattivi consigli, e per causa di Duryodhana questa famiglia è stata abbattuta, e fatta strage di chi non si doveva uccidere, siamo caduti nel biasimo del mondo, 32 e il re Dhṛtarāṣṭra avendo posto sul trono quel folle, dal male agire, che ha compiuto la fine di questa stirpe, oggi si duole, 33 quei prodi furono uccisi, il male fu commesso, il regno è distrutto, dopo averli uccisi è fugata la furia in noi, ma la sofferenza mi tormenta, 34 o Conquista-ricchezze, il male compiuto si distrugge coll'espiazione, abbandonando ancora il male, e non più compiendolo, così sta scritto, 35 lasciandolo dalla nascita alla morte, quando le scritture dicono che non vi fu, chi ha posto mente alla giusta via raggiunge allora il brahman, 36 da muni o Conquista-ricchezze, lontano dagli opposti, dotato di sapienza, consigliandomi con voi tutti, io me ne andrò nella foresta o tormenta-nemici, 37 non si può ottenere il più intero dharma, così è scritto, e questo io l'ho sperimentato coi miei occhi o uccisore di nemici, 38 io ho commesso un male, per desiderio di possesso, e non sono in grado di ottenere quanto stabilito alla fine della vita, così è scritto, 39 quindi lasciando ogni possesso, e il regno intero, me ne andrò libero, privo di dolore, e di ogni ansia, 40 governa tu questa terra, in tranquillità, distrutte tutte le spine, non vi è scopo alcuno per me del regno, né dei godimenti o migliore dei kuru.” 41 dette queste parole, il dharmarāja Yudhiṣṭira, rimaneva in silenzio, e allora il pṛthāde suo fratello minore parlava. VIII 1 Vaiśaṃpāyana disse: quindi Arjuna diceva, come uno che non tollera gli insulti, e coll'ardimento a dire cose dure, queste parole molto appropriate, 2 il figlio di Indra mostrandosi fiero e di fiero ardimento, sorridendo quello splendidissimo, leccandosi un istante le labbra: 3 “ che dolore e che sventura, che suprema debolezza è che tu compiuta un'impresa immortale, abbandoni la suprema prosperità, 4 avendo ucciso i nemici e conquistata la terra, seguendo il proprio dharma, uccisi i nemici, perché tutto ciò vuoi lasciare per debolezza di mente? 5 quando mai un eunuco oppure uno che procastina le cose ha avuto un regno? per quale motivo infiammato dall'ira hai ucciso questi sovrani? 6 chi vuole vivere questuando, con nessuna delle sue azioni, può far splendere le sue imprese, da povero gettando la fortuna, in tutti i mondi è noto che non otterrà figli o animali, 7 vivendo o sovrano, seguendo la peggiore condotta dei mendicanti, avendo abbandonato il regno e la prosperità che dirà di te il mondo? 8 abbandonando ogni impresa, gettando la fortuna, da povero, come puoi dire di praticare la questua tu che possiedi la terra o potente? 9 nato in una stirpe di re, avendo vinto l'intera terra, abbandonando interamente dharma e artha per follia vuoi stare nella selva, 10 dei disonesti rovineranno queste sacre oblazioni, da te signore abbandonate, e la colpa ti colpirà, 11 la povertà è mancanza di benedizione, così affermò Nahuṣa, avendo compiuto inganni in povertà, vergogna sia ai poveri quaggiù, 12 non provvedere al futuro è giusto per i ṛṣi, e questo tu lo sai, quanto è nel dharma, dicono che proviene dalla ricchezza, 13 gli ruba il dharma, chi priva uno della ricchezza, privati della ricchezza o re, perché dovremmo perdonare il ladro? 14 calunniosamente si guarda un povero che ti sta vicino, il peccato di un povero chi lo può perdonare al mondo? 15 chi è decaduto se ne duole o re, e pure il povero se ne duole, non vediamo differenza tra un povero e uno decaduto, 16 dalle ricchezze sono mantenuti i poteri prima e dopo, e tutti i riti vi nascono, come i fiumi dalle montagne, 17 dalla ricchezza sorgono dharma, kāma e paradiso o signore di uomini, e il sostegno della vita al mondo, senza ricchezze non si produce, 18 dell'uomo privo di ricchezze, o di scarse ricchezze, si estinguono tutti i riti, come i torrenti nella stagione calda, 19 chi ha ricchezze ha amici, chi ha ricchezze ha parenti, chi ha ricchezze è un uomo al mondo, chi ha ricchezze è un sapiente, 20 se un povero desidera ricchezza non è in grado di ottenerla, le ricchezze sono legate alle ricchezze, come i grandi elefanti agli elefanti, 21 dharma, kāma e paradiso, gioia, ira, scritture e disciplina, tutte queste cose sorgono dalla ricchezza o signore di uomini, 22 la stirpe proviene dalla ricchezza, e dalla ricchezza sorge il dharma, non è del privo di ricchezza questo mondo, né l'altro o migliore degli uomini, 23 il privo di ricchezze non può seguire secondo le regole le azioni del dharma, dalla ricchezza scorre il dharma come i fiumi montani dalla montagna, 24 chi è magro di cavalli, di vacche, di servi, e magro di ospiti, costui o re è di certo il magro, non chi è magro solo di corpo, 25 osserva rettamente, guarda come sono dèi e asura, prosperano gli dèi o re, per qualcosa d'altro che per l'uccisione dei parenti? 26 se non si dovesse prendere, come si potrebbe dar seguito al dharma? di tal fatta nei veda fu fissata l'opinione dei saggi, 27 si devono studiare i tre veda, e diventarne sapienti, e prendere ovunque ricchezze, e sacrificare con impegno, 28 con la violenza, gli dèi hanno ottenuto tutti i loro divini stati, così agiscono gli dèi, e così stabiliscono gli eterni veda, 29 studiare i veda, praticare il tapas, sacrificare e far sacrificare, questa è interamente la cosa migliore che si deve altrimenti compiere, 30 noi non vediamo mai nessuna ricchezza che non sia predata, è così che i re conquistano la terra, 31 e vincendola la dicono propria, come i figli riguardo alla ricchezza paterna, dei re ṛṣi che vincono il paradiso, si proclama che possiedono il dharma, 32 come dall'oceano pieno si muovono le acque in ogni direzione, così dalla famiglia reale la ricchezza invade la terra, 33 questa terra era di Dilīpa, di Nṛga, e di Nahuṣa, di Ambarīṣa e di Māndhātṛ, e ora è terra tua, 34 un sacrificio fatto di ricchezze con ogni dakṣiṇa ti aspetta, se tu non sacrificherai o re, ne avrai una colpa verso gli dèi, 35 i re che celebrano l'aśvamedha pieno di dakṣina, compiendo la loro purificazione, rendono puri tutti quanti, 36 il Mahādeva, forma universale, in un grande rito, sacrificio universale, sacrificava tutti gli esseri e pure sé stesso da sé, 37 eterna è questa via di prosperità, è non ha fine, abbiamo udito, questa è la grande via chiamata dāśaratha, non seguire una cattiva via o re!” IX 1 Yudhiṣṭira disse: “ per un momento resta concentrato ascoltando l'animo dentro di te, e avendo capito dopo averle udite, approverai le mie parole, 2 mai io posso andare lungo la via che porta all'utile da te di nuovo posta, io procederò abbandonando le gioie della civiltà, 3 se mi chiedi quale sia la via auspicabile da fare da solo, o anche se non vuoi chiedere, ascolta pure non chiedendo, 4 abbandonando la felice condotta civile, praticando un grande tapas, io vivrò nella foresta nutrendomi di frutti assieme agli animali, 5 sacrificando ad Agni quando occorre, e facendo le abluzioni due volte al giorno, smagrito, parco nel mangiare, e portando la crocchia e vesti di pelle e corteccia, 6 col caldo, il freddo e il vento, sopportando fame, sete e fatica, disseccando il mio corpo col tapas stabilito dalle regole, 7 sempre ascoltando le voci grandi e piccole, gioia dell'animo e delle orecchie, di animali e uccelli che lieti vivono nelle selve, 8 annusando i gradevoli profumi dei fiori che crescono sugli alberi, e guardando i piacevoli abitanti di varie forme che stanno nella foresta, 9 e pure alla vista delle genti rifugiate nella foresta che abitano insieme, io non compirò alcun male, che mi servono dunque gli abitanti delle città, 10 con condotta devota riflettendo, vivendo di frutta matura e no, con frutti selvatici, con parole e acque venerando avi e dèi, 11 così la regola aspra e più aspra delle scritture forestali, seguendo, io attenderò la fine di questo corpo, 12 oppure da solo, prendendo una volta al giorno da un solo albero il mio vitto, silenzioso, rasato distruggerò il mio corpo, 13 ricoperto di polvere, rifugiandomi in luoghi vuoti, o abitando tra le radici di alberi, abbandonando ogni piacere e dispiacere, 14 non dolendomi, né rallegrandomi, uguale nell'offesa e nell'elogio, divenuto senza espettativa, né possesso, lontano dagli opposti, e dall'avere, 15 contento di me stesso, con anima tranquilla, agendo da cieco, sordo e paralizzato, non farò nessuna parola mai con chiunque, 16 non facendo violenza a nessuno dei mobili e immobili dei quattro tipi, uguale verso tutte le creature viventi che stanno nel proprio dharma, 17 e neppure deridendo chicchessia, né inarcando mai le ciglia, sempre parlando correttamente, con tutti i sensi sotto controllo, 18 senza chiedere la strada a chichessia, viaggiando su quella che viene, non volendo andare in nessun luogo o direzione particolare, 19 indifferente al viaggio e senza guardare indietro, camminando rettamente concentrato, trascurando mobili e immobili, 20 la propria natura procede per prima, e poi vengono i cibi, senza pensare agli opposti e a tutti i pericoli, 21 scarso, o cibo insipido non avendo ottenuto nella prima casa, andando in altre per averne, fino a raggiungerne sette senza averne ottenuto, 22 quando il fuoco è spento e senza fumo, il pestello gettato, e la gente ha mangiato, quando è passato il tempo di preparare il pasto, e i mendicanti sono andati, 23 io cercando cibo in questo momento, in due case e fino a cinque, libero dai legami del desiderio, io vagherò per questa terra, 24 senza alcun desiderio di vivere, e senza tentare di morire, senza rallegrarsi né odiare la vita e la morte, 25 per uno che mi taglia un braccio, o un altro che mi spalma di sandalo, non pensando per questi due né benefico ne maleficio, 26 tutti quei riti dei vivi che sono in grado di condurre alla prosperità, tutti questi abbandonando, vivendo il puro istante, 27 sempre distaccato da queste cose e abbandonando ogni azioni dei sensi, senza aver alcuna aspettativa, purificandomi da ogni colpa, 28 libero da ogni desiderio, liberato da ogni rete di legami, stando libero da chichessia, praticando la condotta del vento, 29 vivendo eliminando le passioni, così otterrò l'eterna soddisfazione, per avidità e per ignoranza io ho commesso un grande male, 30 alcuni uomini compiendo azioni benigne e cattive, mantengono di certo le loro genti coerentemente a causa di quanto fanno, 31 alla fine della vita, abbandonando il corpo privo di vita, ottengono questo male, questo è il frutto dell'agire del suo autore, 32 così girando la ruota del saṃsāra, come la ruota di un carro, ritornano in un corpo, dopo aver ridotto il proprio negli elementi elementari, 33 afflitto da nascita morte, vecchiaia, malattie e dolore, è questo saṃsāra debole, e svavorevole, per chi abbandona il bene, 34 quando gli dèi cadono dal cielo e i grandi ṛṣi dal loro stato, quale uomo che conosce le vere cause può essere desideroso del mondo? 35 compiendo varie azioni di ciascuno dei vari generi, i sovrani, i principi, sono obbligati da scarse cause, 36 perciò questa immortale saggezza, a lungo mi è stata presente, e ottenutola, io desidero di certo questo imperituro ed eterno stato, 37 con questa condotta sempre vivendo, in questa maniera, io porterò a compimento questo corpo, saldo sulla via priva di paura.” X 1 Bhīma disse: “ la tua idea è come quella di un brahmano sciocco e ignorante, che recita i veda senza cervello, non è questa una vera visione del problema, 2 posto mente all'inazione, senza seguire il dharma dei re, che frutto avrà dunque la distruzione dei figli di Dhṛtarāṣṭra o toro dei bhārata? 3 pace, compassione, gentilezza e assenza di crudeltà non si trovano nella via praticata dagli kṣatriya, né dentro di te e dei parenti, 4 se noi avessimo conosciuto questa tua vera intenzione, non avremmo preso le armi, né avremmo ucciso nessuno, 5 avremmo praticato la questua, per la liberazione del corpo, e non vi sarebbe stata questa terribile guerra tra i sovrani, 6 i saggi dicono che tutto questo è il cibo per la vita, l'intero universo di mobili e immobili è il nutrimento del vivente, 7 se vi sono degli avversari che si prendono il regno, questi devono essere uccisi, così dicono i saggi, sapienti del dharma kṣatriya, 8 e questi nemici del regno colle loro colpe furono uccisi da noi, e avendoli uccisi, goditi questa terra secondo il dharma o Yudhiṣṭira. 9 come un uomo che scavato un pozzo e non trovando l'acqua, sporco di fango se ne va, a questo agire è simile il nostro, 10 come salendo su un grande albero, senza prendere quindi il miele, e senza mangiare se ne va a casa, a questo agire è simile il nostro, 11 come un uomo che comincia per un desiderio un grande viaggio, e senza averlo raggiunto ritorna, a questo agire è simile il nostro, 12 come un uomo che uccisi i nemici o migliore dei kuru, poi uccidesse sé stesso, a questo agire è simile il nostro, 13 come uno affamato che trovato del cibo, e come un innamorato che raggiunta l'innamorata non ne goda a volontà, a questo agire è simile il nostro, 14 noi qui siamo censurabili, noi che di sciocco cervello, abbiamo seguito te che sei il maggiore, così o bhārata, 15 noi che siamo forti di braccia, istruiti, intelligenti, restiamo agli ordini di un eunuco come fossimo impotenti, 16 quale rifugio saremo noi per i poveri senza rifugio, avendo ottenuta la ricchezza? in che modo non ci disprezzeranno le genti vedendoci tali? 17 al tempo della sventura, si deve praticare la rinuncia, così si insegna, per quelli che sono oppressi dalla vecchiaia, e ingannati dai nemici, 18 perciò qui, quelli di piena saggezza non approvano la rinuncia, quelli che vedono il sottile pensano ciò una trasgressione del dharma, 19 come possono quelli nati così, devoti a ciò e in ciò saldi, censurando questo, rimanervi, o prendere un'altra fede? 20 la prosperità è ricercata dai poveri che ne sono privi, e per gli atei la sapienza dei sapienti dei veda, è come una falsità all'apparenza vera, 21 ma chi è capace di sostenere sé stesso da sé, affidandosi alla debolezza, non può stare, né vivere praticando la frode del dharma, 22 uno può ancora vivere felicemente nelle foreste, senza sostenere figli e nipoti, ṛṣi, dèi, ospiti e avi, 23 le antilopi non vincono il paradiso, né cinghiali o uccelli, con questo modo di vivere le genti dicono che non si ha purezza, 24 se qualcuno potesse ottenere o re, il successo colla rinuncia, monti e alberi velocemente otterrebbero il successo, 25 questi sempre appaiono nella rinuncia, privi di afflizioni, senza prendere nulla, e sempre bastando a sé stessi, 26 e se per i propri meriti e non per quelli degli altri si ottiene il successo, perciò si deve agire, non vi è successo senza azione, 27 le creature nate nell'acqua otterrebbero il successo, di esse non si trova nessun altro supporto che loro stesse, 28 guarda come il mondo è impegnato dalle azioni di ciascuno, perciò si deve agire, non vi è successo senza agire.” XI 1 Arjuna disse: “ qui raccontano una antica storia, riguardo la conversazione di Śakra con degli asceti o toro dei bhārata, 2 alcuni ri-nati, abbandonando le loro case si avviarono nella foresta, ancora senza barba, questi sciocchi ben nati, se ne partirono, 3 e affidandosi al casto studio pensavano: ' questo è il dharma.' e di costoro che avevano lasciato case e padri, Indra aveva compassione, 4 e il Beato trasformatosi in un uccello color dell'oro diceva loro: 'arduo è compiere per gli uomini la condotta di chi si nutre dei resti sacri, 5 santa è la loro azione, ed elogiabile la loro vita, questi perfetti, devoti al dharma ottengono la migliore meta.' 6 i ṛṣi dissero: ' oh bene, questo uccello elogia chi si nutre dei resti sacri, di noi dunque fa l'elogio, noi ci nutriamo dei resti sacri.' 7 l'uccello disse: ' io non elogio voi che sporchi di fango e coperti di polvere, vi nutrite da sciocchi di cibo sputato, altri sono quelli che mangiano i resti sacri.' 8 i ṛṣi dissero: ' questo è il bene supremo a cui noi siamo diretti, ma dicci o uccello, qual'e il nostro bene, e noi ti crederemo.' 9 l'uccello disse: ' se di me non dubitate, dividendovi da voi stessi, allora io vi dirò secondo verità delle utili parole.' 10 i ṛṣi dissero: ' ascoltiamo le tue parole o caro, e i sentieri che tu conosci, noi vogliamo stare ai tuoi ordini o anima pia, istruiscici.' 11 l'uccello disse: ' dei quadrupedi la vacca è il migliore, dei metalli l'oro è il migliore, dei suoni il mantra è il migliore, dei bipedi il brahmano è il migliore, 12 il mantra è stabilito fin dalla nascita come l'azione del brahmano, lungo la sua vita per il tempo stabilito e fino alla morte sulla pira, 13 le azioni vediche sono il suo supremo sentiero per il paradiso, quindi tutte le sue azioni appaiono compiute coi mantra, 14 così si cerca quaggiù la perfezione saldi recitando i testi sacri, i riti mensili e di metà mese sono rivolti a sole, luna e stelle, 15 tutti gli esseri desiderano il giusto tempo per agire, questo è il campo del successo, ed è il grande rifugio, 16 quindi gli uomini che censurano l'agire, cadono in una via errata, quindi in tutti questi sciocchi, privi di ricchezza si annida il peccato, 17 abbandonando l'eredità degli dèi, quella degli avi, e quella eterna di Brahmā, questi sciocchi vivono, quindi seguono un sentiero non tradizionale, 18 ' voi praticate il tapas e concentrazione e io darò.' così è incitato il ṛṣi, perciò uno che si impegna nel tapas è chiamato un asceta, 19 quanto spetta agli dèi, agli avi e l'eterna parte di Brahmā, distribuendo, questa è chiamata la difficile condotta del guru, 20 gli dèi compiendo queste difficili azioni, hanno raggiunto il supremo potere, perciò io vi illustrerò come sopportare l'arduo compito di vivere in casa, 21 il tapas è la migliore radice dei saggi, non vi è dubbio, colla pratica del capofamiglia, in cui tutto è radicato, 22 i savi che hanno superato gli opposti e l'egoismo, conoscono questo tapas, perciò il tapas nei mondi è chiamato la foresta mediana, 23 chi si nutre dei resti sacri raggiunge lo stato invincibile, mattina e sera dividendo il cibo secondo le regole nella propria casa, 24 dopo averne dato agli ospiti, agli dèi, agli avi, e ai propri famigliari, quelli che si nutrono del rimanente, vengono detti consumatori dei resti sacri, 25 perciò stando saldi nel proprio dharma, con fermi voti e sincera parola, divenuti guru del mondo, divengono immuni da biasimo, 26 raggiunto il terzo cielo di Śakra in paradiso, i privi di egoismo, vi risiedono per perenni anni, queste genti che compiono l'arduo a farsi.' 27 e costoro udite queste sue parole rivolte al dharma e all'artha, abbandonando la via degli increduli, si rifugiarono nel dharma domestico, 28 perciò abbracciando pure tu o invincibile questa eterna saggezza, governa l'intera terra, dopo aver uccisi i nemici o migliore degli uomini.” XII 1 Vaiśaṃpāyana disse: udito il discorso di Arjuna, Nakula diceva queste parole guardando il re, che era il migliore di tutti i sostenitori del dharma, 2 e confortando il cuore del fratello, quell'uccisore di nemici di grande saggezza, dall'ampio torace, dalle grandi braccia, dalla bocca rossa, che parlava con misura: 3 'i fuochi di tutti gli dèi sono situati nel luogo chiamato viśākhayūpa, perciò sappi o grande re, che gli dèi sono saldi nella via dell'azione, 4 e i mani che sono il supporto di credendi e non credenti, anch'essi praticano l'agire, guardane la condotta o sovrano, sappi che i non credenti sono quelli che rigettano le parole dei veda, 5 il savio senza trascurare le ingiunzioni dei veda in tutte le sue azioni, lungo la via degli dèi raggiunge la volta del cielo o bhārata, 6 ' questo supera ogni modo di vivere.' così dicono i brahmani, intenti ai veda, e dotati di sapienza, e tu ascoltali o signore di uomini, 7 dando via nei principali riti, ricchezze ottenute secondo il dharma, a uomini di anima compiuta o grande re, l'uomo è detto un rinunciatore, 8 diprezzando le gioie acquisite, rivolto a cose superiori, chi rinuncia a sé stesso o grande re, è un rinunciatore ottenebrato o potente, 9 il muni senza casa che si muove rifugiandosi tra le radici degli alberi, questo yogin che non cuoce mai, è un rinunciatore mendicante, 10 senza cadere in ira, gioia, e calunnia o signore di popoli, il savio che studia i veda, è un rinunciatore che rispetta il guru, 11 i saggi dicono che messi sulla bilancia tutti i modi di vita, da una parte il vivere domestico e dall'altra o re, gli altri tre, 12 costui vede che l'artha è kāma e paradiso o bhārata, questa è la via dei grandi ṛṣi, questa la meta dei sapienti del mondo, 13 chi così agisce in questa maniera, è un rinunciatore o toro dei bhārata, non chi in preda all'errore lasciando la casa si reca nella foresta, 14 quando un perverso che intrappolando il dharma guardi ai propri desideri, costui è legato alla gola coi lacci della morte dal re dei morti, 15 l'azione fatta coll'inganno si dice che non abbia frutto, e tutte quelle rivolte alla rinuncia o grande re, hanno grande frutto, 16 pace interiore, controllo, tapas, doni, sincerità, purezza e onestà, sacrifici, fermezza, e dharma, questa è detta la condotta dei ṛṣi, 17 chi si impegna per avi, dèi e ospiti è approvato, queste tre cose sole o grande re, danno frutto, 18 applicandosi in questa condotta seguita dai savi, il rinunciatore devoto non troverà mai distruzione, 19 Prajāpati privo di colpe o re, ha creato le creature, ' a me sacrificate con riti dalle molte dakṣiṇa.' così quell'anima controllata, 20 piante e alberi e anche erbe furono fatte per il sacrificio, e pure le vittime animali, e le offerte di burro furono per i sacrifici, 21 e la vita domestica è un impedimento per le azioni rituali, perciò la vita domestica qui è difficile a farsi e ardua da ottenersi, 22 quelli che pieni di animali e ricchezze, ottenuta la vita domestica, non sacrificano o grande re, ne hanno un colpa eterna, 23 alcuni ṛṣi sacrificano coi loro studi, altri sacrificano colla conoscenza, e altri ancora si applicano colla mente ai grandi sacrifici, 24 così stando nella strada della meditazione e del dono o sovrano, il brahmano divenuto brahman, viene invidiato dai celesti, 25 se i vari gioielli accumulati continuamente, non donerai nei sacrifici, mostrerai il tuo ateismo, io non vedo abbandono nello stare in casa o signore di uomini, 26 nei rājasūya e negli aśvamedha, oppure in tutti i sacrifici, e gli altri sacrifici o caro, venerati dai brahmani, questi celebra o grande re, come Śakra il re degli dèi, 27 per colpa e negligenza del re, dai ladri essendo derubate le creature, non dando loro rifugio, costui è chiamato un re che non protegge, 28 cavalli, vacche, e schiave, ed elefanti adornati, villaggi, regioni abitate, e campi e dimore, 29 non donando ai ri-nati, colla mente posseduta dall'avarizia, noi diventeremo dei re che non proteggono, o signore di popoli, 30 senza donare, senza dare rifugio, i re cadono nella colpa, e godono dei dolori, e mai delle gioie, 31 senza volere i grandi sacrifici, senza compiere i desideri degli avi, se tu vagherai anche senza trascurare i tīrtha, 32 come una nube rotta e mandata alla distruzione dal vento, diverrai bandito da entrambi i mondi, ti troverai nello spazio intermedio, 33 qualsiasi cosa che sia attaccata alla mente dentro e fuori, abbandonando si diviene un rinunciante, non chi la lascia e ancora vi sta, 34 vivendo con questa condotta seguita dai savi, il brahmano o grande re, non trova mai la distruzione, 35 uccidendo rapidamente i nemici prosperi, come Śakra le forze daitya in battaglia, chi felice nel proprio dharma rivelato dagli antichi è sopravissuto o pṛthāde, se ne può dolere? 36 coll'ardimento, col dharma kṣatriya, avendo vinto la terra, e donando ai sapienti dei mantra, tu andrai sulla volta del cielo o re dei re, non devi dolerti ora o pṛthāde.” XIII 1 Sahadeva disse: “ gettando le sostanze esterne non si ha successo o bhārata, e gettando la sostanza del corpo, il successo vi è o non vi è, 2 quello di chi è attaccato alle cose corporee, dopo aver abbandonato quelle esterne, questo dharma che sia pur felice, rimanga ai nostri nemici, 3 quello di chi governa la terra abbandonando le cose corporee, questo dharma e quanto vi è di gioia resti a i nostri amici, 4 di due sillabe è la morte, e di tre sillabe è il brahman eterno, il 'mio' è la morte, e il 'non-mio' è l'eterno, 5 brahman e morte questi due o re, sono nascosti nell'anima, e da invisibili, fanno senza dubbio combattere gli esseri, 6 se l'anima indistruttibile è dentro al vivente o bhārata, uccidendo il corpo degli esseri, non si commette violenza, 7 ma se la distruzione del vivente avviene colla sua origine, nel distruggere il corpo, può essere distrutta, e vana è la via del sacrificio, 8 perciò questa idea, fu rigettata dagli antichi e dai primi, il sentiero che è seguito dai virtuosi, deve essere seguito dal sapiente, 9 ma avendo ottenuta l'intera terra con mobili e immobili, il sovrano che non ne goda, ne ha la vita del tutto infruttuosa, 10 chi risiede nella foresta o re, vivendo di frutti selvatici, ma che ha desiderio di ricchezze, costui vive in preda alla morte, 11 guarda la tua natura che è interna ed esterna agli esseri o bhārata, quelli che vedono questa natura, si liberano dalla grande paura, 12 tu sei il padre, tu sei la madre, tu il fratello, tu il guru, questi miei lamenti di dolore da afflitto devi perdonarmi, 13 se vero o se falso quanto io ho pronunciato, sappi o protettore della terra, che lo fu per devozione o migliore dei bhārata.” XIV 1 Vaiśaṃpāyana disse: rimasto silenzioso il kuntīde, il dharmarāja, Yudhiṣṭira, dopo che i fratelli avevano detto quelle varie asserzioni dei veda, 2 quella splendida figlia di una grande stirpe, dai grandi occhi, Draupadī, la migliore delle donne, diceva al re dei re, 3 a quel toro fra i re, seduto e attorniato dai fratelli, simili a leoni e tigri, come un capobranco dagli elefanti, 4 sempre orgogliosa specialmente riguardo a Yudhiṣṭira, e sempre amata dal re, era quella sapiente e seguace del dharma, 5 dalle ampie natiche, salutandolo con dolci e bellissime parole, guardando il marito allora queste parole diceva: 6 “ questi tuoi fratelli o pṛthāde, si sono sgolati come uccelli stokaka, standoti davanti a parlare, e tu non sei d'accordo con loro, 7 che rumoreggiano o grande re, come grandi elefanti furiosi, sempre con appropriate parole, afflitti dal dolore, 8 perché un tempo nella selva dvaitavana o re, hai detto quelle parole, a questi tuoi fratelli tutti insieme afflitti dal vento, dal freddo e dal caldo? 9 ' noi ucciso Duryodhana in battaglia, godremo della terra intera, cercando in battaglia di conquistare ogni cosa desiderabile, 10 privando dei carri i guerrieri, e uccidendo i grandi elefanti, e spargendo di carri coi loro conducenti la terra o uccisori di nemici, 11 celebrerete vari opulenti sacrifici con ricche dakṣiṇa, i dolori avuti nell'esilio della foresta, saranno per la nostra felicità.' 12 così avendo tu parlato spontaneamente a loro o migliore dei sostenitori del dharma, come puoi ora di nuovo deprimere i loro animi? 13 il debole non gode della terra, il debole non ottiene ricchezze, non vi sono figli nella casa dell'eunuco, come non vi sono pesci nel fango, 14 senza il bastone non splende lo kṣatriya, né senza bastone ottiene la prosperità, né le creature di un re senza bastone, prosperano felici o bhārata, 15 l'amicizia verso tutti gli esseri, le donazioni, lo studio e il tapas, questo è il dharma del brahmano, non è quello del re, o migliore dei re, 16 la punizione dei malvagi, e la protezione dei virtuosi, e il non fuggire in battaglia, questo è il supremo dharma dei re, 17 in chi vi è tranquillità e collera, dare e avere, paura e coraggio, punizione e perdono, costui è detto un sapiente del dharma, 18 né con l'erudizione, né col donare, né con la gentilezza o coi riti, tu hai ottenuto la terra, e neppure colla corruzione, 19 ma quell'esercito di nemici valorosamente preparato, dotato di elefanti, cavalli e carri, e grandissimo in queste tre schiere, 20 protetto da Droṇa e da Karṇa, da Aśvatthāman, e da Kṛpa, da te è stato distrutto o valoroso, perciò godi ora della terra, 21 la terra della melarosa o grande re, piena di molte popolazioni, è stata sbaragliata o tigre fra gli uomini, dal tuo bastone o potente, 22 e similmente alla terra della melarosa, la krauñcadvīpa o signore di uomini, ad ovest del grande meru, è stata sbaragliata dal tuo bastone, 23 e similmente alla krauñcadvīpa, o signore di uomini, la śākadvīpa ad est del grande meru, è stata sbaragliata dal tuo bastone, 24 e quella simile alla śākadvīpa, a nord del grande meru, la bhadrāśva o tigre fra gli uomini è stata sbaragliata dal tuo bastone, 25 e le altre regioni e le altre varie isole sedi di varie popolazioni, che penetrano nel mare o valoroso, sono state sbaragliate dal tuo bastone, 26 e avendo tu compiuto queste incomparabili imprese o bhārata, non ti rallegri o grande re, pur onorato dai brahmani, 27 rallegrati o bhārata, vedendo questi tuoi fratelli, celebrati come tori, e possenti come grandi elefanti, 28 in tutto simili ad immortali, siete uccisori e tormentatori di nemici, uno solo di voi sarebbe stato sufficente per la mia felicità, così io credo, 29 come dunque non, che voi siate miei mariti tigri fra gli uomini, tori degli umani, come i cinque sensi uniti nel muovere il corpo? 30 falsamente mi ha parlato la suocera, sapiente di tutto e che tutto vede: ' Yudhiṣṭhira di darà la suprema felicità o pāñcāli.' 31 avendo uccise molte migliaia di re, di rapido ardimento, io vedo che è stato vano per la tua confusione o signore di genti, 32 tutti quelli che hanno i fratelli maggiori impazziti li seguono, e per la tua insania o re dei re, tutti i pāṇḍava sono insani, 33 se i tuoi fratelli non fossero insani, o signore di genti, imprigionandoti assieme agli atei, governerebbero la terra, 34 agisce da stupido chi non persegue il proprio meglio, con incensi e unguenti profumati, presi per il naso, con questi rimedi sia trattato chi percorre la via errata, 35 io sono la più vile delle donne al mondo o toro dei bhārata, io che così voglio vivere pur offesa dai nemici, 36 che nella disgrazia costoro si sforzeranno di attaccarci, dopo che tu avuta l'intera terra, compi la tua stessa sventura, 37 come erano quei due supremi re, celebrati dai re sulla terra, Māndhātṛ e Ambarīṣa, così tu ora appari o re, 38 proteggi le creature nel dharma, e governa la divina terra, coi suoi monti, foreste e isole, non rimanere abbattuto, 39 celebra svariati sacrifici, sacrificando ad Agni, e fai donazioni, di città, di beni, e di vesti ai brahmani o supremo sovrano.” XV 1 Vaiśaṃpāyana disse: udite le parole della figlia di Yajñasena, di nuovo Arjuna diceva chiedendo il permesso al signore dalle grandi braccia, al fratello maggiore: 2 “ il bastone corregge tutte le creature, il bastone pure le protegge, il bastone risveglia gli addormentati, i saggi dicono che è il dharma il bastone, 3 il bastone custodisce il dharma, e pure l'artha o signore di uomini, il bastone protegge il kāma, il bastone si dice sia trivalente, 4 col bastone si protegge il grano, col bastone si protegge la ricchezza, così sapendo accetta la tua natura e guarda alle cose del mondo, 5 molti malvagi per paura del bastone del re non compiono il male, e molti pure per paura del bastone di Yama e per paura dell'aldilà, 6 alcuni malvagi per reciproca paura non compiono il male, così essendo di natura il mondo, tutto è fondato sul bastone, 7 molti per paura del bastone non si divorano l'un l'altro, e nella cieca tenebra sprofonderebbero se il bastone non li proteggesse, 8 in quanto doma gli indisciplinati, e castiga i male agenti, per il suo domare e castigare, perciò i saggi lo chiamano daṇḍa, 9 il bastone dei brahmani è la parola, quello degli kṣatriya è offrire il braccio, la multa è il bastone del vaiśya, e lo śūdra si dice che non ha punizione, 10 per evitare gli errori dei mortali, e per proteggere la ricchezza, le regole sono stabilite al mondo nel segno del bastone o signore di popoli, 11 dove vi è uno scuro punitore dagli occhi rossi, prospera la gioia, là le creature non errano, se la guida guarda rettamente, 12 il brahmacārin, il capofamiglia, chi vive nella foresta, e il mendico, tutti questi uomini per timore del bastone stanno sulla retta via, 13 chi è senza timore non sacrifica o re, il senza timore non vuole donare, e un uomo senza timore non vuole restare ai patti, 14 non senza trafiggere i corpi altrui, non senza compiere crudeli azioni, non senza uccidere come il pescatore, si ottiene una grande prosperità, 15 chi non uccide non ha fama quaggiù, né ricchezza, né ancora sudditi, Indra coll'uccisione di Vṛtra ha ottenuto il grande regno, 16 e gli dèi che sono uccisori, sono grandemente venerati dal mondo, Rudra è un uccisore, e Skanda, Śakra, Agni, Varuṇa e Yama, 17 uccisore è Kāla, e Vāyu, la Morte, Kubera, e il sole, i vasu, i marut, i sādhya, e i viśvedeva o bhārata, 18 a questi dèi si inchinano le genti potenti e intelligenti, non a Brahmā, non a Dhātṛ, non a Pūṣan in alcun modo, 19 questi dèi che sono neutrali verso tutti gli esseri, e devoti alla pace, solo da alcuni uomini pacifici in tutte le loro azioni, sono venerati, 20 io non vedo al mondo nessuno che viva senza violenza, i viventi vivono di viventi, i più forti dei deboli, 21 la mangusta mangia i topi, è il gatto la mangusta, il cane divora il gatto o re, e gli animali selvatici i cani, 22 e l'uomo mangia tutti questi, guarda il dharma come viene, l'intero universo di mobili e immobili è cibo per i viventi, 23 questa regola fu stabilita dagli dèi, e qui il sapiente non si confonde, come sei stato creato o re dei re, così devi vivere, 24 solo gli sciocchi si rifugiano nella foresta trattenendo ira e gioia, senza uccidere neppure gli asceti si sostengono in vita, 25 molti viventi vi sono nell'acqua, sulla terra e nei frutti, e nessuno può evitare di ucciderli, in quale altro modo si sostiene la vita? 26 molti esseri sono di natura piccolissima conoscibili solo col ragionamento, e al cadere di un batter d'occhio costoro vanno a completa distruzione, 27 i muni uscendo dai villagi, hanno vinta ogni collera ed egoismo, e quelli di vita domestica nella foresta appaiono confusi, 28 arando la terra, tagliando erbe e alberi, e uccelli e animali, gli uomini celebrano i sacrifici, e ne ottengono il paradiso, 29 tutti trovano il successo impegnandosi a infliggere la legge del bastone, a tutti gli esseri o kuntīde, io qui non ho dubbi, 30 se non ci fossero le punizioni al mondo le creature perirebbero, i più forti impalerebbero i deboli come pesci da cuocere, 31 il vero fu detto un tempo da Brahmā: ' la punizione ben condotta protegge le creature.' guarda i fuochi, essi si spengono senza timore, ma rimproverati per timore fiammeggiano, 32 come quando c'è la ceca tenebra non si vede alcunchè, se non vi fosse il bastone al mondo a dividere i buoni dai cattivi, 33 pure quelli che rompono i limiti, i non credenti, gli spregiatori dei veda, anche questi si comportano bene colpiti dalle punizioni, 34 tutto il mondo è vinto dal bastone, l'uomo puro è arduo da trovarsi, e intimorito dalla paura del bastone si comporta bene, 35 per non confondere i quattro varṇa, e per la loro buona condotta, il bastone fu stabilito dal creatore a proteggere dharma e artha, 36 se non temessero il bastone, uccelli e sciacalli, mangerebbero bestie e uomini, e anche le offerte per i sacrifici, 37 lo studente non studierebbe, la buona vacca non sarebbe munta, né si sposerebbe la vergine, se il bastone non vigilasse, 38 ogni trasgressione fiorirebbe, e si romperebbe ogni limite, e la proprietà non sarebbe riconosciuta, se il bastone non vigilasse, 39 in sicurezza non risiederebbero ai sattra annuali, con molte dakṣiṇa secondo le regole, se il bastone non vigilasse, 40 non praticherebbero il dharma negli āśrama, come stabilito dalla tradizione, e nessuno otterrebbe la sapienza, se il bastone non vigilasse, 41 né cammelli, né buoi, né cavalli, muli e asini, aggiogati trainerebbero i carri, se il bastone non vigilasse, 42 né i servi né i fanciulli obbedirebbero mai agli ordini, né starebbero al dharma dei padri, se il bastone non vigilasse, 43 i saggi dicono che tutte le creature sono fondate sul bastone, il bastone è la paura nel bastone vi è il fondamento del paradiso e del mondo umano, 44 non si mostra là inganno o male, o frode, dove il bastone distruttore di nemici agisce in bel modo, 45 i cani prenderebbero il burro sacrificale, se il sicuro bastone non fosse alzato, i corvi ruberebbero le focacce sacre, se il bastone non vigilasse, 46 se questo regno ci fu dato secondo il dharma o contro il dharma, non si deve dolersene, godine i beni e sacrifica, 47 i fortunati con abiti puliti, praticano felicemente il dharma, risiedendo con le care mogli, e consumando ottimo cibo, 48 impegnati tutti nell'artha, e dipendendo da esso, non vi è dubbio, e questo dipende dal bastone, guarda l'importanza del bastone, 49 l'insegnamento del dharma è fatto quaggiù per il mantenimento del mondo, la non-violenza e la violenza appropriata, sono la migliore radice del dharma, 50 nessuno è troppo pieno di qualità né troppo privo di esse, e in tutte le azioni appaiono entrambe queste cose: il bene e il male, 51 tagliata la virilità degli animali, e quindi legandoli per il naso, portano molti pesi, vengono legati e addestrati, 52 quando questo mondo è così confuso, e a pezzi sulla cattiva via, con queste leggi o grande re, agisci nel dharma antico, 53 sacrifica, dona, proteggi le creature, custodisci il dharma, uccidi i nemici o kuntīde, e proteggi gli amici, 54 e non aver ansie per aver ucciso i nemici o bhārata, chi l'ha fatto non ha qui nessuna colpa o bhārata, 55 chi arco in mano, uccida uno giunto coll'arco in mano, per questo non è un uccisore di bimbi, è furore contro furore, 56 l'anima interiore di tutti gli esseri è inviolabile, non vi è dubbio, ed essendo inviolabile l'anima, come vi può essere un'uccisione? 57 come un uomo di nuovo entra in una casa nuova, così il vivente ottiene ciascuno dei suoi corpi, 58 lasciando i vecchi corpi, di nuovi ne acquista, così è l'aspetto della morte, dicono le genti che vedono il vero.” XVI 1 Vaiśaṃpāyana disse: udite le parole di Arjuna, Bhīmasena grandemente sdegnato, affidandosi all'intelligenza quello splendido diceva al fratello maggiore: 2 “ o re, tu sei sapiente del dharma, non vi è nulla di sconosciuto per te sulla terra, noi cerchiamo di imitare la tua condotta, ma non ne siamo capaci, 3 ' io non parlerò, io non parlerò.' così era la mia intenzione, ma per il grande dolore io parlerò, ascolta o signore di genti, 4 tutta questa incertezza è certo fatta per tua confusione di mente, e noi siamo caduti nell'agitazione e pure nella debolezza, 5 come può il re del mondo esperto di ogni scrittura, cadere nella confusione per la tristezza, come un vile? 6 l'origine e la meta del mondo sono da te conosciute, del futuro e del presente non vi è nulla di sconosciuto per te o potente, 7 così stando le cose o grande re, riguardo il regno o signore di genti, io parlerò qui con logica, ascolta con mente attenta, 8 di due tipi nasce il tormento, corporale e mentale, e uno dall'altro nascono i due e non si trovano separati, 9 da quello del corpo nasce il disagio della mente, non vi è dubbio, e da quello mentale nasce il disagio corporale, così si afferma, 10 chi dunque si duole del dolore passato, corporale o mentale, ottiene dolore dal dolore, e in due afflizioni si dibatte, 11 il caldo e il freddo, e l'aria sono i tre aspetti che nascono dal corpo, e l'equilibrio di queste qualità dicono che sia segno di star bene, 12 e in una qualche sovrabbondanza di questi occorre una medicina, col caldo si previene il freddo, e col freddo si previene il caldo, 13 sattva, rajas e tamas, sono le tre qualità della mente, colla gioia si cura il dolore, e la gioia è curata dal dolore, 14 uno che vive nella gioia, vuole ricordarsi del dolore, e uno che vive nel dolore, vuole ricordarsi della gioia, 15 non del dolore se sei addolorato, e non della gioia se sei gioioso, il dolore non nasce dalla gioia, e la gioia non nasce dal dolore, 16 tu devi ricordare o kauravya, che il destino è il più forte, se questa e la tua natura, da questa o principe tu sei trascinato, 17 avendo visto portata nella sala Kṛṣṇā, con una sola veste e mestruata, dai nemici dei figli di Pāṇḍu, non te ne vuoi ricordare, 18 e dell'esilio dalla città, vestiti di pelli, e della residenza nella foresta non te ne vuoi ricordare, 19 e l'offesa fatta da Jaṭāsura, e la sfida di Citrasena, e l'offesa del re dei sindhu, come le puoi dimenticare? e ancora quando vivevamo nascosti il colpo di piede dato da Kīcaka? 20 e quando vi fu la battaglia con Droṇa e con Bhīṣma o uccisore di nemici, tu ti sei impegnato con tutto l'animo in quella terribile battaglia, 21 laddove non fu l'azione delle frecce, né degli amici né dei parenti, ma tu impegnato in battaglia hai dovuto combattere con tutto l'animo, 22 se perdendo quella battaglia tu avessi perso la vita, avuto un altro corpo ancora con quello combatteresti, 23 perciò anche ora devi andare alla battaglia o toro dei bhārata, e avendola vinta o grande re, avrai compiuto ogni cosa, 24 e saldo in questa certezza sull'origine e la fine dei viventi, governa questo regno rettamente nella condotta degli antenati, 25 per fortuna il malvagio Duryodhana è stato ucciso il battaglia col suo seguito, per fortuna tu hai rimesso in ordine i capelli di Draupadī, 26 celebra il sacrificio del cavallo pieno di dakṣiṇa secondo le regole, e noi saremo i tuoi attendenti o pṛthāde, e anche il valoroso Vāsudeva.” XVII 1 Yudhiṣṭira disse: “ scontento, intossicato, folle, furioso e senza pace sei, la forza e la confusione, l'orgoglio e pure l'agitazione interamente, 2 da questi mali invaso tu desideri godere del regno, privo di desideri, liberato, e in pace trova la felicità, 3 il sovrano che da solo governi l'intera terra, avrà un solo stomaco, perché dunque tu elogi questo? 4 questo non si può riempire in un giorno, e neppure in un mese o toro degli uomini, un desiderio inestinguibile non si può estinguere neppure in una vita, 5 finché è alimentato il fuoco brucia, senza alimentarlo si spegne, con poco cibo dunque estingui il fuoco acceso del tuo stomaco, vinci il tuo stomaco, e hai vinto miglior cosa dell'aver vinto la terra, 6 tu elogi la sovranità e i beni desiderabili per gli uomini, quelli che non ne hanno, senza forza raggiungono il supremo stato, 7 a ottenere un regno prospero nel dharma o nell'adharma tu ti fissi, lìberati da questo grande peso, e rifùgiati nella rinuncia, 8 la tigre per riempire un solo stomaco lascia molti resti, e altri animali che hanno meno energia vivono di questi, 9 se da asceta uno pratica la rinuncia abbandonando il regno, certo i re non sono felici, guarda ben dentro alla cosa, 10 il re che si nutre di foglie, che macina il grano, e chi lo mangia da macinare, chi vive di acqua, e chi vive di vento, tutti costoro hanno vinto l'inferno, 11 tra il sovrano che governi completamente questa terra intera, e chi guarda uguale a sassi e oro, certo non è il sovrano il perfetto, 12 astenendoti da ogni aspettativa, senza desideri, senza possesso diventa, raggiungi lo stato senza dolore quaggiù, è l'imperituro nell'aldilà, 13 i senza desideri non soffrono, per quale desiderio tu soffri? lasciando ogni desiderio ti liberi dalle false accuse, 14 due sono le vie conosciute, la via dei padri, e la via degli dèi, chi sacrifica è nella via dei padri, chi si libera è nella via degli dèi, 15 col tapas, colla castità, collo studiare, i purificati lasciati i corpi splendono senza cadere in mano alla morte, 16 il desiderio è un legame al mondo, e il desiderio quaggiù è chiamato il karma, il liberato da questi legami, ottiene il supremo stato, 17 e pure recitano questa strofa cantata da Janaka, che era lontano dagli opposti, liberato, e che guardava alla liberazione: 18 ' infinita è la mia ricchezza, e io non possiedo nulla, se l'intera città di mithilā bruciasse, a me non brucerebbe nulla.' 19 saliti sulla piattaforma della saggezza, non si soffre per le genti che soffrono, come uno su una montagna che guarda gli sciocchi che stanno a terra, 20 chi guarda il visibile, è uno intelligente che vede col suo sguardo, l'intelletto è così chiamato dal capire e dalla conoscenza delle cose sconosciute 21 chi dunque conosce le parole di chi ha la suprema conoscenza del brahman, dei sapienti dall'anima compiuta, ottiene grande stima, 22 quando si veda come una sola, la natura dei singoli esseri, allora si ottiene l'estensione del brahman, 23 le genti ignoranti e di piccola mente non raggiungono questa meta, né i privi di intelligenza nè di tapas, nell'intelletto tutto è radicato.” XVIII 1 Vaiśaṃpāyana disse: al re rimasto silenzioso, però di nuovo diceva Arjuna, tormentato da dolore e sofferenza, colpito dalle pungenti parole del re: 2 “ le genti raccontano qui una storia un tempo accaduta, riguardo alla conversazione del re dei videha, con sua moglie o bhārata, 3 al sovrano che abbandonato il regno aveva posto mente a mendicare, la regina addolorata si rivolgeva al re dei videha 4 che abbandonato ricchezze, figli, amici, e i vari gioielli, e lasciata la via del fuoco, Janaka, si era rapato il capo, 5 la cara moglie vedendolo senza proprietà praticare la questua, seduto con un pugno di grano, indifferente, privo di ostilità, 6 avvicinandosi diceva al marito senza alcuna paura, e adirata quell'intelligente moglie, in luogo appartato queste parole appropriate: 7 ' perchè dopo aver lasciato il regno pieno di ricchezze e di grano, saldo nella condotta dei kāpāla, vivi di un pugno di grano nella foresta? 8 altra cosa prometti o re, e agisci in modo diverso, che abbandonando un grande regno di poco ti soddisfi o principe, 9 in questo modo o re, gli ospiti, e pure gli dèi e gli avi, non puoi di certo sostenere, vana è dunque questa tua occupazione, 10 di divinità, di ospiti e antenati, o principe, da tutti questi privo, vai vagando senza praticare riti, 11 tu che di migliaia di brahmani eruditi dei tre veda, e del mondo sei stato il sostenitore, cerchi oggi il sostentamento da altri, 12 lasciata una splendida prosperità, tu ti guardi intorno come un cane, tua madre è oggi senza figli, e la principessa kosala è resa da te senza marito, 13 ottanta kṣatriya che bramano il dharma ti venerano, in te cercando speranza, i miseri cercano sostegno, 14 privando costoro di mezzi, in quali mondi dovrai andare o re, essendo incerta la liberazione per i viventi che dipendono da altri? 15 per te non vi è il miglior mondo né quell'altro dei malfattori, che vuoi vivere avendo abbandonato la moglie legale, 16 le ghirlande profumate, gli ornamenti, e le varie vesti, avendo lasciato, per quale motivo vai vagando senza riti? 17 essendo stato un pozzo di grande purificazione per tutte le creature, per loro essendo stato un opulente albero, oggi ti prostri ad altri, 18 molti carnivori divorano l'elefante quand'è nell'abbandono, e anche molti vermi, come dunque non lo faranno a te che sei privo di mezzi? 19 essere uno che fa riempire la sua ciotola, che porta il bastone dei mendici, che si libera delle vesti, come puoi por mente a ciò? 20 ma tu che tutto questo abbandonando, accetti un pugno di grano, perché questo mi dici se tutto questo è lo stesso dell'altro, e se un pugno di grano è una ricchezza, la tua promessa è resa vana, 21 chi sono io per te? e chi tu per me? qual'è ora il tuo favore per me? governa la terra o re, se in te vi è del beneficio, e questi palazzi, seggi, veicoli, vestiti e ornamenti, 22 i poveri senza speranze di ricchezza, sono abbandonati dagli amici indigenti, ma dai ricchi sono mantenute le ricchezze, perché dunque le vuoi lasciare? 23 chi troppo prende, e chi sempre dona, di questi due sappi la differenza, chi dei due è il migliore? 24 a quelli che sempre chiedono, agli ipocriti che i virtuosi evitano, a costoro le dakṣiṇa donate sono come offerte in un fuoco forestale, 25 come il fuoco o re, senza aver bruciato tutto non si estingue, così non cessa di chiedere il ri-nato che sempre chiede, 26 il cibo è risaputo come il certo fondamento dei virtuosi in questo mondo, ma se non ci fosse un donatore, dove sarebbero i bramosi di liberazione? 27 per il cibo si vive nelle case in questo mondo, e si mendica, dal cibo sorge la vita, e chi dona cibo dona la vita, 28 aiutati da chi vive in casa, si affidano a quelli di vita domestica, da questa vita hanno origine e sostegno, e pazienti siedono senza biasimo, 29 non per la rinuncia né per sapienza, o rasatura o per chiedere, si è mendicanti, ma il sincero che lascia la ricchezza e trova la felicità sappi è un mendico, 30 il distaccato, concentrato che procede liberamente, liberato dai legami, che è uguale verso nemico e amico, costui è un vero liberato o sovrano, 31 i rapati che abbandonano doni e ricchezze, vestiti di bruno, legati da legami di vario tipo, pensano ai doni desiderati, 32 abbandonando di nome i tre modi di vita, quelli che lasciano i figli, e afferrano le vesti e il bastone da mendicante sono degli sciocchi, 33 sappi che la veste bruna senza eliminare le passioni è un desiderio di ricchezza, di quei rapati che sbandierano il dharma per aver il vitto, così io penso, 34 i virtuosi, pelati o colla crocchia, nudi o con vesti brune, di pelle o di corteccia, questi buoni mantieni o grande re, e i vinci i mondi vincendo i sensi, 35 di chi mantiene i fuochi sacri, di chi compie i riti importanti con animali e offerte, e che dona giorno per giorno, chi è allora più giusto?' 36 il re Janaka come vero sapiente è cantato al mondo, ma pure egli era preso dalla confusione, non cadere in preda all'errore, 37 così è seguito il dharma dagli uomini devoti al donare, dotati di qualità e compassione, abbandonando brama e ira, 38 proteggendo le creature, e intenti a doni supremi, religiosi e con sincera parola, otterremo i mondi desiderati.” XIX 1 Yudhiṣṭira disse: “ io conosco o caro le scritture passate e presenti, i veda dicono entrambe le cose: agisci e tralascia, 2 confuse sono le scritture, e variegate di vari scopi, io conosco secondo le regole quanto attiene alle decisioni, 3 tu sei solo esperto d'armi, e segui il voto degli eroi, ma non sei esperto in nessun modo di procedere in verità colle scritture, 4 chi intende le sottigliezze delle scritture, l'esperto delle giuste decisioni, non mi parlerebbe così, se tu guardi al dharma, 5 saldo nell'amicizia fraterna tu mi hai detto queste parole piene di logica o kuntīde, e io sono contento di te o Arjuna, 6 in tutti gli aspetti del combattere, e nell'esperienza del fare, non si trova nessuno pari a te nei tre mondi, 7 ma in quanto a parlare delle sottigliezze del dharma è oltre la tua competenza, o Conquista-ricchezze, non devi dubitare della mia intelligenza, 8 tu sei sapiente dell'arte di combattere, ma non hai frequentato gli anziani, non conosci le conclusioni di quelli che conoscono il poco e il molto, 9 tapas, rinuncia, e buona condotta, questa è o caro, la convinzione dei saggi, e ciascuno di essi è superiore all'altro, questa è la via della beatitudine, 10 ma questo tu non lo credi o pṛthāde: nulla è superiore alla ricchezza, così credi, ora io ti illustrerò come questo non sia la miglior cosa, 11 le persone nel dharma appaiono intente a tapas, studio e buona condotta, i ṛṣi che possiedono i monti perenni, sono intenti al tapas, 12 altri saggi senza barba che vivono nelle foreste, infinitamente poveri, col loro studio vanno in cielo, 13 dei nobili rinunciando agli oggetti dei sensi, sulla via del nord, lasciando le tenebre dell'ignoranza hanno raggiunto i mondi dei rinunciatori, 14 ma la via meridionale che ti appare luminosa, porta ai mondi dei sacrificatori, che offrono le offerte funebri, 15 ma incomparabile è la via che vedono i liberati, perciò il rinunciante desiderando il meglio non conosce dolore, 16 seguendo le scritture i saggi che si impegnano, desiderando conoscere forza e debolezza di ciascuna cosa vi sia quaggiù, 17 superate le parole dei veda, śāstra e āraṇyaka, trapassata l'illusione non hanno però visto la sostanza, 18 e trascurando la sua unità nei cinque elementi del corpo, questi dicono con ogni mezzo che l'anima è legata a desiderio e odio, 19 essa è invisibile alla vista, e pure indefinibile colle parole, vive negli esseri precedendo ogni azione e mezzo, 20 compiendo ogni beneficio ottenibile, trattenendo la sete della mente, lasciando la successione dell'agire, si può avere la felicità dell'indipendenza, 21 essendoci questa via dal sottile cammino, frequentata dai virtuosi, come puoi tu o Arjuna elogiare come utile l'inutile ricchezza? 22 le antiche persone sapienti degli śāstra così ritengono o bhārata, sempre devoti ai riti, al donare, e all'azione sacrificale, 23 ma degli eruditi coi ragionamenti diventano di pessima opinione, su quanto hanno fermamente studiato questi sciocchi dicendo che non esiste, 24 disprezzano quest'immortale dottrina, parlando nelle assemblee, percorrono l'intera terra questi eloquenti pieni di istruzione, 25 quelli che noi non intendiamo, chi li può conoscere quaggiù sono in questo modo questi virtuosi e saggi, dalla grande conoscenza delle scritture? 26 col tapas si ottiene la grandezza, coll'intelletto si conosce la grandezza, e sempre il sapiente del dharma o kuntīde colla rinuncia ottiene la felicità.” XX 1 Vaiśaṃpāyana disse: finito questo discorso, parlando il grande asceta Devasthāna, diceva queste appropriatissime parole a Yudhiṣṭira: 2 “ sul discorso fatto da Phalguna che non vi è nulla meglio della ricchezza, qui io parlerò, ascolta ciò con mente attenta, 3 o senza-avversari, tu hai vinto nel dharma l'intera terra, e avendola vinta o re, non è giusto che tu la debba abbandonare, 4 un percorso di quattro generi, è stabilito nell'agire, e questi conquista o grandi braccia, giustamente uno dopo l'altro o principe, 5 perciò o pṛthāde, ora sacrifica con grandi riti dalle molte dakṣiṇa, alcuni ṛṣi sono sapienti di studi, e altri sono esperti di cerimonie, 6 perciò sappi o bhārata, che chi s'impegna nel tapas è impegnato nell'agire, come abbiamo udito dalla bocca dei vaikhānasa o re dei re, 7 chi non insegue i mezzi di ricchezza, è superiore a chi li insegue, numerosi mali fa sorgere chi si affida alla ricchezza, 8 con grande sforzo, a causa della ricchezza accumulano molte cose, il bramoso di ricchezze, per stupidità non riconosce l'uccisione del feto, 9 quando si deve donare ad un immeritevole, e quando non si dona ad uno meritevole, il dharma del donare è arduo da compiersi senza distinguere merito e demerito, 10 il creatore ha dato le ricchezze per il sacrificio, l'uomo ne è detto celebrante e protettore, perciò sacrifica tutta la ricchezza usabile, e in seguito siano poi le cose desiderate, 11 Indra con vari sacrifici pieni di cibi, ha superato tutti gli dèi colla sua grande energia, e splende con ciò avendo ottenuta la sovranità, perciò tutto il possibile sta nel sacrificio, 12 il Mahādeva, grand'anima in tutti i sacrifici offrendo sé stesso, il potente dio degli dèi, penetrando gli universi mondi, e fissandoli colla sua fama, riluce di splendore colla sua pelle, 13 il sovrano Marutta figlio di Avikṣit, è il mortale che con la sua ricchezza vinse il re degli dèi, nel cui sacrificio vi fu Śrī in persona, e in cui ogni vaso era d'oro, 14 tu sai che Hariścandra il re dei re, celebrando dei sacrifici, fu un santo privo di dolori e essendo un uomo, colla ricchezza vinse Śakra, perciò tutto il possibile stia nel sacrificio.” XXI 1 Devasthāna disse: “ qui pure raccontano una storia antica di quanto disse Bṛhaspati richiesto di un accordo da Indra, 2 ' la contentezza è il massimo paradiso, contentezza è la suprema felicità, nulla è superiore alla soddifazione, essa è il massimo, 3 quando si ritirino interamente i desideri, come la tartaruga le sue membra, allora l'anima colla propria luce, si calma da sé, 4 quando uno non tema, e quando non faccia paura ad altri, e vince desiderio e odio, allora scorge sé stesso, 5 quando uno non si adiri, né faccia del male a nessun essere, con l'agire, col pensiero e colle parole, allora raggiunge il brahman.' 6 così o kuntīde, quale dharma abbiano gli esseri, a questo allora guardano, perciò devi intendere ciò o bhārata, 7 alcuni elogiano la pace interiore, e altri l'attività, né l'una né l'altra alcuni, e altri entrambe, 8 alcuni elogiano il sacrificare, e altre persone la rinuncia, alcuni elogiano il donare, e altri l'accettare, alcuni abbandonando ogni cosa siedono meditando in silenzio, 9 alcuni elogiano il regno, per la protezione di tutti, uccidendo, trafiggendo e tagliando, e altri sono devoti alla solitudine, 10 tutto questo appare al mondo, questa è l'opinione dei saggi, il dharma dei viventi è quello che è privo di malizia, questo pensano i virtuosi, 11 rettitudine, parola sincera, solidarietà, fermezza e tranquillità, generare colle proprie mogli, gentilezza, modestia, non agitazione, 12 la ricchezza è la prima origine del dharma, così diceva Manu lo svāyaṁbhuva, perciò così con ogni sforzo o kuntīde custodiscila, 13 chi saldo nel regno perennemente risieda, uguale nel bene e nel male, questo kṣatriya che si nutre dei resti sacri, è un sapiente della vera dottrina regale, 14 saldo nel punire i malvagi, e nel favorire i virtuosi, che agisce facendo restare le creature sulla via del dharma, è sapiente del dharma, 15 ma chi passata la ricchezza ai figli, vivendo di frutti selvatici nella foresta, passi il tempo con decisione nella condotta da asceta, 16 il re che così viva deciso, nel dharma dei re, per costui sia questo che l'altro mondo sarà fruttuoso o sovrano, la beatitudine è difficilissima da avere e con molti ostacoli, io penso, 17 quelli che perseguono così il dharma, intenti a tapas, doni e sincerità, pieni di qualità e compassione, liberati da brame e ira, 18 intenti a proteggere le creature, saldi nella suprema disciplina, combattendo in favore di vacche e brahmani, raggiungono la suprema meta, 19 così i rudra, e i vasu, e gli aditya o tormenta-nemici, i sādhya, e le schiere dei re ṛṣi, applicandosi a questo dharma con diligenza, allora hanno ottenuto il paradiso colle proprie pure azioni.” XXII 1 Vaiśaṃpāyana disse: alla fine di questo discorso, di nuovo Arjuna diceva queste parole al suo signore, al fratello maggiore dalla mente abbattuta: 2 “ nel dharma kṣatriya o sapiente del dharma, ottenuto il supremo regno, e avendo vinti i nemici o migliore degli uomini, perche forte ti tormenti? 3 si sa che la morte in battaglia o grande re, per gli kṣatriya è superiore a molti sacrifici, ricòrdati del dharma kṣatriya, 4 tapas e rinuncia è risaputa come la condotta giusta per l'aldilà dei brahmani, per gli kṣatriya è stabilita la morte in battaglia o potente, 5 il dharma kṣatriya è molto crudele, star sempre in armi, così è risaputo, e uccidere colle armi in battaglia a tempo debito o migliore dei bhārata, 6 pure per un brahmano o re, che sta nel dharma kṣatriya, questa vita al mondo è elogiata, lo kṣatriya è radicato nel brahman, 7 né la rinuncia, né il mendicare, né il tapas o signore di uomini, né il vivere alle dipendenze altrui è stabilito per lo kṣatriya, 8 tu signore, sei sapiente di ogni dharma, con tutta l'anima o toro dei bhārata, sei re saggio, e intelligente al mondo, che distingue il grande e il piccolo, 9 abbandonando la sofferenza nata dal tormento, resta armato nell'agire, il cuore dello kṣatriya è particolarmente duro come il diamante, 10 avendo vinto i nemici secondo il dharma kṣatriya, e ottenuto un regno senza spine, vincendo te stesso o sovrano di uomini, impegnati a sacrificare e a donare, 11 Indra il figlio di Brahmā, da guerriero si impegnava nell'azione, e uccise novantanove dei suoi parenti che male agivano, 12 e quella sua impresa è venerata ed elogiata o signore di popoli, e con quella raggiunse la sovranità degli dèi, così abbiamo udito, 13 tu dunque o grande re, sacrifica con riti dalle molte dakṣiṇa, come Indra o sovrano di uomini, finalmente allontanando le ansie, 14 non devi in questo frangente o toro degli kṣatriya, dolerti per nessuno, purificati dalle armi secondo il dharma kṣatriya, hanno raggiunto la suprema meta, 15 come è stabilito così deve accadere o toro fra i bhārata, il destino o tigre fra i re, non si può arrestare.” XXIII 1 Vaiśaṃpāyana disse: così apostrofato dal folti-capelli il kuntīde o bhārata, quel kaurava non diceva nulla, e allora il dvaipāyana disse: 2 “ giusto e sincero è il discorso di Bībhatsu o Yudhiṣṭira, nel supremo dharma visto nelle scritture, è detto il modo di vita domestico, 3 compi dunque il tuo dharma o sapiente del dharma secondo le regole e gli śāstra, a te non è permesso di andare nella foresta lasciando la vita domestica, 4 del capofamiglia sempre vivono dèi, antenati e ṛṣi, e anche i servi, e questi devi supportare o signore della terra, 5 uccelli, e animali, e i bhūta o signore della terra, sono supportati dai capifamiglia, perciò il miglior modo di vita è in casa, 6 esso è il più difficile dei quattro modi di vivere, con cura o pṛthāde, in questo devi vivere, che è arduo per chi ha deboli sensi, 7 tu possiedi la conoscenza dei veda e hai compiuto un grande tapas, sei in grado di reggere il peso del regno avito, 8 tapas, sacrificio, sapienza, questua, trattenimento dei sensi, meditazione, condotta solitaria, contentezza, e donare quanto si può, 9 è il comportamente dei brahmani o grande re, che si vogliono perfezionare, e io ti parlerò di quello degli kṣatriya che tu pure già conosci, 10 sacrificare, sapienza dei veda, l'attività, insoddisfazione riguardo la ricchezza, l'uso del fierissimo bastone di punizione, e la protezione delle creature, 11 e compiuta l'intera conoscenza dei veda, allora il tapas ben fatto, ammasso di sostanze sulla terra e donazioni ai meritevoli, 12 queste sono le azioni perfette per i re o signore di popoli, che devono compiere in questo mondo e nell'altro mondo, così noi sappiamo, 13 e di tutte queste o kuntīde la migliore è detta di reggere il bastone, la forza sta sempre nello kṣatriya, e colla forza il bastone è tenuto, 14 questa è la condotta degli kṣatriya o re, che vogliano ottenere la perfezione, ma pure questa strofa Bṛhaspati recitava: 15 ' come un serpente che divora un topo, la terra divora questi due: un re che non combatte, e un brahmano che se sta a casa.' 16 e si sa che pure il re e ṛṣi Sudyumna, col solo reggere il bastone punitivo, ottenne la suprema perfezione, come Dakṣa il figlio di Pracetas.” XXIV 1 Yudhiṣṭira disse: “ o venerabile, per quale impresa il sovrano della terra Sudyumna, ottenne la suprema perfezione? di questo sovrano io voglio udire.” 2 Vyāsa disse: “ anche qui raccontanno una storia antica, Śaṅkha e Likhita, erano due fratelli dai saldi voti, 3 i due avevano ciascuno una gradevole dimora, dotata di alberi sempre pieni di frutti e fiori lungo la bāhudā, 4 un giorno Likhita, si recava alla dimora di Śaṅkha, ma per caso Śaṅkha allora era uscito dal suo āśrama, 5 e Likhita allora raggiunto l'āśrama di suo fratello Śaṅkha, tagliava dei frutti perfettamente maturi, 6 e raccoltili senza paura, il ri-nato li divorava, e mentre li mangiava, Śaṅkha pure ritornava all'āśrama, 7 e Śaṅkha vedendo il fratello che stava mangiando gli diceva: ' dove hai preso quei frutti, e per quale motivo li mangi?' 8 egli rispondeva al fratello maggiore toccando acqua e salutandolo: ' questi li ho presi io.' così ridendo, 9 allora Śaṅkha gli diceva preso da una fiera collera: ' hai fatto un furto, prendendo da te i frutti, recati dal re, e raggiuntolo confessa la tua azione: 10 ' ho preso un dono non dato o migliore dei sovrani, e saputo che io sono un ladro, compi il tuo dovere, infliggi rapido il tuo bastone su me che sono un ladro o signore di uomini.' 11 così apostrofato, per suo ordine si recava dal sovrano della terra da Sudyumna o grandi-braccia, Likhita dai saldi voti, 12 Sudyumna però saputo dalle guardie che era giunto Likhita, coi suoi ministri il sovrano di uomini si recava ai suoi piedi, 13 e il re raggiuntolo diceva a quel sapiente del brahman: ' dimmi perché sei venuto o venerabile ed io tutto compirò.' 14 così richiesto quel savio ṛṣi, questo diceva a Sudyumna: ' prometti che lo farai, dopo aver udito quanto devi fare, 15 senza il permesso del guru, dei frutti o toro fra gli uomini, io ho divorato o re, puniscimi dunque senza indugio.' 16 Sudyumna disse: ' se tu pensi che il re sia l'autorità per dare punizioni, egli sia pure la ragione del perdono o toro dei brahmani, 17 tu che sei di pure azioni e di grandi voti, sei stato perdonato, dimmi quanto altro desideri, ed io compirò le tue parole.'” 18 Vyāsa disse: “ ma pur compiaciuto dal principe grand'anima, il ṛṣi brahmano, non sceglieva altro cosa che non fosse la punizione, 19 e allora il signore della terra faceva tagliare le mani di Likhita grand'anima, ed egli subita la punizione se ne andava, 20 e raggiunto suo fratello Śaṅkha con aspetto afflitto gli diceva: ' devi ora perdonare o venerabile il malfattore che è stato punito.' 21 Śaṅkha disse: ' io non sono adirato con te o sapiente del dharma e tu non offendermi, ma il dharma fu da te violato, e quindi ne hai compiuto riparazione, 22 e raggiunta rapidamente la bāhudā rendi onore secondo le regole, a dèi, avi e ṛṣi, e non porre più mente all'adharma.'” 23 Vyāsa disse: “ udite le parole di Śaṅkha, allora Likhita, bagnatosi nel santo fiume, procedeva al rito dell'acqua, 24 e riapparivano allora le sue mani, simili ad acqua allora stupito mostrava le mani al fratello, 25 quindi Śaṅkha gli diceva: ' ciò fu compiuto col mio tapas, non aver qui dubbi, è il destino che l'ha stabilito.' 26 Likhita disse: ' perché io non sono stato da te purificato prima o splendidissimo, se tale era la forza del tuo tapas o migliore dei ri-nati?' 27 Śaṅkha disse: ' così io ho agito, giacché non sono il tuo punitore, quel sovrano purificato è ora e tu pure assieme agli avi.'” 28 Vyāsa disse: “ quel re o migliore dei pāṇḍava, reso migliore per quell'azione, ha ottenuto la suprema perfezione, come Dakṣa il figlio di Pracetas, 29 questo è il dharma degli kṣatriya: proteggere le creature, essendo le altre vie erronee o grande re, non devi porre dolore nell'animo, 30 ascolta le appropriate parole di tuo fratello o supremo sapiente del dharma, il bastone è il dharma dello kṣatriya o re dei re, non la tonsura.” XXV 1 Vaiśaṃpāyana disse: ma ancora il grande ṛṣi Kṛṣṇa dvaipāyana diceva al kuntīde senza-avversari queste appropriate parole: 2 “ avendo vissuto nella foresta come asceti i tuoi fratelli, quanto avevano in cuore o grande re, mentre là stavano o Yudhiṣṭira, 3 che questi grandi guerrieri li ottengano dunque o migliore dei bhārata, governa la terra o pṛthāde, come fece Yayāti figlio di Nahuṣa, 4 nella foresta un soggiorno di dolore hanno seguito da asceti, e alla fine del dolore, queste tigri fra gli uomini che ottengano la gioia, 5 assieme ai tuoi fratelli o bhārata seguendo Dharma artha e kāma allora dopo procederai o signore di popoli, 6 con gli ospiti, cogli avi e cogli dèi o bhārata, paga il tuo debito o kuntīde, e quindi raggiungerai il paradiso, 7 celebra ogni sacrificio e l'aśvamedha o rampollo dei kuru, quindi poi o grande re, raggiungerai la suprema meta, 8 accompagna tutti i tuoi fratelli in sacrifici dalle molte dakṣiṇa, e ne avrai ottenuto ineguagliabile fama o pāṇḍava, 9 noi conosciamo o tigre fra gli uomini, un discorso o rampollo dei kuru, ascolta ora da me come agendo un sovrano non si allontana dal dharma, 10 tenersi la ricchezza di un ladro o Yudhiṣṭira, gli esperti del dharma ritengono che sia la stessa cosa o signore di uomini, 11 ma il sovrano che si presenta aspettando tempo e luogo del ladro, mantenendosi nella legge delle scritture, non è suo complice, 12 chi prendendo la sesta parte di tributo non protegge il regno, e anche il sovrano che ne prenda la quarta parte, entrambi cadono nel male, 13 ascolta come rimanendo un sovrano, non si allontana dal dharma, seguendo i limiti di dharma e scritture, uno è senza timori, e rigettando brama e ira si mostra come un padre, 14 se afflitto dal destino al momento di agire, un re o splendidissimo, non compie il suo dovere, non viene considerato un trasgressore, 15 rapidamente dopo averci pensato deve colpire i nemici, non si deve unire ai malvagi, e non faccia commercio del regno, 16 i prodi, i nobili, i meritevoli, gli eruditi o Yudhiṣṭira, i possessori di vacche e i ricchi devono essere particolarmente protetti, 17 quelli di molta erudizione si devono usare nelle azioni secondo il dharma, e il sagace non deve affidarsi ad uno solo pur pieno di qualità, 18 l'indisciplinato che non protegge, l'arrogante, rigido e sdegnoso, al peccato si unisce quel re, ed è chiamato incontrollato, 19 quelli che senza protezione vengono abbandonati dal sovrano colpito dal fato, e che vengono uccisi dai ladroni, pure tutto ciò è colpa del re, 20 ma ben consigliandosi, e comportandosi e agendo secondo le regole, nel compiere l'azione umana, non vi è adharma o Yudhiṣṭira, 21 agendo anche le divinità falliscono e hanno successo, e nel compiere quanto spetta all'uomo il peccato non cade sul sovrano, 22 e qui o tigre fra i sovrani ti racconterò questa storia, di quanto capitò all'antico re e ṛṣi Hayagrīva o principe, 23 avendo ucciso i nemici, e caduto in battaglia quel prode dall'infaticabile agire, senza compagni quel saggio fu sconfitto o Yudhiṣṭira, 24 con l'agire a soggiogare i nemici, e principalmente a proteggere gli uomini, compiute tali azioni, ottenne fama in guerra, Hayagrīva e si rallega nel mondo divino, 25 persa la vita armato in battaglia, trafitto dalle armi, e afflitto dai nemici, Hayagrīva, perseverante grande anima, con anima compiuta si rallegra nel mondo divino, 26 l’arco fu il palo rituale, la corda il laccio, la freccia il vaso, la spada il cucchiaio, e il sangue il burro, il carro fu la sua vedī, il desiderio di guerra il suo fuoco e i quattro cavalli i celebranti, 27 e offerti i nemici nel fuoco sacrificale, liberato dal male, fu l'abile leone tra i re, e offerta la vita nella battaglia purificante, Hayagrīva si rallegra nel mondo divino, 28 proteggendo il regno con condotta ben pensata, persa la vita il grand'anima sacrificando, permeando tutti i mondi colla sua fama il saggio Hayagrīva si rallegra nel mondo divino, 29 avuta perfezione divina e umana usando il bastone, e coi mezzi dello yoga proteggendo la terra, per questo il re Hayagrīva grand'anima, agendo nel dharma si rallegra in paradiso, 30 saggio, liberale, pieno di fede, sapiente, lasciato il mondo umano compiute le sue imprese, il re lasciato il corpo ha raggiunto il mondo dei saggi, dei sapienti onorati, 31 rettamente acquisito i veda e studiato gli śāstra, rettamente protetto il regno, il grand'anima, raffermando i quattro varṇa nel proprio dharma, Hayagrīva si rallegra nel mondo divino, 32 avendo vinto battaglie, e protetto le creature, bevuto il soma, e soddisfatto i primi ri-nati, con ragione avendo punito le creature, caduto in battaglia si rallegra nel mondo divino, 33 elogiata la sua commendabile condotta dagli uomini virtuosi, sapienti e onorabili, e vinto il paradiso, raggiunti i mondi degli eroi, ha perfezione e santa fama il grand'anima.” XXVI 1 Vaiśaṃpāyana disse: udite le parole del dvaipāyana, ed essendo incupito il Conquista-ricchezze, rivolgendosi a Vyāsa il kuntīde Yudhiṣṭira rispondeva: 2 “ né questo regno della terra, né i beni di qualsiasi specie, rallegrano la mia mente, ora solo il dolore mi raggiunge, 3 udendo che le donne private di mariti e figli, stanno piangendo, io non trovo pace o muni.” 4 così apostrofato, Vyāsa il migliore dei sapienti dello yoga, sapiente del dharma, e devoto ai veda, rispondeva a Yudhiṣṭira dalla grande saggezza: 5 “ né coll'agire, né col pensiero si ottiene, e neppure vi è chi lo dona all'uomo, ma legato al corso del tempo l'ha stabilito il creatore, l'uomo ottiene tutto col tempo, 6 non può coll'intelletto e lo studio degli śāstra ottenere l'uomo se non a tempo debito, anche lo sciocco ottiene lo scopo qualche volta, il tempo è indifferente alle azioni, 7 non si ha frutto a tempo non maturo, né arte, né formula vedica, né piante, tutti questi sono imposti dal tempo, si accendono e si compiono a tempo debito, 8 a tempo soffiano veloci i venti, a tempo la pioggia raggiunge le nuvole, a tempo l'acqua si riempie di loti, a tempo gli alberi si distribuiscono nelle foreste, 9 a tempo le notti sono chiare e scure, a tempo la luna diviene col disco pieno, al tempo indebito non vi sono frutti e fiori sugli alberi, né i fiumi scorrono violenti, 10 a tempo indebito non vanno in calore uccelli e serpenti, elefanti e i grandi pesci del mare, a tempo sbagliato le donne non restano gravide, né vengono le piogge al freddo e al caldo, 11 a tempo indebito non si muore né si nasce, né parlano i fanciulli, a tempo indebito non arriva la giovinezza, né cresce il seme gettato, 12 a tempo indebito il sole non va al lavoro, né raggiunge il monte del tramonto, a tempo sbagliato la luna non cresce né cala, né l'oceano è pieno di onde, 13 e qui pure raccontano una storia antica, cantata dal re Senājit, afflitto dal dolore o Yudhiṣṭira: 14 ' il corso del tempo invincibile tocca tutti i mortali, a tempo maturano e muoiono tutti gli uomini, 15 degli uomini ne uccidono degli altri o re, e questi uomini altri ancora, questa è l'armonia del mondo o re, non si uccide né si è uccisi, 16 qualcuno pensa che si uccide, e altri pensano che non si uccide, la nascita e la fine degli esseri è prodotta dalla loro natura, 17 nel perdere la ricchezza, o la moglie, o essendo il figlio o il padre morto, 'oh che peccato.' pensando ne fanno onore colla sofferenza, 18 perché ti duoli? solo l'errore è da dolersi, perché ti duoli dunque? guarda come sono i dolori nel dolore, e pure le paure nella paura, 19 io non sono mio, la terra intera non è mia, come è mia così è degli altri così vedendo non confonderti, 20 migliaia di stati dolenti, e centinaia di stati gioiosi, giorno per giorno soverchiano lo sciocco non il sapiente, 21 così col tempo questi piaceri e dispiaceri interamente si abbattono sui viventi, i dolori e le gioie, 22 vi è dolore e non vi è la felicità, perciò questo si ottiene, dalla sete di desideri nasce il dolore e dal dolore nasce la gioia, 23 dopo la gioia vi è il dolore, e dopo il dolore la gioia, non si ottiene sempre dolore, né sempre si ottiene gioia, 24 la gioia c'è alla fine dei dolori, e il dolore alla fine della gioia, perciò tutti e due deve abbandonare chi vuole l'eterna felicità, 25 quando vi è una causa di sofferenza e dolore, chi è soverchiato dal dolore, pure lo stesso corpo che è la radice della vita vorrebbe lasciare, 26 se vi sia gioia o dolore, se piacevolezza o spiacevolezza, qualsiasi cosa si ottenga, lo si prenda col cuore invitto, 27 pure un piccolo dispiacere compi a moglie e figli, e allora saprai chi, di chi, o da chi oppure il perché, 28 quelli che sono i più sciocchi e quelli di suprema intelligenza, godono della felicità e chi è nel mezzo è afflitto dal dolore.' 29 così parlava il grande saggio Senājit o Yudhiṣṭira, sapiente del dharma grande e piccolo del mondo, e di dolore e gioia, 30 chi è felice del dolore altrui, mai può divenire felice, non vi è fine ai dolori, e uno nasce dall'altro, 31 gioia e dolore, prosperità e povertà, avere e non avere, morte e vita, tutto quaggiù in successione ci tocca, perciò il saggio non si rallegra né si adira, 32 come la dīkṣā nel sacrificio si dice che sia la battaglia, e punire rettamente che sia lo yoga del trono, e dare ricchezze come dakṣiṇa nei riti, rettamente si sappia che è la sapienza che purifica, 33 protteggendo il regno, con condotta ben pensata, trascurando sé stesso, e sacrificando, il grand'anima agendo nel dharma verso tutti i mondi, lasciato il corpo si rallegra in cielo, 34 vincendo le battaglie e custodendo il regno, bevendo il soma e facendo prospere le persone, rettamente usando il bastone sulle creature, caduto in battaglia si rallegra in cielo, 35 rettamente acquisito i veda, e studiato le scritture, e ben protteggendo il regno, il re raffermando i quattro varṇa nel proprio dharma, con anima pura si rallegra in cielo, 36 gli uomini si inchinano alla sua condotta anche quando è in paradiso, cittadini, ministri e sudditi, salutano il re come il migliore dei re.” XXVII 1 Yudhiṣṭhira disse: “ ucciso il giovane Abhimanyu, e i figli di Draupadī, Dhṛṣṭadyumna e Virāṭa, Drupada signore sulla terra, 2 e Vasuṣeṇa sapiente del dharma, e il principe Dhṛṣṭaketu, e pure gli altri sovrani di uomini di varie regioni lo furono in battaglia, 3 non mi abbandona la sofferenza, il dolore per la strage di famigliari, tremenda per desiderio del regno, che ha distrutto la nostra progenie, 4 quello sulle cui ginocchia per gioco sedevo, il figlio di Gaṅgā fu da me abbattuto per brama del regno, 5 quando io lo vidi scosso dalle frecce del pṛthāde, come agitato da folgori, che guardava Śikhaṇḍin, 6 vedendo il patriarca, potente leone tra gli uomini, come un vecchio leone, coperto di aguzze frecce, il mio animo ne fu scosso, 7 sedendo a faccia in giù, abbattuto dal carro colle frecce, come un monte che tremi, allora ne ebbi grande costernazione, 8 il kauravya che arco e frecce in pugno, combatteva contro il bhṛguide, per molti giorni nel grande scontro a kurukṣetra, 9 il figlio della fiumana a Vārāṇasī, scontrandosi coi principi guerrieri, per le fanciulle, quel valoroso li sfidava a battaglia da solo sul suo carro, 10 lui da cui il re Ugrayudha, grande sovrano e invincibile, fu bruciato col fuoco delle armi, fu ucciso da me il battaglia, 11 lui che risparmiava il pāñcāla Śikhaṇḍin che era la sua morte, e non lo abbatteva colle frecce, fu abbattuto da Arjuna, 12 quando lo vidi caduto a terra coperto di sangue, fui allora penetrato da una grandissima afflizione o supremo muni, da lui fanciulli fummo allevati, e da lui fummo protetti, 13 io dunque da malvagio uccisore del guru, per brama del regno, da folle l'ho ucciso per questo regno di così breve durata, 14 il maestro e grande arciere, onorato da tutti i principi, avvicinandolo sul campo io da malvagio gli ho detto il falso riguardo suo figlio, 15 le membra mi bruciavano quando il guru mi chiedeva: ' tu sei di sincera parola, dimmi se è vivo mio figlio.' sincero mi pensava il savio che quello mi chiedeva, 16 e avendo aggiunto l'elefante, io gli ho fatto un inganno tremendo, da malvagio uccisore del guru, per brama del regno, 17 usando una falsa verità io ho risposto al guru sul campo: ' Aśvatthāman è stato ucciso.' essendo abbattuto quell'elefante, quali mondi otterrò dunque avendo compiuto questa crudele azione? 18 e avendo ucciso Karṇa che mai rifuggiva dalle battaglie, il fierissimo fratello maggiore, chi ha fatto maggior male di me? 19 e io avido feci avanzare Abhimanyu, il fanciullo che era come un leone nato sui monti, all'interno dell'esercito protetto da Droṇa, 20 e da allora non sono in grado di guardare in faccia Bībhatsu, e Kṛṣṇa dagli occhi di loto, colpevole come un uccisore di embrioni, 21 e pure per Draupadī afflitta dal dolore per la perdita dei cinque figli, io mi dolgo come fosse la terra privata dalle cinque montagne, 22 e io stesso malvagio che male agisce, ho compiuto la distruzione della terra, stando qui seduto io distruggerò questo mio corpo, 23 sappiate dunque che io uccisore dei guru oggi rinuncio alla vita, che io distruttore della stirpe non possa rinascere in altre vite, 24 non mangerò né prenderò bevande in nessun modo, e distruggerò la cara vita, stando qui o ricco in tapas, 25 andate dove volete, e favorendomi acconsentite al mio desiderio, tutti voi datemi il permesso, e io lascerò questo corpo.” 26 Vaiśaṃpāyana disse: al pṛthāde che così parlava, afflitto dal dolore per i parenti, di no, diceva Vyāsa il supremo muni fermandolo: 27 “ in troppa misura non devi lasciarti andare al dolore, e di nuovo ti dirò quanto prima detto: questo fu il destino, o potente, 28 le vite dei viventi sono a loro unite e con certezza separate, come delle bolle nell'acqua appaiono e svaniscono, 29 tutte si uniscono dopo la distruzione e dopo la caduta risorgono, c'è unione dopo la separazione, e dopo la morte c'è la vita, 30 gioia dopo il dolore è non agire, e l'agire è dolore che sorge dalla gioia, prosperità, ricchezza, modestia fermezza compimento, non vivono nel non abile, 31 l'amico non è sufficente alla gioia, né il nemico è sufficente al dolore, né la saggezza è bastevole alle ricchezze, né la ricchezza è bastevole alla felicità, 32 giacché dal creatore sei stato creato o kuntīde, compi le tue azioni, da ciò viene il successo, tu non sei il signore di te stesso o sovrano.” XXVIII 1 Vaiśaṃpāyana disse: essendo tormentato dal dolore per i parenti e volendo abbandonare la vita, al maggiore dei figli di Pāṇḍu, Vyāsa toglieva il dolore. 2 Vyāsa disse: “ anche qui raccontano una storia antica, nota come il canto di Aśman o tigre fra gli uomini, ascoltala o Yudhiṣṭhira, 3 il sovrano dei videha Janaka sommerso da dolore e sofferenza, un dubbio chiedeva al saggio brahmano Aśman. 4 Janaka disse: ' quando nel produrre e distruggere parenti e ricchezza, l'uomo è impegnato, quale benefico desidera?' 5 Aśman disse: ' subito dopo che un uomo è nato, a costui capitano di seguito dolori e felicità, 6 e una e l'altra condizione di seguito lo possiede, e ciascuno di essi gli trascina il cervello come il vento fa colle nuvole: 7 ' bene sono nato, di successo sono, non sono un semplice uomo.' così si riempie il cervello in questi tre modi, 8 e da sé stesso perdendosi, lasciati i beni accumulati dal padre, sperperandoli, pensa bene di prendere i beni altrui, 9 costui che ha superati i limiti, che prende impropriamente, viene punito dal re, come un animale dalle frecce del cacciatore, 10 questi uomini che arrivano a vent'anni, o a trent'anni, e non oltre, non raggiungono i cento anni o sovrano, 11 di quelli che sono supremamente addolorati, con intelligenza si applichi un rimedio, guardando ai comportamenti di tutti i viventi, 12 l'origine dei dolori dell'animo è l'agitazione della mente, o il capitare di una cosa indesiderata, non vi è una terza causa, 13 questi dolori uno dopo l'altro quaggiù, capitano all'uomo, e lo toccano in vario modo, 14 vecchiaia e morte divorano gli esseri come due lupi, siano forti o deboli, e pure grandi o piccoli, 15 nessun uomo mai può evitare vecchiaia e morte, pure conquistando tutta la terra circondata dal mare, 16 se la gioia o il dolore accompagna i viventi, tutto si deve accettare volentieri, non si può evitare, 17 nella prima giovinezza, o a metà vita o alla fine o signore di uomini, i casi della vita sono inevitabili che siano desiderati o no, 18 mancanza di grandi piaceri, e caduta nei dispiaceri, successo e insuccesso, gioia e dolore uno dopo l'altro capitano, 19 la nascita degli esseri e la perdita del corpo, ottenimenti e sforzi e mezzi, tutto ciò è stabilito, 20 odore, colore, gusto e tocco, agiscono secondo la propria natura, e dolori e gioie appaiono avvicendandosi, 21 seggi, letti, carri, attività, cibi e bevande, sempre capitano a tempo debito a tutti i viventi, 22 pure gli eruditi, i forti e i deboli cadono in afflizione, e gli uomini sposati e gli eunuchi, multiforme è il corso del fato, 23 la nascita nobile, il valore, la salute, e l'intelligenza, la buona fortuna, il godimento, si ottiene come deve essere, 24 moltissimi figli hanno anche i poveri senza volerlo, e i prosperi che ne vorrebbero molti, pur sforzandosi non ne hanno, 25 malattia, fuoco, acqua, armi, fame, bestie feroci, veleni, catene e morte e cadere dall'alto appartengono a chi nasce, 26 quale meta abbia stabilito il fato, verso quello scopo si procede, appare che uno senza voler peccare alla fine pecchi oppure no, 27 appare che un uomo ricco perisca in gioventù, e uno povero e tormentato viva cento anni o signore di genti, 28 gli uomini senza proprietà appaiono di lunga vita, e i nati in prospera stirpe periscono come falene, 29 per la maggior parte i ricchi non hanno capacità di goderne, e anche i pezzi di legno digeriscono i poveri o sovrano di uomini, 30 ' sono io che agisco.' così pensa chi è spinto dal fato, l'anima pessima compiendo ogni mala azione che desidera, per insoddisfazione, 31 donne, dadi, la caccia, il bere, in ogni occasione sono perseguite dagli sciocchi, e anche molti di grandi studi appaiono esserne attaccati, 32 così a tempo debito ogni cosa voluta e non voluta, tocca a tutti i viventi, e non se trova il motivo, 33 il vento, l'etere, il fuoco, luna e sole, e giorno e notte, le stelle, i fiumi, le montagne, chi può crearle o reggerle? 34 freddo e caldo a tempo debito pervadono l'anno, e così pure le gioie e dolori degli uomini o toro tra gli uomini, 35 né i farmaci, né gli śāstra, né le oblazioni, né le preghiere, salvano l'uomo caduto nella vecchiaia e nella morte, 36 come due pezzi di legno si uniscono nell'oceano, e uniti si separano, così è l'unione dei viventi, 37 quelli che sono serviti da uomini e donne con canti, e quelli che senza protezione accettano il cibo altrui, sono creati dal fato, 38 migliaia di padri e madri, centinaia di figli e mogli, si susseguono nelle rinascite, a chi appartieni tu o noi? 39 nessuno apparterrà a qualcuno, e costui non è di nessuno, sul sentiero siamo assieme a mogli, parenti e alle schiere degli amici, 40 ' dove ero? dove sono? dove andrò? chi sono io? e cosa faccio quaggiù? per quale motivo io mi dolgo?' così la mente si può chiedere, inpermanente è l'incontro coi piaceri, girando il saṃsāra come una ruota, 41 i sapienti sanno che l'altro mondo non si vede prima, davanti agli occhi, ma vi vanno senza trasgredire, per desiderio di aver fede, 42 chi compia i riti per avi e dèi, e agisca nel dharma, e sacrifichi secono le regole, questo saggio raggiunge pure il terzo cielo, 43 questo mondo è immerso nel profondo oceano del tempo, che ha vecchiaia e morte come squali, e nessuno se ne rende conto, 44 tra gli studiosi dell'āyurveda che l'hanno copletamente appreso, molti che appaiono eruditi, sono sommersi dalle malattie, 45 quelli che bevono rimedi, e vari tipi di burro sacrificale, non superano la morte, come il grande oceano le sue sponde, 46 e gli esperti di elisir, ben applicandosi i loro elisir, appaiono rotti dalla vecchiaia, come alberi dai grandi elefanti, 47 e quelli che sono intenti al tapas, e alla pratica degli studi, che donano e celebrano sacrifici, non si salvano da vecchiaia e morte, 48 non si fermano i giorni, né i mesi, né gli anni, né le notti, né le quindicine, per tutti gli esseri che sono nati, 49 la lunga strada che è incerta col tempo diviene certa, è seguita da tutti i viventi, e l'uomo senza volerlo la percorre, 50 o il corpo viene dal vivente, o il vivente viene da corpo, e sulla via è accompagnato dalle mogli e dagli altri parenti, 51 ma non si ha mai una perenne unione con qualcuno, neppure col proprio corpo, come dunque con qualcun altro? 52 dov'è oggi tuo padre o re, e dov'è ora tuo nonno? tu non li vedi ora, e neppure loro vedono te, 53 nessun uomo può vedere il paradiso e l'inferno, le scritture sono l'occhio dei virtuosi, e le devi praticare quaggiù o sovrano, 54 compiuto il casto studio, si generi e si sacrifichi, e con piacere si paghi il debito a dèi, avi e grandi ṛṣi, 55 sacrificando intento a generare, dopo il casto studio, considerata ogni parte, si meriti questo mondo e il paradiso, liberandosi da ogni falsità del cuore, 56 al sovrano che pratichi rettamente il dharma, e secondo le regole acquisisca ricchezze, sorge la gloria di un imperatore, in tutti i mondi mobili e immobili.'” 57 Vyāsa disse: “così avendo udite tutte queste parole, completamente soddisfatto il re dei videha, completamente illuminato salutando Aśman, tornava a casa sua libero dal dolore, 58 così pure tu o incrollabile, liberati dal dolore, alzati o pari a Śakra, e incontra la gioia, nel dharma kṣatriya tu hai vinto la terra, di questa godi o kuntīde, non essere sconsolato.” XXIX 1 Vaiśaṃpāyana disse: non parlando il kuntīde Yudhiṣṭhira, il figlio di Dharma, il pāṇḍava dai folti-capelli, si rivolgeva al Signore-dei-sensi: 2 “ il dharmarāja, il tormenta-nemici è tormentato dal dolore per i parenti, sprofondato in un mare di sofferenza, consolalo o mādhava, 3 tutti gli altri non vi sono riusciti ancora o Janārdana, tu devi eliminare il suo dolore o grandi-braccia.” 4 così richiesto dal Vittorioso grand'anima, Govinda, l'incrollabile dagli occhi di loto, si girava verso il re, 5 il Lunghi-capelli non poteva essere ignorato dal dharmarāja, fin dalla fanciullezza, Govinda gli era più caro di Arjuna, 6 quel grandi-braccia prendendo il suo braccio spalmato di sandalo, simile a colonna di pietra, gli parlava per rallegrarlo il nipote di Śūra, 7 e splendeva il suo viso coi bei denti e i magnifici occhi, come un loto che si mostri aperto, svegliato dal sole: 8 “ non indulgere nel dolore o tigre fra gli uomini, tu ti stai consumando, non si possono riavere quelli che furono uccisi sul campo di battaglia, 9 come cose acquisite in sogno, e sparite al risveglio, sono questi kṣatriya o re, morti nella grande battaglia, 10 tutti questi prodi sono dispersi a faccia in giù, adornando il campo di battaglia, nessuno di loro fu colpito alle spalle o caduto mentre fuggiva, 11 tutti hanno lasciato le loro vite combattendo quei valorosi, nella grande battaglia, purificati dalle armi hanno raggiunto il cielo, tu non devi dolerti, 12 anche qui raccontano un antichissima storia di quanto diceva Nārada a Sṛñjaya afflitto dal dolore per il figlio: 13 ' da gioie e dolori, io, tu, e tutte le creature o Sṛñjaya, senza poter liberarcene viviamo, che vale qui lamentarsi? 14 ascolta da me che ti illustro la suprema fortuna dei re, apprendila con attenzione o sovrano, e quindi riderai del dolore, 15 dopo aver udito, tu di quei potentissimi sovrani morti, dopo averlo udito getta via il tormento, ascoltala dunque interamente da me, 16 ascolta da me o Sṛñjaya come è morto Marutta il figlio di Avikṣit, gli dèi assieme ad Indra, e a Varuṇa, e con Bṛhaspati in testa, e pure il creatore si recarono al sacrificio di quel re grand'anima, 17 il quale si conduceva a rivaleggiare con Śakra il re degli dèi dai cento riti, e il saggio Bṛhaspati volendo compiacere Śakra, si rifiutava a lui, Saṃvarta sacrificava per lui, per compassione di Bṛhaspati, 18 mentre governava quel sovrano coi virtuosi o migliore degli uomini, la terra fruttificava senza lavoro, ed appariva inghirlandata di santuari, 19 nel sacrificio del figlio di Avikṣit, i viśvedeva vi assistevano, i marut vi servivano, e vi erano anche i sādhya grandi anime, 20 le schiere dei marut bevvero il soma di Marutta, le dakṣiṇa superavano quelle di dèi, uomini e gandharva, 21 se pure lui moriva o Sṛñjaya, che in ogn cosa era superiore a te, che era più puro di tuo figlio, non devi piangere tuo figlio, 22 o se abbiamo udito che è morto Suhotra Atithi, o Sṛñjaya, a cui il dio nuvoloso faceva piovere oro per un anno, 23 la terra scrigno di ricchezza divenne vera di nome o sovrano, e i fiumi trasportavano oro quando lui era signore delle sue genti, 24 tartarughe, granchi, scorpioni, coccodrilli e pure delfini fluviali, nei fiumi abbatteva o re, il dio nuvoloso venerato al mondo, 25 e vedendo pesci tartarughe e coccodrilli abbattuti e diventati d'oro, a migliaia e a centinaia allora sorrideva Atithi, 26 e avendo fuso quell'infinità di cose d'oro, a kurujāṅgala, le sacrificava in quel sacrificio preparato, provvedendovi i brahmani, 27 e lui è morto o Sṛñjaya che era in ogni cosa superiore a te, e che era più santo di tuo figlio, non addolorarti per tuo figlio, che non diede offerte e non fece sacrifici, calmati o Śvaitya non dolerti, 28 sappiamo che è morto Bṛhadratha re degli aṅga o Sṛñjaya, che dava via migliaia di migliaia di bianchi cavalli, 29 e migliaia di migliaia di fanciulle adornate d'oro, sacrificando in estesi sacrifici, dava via come dakṣiṇa, 30 centinaia di milioni di tori inghirlandati d'oro, con migliaia di vacche ad accompagnarli, dava via come dakṣiṇa, 31 al sacrificio del re degli aṅga, allora sul monte viṣṇupada, si rallegrava di soma Indra, e i ri-nati di dakṣiṇa, 32 nei suoi sacrifici o re dei re, contati a centinaia, superava per dakṣiṇa dèi, uomini e gandharva, 33 non è mai nato né nascerà un uomo che offra quanto ha offerto il re aṅga, di ricchezza in sette sacrifici del soma, 34 se pur lui è morto o Sṛñjaya, che era in ogni cosa superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per il figlio, 35 sappiamo che è morto Śibi il figlio di Uśīnara o Sṛñjaya, il quale girava attorno all'intera terra come una cintura, 36 che col grande frastuono del suo carro faceva risuonare la terra, e che rese la terra di un solo re, trionfando da solo sul carro, 37 quanti cavalli e vacche vi siano ora, con tutti gli animali selvatici, altrettante vacche offriva Śibi il figlio di Uśīnara in sacrificio, 38 di certo nulla di più importante di questo pensava Prajāpati, né fu fatto o si compirà mai da tutti i re o bhārata, con l'eccezione di Śibi figlio di Uśīnara, re e ṛṣi valoroso come Indra, 39 se lui è morto o Sṛñjaya, che era in tutto superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per il figlio, che non ha sacrificato, né dato dakṣiṇa, calmati e non dolerti, 40 sappiamo che è morto Bharata, figlio di Duṣyanta o Sṛñjaya, il figlio di Śakuntalā, grande arciere, e splendente di molte ricchezze, 41 che sacrificava trenta cavalli agli dèi lungo la Yamunā, venti lungo la Sarasvatī, e quattordici lungo la Gaṅgā, 42 che mille aśvamedha e cento rājasūya, un tempo celebrava lo splendidissimo Bharata figlio di Duśyanta, 43 nessun principe tra tutti i re, questa grande impresa di Bharata, sono in grado di seguire, come i mortali toccare il cielo con le braccia, 44 colui che più di mille cavalli legando raccoglieva sulla vedī, dove Bharata offriva migliaia di loti a Kaṇva, 45 se lui è morto o Sṛñjaya, che era in tutto superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per il figlio, 46 sappiamo che Rāma il figlio di Daśaratha è morto o Sṛñjaya, il quale aveva compassione sempre delle creature come fossero legittimi figli, 47 e non vi era nessuna vedova senza protezione nel suo regno, e uguale era in tutto al padre, Rāma quando stava nel regno, 48 dalle nuvole pioveva a tempo debito, e i grani erano succulenti, sempre vi era abbondanza di cibo quando Rāma governava il regno, 49 nessun vivente annegava nelle acque, né il fuoco bruciava senza scopo, non vi era timore di inganni mentre Rāma governava il regno, 50 avevano mille anni e generavano mille figli, le genti, prive di malanni, e con universale successo durante il regno di Rāma, 51 non vi erano dispute reciproche, o tra uomini e donne, le genti sempre nel dharma erano, quando Rāma governava il regno, 52 gli alberi erano sempre pieni di fiori e frutti, e in sicurezza tutte le vacche riempivano i secchi, mentre Rāma governava il regno, 53 egli risiedendo quattordici anni nella foresta con grande tapas, liberamente celebrava a jārūthī dieci aśvamedha, 54 scuro di pelle, giovane dagli occhi rossi, coraggioso come un elefante furioso, per diecimila anni Rāma reggeva il regno, 55 se lui è morto o Sṛñjaya che in tutto è superiore a te, che è più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 56 e sappiamo che è morto il re Bhagīratha o Sṛñjaya, al cui sacrificio approntato, Indra bevuto il soma si intossicava, 57 e molte migliaia di asura, quel supremo dio, sconfiggeva colla forza del suo braccio, il Beato punitore di Pāka, 58 lui che migliaia di migliaia di fanciulle adornate d'oro, celebrando il suo approntato sacrifico dava via come dakṣiṇa, 59 tutte le fanciulle erano su carri, e tutti i carri con un tiro a quattro, per ciascun carro vi erano cento elefanti maculati inghirlandati d'oro, 60 e per ciascun elefante dietro seguivano mille cavalli, e per ogni cavallo mille vacche e mille capre e pecore per ogni vacca, 61 vicino a dove risiedeva, sedeva sulla sue ginocchia, la Gaṅgā Bhāgīrathī, e perciò abbe allora il nome di Urvaśī, 62 e di Bhagīratha discendente di Ikṣvāku, che sacrificava con molte dakṣiṇa, la Gaṅgā che scorre nei tre mondi, volle essere la figlia, 63 se lui è morto o Sṛñjaya che in tutto era superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 64 sappiamo che è morto Dilīpa figlio di Ilavila o Sṛñjaya, le cui ripetute imprese raccontano i brahmani, 65 questo signore della terra, l'intera terra con tutte le sue ricchezze, donava in un grande sacrificio ai brahmani convenuti, 66 il suo purohita mentre celbrava ciascun sacrificio, mille elefanti bianchi dava via come dakṣiṇa, 67 in ciascuno dei suoi sacrifici vi era un grande e splendido palo fatto d'oro, da lui si rifugiarono gli dèi con Śakra per primo, per compiere le loro imprese, 68 e la punta era d'oro su quel suo palo sacrificale fatto d'oro, e ci danzavano sei mila dèi e gandharva, di sette tipi, 69 e là in mezzo Viśvāvasu in persona suonava la vīṇā, e tutti gli esseri pensavano:' sta suonando per me solo.' 70 e questa cosa del re Dilīpa nessun re imitava, che le donne adornate d'oro, infiammate giacevano sulla via, 71 il re dal formidabile arco Dilīpa dalle sincere parole, e dalla grandissima anima, da qualunque uomo fosse guardato, costui conquistava il paradiso, 72 tre suoni non si estinguevano mai nella dimora di Dilīpa, il suono degli studi, quello dell'arco, e l'ordine di dare, 73 se è morto lui o Sṛñjaya che era in tutto superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 74 sappiamo che è morto Māndhātṛ figlio di Yuvanāśva o Sṛñjaya, il quale fu estratto fanciullo dal fianco del padre, dagli dèi marut, 75 egli che era cresciuto nello stomaco di Yuvanāśva grand'anima, originato da una goccia di burro, quello splendido sovrano vinse i tre mondi, 76 vedendolo giacere sulle ginocchia del padre con aspetto divino, gli dèi l'un l'altro si dicevano: ' a chi lo affiderà?' 77 'a me lo affiderà.' così diceva facendosi avanti Indra, e il Cento-riti pose a lui il nome di Māndhātṛ, 78 allora un flusso di latte per nutrire il grand'anima, figlio di Yuvanāśva, per lui la mano di Indra emetteva, 79 succhiando la mano di Indra, cresceva di un anno in un giorno, e diventava di dodici anni in dodici giorni o sovrano, 80 e in un solo giorno tutta la terra cadeva in potere di quel prode grand'anima, dall'anima giusta, pari a Indra in battaglia, 81 Māndhātṛ che vinceva in battaglia il sovrano Aṅgāra, Marutta, Asita, Gaya, e il re degli aṅga Bṛhadratha, 82 il figlio di Yuvanāśva quando combattè in battaglia contro Aṅgāra, dagli scatti del suo arco, gli dèi pensavano che il cielo andasse in pezzi, 83 da dove il sole sorge, fin dove rimane, tutta questa terra si dice fosse di Māndhātṛ figlio di Yuvanāśva, 84 avendo celebrato cento aśvamedha, e cento rājasūya, quel signore della terra donava dei pesci rohita ai brahmani, 85 tutti d'oro alti uno yojana e lunghi dieci yojana, e quelli eccedenti ai ri-nati, li distribuiva ad altre genti, 86 se lui è morto Sṛñjaya, che in tutto era superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 87 sappiamo che è morto Yayāti figlio di Nahuṣa o Sṛñjaya, il quale conquistando tutta la terra coi suoi mari, 88 procedendo a costruire delle vedī ad ogni tiro di bastone o sovrano, sacrificando con santi riti, percorreva tutta la terra, 89 celebrati migliaia di sacrifici, centinaia di aśvamedha, rendeva soddisfatto il re degli dèi, con tre montagne d'oro, 90 scoppiata la guerra tra dèi e asura, avendo ucciso daitya e dānava, Yayāti figlio di Nahuṣa, distribuiva l'intera terra, 91 alla fine scartando i suoi figli a cominciare da Yadu e Druhyu, e consacrando sul suo trono Pūru, partiva verso la selva con le mogli, 92 se lui è morto o Sṛñjaya che era in tutto superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 93 sappiamo che è morto Ambarīṣa figlio di Nabhāga o Sṛñjaya, che fu scelto dalle genti come un santo protettore o migliore degli uomini, 94 che migliaia di migliaia di re, tutti di miriadi di sacrifici, vi erano al suo sacrificio, che celebrava dando a sostegno ai brahmani, 95 'mai persone prima fecero, né altre lo faranno.' così applaudivano Ambarīṣa, figlio di Nabhāga per le sue dakṣiṇa, 96 cento migliaia di re e altre centinaia di centinaia di re, tutti celebrando gli aśvamedha, sono andati per la via meridionale, 97 se lui è morto o Sṛñjaya, che in tutto era superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 98 sappiamo che è morto Śaśabindu, il figlio di Citraratha o Sṛñjaya, che aveva centomila mogli quella grande anima, 99 e che aveva migliaia di migliaia di figli, Śaśabindu, tutti con corazze d'oro, tutti ottimi arcieri, 100 e cento fanciulle seguivano ogni figlio del re, e per ciascuna fanciulla, cento elefanti e per ogni elefante cento carri, 101 e per ogni carro cento cavalli indigeni inghirlandati d'oro, e per ogni cavallo cento vacche, e per ogni vacca altrettante capre e pecore, 102 questa infinita ricchezza, nell'aśvamedha grande sacrificio, Śaśabindu o grande re, assegnava ai brahmani, 103 se lui è morto o Sṛñjaya che in tutto era superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 104 sappiamo che è morto Gaya figlio di Amūrtarayas o Sṛñjaya, il re che per cento anni si è nutrito dei resti delle offerte sacre, 105 a cui il fuoco concedeva delle grazie, e allora Gaya sceglieva questi doni: ' che io abbia infinità da donare, e che cresca la mia fede nel dharma, 106 che il mio animo si rallegri nella sincerità, questo per tua grazia o Divora-offerta.' e ottenne tutti i suoi desideri dal fuoco, così abbiamo udito, 107 ad ogni luna nuova e piena, e ogni quattro mesi, quello splendidissimo sacrificava per mille anni, 108 cento mila vacche, e centinaia di muli, alzandosi in ciascun rito, donava per mille anni, 109 e rendeva soddisfatti gli dèi col soma e i ri-nati colle ricchezze, e i padri con le offerte, e lo proprie mogli con l'amore o toro fra gli uomini, 110 coperto d'oro un pezzo di terra grande dieci braccia e lunga il doppio, il re la offriva come dakṣiṇa nell'aśvamedha grande sacrificio, 111 quanti grani di sabbia o re vi sono nella Gaṅgā o toro degli uomini, altrettante vacche Gaya figlio di Amūrtarayas donava, 112 se lui è morto o Sṛñjaya, che in tutto era superiore a te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 113 sappiamo che è morto Rantideva figlio di Saṃkṛti o Sṛñjaya, il quale rettamente favorendosi Śakra, ne ottenne una grazia quel gloriosissimo: 114 ' che noi possiamo avere cibo abbondante e ospiti, che la nostra fede non venga mai meno, e che non dobbiamo chiedere a nessuno.' 115 gli animali spontaneamente si avvicinavano a quel saldo nei voti, al glorioso Rantideva grand'anima, sia domestici che selvatici, 116 dal liquido del mucchio di pelli sorgeva un grande fiume, e per questo quella grande fiumana fu chiamata carmaṇvatī, 117 il sovrano donava ai brahmani dei gioielli d'oro, per ognuno seduto: 'quest'oro è tuo' dicendo a ciascuno, e giacché i ri-nati gridarono, mille ne dava a ciascuno, così dicendo ai brahmani, 118 ogni apparato per il riso, gli strumenti per ogni sostanza, tra le giare, le pentole, le padelle, i piatti e scodelle, del saggio Rantideva non ve n'era nessuna che non fosse d'oro, 119 per chi risiedeva una notte nella casa di Rantideva figlio di Saṃkṛti, venivano uccise ventimila e cento vacche, 120 là i cuochi indossando orecchini di perle gridavano: ' mangiate per lo più delle salse, oggi non vi è più carne come prima.' 121 se lui è morto o Sṛñjaya, che era in ogni cosa meglio di te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 122 sappiamo che è morto Sagara grand'anima o Sṛñjaya, il figlio si Ikṣvāku, tigre fra gli uomini, dal coraggio sovrumano, 123 sessantamila figli lo seguivano mentre procedeva, come le schiere delle stelle il re dei nakṣatra nel cielo terso a fine anno, 124 la terra di un solo re, era allora prostrata a lui, che con migliaia di aśvamedha rendeva soddisfatti gli dèi, 125 che offriva una colonna d'oro e una piattaforma tutta d'oro, piena di donne dagli occhi di loto, e affollata di seggi, 126 ai brahmani degni di ciò, e ogni desiderio grande e piccolo, per suo ordine, i ri-nati si divisero questa ricchezza, 127 il quale per l'ira fece scavare per muovere il mare, e dal suo nome l'oceano ha avuto il nome di sāgara, 128 se lui è morto o Sṛñjaya, che era in tutto meglio di te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per il figlio, 129 sappiamo che è morto il re Pṛthu figlio di Vena o Sṛñjaya, che fu consacrato nella grande foresta dai grandi ṛṣi riuniti: 130 ' si estenderà in tutti i mondi e così sia chiamato Pṛthu, e dalla distruzione ci salva, perciò sara conosciuto come kṣatriya' 131 e le genti vedendo Pṛthu figlio di Vena, esclamavano: 'noi lo amiamo.' e per questo fu chiamato il re, per far nascere attaccamento, 132 la terra senza coltivarla era fruttuosa, in ogni recipiente vi era miele, e tutte le vacche riempivano secchi di latte, quando regnava il figlio di Vena, 133 in salute avendo successo in tutto, gli uomini erano senza paure, come desideravano risiedevano nei campi o nelle case, 134 le acque si solidificavano quando lui desiderava viaggiare sul mare, e i fiumi si aprivano, e non vi era impedimento alla sua bandiera, 135 ventuno monti alti tre nala tutti d'oro, il re dava ai brahmani nel suo grande sacrificio dell'aśvamedha, 136 se lui è morto o Sṛñjaya, che in tutto era meglio di te, che era più santo di tuo figlio, non devi addolorarti per tuo figlio, 137 perché o Sṛñjaya stai pensando in silenzio? non ascolti o re le mie parole? altrimenti il mio discorso è reso vano, pur rettamente detto come un rimedio per il moribondo.' 138 Sṛñjaya disse: ' ascolto le tue parole o Nārada, dal bel significato, come ghirlande di puri profumi, quanto fu un tempo fatto dai re e ṛṣi grandi anime, è glorioso e atto a togliere il dolore, 139 il tuo discorso non è vano o grande ṛṣi, al solo vederti io sono libero dal dolore o Nārada, io ascoltai le tue parole o sapiente del brahman, e non mi sazio come per bere l'amṛta, 140 se tu o infallibile occhio, sei favorevole a me che brucio per la morte del figlio o illustre, di quel morto sia ora una rinascita, per tua grazia che io sia assieme a mio figlio.' 141 Nārada disse: ' il figlio che ti è caro Svarṇaṣṭhīvin che ti diede Parvata se ne andato, e di nuovo tuo figlio ti darò, splendido come oro, che vivrà mille anni.'” XXX 1 Yudhiṣṭhira disse: “in che modo Svarṇaṣṭhīvin divenne figlio di Sṛñjaya? per quale ragione lo diede Parvata, e in che modo morì? 2 se allora quell'uomo doveva vivere mille anni, per quale motivo il figlio di Sṛñjaya prima di raggiungere la giovinezza morì? 3 o se, lui aveva solo il nome di Svarṇaṣṭhīvin, o in verità egli sputava oro? questo voglio conoscere.” 4 Vāsudeva disse: “ io ti racconterò qui come è accaduto o signore di genti, Nārada, e Parvata, erano ciascuno dei due, ṛṣi venerati al mondo, 5 uno era zio materno e l'altro figlio della sorella, qui giunti dal mondo divino, vagavano a piacere quei due potenti un tempo, per affetto verso gli uomini, 6 nutrendosi del burro offerto al fuoco e del cibo degli dèi, Nārada era lo zio, e Parvata il figlio della sorella, 7 entrambi dediti al tapas, vivevano sulla faccia della terra, nutrendosi di cibi umani, si muovevano rettamente, 8 pieni di affetto e di gioia, allora fecero un patto, che quale desiderio uno abbia in cuore, sia bello che brutto, debba rivelarlo all'altro, e in caso contrario sia maledetto, 9 i due grandi ṛṣi venerati al mondo, promisero di si, e raggiunto che ebbero Sṛñjaya figlio di Śveta dicevano al re: 10 'noi due vivremo con te, per qualche tempo per il tuo bene, secondo le regole o protettore della terra sii nostro amico.' avendo detto di si, il re rendeva onore ai due, 11 quindi un giorno il re, alle due grandi anime così arrivate diceva con suprema gioia: ' questa è la mia bellissima figlia, 12 la mia unica fanciulla, che è al vostro servizio, bellissima di viso e membra, e dotata di buona condotta, delicata è la fanciulla simile ad uno stelo di loto, 13 ' ottimo, o gentile signore.' così apostrofato dai due il re ordinava a lei: ' figlia, servi i due savi come dèi e come dei padri.' 14 la fanciulla devota al dharma avendo detto di si al padre, secondo gli ordini del re rendeva onore a quei due, 15 per la sua condotta e per l'incomparabile bellezza, rapidamente e fortemente colpiva al cuore Nārada, 16 e aumentava allora l'amore nel cuore del grand'anima, come il re delle stelle nel procedere lentamente verso il plenilunio, 17 ma non lo diceva al nipote, a Parvata grand'anima, quel sapiente del dharma aspramente vergognandosi di quell'amore, 18 ma per la sua palpitazione e col suo tapas Parvata se ne accorse, e furioso allora violentemente malediva Nārada preso dall'amore: 19 ' tu liberamente hai fatto il patto assieme a me, che chi abbia un desiderio in cuore, bello o brutto che sia, 20 lo debba rivelare all'altro; e tu hai compiuto un inganno, queste erano le tue parole o brahmano, perciò io questo ti dico: 21 tu non mi hai prima rivelato il tuo amore sorto per la fanciulla Sukumārī, perciò io ti maledico, 22 pur essendo tu il mio guru, sapiente del brahman, asceta e brahmano, hai provocato la rottura del patto che noi due avevamo fatto reciprocamente, 23 perciò io adiratissimo ti maledirò, ascoltami: Sukumārī diverrà senza dubbio tua moglie, 24 e dal matrimonio in avanti, la fanciulla e gli altri uomini o potente, ti vedranno come una scimmia, avendo perduto il tuo aspetto.' 25 sentite queste parole da Parvata, Nārada allora, lo zio materno, per l'ira anche lui malediva il nipote: 26 ' pur essendo dotato di tapas, casto studio, sincerità e autocontrollo, e pur sempre saldo nel dharma, non otterrai di risiedere in paradiso.' 27 medicendosi reciprocamente i due adirati, e violentemente furiosi, si scontrarono uno contro l'altro, come due grandi elefanti infuriati, 28 Parvata quel grande muni vagava per l'intera terra, venerato secondo le regole, per il suo splendore o bhārata, 29 e Nārada otteneva quella fanciulla figlia di Sṛñjaya, l'irreperensibile Sukumārī, secondo il dharma, quel grande nel dharma, 30 la fanciulla però vedeva Nārada secondo la maledizione, come una scimmia dopo che ebbe recitato i mantra del matrimonio, 31 e Sukumārī, al ṛṣi divino dall'aspetto di scimmia non disdegnava gli onori, e allora divenne piena di amore per lui, 32 si metteva al servizio del marito, e in null'altro poneva mente, che al proprio marito, che fosse muni, dio o yakṣa, da devota al marito, 33 quindi un giorno il venerabile Parvata, si recava in una foresta solitaria e là scorgeva Nārada, 34 allora avvicinandosi a Nārada, Parvata gli diceva: ' o signore, fammi la grazia di permettermi il paradiso o potente.' 35 e vedendolo Nārada rispondeva a Parvata allora che sedeva triste a mani giunte, lui stesso più triste: 36 ' io sono stato per primo maledetto da te di divenire una scimmia, e udendo ciò, io dopo per la collera ti ho maledetto, che da allora in avanti, non avresti ottenuto la residenza in paradiso, 37 non dovevi fare una cosa simile, tu sei come un figlio per me.' e i due muni si liberarono reciprocamente dalla maledizione, 38 vedendo quindi Nārada pieno di bellezza, con aspetto divino, Sukumārī, correva via sospettandolo un altro uomo, 39 Parvata allora vedendo quell'irreprensibile correre via, le diceva: 'questo è tuo marito non avere qui incertezze, 40 quel potente ṛṣi dall'anima nel supremo dharma, è il venerabile Nārada, non ti tradisce il tuo cuore, non aver qui dubbi.' 41 ella informato in vari modi da Parvata grand'anima, e udito della maledizione al marito, ritrovava la propria natura, e Parvata andava allora in paradiso, e Nārada tornava a casa, 42 ma è presente l'autore di tutto, il grande ṛṣi Nārada, e da te richiesto ti racconterà come tutto si svolse o migliore degli uomini.” XXXI 1 Vaiśaṃpāyana disse: allora il re, figlio di Pāṇḍu, si rivolgeva a Nārada: “ o venerabile, io vorrei udire della nascita di Svarṇaṣṭhīvin.” 2 così richiesto dal dharmarāja, il muni Nārada raccontava come fu la vicenda riguardo Svarṇaṣṭhīvin: 3 “ così è stato o grande re, come ti ha detto il Lunghi-capelli, ma del resto di questa vicenda da te richiesto ti parlerò, 4 io e il grande muni Parvata, figlio di mia sorella, vagando a piacere giungemmo da Sṛñjaya il migliore dei conquistatori, 5 e là noi fummo onorati da lui con azioni stabilite dalla tradizione, e provvisti di ogni desiderio vivevamo nella sua dimora, 6 e passati alcuni anni, al momento di partire, Parvata mi diceva queste parole appropriate al momento: 7 ' noi due nella casa del re di uomini, supremamente onorati, abbiamo abitato o brahmano pensiamo a cosa sia giusto concedergli.' 8 allora io o re, dicevo a Parvata dal nobile aspetto: ' tutto ciò dipende da te o potente nipote, 9 con una grazia sia rallegrato il re, e ottenga qualsiasi cosa voglia, che ottenga pure la perfezione del nostro tapas, se lo credi.' 10 allora invitato il re Śṛñjaya splendido a vedersi, Parvata quel toro tra i muni diceva queste gentili parole: 11 ' noi due siamo contenti degli onori, compiuti da te onestamente, e col nostro permesso pensa ad una grazia o eccellente uomo, 12 quanto sia adeguato agli uomini e senza danno per gli dèi, accetta o grande re, non pensiamo che tu sei degno di onore.' 13 Sṛñjaya disse: ' se voi siete contenti di me, la cosa è già fatta per me, questo per me è il supremo accquisto, e ho ottenuto il massimo frutto.'” 14 Nārada disse: “ a lui che così parlava, di nuovo Parvata rispondeva: ' scegli o re, il desiderio che più a lungo hai in cuore.' 15 Sṛñjaya disse: ' io desidero un eroico e valoroso figlio dai saldi voti, di lunga vita, fortunato, splendido come il re degli dèi.' 16 Parvata disse: ' si realizzerà questo tuo desiderio, ma lui non sarà di lunga vita, per soverchiare il re degli dèi, è questo desiderio nel tuo cuore, 17 e per il suo sputare oro, diverrà Svarṇaṣṭhīvin, e protetto dal re degli dèi egli sarà splendido come il re degli dèi.'” 18 Nārada disse: “ udite le parole di Parvata grand'anima, Sṛñjaya cercava di ingraziarselo allora, perché così non fosse: 19 ' che sia di lunga vita il mio figlio per il tuo tapas o muni.' ma a lui nulla rispondeva Parvata, in considerazione di Indra, 20 e io a quel sovrano divenuto triste ancora dicevo: ' tu devi pensare a me o grande re, e se mi tieni in mente io mi mostrerò, 21 io al tuo caro figlio finito preda del re dei morti, di nuovo renderò il suo aspetto, non dolerti o protettore della terra.' 22 così avendo parlato al sovrano i due se ne andarono dove volevano, e Sṛñjaya a suo piacere rientrava nella sua dimora, 23 e a Sṛñjaya, re e ṛṣi, trascorso un certo tempo, nasceva un figlio di grande valore, che quasi bruciava di splendore, 24 e crebbe secondo il giusto tempo, come un loto in uno stagno, e divenne dallo sputo d'oro, e per quel motivo ne ebbe il nome, 25 e divenne celebrato al mondo come il più meraviglioso o migliore dei kuru, ma conosceva il re degli dèi la grazia donata dalle due grandi anime, 26 quindi ne divenne impaurito, restando all'opinione di Bṛhaspati, l'uccisore di Bala e di Vṛtra, cominciava a spiare quel fanciullo, 27 e ordinava alla sua folgore, arma divina nella sua manifestazione corporea: ' divenuta una tigre, uccidi quel figlio del re.' così o potente, 28 ' quando sarà sviluppato in valore, mi soverchierà, il figlio di Sṛñjaya o folgore, secondo quanto gli fornì Parvata.' 29 così apostrofata da Śakra, la folgore vincitrice di città nemiche, sempre attendeva a spiare da vicino il principino, 30 ma Sṛñjaya ottenuto quel figlio splendido come il re degli dèi, felice il re col suo gineceo, risiedeva allora sempre nella foresta, 31 quindi un giorno in una cascata nella selva lungo la sponda della Bhāgīrathī, il fanciullo accompagnato dalla nutrice, correva intorno per giocare, 32 il bambino dell'età di cinque anni, era coraggioso come un re degli elefanti, e quel fortissimo andava incontro ad una tigre che rapida giungeva, 33 e da quella dilaniato il figlio del re, piangendo, cadeva a terra senza vita, e allora urlava la nutrice, 34 ma dopo aver ucciso il figlio del re, da là scompariva la tigre, resa invisibile dalla māyā del re degli dèi, 35 udite però le grida della nutrice che urlava come per supremo dolore, accorreva in quel luogo il signore della terra in persona, 36 e vedeva giacere privo di vita e coperto di sangue, il principino privo di gioia, simile ad una luna caduta, 37 e mettendosi il viso dilaniato sulle sue ginocchia, sofferente si lamentava per il figlio coperto di sangue, 38 e quindi le madri di lui, piangendo tormentate dal dolore, accorrevano in quel luogo dove stava il re Sṛñjaya, 39 e allora il re pensava a me all'interno della sua mente, e io sentito il suo pensiero, mi precipitavo a vederlo, 40 egli sommerso dal dolore fu da me apostrofato con quelle parole, di cui ti ha raccontato l'eroe degli yadu o signore della terra, 41 e fu allora richiamato alla vita da me col permesso del Vāsava, ciò che deve essere così non può essere in altro modo, 42 e da lì in avanti il principe Svarṇaṣṭhīvin gloriosissimo, quel valoroso rendeva felice l'animo di padre e madre, 43 e quel potente governava il regno dopo che il padre andò in paradiso, per mille e cento anni, lui dal terribile ardimento, 44 quindi celebrati molti grandi sacrifici dalle molte dakṣiṇa, rendeva soddisfatti gli dèi e gli avi quello splendidissimo, 45 e generato molti figli che continuassero la stirpe, dopo molto tempo o re, si avviava alla morte, 46 tu pure o re dei re, allontana questa sofferenza che ti è nata, come ti hanno detto il Lunghi-capelli, e Vyāsa dal grandissimo tapas, 47 e rimanendo sul trono avito, sopportane l'arduo peso, e celebrando grandi e santi sacrifici, otterrai i mondi che desideri.” XXXII 1 Vaiśaṃpāyana disse: al re Yudhiṣṭhira che addolorato rimaneva silenzioso, l'asceta Kṛṣṇa dvaipāyana sapiente del vero dharma diceva: 2 “ il dharma dei re o occhi di loto, è la protezione delle creature, il dharma è la misura del mondo, sempre nel seguire il dharma, 3 impegnati o re, sul sentiero dei padri e degli antenati, il dharma per i brahmani, è la perenne certezza dei veda, 4 questa è l'eterna misura delle misure o toro dei bhārata, e lo kṣatriya è il protettore dell'intero dharma, 5 così l'uomo che nel regno disubbidisce ai suoi ordini, e impedisce gli affari del mondo deve essere legato per le braccia, 6 chi caduto in preda all'errore, compia lo sbagliato per il giusto, che sia un servo o un figlio oppure un qualche asceta, i malvagi con tutti i mezzi si devono fermare o anche uccidere, 7 il re agendo in altra maniera compie una colpa, chi non custodisca il dharma che sta per perire, è un distruttore del dharma, 8 e da te questi uccisori del dharma sono stati uccisi col loro seguito, e avendo agito nel tuo dharma non devi dolertene o pāṇḍava, il re deve uccidere, donare e proteggere le creature secondo il dharma.” 9 Yudhiṣṭhira disse: “ io non dubito delle tue parole o ricco in tapas, il dharma non ti è sconosciuto, o migliore dei sostenitori di ogni dharma, 10 ma io ho ucciso a causa del regno molti che non si dovevano uccidere, e queste azioni o brahmano, mi bruciano e mi tormentano.” 11 Vyāsa disse: “ o il Signore è l'autore di ciò oppure l'uomo o bhārata, oppure si sa che è inevitabile al mondo il frutto nato dall'agire, 12 il bene e il male sono stabiliti dal Signore o principe, gli uomini compiono l'azione e il frutto viene dal Signore, 13 come quando un uomo taglia un albero coll'ascia nella foresta, la colpa non è mai in alcun modo dell'ascia che lo recide, 14 eppure per quella causa le azioni ottengono il loro frutto, il male compiuto colle armi o col bastone, non ricade sull'uomo, 15 mai si ottiene quanto si desidera o kuntīde, come frutto compiuto da un altro, percio questo impuntalo al Signore, 16 oppure se un uomo è l'autore di due azioni una buona e una cattiva, e non ve n'è una superiore, perciò devi compierne un'altra di buona, 17 nessuno in nessun luogo o re, può sfuggire al destino, e il male compiuto colle armi o col bastone non si attacca all'uomo, 18 se tu pensi o re, che inevitabilmente questo sia stabilito al mondo, pure così non vi è stata né vi sarà una azione cattiva, 19 se si deve afferrare quanto si deve fare di bene e di male al mondo, il bastone alzato dei re è al mondo di massimo aiuto, 20 e pure al mondo le azioni si compiono o bhārata, e ne ottengono il frutto buono o cattivo, così io penso, 21 così il vero è stabilito dal bene, e il frutto dell'azione è certo, abbandònati o tigre fra i re, non por mente al dolore, 22 avendo agito nel tuo dharma e pure nell'offesa o bhārata, così non rinunciare a te o re, non addolorarti, 23 sono stabiliti qui o kuntīde, delle espiazioni per gli autori, chi ha ancora il corpo le può compiere, ma chi non ha corpo perisce, 24 tu che sei vivo o re, compirai queste epiazioni, senza aver compiuto l'espiazione nell'aldilà te ne dorrai o bhārata.” XXXIII 1 Yudhiṣṭhira disse: “ sono stati uccisi figli, nipoti, fratelli e padri, suoceri, e guru, zii materni e nonni, 2 e guerrieri grandi anime con parenti e amici, alleati e famigliari, e fratelli o nonno, 3 molti sovrani di uomini giunti da varie regioni, sono stati uccisi da me solo per brama del regno o nonno, 4 avendo io ucciso tali sovrani dalla giusta condotta, dei valorosi che spesso hanno bevuto il soma, cosa potrò ottenere o ricco in tapas? 5 io brucio ora incessantemente, pensando continuamente, a questa terra privata di quei bellissimi leoni tra i principi, 6 vedendo questa terribile strage di famigliari, e di nemici uccisi a centinaia, e di altre miriadi di uomini, io mi tormento o nonno, 7 quale sarà ora la condizione di queste eccellenti donne, private di mariti e fratelli, assieme ai loro figli? 8 per noi pāṇḍava crudeli uccisori assieme ai vṛṣṇi, piangendo, straziate e tristi cadute al suolo, 9 non vedendo più padri, fratelli, mariti, e figli quelle donne, abbandonando le care vite, tutte si recheranno alla dimora di Yama, 10 per il grande affetto o migliore dei ri-nati, io non ho qui dubbi, per la sottigliezza del dharma, noi scorgiamo una strage di donne, 11 noi, avendo ucciso gli amici, e compiuto un male senza fine, cadremo all'inferno invero, a testa in giù, 12 e ci libereremo dei corpi con un fiero tapas o virtuoso, parlami dunque dei vari modi di vivere che ci restano o nonno.” XXXIV 1 Vaiśaṃpāyana disse: udite le parole di Yudhiṣṭhira, il dvaipāyana allora, guardandolo gentilmente, con intelligenza il ṛṣi rispondeva al pāṇḍava: 2 “ non cadere in angustie o re, ricordati del dharma kṣatriya, secondo il proprio dharma sono stati uccisi questi kṣatriya o toro degli kṣatriya, 3 cercando la massima prosperità e grande gloria sulla terra, soggetti alle regole della morte, a tempo debito hanno trovato la fine, 4 tu non ne sei l'uccisore, né Bhīma né Arjuna e neppure i gemelli, il Tempo secondo i suoi rivolgimenti, ha preso le vite di questi incarnati, 5 lui che non ha padre né madre, né alcuno che lo favorisca, guarda solo al karma dei viventi, e a tempo debito li raccoglie, 6 questo fatto è solo l'occasione per il Tempo o toro fra gli uomini, di uccidere gli esseri attraverso gli esseri, lui ha questo potente aspetto, 7 sappi che è la natura stessa dell'agire, e il testimone del bene e del male, che il Tempo è la causa di gioie e dolori, che è lui che fornisce il frutto, 8 pensa bene o grandi-braccia alle azioni di costoro, che furono causa della loro distruzione, ed essi sono caduti preda del Tempo, 9 tu devi sapere che avevi buona condotta e saldi voti, quando tu hai compiuto una tale azione attenendoti alle giuste regole, 10 come lo strumento usato dall'artefice, è in mano a chi la usa, questo mondo e messo in moto dalle azioni stabilite dal Tempo, 11 e vedendo il nascere dell'uomo senza alcuna causa, e la sua distruzione casuale, non si deve avere né gioia né dolore, 12 e quanto per te ora è un'ipocrisia e una trappola della mente, se questo lo credi o re, compi un'espiazione, 13 questo si è udito o pṛthāde un tempo nella guerra tra dèi e asura, gli asura erano i fratelli maggiori, e gli dèi i minori, 14 e tra di loro a causa della prosperità vi fu una grande inimicizia, e sorgeva una guerra di trentaduemila anni, 15 e la terra fu resa un unico mare pieno di sangue, allora gli dèi uccisero i daitya, e acquisirono il terzo cielo, 16 e dei brahmani seguaci dei veda avendo ottenuto la terra, si impegnarono nell'alleanza coi dānava confusi dall'orgoglio, 17 erano chiamati śālāvṛka nei tre mondi o bhārata, e in ottantottomila furono uccisi dagli dèi, 18 quelli che vogliono trasgredire al dharma, fanno crescere l'adharma, e devono essere uccisi questi malvagi, come i potenti daitya lo furono dagli dèi, 19 se uccidendo uno solo sia salvo il resto della stirpe, o uccidendo una famiglia sia salvo il regno, questa condotta non è un assassinio, 20 vi è qualche dharma che ha l'aspetto dell'adharma o signore di uomini, e il saggio deve conoscere il dharma che ha l'aspetto di adharma, 21 perciò rafferma te stesso, tu sei un erudito o pāṇḍava, e stai seguendo la via che un tempo hanno compiuto gli dèi, 22 genti così non andranno all'inferno o toro dei pāṇḍava, conforta i fratelli e gli amici o tormenta-nemici, 23 chi abbia una natura tale da compiere sempre il male, e compiendolo e avendolo compiuto non ne provi vergogna, 24 costui ha acquisito ogni impurità, così si dice, non vi è espiazione per costui, o anche solo diminuizione dell'azione malvagia, 25 tu sei di pura nascita, e condotto dalla colpa altrui, senza desiderarlo hai compiuto questa azione e te ne duoli, 26 l'aśvamedha quel grande sacrificio, è l'espiazione stabilita, quello celebra o grande re, e sarai libero da colpe, 27 il dio nuvoloso, il punitore di Pāka, assieme ai marut vinti i nemici, ciascun rito celebrando, e avendone fatti cento è detto il Cento-riti, 28 purificatosi, vinto il paradiso, acquisiti i mondi pieni di felicità, circondato dalle schiere dei marut, Śakra splende illuminando ogni dove, 29 nel mondo del paradiso, dalle apsaras rallegrato il marito di Śacī, è circondato da ṛṣi e da dèi, il signore dei celesti, 30 tu stesso hai acquisito quaggiù la terra col tuo valore, e col tuo valore hai sconfitto i signori della terra o senza-macchia, 31 e recandoti nei regni che furono di costoro o re, circondato dagli amici, fratelli, figli e nipoti di ciascuno nel regno consacra, 32 e trattando con gentili parole persino i fanciulli e i feti nei grembi, conciliandoti tutte le nature, governa la terra, 33 se costoro non hanno figli allora consacra le figlie, la parte della donna è il seggio dell'amore, così abbandonerai il dolore, 34 così avendo portato conforto a tutti i regni o bhārata, celebra il sacrificio del cavallo, come il vittorioso Indra ha fatto prima, 35 non ti devi dolere per gli kṣatriya grandi anime, o toro degli kṣatriya, per le proprie azioni hanno avuto la distruzione, confusi dalla forza del loro karma, 36 hai avuto il dharma kṣatriya, e ottenuto il regno senza alcuna colpa, agisci nel dharma o kuntīde, e ne avrai il meglio che c'è nell'aldilà.” XXXV 1 Yudhiṣṭhira disse: “ compiendo quali azioni un uomo può espiare? facendo cosa si purifica? questo dimmi o nonno.” 2 Vyāsa disse: “ avendo non fatto le azioni stabilite, e avendone compiute di proibite, un uomo che abbia agito falsamente deve espiare, 3 il brahmacārin che si alzi dopo il sorgere del sole, e vada a dormire col sole ancora alto, abbia unghie rotte o denti scuri, 4 un giovane che si sposi col maggiore ancora celibe, e chi disprezzi e negletti i veda, chi sposi una giovane con la maggiore nubile, o chi sposi una già sposata, 5 uno che violi il voto di castità, e l'assassino di un ri-nato, chi dia il brahman ad un indegno, e si rifiuti di istruire uno degno, 6 chi offra riti a indegni o kuntīde, e chi si venda al re, chi uccide donne e śūdra essendone stato prima proibito, 7 chi uccida animali senza scopo, chi appica il fuoco ad una foresta, chi agisce falsamente, e chi si oppone al guru, 8 chi trascuri Agni, e chi vende i veda, e chi viola un patto, tutti questi sono peccatori, 9 io ora parlerò di quello che non si deve fare, ascoltami: ascolta con attenzione le cose che sono proibite dai veda e dal mondo, 10 abbandonare il proprio dharma, e compiere il dharma altrui, sacrificare per un indegno, e mangiare del cibo che non si deve mangiare, 11 scacciare uno giunto a rifugiarsi, e non mantenere i servi, il vendere liquori, e l'uccisione degli animali, 12 e pur potendo, non compiere i riti a cominciare dai fuochi sacri, non donare tutte le cose che si devono sempre donare o bhārata, 13 non offrire le dakṣiṇa, afferrare da sé un brahmano, tutte queste cose non si devono fare, dicono le genti sapienti del dharma, 14 il figlio che si divide dal padre, e chi violi il letto del guru, questa persona procreando nell'adharma, diviene un ingiusto, 15 tutte queste azioni ti ho menzionato in dettaglio e non, compiendo le quali e non compiendo le altre, uno le deve espiare, 16 e quali siano le azioni che compiute dagli uomini, in qualsiasi circostanza non li macchiano ascolta ora, 17 prendere le armi in battaglia contro un sapiente dei veda che attacchi per uccidere, ucciso che sia in battaglia, per questo uno non è un brahmanicida, 18 e pure qui o kuntīde si recita un mantra nei veda, e io ti parlerò di questo dharma supremo stabilito dai veda, 19 chi uccida un brahmano che recede dalla propria condotta con l'arco in mano, per questo non sia un brahmanicida, ma un furioso che attacca un altro furioso, 20 chi in pericolo di vita, o per ignoranza, oppure bevendo dell'alcol, e senza essere incitato sia ancora saldo nel dharma merita purificazione, 21 tutto quanto ti ho detto o kuntīde sul mangiare cibo proibito, coll'uso di un'espiazione, interamente con questo si è purificati, 22 andare nel letto del guru per ordine del guru, non macchia l'uomo, Uddālaka, generava Śvetaketu per mezzo di un discepolo, 23 compiendo un furto in favore del guru in difficoltà, non si è colpevoli, ma lo è, chi ne compia parecchi per il suo piacere, 24 prendere escludendo i beni dei brahmani, non macchia, senza consumare da sé, non è macchiato dal peccato, 25 una menzogna si puo dire per salvare la vita propria o di un altro, per il guru, e anche verso le donne, o per fare un matrimonio, 26 il voto non è rotto in nessun modo, eiaculando il seme nel sonno, un'offerta di burro nel fuoco acceso, è stabilita come espiazione, 27 se il maggiore è morto o è andato via, non vi è colpa per il giovane a sposarsi, sollecitato dalla moglie altrui, non vi è trasgressione del dharma, 28 cacciare animali senza scopo non si deve fare, né far compiere, la gentilezza verso gli animali è una purificazione stabilita dalle regole, 29 il dono dato ad un brahmano indegno, senza saperlo, non è una colpa, e lo stesso nel dare ad uno degno oppure ad uno indegno, 30 scacciare le donne indegne non porta peccato, ella da questo è purificata, ma il marito non ha colpe, 31 il venditore del soma che sa la verità non ne abbia colpa, e liberarsi di un servo incapace non sia una macchia, bruciare la selva facendolo per le vacche non porta colpe, 32 compiendo tutte le cose che ti ho detto non si pecca, ora ti parlerò in dettaglio delle espiazioni o bhārata.” XXXVI 1 Vyāsa disse: “ col tapas, con cerimonie, e colle donazioni o bhārata, l'uomo purifica il suo peccato, se purificato non lo ricommette, 2 mangiando una volta al giorno, praticando la questua di persona, con la coppa in mano, col bastone ascetico, in castità e sempre alzato, 3 senza invidie, dormendo a terra, mostrando al mondo il proprio agire, per dodici anni interi, ci si purifica dal brahmanicidio, 4 l'uomo si purifica dal brahmanicidio, praticando astinenze per sei anni, o mangiando una volta al mese per tre anni, così si purifica, 5 mangiando una volta al mese per un anno intero, si purifica senza dubbio, e digiunando o re, ci si può liberare in poco tempo, 6 col sacrificio dell'aśvamedha ci si purifica senza dubbio, e pure gli uomini di tal fatta che si bagnano nel vaso sacrificale, 7 tutti questi si purificano dal male, così dice la suprema śruti, chi viene ucciso in battaglia per un brahmano si purifica del brahmanicidio, 8 offrendo centomila vacche a degni brahmani, si purifica il brahmanicida, e anche da tutti i mali, 9 chi doni venticinquemila vacche da latte dal mantello rosso, si purifica da ogni male, 10 un dono di mille vacche da latte coi vitelli, in pericolo di vita, dando a virtuosi poveri, libera dalla colpa, 11 chi però doni cento cavalli di kāmboja a dei brahmani dotati di controllo o signore della terra, si purifica dal male, 12 chi invece dia anche ad uno solo quanto desidera o bhārata, e non lo racconti dopo averlo dato, costui si purifica dal male, 13 il ri-nato che bevuto spesso del liquore, ne beva uno simile al fuoco, si purifica quaggiù al mondo e nell'altro, 14 gettandosi dalle cime del meru, o entrando nel fuoco acceso, cercando la morte, si libera da ogni colpa, 15 celebrando il bṛhaspatisava, il brahmano che beva del liquore, ottiene l'associazione dei brahmani, e la sapienza brahmanica, 16 chi privo di egoismi faccia un dono di terra bevendo del liquore, o anche senza berne o re, quest'uomo si purifica perfettamente, 17 chi viola il letto del guru, deve giacere su una roccia di ferro rovente, o prendendola in mano tagliarsi il pene guardando in alto, 18 e liberatosi del corpo si purifica dall'azione indegna, si purificano dalle loro azioni le donne che per un anno stiano caute, 19 chi compia un grande voto, chi dona tutti i suoi beni, o chi sia ucciso in battaglia per il guru, si purifica dalle azioni cattive, 20 chi agisce nell'inganno, e chi si opponga al guru, compiendo del bene per lui, in questo modo si purifica dalla colpa, 21 chi ha violato il voto di castità osservi i voti del brahmanicida, e indossando un una pelle grezza per sei mesi, si può liberare della colpa, 22 chi prende la moglie altrui, o ne prende le ricchezze, osservando saldi voti per un anno si può liberare dalla colpa, 23 chi invece ha commesso un furto dia al derubato uguale ricchezza, e con questo particolare mezzo di può liberare dalla colpa, 24 con la pratica di mortificazioni per dodici notti, per dieci volte, il minore che si sposi prima si può purificare, e anche il maggiore, 25 ma si può sposare per questo, sempre venerando gli avi, e non vi è colpa per la donna, ella non è macchiata da questo, 26 è stabilita la purificazione col cāturmāsya avendo copulato col mestruo, e le donne con ciò si purificano, così dicono i sapienti del dharma, 27 colle donne sospettate di colpe, non ci deve unire, sapendolo, dal mestruo sono purificate come un piatto dalla cenere, 28 l'intero dharma nelle sua quattro parti è stabilito per i brahmani, e per i principi è stabilito il dharma diminuito di una parte, 29 ed è stabilito diminuito di parte in parte per il vaiśya e per lo śūdra, e in tal modo sia l'applicazione per loro di piccolo o grande, 30 avendo compiuto l'uccisione di animali o tagliato molti alberi, l'uomo confessi la sua azione e si nutra di vento per tre notti, 31 andando da uno proibito o re, è stabilita l'espiazione, di portare una veste umida dormendo sulla cenere per sei mesi, 32 questa è dunque la regola per tutti gli atti impropri, recitata dai brahmani e stabilita coi mezzi che vengono dalle scritture, 33 pure studiando i versi sāvitrī in un luogo puro, moderato nel mangiare, senza violenza, il saggio che li recita, si libera da ogni colpa, 34 di giorno sempre deve stare alzato sotto il cielo e di notte dormire, per tre giorni e tre notti colle vesti si immerga nell'acqua, 35 il ri-nato non parli con donne śūdra e decaduti, saldo nel voto, avendo compiuto senza saperlo dei peccati, e con questo voto si purifica, 36 nell'aldilà ottiene il frutto buono e cattivo, apparso nel passato, l'autore ne ottiene il frutto che prevale dei due, 37 perciò da donazioni, da tapas, e dai riti, un frutto buono ne cresce, e quello cattivo secondo che prevalga quanto si è fatto, 38 compia azioni buone, a bilanciare le azioni cattive, e sempre doni ricchezze, e così si libera dalla colpa, 39 conforme al male deve essere compiuta l'espiazione, con l'esclusione dei grandi crimini, è stabilta un'espiazione, 40 avendo mangiato tutti i cibi proibiti, e detto parole proibite, differenti mezzi sono stabiliti o re, per chi ne è consapevole e chi no, 41 tutto il male compiuto da uno consapevole, è il più grave, per le colpe fatte per errore senza saperlo è stabilita un'espiazione, 42 si può secondo le regole prima dette, rimuovere il male, questa è la regola stabilita per il credente ricco di fede, 43 giammai per gli uomini non credenti e senza fede, falsi e ricchi di peccati, questa regola appare, 44 la condotta virtuosa, e il dharma insegnato o migliore dei sostenitori del dharma, devono essere seguiti o tigre fra gli uomini da chi cerca felicità qui e nell'aldilà, 45 tu o re, sei purificato dal male, per la ragione prima detta, o per protezione, oppure per l'agire dei re, vi fu la loro uccisione, 46 oppure se tu ne hai un qualche disgusto, compi un'espiazione, non cercare la morte con un'azione così impropria per un nobile.” XXXVII 1 Vaiśaṃpāyana disse: così apostrofato dal venerabile, il dharmarāja Yudhiṣṭhira, pensandoci un momento, rispondeva al ricco in tapas: 2 “ cosè mangiabile e cosa non mangiabile? e quale dono è elogiabile? cosa è degno o indegno? questo dimmi o nonno.” 3 Vyāsa disse: “ pure qui raccontano una storia antica, riguardo la conversazione tra Manu Prajāpati e i siddha, 4 i siddha intenti al voto del tapas un tempo incontrando l'illustrissimo, a Prajāpati che sedeva all'inizio dei tempi, chiedevano del dharma: 5 ' quale tipo di cibo, quale dono, e quale studio e tapas noi dobbiamo compiere ed evitare? tutto questo insegnaci o Prajāpati.' 6 così richiesto il beato Manu svāyaṁbhuva diceva: ' ascoltate come è stabilito il dharma in succinto e in dettaglio, 7 non prendere un dono non dato, il donare, lo studio e il tapas, non-violenza, sincerità, assenza d'ira, appropriati sacrifici sono il segno del dharma, 8 questo è il dharma che a tempo e a luogo, può divenire adharma, il non donare, l'inganno, la violenza, si dice che possono essere dharma, 9 sappiate che dharma e adharma entrambi sono di due tipi, il mondo e i veda sanno che l'agire e il non agire sono di due tipi, 10 al non agire appartiene l'immortalità, e la mortalità e il frutto dell'agire, il male si sappia, porta al male e il bene al bene, 11 ma in entrambi vi può essere il bene o il male, il fato è unito agli dèi, e la vita alla distruzione, 12 per qualche motivo mai visto prima, dal male vi è un frutto buono, e in seguito dal dubbio sorge la certezza, per una causa mai vista prima è stabilita un'espiazione, 13 agendo per ira o errore, per i motivi detti ad esempio, la sofferenza del corpo, il dolore e il piacere della mente, con farmaci, mantra ed espiazioni si può arrestare, 14 interamente il dharma famigliare, del villaggio e della classe di nascita, trascurando e non il dharma dei privi di dharma, 15 o quanto detto da dieci sapienti di veda e śāstra, o da tre insegnanti di dharma, quel dharma si deve compiere quanto si cade in dubbio sul dharma, 16 la robbia, l'argilla, e le formiche nere, e anche i frutti di śleṣmātaka, come il veleno sono cibi proibiti per i savi, 17 i pesci che sono privi di scaglie non devono essere mangiati dai brahmani, e i quadrupedi acquatici, come le rane eccetto la tartaruga, 18 e i rapaci, le oche selvatiche, le aquile, le cornacchie, i cakravāka, i plava, l'airone, il madgu, gli avvoltoi, e corvi e gufi, 19 tutti gli uccelli carnivori, e tutti i quadrupedi colle zanne, e di costoro quelli che hanno quattro zanne con zanne su e giù, 20 il brahmano non beva il latte di vacche appena sgravate, di capre selvatiche, di femmine di cavalli e muli, di donne e di cerva, 21 il cibo offerto ai morti, quello impuro per un parto, non si deve mangiare, né si deve bere il latte di una vacca impura, 22 il cibo di un carpentiere, di un pellettiere, di una prostituta, di un fuori casta, e di un medico e di una guardia non è mangiabile, 23 di chi ha infamia nei villagi, e di quelli che vivono sulle attrici, dei minori sposati prima dei fratelli, e dei bardi e degli esperti giocatori, 24 e il cibo che è proibito prendere, quello che è fermentato e stantìo, e quello derivato da liquori, o sputato o rimasto non si deve mangiare, 25 e i liquidi ricavati da carne tritata, canna da zucchero e da erbe, piatti di grano macinato da lungo tempo non si devono mangiare, 26 riso bollito, sesamo, e carni, impure e fatte incorrettamente, sono proibite e non mangiabili per i brahmani intenti nei riti domestici, 27 dèi, antenati, uomini e muni, e le divinità domestiche avendo venerato, allora poi l'uomo di casa può mangiare, 28 come un mendico questuante l'uomo di casa viva nella propria casa, con questa condotta abitando colle amate mogli, ne otterrà il dharma, 29 non deve dare un dono per la gloria, né per paura o per beneficio, il saldo nel dharma, non deve dare a buffoni, né a cantanti e danzatori, 30 né ad ubriachi o pazzi, né a ladri né a medici, né a muti, o a idioti, né a mutilati o a nani, 31 né a gente cattiva, di cattiva stirpe, o a chi non ha finito i voti, vano è il dono dato ad un brahmano ignorante e senza veda, 32 ciò che viene dato ingiustamente, ingiustamente viene preso, per entrambi sarà privo di frutto, per il datore e il ricevente, 33 come afferrando una pietra o un legno pesante per attraversare il mare, si sprofonda con ciascuna, così l'offerente e il ricevente, 34 come il fuoco alimentato con legni umidi non si accende, così chi accetta senza evere condotta, studi e tapas, 35 come l'acqua in un cranio, o come il latte in un otre di cane, diviene impura per colpa del recipiente, così si dice per chi ha cattiva condotta, 36 chi sia senza preghiere, e voti, ignorante degli śāstra, e pur privo di invidie, per compassione deve dare pure agli uomini miseri, 37 ma non si deve dare pure per compassione ad un misero che compie il male, questa è la giusta condotta, o ancora questo è il dharma, 38 il dono dato ad un brahmano che disprezza il dharma, senza scopo diventa per colpa dell'indegno, non ho qui dubbio, 39 come un elefante fatto di legno, come un'antilope fatta di pelle, è un brahmano privo di studi, i tre ne portano solo il nome, 40 come un eunuco è inutile alle donne, come una vacca è infruttuosa ad una vacca, e come è un uccello senza ali, così è un brahmano privo di mantra, 41 come un granaio vuoto, come un pozzo senz'acqua, come l'oblazione senza fuoco, così è un brahmano senza veda, 42 chi distrugge offerte e oblazioni a dèi e ad antenati, lo sciocco che ruba la rcchezza al nemico, non merita di vincere i mondi.' 43 tutto questo ti ho raccontato come è accaduto o Yudhiṣṭhira, questo è grande e deve essere ascoltato per intero o toro dei bhārata.” XXXVIII 1 Yudhiṣṭhira disse: “ io vorrei udire o venerabile, diffusamente o grande muni, del dharma dei re o migliore dei ri-nati, e interamente di quello dei quattro varṇa, 2 e come nelle difficoltà il sovrano debba comportarsi, e stando sul sentiero del dharma come io possa conquistare la terra, 3 questa storia dell'espiazione separando il cibo mangiabile dal proibito, ha mosso la mia curiosità e mi ha fatto nascere gioia, 4 l'osservanza del dharma sempre contrasta col regno, e da questo si confonde la mia mente pensandoci continuamente.” 5 Vaiśaṃpāyana disse: a lui diceva lo splendidissimo Vyāsa il migliore dei sapienti dei veda, conoscendo tutto il passato e guardando Nārada: 6 “se tu vuoi conoscere interamente i dharma o Yudhiṣṭhira, vai da Bhīṣma o grandi-braccia, l'anziano patriarca dei kuru, 7 i dubbi che stanno nella tua mente riguardo ogni dottrina taglierà il figlio della Bhāgīrathī, sapiente di ogni dharma e omniscente, 8 la dea, la divina fiumana dal triplice corso lo ha generato, lui che ha visto in persona tutti gli dèi con Śakra in testa, 9 e spesso quel potente i ṛṣi divini con Bṛhaspati in testa, avendo soddisfatto col suo servizio, ha studiato la condotta reale, 10 Uśanas il ri-nato guru di dèi e asura, conosceva quanto è negli śāstra, e tutto questo con i commenti ha acquisito il migliore dei kuru, 11 e pure dal bhṛguide Cyavana i veda accresciuti delle altre parti, e pure da Vasiṣṭha dai saldi voti, ottenne quel grande intelletto, 12 che un tempo volle studiare col maggiore figlio del Grande-avo, con Kumāra sapiente della vera via dell'anima suprema, 13 ha acquisito l'intero dharma degli yati dalla bocca di Mārkaṇḍeya, e da Rāma e da Śakra ha acquisto le armi o toro dei bhārata, 14 lui che pur essendo nato tra gli uomini ha la morte a sua volontà, e per lui virtuoso senza prole sono stabiliti in cielo i mondi più puri, 15 i santi ṛṣi brahmani sempre furono suoi assistenti, nulla a lui è sconosciuto della conoscenza conoscibile, 16 quel sapiente del dharma e delle vere sottigliezze di dharma e artha ti istruirà, recati da lui prima che quel sapiente del dharma rinunci alla vita.” 17 così apostrofato il kuntīde, dall'ampia saggezza, dal grande splendore, diceva a Vyāsa figlio di Satyavatī, al migliore dei parlanti: 18 “ avendo fatta un grandissima strage di famigliari da far rizzare i capelli, e avendo fatto del male a tutto il mondo, distruggendo l'intera terra, 19 e avendo fatto uccidere con l'inganno quell'onesto guerriero in battaglia, in che modo io posso rivolgermi a chiedere a lui?” 20 allora al migliore dei sovrani per il bene dei quattro varṇa, ancora parlava il grandi-braccia il migliore degli yadu dal grande splendore: 21 “ in questo momento così privo di parenti e amici, non devi affligerti, quanto ti ha detto il venerabile Vyāsa compi o migliore dei sovrani, 22 i brahmani e i fratelli dalla grande energia ti stanno al fianco o grandi-braccia, come dei sofferenti per il caldo aspettando il dio della pioggia, 23 i sovrani sopravissuti sono interamente qui sopraggiunti, e il regno coi quattro varṇa di kurujāṅgala o grande re, è tuo, 24 per fare il bene di questi brahmani grandi anime, e per ordine del tuo guru, di Vyāsa dall'incomparabile splendore, 25 e per i nostri amici per primi, e per Draupadī o tormenta-nemici, compi ogni bene o uccisore di nemici, e compi il benessere del mondo.” 26 così apostrofato da Kṛṣṇa, il re dagli occhi di loto, per il bene di tutto il mondo si alzava quel grande asceta, 27 quella tigre fra gli uomini, così istruito da Viṣṭaraśravas, e dal dvaipāyana, da Devasthāna, e da Jiṣṇu, 28 e pure istruito da molti altri, Yudhiṣṭhira, allontanava il dolore e il tormento dall'animo, quel grande intelletto, 29 udite quelle parole, e quelle dottrine, udito in dettaglio quanto si deve udire, impegnandosi nella pace dell'animo, procedeva il rampollo di Pāṇḍu, 30 il re, da loro circondato come la luna dalle costellazioni, dietro a Dhṛtarāṣṭra entrava nella sua città, 31 entrando il figlio di Kuntī Yudhiṣṭhira, sapiente del dharma, faceva venerare gli dèi e i brahmani a migliaia, 32 quindi su un bellissimo carro nuovo, coperto da un telo di pelle, aggiogato a sedici buoi bianchi dallo splendido aspetto, 33 venerato con santi mantra, ed elogiato dai grandi ṛṣi, vi saliva, come il dio Soma sul suo carro fatto di amṛta, 34 il kuntīde Bhīma dal terribile ardimento afferrava le redini, e Arjuna sosteneva un parasole splendidamente bianco, 35 sostenuto sulla sua testa quel bianco parasole invero, splendeva come il bianco re delle stelle, come una nuvola in cielo, 36 e due flabelli di yak i due valorosi figli di Mādrī tenevano, simili a raggi di luna, bellissimi e adornati, 37 quei cinque fratelli che stavano sul carro coi loro ornamenti, furono visti allora o re, da tutti i viventi lì convenuti, 38 stando invece in uno splendido carro aggiogato a velocissimi cavalli, Yuyutsu da dietro o re, seguiva il maggiore dei pāṇḍava, 39 e su un bellissimo carro fatto d'oro, aggiogato a Sainya e Sugrīva stando Kṛṣṇa assieme a Sātyaki, seguiva i kuru, 40 e su una portantina, il fratello maggiore del padre del pṛthāde o bhārata, davanti al dharmarāja assieme a Gāndhārī procedeva, 41 e tutte le donne kuru, Kuntī e Kṛṣṇā Draupadī, procedevano su carri grandi e piccoli accompagnate da Vidura, 42 quindi i carri e molteplici elefanti coi loro ornamenti, e fanti e cavalli li seguivano da dietro, 43 quindi da bardi, da sūta, e da menestrelli con belle parole, celebrato il re procedeva verso la città che ha nome dagli elefanti, 44 quella partenza del grandi-braccia era incomparabile sulla terra, lasciando ovunque folle di gente piena di gioia e benedizioni, 45 e al passaggio del pṛthāde, dagli uomini che abitavano la città, la città e la strada reale erano adornate secondo le regole, 46 da bianche ghirlande, da bandiere e da altari, era attorniata la strada reale, e ben fumigata dagli incensi, 47 da polveri di molti profumi e da vari fiori, e da semi profumati, e da festoni e ghirlande appese era ricoperto il palazzo reale, 48 vasi pieni d'acqua erano alla porta della città, e catene nuove, e fanciulle graziose e capre erano ferme in ogni dove, 49 quindi il rampollo di Pāṇḍu nella porta adornata della città entrava circondato dagli amici, inneggiato con belle parole.