(Per accedere alle note passare il mouse sul testo evidenziato)

88. Mokṣadharma

( Il dharma per la "Liberazione." XII, 168-353)


                               CLXVIII

   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ ha parlato il nonno dei dharma sublimi attinenti ai compiti del re,
     	del dharma migliore per i modi di vita mi devi parlare o principe.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ in ogni modo il dharma porta al paradiso, e il tapas è il frutto della verità,
     	non vi è quaggiù nessuna azione del dharma dalle molte porte che sia infruttuosa,

   3 	in qualsiasi buona condotta uno si impegna con decisione,
     	questa e non altra egli riconosce o migliore dei bhārata,

   4 	in ciascun modo si muova, senza attività negli affari mondani,
     	in questo modo gli nasce il distacco, non vi è qui dubbio,

   5 	quando così si trova il mondo che ha molti mali, o Yudhiṣṭhira,
     	l'uomo intelligente si sforza per la propria liberazione.”

   6 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ perduta la ricchezza o morti moglie, o figlio, o padre,
     	con quale animo si può distruggere il dolore? questo dimmi o nonno,”

   7 	Bhīṣma disse:
     	“ perduta la ricchezza, o morti moglie, o figlio, oppure padre,
     	pensando che dolore vi sia, si deve agire per togliersi la sofferenza,

   8 	anche qui raccontano una storia antica,
     	di quali parole un certo savio diceva a Senajit,

   9 	vedendo il re preso dalla sofferenza per il figlio, 
     	preso da dolore, col viso abbattuto, un savio gli diceva queste parole:

  10 	' per quale motivo sei o sciocco dolente? per cosa ti duoli,
     	quando anche di te gli altri soffriranno? i dolori vanno sempre alla meta,

  11 	tu e pure io, e gli altri che ti servono o re,
     	tutti qui noi ce ne andremo donde siamo venuti.'

  12 	Senajit disse:
     	' con quale animo, con quale tapas o savio, o concentrazione o ricco in tapas?
     	con quale conoscenza, o insegnamento non ti abbatti se ti accade?'

  13 	il brahmano disse:
     	' guarda ovunque i viventi agitati dal dolore,
     	per me neppure me stesso è mio, l'intera terra è mia,

  14 	quanto è mio e pure degli altri, la mia mente qui non ha affanni,
     	e raggiunta questa conclusione, io non mi rallegro, né mi agito,

  15 	come due pezzi di legno si uniscono nel grande oceano, 
     	si incontrano e si separano, così è l'andare delle creature,

  16 	così sono i figli, i nipoti, i famigliari e i parenti,
     	non si deve aver affetto per loro, ma certamente distacco da loro,

  17 	dal non visibile appaiono, e di nuovo se ne vanno nel non visibile,
     	lui non ti conosce, né tu lui, chi sei tu e per chi ti addolori?

  18 	il dolore sorge dalla sete di desideri, dal dolore per i desideri sorge la gioia,
     	dalla gioia nasce il dolore, e così questo avviene continuamente,
     	la fine della gioia è dolore, e la fine del dolore è gioia,

  19 	dalla gioia tu sei caduto nel dolore, e di nuovo otterrai la gioia,
     	non si ottiene un dolore perenne, né si ottiene una gioia perenne,

  20 	gli amici non bastano alla gioia, e i nemici non sono sufficenti per il dolore,
     	né la saggezza per le ricchezze, né la ricchezza è sufficente per le gioie,

  21 	né l'intelligenza per ottener saggezza, né la stupidità per il non successo,
     	gli avvenimenti che girano al mondo li conosce il saggio non chi non lo è,

  22 	l'intelligente e lo sciocco, il prode e il vile, lo stupido e il saggio,
     	il debole e il forte ottengono la loro parte di gioia,

  23 	il latte è del vitello, del mandriano, del proprietario e di chi lo ruba,
     	il latte è di chi lo beve, questa è la regola,

  24 	quelli che sono al mondo con anima sciocca, e quelli che hanno supremo intelletto, 
     	questi uomini, godono delle gioie, e la gente rimanente soffre, 

  25 	i saggi si rallegrano negli estremi, ma non si rallegrano negli stati mediani,
     	dicono che la gioia si ottiene dagli estremi, e il dolore è in mezzo agli estremi,

  26 	chi ha ottenuto la gioia dell'intelligenza, lontano dagli opposti, privo di invidie,
     	non è mai agitato né dai successi né dagli insuccessi,

  27 	e quelli che privi di intelletto si agitano nell'ignoranza,
     	costoro si rallegrano nel passare i limiti, e cadono nel tormento,

  28 	gli sciocchi che sono sempre felici come le schiere divine in cielo,
     	questi sciocchi sono artigliati da un grande orgoglio, 

  29 	gioia è la fine del dolore, l'indolenza è dolore, l'industria è gioia,
     	la prosperità assieme alle ricchezze risiede nell'abile, non nell'indolente,

  30 	se gioia o dolore, se odio o amore, 
     	qualunque di queste si ottenga, si deve seguirla con cuore invitto,

  31 	i mille stati di sofferenza, e i cento stati di gioia,
     	giorno per giorno penetrano lo sciocco non il sapiente,

  32 	la sofferenza non tocca l'uomo di intelletto, di compiuta saggezza,
     	che vuole imparare, privo di invidie, controllato e dai sensi vinti,

  33 	in questo pensiero stando saldo, il saggio nascondendo il suo pensiero agisce,
     	la sofferenza non può toccare il sapiente dell'inizio e della fine,

  34 	quale causa di sofferenza o di ansia o di dolore,
     	o di fatica sia originata, anche sia una sola bisogna abbandonarla,

  35 	qualsiasi oggetto dei desideri si abbandoni, riempie di felicità,
     	l'uomo che persegue i desideri, va in rovina dietro i desideri,

  36 	la gioia che deriva dai desideri, e quella che è la grande felicità divina,
     	non meritano una sedicesima parte della felicità dell'eliminazione dei desideri,

  37 	le azioni del corpo precedente buone o cattive che siano,
     	secondo quanto fatto, prendono il saggio, lo sciocco e il prode,

  38 	così dunque le cose piacevoli e quelle spiacevoli, 
     	e i dolori e le gioie rinascono tra i viventi,

  39 	saldo in questo pensiero chi ha qualità vive felice,
     	deve abborrire tutti i desideri, e gettare le brame dietro di sé,
     	fissa nel cuore è la lussuria, è la morte spirituale,

  40 	quando una trattenga tutti desideri come la tartaruga i suoi arti,
     	allora l'anima che ha luce propria si pacifica in sé stessa,

  41 	quando una cosa dal desiderio di possesso viene formata,
     	allora tutto questo accade per il tormento,

  42 	quando uno non teme, e quando da noi non sia temuto,
     	quando non desideri né odi, allora raggiunge il brahman,

  43    abbandonando vero e falso, sofferenza e gioia, paura e non,
        lasciando il piacere e il dispiacere, diverrai di anima pacificata,

  44 	quando il sagace non compia del male a nessun essere,
     	con le azioni, con la mente e la parola, allora raggiunge il brahman,

  45 	questa cosa che è ardua per gli sciocchi da lasciare, che non invecchia nel vecchio,
     	questa passione che è mortale, questa sete abbandonata è la felicità,

  46 	qui furono uditi dei versi cantati da Piṅgalā o sovrano,
     	di come pure ella in tempo di sventura ottenne l'eterno dharma,

  47 	la cortigiana Piṅgalā nel luogo convenuto era privata dell'amante,
     	quindi caduta nella sventura fissava la sua mente alla pace interiore.'

  48 	Piṅgalā disse:
     	' innamorata abitai a lungo con un amante non innamorato,
     	e vicino io non trovai allora nessuna gioia genuina,

  49 	io chiuderò questa casa dalle nove porte con un paletto,
     	quale donna quaggiù all'amante che viene ' questo è il mio amore.' penserà?

  50 	i non amori fraudolenti, sotto le spoglie dell'amore sono simili all'inferno, 
     	non più mi prenderanno, ho imparato e ora sono desta,

  51 	pure l'insuccesso diviene utile, o fatto dal destino o dal karma precedente,
     	risvegliata io sono e distaccata, io oggi ho vinto i sensi, 

  52 	chi è senza desideri dorme felice, l'assenza di desideri è la suprema felicità,
     	avendo reso nullo il desiderio Piṅgalā ora dorme felice.'

  53 	Bhīṣma disse:
     	“con questi e altri argomenti appropriati del savio,
     	il re Senajit fu confortato, e si rallegrava felice.”
     


                              CLXIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ passando questo tempo che porta la distruzione di ogni essere,
     	qual'è il meglio che si può ottenere? questo dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	del dialogo di un padre col figlio, questo ascolta o Yudhiṣṭhira,

   3 	un certo ri-nato o pṛthāde, devoto ai propri studi,
     	aveva un saggio figlio, Medhāvin di nome chiamato,

   4 	esperto di mokṣa, artha e dharma, intelligente della verità del mondo, 
     	quel figlio diceva al padre intento a compiere i suoi studi:

   5 	' il saggio o babbo, che deve fare conoscendo che rapida la vita degli uomini si distrugge?
     	questo o padre dimmi con argomento, che io possa seguendolo praticare il dharma.' 

   6 	il padre disse:
     	' studia i veda da brahmacārin o figlio, si devono voler figli per la purificazione degli avi,
     	e alimenta Agni secondo le regole nei sacrifici, quindi vai nella foresta per divenire muni.' 

   7 	il figlio disse:
     	' così il mondo è colpito, circondato ovunque,
     	da accadimenti infallibili? di cosa stai parlando o saggio?

   8 	il padre disse:
     	' in che modo è colpito il mondo, o da cosa è circondato?
     	quali sono gli accadimenti infallibili quaggiù? perché mi vuoi intimorire?

   9 	il figlio disse:
     	' dalla morte è colpito il mondo, dalla vecchiaia è circondato,
     	giorno e notte queste cose accadono, perche non intendi?

  10 	quando io sono consapevole che la morte sta qui,
     	come posso io guardare avanti e agire avvolto da questa rete?

  11 	quando notte per notte diventa questa vita sempre più corta,
     	chi puo allora trovare gioia come un pesce in acque profonde?
     	allora il giorno diviene privo di frutto, così sa il saggio,

  12 	prima che i desideri si raggiungano la morte arriva all'uomo,
     	mentre sta raccogliendo delle erbe, e la sua mente è in altro luogo,
     	come una lupa si avvicina all'agnello, la morte si avvicina a prendere,

  13 	fai oggi il meglio, non lasciare che il Fato ti prenda,
     	la morte ti prende quando ancora non hai compiuto le tue azioni, 

  14 	quanto da fare per domani si compia oggi, e all'alba per il pomeriggio,
     	la morte non guarda se le tue cose sono compiute o non compiute,
     	chi conosce in quale luogo si accamperà oggi l'esercito della morte?

  15 	il giovane si conduca nel dharma, la vita è incerta,
     	compiendo il dharma si ha fama quaggiù e felicità nell'aldilà,

  16 	preso dalla confusione mentale, si impegna per moglie e figli,
     	e facendo quanto si deve o non deve fare li conduce a maturità,

  17 	quest'uomo innamorato di figli e di animali, confuso nella mente, 
     	la morte viene a prenderlo come un grande fiume la tigre addormentata,

  18 	l'accumolatore, uno che non sia soddisfatto nei suoi desideri,
     	la morte viene a prenderlo come la tigre prende un animale,

  19 	questo è fatto, questo è da fare, quest'altro è fatto e non,
     	la ditruttrice porta nelle sue grinfie quaggiù l'infelice e il distaccato,

  20 	chi non ha ottenuto il frutto delle azioni fatte chi è attaccato a questo frutto, 
     	attaccato al campo, al negozio o alla casa, la morte viene a prenderlo,

  21 	morte, vecchiaia, malattia, e dolore per molte cause,
     	quando si attaccano al corpo, perché stai così felice?

  22 	morte e vecchiaia inseguono il corpo nato per distruggerlo,
     	uniti a queste due sono gli esseri mobili e immobili,

  23 	la casa della morte è questa gioia di vivere nel villaggio,
     	la foresta è il luogo d'incontro degli dèi, così le scritture,

  24 	la gioia di chi vive nel villaggio è una corda che lo lega,
     	tagliandola vanno al bene, se non la recidono al male,

  25 	chi non colpisce le vite, con la mente, la parola o il corpo,
     	non è colpito da azioni distruttive di vita e ricchezze,

  26 	nessuno mai può fermare l'esercito della morte cha arriva,
     	eccetto la verità tutto si deve lasciare, nella verità è radicata l'immortalità,

  27 	perciò chi pratica il voto della verità, devoto allo yoga della verità,
     	felice nella verità, controllato, costante, colla verità vince la morte,

  28 	immortalità e morte è la coppia che sta nel corpo,
     	per confusione mentale si raggiunge la morte, colla verità si ottiene l'immortalità,

  29 	io sono non violento, desideroso di verità, eliminati desideri e collera,
     	uguale nel dolore e nella gioia, pacificato, io mi allontano dalla morte come un dio,

  30 	felice nei riti e nella pace, disciplinato, muni saldo nel sacrificio del brahman,
     	con parola, mente e azione sacrificando io sarò sulla via settentrionale,

  31 	uno saggio come me come può celebrare i violenti sacrifici animali,
     	che sono limitati, o quelli per la supremazia come un piśāca?

  32 	chi abbia mente e parola sempre rettamente dirette,
     	e pure tapas, rinuncia e yoga, costui può ottenere ogni cosa,

  33 	non vi è vista pari alla conoscenza, non vi è forza pari alla conoscenza,
     	non vi è dolore pari alla passione, non vi è gioia pari alla rinuncia,

  34 	nel brahman dal brahman sono nato, stando nel brahman pur senza prole,
     	nel brahman io sarò, la discendenza non mi riscatterà,

  35 	per il brahmano non vi è ricchezza pari a solitudine, sincerità ed equanimità,
     	saldezza nella condotta, indulgenza e onestà, e cessazione dei riti,

  36 	che ti valgono ori e parenti, o te stesso? che ti vale la moglie quando morirai o brahmano?
     	il brahman ricerca, nascosto nel segreto, dov'è tuo nonno e dove tuo padre?'”

  37 	Bhīṣma disse:
     	“ udite queste parole del figlio, così si comportava il padre o sovrano,
     	e così pure tu agisci devoto al dharma della verità.”
     


                              CLXX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ i ricchi oppure i poveri che praticano proprie credenze,
     	quale parte di gioia e dolori hanno e in che modo o nonno?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	cantata da uno pacificato, liberato, che ha raggiunto la pace interiore,

   3 	un tempo me la raccontava un brahmano saldo nella rinuncia,
     	afflitto da una cattiva moglie, da brutte vesti e dalla fame, 

   4 	fin dalla nascita l'uomo sorto al mondo,
     	è assalito da vari tipi di dolori e gioie,

   5 	se uno si incammina sulla via alternativa a questi due,
     	non si rallegra se ottiene la gioia, né si affligge cadendo nel dolore,

   6 	se tu non agisci per il meglio, se tu desideri da per te,
     	anche con l'animo privo di desideri, sempre ne porti il peso,

   7 	procedendo disinteressato gusterai la felicità,
     	il disinteressato dorme e si alza felice,

   8 	la felicità che deriva dal disinteresse, è al mondo la via salubre e benefica,
     	priva di nemici, questa è ardua da ottenere, ma facile per i virtuosi,

   9 	di uno disinteressato, purificato, adeguato, guardando
     	ovunque nei tre mondi, non ne scorgo uno pari,

  10 	pesando sulla bilancia il disinteresse e il regno,
     	la povertà sorpassa il regno ed ha superiori qualità,

  11 	tra disinteresse e regno vi è grande differenza,
     	il ricco è sempre agitato, come fosse finito nella bocca della morte,

  12 	non appare fuoco, né sole, né morte né ladroni per quello 
     	che è indifferente, e libero dai legami della ricchezza,

  13 	uno che vaga a suo desiderio, che giace senza una stuoia,
     	con le braccia per cuscino, pacificato, è applaudito dai celesti,

  14 	il ricco penetrato dall'avidità e dall'ira, perduta la ragione,
     	vede storto, ha la bocca secca, agisce male, con il viso accigliato,

  15 	mordendosi le labbra, adirato, parlando rudemente,
     	chi può volerlo vedere anche se voglia donare la terra?

  16 	perennemente insieme alla ricchezza, l'ignoranza lo confonde,
     	la ricchezza gli porta via la mente, come il vento le nuvole autunnali,

  17 	egli trova in sé l'orgoglio della bellezza, e l'orgoglio della ricchezza,
     	' io sono bennato, io ho successo, non sono un uomo povero.'
     	così per questi tre motivi il suo cervello si svuota,

  18 	egli colla mente svuotata, disperde i beni accumulati dal padre,
     	rovinato ritiene giusto prendere la ricchezza altrui,

  19 	questo che sorpassa i limiti di quanto si possa prendere,
     	lo fermano i re, come i cacciatori un animale colle frecce,

  20 	questi sono i dolori vari che quaggiù uno per uno
     	nascendo dal contatto del corpo circondano l'uomo, 

  21 	di questi supremi dolori, con l'intelligenza si deve fare una cura,
     	di quelli certi e di quelli incerti, riconoscendo il dharma del mondo,

  22 	senza rinucia non si raggiunge la felicità, senza rinuncia non si trova il supremo,
     	senza rinuncia non si dorme sicuri, tutto lasciando si diviene felici,

  23 	così ciò ad hāstinapura mi fu illustrato dal brahmano 
     	Śamyāka un tempo, perciò io ritengo la rinuncia la suprema cosa.”
     


                              CLXXI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ se desiderando compiere imprese non trova le ricchezze,
     	afflitto dalla carenza di ricchezze, cosa deve fare per ottenere la felicità?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ chi sia uguale in ogni cosa, senza agire, e di sincera parola o bhārata,
     	indifferente al mondo, e non abbia più desiderio di conoscere, è un uomo felice,

   3 	questi cinque princìpi, gli anziani dicono siano per la pace interiore,
     	questo è il paradiso, questo il dharma, e la suprema felicità dei virtuosi,

   4 	anche qui raccontano una storia antica, 
     	cantata da Maṅki per indifferenza al mondo, ascoltala o Yudhiṣṭhira,

   5 	desiderando delle ricchezze quaggiù Maṅki ne era ripetutamente frustrato,
     	con qualche resto di ricchezza metteva al giogo un torello e un bue,

   6 	ben legati dunque quei due buoi, addestrati a tirare,
     	correvano contro con forza, ad un cammello seduto in mezzo,

   7 	il cammello non sopportando che i due gli venissero sul dorso,
     	alzandosi e sollevando quei due buoi procedeva a grande velocità,

   8 	vedendo portati via i due buoi dal cammello distruttore,
     	prossimi alla morte vedendoli, Maṅki allora questo diceva:

   9 	'se la ricchezza è proibita, non può cercarla neppure uno abile,
     	pieno di fede, rettamente impegnato ad agire,

  10 	e avendola io prima inseguita senza alcun risultato,
     	e vedendo questa mia sfortuna portata dal destino,

  11 	sollevando i miei due buoi procede come per luoghi scoscesi,
     	alzatoli inaspettatamente come uno sciacallo da una trappola,

  12 	i miei due cari vitelloni pendono sul cammello come due gemme,
     	è chiaro che è destino, e qui non vale nulla l'attività umana,

  13 	o se può apparire in qualche momento di certo l'attività umana,
     	investigando in questo pure il destino vi sta,

  14 	perciò il distacco qui deve raggiungere chi desidera la felicità,
     	il distaccato dorme felice, il privo di desideri è libero dalle ricchezze,

  15 	dunque rettamente questo fu detto da Śuka, interamente liberato,
     	che partiva per la grande foresta dalla casa del padre,

  16 	tra chi ottiene ogni desiderio, e chi li abbandona completamente,
     	il rinunciante è superiore a chi ottiene ogni desiderio,

  17 	non vi è fine a tutti i desideri, nessuna cosa è data prima,
     	finché il corpo vive, cresce la sete dello sciocco, 

  18 	allontanati dai desideri, che il distacco sia la mia pace,
     	spesso sei stato frustrato, e non hai abbandonato il corpo,

  19 	se io non sono ddistrutto da te, se tu ti rallegri di me,
     	non attaccarmi l'avidità, vano è il tuo desiderio di ricchezza,

  20 	ciascuna ricchezza che tu hai avuto è andata continuamente perduta,
     	quando o sciocco, ti libererai dal desiderio di ricchezza o bramoso di tesori?

  21 	oh, alla mia stupidità che sono il tuo campo di gioco, 
     	come può un uomo, mai cadere in schiavitù di altri?

  22 	né gli antichi né gli altri hanno mai ottenuto la fine dei desideri,
     	abbandonando ogni sforzo, ho capito e sono sveglio, 

  23 	di certo il mio cuore o desiderio, è duro come fatto di diamante,
     	che cento volte reso vano, non si spezza in cento pezzi,

  24 	io abbandono te o desiderio, e qualunque cosa ti sia cara,
     	cercavo la tua soddisfazione, e ho trovato la felicità per me,

  25 	o desiderio, io conosco la tua radice, tu nasci dalle aspettative,
     	io non ti seguirò più, tu non crescerai più,

  26 	il desiderio di ricchezza non ha felicità, e se ottenuta da maggior ansia,
     	come la morte è la perdita dell'avuto, e l'ottenere vi è e non vi è,

  27 	chi non ottiene morendo allora che vi è di più doloroso?
     	non si soddisfa dell'ottenuto, e ne cerca ancora,

  28 	la ricchezza aumenta il desiderio, come la fresca acqua della Gaṅgā,
     	questa è la mia distruzione, ma sveglio sono ora, abbandonami,

  29 	chi si è annidato in questo mio corpo formato dai cinque elementi,
     	se ne vada da qui, dove desidera e viva felicemente,

  30 	non vi è piacere in me per voi che avete la natura di desiderio e avidità,
     	perciò lasciando tutti voi, io mi rifugio nella verità,

  31 	vedendo tutti gli esseri nel mio corpo, e nella mia mente,
     	ponendo mente allo yoga, la vita alle scritture, e l'animo al brahman,

  32 	camminerò distaccato tra i mondi felice e in salute,
     	così ché tu di nuovo non mi precipiterai nei dolori,

  33 	da te spinto per me non vi è altra soluzione,
     	tu o desiderio, sei la sorgente di avidità, dolore e fatica,

  34 	il perdere le ricchezze io credo il dolore supremo e più grande di tutto, 
     	i parenti e gli amici diprezzano chi ha perduto la ricchezza,

  35 	le colpe di chi ha perduto la ricchezza sono le più pericolose con mille disprezzi,
     	e anche la piccola parte di gioia nella ricchezza è piena di dolori,

  36 	i ladri colpiscono per primi l'uomo che ha la ricchezza,
     	lo tormentono con varie punizioni, e sempre lo agitano,

  37 	dopo lungo tempo io penso che il miserabile desiderio è dolore,
     	qualsiasi cosa tu ottenga o desiderio, a questa ti attacchi,

  38 	tu non conosci il vero, sei un fanciullo, insodisfatto, un fuoco mai sazio,  
     	tu non conosci quanto è facile da ottenere né conosci quanto è arduo,

  39 	come il mai pieno inferno, vuoi legarmi a questi dolori,
     	ma io oggi non posso più esser preso di nuovo da te o desiderio,

  40 	raggiunto il distacco, per questa casuale perdita di ricchezza,
     	ottenuta la suprema beatitudine, io ora non penso più ai desideri, 

  41 	io qui ho sconfitto i grandi tormenti, io so di non essere privo di intelligenza,
     	umiliato dalla perdita della ricchezza, dormo bene con tutte le membra,

  42 	io ti abbandono o desiderio, abbandonando ogni moto dell'animo, 
     	tu o desiderio, non giocherai di nuovo con me come un legame,

  43 	pazienterò cogli impazienti, non li colpirò anche se colpito,
     	libero da odio, dirò gentili parole, senza guardare a quelle cattive,

  44 	soddisfatto, senza molestia dai sensi, sempre vivendo di quanto acquisito,
     	non ti praticherò coi tuoi desideri, tu sei il mio nemico,

  45 	distacco, emancipazione, contentezza, pace, verità, controllo e perdono,
     	compassione per tutti gli esseri, sappi che sono giunto a questo rifugio,

  46 	perciò, il desiderio, l'avidità, la brama, e la debolezza,
     	mi abbandonino, mentre sto qui, io adesso sono fermo nella luce,

  47 	abbandonando desiderio, avidità, ira, e violenza,
     	ora non sono più in preda all'avidità, né otterrò dolore come un'anima incompiuta,

  48 	qualsiasi desiderio si abbandoni, ci si riempie di felicità,
     	chi è sempre in preda del desiderio, cade nel dolore,

  49 	lasciati i desideri, l'uomo distrugge qualsiasi passione
     	sorta da brama e ira, e il dolore, la scontentezza, e l'impudenza,

  50 	io sono penetrato dal brahman, come un lago fresco d'estate, 
     	sono in pace, emancipato, e siedo in completa felicità,

  51 	di quanto vi è al mondo di gioia nel desiderio, e della grande felicità divina,
     	non merita la sedicesima parte della felicità si cessare l'avidità,

  52 	da me uccidendo il desiderio per settimo senso come un supremo nemico,
     	ottenuta la citta inviolabile del brahman, io sarò felice come un re.'

  53 	saldo in questa decisione, Maṅki ha ottenuto il distacco dal mondo,
     	rigettando tutti i desideri, e ottenendo il brahman, suprema felicità,

  54 	Maṅki avendo perduto i buoi, raggiunse l'immortalità,
     	tagliò la radice del desiderio e per quello ottenne la grande felicità,

  55 	anche qui raccontano una storia antica,
     	cantata dal re dei videha Janaka, ottenuta la pace interiore:

  56 	' infinita è la mia ricchezza, e io non possiedo nulla,
     	quando fu bruciata mithilā, nulla di me bruciò.'

  57 	e qui pure raccontano questa collezione di versi di Bodhya,
     	riguardo al distacco della mente, ascoltala o Yudhiṣṭhira,

  58 	il re Nahuṣa interrogava il dolce ṛṣi Bodhya,
     	che per il distacco ottenne la pace, libero da passioni e contento del suo sapere:

  59 	'dammi o grande saggio, istruzioni sulla pace interiore,
     	su quale idea riflettendo, tu vivi tranquillo e libero da passioni?'

  60 	Bodhya disse:
     	' io seguo gli insegnamenti, e non insegno a nessuno,
     	ti parlerò dunque del modo io cui io devo meditare,

  61 	Piṅgalā, il falco, il serpente, le api che vivono nella foresta,
     	il costruttore di frecce, e la fanciulla, questi sono i miei guru.'” 
     
     


                              CLXXII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ con quale condotta o sapiente del vivere, si può vivere sulla terra senza dolore?
     	in qual modo agendo l'uomo al mondo ottiene la suprema meta?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Prahrāda, col muni Ājagara,

   3 	ad un itinerante brahmano di vigorosa intelligenza, e salute, 
     	il sagace e famoso per saggezza Prahrāda o re, chiedeva:

   4 	' indipendente, capace, educato, gentile, senza nulla da conoscere, privo di invidia, 
     	di buona parola, stimatissimo al mondo, saggio, tu vivi come un fanciullo,

   5 	non cerchi di ottenere, e non ottenendo non ti duoli,
     	sempre soddisfatto o brahmano, non disprezzi nulla,

   6 	in pieno possesso di te, mentre sono trascinate dal fiume le creature,
     	che agiscono nell'artha, dharma, e kāma, tu appari immutabile,

   7 	non segui dharma e artha, e neppure vivi nel kāma,
     	senza riguardo per i sensi, libero agisci come uno spettatore,

   8 	quale saggezza, o sapienza, quale natura possiedi o muni?
     	presto dimmelo o brahmano, se tu pensi che sia qui un bene.'

   9 	quel saggio sapiente del dharma e delle leggi del mondo, così richiesto,
     	diceva a Prahrāda con parole gentili e piene di senso: 

  10 	' guardando o Prahrāda, al sorgere casuale delle creature,
     	e alla diminuzione, crescita e perdita, non mi rallegro, né mi agito,

  11 	vedendo tutte le cose agire secondo la propria natura,
     	soddisfatti della propria natura, io non mi dolgo per nulla,

  12 	vedendo o Prahrāda che le unioni finiscono in disunioni,
     	e le accumulazioni in perdite, in nulla io pongo mente,

  13 	vedendo gli esseri pur pieni di qualità, soggetti alla fine, 
     	per chi conosce fine ed inizio, cosa rimane da fare?

  14 	nel vedere nel corso del tempo la morte delle creature acquatiche,
     	dai grandi o piccoli corpi nel grande oceano,

  15 	e degli esseri mobili e immobili, o sovrano degli asura,
     	io vedo ovunque la morte e pure quella dei principi appare,

  16 	e pure per gli alati che percorrono il cielo, o migliore dei dānava,
     	sorge la morte a tempo debito, e anche per i più forti,

  17 	i corpi luminosi grandi e piccoli che si muovono in cielo,
     	e i luminari a dempo debito cadono nella distruzione,

  18 	così vedendo gli esseri associati alla morte,
     	io da sapiente uguale in tutte le cose, soddisfatto dormo felice,

  19 	io gusto anche un grande pasto ottenuto spontaneamente,
     	e posso giacere senza mangiare anche per molti giorni,

  20 	e ancora danno a me pure molto cibo prelibato,
     	e anche poco e di scarsa qualità, mi viene offerto,

  21 	qualche volta mangio grano, e pure divoro la scoria dell'olio,
     	consumo riso e carni, e cibi grandi e piccoli,

  22 	qualche volta dormo in un letto e dormo pure per terra,
     	e qualche volta mi capita persino un letto nei palazzi,

  23 	e mi vesto di stracci, e di lini, di vesti fini e di pelli,
     	di vestiti preziosissimi io mi vesto qualche volta,

  24 	nessun bene che sia nel dharma e giunto spontaneamente,
     	io rifiuto, e neppure mi sforzo su qualcosa di arduo da ottenere,

  25 	io pratico in purezza il voto detto del boa, inamovibile, ricco, benefico, privo di dolore,
     	puro, ineguagliabile, che è nella mente dei saggi, e spiacevole e non frequentato dai folli,

  26 	con mente incrollabile nel mio proprio dharma, con vita moderata, esperto del mondo, 
     	eliminando paure, colpe, avidità e confusione, io seguo da puro il voto detto del boa,

  27 	non ha restrizioni su frutti, cibi, beni e bevande, senza legge stabilita per tempo e luogo,
     	felicità per il cuore non è seguito dagli avari, io seguo da puro il voto detto del boa,

  28 	ogni cosa è soggiogata alla brama, la gente non avendo ricchezza è disperata,
     	capendo con intelligenza del vero che è un nemico, io seguo da puro il voto detto del boa,

  29 	vedendo i molti tipi di mezzi di ricchezza, in cui si impegnano poveri, nobili e ignobili,
     	felice nel distacco, padrone di me in pace, io seguo da puro il voto detto del boa,

  30 	gioia e non gioia, insuccesso e successo, notte e giorno, morte e vita,
     	questi vedendo in verità portati dal fato, io seguo da puro il voto detto del boa,

  31 	passate paure, passioni, errori e orgoglio, pacificato, fornito di salda mente e ragione,
     	vedendo che frutti e beni passano, io seguo da puro il voto detto del boa,

  32 	senza regole per letto e seggio, per natura controllato, moderato, saldo nei voti, verità e purezza,
     	rigettato l'accumolo dei frutti, lieto, io seguo da puro il voto detto del boa,

  33 	nel raggiungere l'infelice ricchezza, per il desiderio di essa, con la ragione vedendo me stare,
     	e fermando la mente desiderosa e incerta, io seguo da puro il voto detto del boa,

  34 	non seguo cuore e mente, piaceri e gioie, ardue da ottenere e incerte
     	scorgendole io entrambe, io seguo da puro il voto detto del boa, 

  35 	molto fu detto da uomini saggi e intelligenti, per divulgare la propria fama,
     	' quello è quello, là è là, questo è questo.' oscuro dichiarando il proprio e l'altrui pensiero,

  36 	io vedendo volata via ciascuna cosa stabilita qui dagli uomini sciocchi,
     	e interminabile, il limite dell'infinite colpe, io vivo tra gli uomini privo di passioni e brame.'”

  37 	Bhīṣma disse:
     	“ quel grand'anima, praticava il voto del boa, l'uomo che qui lo segue privo di passioni,
     	senza paure, follie, brame e confusione, può vivere felice e nel piacere.”
     


                              CLXXIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ i famigliari, l'agire o la condotta, oppure la saggezza o nonno,
     	quale di queste è il fondamento dell'uomo, rivelamelo richiesto da me.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ la saggezza è il fondamento degli esseri, la saggezza è la suprema conoscenza,
     	la saggezza porta alla beatitudine nel mondo, ed è paradiso nel pensiero dei buoni,

   3 	con la saggezza ottenne il suo scopo Bali, avendo perduto la sovranità,
     	e lo stesso Prahrāda, Namuci, Maṅki, di essa cosa si trova superiore?

   4 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione tra Indra e un figlio di Kaśyapa, ascoltala o Yudhiṣṭhira,

   5 	un certo vaiśya arrogante e ricco col carro gettava a terra o caro, 
     	un ṛṣi, figlio di Kaśyapa, dai fermi voti e ricco in tapas,

   6 	ferito e caduto, adirato, diceva che avrebbe lasciato la vita:
     	' io morirò, privo di ricchezze non ho motivo di vivere.'

   7 	allora a lui che sedeva volendo morire, in silenzio e privo di ragione,
     	Indra in forma di sciacallo diceva a quell'animo adirato:

   8 	' tutti gli esseri in ogni parte, vogliono una nascita umana,
     	e per essere un savio tra gli uomini sono felici,

   9 	tu sei un uomo e un brahmano, ed istruito sei o figlio di Kaśyapa,
     	e avendo ottenuto difficile cosa, e senza colpe vuoi morire,

  10 	tutte le acquisizioni sono fonte di orgoglio, vere sono qui le scritture,
     	tu appari uno soddisfatto, ed è per avidità che desideri altro,

  11 	sono destinati al successo quelli che quaggiù hanno le mani,
     	noi siamo deliziati da quelli che hanno mani come te per la ricchezza,

  12 	nessun ottenimento si trova superiore ad aver le mani,
     	privi di mani, noi o brahmano, non possiamo toglierci le spine,

  13 	e quelli a cui gli dèi hanno dato mani con cinque dita,
     	scacciano gli insetti dal corpo, e li uccidono mentre mordono, 

  14 	fabbricano protezioni per il freddo, la pioggia e il caldo,
     	e godono di vesti, cibo, morbidi letti e di ripari dal vento,

  15 	e governando i bovidi al mondo ne godono e sono trasportati,
     	e con molti mezzi li riducono in loro potere,

  16 	miseri quelli che non hanno lingua, né mani e vita breve,
     	sopportano tutti i dolori, per fortuna tu non sei così o muni,

  17 	fortuna che tu non sei uno sciacallo, o un verme, o un topo,
     	né una serpe, né una rana, o nessun altro animale,

  18 	e avendo ottenuta una tale cosa devi essere contento o figlio di Kaśyapa,
     	come dunque il contrario, che sei un brahmano il migliore di tutti gli esseri?

  19 	questi vermi mi mordono, liberami da questi,
     	non si può fare senza mani, guarda la mia condizione,

  20 	e pure non potendo farlo, io non lascio la mia vita,
     	che da qui non precipiti io in un'altra peggiore nascita,

  21 	fra le nascite animali io ho avuto quella di sciacallo,
     	altre nascite animali sono molto peggiori di questa, 

  22 	alcune nascite sono più felici, e altre molto più dolorose,
     	ma nessuna quaggiù io vedo di assoluta felicità,

  23 	gli uomini ottenuta la ricchezza, vogliono immediatamente il regno,
     	e dal regno vogliono essere dèi, e dall'esserlo diventare Indra,

  24 	seppur tu diventassi ricco, se non re, e se non dio,
     	divenuto dio e re degli dèi, non saresti così soddifatto come sei,

  25 	non vi è contentezza dai più cari ottenimenti, la sete non sparisce coll'acqua,
     	ma si infiamma di nuovo come il fuoco dai combustibili,

  26 	vi è sofferenza in te, e vi è pure gioia in te,
     	entrambe così vi sono gioia e dolore, che c'è da lamentarsi?

  27 	recidi la radice di tutti i desideri e delle azioni,
     	trattieni la schiera dei sensi, come gli uccelli in una gabbia,

  28 	il desiderio dunque non sorge mai a chi non ne conosce il gusto,
     	per averlo toccato o veduto, oppure da averne udito esso sorge,

  29 	tu non desideri il liquore vāruṇī, e gli uccelli laṭvāka,
     	di queste due cose da consumare non vi è nulla superiore,

  30 	di tutti gli altri cibi e beni che sono lontani o figlio di Kaśyapa,
     	che non hai consumato prima, non ne hai memoria,

  31 	non mangiare, non toccare e non guardare,
     	è il miglior controllo credo per l'uomo, non vi è qui dubbio,

  32 	i dotati di mani, pieni di ricchezze sono senza dubbio forti,
     	gli uomini da altri uomini sono ridotti in schiavitù, 

  33 	e con tormenti, prigionie e morte, continuamente periscono,
     	e pure questi sono lieti, si rallegrano e ridono,

  34 	altri forti di braccia, di compiuta sapienza e intelligenza,
     	perseguono disgustosa, miserevole e malvagia condotta,

  35 	questi si impegnano a seguire un'altra condotta,
     	ma dalle proprie azioni sono spinti a dover tornare così come erano,

  36 	né pulkasa, né caṇḍāla voglio abbandonare la vita,
     	pur essendo scontenti della loro nascita, guarda una tale irreltà,

  37 	guardando i monchi, i paralitici, e gli uomini malati,
     	ben fornito sei per la tua nascita e pieno di cose o figlio di Kaśyapa,

  38 	se il tuo corpo o brahmano, è privo di afflizioni e in salute,
     	e le tue membra tutte intere, non vi è biasimo per i mondi,

  39 	da nessuna offesa si è allontanati dalla verità,
     	alzati, pratica il dharma o savio ṛṣi, non lasciare la tua vita,

  40 	se ascolti o brahmano, e presti fede alle mie parole,
     	otterrai il miglior frutto del dharma stabilito dai veda,

  41 	preserva con cura i tuoi studi, e le fiamme del tuo fuoco,
     	pratica sincerità, controllo e donazioni, e null'altro,

  42 	quelli che terminati i propri studi sacrificano per sé e per gli altri,
     	come possono mai dolersi, o anche pensare a qualcosa di non buono?

  43 	desiderosi di passare il tempo otterranno la grande felicità,
     	quelli nati sotto buone stelle, in santi luoghi, in un'ora propizia,

  44 	altri nati sotto infauste stelle, cattivi luoghi e in infauste ore,
     	precipitano in una cattiva nascita evitando sacrifici e prole,

  45 	io ero un uomo istruito, uno scettico, che disprezzava i veda,
     	seguace della ragione, della logica, vuota di significato,

  46 	io parlavo nelle dispute, e dicevo le mie ragioni nelle assemblee,
     	e discorrendo biasimavo i ri-nati nei sacrifici brahmanici,

  47 	non credente, sospettoso di tutto, stupido credente negli eruditi,
     	questo è il frutto di quella condotta, esser divenuto uno sciacallo o ri-nato,

  48 	anche se sia così per centinaia di giorni e notti, 
     	io uno sciacallo posso ottenere di nuovo una nascita umana,

  49 	e contento, e attentamente seguo tapas, doni e sacrifici,
     	io conosco ora quanto si deve e rigetto quanto è da rigettare.'

  50 	quindi alzatosi il muni figlio di Kaśyapa, a lui diceva:
     	' oh, tu sei dunque abile e intelligente, io ne sono sorpreso.'

  51 	e lo guardava allora il savio con suo occhio di larga saggezza,
     	e vedeva che era il dio Indra, re degli dèi e marito di Śacī,

  52 	allora il figlio di Kaśyapa venerava il dio dai fulvi cavalli,
     	e col suo parmesso rientrava nel proprio āśrama.”
     


                              CLXXIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ del praticare il dono, il sacrificio, e pure il tapas,
     	e anche dell'obbedienza ai guru, questo dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ la mente quando è afflitta da vane cose, cade nel male,
     	e compiendo questa impura azione, si riduce in grande sventura,

   3 	di carestia in carestia, di sventura in sventura, di pericolo in pericolo,
     	di morte in morte, procedono miseri i male agenti,

   4 	di festa in festa, di paradiso in paradiso, di gioia in gioia vanno,
     	i ricchi di fede, controllati, pieni di ricchezze e che bene agiscono,

   5 	in luoghi impervi per furiosi elefanti, con la paura di ladri e serpenti,
     	a mani aperte vanno i non credenti, in che modo da qui al supremo luogo?

   6 	i devoti a dèi e ospiti, munificenti, devoti ai buoni,
     	saldi sul prosperoso e corretto sentiero delle anime compiute, 

   7 	come la pula tra il grano, come i moscerini tra i volatili,
     	di tal sorte tra gli uomini sono quelli per cui il dharma non è autorità,

   8 	anche se corre velocissimo a più non posso, lo segue,
     	e dorme con lui nel letto, quanto ha ciascuno compiuto,

   9 	si ferma quando egli si ferma, e quando va lo segue,
     	e compie le azioni che uno fa, trascinato come fosse l'ombra,

  10 	ciascuna azione che prima fu compiuta da ciascuno,
     	di questa l'uomo gode sempre, stabilita da sé,

  11 	il fato trascina sempre la schiera dei viventi,
     	custodendo la regola che le proprie azioni hanno il loro frutto,

  12 	come fiori e frutti non sono accellerati da nulla,
     	e non superano il proprio tempo, così il karma precedente,

  13 	onore e biasimo, ottenimenti e perdite, nascita e morte,
     	come sorgono finiscono ripetutamente alla fine di quanto stabilito,

  14 	da sé stesi si stabilisce il dolore, e da sé è stabilita la gioia,
     	ricevuto nel grembo materno si consuma il frutto del precedente corpo,

  15 	il fanciullo, il giovane e il vecchio quanto compiano di bene o di male,
     	di questi atti, devono godere di nascita in nascita,

  16 	come tra mille vacche, il vitello trova la madre,
     	così le azioni prima compiute ne seguono l'autore,

  17 	prima viene bagnata la veste e poi pulita coll'agire,
     	quelli che praticano astinenze, ne hanno larga e infinita felicità,

  18 	perseguendo il tapas per lungo tempo nella foresta,
     	ci si purifica nel dharma dei mali e si ha ogni desiderio,

  19 	come gli uccelli nel cielo e i pesci nell'acqua,
     	non lasciano impronte, così è il cammino dei sapienti di saggezza,

  20 	non occorre parlare di altri biasimi e trasgressioni,
     	da sé stessi si deve compiere il proprio utile bene.”
     	


                              CLXXV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ da dove è sorto questo intero universo di mobili e immobili?
     	e cosa raggiunge al tempo della fine? questo dimmi o nonno.

   2 	coi suoi oceani, col firmamento, montagne e nubi,
     	e la stessa terra, con Agni e il vento, questo universo da chi fu creato?

   3 	e in quale modo furono creati gli esseri, distribuiti nei varṇa?
     	e come vi è purezza e impurezza in loro, e pure dharma e adharma?

   4 	di che genere è la vita dei viventi? e dove vanno quelli che muoiono?
     	illustraci tutto di questo mondo e di quello o signore.”

   5 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	di come Bhṛgu parlava del meglio, interrogato da Bharadvāja,

   6 	scorgendo sulla cima del kailāsa, Bhṛgu acceso di splendore,
     	a quel grande ṛṣi, là seduto, Bharadvāja chiedeva:

   7 	' coi suoi oceani, col firmamento, montagne e nubi,
     	e la stessa terra, con Agni e il vento, questo universo da chi fu creato?

   8 	come furono creati gli esseri e come distribuiti tra i varṇa?
     	e come vi è purezza e impurezza in loro, e pure dharma e adharma?

   9 	di che genere è la vita dei viventi? e dove vanno quelli che muoiono?
     	tutto illustraci o signore di questo e dell'altro mondo.'

  10 	così posto il dubbio da Bharadvāja, il venerabile
     	grande ṛṣi, simile a Brahmā, tutto allora a lui diceva:

  11 	' chiamato Mānasa di nome, conosciuto dagli antichi ṛṣi,
     	senza principio né fine, il dio è invulnerabile, senza morte né vecchiaia,

  12 	l'Immanifesto è chiamato, è eterno, imperituro e inalterabile,
     	da esso furono creati gli esseri che nascono e muoiono,

  13 	per primo egli creava il dio chiamato di nome Mahat,
     	come il firmamento conosciuto, quel potente sostiene tutti gli esseri,

  14 	dal firmamento sorgeva l'acqua, e dal mare Agni e il vento,
     	dall'unione di Agni col vento, allora sorgeva la terra,

  15 	quindi un divino loto fatto di splendore fu creato da Nato-da-sé,
     	e da questo loto sorgeva Brahmā scrigno fatto dei veda,

  16 	così è chiamata la coscienza che genera tutti gli esseri,
     	Brahmā dal grande splendore è tutti i cinque elementi,

  17 	i monti sono le sue ossa, la carne e il midollo, la terra,
     	gli oceani sono il suo sangue, e il cielo il suo addome,

  18 	il vento è il suo respiro, Agni il suo splendore, i fiumi le sue vene,
     	Agni e Soma, o sole e luna sono detti i suoi occhi,

  19 	il cielo in alto è la sua testa, la terra i suoi piedi, e le direzione le braccia,
     	per essere senza fine è arduo da conoscere anche dai siddha, senza dubbio,

  20 	egli è il Beato Viṣṇu, conosciuto come Ananta,
     	è l'anima che sta in tutti gli esseri, inconoscibile dalle anime incompiute,

  21 	l'origine di tutti gli esseri, il creatore della Coscienza,
     	da cui l'universo è sorto, questo è quanto mi ha chiesto.'

  22 	Bharadvāja disse:
     	' del firmamento, delle direzioni, del suolo della terra e del vento,
     	quali sono le misure? taglia questo mio dubbio in proposito.'

  23 	Bhṛgu disse:
     	' infinito è il firmamento, frequentato da siddha e cāraṇa,
     	gradevole e pieno di varie abitazioni, e di cui non si conosce la fine,

  24 	sole e luna non si vedono in basso e in alto del loro percorso,
     	là gli dèi da sé stessi luminosi, risplendono con la potenza del fuoco,

  25 	e pure loro non vedono la fine del cielo, che ha grande energia,
     	per la sua inaccessibilità e infinitezza, così sappi da me o onorevole,

  26 	uno sopra l'altro questo firmamento è confinato
     	da mondi splendenti di luce propria, immisurabili anche dai celesti,

  27 	alla fine della terra sono gli oceani, e si dice che le tenebre sono alla fine del mare,
     	alla fine delle tenebre, dicono vi sia l'acqua e alla fine dell'acqua Agni, 

  28 	alla fine degl'inferi, l'acqua, alla fine dell'acqua, il signore dei serpenti,
     	alla fine di questo ancora cielo, e alla fine del cielo ancora acqua,

  29 	così il confine del beato cielo, è la misura dell'acqua,
     	e persino gli dèi non conoscono la misura di fuoco, vento e acqua,

  30 	le forme di fuoco, vento e acque, e della superfice della terra, 
     	sono simili al firmamento, e si distinguono solo con vera visione,

  31 	i muni insegnano nei vari tipi di trattati,
     	come è stabilita la misura dell'oceano e del trimundio,
     	ma chi può dichiarare la misura di ciò che è invisibile e inarrivabile?

  32 	se è misurabile il percorso delle divinità e dei siddha,
     	allora si conosce la qualità dell'infinito chiamato Ananta,
     	che corrisponde al nominato Mānasa grand'anima, 

  33 	quando però la sua divina forma decresce e di nuovo cresce,
     	chi altri che uno che sia uguale a lui può conoscerlo?

  34 	quindi dal loto è sorto il potente, omnisciente, in persona,
     	Brahmā, fatto di dharma, l'antico e incomparabile Prajāpati.'

  35 	Bharadvāja disse:
     	' se egli è nato dal loto, allora il loto è il più vecchio,
     	e dicono Brahmā il primo nato, su ciò istruiscimi o signore.'

  36 	Bhṛgu disse:
     	' questa è la forma di Mānasa quaggiù divenuto Brahmā,
     	per fornirgli un seggio la terra è chiamata il loto,

  37 	il pericarpo del loto è il monte meru, che si eleva al cielo,
     	e stando in mezzo a questo, il Signore dell'universo crea i mondi.'
     


                              CLXXVI


   1 	Bharadvāja disse:
     	' come ha prodotto il Signore la creazione delle varie creature,
     	Brahmā stando in mezzo al monte meru? questo dimmi o migliore dei ri-nati.'

   2 	Bhṛgu disse:
     	' colla mente Mānasa ha prodotto la creazione delle varie creature,
     	e per animare gli esseri ha creato per prima l'acqua,

   3 	la quale è la vita di tutti gli esseri, con la quale le creature crescono,
     	e senza di essa periscono, e da essa tutto è coperto,

   4 	la terra, le montagne, le nubi, e quanti altri hanno forma,
     	si deve sapere che tutto è di acqua, le acque si sono solidificate.'

   5 	Bharadvāja disse:
     	' come fu prodotta l'acqua e come il fuoco e il vento?
     	e come fu creata la terra? qui io ho un grande dubbio.'

   6 	Bhṛgu disse:
     	' al tempo del brahmakalpa o brahmano, nell'assemblea dei ṛṣi brahmani,
     	in queste grandi anime sorgeva un'incertezza sulla creazione del mondo,

   7 	essi erano fermi nella meditazione, immobili e saldi nel silenzio,
     	rinunciando al cibo, bevendo vento, i ri-nati per cento anni divini,

   8 	una voce fatta di dharma giunse all'orecchio di tutti loro,
     	e là la divina Sarasvatī sorgeva dalla volta del cielo:

   9 	'un tempo il cielo era fisso come una montagna e privo di suoni,
     	privo di luna, sole e vento, giaceva come addormentato,

  10 	quindi sorgeva l'acqua come un'altra tenebra sulle tenebre,
     	e dalla pressione dell'acqua si alzava il vento,

  11 	come un recipiente integro, appare senza rumore,
     	e riempito di acqua, il vento lo fa risuonare,

  12 	così il cielo riempito d'acqua fino alla fine,
     	rompendo la superfice del mare Vāyu sorgeva con rumore,

  13 	e agiva dunque Vāyu sorto dalla pressione del mare,
     	raggiunta la volta del firmamento non trovava pace,

  14 	per quella frizione del vento fortissimo e di accesa energia colle acque, 
     	apparivano delle alte fiamme che illuminavano il cielo,

  15 	Agni unito al vento, diseccava il cielo e l'acqua,
     	e Agni combinato col vento diventava allora solido,

  16 	e caduto dal cielo ancora divenne più solido,
     	e dotato di solidità, divenne la stessa terra,

  17 	dei gusti, e di tutti i profumi, dei fluidi e pure dei viventi,
     	la terra è origine quaggiù, e si sa che da lei tutto è generato.'
     


                              CLXXVII


   1 	Bharadvāja disse:
     	' questi cinque elementi che Brahmā un tempo creava,
     	e di cui sono avvolti i mondi, e sono noti come grossi elementi,

   2 	quel grande Intelletto che creava migliaia di esseri,
     	e il sorgere dei cinque elementi come è accaduto?'

   3 	Bhṛgu disse:
     	' la parola grosso si applica alle cose immisurabili che vanno a formare gli esseri,
     	quindi di questi si dice che sono i grossi elementi,

   4 	l'azione è il vento, lo spazio è il cielo, il vapore è il fuoco, il fluido è l'acqua,
     	il solido è la terra, il corpo è formato dai cinque elementi,

   5 	così da questi cinque elementi sono uniti mobili e immobili,
     	e per i sensi sono conosciuti come udito, odorato, gusto, tatto e vista.' 

   6 	Bharadvāja disse:
     	' se dai cinque elementi sono composti mobili e immobili,
     	non appaiono nel corpo degli immobili i cinque elementi,

   7 	non vi è calore nelle cose immobili per la verità, 
     	né nel corpo degli alberi si mostrano i cinque elementi,

   8 	non odono, non vedono, né conoscono gusti e profumi,
     	né conoscono il tatto, come possono essere fatti dai cinque elementi?

   9 	poiché sono privi di fluidi, privi di fuoco, privi di terra e di vento,
     	e per non aver misura di spazio, negli alberi non vi sono gli elementi.'

  10 	Bhṛgu disse:
     	' nei solidi  alberi  vi è senza dubbio lo spazio,
     	sempre appaiono evidenti in essi frutti e fiori,

  11 	dal calore marcisce la pelle delle foglie, e i fiori e i frutti
     	cadono al freddo, non vi è dunque tatto per questo?

  12 	colpiti da vento, fuoco e fulmine, frutti e fiori si seccano,
     	con l'udito quindi si sente il suono, perciò gli alberi sanno udire,

  13 	un rampicante gira attorno all'albero andando ovunque,
     	non ci sarebbe senza vista questo cammino, perciò gli alberi vedono,

  14 	per gli odori buoni e cattivi, e pure per i vari aromi,
     	sono sani quando fioriti, perciò gli alberi hanno l'olfatto,

  15 	dalle radici prendono l'acqua, e mostrano pure delle malattie,
     	e per la cura delle malattie, si trova il gusto nell'albero,

  16 	come si può succhiare acqua colla bocca dallo stelo del loto,
     	così coll'aiuto del vento gli alberi bevono dalle radici,

  17 	per il sentire piacere e dolore, e per ricrescere dopo tagliato,
     	io vedo la vita negli alberi, che non sono privi di coscienza,

  18 	per questo l'acqua ricevuta è digerita in fuoco e vento, 
     	e per il consumo del cibo ne nasce la crescita e il fluido,

  19 	nel corpo di tutti gli immobili, vi sono i cinque elementi,
     	e ciascuno di essi è una parte, e attraverso di essi il corpo si muove,

  20 	pelle, carne, e ossa, midollo e nervi per quinta cosa,
     	così sono chiamati qui nel corpo gli elementi di terra,

  21 	energia, e fuoco, ira, vista e pure il vapore,
     	e Agni pure li fa nascere, questi cinque fuochi del corpo,

  22 	udito, odorato, bocca, cuore e anche ventre,
     	questi sono i cinque elementi dello spazio nel corpo dei viventi,

  23 	flegma, umore biliare, sudore, midollo e sangue,
     	questi sono le cinque parti di acqua che sempre sono nel corpo dei viventi,

  24 	per il prāṇa si muove il vivente, per il vyāna si sforza,
     	l'apāna si muove in basso, e il samāna si trova nel cuore,

  25 	per l'udāna egli respira, e dividendo il fiato parla,
     	questi sono i cinque venti che fanno muovere il corpo,

  26 	la qualità del profumo è terrestre, e dall'acqua il corporato sente il gusto,
     	la luce si vede coi due occhi, dal vento conosce il tatto,

  27 	delle qualita stabilite in dettaglio per l'odore io parlerò,
     	l'odore desiderabile e no, quello dolce e quello pungente,

  28 	quello fragrante, intenso, untuoso, secco, e morbido,
     	questi nove modi di ciascun odore si sanno dell'elemento terra,

  29 	il suono, il tatto, la forma, e il gusto sono le qualità dell'acqua,
     	della conoscenza dei gusti ti parlerò, ascoltami mentre te li dico,

  30 	il gusto è detto di molti tipi, dai sapienti grandi anime,
     	dolce, salato, amaro, astringente, acido, e pungente,
     	questi sono in dettaglio i sei tipi di gusto dovuti all'acqua,

  31 	suono, tatto, e figura, sono dette le tre qualità della luce,
     	la luce mostra le forme, la forma è ricordata di molti aspetti,

  32 	piccola, grande, pesante, quadrangolare e rotonda,
     	bianca e nera, e rossa, nera, giallo e marrone,
     	così sono ricordati in dettaglio i dodici aspetti della forma di luce,

  33 	suono e tocco, si dice che siano i due aspetti del vento,
     	la qualità dei venti, di tocco in tocco è ricordata di vario tipo,

  34 	duro, sdrucido, morbido, viscido, soffice e violento,
     	caldo freddo, piacevole, doloroso, viscoso e tenero,
     	così si chiamano le dodici qualità dei venti in dettaglio,

  35 	lo spazio ha la sola qualità del suono, così si sa,
     	dei vari tipi di suono parlerò in dettaglio,

  36 	ṣaḍja, ṛṣabha, gāndhāra, madhyama, e pañcama, 
     	dhaivata, e si deve conoscere pure niṣādaka,

  37 	queste sono dette le sette qualità appartenenti allo spazio,
     	tre suoni si trovano interamente nei tamburi e simili,

  38 	si dice che il suono nasce dallo spazio assieme alle caratterische del vento,
     	se non impedito si produce, ma non si sente se toccato male,

  39 	gli elementi sempre con gli altri elementi crescono,
     	acqua, fuoco e vento sempre sovrintendono ai corpi.'
     


                              CLXXVIII


   1 	Bharadvāja disse:
     	' rifugiandosi nell'elemento terra, come agisce il fuoco del corpo?
     	e specialmente con lo spazio come agisce il vento?'

   2 	Bhṛgu disse:
     	' del movimento del vento o brahmano, ti parlerò o senza-macchia,
     	il forte vento come muove nei corpi dei viventi,

   3 	il fuoco risiedendo nella testa protegge il corpo,
     	il prāṇa nella testa e nel fuoco agendo si muove, 

   4 	esso è il vivente l'anima di tutti gli esseri, il puruṣa eterno,
     	mente, intelletto, coscienza, esso è gli oggetti dei sensi,

   5 	così dunque quaggiù tutto è custodito dal prāṇa,
     	e di seguito ogni cosa trova la sua meta tramite il samāna,

   6 	situato nel fuoco degli intestini e nella base dell'addome,
     	l'apāna agisce trasportando feci e urine,

   7 	quello che da solo agisce sui tre, con azione forte e attiva,
     	lo chiamano udāna le genti sapienti dell'adhyātman,

   8 	il soffio che è all'interno di tutte le giunzioni,
     	nei corpi degli uomini è chiamato vyāna,

   9 	il fuoco diffuso negli elementi, animato dal samāna,
     	si applica ad agire sui fluidi, sugli elementi e sui danni,

  10 	in mezzo a prāṇa e apāna unito a prāṇa e apāna,
     	il fuoco che risiede al suo posto rettamente digerisce,

  11 	l'addome è chiamato dalla bocca che è collegata all'ano alla fine
     	perciò il flusso nasce, e tutti i flussi dei corpi,

  12 	dal contatto dei prāṇa, ne nasce un mescolamento,
     	il fuoco è conosciuto come vapore, e digerisce il cibo nei corpi

  13 	portato dalla forza del fuoco, il prāṇa è portato alla fine del ventre,
     	e tornando di nuovo in su, spinge via il fuoco,

  14 	gli intestini sono sotto l'ombelico, e sopra sta lo stomaco,
     	in mezzo all'ombelico del corpo si trovano tutti i prāṇa,

  15 	venendo dal cuore, essi vanno su e giù e di lato,
     	e portano le sostanze del cibo, i dieci flussi spinti dal prāṇa,

  16 	questa è la via degli yoga con cui raggiungono il supremo,
     	gli intelligenti che vinta la fatica sedendo conducono sé stessi nella testa,

  17 	così sono regolati in tutti i prāṇa e apāna, nei viventi,
     	in questo sta sempre il fuoco come fissato dentro un vaso.'
     


                              CLXXIX


   1 	Bharadvāja disse:
     	' se è Vāyu che soffia, se è Vāyu che muove,
     	che respira e che parla, allora la vita è un non-senso,

   2 	se dal fuoco divenuto vapore interiore si digerisce,
     	se Agni digerisce, allora la vita è un non-senso, 

   3 	quando un nato perisce, la vita non vi si trova più,
     	il soffio vitale lo abbandona, e il vapore interiore si estingue,

   4 	se la vita è solo vento, o se è abbracciata dal vento,
     	essa appare come un globo di vento, e procede assieme ai venti,

   5 	se è in combinazione col vento, e sé da questo va perduta,
     	come una porzione d'acqua rilasciata dal grande mare,

   6 	se in un pozzo si mette l'acqua o una luce nel fuoco,
     	cadute spariscono rapide, come sparisce il soffio vitale,

   7 	perchè la vita nel corpo formato dai cinque elementi,
     	per la perdita di uno di questi, non è trattenuta dagli altri quattro?

   8 	l'acqua si secca senza mangiare, e pure l'aria trattenendo il respiro,
     	lo spazio sparisce se non si evaqua, e il fuoco cessa senza cibo,

   9 	la terra va in frantumi per le afflizioni di malattie e ferite,
     	se uno dei cinque elementi è colpito, l'unione si dissolve nelle cinque parti,

  10 	e ridotta nei cinque elementi la vita chi segue?
     	cosa conosce la vita, o che ode o che dice?

  11 	questa vacca mi salverà quando sarò nell'altro mondo,
     	ma il vivente che la dà muore, e la vacca chi dunque salverà?

  12 	quando è la stessa vacca che viene data e ricevuta,
     	e quaggiù vanno alla morte, come si incontreranno?

  13 	chi è divorato dagli uccelli, o chi cade dalla cima di un monte,
     	o chi è divorato dalle fiamme, come può di nuovo rivivere?

  14 	se di un albero reciso la radice non riscresce,
     	i suoi semi ricrescono, dove dunque andrà il morto?

  15 	un tempo solo i semi furono creati, e da questi si rivive,
     	i morti sono morti e periscono, e il seme rivive dal seme.'
     


                              CLXXX


   1 	Bhṛgu disse:
     	' non vi è morte per i viventi, né per i doni, né per quanto fatto,
     	la vita va in un altro corpo, quanto il corpo si distrugge,

   2 	la vita non è legata al corpo, e in questo non va distrutta,
     	come tra la legna che brucia non muore il fuoco.'

   3 	Bharadvāja disse:
     	' se così come il fuoco quella non trova distruzione,
     	alla fine della combustione, il fuoco più non si ottiene,

   4 	così io so che perisce il fuoco spegnendosi per assenza di combustibile,
     	non appare più prova del suo andare, né del suo rimanere.'

   5 	Bhṛgu disse:
     	' giunta la fine dei combustibili, il fuoco più non appare,
     	egli segue lo spazio non si vede più per mancanza di supporto,

   6 	così la vita abbandonato il corpo, si trova nello spazio,
     	e non si percepisce per la sua sottigliezza, come il fuoco senza dubbio, 

   7 	il fuoco sostiene la vita, e la vita così deve essere sostenuta,
     	sostenuto dal vento, il fuoco va perduto per l'interruzione del respiro,

   8 	e spentosi il fuoco del corpo, il corpo privo di coscienza,
     	va a cadere ridotto a terra, questa e la sua via e il suo luogo,

   9 	di tutti gli esseri sia mobili che immobili,
     	il respiro si reca in cielo e la luce lo segue,
     	là di questi tre vi è unione, e gli altri due formano la terra,

  10 	dove c'è l'aria, là vi è il respiro, e dov'è il vento c'è il fuoco,
     	senza forma sono sapute le acque, e la terra ha invece forma.'

  11 	Bharadvāja disse:
     	' se fuoco e vento, terra, aria e acqua sono nei corpi,
     	la vita che aspetto ha? questo dimmi o senza-macchia,

  12 	avendo i cinque per natura, i cinque per luogo, ed essendo dotato dei cinque sensi,
     	il corpo dei viventi io vorrei conoscere come è la vita,

  13 	essendo unione di carne e sangue, e di ossa, midollo e legamenti,
     	quando il corpo è distrutto, la vita non vi si trova più,

  14 	se è privo di vita il corpo, dotato dei cinque elementi,
     	chi dunque prova sofferenza nel dolore mentale o fisico?

  15 	il vivente ode le parole attraverso gli orecchi, ma non ode
     	o grande ṛṣi, se la mente è altrove, perciò la vita è inutile,

  16 	tutto vede quanto è visibile colla vista unita alla mente,
     	ma se la mente è agitata, pur guardando non vede,

  17 	non vede, non parla, non ode, né odora,
     	né conosce tocco o gusto, quando ancora è addormentato,

  18 	chi dunque si rallegra e si adira, o chi si duole e si affligge?
     	chi desidera o pensa, o odia, e pronuncia i discorsi?'

  19 	Bhṛgu disse:
     	' non vi è qui alcun sostegno dei cinque, solo l'anima interna sostiene il corpo, 
     	questa sente gli odori, i gusti, e il suono, il toccare e le forme e le altre qualità,

  20 	nel corpo dei cinque, vedendo le cinque qualità, l'anima interna, pervade ogni membra, 
     	ella sente i dolori e le gioie, da essa separata, il corpo non sente nulla,

  21 	quando non vi è più vista né tatto, né calore, essendo il fuoco
     	allora spentosi dentro il corpo, il corpo abbandonato perisce,

  22 	tutto questo è fatto di acqua, l'acqua è l'aspetto dei corpi,
     	là vi è l'anima, Brahmā Mānasa, il creatore del mondo in tutti gli esseri, 

  23 	quest'anima sappi che compie il bene di tutti i mondi,
     	che ha rifugio nel corpo, come una goccia su un loto,

  24 	sappi che essa è il sapiente del campo, sempre intenta nel bene del mondo,
     	tamas, rajas e sattva sappi sono i guṇa del vivente,

  25 	dicono che è senziente la qualita del vivente, essa muove e fa muovere tutto, 
     	quindi la dicono il supremo sapiente del campo, che fa muovere i sette mondi,

  26 	non va distrutta la vita quando lo è il corpo, falsamente la dicono morta gli ignoranti,
     	la vita partita dal corpo procede, quando il corpo torna ai cinque elementi,

  27 	così in tutti gli esseri, invisibile agisce nascosta,
     	e la vedono con suprema e sottile intelligenza i veri vedenti,

  28 	il saggio concentrato sempre notte dopo notte,
     	moderato nel cibo, dall'anima purificata, vede l'anima in sé stesso,

  29 	in virtù del suo pensiero, lasciata ogni azione buona e cattiva,
     	saldandosi in sé con anima tranquilla raggiunge la felicità imperitura,

  30 	il fuoco mentale nei corpi è chiamato la vita,
     	fu creata da Prajāpati, per fissare l'adhyātman nelle creature.'
     


                              CLXXXI


   1 	Bhṛgu disse:
     	' Brahmā Prajāpati, per primi creava i brahmani,
     	simili per splendore a sole e fuoco, e nati dalla sua luce,

   2 	quindi la verità, il dharma, il tapas e l'eterno brahman,
     	e il Signore disponeva la condotta, la purezza per il paradiso,

   3 	dèi, dānava, gandharva, daitya, asura e grandi uraga,
     	yakṣa, rākṣasa, e nāga, piśāca e gli uomini,

   4 	divisi in brahmani, kṣatriya, vaiśya e śūdra o migliore dei ri-nati,
     	e creava tutte le altre schiere degli esseri che vi sono,

   5 	il colore dei brahmani è il bianco, rosso per gli kṣatriya,
     	il colore giallo per i vaiśya, e nero per gli śūdra.'

   6 	Bharadvāja disse:
     	' se il colore è distribuito ai quattro varṇa per singolo colore,
     	certo si mostra una confusione di colori in tutti i varṇa,

   7 	brama, ira, paura, avidità, sofferenza, ansia, fame e fatica,
     	in tutti noi sorgono, come può il colore essere diverso?

   8 	sudore, feci, e urine, flegma, bile e il sangue,
     	scorrono nel corpo di tutti, come può il colore essere diverso?

   9 	gli esseri mobili sono incalcolabili, e anche quelli immobili,
     	e per questi vi sono vari colori, come vi può essere distinzione di colori?'

  10 	Bhṛgu disse:
     	' non vi è differenza dei varṇa in tutto questo universo o brahmano,
     	i brahmani furono creati per primi e ne hanno il varṇa per le loro azioni,

  11 	quando intenti nei beni desiderabili, fieri, irritabili, dediti alla violenza,
     	abbandonando il proprio dharma, questi ri-nati dal rosso corpo divengono kṣatriya,

  12 	quelli che assumono la vita tra le vacche e vivono di agricoltura, sono gialli,
     	e non restando nel loro dharma questi ri-nati divengono vaiśya,

  13 	gli avidi, intenti in violenza e inganni, che vivono di ogni lavoro,
     	allontanatisi dalla purezza, neri questi ri-nati divengono śūdra,

  14 	così per le loro azioni sono separati i ri-nati, all'interno dei varṇa,
     	il dharma e i riti sacri non sono mai proibiti per nessuno di essi, 

  15 	questi sono i quattro varṇa dei quali parlano i discorsi sacri,
     	stabiliti un tempo da Brahmā, e per avidità cadono nell'ignoranza,

  16 	i brahmani che seguono la legge del dharma, non perdono il loro tapas,
     	sempre sostenendo il brahman e mantenendo i loro voti,

  17 	il brahman fu un tempo creato, e sono gli ignoranti che non lo conoscono, 
     	e gli altri molti tipi tra questi, nascono qua e là,

  18 	i piśāca, i rākṣasa, e i molti tipi di spiriti, e i nati tra i barbari,
     	che perduta la conoscenza e la sapienza, agiscono a loro piacere,

  19 	le creature consacrate dai brahmani, salde nel proprio dharma,
     	furono create dai ṛṣi col proprio tapas, e altre da altri ancora,

  20 	quella sorta dal Primo dio, l'imperitura e immutabile radice del brahman,
     	questa creazione essenza della legge del dharma, è invero di natura mentale.'
     


                              CLXXXII


   1 	Bharadvāja disse:
     	' da cosa uno è brahmano, oppure kṣatriya o migliore dei ri-nati,
     	o anche vaiśya e śūdra o savio ṛṣi? questo dimmi o migliore dei parlanti.'

   2 	Bhṛgu disse:
     	' chi da puro ben compia lavacri e i riti a cominciare da quello di nascita,
     	dotato di studi vedici, saldo nell'agire dei virtuosi,

   3 	rattamente intento nella condotta di purezza, fedele al guru e che mangia i resti, 
     	con voti perenni, devoto alla verità, costui è chiamato un brahmano,

   4 	verità, donazioni, autocontrollo, assenza di inganni, e di violenza, pace, e pietà,
     	e tapas si trovano dove sta il brahmano, così è scritto,

   5 	chi segua le azioni degli kṣatriya, secondo i dettami degli studi vedici,
     	intento a donare e prendere, costui si dice uno kṣatriya,

   6 	chi si impegna in agricoltura, allevamento e commercio sempre puro,
     	applicandosi agli studi vedici, costui è conosciuto per un vaiśya,

   7 	chi è goloso di ogni cibo, sempre intento a ogni lavoro, e impuro, 
     	privato dei veda, di cattiva condotta, costui è detto uno śūdra, 

   8 	questa la caratteristica dello śūdra che non si trova nel brahmano,
     	uno śūdra non diviene brahmano, né il brahmano uno śūdra,

   9 	la soppressione con ogni mezzo di avidità e collera,
     	e il controllo di sé, si deve riconoscere come una purificazione, 

  10 	sempre il tapas deve guardarsi dalla collera, e la ricchezza si guardi dall'egoismo,
     	la sapienza da onore e disonore, e sé stessi dall'errore,

  11 	chi quaggiù ha tutte le sue azioni disgiunte dalle aspettative,
     	chi offre tutto nella rinuncia, costui è un intelligente rinunciante,

  12 	chi privo di crudeltà verso tutti i viventi, agisca sulla via dell'amicizia,
     	non deve cadere nella diffidenza, ma por mente alla fiducia,

  13 	chi abbandonando ogni possesso, divenga coi sensi vinti con intelligenza,
     	rimane saldo nello stato privo di sofferenza e di paura, qui e nell'aldilà,

  14 	il muni che con anima tranquilla, e intento al tapas con disciplina,
     	desideroso di vincere l'invincibile, deve essere e distaccato negli attaccamenti,

  15 	qualsiasi cosa si percepisca coi sensi è detta manifesta,
     	il non manifesto aldilà dei sensi si deve accertare cogliendone i segni,

  16 	si trattenga la mente nel prāṇa, e si sostenga il prāṇa nel brahman,
     	dalla quiete si ha la perfetta calma, a null'altro si deve pensare,
     	il brahmano con questo raggiunge il brahman felice,

  17 	sempre intento alla purezza, e praticando buona condotta,
     	privo di collera verso i viventi, questo è il marchio dei ri-nati.'
     


                              CLXXXIII


   1 	Bhṛgu disse:
     	' la verità è il brahman, la verità è il tapas, la verità produce le creature,
     	dalla verità i mondi sono sostenuti, con la verità si raggiunge il paradiso,

   2 	il falso è la forma della tenebra, dalla tenebra si è condotti in basso,
     	quelli affetti dalle tenebre non vedono la luce coperta dalle tenebre,

   3 	il paradiso è luce così dicono, e l'inferno è tenebra,
     	del vero e dal felso ottengono il frutto gli abitanti del mondo,

   4 	e al mondo è così divisa la condotta nel vero e nel falso,
     	dharma e adharma sono luce e tenebra e gioia e dolore,

   5 	qui il vero è dharma, il quale dharma è luce, e la luce è gioia,
     	e là il falso è adharma e l'adharma è tenebra, e la tenebra è dolore.'

   6 	qui si dice:
     	' da dolori mentali e corporali, e da gioie portatrici di sofferenza,
     	è la creazione del mondo, cosi la vedono e non errano i saggi,

   7 	là il saggio si deve impegnare per liberarsi dal dolore,
     	la gioia negli esseri è impermanente, qui al mondo e nell'altro,

   8 	come la luce lunare non splende quando la luna è ingoiata da Rāhu,
     	così la gioia dei viventi soverchiati dalle tenebre, sparisce,

   9A 	di due tipi si dice sia la gioia, mentale e corporale,
     	quaggiù e nell'altro mondo, la pratica di ogni attivita è intesa per aver felicità,
     	non vi è di ciò nessun frutto maggiore nei tre scopi della vita,
     	essa è cosa specialmente desiderabile, l'attività di dharma e artha è fatta per suscitare felicità.'

  10A 	Bharadvāja disse:
     	' quanto tu hai detto che le donne sono la suprema gioia, non lo capiamo,
     	questa cosa specialmente non è ottenuto dai ṛṣi intenti nella grandezza, e non la desiderano,
     	e sappiamo che il Beato creatore del mondo, il Signore Brahmā vive da solo,
     	come un brahamacārin, e non pone sé stesso nelle gioie dell'amore,
     	e pure il Beato signore universale, marito di Umā ridusse senza corpo Kāma che si avvicinava,
     	perciò diciamo che neppure le grandi anime intendono che questo sia la miglior cosa, in ciò non ho accordo con te, 
     	quando dici che le donne sono la suprema delle gioie,
     	pure il pensiero mondano è duplice, il frutto nasce di gioia dal ben agire, e di dolore dal male agire,
     	così fu detto.'

  11A 	Bhṛgu disse:
     	' dalla falsità si produce la tenebra, ottenebrati dalle tenebre si persegue l'adharma, non il dharma,
     	sommersi da ira, avidità, errore, orgoglio e falsità non si ottiene gioia né qui né nell'aldilà,
     	sono pieni di mucchi di dolori, e di varie malattie,
     	e sono afflitti da tormenti, affanni, morte e prigione, dai dolori di fame, sete e tribolazioni,
     	e sono afflitti altresì da terribili dolori corporali, fatti da tremendi venti caldissimi e freddissimi,
     	e soverchiati da sofferenze mentali, da separazione e perdita di parenti e oro, e da vecchiaia e morte, 

  12A 	e per questi dolori mentali e corporali non giungono a conoscere la gioia,	
     	queste colpe non appaiono in paradiso,
     	là dunque c'è

  13 	una brezza piacevolissima, e il profumo dei celesti in paradiso,
     	non vi è né fame né sete, né fatica, né vecchiaia, né malvagità,

  14 	sempre gioia vi è in paradiso, quaggiù vi sono entrambi, gioia e dolore,
     	nell'inferno solo dolore, così dicono che l'equanimità è il supremo stato,

  15 	la terra è la madre di tutti gli esseri, e così sono le donne,
     	l'uomo è Prajāpati, il suo seme dicono sia fatto di energia,

  16 	così la creazione del mondo fu stabilita un tempo da Brahmā,
     	e le creature si muovono intente nelle rispettive azioni.'
     


                              CLXXXIV


   1 	Bharadvāja disse:
     	' quale frutto dicono vi sia dal donare e dal praticare il dharma?
     	e dalla pratica del tapas, dai propri studi e dalle oblazioni sacre?'

   2 	Bhṛgu disse:
     	' con le oblazioni si elimina il male, cogli studi si ha pace suprema,
     	coi doni si ottengono beni, così si dice, e col tapas si ottiene ogni cosa,

   3 	dicono di due tipi il donare, per questo e per l'altro mondo,
     	qualunque cosa sia donata ai virtuosi si ritrova nell'altro mondo,

   4 	di qualsiasi dono sia dato ai non virtuosi, se ne gode quaggiù,
     	nel modo in cui sia dato il dono, in ugual modo se ne ha il frutto.'

   5 	Bharadvāja disse:
     	' qual'è la condotta nel dharma e da chi è compiuta? e qual'è il segno del dharma?
     	quanti sono i vari dharma? questo devi dirmi o signore.'

   6 	Bhṛgu disse:
     	' gli uomini che sono intenti nell'agire nel proprio dharma,
     	ottengono il frutto del dharma, chi agisce altrimenti è confuso.'

   7 	Bharadvāja disse:
     	' quale fu un tempo stabilita dai ṛṣi brahmani per i quattro modi di vita,
     	questa condotta di ciascuno di essi tu mi devi dire.'

   8A 	Bhṛgu disse:
     	' dal Beato che seguiva il bene del mondo un tempo furono indicati i quattro modi di vita per proteggere il dharma, 
     	si dice che il primo dei modi di vita è risiedere nella famiglia del guru,
     	rettamente saldo in disciplina, controllo, condotta e sacre purezze, con anima controllata, ad alba e 	
        tramonto venerando sole, fuoco e dèi, privo di accidia, ascoltando le parole del guru e la lezione dei 	
        veda per purificarsi l'anima, toccare acqua tre volte al giorno, sempre nella castità, guardando il fuoco e
        obbedendo al guru, e colla bhaikṣa in testa tutto dare con ferma anima, seguendo gli ordini del guru
        senza opporsi, e si deve ottenere il favore del guru seguento i propri studi.

   9A 	qui vi è una strofa:
     	'il ri-nato che conciliandosi il guru ottiene i veda,
     	ne ottiene il frutto del paradiso, e la sua mente si perfeziona.'

  10A 	il secondo modo di vita dicono che sia il ruolo di capofamiglia,
     	l'intera caratteristica di questo modo di vita ti illustreremo,
     	il modo del capofamiglia è stabilito per chi terminati gli studi, desidera il frutto del dharma con la moglie,
     	ne ottiene dharma, artha e kāma, attendendo a questi tre, prendendo ricchezze con azioni irreprensibili,
     	attendendo agli studi superiori stabiliti dai ṛṣi brahmani, o con il ferro, o colla ricchezza ottenuta con 	
	oblazioni sacre, controllandosi, con disciplina e col favore degli dèi, il capofamiglia vive così stando in
     	casa questo dicono sia la radice di tutti i modi,
        quelli che abitano nella casa del guru e gli altri che sono itineranti, e quelli che pure sono saldi nel
     	controllo e e nel dharma con fermi voti, e  vivono di tributi, di questua e di offerte,

  11A 	come i virtuosi che per la maggior parte, degli elementi che stanno nella foresta, che vedono la via dei
     	buoni, attaccati ai loro studi, che girano la terra per vedere e visitare i tīrtha,
     	che si alzano per salutare con parole prive di invidia, che insegnano e agiscono nel bene.'

  12A 	qui vi è una strofa:
     	'se un ospite senza mangiare se ne va da una casa,
     	ne da al proprietario i suoi peccati, e prendendone i meriti se ne va.'

  13A 	e pure in questo modo di vita gli dèi sono deliziati dai riti sacri, e gli avi dalle oblazioni, e i ṛṣi
    	con lo studio e l'ascolto e la protezione dei veda.
     	e pure Prajāpati col produrre figliolanza.

  14A 	qui vi sono due strofe:
     	'affezionato verso tutti gli esseri, pronunciando parole, piacevoli all'orecchio,
     	le offese con male parole e insulti sono deprecabili,

  15A 	disprezzo, egoismo e arroganza si devono evitare,
     	non violenza, sincerità, assenza d'ira e tapas sono in tutti modi di vita.'

  16A 	anche qui sono ottenibili ghirlande, ornamenti, vesti, unguenti, profumi, godimenti, danze, canti,
     	musiche, ogni cosa che si ottiene di bello a guardarla, ogni bene mangiabile,
        latte succhi da bere, e vari tipi di cibi che lo soddisfino la moglie per ottenere gioia e amore,

  17 	chi da capofamiglia sempre goda i frutti dei tre scopi della vita,
     	avendo quaggiù queste gioie otterrà la meta di chi vive di resti,

  18 	il capofamiglia che vive spigolando, contento nel praticare il proprio dharma,
     	abbandonando desideri e azioni di gioia non ha difficoltà per il paradiso.'
     


                              CLXXXV


   1A 	Bhṛgu disse:
     	'i risiedenti nella selva, che seguono il dharma dei ṛṣi, e vagano praticando il tapas, per i sacri tīrtha,
     	e i principali fiumi, nelle solitarie foreste piene di antilopi, bufali, cinghiali, cervi ed elefanti,
     	abbandonando le vesti, i cibi e i beni del villaggio, nutrendosi moderatamente di erbe selvatiche, radici
     	foglie e frutti, sedendo fermi, con la terra per seggio, su rocce, ghiaia, su cenere giacendo, colle
     	membra coperte da erbe sacre, pelli, e da corteccia, portando lunghi capelli, barba, e unghie, con
     	lavacri a tempo debito, senza porre oblazioni e tasse a tempo, offrendo legni ed erbe sacre, e quanto
     	ottengono, bruciati da venti freddi e caldi, con la pelle rotta, con le carni e il sangue macerate
     	dai digiuni, da varie pratiche dello yoga stabilite dal dharma, ridotti pelle e ossa, saldi nella fermezza,
     	uniti alla purezza portano avanti i loro corpi. 

   2 	chi pratica controllato questa condotta stabilita dai ṛṣi brahmani,
     	brucia come in un fuoco le sue colpe, e conquista i mondi invincibili,

   3A 	come anche la condotta degli asceti itineranti,
     	che sono liberi dall'accamento a fuoco sacro, ricchezze, moglie, e casa, gettati i legami di affetto,
     	vagano liberi, uguali verso l'oro e una zolla, con mente distaccata dalle attività dei tre scopi,
     	che agiscono uguali e indifferenti verso nemici e amici, senza ingiuriare alcun essere, immobile od
     	oviparo come le serpi, insetti e altri, con parole, mente o azioni, privi di casa, vagano in templi,
     	monti, banchi di sabbia e radici di alberi, per trovare un riparo, vanno in città o villaggi, 
     	rimandovi cinque notti in città e una sola notte nei villaggi.
     	entrando per sostenere la vita nelle case dei ri-nati, di pure azioni, vi risiedono, senza mendicare
     	più della capacità della ciotola, liberi da desideri, ire e orgoglio, e da avidità, privi di violenza,
     	di miseria, di inganni, e di offese.

   4A 	e qui vi è una strofa:
     	'il muni che agisce dando sicurezza a tutti gli esseri,
     	in nessun luogo avrà mai timore di nessun essere.'

   5 	celebrando l'agnihotra offrendo nella propria bocca al fuoco che è nel proprio corpo, 
     	le oblazioni avute dalla questua, raggiunge i mondi di chi ha molti fuochi,

   6 	chi pratica la via della liberazione come detta, puro, dotato di mente domata,
     	questo ri-nato risiederà nel mondo di Brahmā calmo come una luce che non si alimenta.'

   7 	Bharadvāja disse:
     	' si dice che non si trova un mondo superiore a questo mondo,
     	io vorrei sapere questo, e tu sei in grado di dirmelo.'

   8 	Bhṛgu disse:
     	' sul sacro fianco settentrionale dell'himavat pieno di ogni qualità,
     	un sacro luogo si dice vi sia, il mondo supremo desiderabile,

   9 	là i puri che non praticano il male, completamente privi di colpe,
     	gli uomini felici vi sono, che hanno abbandonato brame ed errori, 

  10 	questo luogo simile al paradiso, si dice che abbia splendide qualità,
     	la morte sopraggiunge a tempo debito e le malattie non li toccano,

  11 	non vi è brama per la donna altrui, e la gente è soddisfatta della propria donna,
     	non vi sono vicendevoli uccisioni là né invidie per le ricchezze,
     	non vi è pratica di offese né vi nasce alcun dubbio,

  12 	là immediatamente si ottiene il frutto delle proprie azioni, 
     	alcuni hanno seggi, letti per riposare, all'interno di alti palazzi,
     	alcuni sono circondati da ogni bene, adornati di ornamenti d'oro,

  13 	alcuni sono provvisti del solo necessario per vivere,
     	altri supportano la loro vita con grande sforzo,

  14 	alcuni qui, sono devoti del dharma, altri sono uomini disonesti,
     	alcuni hanno dolori o gioie, altri sono poveri o ricchi,

  15 	qui fatica, paura ed errore, e fame feroce nascono,
     	avidità, e profitto degli uomini, da cui si liberano i sapienti,

  16 	qui vi sono molte opinioni, e azioni nel dharma e contro il dharma,
     	il saggio che le conosce entrambe, non si attacca al male,

  17 	frodi, inganni, furti, offese, indignazioni,
     	violenza, danni agli altri, calunnie, e falsità

  18 	chi persegue questi vizi, ne ha il tapas diminuito,
     	il saggio che non li pratica ne ha il tapas rinforzato,

  19 	qui al mondo è la terra dell'agire, dove si compiono azioni belle e brutte,
     	agendo colle buone si ottiene il bene, il contrario colle cattive, 

  20 	quaggiù Prajāpati un tempo, e gli dèi colle schiere dei ṛṣi,
     	sacrificando, divenuti puri col tapas giunsero al mondo di Brahmā,

  21 	la parte settentrionale della terra, splendida è la più santa di tutte,
     	le genti che quaggiù hanno pure azioni, rinascono là,

  22 	gli altri che compiono azioni malvage invece in grembi animali,
     	e altri quando finisce la loro vita periscono sulla faccia della terra,

  23 	attaccati vicendevolmente al cibo, soverchiati da avidità ed errore,
     	quaggiù si aggirano, e non andranno alla regione settentrionale,

  24 	quelli che controllati servono i guru, come brahmacārin,
     	questi uomini conoscono la via di ogni mondo,

  25 	così ti ho illustrato in succinto il dharma stabilito da Brahmā,
     	il saggio che conosce dharma e adharma del mondo.'”

  26 	Bhīṣma disse:
     	“ così istruito da Bhṛgu o re, il potente Bharadvāja,
     	dall'anima supremamente pia, meravigliato venerava Bhṛgu,

  27 	questa è l'origine dell'universo o re, come è conosciuta
     	nella sua intierezza o grande saggio, che altro vuoi ascoltare?”
     


                              CLXXXVI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ le regole della buona condotta illustrate da te o senza-macchia,
     	io vorrei udire o sapiente del dharma, tu sai di ogni cosa, io ritengo.” 

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ quelli di cattiva condotta, che male agiscono, di scarsa saggezza e violenti,
     	sono chiamati non virtuosi, e questi sono i segni della condotta virtuosa,

   3 	gli uomini che non fanno feci e urina,
     	sulla via reale, in mezzo alle vacche o in mezzo al grano sono buoni,

   4 	compiute le necessarie purificazioni, e venerati gli dèi,
     	dicono che il dharma degli uomini è compiere le abluzioni nel fiume,

   5 	il sole sempre si deve venerare e non si deve dormire quando il sole è levato,
     	sera e mattino pregando ai passagi, si deve stare verso est e verso ovest,

   6 	lavandosi le mani si compiano i pasti, in silenzio colla faccia rivolta ad est, 
     	non si deve disprezzare il cibo da mangiare, buono o non buono si deve mangiare,

   7 	non ci si alzi colle mani bagnate, né si dorma coi piedi bagnati,
     	queste le caratteristiche della buona condotta illustrate dal ṛṣi divino Nārada,

   8 	ad un luogo sacro, una vacca, un tempio degli dèi, un quadrivio,
     	ad un giusto brahmano sempre si deve fare la pradakṣiṇa,

   9 	con tutti gli ospiti e gli inviati come con la propria gente,
     	si deve condividere il cibo, e l'uomo che lo fa coi servi è elogiato,

  10 	mattina e sera i pasti degli uomini sono stabiliti dagli dèi,
     	e non si guardi al cibo negli intervalli, si stia a digiuno,

  11 	sacrificando al momento delle oblazioni, ci si accoppi a tempo debito,
     	il saggio che non vuole le donne altrui diviene come un brahhmacārin,

  12 	i resti del brahmano sono amṛta, fatta nel petto della madre,
     	la gente deve servire la verità i virtuosi servono la verità, 

  13 	anche della carne consacrata da inni ci si deve astenere dal mangiare,
     	non si deve mangiare carne a piacere, e si scarti la carne della schiena,

  14 	non si deve far digunare un ospite nel proprio luogo o in un altro,
     	e ottenuto il frutto desiderato del proprio agire, si deve offrirlo ai guru,

  15 	si devono salutare con rispetto i guru e dare loro un seggio,
     	venerando i guru si ottengono vita lunga, gloria e prosperità,

  16 	non si guardi il sole che nasce, né donna altrui nuda,
     	si deve copulare nel giusto consenso, e in luogo appartato,

  17 	il cuore è il tīrtha dei tīrtha, il cuore dei puri è il più puro,
     	tutto quanto è fatto da un nobile è puro e pure il toccare la coda di una vacca,

  18 	ad ogni incontro sempre si deve porre piacevoli domande,
     	all'alba e alla sera il saluto verso i savi è stabilito,

  19 	al tempio degli dèi, in mezzo alle vacche, nei riti sacri dei brahmani,
     	intenti a recitare o a mangiare, si deve alzare la mano destra,

  20 	il commercio delle vendite diviene prospero, e l'agricoltura si incrementa di frutti,
     	abbondante diviene il grano, e anche buoi e vacche, 

  21 	offrendo cibo si deve dire: 'è di tuo gradimento?' e dando da bere:
     	'è sufficente?' e del cibo cotto o dei semi cotti: ' è ben cotto?' 

  22 	finito di sbarbarsi, starnutendo, fatto il bagno, o dopo mangiato, 
     	e in tutte le malattie, si deve augurare lunga vita,

  23 	non si orini verso il sole, e non si guardino i propri escrementi,
     	si deve evitare di dormire nello stesso letto con una donna e di mangiare con lei,

  24 	si deve evitare di dare del tu ai più anziani,
     	dandolo ai minori, e agli uguali, per entrambi non si pecca,

  25 	il cuore di quelli di cattiva condotta rivela il male compiuto,
     	quelli che nascondono il loro pensiero in pubblico vanno perduti,

  26 	gli ignoranti nascondono il loro pensiero e il male fatto,
     	se gli uomini non li vedono, gli dèi del cielo li vedono,

  27 	dal male è seguito ciascuno dei mali compiuti,
     	il dharma fatto dal virtuoso segue il suo autore,

  28 	lo sciocco non ricorda il male fatto, ma questo segue l'autore nel suo muoversi,
     	come Rāhu raggiunge la luna, così il karma segue lo sciocco malvagio,

  29 	le ricchezze accumulate nel tesoro, non sono godute a tempo debito,
     	questo non lo elogiano i saggi, la morte non sta ad aspettare,

  30 	i sapienti dicono che il dharma di tutti gli esseri è nel loro animo,
     	perciò con la mente si deve agire benignamente verso tutti gli esseri,

  31 	da soli si deve praticare il dharma, non occorre aiuto nel dharma,
     	aderendo interamente alla legge, che deve fare un alleato?

  32 	essa (la mente) è la divina origine degli uomini, e l'amṛta degli dèi in cielo,
     	dopo morti, dal dharma si gode della perenne felicità.”
     


                              CLXXXVII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ come è ritenuta quaggiù dall'uomo quello che ha il nome di adhyātman
     	e cosa è realmente questo dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ dell'adhyātman, di cui tu o pṛthāde mi chiedi,
     	io ti parlerò o caro, che è la suprema felicità,

   3 	che quando conosciuta dall'uomo al mondo ne trova il piacere più felice,
     	e immediatamente essa porta i frutti per tutti gli esseri,

   4 	terra, vento, spazio, acque e luce per quinta,
     	sono gli elementi grossolani di tutti gli esseri dalla nascita alla morte,

   5 	da dove son creati continuamente tornano ripetutamente,
     	gli elementi grossolani negli esseri come le onde del mare,

   6 	come la tartaruga allunga le membra e poi le ritira,
     	così l'anima universale crea gli esseri e di nuovo li riprende,

   7 	il creatore, i cinque elementi grossolani negli esseri
     	compone, differentemente in loro, e il vivente non li scorge, 

   8 	il suono e l'udire e le cavità sono le tre cose nate dallo spazio,
     	pelle, tatto e movimento lo sono del vento, e la parola è la quarta

   9 	forma, vista e digestione sono dette le tre parti dell'energia,
     	gusto, umidità, e lingua sono dette le tre qualità dell'acqua,

  10 	odore, olfatto, e corpo sono le tre qualità della terra,
     	questi sono i cinque elementi grossolani, e la mente è la sesta,

  11 	i sensi e la mente sono i suoi organi di conoscenza o bhārata,
     	e per settimo l'ntelletto, e dicono sia l'anima sapiente del campo per ottava,

  12 	la vista è per vedere, la mente qui produce dubbi,
     	l'intelletto e per determinare, e l'anima sta li come un testimone,

  13 	quanto sta al di sopra delle piante dei piedi, dietro e in alto essa vede,
     	sappi che tutto quanto, dall'interno da essa è pervaso,

  14 	i sensi che quaggiù sono nell'uomo si devono conoscere interamente,
     	tamas, rajas e sattva sappi che sono le tre qualità lì poste,

  15 	l'uomo che intende con intelligenza l'andare e venire di queste,
     	guardando ad esse progressivamente ottiene la suprema pace,

  16 	l'intelletto è guidato dai guṇa, e l'intelletto dunque è pure i sensi,
     	che stanno tutti nella mente, in assenza di intelletto come possono esserci i guṇa?

  17 	così in questo modo è composto tutto l'universo di mobili e immobili,
     	esso sorge e si distrugge, e da questo è comandato,

  18 	ciò con cui si vede è la vista, e l'udito è chiamato la cosa che ode,
     	l'olfatto sente gli odori, e la lingua si dice che senta i gusti,

  19 	la pelle sente le cose che tocca, e l'intelletto si modifica ripetutamente,
     	lo scopo per cui si desidera qualcosa lo pone la mente,

  20 	i cinque tipi di sensazioni, sono ciascuno dipendenti dall'intelletto,
     	che a questi cinque sensi soprassiede senza apparire,

  21 	l'intelletto sovrintende all'uomo agendo nei tre guṇa,
     	a volte ne ottiene piacere e a volte se ne duole,

  22 	e a volte agisce senza piacere e senza dolore,
     	così essendo radicati nella mente degli uomini i tre guṇa,

  23 	ed ella non sorpassa mai questi tre guṇa,	
     	come l'oceano signore dei fiumi non sorpassa le sponde colle sue onde,

  24 	l'intelletto che sovrintente agisce sulla natura della mente,
     	e prevalendo il rajas ne segue la natura,

  25 	esso sempre guida tutti i sensi,
     	il sattva dà piacere, il rajas sofferenza e il tamas errore, così i tre,

  26 	qualsiasi cosa esiste in questo mondo dipende da tutti questi tre,
     	così ti ho illustrato interamente la via dell'intelletto,

  27 	e tutti i sensi li deve vincere l'intelligente,
     	sattva, rajas e tamas sono sempre all'interno dei viventi,

  28 	un'afflizione di tre tipi appare sempre in tutti i viventi,
     	sattvica, rajasica, e tamasica così o bhārata,

  29 	un tocco di gioia è il guṇa sattva, un tocco di dolore il guṇa rajas,
     	e quando sono uniti i due al guṇa tamas divengono inconoscibili,

  30 	quanto è unito al piacere nel corpo o nella mente,
     	ha la natura sattvica, così si deve ritenere ciò allora,

  31 	quanto è unito al dolore e porta dispiacere a sé stessi,
     	lo porta il rajas, così ciò comprendendo, si deve pensare,

  32 	e quindi quanto è unito all'errore, e quanto appare non manifesto,
     	incomprensibile e non conoscibile, lo sostiene il tamas,

  33 	eccitazione, piacere, gioia e felicità, e la pace della mente,
     	in qualunque modo appaiono, sono qualità sattviche,

  34 	insoddisfazione, tormento, sofferenza, avidità e impazienza,
     	sono dei segni del rajas, essi appaiono anche senza cause,

  35 	supponenza, errore, negligenza, sonno e indolenza,
     	in qualsiasi modo appaiono sono le varie caratteristiche del tamas,

  36 	chi ha la mente capace di andare lontano in vari modi, 
     	nei propri desideri e dubbi, e ben controllata è felice qui e nell'aldilà,

  37 	guardando le differenze sottili tra sattva e anima,
     	una produce i guṇa, e l'altra non produce i guṇa,

  38 	come i moscerini e i fichi sono sempre uniti insieme,
     	ma sono vicendevolmente altra cosa, così è l'unione di questi due,

  39 	essendo separati per natura sono sempre uniti insieme,
     	come il pesce e l'acqua sono uniti così questi due,

  40 	i guṇa non vedono l'anima, ma essa conosce completamente i guṇa,
     	spettatrice dei guṇa ed immersa in essi sempre è ritenuta,

  41 	coi i sensi e l'intelletto per settimo agisce per rischiarare,
     	la suprema anima come una lampada, mentre quelli sono inconsci e immobili,

  42 	il sattva produce i guṇa e l'anima solo li guarda
     	di certo vi è sempre unione tra i due tra sattva e anima,

  43 	non vi è alcun luogo di rifugio per il sattva e l'anima,
     	il sattva produce la mente ma mai i guṇa,

  44 	quando calmandoli trattiene i raggi di quelli con la mente,
     	allora risplende la sua anima come una lampada splende in un vaso,

  45 	il muni che lasciata ogni azione terrena, sempre devoto all'anima,
     	sia divenuto l'anima di tutti gli esseri, raggiunge la suprema meta,

  46 	come un uccello acquatico pur toccando l'acqua non ne è bagnato,
     	così l'anima immortale agisce negli esseri,

  47 	l'uomo che si muova colla sua intelligenza così nella propria natura,
     	senza dolersi, né gioire, e agisca senza ostilità,

  48 	perfezionando la propria natura sempre crea dei guṇa perfetti,
     	come il ragno la sua tela, i guṇa si devono conoscere per la tela,

  49 	distrutti essi non ritornano, la distruzione non avviene,
     	sparendo dalla vista si può determinare coll'inferenza,

  50 	così alcuni ne affermano la distruzione, e altri no,
     	considerando entrambi queste opinioni si scelga secondo la propria ragione,

  51 	di questo arduo nodo del cuore che lacera la mente, 
     	liberandosi, si sieda felicemente, senza dolersi avendo tagliato il dubbio,

  52 	come gli uomini sporchi si lavano in un fiume pieno d'acqua, 
     	così sappi che il vero saggio fa immergendosi nella conoscenza,

  53 	come uno che non attraversando un grande fiume si duole vedendo l'altra riva,
     	così quelli che solamente conoscono l'adhyātman, suprema conoscenza,

  54 	l'uomo conscendo tutto questo andare e venire degli esseri,
     	guardando progressivamente con intelligenza ottiene felicemente il supremo, 

  55 	chi conosce i tre scopi della vita, con chiara luce se ne libera,
     	riflettendo colla mente, concentrato e in pace, vede la verità,

  56 	l'anima non può essere vista che in disgiunzione dai sensi,
     	che sono ardui da trattenere per le anime incompiute,

  57 	intendendo ciò si diviene saggi, quale altro è il segno dell'intelligenza?
     	i saggi sapendo ciò pensano di aver compiuto ogni cosa,

  58 	non vi è più timore nei sapienti, quando negli ignoranti ve n'è grandissimo,
     	non vi è nessuna meta superiore, per questa virtuosa qualità, parlano di equaminità,

  59 	chi agisce senza aspettative, si libera di quanto ha prima fatto
     	né di male né di bene, chi questo conosce quaggiù così agisce,

  60 	guarda come al mondo le genti sofferenti prive di valore molto soffrono,
     	e guarda come gli abili non si dolgono, quelli che conoscono entrambe le cose.”
     


                              CLXXXVIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ dunque ti parlerò o pṛthāde dei quattro tipi di meditazione yogica,
     	che avendoli conosciuti, i supremi ṛṣi ottengono l'eterna perfezione,

   2 	gli yogin praticano la meditazione come si deve compiere,
     	questi grandi ṛṣi, che felici della conoscenza hanno la mente posta verso il nirvāṇa,

   3 	e non rinascono di nuovo o pṛthāde, liberi dal vincolo del saṃsāra,
     	tormentati dal dolore della nascita, sono confortati nella propria natura, 

   4 	lontani dagli opposti, sempre nella luce, liberi sempre restando,
     	senza attaccamenti, né dispute, compiendo la pace interiore,

   5 	là intento nei suoi studi, ponendo mente ad un solo scopo,
     	seduto muto come un pezzo di legno, concentrandosi sul gruppo dei sensi,

   6 	non sente suono coll'udito, né col tatto sente tocco alcuno,
     	non vede forme colla vista, né sente gusti colla lingua,

   7 	e trascura pure tutti gli odori nella meditazione il sapiente dello yoga,
     	trattendo i cinque sensi, non li desidera quel valoroso,

   8 	quindi quel saggio ritirando i cinque sensi nella mente,
     	può dirigere la mente che è instabile assieme ai cinque sensi,

   9 	la porta dei sensi che si muove qua e là indipendente e mobile, immobile
     	nella via primeva della meditazione trattendo la mente dentro di sè

  10 	e quando i sensi e la mente sono trattenuti,
     	questa è la via della meditazione, per prima illustrata da me,

  11 	per prima cosa trattenendo dentro di sé i sensi e la mente per sesta,
     	splenderà come il lampo che sorge in una nube,

  12 	come una goccia d'acqua si muove ovunque stando su una foglia,
     	così il suo pensiero è sulla via della meditazione,

  13 	trattenuta per un certo tempo si ferma sulla via della meditazione,
     	e di nuovo si muove come il vento la mente che vaga sulla via del vento,

  14 	attivo, privo di disagi, e di stanchezza, disinterassato,
     	controlla di nuovo il pensiero colla meditazione il sapiente della meditazione yogica,

  15 	riflessione, ragionamento, e vera conoscenza si originano,
     	nel muni concentrato, per prima cosa nella superiore meditazione,

  16 	molestato dalla mente egli la riconduce alla concentrazione,
     	non cada il muni nella disperazione, ma compia il proprio bene,

  17 	come mucchi raccolti di sterco di vacca di cenere e polvere,
     	immediatamente bagnati dall'acqua non si coevano,

  18 	come del grasso non diventa subito polvere secca,
     	ma lentamente e progressivamente tutto diviene coeso,

  19 	così la schiera dei sensi progressivamente si può trattenere,
     	e progressivamente si trattenga e rettamente la si calmi,

  20 	la propria mente e i cinque sensi o bhārata,
     	prima raggiungendo la via della concentrazione, col perenne yoga li si calma,

  21 	attraverso l'agire umano o attraverso il destino, uno non
     	raggiunge la felicità che si ha nel controllare sé stessi,

  22 	dotato di questa felicità, prende piacere nel compiere la meditazione,
     	e così gli yogin raggiungono il nirvāṇa privo di afflizioni.”
     


                              CLXXXIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ i quattro stadi della vita e i dharma dei re tu mi hai illustrato,
     	e molte e varie storie e modi di vita ciascuno hai elencato,

   2 	e ho udito in verità dei racconti pieni di dharma o grande intelletto,
     	ma vi è ancora un dubbio in me, che tu devi sciogliere,

   3 	io vorrei udire o bhārata, quale frutto ottengono quelli che recitano le preghiere,
     	qual'è il frutto stabilto per chi le recita, e dove vanno a stare i recitanti?

   4 	tu mi devi illustrare interamente le regole del recitarle o senza-macchia,
     	i recitanti sono esperti del sāṃkhyayoga?

   5 	quale regole hanno nel sacrificio? come è chiamata questa recitazione? 
     	tutto questo illustrami, tu per me sei sapiente di ogni cosa.”

   6 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	un tempo accaduta a Yama, al Tempo e ad un brahmano,

   7 	la rinuncia è stabilita nel vedānta contro la recitazione,
     	la pace interiore è predicata dai veda, ed entrambe sono radicate nel brahman,
     	queste sono le due vie, unite insieme e disgiunte,

   8 	e come sono distinte o re, se ne dirà qui il modo,
     	qui pure la concentrazione della mente e il vincere i sensi sono citati,

   9 	verità, attendere ad Agni, attendere alle purezze,
     	meditazione, tapas, disciplina, perdono, assenza di invidia, misura nel cibo, 

  10 	astensione dagli oggetti dei sensi, misura nel parlare, e pace interiore,
     	questo produce il dharma, ascolta ora del distacco dal mondo,

  11 	ogni azione che viene compiuta dal brahmacārin recitando,
     	tutte queste senza eccezione, come detto si devono rigettare,
     	raggiunta la triplice via, palese, nascosta e senza rifugio,

  12 	sedendo sopra l'erba kuśa, con della kuśa in mano, colla crocchia legata di kuśa,
     	vestito di corteccia a metà, e coperto di erba kuśa,

  13 	inchinatosi agli oggetti dei sensi, senza impegnarsi negli oggetti dei sensi,
     	raggiunta l'equanimità colla mente, ponga mente alla mente stessa,

  14 	con questi pensieri meditando il brahman, recitando il benefico inno,
     	e rinunci quindi a ciò, immerso in profonda concentrazione,

  15 	cada quindi in meditazione, e si rifugi nella forza della concentrazione,
     	purificandosi col tapas, disciplinato, eliminati desideri e odi,

  16 	libero da passioni, lontano dagli opposti, non si dolga né si attacchi,
     	con saldezza non compie azioni da non compiere né quelle da fare,

  17 	né mai ponga mente all'attaccamento ad egoismi,
     	né accetti per sé ma concentrato non disprezza né è inattivo,

  18 	saldo nel compiere la meditazione, concentrato e deciso nella meditazione,
     	raggiunto il samādhi nella meditazione, e quindi gradualmente lo abbandona,

  19 	egli immerso in quella, abbandonando ogni cosa è felice,
     	privo di desideri lascia la vita, e si rifugia nel corpo del brahman,

  20 	o se non vuole entrare là nel corpo del brahman,
     	procede in alto su quella via e non rinasce più,

  21 	affidandosi alla sua intelligenza divenuto in pace e in salute,
     	raggiunge l'anima immortale purificata da ogni passione.”
     


                              CXC


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ tu hai illustrato quanto si ottiene di supremo sulla via degli oranti,
     	è questa la loro unica meta o ne raggiungono pure altre?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ ascolta con attenzione o re, la meta degli oranti o illustre,
     	e come cadano in vari inferni o toro fra gli uomini,

   3 	come prima detto, l'orante che non segua la sua regola,
     	o la compia solo in parte, cade nell'inferno,

   4 	chi la compia con disprezzo, senza aver soddisfazione né dolore,
     	un tale orante cade nell'inferno, non vi è qui dubbio,

   5 	tutti quelli che sono egoisti devono cadere all'inferno,
     	l'uomo che diprezza gli altri cadrà dunque all'inferno,

   6 	chi per confusione mentale compia la recitazione per desiderio dei frutti,
     	egli ottiene quanto desidera ma raggiunge l'inferno,

   7 	avendo ottenuta la sovranità, l'orante che là ne sia contento,
     	ne avrà invero l'inferno da quanto non si è liberato,

   8 	l'orante che compia le recitazioni confuso dalla passione,
     	laddove ha avuto la passione cade e là deve rinascere,

   9 	lo sciocco di incompiuta saggezza, che resta colla mente mobile,
     	giunge ad una meta mobile, oppure raggiunge l'inferno,

  10 	l'orante infantile, di scarsa saggezza, cade nella confusione mentale,
     	e per quella confusione raggiunge l'inferno e là se ne duole,

  11 	l'orante che possiede fermezza, che recita le sue orazioni,
     	senza completarle o senza concentrazione, raggiunge l'inferno.”

  12 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ l'incomparabile supremo, che non manifesto si trova nel brahman,
     	dopo averlo raggiunto il virtuoso orante, in quale corpo si reincarna?”

  13 	Bhīṣma disse:
     	molti sono gli inferni stabiliti per chi ha scarsa saggezza,
     	è da elogiare la recitazione, io qui ne ho menzionato i difetti.”
     


                              CXCI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ illustrami quale tipo di orante va all'inferno,
     	curiosità in ciò mi è nata, questo tu mi devi dire.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ tu sei nato da una porzione di Dharma, e sei saldo nel dharma per tua natura,
     	ascolta con attenzione queste parole inerenti la radice del dharma o senza-macchia,

   3 	quelle sedi che appartengono agli dèi dall'anima suprema,
     	sono dimore di vari colori, di vari aspetti e frutti,

   4 	là vi sono padiglioni e divini carri volanti,
     	e vari giardini di piacere o re, con laghetti di loti dalle pure acque,

   5 	per i quattro lokapāla, per Śukra, per Bṛhaspati, 
     	per i marut, i viśvadeva, i sādhya e per i due aśvin,

   6 	per i rudra, gli āditya e i vasu, e per gli altri abitanti del cielo,
     	e questi luoghi sembrano inferni rispetto alla sede dell'anima suprema,

   7 	sicura, increata, e priva di tormenti e paure,
     	libera dagli opposti, libera dai tre guṇa, dagli otto, e dai tre,

   8 	priva dei quattro segni, e dalle quattro cause,
     	senza gioia né felicità, senza dolore e priva di fatica,

   9 	il tempo matura là, e là il tempo non è il signore,
     	è il signore del tempo o re, e pure il signore del paradiso,

  10 	questa intera anima raggiunta, e giunto là non ci si addolora,
     	tale è la suprema sede, e tali sono gli inferni,

  11 	degli inferni interamente ti ho parlato secondo verità,
     	in confronto a questa suprema sede, tutti sono considerati inferni.”
     


                              CXCII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ la disputa tra Tempo, Morte, Yama e un brahmano o supremo,
     	hai prima menzionato, questa mi devi raccontare.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	che si svolse tra Ikṣvāku figlio di Sūrya, e un brahmano,

   3 	e tra il Tempo e la Morte, come accadde ascolta da me,
     	questo dialogo, e in quale luogo avveniva,

   4 	un brahmano orante, di giusta condotta e di grande gloria,
     	di grande saggezza sapiente dei vedāṅga discendente di Kuśika e di Pippalāda, 

   5 	che era maestro di sapienza e dei vedāṅga,
     	esperto nei veda, e risiedeva ai piedi dall'himavat,

   6 	sempre questo brahmano praticava il tapas, recitando concentrato la saṃhitā,
     	passati mille anni in questa sua ascesi,

   7 	la dea in persona si mostrò dicendo:' sono contenta di te.'
     	ma lui, in silenzio intento nella recitazione non diceva nulla,

   8 	la dea commossa da lui divenne allora contenta,
     	e allora la Madre dei veda applaudiva la sua recitazione,

   9 	finita la recitazione, alzatosi colla testa cadeva
     	ai piedi della dea quell'anima pia, e diceva queste parole:

  10 	' fortuna o dea, che tu mi sei favorevole che ti sei mostrata a me,
     	e se pure mi vuoi favorire, che io reciti coll'animo felice.'

  11 	Sāvitrī disse:
     	' cosa dunque chiedi o savio ṛṣi? quale tuo desiderio io devo compiere?
     	dimmelo o migliore degli oranti, e tutto questo diverrà.'”

  12 	Bhīṣma disse:
     	“ così apostrofato allora dalla dea, quel savio sapiente del dharma diceva:
     	' io vorrei che la mia recitazione crescesse continuamente,

  13 	e che la concentrazione della mia mente crescesse giorno per giorno o splendida.'
     	'così sia allora.' la dea dolcemente rispondeva,

  14 	e questo aggiungeva la dea per desiderio del suo bene:
     	' tu non andrai nell'inferno destinato ai brahmani,

  15 	raggiungerai la sede di Brahmā increata e senza macchia,
     	io agirò in modo che accada, quanto tu qui mi hai chiesto,

  16 	raccolto recita con attenzione, e il dharma ti raggiungerà,
     	Tempo, Morte e Yama ti verranno vicino,
     	ed avverrà una disputa tra te e loro sul dharma.'

  17 	così avendo parlato la Beata dea tornava alla sua dimora,
     	e pure il brahmano sedeva recitando per cento anni divini,

  18 	terminata quella sua ascesi, da quel sapiente brahmano,
     	Dharma in persona lieto si mostrava a quel ri-nato.

  19 	Dharma disse:
     	' o ri-nato, guarda io sono Dharma, giunto per vederti,
     	e il frutto del tuo recitare che hai ottenuto ascolta da me,

  20 	tu hai conquistato tutti i mondi che ci sono, divini e umani,
     	superando tutte le sedi divine tu procederai,

  21 	lascia la vita o muni, e vai ai mondi che desideri,
     	abbandonato il tuo corpo raggiungerai allora quei mondi.'

  22 	il brahmano disse:
     	' che mi servono questi mondi o Dharma, vai pure dove credi, 
     	io non lascerò questo corpo dalle molte gioie e dolori o Illustre.'

  23 	Dharma disse:
     	' senza che tu lo voglia devi lasciare il tuo corpo o toro fra i muni,
     	sali in paradiso o savio, o qualunque cosa ti piaccia o senza-macchia.'

  24 	il brahmano disse:
     	' non mi aggrada di stare in paradiso senza il mio corpo o Illustre,
     	vai dunque o Dharma, io non approvo di andare in paradiso senza corpo.'

  25 	Dharma disse:
     	' basta por mente al tuo corpo, lascia il corpo e sii felice,
     	recati nei mondi puri, laddove giunto non dovrai più dolerti.'

  26 	il brahmano disse:
     	' mi piace recitare o gloriosissimo, che mi valgono i mondi eterni,
     	io me ne andrò in paradiso col mio corpo oppure non vi andrò o Illustre.'

  27 	Dharma disse:
     	' se tu non vuoi lasciare il tuo corpo, guarda o ri-nato,
     	sono giunti da te il Tempo, la Morte e Yama.'”

  28 	Bhīṣma disse:
     	“ quindi il figlio di Vivasvat, il Tempo e la Morte per terza o illustre,
     	avvicinando quel glorioso brahmano gli dicevano:

  29 	' avendo tu praticato un tapas di grande tormento,
     	hai ottenuto il miglior frutto, io sono Yama che ti parlo.'

  30 	' di quanto tu hai recitato hai ottenuto il frutto supremo,
     	è tempo che tu salga al paradiso, io sono il tempo giunto qui da te.'

  31 	' sappi o anima pia che io sono la Morte nella mia forma in persona giunta,
     	mandata dal tempo o savio, da qui ora ti condurrò via.'

  32 	il brahmano disse:
     	' benvenuto al figlio di Sūrya, al Tempo grand'anima,
     	alla Morte e pure a Dharma, che posso fare per voi?' ”

  33 	Bhīṣma disse:
     	“ fatta l'offerta ospitale e l'acqua per i piedi a loro là giunti,
     	supremamente lieto diceva: ' secondo il mio potere che posso fare per voi?'

  34 	e proprio in quel frangente, tornando dal pellegrinaggio ai tīrtha,
     	Ikṣvāku, giungeva là dove quelli erano riuniti o illustre,

  35 	e quel re e ṛṣi tutti loro onorando e inchinandosi,
     	si informava della salute di tutti loro o migliore dei re,

  36 	e pure a lui dato un seggio, e l'offerta ospitale e l'acqua per i piedi,
     	il brahmano diceva queste parole informandosi prima della sua salute:

  37 	' benvenuto a te o grande re, dimmi quanto tu desideri,
     	per quanto in mio potere io lo compirò, parlami dunque.'

  38 	il re disse:
     	' io sono un re e tu un brahmano intento nelle sei azioni che ti sono proprie,
     	io ti darò dunque della ricchezza, quanto ne desideri dimmi dunque.'

  39 	il brahmano disse:
     	' di due tipi sono i brahmani o re, e anche il dharma è detto di due tipi,
     	il prendere e l'astensione, io sono per l'astensione dal ricevere doni,

  40 	offri a quelli che prendono quei doni o signore di uomini,
     	io non ne accetto, che posso dare a te che tu desideri?
     	dimmi o migliore dei sovrani, che cosa vuoi che faccia col mio tapas?'

  41 	il re disse:
     	' io sono uno kṣatriya non conosco dove sta la parola dammi!
     	offrimi una battaglia, così se devo parlare o migliore dei ri-nati.'

  42 	il brahmano disse:
     	' tu sei soddisfatto del tuo dharma, così come noi siamo soddisfatti o sovrano,
     	non vi è dunque differenza fra di noi, agisci come credi.'

  43 	il re disse:
     	' tu prima hai detto: ti darò secondo il mio potere.
     	io ti chiedo, dammi il frutto del tuo recitare o ri-nato.'

  44 	il brahmano disse:
     	' tu sempre vai cianciando che mi chiedi una battaglia,
     	ma ora per quale motivo non mi chiedi ancora uno scontro con me?'

  45 	il re disse:
     	' si dice che i brahmani hanno la folgore della parola, e gli kṣatriya vivono del braccio,
     	uno scontro di parole con te è arduo per me o savio.'

  46 	il brahmano disse:
     	' ma questo ora io intendo, che posso dare a te secondo il mio potere, 
     	dimmelo e io lo darò in fretta avendo questa proprietà.'

  47 	il re disse:
     	' quanto tu hai recitato le orazioni per pieni cento anni,
     	quel merito ottenuto offrimi, se desideri darmi qualcosa.'

  48 	il brahmano disse:
     	' accetta il supremo merito della mia recitazione,
     	prendine dunque metà senza problemi di questo merito,

  49 	oppure anche tutto il merito delle mie recitazioni,
     	prendi o re, a tuo desiderio se tutto lo vuoi.'

  50 	il re disse:
     	' che mi vale l'intero merito che mi offri, che tu sia benedetto,
     	fortuna sia a te io me ne andrò, ma dimmi qual'e il merito che ti appartiene.'

  51 	il brahmano disse:
     	' non conosco il merito guadagnato, ma ti do quant'è la mia recitazione,
     	qui sono testimoni Dharma, il Tempo, Yama e la Morte.'

  52 	il re disse:
     	' che né farò di un merito non conosciuto del dharma?
     	prendi tu questo frutto o savio, io non lo voglio così incerto.'

  53 	il brahmano disse:
     	' non accetto altra parola che tu debba dire, io ti ho dato il mio merito,
     	in accordo colla mia parola o ṛṣi regale, fatta a te,

  54 	non ho mai avuto uno scopo nel mio recitare prima fatto,
     	come posso dunque o tigre fra i re conoscerne il merito?

  55 	tu hai detto: 'dammi.' ed io ho detto: 'ti dono.'
     	non rovinerò queste parole, stai saldo nel proteggere la verità, 

  56 	se tu ora non compirai le parole da me dette,
     	un grande adharma vi sarà per te o re, per aver fatto un falso,

  57 	di certo tu non vuoi dire un discorso falso o uccisore di nemici,
     	e così pure io non posso pronunciare una così grande falsità,

  58 	hai prima udito da me che io ti darò senza esitare,
     	e senza esitare accetta, se tu sei saldo nella verità,

  59 	giunto qui o re, hai richiesto il merito della mia recitazione,
     	e questo mio dono accetta, e rimani saldo nella verità,

  60 	non possiede questo mondo né l'altro, né salva i suoi antenati,
     	chi è devoto a falsi discorsi, come dunque le cose senza importanza?

  61 	studio e riti sacri, doni, e ascesi non proteggono
     	quanto la verità, qui e nell'altro mondo o toro tra gli uomini,

  62 	le austerità che tu hai praticato e il tapas che compirai
     	in centomila anni non sono superiori alla verità,

  63 	la verità è il solo imperituro brahman, la verità è il solo imperituro tapas,
     	la verità è il solo imperituro sacrificio, e il solo imperituro insegnamento,

  64 	la verità sovrintente ai veda, nella verità vi è il supremo merito,
     	dalla verità sorge il dharma e la disciplina, tutto è fondato sulla verità,

  65 	la verità è i veda coi vedāṅga, la verità è il sacrificio, così è la regola,
     	la verità è l'osservanza religiosa, la verità è la sillaba oṃ,

  66 	la verità è l'origine dei viventi, la verità è la progenie,
     	nella verità si muove Vāyu, nella verità riscalda il sole,

  67 	nella verità brucia Agni, e il paradiso è fondato sulla verità,
     	la verità è il sacrificio, il tapas, i veda, gli inni, i mantra e Sarasvatī,

  68 	abbiamo udito che messi su una bilancia dharma e verità,
     	posti sui piatti della bilancia allora la verità era maggiore,

  69 	dov'è il dhama vi è la verità, tutto cresce colla verità,
     	per quale motivo dunque o re, tu vuoi compiere una azione falsa?

  70 	resta colla natura salda nella verità, con compiere una falsità o re,
     	perché tu agisci male con false parole, avendo detto: 'dammi.'

  71 	se tu non vorrai il merito del mio recitare che ti do,
     	decaduto dal tuo dharma dovrai vagare nei mondi,

  72 	chi promettendo non vuol dare, e chi chiedendo non accetta,
     	entrambi questi due compiono il falso, tu non devi agire falsamente.'

  73 	il re disse:
     	' il dharma kṣatriya è dover combattere e dover proteggere questo o ri-nato,
     	gli kṣatriya sono noti per donare, come posso prendere da te?'

  74 	il brahmano disse:
     	' io non voglio insistere o re, io non sono giunto a casa tua,
     	tu giunto qui ha chiesto, perché dunque ora non accetti?'

  75 	Dharma disse:
     	' non disputare tra di voi, sappiate che io sono Dharma qui giunto,
     	il ri-nato abbia il merito del dono, e il re il frutto della verità.'

  76 	il Paradiso disse:
     	' sappi che io sono il Paradiso incarnato, giunto qui di persona,
     	non dovete avere una disputa voi due, entrambi avete lo stesso merito.'

  77 	il re disse:
     	'che me ne faccio del paradiso, vai o Paradiso dove ti piace,
     	e il savio vuole dare, che accetti la mia ricchezza.'

  78 	il brahmano disse:
     	' nell'infanzia se per ignoranza ho allungato la mia mano,
     	ora seguo il dharma della rinuncia recitando la saṃhitā,

  79 	perché o re, vuoi far desiderare me che sono un savio dedito a lungo alla rinuncia?
     	quanto io devo fare compirò, non voglio frutti da te o sovrano,
     	io pratico il tapas e lo studio, e mi astengo dal prendere qualcosa.'

  80 	il re disse:
     	' se o savio, tu hai creato un supremo merito del tuo recitare,
     	il merito di noi due sia dunque unito insieme a noi qui,

  81 	i ri-nati hanno il compito di ricevere, e le genie dei re di dare,
     	se il dharma ti è conosciuto o savio, dobbiamo avere insieme il frutto,

  82 	o se non vuoi avere la stessa parte nostra, prendi il mio merito,
     	accetta il dharma che io ho compiuto, se vuoi favorirmi.'”

  83 	Bhīṣma disse:
     	“ allora giunsero due uomini di cattivo comportamento,
     	tenendosi vicendevolmente, vestiti malamente dissero queste parole:

  84 	uno: ' tu non mi possiedi, io solo mi possiedo,
     	qui non vi sia disputa tra noi, vi è un re che deve sentenziare,

  85 	io dico il vero, costui non mi possiede 
     	il falso tu dici se dici falsamente che mi possiedi.'

  86 	entrambi violentemente accesi dicevano questo al re:
     	' indaga come siamo, noi due qui non siamo da biasimare.'

  87 	Virūpa disse:
     	' io ho o tigre fra gli uomini, il frutto di una vacca di Vikṛta,
     	ma lui non accetta questo mio dono o signore della terra.'

  88 	Vikṛta disse:
     	' questo Virūpa non mi deve nulla o signore di uomini,
     	egli ti dice il falso, con un falso discorso o signore di uomini.'

  89 	il re disse:
     	' o Virūpa che cosa vuoi dare a lui, questo dimmi,
     	e avendo udito allora potrò agire, avendo preso una decisione.'

  90 	Virūpa disse:
     	' ascolta con attenzione o re, cosa io debba dare,
     	interamente a questo Vikṛta o re e ṛṣi, 

  91 	per acquisire del dharma costui ha dato un tempo un'ottima vacca o senza-macchia,
     	una vacca da latte ad un savio o ṛṣi tra i re, intento negli studi e nel tapas,

  92 	e anch'io raggiungendolo gli chiedevo o re il dono di quella,
     	e Vikṛta con anima purificata me lo diede,

  93 	quindi io compiute ottime azioni per purificarmi l'anima,
     	acquistate due vacche kapila, con vitello e abbondante latte,

  94 	le ho offerte o re, ad un savio che vive spigolando,
     	secondo le regole e la mia inclinazione, io ancora o potente,

  95 	e qui avendo accettato ora da lui voglio dare due volte il dono,
     	di quella sola o tigre fra gli uomini, chi è nel giusto e chi pecca?

  96 	così disputando noi due siamo giunti da te o sovrano,
     	stabilisci il dharma e l'adharma o conducici sulla retta via,

  97 	se lui non vuole da me un dono come datomi da lui,
     	tu fattoti saldo conducici sulla giusta via o potente.'

  98 	il re disse:
     	' perché non accetti ora il debito che ti vuole dare?
     	acconsenti dunque e prendilo immediatamente.'

  99 	Vikṛta disse:
     	' costui dice che mi darà come prima ho dato a lui,
     	ma lui non mi deve nulla che vada dove desidera.'

 100 	il re disse:
     	' se quanto ti offre non accetti a me sembra ingiusto,
     	tu sei dunque punibile secondo la mia opinione, non vi è qui alcun dubbio.'

 101 	Vikṛta disse:
     	' quanto ho donato o ṛṣi tra i re, come posso riprenderlo?
     	se il mio desiderio è sbagliato, comanda che io sia punito o potente.'

 102 	Virūpa disse:
     	' se tu non vorrai accettare in nessun modo il dono che voglio darti,
     	questo sovrano che governa secondo il dharma ti punirà.'

 103 	Vikṛta disse:
     	' quello che io ho dato essendone richiesto, come posso ora
     	riprendere? vai pure via, io te ne do licenza.'

 104 	il brahmano disse:
     	' hai udito o re, quanto affermato da questi due,
     	quanto io ti ho promesso, allora prendi senza pensieri.'

 105 	il re disse:
     	' la questione è grande da farsi per noi due come fosse impenetrabile,
     	come potrà finire la ferma decisione di questo orante?

 106 	finché io non accetto l'offerta del brahmano,
     	come posso non essere colpito da questa grande colpa?'”

 107 	Bhīṣma disse:
     	' quel ṛṣi tra i re diceva ai due, avendo compiuto ogni cosa andate,
     	giunti dunque ora da me che il dharma dei re non diventi falso,

 108 	questa è la risoluzione dei re, di proteggere il proprio dharma,
     	e il durissimo dharma brahmanico mi ha raggiunto mio malgrado.'

 109 	il brahmano disse:
     	' prendi ciò dunque io ti sono debitore, io ho udito la tua richiesta,
     	e se non accetti o re, io ti maledirò senza dubbio.'

 110 	il re disse:
     	' vergogna al dharma dei re, per la decisione di compiere ciò,
     	così questo io devo accettare, come vi può essere parità?

 111 	questa mano che prima non fu mai distesa per ricevere ora lo è,
     	quanto tu mi devi o savio ora devi darmi.'

 112 	il brahmano disse:
     	' qualunque merito io ho fatto recitando la saṃhitā,
     	se questo io lo possiedo, interamente prendilo.'

 113 	il re disse:
     	' quest'acqua è caduta sulle mie mani o migliore dei ri-nati,
     	che equaminità vi sia tra noi, accetta pure tu da me.'

 114 	Virūpa disse:
     	' sappi che noi due siamo Brama ed Ira, da noi due sei stato spinto,
     	tu hai stabilito una parità, e tu e lui avrete gli stessi mondi,

 115 	costui non mi deve nulla, questa è una prova fatte per te,
     	il Tempo, Dharma e la Morte, e Brama ed Ira, hanno messo

 116 	alla prova voi due toccandovi colla pietra di paragone davanti a te,
     	vai dunque ai mondi che hai vinto col tuo agire laddove tu voglia.'”

 117 	Bhīṣma disse:
     	“ il merito che guadagnano gli oranti ti ho illustrato,
     	e la meta, la sede, e i mondi come li conquista l'orante,

 118 	chi studia la saṃhitā raggiunge Brahmā il supremo essere,
     	o raggiunge Agni, oppure entra nel sole,

 119 	se egli raggiunge la gioia per la sua splendente natura,
     	e le qualità di questi riceve, e si confonde nel loro aspetto,

 120 	e così in Soma o in Vāyu, o nella terra o in cielo è il suo corpo,
     	col loro aspetto vi risiede, muovendosi con le loro qualità,

 121 	ma se là egli si reca senza desiderio, ma dubbioso,
     	volendo il luogo supremo e imperituro, in quello egli entra,

 122 	di amṛta in amṛta ottendendo, colla calma interiore, rinunciando alla propria anima,
     	diviene il brahman, privo di opposti, felice, in pace, in salute,

 123 	e la sede di Brahmā senza ritorno, la sola eterna armonia,
     	priva di dolore, e di vecchiaia, questa pacifica sede raggiunge,

 124 	senza i quattro segni, i sei e i sedici
     	sorpassando l'uomo raggiunge il firmamento,

 125 	o se desidera un'anima passionale, sta sopra a tutto questo,
     	e quanto desidera colla sola mente lo ottiene,

 126 	o se guarda a tutti i mondi come se fossero inferni,
     	privo di ogni desiderio, libero allora ovunque gioisce felice,

 127 	così è o grande re, la meta finale degli oranti, come
     	interamente ti ho detto, che altro vuoi sapere?”
     


                              CXCIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ che fecero allora in seguito quelli di cui mi hai parlato,
     	il brahmano e il re? questo dimmi o nonno,

   2 	là stavano quei due come tu mi hai raccontato,
     	e quale fu la loro conversazione, e là che fecero quei due?”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ avendo risposto di si, e venerando Dharma o conquistatore,
     	e venerando Yama, il Tempo, la Morte e il Paradiso quei meritevoli,

   4 	e per primi quei tori fra i brahmani che erano là convenuti,
     	tutti questi onorando e inchinandosi al re diceva queste parole:

   5 	' avendo ottenuto questo dono o ṛṣi tra i re, raggiungi la purezza,
     	io col tuo permesso mi metterò di nuovo a recitare,

   6 	una grazia mi fu data un tempo dalla dea o fortissimo,
     	che sempre la fede mi accompagni nel recitare, così o signore di popoli.'

   7 	il re disse:
     	' se la perfetta fede del tuo recitare è così privata del merito,
     	vai o savio con metà del mio, e ottieni così il frutto del tuo recitare.'

   8 	il brahmano disse:
     	' grandissimo impegno è stato fatto da tutti quelli vicino a noi,
     	affinché noi potessimo raggiungere la nostra meta con uguale merito.'”

   9 	Bhīṣma disse:
     	“ la risoluzione di quei due là conoscendo, il signore dei trenta dèi,
     	giungeva assieme agli dèi ed anche ai lokapāla,

  10 	e i sādhya, i viśve, i marut, le grandissime stelle,
     	i fiumi, i monti, i mari, e i vari tīrtha,

  11 	i tapas, le regole dello yoga, i veda, gli inni, Sarasvatī,
     	Nārada e Parvata, e Viśvāvasu, Hahā e Huhū,

  12 	il gandharva Citrasena, unito alle schiere del suo seguito,
     	i nāga, i siddha, i muni e il dio degli dèi Prajāpati,
     	e l'inconcepibile Viṣṇu dalle mille teste giungevano, 

  13 	e suonavano nell'aria cembali e altri stumenti o conquistatore,
     	e divine piogge di fiori vi erano là su quelle grandi anime,
     	e danzavano le schiere delle apsaras, qua e là e ovunque,

  14 	quindi il Paradiso nel suo aspetto diveva questo al brahmano:
     	' tu hai compiuto ogni cosa o gloriosissimo, e tu pure sei un siddha o sovrano.'

  15 	quindi i due insieme o re, per mutuo accordo,
     	entrambi si ritirarono dagli oggetti dei sensi,

  16 	e prāṇa e apāna, udāna, samāna e vyāna così colla mente
     	raffermando, concentrarono la mente ai due respiri,

  17 	e li indirizzavano alla punta del naso e sotto le sopraciglia,
     	e colla mente progressivamente li portavano in mezzo alle sopraciglia,

  18 	con i corpi immobili, apparendo saldi nella concentrazione,
     	presa posizione, ponevano sé stessi nella loro testa,

  19 	ed espulsa dal palato di quel brahmano grand'anima,
     	un grandissima fiamma luminosa andava allora al terzo cielo,

  20 	grida di giubilo sorgevano grandissime in ogni luogo,
     	e inneggiarono a quello splendore che era entrato nel brahmano,

  21 	quindi benvenuto diceva a quello splendore il Grande-avo,
     	a quell'uomo che saliva grande come una spanna o signore di popoli,

  22 	e di nuovo diceva altre parole gentili quel dio:
     	' i recitanti ottengono lo stesso merito degli yogin, non vi è qui dubbio,

  23 	il frutto per lo yoga è la visione diretta di costoro,
     	ma per gli oranti in più essi si alzano in piedi per accoglierli,

  24 	' risiedi dunque in me, così dicendo gli impartisce ancora,
     	ed entrava in lui il brahmano privo di ogni ansia,

  25 	e pure il re per la sua condotta entrava nel Beato
     	Grande-avo allora, come quella tigre fra i brahmani,

  26 	quindi gli dèi salutando il Nato-da-sé gli dicevano:
     	' questo tuo impegno per gli oranti, è lo stesso per cui noi siamo giunti,

  27 	tu hai dato ai due gli stessi onori, e gli stessi frutti,
     	e veduto ora il grandissimo frutto dello yoga e della recitazione,
     	questi due superando tutti i mondi vadano dove desiderano.'

  28 	Brahmā disse:
     	' chi reciti la grande scrittura, e pure chi la tenga in mente con chiarezza,
     	questi due per la loro condotta raggiungeranno il mio mondo,

  29 	e pure chi diventi devoto allo yoga, non vi è qui dubbio,
     	per questa sua condotta, alla fine del suo corpo otterrà i miei mondi,
     	io guiderò costoro qui giunti, alla perfezione delle loro sedi.'”

  30 	Bhīṣma disse:
     	“ così avendo parlato il dio da là scompariva,
     	e salutandolo, allora gli dèi tonarono alle loro rispettive dimore,

  31 	e tutte le grandi anime avendo onorato Dharma,
     	li seguivano da presso o re, tutti con animi lietissimi,

  32 	ti ho illustrato il merito e la meta degli oranti,
     	come l'ho udita o grande re, cosa ancora vuoi sapere?”
     


                              CXCIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ qual'è il frutto di chi si unisce alla conoscenza, e di chi si applica ai veda?
     	e come si può conoscere l'anima degli esseri? questo dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sul discorso di Manu Prajāpati, e del grande ṛṣi Bṛhaspati,

   3 	il grande ṛṣi, il migliore della schiera dei ṛṣi divini, Bṛhaspati una domanda poneva
     	a Prajāpati il supremo sulla terra, come un discepolo inchinadosi al guru:

   4 	' a quale causa fu stabilita la regola dei mantra, di quale frutto della sapienza parlano i savi,
     	e quanto dalla pronuncia dei mantra non appaia, questo dimmi o venerabile secondo verità,

   5 	e colla pratica dei veda e dei trattati, coi vari riti, e con ottimi doni di vacche,
     	quale frutto ottengano i grandi, quale sia e come appaia e dove sta?

   6 	e di come la terra, i nati in essa, il vento, lo spazio intermedio, l'acqua coi pesci e il cielo,
     	e i celesti da dove sono sorti, questa storia antica illustrami o venerabile,

   7 	da dove cresce la conoscenza dell'uomo, e in che modo diviene più grande,
     	io non conosco questa suprema e antica conoscenza, come posso non fare errori?

   8 	il ṛg, la schiera dei sāman, e gli yajus, i chandas, il moto degli astri, l'interpretazione,
     	la grammatica, i rituali, la pronuncia avendo studiato, io non conosco la natura degli esseri,

   9 	insegnami tutto questo, o quanto vi è di merito nella conoscenza e nell'agire,
     	come dal corpo si stacchi il vivente, e come in un altro corpo ri riunisca.'

  10 	Manu disse:
     	' quanto è caro ad uno dicono sia la sua gioia, e se ne è privo dicono sia il dolore,
     	' che io abbia quanto desidero e null'altro.' per far ciò fu creata la pratica dei riti,
     	' che né desiderabile né indesiderabile mi tocchi.' per ciò fu creata la pratica nella scienza,

  11 	le pratiche rituali nei veda sono fatte per i desideri, chi se ne libera ottiene il supremo,
     	l'uomo che sulla via dei vari riti si propone di cercare la gioia, non raggiunge il supremo, 
     	il supremo è lontano dalla via rituale, indifferente è necessariamente il supremo brahman,

  12 	le creature furono create con la mente e il rito, e due sono le vie virtuose usate al mondo,
     	saputa eterna e finita l'azione, si deve abbandonarla colla mente, non vi è altro mezzo,

  13 	come la vista ci guida alla fine della notte, l'anima avvolta dal tamas,
     	giunge alla conoscenza col dono dell'intelligenza, e vede le cattive azioni da evitare,

  14 	gli uomini riconoscendo serpenti, punte di kuśa e pozzi li evitano,
     	gli sciocchi non vedendoli vi cadono, guarda come è superiore il dono della conoscenza,

  15 	il mantra interamente secondo le regole, i sacrifici e le dakṣiṇa come stabiliti,
     	il dono del cibo, e la concentrazione della mente sono le cinque azioni che danno frutto,

  16 	i veda dicono che l'agire è fatto dai guṇa, da questo i mantra, l'azione è fondata sui mantra,
     	la regola da applicare è fornita dalla mente, come il vivente gode di quel frutto, 

  17 	i suoni, le forme, i gusti, i puri tocchi e i sublimi profumi,
     	l'uomo non può averli stando a casa, questo frutto si perfeziona nel mondo del karma,

  18 	qualsiasi azione compia il corpo, rimane legata al corpo e si ottiene
     	un corpo sede di felicità, oppure un corpo sede di dolore,

  19 	qualunque cosa si compia colla parola, la parola tutto questo deve ottenere,
     	e qualunque azione si faccia colla mente, nella mente questo rimane,

  20 	qualunque azione legata ai guṇa compia chi ne cerca i frutti, nel frutto è radicata,
     	e così costui legato ai guṇa gode del frutto dal suo agire buono o cattivo,

  21 	come il pesce segue la corrente, così l'azione prima fatta lo segue,
     	se buono se ne soddisfa, ma se cattiva non se ne soddisfa punto il vivente, 

  22 	da chi tutto il mondo fu generato, e verso a chi vanno i saggi sapienti,
     	chi non è soggetto alla pronuncia dei mantra, ascolta da me che te lo dico chi è il supremo,

  23 	libero dai gusti e dai vari profumi, senza suono, intoccabile, e privo di forma,
     	inafferrabile, immanifesto, l'uno senza colore, ha creato i cinque tipi di creature,

  24 	non è femmina né maschio, né neutro, non è né non è, ed è e non è,
     	gli uomini sapienti del brahman lo vedono, sappi che imperituro non muta.'
     


                              CXCV


   1 	Manu disse:
     	' dall'imperituro sorse lo spazio e Vāyu, da Vāyu la luce e quindi l'acqua,
     	dall'acqua fu generata la terra e dalla terra nacque l'universo,

   2 	dai corpi tutti raggiungono l'acqua, dall'acqua la luce, e poi il vento e lo spazio, 
     	quelli che non sono virtuosi non escono dallo spazio, gli illuminati raggiungono il supremo,

   3 	non è caldo né freddo, né morbido né duro, né acido, né astringente, né dolce né amaro,  
     	non ha suono né odore, e non ha forma il supremo Nato-da-sé,

   4 	la pelle percepisce il tocco, la lingua il gusto, l'odorato gli odori, l'udito i suoni,
     	la vista le forme, ma il supremo non afferrano gli uomini ignoranti dell'adhyātman,

   5 	allontanando il gusto dai sapori, l'odorato dagli odori, l'udito dai suoni,
     	la pelle dai tocchi, e la vista dalle forme, il supremo vede sé come Nato-da-sé,

   6 	colui da cui si riceve, chi agisce, colui verso cui si da inizio all'impegno,
     	e in cui e per cui si agisce, e la causa del successo dicono che lui sia.

   7 	chi è il conquistatore di ogni cosa energica, chi è recitato al mondo come un mantra,
     	chi compie il supremo bene di tutti, è la causa di quant'altro si deve fare,

   8 	come l'uomo per le sue buone azioni ottiene bene o male e pure in conflitto,
     	così in corpi buoni o cattivi, per le proprie azioni la coscienza è legata,

   9 	come una lampada prima accesa altre cose rende visibili illuminandole,
     	così quaggiù la luce dei cinque sensi, si mostra accesa dalla conoscenza, 

  10 	come i molti ministri del re, uniti parlano ciascuno nel suo ambito,
     	così i cinque sensi che sono nei corpi, sono dentro la conoscenza che è superiore a loro,

  11 	come le fiamme del fuoco, la forza del vento, i raggi del sole, e le acque dei fiumi,
     	vanno e tornano e si propagano, così i corpi dei corpi,

  12 	come uno presa un'ascia non vede fumo né fiamma in un pezzo di legno,
     	così tagliando mani, piedi e ventre di un corpo, non vi si vede null'altro,

  13 	come sfregando della legna, si vedono fumo e fiamme uniti,  
     	così l'intelligente egualmente dai sensi, quel saggio vede la suprema sua anima,

  14 	come caduto il suo corpo a terra, nel sogno lo vede altro da sé,
     	coi propri sensi, le mente e l'intelligenza, va da un corpo ad un altro corpo,

  15 	l'anima incarnata non è soggetta a nascita, crescita, distruzione e malattie,
     	da un corpo ad un altro corpo va, invisibile, per unirsi in una nuova rinascita,

  16 	non si vede colla vista la forma dell'anima, né si può andare a toccarla,
     	coi sensi non compie alcuna azione, essi non la vedono, ma ella vede loro,

  17 	come in una lampada brucia il fuoco, e assume una forma nata dal calore,
     	e non possiede dentro alcuna forma, così appare la forma di essa,

  18 	come l'uomo liberato dal corpo, non visto entra in un altro corpo,
     	riducendo il corpo nei cinque elementi, ne assume la stessa forma,

  19 	l'incarnato entra interamente in spazio, vento, fuoco, acqua e terra,
     	i cinque sensi tornano alle qualità per cui compiono le rispettiva funzioni,

  20 	l'udito dallo spazio, l'odorato dalla terra, la forma fatta di luce dal fuoco,
     	gusto e sudore vanno nell'acqua, e dal vento è fatto il senso del tatto,

  21 	questi cinque risiedono nei cinque elementi, e i cinque oggetti dei sensi nei sensi,
     	tutti questi seguono la mente, la mente segue l'intelletto, e la propria natura,

  22 	qualsiasi azione buona o cattiva compiuta ritorna nel proprio corpo,
     	e la mente segue quelle precedenti come i pesci seguono la corrente,

  23 	come una cosa muovendosi muta aspetto, e piccola di grande forma diviene avvicinandosi,
     	e mostra la propria forma, così l'anima acquista una forma per l'intelligenza.'
     


                              CXCVI


   1 	Manu disse:
     	' di quanto compiuto un tempo dai sensi, a lungo ci si ricorda delle loro qualità,
     	e dopo che i sensi sono annichiliti, l'anima nella sua natura appare in forma di intelligenza,

   2 	come non si vedono contemporaneamente tutti gli oggetti dei sensi insieme riuniti,
     	e il senziente agisce quanto può, così è la sola anima incarnata,

   3 	vi sono rajas, tamas, e sattva per terza, e si va alle qualità senza forma della conoscenza, 
     	l'incarnato entra nei sensi, come il vento nel fuoco che brucia,

   4 	con la vista non si vede la forma dell'anima, né la si vede con tocco di ciascun senso,
     	non è un oggetto dell'udito, si vede raggiungendola coi veda,

   5 	i sensi non vedono i rispettivi sé da sé stessi,
     	ma l'anima sapiente del campo che tutto sa e vede, li vede,

   6 	come l'altro fianco dell'himavat, e come il retro della luna,
     	non fu mai vista prima dagli uomini, ma per questo non è che non esista,

   7 	così l'anima in tutti gli esseri, sottile e che conosce sé stessa,
     	pur invisibile agli occhi non è che non esista,

   8 	pure come si vede il segno della terra sulla luna, e non si sa com'è,
     	così è ma non si conosce se non dopo morti,

   9 	i saggi al tramonto dal non vederne la forma, col suo aspetto
     	pensandolo vedono là giunti il percorso del sole,

  10 	così colla lampada dell'intelligenza i sapienti
     	vi conducono vicino la conoscenza coll'aiuto della sapienza,

  11 	senza i giusti mezzi nessun scopo è perfezionato,
     	come i pescatori catturano i pesci colle reti,

  12 	come gli animali si catturano cogli animali e gli uccelli cogli uccelli,
     	e gli elefanti cogli elefanti, così la conoscenza si afferra colla sapienza,

  13 	si dice che il serpente vede i piedi del serpente,
     	e così nei corpi la si vede stare nei corpi investigando colla sapienza,

  14 	pure i sensi non si possono conoscere coi sensi,
     	e così qui la suprema ragione non vede coll'intelletto la suprema anima,

  15 	come la luna nel novilunio sparendo non si vede,
     	ma non è distrutta, così sappi l'anima incarnata,

  16 	persa la sua energia nel novilunio la luna non appare,
     	così essendo unita al corpo, l'anima incarnata non si vede,

  17 	come riacquistata l'energia interna la luna risplende di nuovo,
     	così acquistato un altro aspetto, l'anima incarnata di nuovo appare,

  18 	il sorgere, crescere e finire della luna appare davanti agli occhi,
     	il mese lunare è evidente, non così l'anima incarnata,

  19 	come si afferra il sorgere, il crescere e la fine della luna
     	dal novilunio e quindi diventa visibile,

  20 	la tenebra appare raggiungere e lasciare la luna,
     	abbandonandola e raggiungendola, così sappi è l'anima incarnata,

  21 	come la tenebra si percepisce quando è unita a sole o luna,
     	così l'anima incarnata si percepisce quando è unita ad un corpo,

  22 	come Rāhu non si percepisce quando è distante da sole o luna,
     	così l'anima non si percepisce quando è libera dal corpo,

  23 	come la luna nel novilunio, è comunque unita alle costellazioni,
     	così pur libera dal corpo è unita ai frutti del karma.'
     


                              CXCVII


   1 	Manu disse:
     	' come appare agire il cervello che giace nel sonno,
     	e la conoscenza è unita ai sensi, così nell'aldilà l'essere e il non essere,

   2 	come nell'acqua calma si vede l'immagine cogli occhi,
     	così nella calma dei sensi investigando colla sapienza la si vede,

   3 	come nell'acqua mossa non si vede l'immagine, 
     	così dai sensi essendo agitata la conoscenza, non si vede quanto si deve,

   4 	la stupidità genera ignoranza, la mente è distrutta dalla stupidità,
     	e rovinata la mente, vanno in rovina anche i suoi cinque elementi,

   5 	soddisfatto nel non conoscerli, non appare immerso negli oggetti dei sensi,
     	e senza vederli quell'anima pura, si allontana dagli oggetti dei sensi,

   6 	non si libera dalla brama, per le sue colpe l'uomo quaggiù,
     	si allontana da quella brama quando ha raggiunto la fine del peccato,

   7 	per questa unione cogli oggetti dei sensi e per il distacco dall'eterno,
     	colla mente altro desiderando, non raggiunge il supremo,

   8 	la conoscenza cresce per distruggere le cattive azioni degli uomini,
     	e si vede l'anima in sé stessi come guardando in uno specchio,

   9 	coi sensi spiegati si ha dolore, trattenendoli si ha felicità,
     	perciò dalla forma dei sensi si deve andare a sé stessi da sé,

  10 	la mente viene prima dei sensi, e l'intelletto è superiore ad essa,
     	l'anima è superiore all'intelletto, e il supremo è superiore ad essa,

  11 	dall'immanifesto è creata l'anima, quindi l'intelletto e la mente,
     	la mente unita ai sensi, percepisce rettamente suoni e gli altri oggetti,

  12 	chi abbandona tutti gli oggetti dei sensi che si mostrano,
     	e si libera delle loro apparenze, liberato da questi raggiunge l'eternità,

  13 	come il sole sorgendo dispiega il cerchio dei suoi raggi,
     	e andando a tramontare, li rimette dentro di sé,

  14 	così l'anima entrata dentro il corpo coi suoi raggi dei sensi,
     	e ottenuti i cinque sensi, tornando al tramonto se ne va,

  15 	avanzando sulla via dell'agire, controllandosi sempre,
     	ottiene il frutto dell'agire, e ne accresce il dharma l'anima compiuta,

  16 	gli oggetti dei sensi si allontanano dal vivente che non si nutre,
     	e pure il semplice gusto da lui si allontana avendo visto il supremo,

  17 	quando l'intelletto libero dai modi di agire agisce sulla mente,
     	allora si raggiunge il brahman, giunti alla dissoluzione,

  18 	e si penetra nel supremo, che è intoccabile, inudibile, insapore,
     	invisibile, privo di odore, inimmaginabile e luminoso,

  19 	nella mente sono immerse le forme, ma il pensiero è sopra la mente,
     	l'anima è sopra il pensiero, e il supremo è sopra l'anima,

  20 	dai sensi è compiuta la mente, ma la mente non conosce l'intelletto,
     	e l'intelletto non conosce l'immanifesta, ma l'anima sottile conosce loro.'
     


                              CXCVIII


   1 	Manu disse:
     	' sappi che la mente è un aspetto della conoscenza che risulta da essa,
     	e quando è unita a formare saggezza allora l'intelletto agisce,

   2 	quando l'intelletto dotato dei modi dell'agire, agisce sulla mente,
     	allora conosce il brahman colla profonda meditazione yogica, 

   3 	l'intelletto colle sue qualità, scorre verso i guṇa,
     	come l'acqua dalla cima di un monte discende scorrendo,

   4 	quando ottiene la meditazione priva di guṇa nati nella mente, 
     	allora riconosce il bahman come l'oro sulla pietra di paragone,

   5 	la mente porta via l'intelletto mostrando gli oggetti dei sensi,
     	non guarda ai guṇa davanti agli occhi chi ha vista priva dei guṇa,

   6 	eliminando tutte queste porte che stanno nella mente,
     	ponendo la mente in concentrazione, si raggiunge il supremo,

   7 	come gli elementi grossolani appaiono alla fine dei guṇa,
     	così trattenendo i sensi nella mente l'intelletto appare,

   8 	quando l'intelletto agisce all'interno della mente,
     	dotato degli scopi dei guṇa, allora la mente sorge,

   9 	quando la mente presa dai guṇa si immerge nella meditazione
     	allora abbandonati tutti i guṇa raggiunge l'assenza dei guṇa,

  10 	non vi è visione pari alla conoscenza dell'immanifesto,
     	laddove non vi è nessuno stato che vada verso l'oggetto dei sensi,

  11 	attraverso il tapas, e la riflessione, coi mezzi della nascita, coi veda, 
     	cerca il supremo brahman, l'anima purificata,

  12 	privo dei guṇa lo segue fuori sulla sua via,
     	per la sua natura priva dei guṇa è inimmaginabile questa conoscenza,

  13 	l'assenza di guṇa il brahman ha, e si allontana dal possesso dei guṇa,
     	l'intelletto sorge dai guṇa come il fuoco dal combustibile,

  14 	come sono trascurati i cinque sensi col proprio agire,
     	così il supremo brahman si libera dalla natura,

  15 	così dalla natura tutti gli incarnati sorgono,
     	e se si allontanano dall'agire, non tornano al mondo,

  16 	il puruṣa, la natura, e l'intelletto e l'insieme dei sensi,
     	l'ahaṁkāra, l'orgoglio, sorgono nati dalla vita,

  17 	la prima creazione, dall'anima universale sorge, 
     	e la seconda dall'unione dei sessi, procede di seguito,

  18 	dal dharma sorge il bene, e così il male dall'adharma, 
     	il pieno di passioni deve nascere, e il privo diviene sapiente.'
     


                              CXCIX


   1 	Manu disse:
     	' quando dai cinque ti liberi assieme alla mente,
     	allora vedrai il brahman nella mente come infilato in un filo,

   2 	e come un filo può reggere ancora dell'oro,
     	e delle perle, dei coralli, o della terracotta, e splende,

   3 	così nelle vacche, negli uomini, o in elefanti e gazzelle,
     	o in vermi e falene, l'anima si fissa per il proprio agire,

   4 	con ciascun corpo, per ciascuna azione che si compie,
     	da quel corpo si ottiene il frutto che ne consegue,

   5 	come la terra immutabile da sé produce le erbe,
     	così l'intelletto segue il karma, guardando dentro di sé,

   6 	dalla conoscenza precedente sorge il desiderio, da questo la decisione,
     	e dalla decisione l'azione, e il frutto è radicato nell'azione,

   7 	il frutto viene dall'agire, e l'agire si sappia viene dalla conoscenza,
     	e la conoscenza dall'anima, si sappia dunque l'anima produce bene e male,

   8 	alla fine dei frutti della conoscenza e delle azioni,
     	si conosce il divino frutto che è radicato nell'anima universale,

   9 	il grande, il supremo essere vedono gli yogin concentrati,
     	ma gli sciocchi che in sé intendono i guṇa non lo vedono,

  10 	quaggiù l'aspetto dell'acqua è maggiore di quello della terra,
     	e la luce è maggiore dell'acqua, il vento è più grande della luce,

  11 	e il cielo è maggiore del vento, e di questo è superiore la mente
     	l'intelletto è maggiore della mente, e il tempo si dice sia maggiore dell'intelletto,

  12 	del tempo è più grande il Beato Viṣnu, in cui vi è l'intero universo
     	né inizio, né fine, né parte mediana si trova in quel dio,

  13 	per essere privo di inizio, di fine, e di parte mediana è immutabile,
     	e supera tutti i dolori, è chiamato la fine del dolore,

  14 	il brahman supremo è detto, ed è ricordato come la suprema dimora,
     	raggiungendolo liberi dal regno del tempo ottengono la liberazione,

  15 	dai guṇa sono resi manifesti, ma per l'assenza dei guṇa egli è superiore,
     	l'astenzione dal mondano è il dharma che conduce all'immortalità,

  16 	i ṛg, gli yajus, i sāman, si rifugiano nei corpi,
     	si producono dalla punta della lingua, con sforzo ottenuti sono distruttibili,

  17 	non cosi procede il brahman che sorge dall'anima nel corpo,
     	il brahman non si ottiene coll'impegno, esso non ha inizio, né fine, né mediana,

  18 	i ṛg hanno un inizio, e così i sāman e gli yajus si dice hanno un inizio,
     	una fine si vede in chi ha un inizio, ma non vi è inizio nel brahman,

  19 	per non aver inizio, né fine esso è eterno e immutabile,
     	per l'mmutabilità, è privo degli opposti, e per questo è il supremo,

  20 	perché invisibile, per la carenza di mezzi, di parola e azione,
     	per questo i mortali non vedono il mezzo per raggiungere il supremo,

  21 	per l'attaccamento agli oggetti mondani, e per la visione del paradiso,
     	altra cosa desiderando la mente non raggiunge il supremo,

  22 	altre persone quaggiù vedono le qualità e le vogliono,
     	e non desiderano il supremo perché privo di qualità, desiderando queste,

  23 	presi dalle inferiori qualità, come possono conoscere le sue qualità,
     	con la riflessione si deve raggiungerlo colle proprie qualità,

  24 	con sottile pensiero si conosce, non possiamo dirlo a parole,
     	la mente si afferra colla mente, è la visione colla visione,

  25 	con la conoscenza purificando l'intelletto, e con l'intelletto la mente,
     	con la mente tutti i sensi, si raggiunge l'infinito,

  26 	il privo di intelletto, di mente incompleta, senza speranza ottiene i guṇa,
     	i confusi nell'animo abbandonano il supremo, come il vento il fuoco che sta nel combustibile,

  27 	nel rigettare i guṇa separandosi da essi, la mente sempre ha quanto è superiore alla buddhi,
     	chi pratica questa condotta, rigettando i guṇa va nel corpo del brahman,

  28 	l'uomo all'anima immanifesta, che ha azioni immanifeste, nell'immanifesto va dopo morto,
     	agisce colle sue azioni, coi sensi spiegati o negati, che siano,

  29 	unito a tutti i sensi, avuto un corpo si rifugia nei cinque elementi,
     	privo di abilità non raggiunge quaggiù coll'azione, ed è privo del supremo immutabile,

  30 	l'uomo non vede la fine della terra, ma sappi che questa avverrà, 
     	il supremo conduce quaggiù chi è confuso come il vento una nave sul mare,

  31 	come il sole senza qualità ottiene la sua qualità, spiegando il cerchio dei suoi raggi, 
     	così il muni che qui è privo di differenze, entra nell'immutabile bahman privo di qualità,

  32 	l'innarrivabile, la suprema meta dei virtuosi, il Nato-da-sé, l'immutabile sede di creazione,
     	l'eterno, l'immortale, il fine imperituro, pensandolo come la pace, si ottiene l'immortalità.'” 
     


                              CC


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ nonnno, o grande saggio, dell'incrollabile dagli occhi di loto,
     	del creatore increato Viṣṇu, che genera ogni vita, 

   2 	di Nārāyaṇa, il Signore-dei-sensi, dell'invincibile Govinda,
     	del Lunghi-capelli in verità vorrei udire o migliore dei bhārata.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ questo argomento l'ho udito raccontato da Rāma il figlio di Jamadagni,
     	e da Nārada, e dal ṛṣi divino Kṛṣṇa il dvaipāyana,

   4 	e Asita Devala o caro, e Vālmīki dal grande tapas,
     	e anche Mārkaṇḍeya, hanno parlato del grande portento che vi è in Govinda,

   5 	il Lunghi-capelli o migliore dei bhārata, il Beato e potente Signore,
     	è il Puruṣa che pervade ogni cosa quel potente in molti frammenti,

   6 	ogni cosa che i brahmani conoscono dell'armato dell'arco di corno,
     	queste sue peculiarità o grandi-braccia ascolta o Yudhiṣṭhira,

   7 	queste cose o sovrano di uomini, di cui parlano le genti sapienti dei purāṇa,
     	che interamente sono in Govinda, io ti illustrerò,

   8 	egli è il supremo Puruṣa, il grand'anima, l'anima di tutti gli esseri
     	gli elementi grossolani, vento, luce, acqua, spazio e terra ha ordinato,

   9 	il potente signore di tutti gli esseri vedendo la terra,
     	il grand'anima il supremo Puruṣa l'ha fatta giacere sulle acque,

  10 	e giacendo fatto di ogni splendore in questo splendido letto,
     	egli pensava al fratello al maggiore di tutti gli esseri,

  11 	il rifugio di tutti gli esseri con la sua mente, così sappiamo,
     	lui anima universale sostiene sia il passato che il futuro,

  12 	quindi o grandi-braccia, dopo la creazione di questa grande anima,
     	nasceva dal suo ombelico un divino loto simile al sole,

  13 	e là il Beato Dio illuminando ogni direzione nel loto,
     	Brahmā il Grande-avo di tutti gli esseri o caro nasceva,

  14 	e apparso pure questa grande anima o grandi-braccia,
     	dalle tenebre per primo nacque il grande asura di nome Madhu,

  15 	quel terribile essere dalle fiere azioni, impegnato in un terribile proposito,
     	fu ucciso dal supremo Puruṣa per accrescere Brahmā,

  16 	per questa uccisione o caro, tutti gli dèi, i dānava e gli uomini,
     	chiamano quel toro di tutti i sātvata: Uccisore di Madhu,

  17 	Brahmā però creava colla mente sette figli cominciando con Dakṣa,
     	Marīci, Atri e Aṅgiras, Pulastya, Pulaha, Kratu,

  18 	Marīci o caro, creava per primo il figlio Kaśyapa,
     	colla mente generava questo supremo brahmano pieno di luce,

  19 	dal pollice Brahmā creava un figlio precedente a Marīci,
     	egli era o migliore dei bhārata, il signore delle creature di nome Dakṣa,

  20 	da costui per prime nacquero tredici figlie o bhārata,
     	di queste figlie del signore delle creature la maggiore era Diti,

  21 	e il gloriosissimo, dalle pure azioni, sapiente di ogni dettaglio del dharma,
     	Kaśyapa il figlio di Marīci divenne il marito di tutte loro,

  22 	e quel grande venerabile di seguito produceva dieci sorelle di queste, 
     	e Dakṣa signore delle creature sapiente del dharma le dava a Dharma,

  23 	e di Dharma sono figli i vasu, i rudra dall'infinito splendore,
     	i viśvedeva, i sādhya e i marutvat o bhārata,

  24 	però altre ventisette sorelle più giovani di queste,
     	ebbero tutte queste come marito il gloriosissimo Soma,

  25 	queste altre generarono i gandharva, i cavalli e gli uccelli,
     	le vacche, i kiṃpuruṣa, i pesci, le piante e gli alberi,

  26 	Aditi generava gli āditya, i fortissimi supremi dèi,
     	di questi Viṣṇu divenne un nano, e quel potente divenne poi Govinda,

  27 	per la sua passeggiata la prosperità degli dèi si è innalzata,
     	i dānava furono vinti, e i figli di Diti furono le genti asura,

  28 	Danu generava i dānava, con Vipracitti per primo,
     	e Diti generava tutti gli asura di grande energia,

  29 	l'uccisore di Madhu, il giorno, e la notte, il tempo secondo le stagioni,
     	l'alba e il tramonto interamente ordinava,

  30 	col pensiero creava l'acqua, le nuvole, i mobili e gli immobili,
     	e la terra intera creava unita a grande splendore,

  31 	quindi il grandi-braccia Kṛṣṇa ancora o Yudhiṣṭhira,
     	quel potente creava dalla sua bocca i migliori brahmani a centinaia,

  32 	dalla braccia centinaia di kṣatriya, e dalle gambe centinaia di vaiśya,
     	e dai piedi il Lunghi-capelli generava centinaia di śūdra o toro fra i bhārata,

  33 	così quel gloriosissimo avendo prodotto i quattro varṇa,
     	il Signore produceva l'Ordinatore a capo di tutti gli esseri,

  34 	e quanto avevano desiderio di portare il proprio corpo gli uomini,
     	tanto essi vivevano, e non avevano timore di Yama,

  35 	tra di loro non vi era pratica di copula o toro dei bhārata,
     	ma per il solo loro desiderio si produceva la figliolanza,

  36 	là al tempo del tretā yuga le creature nascevano dal puro desiderio,
     	non vi era pratica del coito tra di loro o signore di genti,

  37 	nel dvāpara yuga aparve tra le creature la pratica del coito o sovrano, 
     	e quindi nel kaliyuga o re, le persone effettuarono l'accoppiamento,

  38 	ti ho illustrato o caro, il signore degli esseri che ben sovrintende,
     	ora ti parlerò o kuntīde, pure degli uomini pessimi a vedersi,

  39 	tutti nati nella bassa regione meridionale, sono gli andhraka,
     	gli utsa, i pulinda, gli śabara, i cūcupa coi maṇḍapa,

  40 	e ti parlerò pure di quelli nati nella regione settentrionale,
     	gli yauna, i kāmboja, i gāndhāra, i kirāta con i barbari,

  41 	tutti questi o caro percorrono la terra male agendo,
     	con comportamento simile a cani, corvi e avvoltoi o signore di uomini,

  42 	costoro nel kṛtayuga non vivevano sulla terra,
     	dal tretāyuga in poi vivono queste genti o toro dei bhārata,

  43 	e quando giunse il tempo del passaggio alla fine dello yuga,
     	i re si scontrarono, gli uni attaccando gli altri,

  44 	così o migliore dei kuru, fu l'apparizione di quel grand'anima,
     	Nārada ṛṣi divino tra gli dèi e sapiente di ogni mondo lo ha raccontata,

  45 	pure Nārada ritiene suprema o signore di uomini,
     	l'eternità di Kṛṣṇa o grandi-braccia, secondo verità o toro dei bhārata,

  46 	così è il grandi-braccia, il Lunghi-capelli dal sincero valore,
     	impensabile, Occhi-di-loto non è un semplice uomo.”
     


                              CCI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quali furono i primi signori delle creature o toro dei bhārata?
     	quali furono questi venerabili ṛṣi ricordati nelle singole regioni?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ ascolta o migliore dei bhārata, quanto mi hai chiesto,
     	quali furono i signori delle creature ricordati nelle singole regioni,

   3 	per primo vi fu il Beato Brahmā, l'eterno Nato-da-sé,
     	Brahmā, il grand'anima Nato-da-sé, ebbe sette figli,

   4 	Marīci, Atri, Aṅgiras, Pulastya, Pulaha, Kratu,
     	e il gloriosissimo Vasiṣṭha, in tutto uguale al Nato-da-sé,

   5 	questi sette sono brahmani e sono menzionati nei purāṇa,
     	dopo questo io parlerò di tutti i prajāpati,

   6 	da Atri nacque un figlio l'eterno discendente di Brahmā,
     	il venerabile Prācīnabarhi e da lui nacquero i dieci prācetasa,

   7 	questi dieci ebbero un solo figlio il prajāpati di nome Dakṣa,
     	costui ha due nomi al mondo Dakṣa e Ka, così è chiamato,

   8 	Kaśyapa è il figlio di Marīci, e anche lui è conosciuto con due nomi,
     	uno è Ariṣṭanemi, e l'altro dicono sia Kaśyapa,

   9 	e Aṅga è pure suo figlio, lo splendido e valoroso re della terra, 
     	che fu venerato per migliaia di divini yuga,

  10 	il venerabile Aryaman e quelli che furono gli altri figli o illustre,
     	sono indicati come le origini degli esseri,

  11 	Śaśabindu ebbe diecimila mogli o incrollabile,
     	e da ciascuna di esse quindi ebbe mille figli,

  12 	così furono dieci milioni i suoi figli grandi anime,
     	ed essi non vollero che nessun altro fosse chiamato Prajāpati,

  13 	i savi raccontano che queste furono le antiche creature di Śaśabindu,
     	questa fu la grande progenie di quel Prajāpati origine della stirpe dei vṛṣṇi,

  14 	questi gloriosi signori delle creature sono stati menzionati,
     	da qui io parlerò degli dèi signori del trimundio,

  15 	Bhaga, Aṃśa, e Aryaman, Mitra e Varuṇa,
     	Savitṛ, Dhātṛ, Vivasvat dalla grande forza,

  16 	Pūṣan, Tvaṣṭṛ, e Indra e quindi Viṣṇu è detto il dodicesimo,
     	questi sono i dodici āditya, nati come figli di Kaśyapa,

  17 	Nāsatya e Dasra sono pure ricordati come i due aśvin,
     	i due sono figli di Mārtāṇḍa, l'ottavo prajāpati,

  18 	figlio di Tvaṣṭṛ fu il gloriosissimo e splendido Viśvarūpa,
     	e Ajaikapād, Ahirbudhnya, Virūpākṣa, e Raivata,

  19 	e Hara dai molti aspetti, il Tre-occhi Signore dei celesti,
     	e Sāvitra, Jayanta, e Pinākin l'invincibile,
     	precedentemente io ho ricordato gli otto grandissimi vasu,

  20 	costoro furono in tal maniera gli dèi di Manu Prajāpati, 
     	essi furono gli antichi dèi e in secondo luogo gli avi sono detti,

  21 	e altri sono i siddha e i sādhya per aspetto e condotta,
     	e i ṛbhu, i marut, sono le altre schiere rocordate degli dèi,

  22 	così sono menzionati i viśvedeva e i due aśvin,
     	gli āditya, tra questi sono kṣatriya, e i marut sono vaiśya,

  23 	gli aśvin sono ritenuti degli śūdra impegnati in un fiero tapas,
     	gli dèi come detto sono figli di Aṅgiras e sono stabiliti come brahmani,
     	così sono distribuiti nei quattro varṇa tutti gli dèi,

  24 	chi alzandosi all'alba reciti i nomi degli dèi,
     	si liberano da tutti i mali commessi da sé o da altri,

  25 	Yavakrīta, Raibhya, e Arvāvasu e Parāvasu,
     	Auśija, e Kakṣīvat e Nala sono figli di Aṅgiras,

  26 	Kaṇva il figlio del ṛṣi Medhātithi, e Barhiṣada,
     	e i sette ṛṣi origine del trimundio o caro, stanno ad est,

  27 	Unmuca, Vimuca, e il valoroso Svatyātreya,
     	Pramuca, e Idhmavāha e il venerabile Dṛḍhavrata,

  28 	e il figlio di Mitra e Varuṇa, il potente Agastya,
     	questi ṛṣi tra i brahmani sempre si trovano nella regione meridionale,

  29 	Ruṣadgu, Kavaṣa, Dhaumya e il valoroso Parivyādha,
     	i grandi ṛṣi Ekata, Dvita e trita

  30 	e il venerabile figlio di Atri, il potente Sārasvata,
     	queste nove grandi anime si trovano nella regione occidentale,

  31 	il figlio di Atri, Vasiṣṭha, e il grande ṛṣi Kaśyapa,
     	Gautama e Bharadvāja, e Viśvāmitra nipote di Kuśika,

  32 	e il venerabile figlio del grand'anima Ṛcīka,
     	Jamadagni, questi sette si trovano nella regione settentrionale,

  33 	di tutti questi dal fiero splendore sono state elencate le regioni 
     	queste grandi anime sono i testimoni e le origini dei mondi,

  34 	e così queste grandi anime stanno nelle rispettive regioni,
     	e facendo menzione di costoro, ci si libera da ogni male,

  35 	e chi vada a rifugiarsi nelle regioni di ciascuno di questi,
     	si libera da tutti i mali e ritorna a casa con grande fortuna.”
     	


                              CCII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ nonno o grande saggio, dal sincero ardimento in battaglia,
     	io vorrei udire interamente di Kṛṣṇa l'imperituro Signore,

   2 	qual'è il suo grandissimo splendore e quali le sue antiche imprese,
     	tutto questo secondo varità, raccontami o toro dei bhārata,

   3 	di come Hari, divenuto un animale ne ha portato l'aspetto?
     	e per quale motivo lo ha compiuto? questo dimmi o nonno.”

   4 	Bhīṣma disse:
     	“ un tempo andato a caccia io mi trovavao nell'āśrama di Mārkaṇḍeya,
     	e la vidi seduti insieme le schiere dei muni a migliaia,

   5 	quindi essi mi onorarono coll'offerta del cibo ospitale,
     	e accettando quell'onore io salutai gentilmente quei ṛṣi,

   6 	e mi fu raccontata dal grande ṛṣi Kaśyapa questa storia,
     	divina che rallegra la mente, e questa con attenzione ascolta,

   7 	un tempo i principali dānava, sopraffatti da avidità ed ira,
     	e i grandi asura folli per la loro forza a centinaia con Naraka in testa, 

   8 	e molti altri dānava infatuati per combattere,
     	non sopportavano la suprema prosperità degli dèi,

   9 	e da questi dānava furono tormentati dèi e ṛṣi divini,
     	e non trovavano protezione o re, disperdendosi qua e là,

  10 	e i celesti scorgendo la terra con aspetto sofferente,
     	riempita come era dai quei fortissimi dānava dall'orrido aspetto,
     	e oppressa dal quel peso, sprofondata nel dolore,

  11 	gli āditya agitati questo dicevano a Brahmā:
     	' come possiamo reggere o Brahmā, al tormento di questi dānava?'

  12 	il Nato-da-sé a loro diceva:' ho già stabilito un rimedio,
     	costoro intossicati dalla loro forza e orgoglio e dal dono avuto,

  13 	non si accorgeranno quegli sciocchi di Viṣṇu che senza mostrare il suo aspetto,
     	ma assunto l'aspetto di cinghiale quel dio che è invincibile pure per gli immortali,

  14 	egli con violenza andando laddove stanno quei vergognosi dānava,
     	che terribili risiedono a migliaia all'interno della terra,
     	li distruggerà.' i supremi celesti udito ciò si rallegrarono,

  15 	quindi lo splendidissimo Viṣṇu, assunto l'aspetto di un cinghiale,
     	entrato all'interno della terra, procedeva verso i figli di Diti,

  16 	e tutti quei daitya avendo visto quell'energia sovrumana,
     	ad attaccarlo con violenza tutti si apprestavano confusi dal fato,

  17 	tutti correndo avanti afferrarono contemporaneamente il cinghiale,
     	pieni di furia da ogni parte tiravano il cinghiale,

  18 	i re dei dānava, giganteschi, di grande valore e pieni di forza, 
     	non erano però in grado di fare alcunchè a lui allora o illustre,

  19 	quindi cadevano in meraviglia per la paura allora i re dei dānava
     	a migliaia, e pensavano di essere caduti in difficoltà,

  20 	allora il primo dio degli dèi, con l'anima nello yoga, e con lo yoga per alleato,
     	affidandosi allo yoga il Beato allora o migliore dei bhārata,

  21 	lanciava un grande urlo e faceva tremare daitya e dānava,
     	e per quello risuonavano i mondi e tutte le direzioni,

  22 	per quel tumultuoso frastuono i mondi caddero nel timore,
     	e tutte le regioni tremavano e pure gli dèi con Śakra in testa,

  23 	l'universo divenne terribilmente immobile allora,
     	confuso da quel frastuono coi suoi mobili e immobili,

  24 	allora tuuti i dānava terrorizzati da quel frastuono,
     	cadevano morti, stupefatti dallo splendore di Viṣṇu,

  25 	e il cinghiale dentro l'inferno quei nemici degli dèi,
     	cogli zoccoli li faceva a pezzi facendo mucchi di carni, ossa e grasso,

  26 	e per grande urlo lanciato, fu chiamato l'Eterno,
     	quel grande yogin dal loto nell'ombelico, il re e maestro degli esseri, 

  27 	quindi tutte le schiere degli dèi dicavano al Grande-avo:
     	' un tale urlo o dio, mai noi lo abbiamo udito o illustre,
     	chi è costui di cui è il grido, per il quale ha tremato l'universo?'

  28 	in quel momento Viṣṇu saldo nell'aspetto di cinghiale,
     	usciva fuori quel grande dio, inneggiato dai grandi ṛṣi.

  29 	il Grande-avo disse:
     	' quel fortissimo dal grande corpo che ha ucciso i signori dei dānava,
     	è il dio, il grande yogin, l'anima universale, e il benefattore dei viventi, 

  30 	Signore di tutti gli esseri, lo yogin e l'origine, l'anima delle anime,
     	restate saldi, egli è Kṛṣṇa il punitore di tutti i malvagi,

  31 	dopo aver compiuto questa azione virtuosa e impossibile, col suo infinito splendore,
     	è tornato nel proprio assere, quel gloriosissimo dal grande splendore,
     	il grande yogin dal loto nell'ombelico, l'anima universale, il benefattore dei viventi,

  32 	non dovete aver ansia né paura o sofferenza o supremi celesti,
     	lui è il creatore, l'origine, il tempo che porta la dissoluzione,
     	per supportare i mondi ha lanciato l'urlo quel grand'anima,

  33 	egli è il gloriosissimo, omaggiato da tutti i mondi,
     	l'Incrollabile, Occhi-di-loto, l'origine di tutti gli esseri.'”
     


                              CCIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ parlami o caro, del supremo yoga per la liberazione o bhārata,
     	questo io voglio conoscere in verità o migliore dei parlanti.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione riguardo la liberazione di un discepolo col suo guru,

   3 	un discepolo di suprema intelligenza, concentrato nel ricercare il meglio,
     	ad un certo brahmano, un maestro e supremo ṛṣi che era seduto,
     	toccando i piedi, fermo a mani giunte diceva:

   4 	' se sei contento del mio omaggio o venerabile,
     	devi chiarirmi questo grande dubbio che vi è in me,

   5 	da dove vengo io? e da dove vieni tu? questa cosa suprema rettamente dimmi,
     	e perché essendo tutti pari gli esseri o migliore dei ri-nati,
     	che praticano la retta condotta, diversa è la loro morte?

   6 	e pure nei veda sono affermati dei discorsi riguardo il mondo,
     	tutto questo o sapiente secondo verità tu mi devi illustrare.'

   7 	il guru disse:
     	' ascolta o discepolo, o grande saggio, questo supremo segreto del brahman,
     	l'adhyātman di tutti gli esseri, il tesoro delle scritture,

   8 	Vāsudeva pervadendo ogni cosa, è l'origine del brahman,
     	è verità, dono, sacrificio, pazienza, disciplina e onestà,

   9 	i sapienti dei veda sanno che Viṣṇu è l'eterno Puruṣa,
     	autore di creazione e distruzione, l'immutabile ed eterno brahman,
     	ascolta da me o brahmano, questa storia riguardo il vṛṣṇi,

  10 	un brahmano è proclamato dai brahmani, e un sovrano dagli kṣatriya,
     	questa la grandezza del dio degli dèi, di Viṣṇu dall'incomparabile splendore,
     	degno tu sei o nobile, ascolta dunque del supremo vṛṣṇi,

  11 	egli è la ruota del tempo senza inizio né fine, che è caratterizzata da vita e morte,
     	come una ruota egli fa girare il trimundio con tutti gli esseri,

  12 	è chiamato quanto è di imperituro, di immanifesto, e immortale, 
     	il brahman eterno è il Lunghi-capelli, tigre e toro fra gli uomini,

  13 	lui il supremo immutabile, ha creato avi, dèi, ṛṣi e
     	yakṣa e dānava e nāga, asura e uomini,

  14 	e quel potente ha creato veda e śāstra, e i dharma
     	eterni del mondo, giunta la distruzione all'inizio dello yuga crea la prakṛti,

  15 	come secondo le stagioni i vari aspetti delle cose nel corso del tempo,
     	appaiono così sono i giorni e le notti di Brahmā,

  16 	e a ciascuna creatura per il corso del tempo quando vi è l'inizio dello yuga,
     	viene associata la conoscenza per affrontare le cose del mondo,

  17 	a fine yuga i veda e le storie scomparse, le riottengono
     	i grandi ṛṣi col tapas, avutone il permesso prima dal Nato-da-sé,

  18 	il Beato Bṛhaspati sapiente dei veda, conosce i veda colle sue parti,
     	e il bhṛguide, recita la scienza politica per il bene dell'universo,

  19 	Nārada conosce la musica, e Bharadvāja la scienza dell'arco,
     	Gārgya le vicende dei ṛṣi divini, e Kṛṣṇa figlio di Atri la medicina,

  20 	e i molti trattati delle leggi sono stati dati da vari altri saggi,
     	e quanto fu detto, questo si usa per praticare ogni buona condotta,

  21 	il supremo brahman senza inizio, non lo conoscono gli dèi né i ṛṣi,
     	solo lo conosce il Beato creatore il potente Nārāyaṇa,

  22 	da Nārāyaṇa, quindi le schiere dei ṛṣi, e i principali dèi e asura,
     	gli antichi ṛṣi tra i re, conoscono questo supremo rimedio al dolore,

  23 	sempre la prakṛti genera la vita regolata dal Puruṣa,
     	e con questo mezzo tutto l'universo si mette in moto,

  24 	da una lampada migliaia di altre lampade si accendono,
     	in ugual maniera la prakṛti genera, e per la sua infinitezza non cessa mai,

  25 	l'intelletto nato dall'azione immanifesta, produce l'ahaṃkāra,
     	e lo spazio viene dall'ahaṃkāra, e il vento sorge dallo spazio,

  26 	la luce dal vento, e quindi l'acqua, e dalle acque sorge la terra,
     	questi otto sono radicati nella prakṛti, e l'universo è fondato su di essi,

  27 	da questi vi sono i cinque organi di conoscenza e i cinque organi di azione,
     	i cinque oggetti dei sensi, e naturalmente la mente è la sedicesima,

  28 	udito, tatto, vista, gusto e odorato sono i cinque sensi,
     	piedi, mani, ano sesso, e parola sono gli organi di azione,

  29 	suono, tocco, forma, gusto e odore sono gli oggetti dei sensi,
     	la mente si deve sapere che entra in ogni cosa attendendo ad essa,

  30 	e diviene lingua per sentire i gusti, e parola per sentire i discorsi,
     	la mente si distribuisce unita interamente ai vari sensi,

  31 	ma devi sapere che questi sedici sono delle divinità distribuite
     	essi servono l'agente della conoscenza che risiede nei corpi,

  32 	conformemente il gusto è la qualità dell'acqua, l'odore è quello della terra,
     	l'udito è la qualità del suono, e la vista è quella di Agni,
     	il tatto è la qualità di Vāyu, si sappia sempre in tutti gli esseri,

  33 	e la mente è il guṇa sattva, dicono che il sattva sia nato dall'immanifesto,
     	perciò l'uomo di intelletto sappia che si trova nell'anima di tutti gli esseri,

  34 	queste nature supportano tutto l'universo con mobili e immobili,
     	connessi al dio purissimo che chiamano il supremo stato,

  35 	raggiungendo la pura città dalle nove porte dotate di queste nature,
     	la grande anima vi risiede, e da questo è chiamata uomo,

  36 	immortale, senza vecchiaia, indica il manifesto e l'immanifesto,
     	sottile, pervade tutto colle sue qualità, rifugio di ogni qualità degli esseri,

  37 	come una lampada, l'anima illumina sia il grande che il piccolo,
     	si sappia dunque che è il puruṣa, l'anima cosciente di tutti gli esseri,

  38 	egli conosce il conoscibile, ode e vede,
     	il corpo è la sua misura, esso è l'autore di ogni azione,

  39 	il fuoco è dentro la legna, ma finché non la si sfrega non appare nel legno,
     	così l'anima che sta nel corpo si vede solo attraverso lo yoga,

  40 	come l'acqua è unita ai fiumi, come i raggi al sole,
     	come questi sono connessi, così i corpi delle anime procedono,

  41 	come l'anima durante il sonno, con tutti i suoi cinque sensi,
     	lasciato il corpo procede e trova un altro luogo,

  42 	legata alle precedenti azioni, da quelle azioni è condotta,
     	dalle sue azioni compiute che sono fortissime viene condotta,

  43 	e come lasciato un corpo ne ottiene un altro,
     	così io ti parlerò della schiera di nascite nate dalle proprie azioni.'
     


                              CCIV


   1 	il guru disse:
     	' i quattro tipi di esseri, mobili e immobili,
     	si dice che sorgano dall'immanifesto e nell'immanifesto finiscono,
     	e si sappia che pure la mente è figlia dell'immanifsto, e nell'immanifesto finisce,

   2 	come il grande albero aśvattha, è contenuto nel suo seme,
     	e uscitone si vede che la nascita del visibile avviene dall'immanifesto,

   3 	il ferro corre verso la calamita, entrambi senza volerlo, 
     	come le propensioni nate dalla propria natura sono tali in un altro corpo,

   4 	e le nature nate dall'immanifesto sembrano essere la causa dell'autore,
     	pur essendo inanimate sembrano la causa dell'animato,

   5 	né terra, né aria, né cielo, né gli elementi, né i ṛṣi, né dèi o asura,
     	né nessun altro esiste eccetto l'anima, non si uniscono insieme, 

   6 	sempre è in ogni cosa, stando ovunque, causa della mente si mostra uguale,
     	tutto questo è dichiarato per ignoranza esserne causa,

   7 	unita alle cause compie e ritira quanto di deve fare,
     	da quello gira la grande ruota senza inizio né fine,

   8 	l'immanifesto è il perno, il manifesto è il cerchio delle vikāra,
     	e la ruota condotta dall'anima gira certamente sull'asse oliato,

   9 	come semi di sesamo per fare l'olio in questa ruota è pigiato l'universo,
     	e procedendo col pigiare i semi, i frutti nascono dall'ignoranza,

  10 	per il desiderio compie le azioni, coll'assistenza dell'ahaṃkāra,
     	nell'unione di cause e azioni, si produce un effetto,

  11 	ma la causa non sorpassa l'azione, né l'azione la causa,
     	ma nel compiere le azioni il tempo ne è la causa,

  12 	le prakṛti e le vikāra sono causa le une delle altre,
     	reciprocamente agiscono colla vigilanza del puruṣa,

  13 	mosso dalle nature di rajas e tamas spinto dalla forza della causa,
     	segue l'anima come la polvere segue il vento,
     	ma da questi l'anima non è toccata, né essi dalla grande anima,

  14 	come il vento che muove la polvere non è contaminato dalla polvere,
     	così il saggio deve sapere che è la differenza tra anima e corpo,
     	e concentrato nella disciplina non va di nuovo verso la prakrti.'

  15 	così quel venerabile ṛṣi tagliava quel dubbio sorto,
     	così guardando al modo di vivere in modo favorevole,

  16 	come i semi bruciati dal fuoco non crescono più,
     	bruciate le afflizioni colla conoscenza, l'anima non rinasce di nuovo.”
     


                              CCV


   1 	il guru disse:
     	' come quelli che si impegnano nella dottrina che riguarda l'attività,
     	quelli che sono devoti alla scienza non ritengono che null'altro sia la verità,

   2 	così difficili da trovare sono i sapienti dei veda che stanno ai dettami dei veda,
     	e che per questo motivo vogliano seguire la via elogiata

   3 	dai virtuosi che è benefica, e senza falli da seguire,
     	questa è l'altra via con cui il saggio raggiunge la suprema meta,

   4 	la persona corporata, confusa accetta ogni guadagno,
     	piena di passioni con ira e brama in testa, e di rajas e tamas,

   5 	perciò chi desidera la fine del corpo non deve agire in modo impuro,
     	compiendo falli nell'agire non si raggiungono i mondi sublimi,

   6 	come l'oro fuso in unione col rame non brilla,
     	così la conoscenza attaccata alle passioni mondane non risplende,

   7 	chi confuso pratichi l'adharma navigando dietro brama ed avidità,
     	trascurando la via del dharma, va in rovina coi suoi parenti,

   8 	perciò senza attaccamento si devono seguire gli oggetti dei sensi,
     	ira e gioia e depressione nascono l'una dalle altre,

   9 	essendo il corpo fatto dei cinque elementi e di sattva, rajas e tamas,
     	chi si deve elogiare, o di chi si deve lamentarsi? o cosa si deve dire?

  10 	gli sciocchi vanno dietro agli oggetti dei sensi,
     	e non intendono per ignoranza che sé stessi sono fatti di materia terrestre,

  11 	come un rifugio fatto di terra e dalla terra spalmato,
     	così questo corpo fatto di terra è unito alle alterazioni della terra,

  12 	miele, olio, acqua, burro, carni, sale e zucchero,
     	granaglie, frutti e radici, sono alterazioni di terra e acqua,

  13 	come quelli che stanno nella foresta non seguono i loro desideri,
     	ma per la fame prendono il cibo pur insipido per sostenere la vita,

  14 	così quelli che stanno nella selva delle rinascite devoti al lavoro,
     	devono prendere il cibo per sostenersi, come l'ammalato la medicina,

  15 	con sincerità, purezza, onestà, rinunce, con onore e coraggio,
     	con pazienza, fermezza, intelligenza, con coscienza e col tapas,

  16 	tutte le cose che gli capitano una dopo l'altra deve vivere,
     	con animo pieno cercando la pace interiore, deve trattenere i sensi,

  17 	confusi dal sattva, dal rajas e dal tamas,
     	per ignoranza i viventi violentemente sono fatti girare come ruote,

  18 	perciò rettamente si esaminino i falli nati dall'ignoranza,
     	e si deve rigettare sempre l'egocentrismo nato dall'ignoranza,

  19 	gli elementi grossolani, i sensi, i guṇa sattva, rajas e tamas,
     	e l'intero trimundio col suo signore, sono fondati sull'ahaṃkāra,

  20 	come quaggiù sempre il tempo mostra le qualità stagionali,
     	così si sappia che l'ahaṃkāra nei viventi è il reale motore,

  21 	si sappia che lo scuro tamas sorto dall'ignoranza rende confusi,
     	e che i tre guṇa insieme sono legati a gioia e dolore,
     	e ascolta ora come sono quelli di sattva, rajas, e tamas,

  22 	meraviglia, il piacere che nasce dalla gioia, l'assenza di dubbi, fermezza e memoria,
     	si sappia che sono le qualità del sattva, e questi sono quelli di rajas e tamas,

  23 	brama e ira, incuria, avidità ed errore, paura e debolezza,
     	depressione e sofferenza, insoddisfazione, orgoglio e arroganza, e viltà,

  24 	esaminando grandezza e piccolezza dei falli di tal genere,
     	si deve guardare uno per uno se stanno in noi stessi.'

  25 	il discepolo disse:
     	' quali sono i falli da abbandonare colla mente, e quali quelli da farlo coll'intelletto?
     	quali continuamente ritornano? e quali sono privi di frutto per confusione mentale?

  26 	e come può il saggio con intelligenza valutarne effetti, forza e debolezze?
     	tutto questo illustrami, in modo che possa conoscerlo o potente.'

  27 	il guru disse:
     	' l'anima purificata, tagliando i mali dalla radice trova la liberazione,
     	come un ferro distrugge l'unione di cose fatte di ferro,
     	e l'anima incompiuta perisce per questi falli congeniti al rajas,

  28 	le azioni nate dal rajas, dal tamas e dall'anima pura,
     	sono tutte ugualmente dei semi nati da sé in tutti i corpi,

  29 	perciò l'anima compiuta deve evitare rajas e tamas,
     	e liberandosi da rajas e tamas, il sattva diviene splendente,

  30 	e alcuni dicono che mangiare carne consacrata con mantra,
     	è cosa da non mangiare, a protezione del puro dharma,

  31 	attraverso il rajas si possono ottenere atti connessi col dharma,
     	e connessi all'artha, e seguire eccessivamente tutti i propri desideri,

  32 	a causa del tamas insegue quelli nati dall'ira e connessi all'avidità,
     	e pratica la violenza a piacere, sommerso da sonno e stanchezza,

  33 	chi possiede il sattva, e degno di vedere le nature sublimi e pure,
     	egli ha corpo senza macchia, splendido, puro ed è dotato di sapienza.'
     


                              CCVI


   1 	il guru disse:
     	' col rajas e col tamas si persegue l'errore o toro fra gli uomini,
     	ira e avidità, paura e orgoglio, liberandosi di questi si è puri,

   2 	e nel supremo dio, che è la suprema anima, imperituro e immutabile,
     	in Viṣṇu si entra che è il supremo dio che ha sede nell'immanifesto,

   3 	per la sua māyā, gli uomini dai corpi immaturi, sono privi di speranze,
     	perche allontanati dalla conoscenza, che è confusa, perseguono i desideri,

   4 	per la brama cadono nell'ira, nell'avidità e nell'errore gli uomini,
     	da orgoglio e arroganza sorge l'ahaṃkāra, e dall'ahaṃkāra l'attività,

   5 	dalle azioni sorge l'amore, e dall'amore sofferenza senza fine,
     	e dal praticare gioie e dolori, si attende nascita e morte,

   6 	per la nascita si entra in un grembo, nascendo tra sperma e sangue,
     	il nascere è imbrattato di feci, urina, effluvi e sangue,

   7 	sommerso dal desiderio a queste cose è legato e vi si immerge,
     	le donne si devono riconoscere come strumenti di trasporto del saṃsāra,

   8 	per natura esse sono campi, e gli uomini hanno la qualità del sapiente del campo,
     	perciò gli uomini saggi evitarono specialmente le donne,

   9 	esse sono spiriti malevoli, di terribile aspetto che confondono gli ignoranti,
     	sono l'aspetto dentro il rajas, e sempre lo sono dei sensi,

  10 	da questa passione, seme e figlia del desiderio nascono i viventi,
     	come dalle membra escono i vermi nati inconsapevoli nel proprio corpo, 
     	così consapevolmente libera i vermi non nati da sé, chiamati figli,

  11 	dallo sperma, dal fluido vitale, e olesoso nascono i viventi,
     	il sapiente guardi a loro nella loro natura, con attenzione,

  12 	il rajas è contenuto nel tamas, il sattva risiede nel tamas,
     	la prakṛti appressando la conoscenza causa la buddhi e l'ahaṃkāra,

  13 	questo dicono sia il seme dei viventi, questo è il seme chiamato vita,
     	dall'agire unito al tempo, si mette in moto il saṃsāra,

  14 	come si rallegra il vivente con la mente nel sonno,
     	il corporato per i guṇa e le azioni precedenti trova la rinascita,

  15 	qualunque dei sensi sia spinto dall'agire divenuto seme,
     	dall'ahaṃkāra nasce per la mente legata alle passioni,

  16 	l'udito nasce dalla passione per il suono, per la pura anima,
     	e la vista dalla passione per le forme, e l'olfatto dalla ricerca degli odori,

  17 	e dai contatti il vento che trova rifugio nel prāṇa e nell'apāna,
     	il vyāna, l'udāna e il samāna che sono i cinque tipi di supporto del corpo,

  18 	con le membra prodotte dalle azioni precedenti, nasce stabilito da Brahmā
     	l'uomo, coi dolori corporali e mentali all'inizio, alla fine e a metà cammino,

  19 	si deve sapere che il dolore viene dalla vita, e cresce col desiderio,
     	dall'abbandono di questi nasce il controllo e chi conosce il controllo si libera,

  20 	entrambi: l'origine e la distruzione dei sensi si trovano nel rajas,
     	il saggio deve agire scrutando rettamente coll'occhio delle scritture,

  21 	i sensi della conoscenza, né gli oggetti dei sensi raggiungono il privo di desideri,
     	il vivente conoscendo queste cause non deve di nuovo incarnarsi.'
     


                              CCVII


   1 	il guru disse:
     	' qui parlerò del giusto modo di vedere coll'occhio delle scritture,
     	il saggio agendo con questa conoscenza, otterrà la suprema meta,

   2 	l'uomo è detto il migliore di tutti gli esseri,
     	e degli uomini i ri-nati lo sono, e dei ri-nati i sapienti dei mantra,

   3 	questi sono i migliori di tutti gli esseri, ommniscienti, che tutto vedono,
     	i brahmani veri sapienti dei veda, esperti della vera via dell'artha, 

   4 	come un cieco da solo trova difficoltà sulla via,
     	così è il privo di sapienza al mondo, perciò i sapienti sono superiori,

   5 	quelli che desiderando il dharma seguono varie dottrine secondo le scritture,
     	non ottengono altra cosa che le qualità inerenti a queste,

   6 	purezza di parola, corpo e pensiero, perdono, verità, fermezza e memoria,
     	i sapienti del dharma in tutte le discipline conoscono queste qualità,

   7 	la brahmacarya è detta essere l'aspetto di Brahmā,
     	e la cosa suprema per tutti gli esseri, con essa si ottiene la suprema meta,

   8 	che è quanto è libero da ogni legame, e libero dal tatto il corpo,
     	l'udito dal suono, e la vista dalle forme,

   9 	il gusto dai sapori, e quant'altro si deve evitare,
     	con l'intelletto e con grande impegno, la brahmacarya è priva di falli,

  10 	chi rettamente agisce ottiene il mondo di Brahmā chi lo fa a metà, raggiuge gli dèi,
     	e chi pratica una piccola condotta nasce sapiente tra i primi ri-nati,

  11 	brahmacarya è ardua da farsi, ascoltane qui da me il mezzo,
     	il ri-nato deve trattenere la mente che sempre procede nell'agitazione,

  12 	non parli colle donne, né le ascolti, e non le guardi quando sono nude,
     	qualche volta a guardarle la passione penetra nei deboli,

  13 	avuta questa passione, pratichi penitenza ed entri per tre giorni nell'acqua, 
     	e nel dormire immerso colla mente reciti tre volte l'aghamarṣaṇa,

  14 	così può bruciare il male sorto dal guṇa rajas,
     	il saggio con mente concentrata e unita alla conoscenza, 

  15 	come il corpo abbandonato è preso da cattivo odore,
     	così si sappia che l'anima sta nel corpo legata a lui,

  16 	aria, bile, flegma, sangue, pelle e carni, tendini e ossa,
     	midollo, sono nutriti dai fluidi che scorrono nelle vene degli uomini,

  17 	si deve sapere che sono dieci i condotti che portano gli oggetti ai cinque sensi,
     	da queste si diramano altri condotti sottili a migliaia,

  18 	così come fiumi, le vene portano i fluidi al mare che è il corpo,
     	e lo nutrono come i fiumi che vanno all'oceano al giusto tempo,

  19 	in mezzo al cuore vi è qui la vena detta arteria cardiaca,
     	che libera da tutte le membra il seme nato dal desiderio degli uomini,

  20 	le vene estendendosi in tutte le membra le seguono,
     	raggiungono gli occhi portandovi la proprietà della luce,

  21 	come il burro invisibile nel latte, viene sbattuto cogli sbattitori,
     	così lo sperma viene sbattuto dagli sbattitori che nascono come desideri del corpo,

  22 	e pure così nel sonno la passione raggiunge il desiderio della mente,
     	e l'arteria cardiaca il seme così apparso lo espelle dal corpo,

  23 	il grande ṛṣi il venerabile Atri, conosce la natura dello sperma,
     	che ha tre semi, e Indra come divinità, e perciò è chiamato indriya,

  24 	quelli che conoscono la via dello sperma che produce la nascita degli esseri,
     	privi di passioni, bruciate le colpe, non ottengono la nascita in un corpo,

  25 	ottenendo l'equilibrio dei guṇa, colla mente, e alla arteria cardiaca
     	spingendo i soffi fatti dal corpo, al tempo della morte hanno la liberazione,

  26 	la conoscenza arriverà alla mente, e la mente procede in avanti,
     	piena di luce, purificata, verso la divina perfezione delle grandi anime,

  27 	perciò l'azione può agire senza ostacoli e priva di colpe,
     	lasciati rajas e tamas, non ottiene una cattiva meta, 

  28 	la conoscenza acquisita da giovane diviene debole in vecchiaia,
     	l'intelletto maturo, col tempo acquista forza mentale,

  29 	come fosse una strada difficile, attraversando i legami dei guṇa,
     	superando le colpe quando le vede ottiene l'immortalità.'
     


                              CCVIII


   1 	il guru disse:
     	' i viventi che sono attaccati ai miserabili oggetti dei sensi vanno in rovina,
     	le grandi anime invece che ne sono distaccati, raggiungono la suprema meta,

   2 	essendovi dolori, malattie e fatiche agli animi dalla nascita alla morte,
     	il dotato di intelletto vedendo il mondo oppresso da ciò si impegni nella liberazione,

   3 	purezza deve avere col corpo, parola e mente e assenza di egoismo,
     	calmo, sapiente, il mendico disinteressato vive felice,

   4 	o se vede nella mente attaccamento alla pietà per gli esseri,
     	anche qui ne faccia abbandono, sapendo che il mondo è frutto dell'agire,

   5 	quale azione prima sia compiuta buona o cattiva, di questa si gode,
     	perciò si compiano azioni buone con parole, colla mente e coll'agire,

   6 	non violenza, sincera parola, onestà verso tutti gli esseri,
     	perdono, e vigilanza, chi le possiede diviene felice, 

   7 	colui che è il supremo dharma che porta felicità a tutti gli esseri,
     	e che è rimedio ai dolori, chi questo conosce, è il vero sapiente che diviene felice,

   8 	perciò usando intelligenza, si ponga mente ai viventi, 
     	non si pensi male, non si desideri, non si ponga pensiero nell'irreale,

   9 	senza giuste parole pronunciate, sorge la sapienza della mente,
     	o per desiderio di buone parole, guardando alla sottigliezza del dharma,
     	si dicano parole sincere e innocue e non malevole,

  10 	prive di impurità, e di asprezza, non violente, né calunniose,
     	tali parole si devono pronunciare con mente non agitata,

  11 	è saggio nel parlare chi nella furia parli senza ira, 
     	trattenendo con l'intelletto nella mente l'azione tamasica,
     	chi si impegna nell'agire coi mezzi nati dal rajas, 

  12 	costui ottiene dolore in questo mondo e cade nell'inferno,
     	perciò si deve agire praticando la propria intelligenza con mente, parola e azione,

  13 	come dai ladri è raccolto un gruppo di pecore disperse,
     	riconoscendo la regione nemica, cosi gli sciocchi portano il saṃsāra,

  14 	e come dopo aver cacciato i ladroni si può percorrere un regione salubre,
     	così abbandonando l'agire del rajas e del tamas, si ottiene la felicità,

  15 	l'indifferente, che con certezza è libero da ogni possesso,
     	l'asceta dai sensi controllati, di buona condotta e moderato nel cibo,

  16 	bruciati i dolori colla sapienza, di anima compiuta, devoto alla recitazione,
     	con mente concentrata, raggiunge il luogo supremo,

  17 	chi ha fermezza, e anima compiuta, deve trattenere senza dubbio l'intelletto,
     	coll'intelletto trattenga la mente e colla mente gli oggetti dei sensi,

  18 	di chi trattenendo i sensi li pone in controllo della mente,
     	i sensi risplendono e felici vanno verso il Signore,

  19 	avendo la mente intenta ad essi, risplende come Brahmā,
     	quando questi sono annichiliti, si è degni di essere Brahmā 

  20 	o se non avviene ciò, si devono seguire i trattati di yoga,
     	e quanto viene stabilito dalle regole dei trattati questo pratichi,

  21 	con grano, scorie d'olio, orzo immaturo, vegetali, orzi e grani,
     	e con frutti e radici si mantenga praticando la questua,

  22 	e l'astensione dal cibo, a tempo e luogo, con intelligenza
     	investigando, pratichi, seguendo la propria natura,

  23 	non deve interrompere un voto iniziato, come si accende lentamente un fuoco,
     	così si accenda la conoscenza, e questa come il sole risplenderà,

  24 	l'ignoranza che si basa sulla conoscenza, governa i tre mondi,
     	la sapienza che segue le scienze è trascinata dall'ignoranza,

  25 	per esserne separato, e per l'attaccamento l'invidioso non conosce l'eterno,
     	ma chi conosce la beatitudine, eliminata la passione per i due trova la liberazione,

  26 	questo potente, superando vecchiaia e morte vince il brahman eterno,
     	e ottiene l'immortalità e quanto è imperituro e immutabile.'
     


                              CCIX


   1 	il guru disse:
     	' chi sempre vuole praticare la brahmacarya priva di colpe,
     	il sonno con tutta l'anima abbandonando scorgendo i mali del dormire,

   2 	nel sonno l'anima è conquistata dal rajas e dal tamas,
     	come dotata di un altro corpo, si muove senza memoria,

   3 	per raggiungere la sapienza da sveglio deve esserci curiosità
     	per lo studio delle conoscenze sempre deve vegliare da sveglio,

   4 	qui ci si interroga di quale sia la natura nel sonno del dotato dei sensi,
     	con i sensi disattivati l'anima vive possedendo un corpo,

   5 	si dice che come Hari il signore dello yoga conosce questo, 
     	così i grandi ṛṣi riferiscono che è il modo appropriato,

   6 	i saggi dicono che il sonno arriva a tutti per la stanchezza dei sensi,
     	ma per l'incoscienza della mente tutto questo dicono appaia,

   7 	di chi è sveglio il desiderio di agire è connesso alla mente,
     	come nel sonno giunge alla mente il desiderio di sovranità,

   8 	l'anima bramosa, ottiene incalcolabili rinascite,
     	il supremo Puruṣa vede tutto questo dentro la sua mente,

   9 	e conosce pure quali sono le azioni passate unite ai guṇa,
     	e quanto gli esseri desiderano e quello che è stato nella mente, 

  10 	quindi questo lo compiono i guṇa di rajas e tamas,
     	oppure del sattva, e secondo il contatto immediatamente giunge il frutto,

  11 	quindi non vede l'aria, la bile, la flegma connessi, 
     	alle nature di rajas e tamas, per queste nature dicono sia cosa difficile,

  12 	qualsiasi cosa coi sensi attivi, si ponga in mente,
     	anche quando cessa il sonno, la visione mentale le vede,

  13 	l'anima immortale, attributo di tutti gli esseri agisce
     	dentro la mente, stando il corpo come una porta della mente,

  14 	immanifesta, esistente e non esistente, riposa apparendo in esso,
     	la conoscono come forma dell'adhyātman che è l'anima di tutti gli esseri,

  15 	chi desideri ottenere per desiderio della mente questa sovrana qualità,
     	deve sapere che sorgono dall'anima tutti i suoi sensi,

  16 	così intento al tapas superato le tenebre come un sole,
     	l'anima col tapas raggiunge il grande signore, sorgente del trimundio,

  17 	il tapas è praticato dagli dèi, e dagli asura le tenebre che distruggono il tapas,
     	questo segno di sapienza, dicono sia protetto da dèi e da asura,

  18 	si sa che sattva, rajas, e tamas sono i guṇa di dèi e asura,
     	il sattva è il guṇa degli dèi, e gli altri due si sappia sono i guṇa degli asura,

  19 	e il brahman luce immortale e imperituro si sappia che è superiore a questo, 
     	le anime compiute che lo sanno, raggiungono la suprema meta, 

  20 	colla ragione può parlare chi ha solo la sapienza per vista,
     	e col distacco dei sensi, si può conoscere il brahman immutabile.'
     


                              CCX


   1 	il guru disse:
     	' non conosce il supremo dharma chi non conosce i quattro argomenti,
     	e quanto è la verità del manifesto e dell'immanifesto, ottenuta dal grande ṛṣi,

   2 	si sappia che il manifesto è la bocca della morte, e l'immanifesto è l'immortalità, 
     	il ṛṣi Nārāyaṇa ha detto che il dharma chiamato pravṛtti

   3 	è qui radicato in tutto il trimundio coi suoi mobili e immobili, 
     	e che il dharma chiamato nivṛtti è l'inimitabile ed eterno brahman,

   4 	e Prajāpati anche ha parlato del dharma chiamato pravṛtti,
     	pravṛtti è il dover ritornare, e nivṛtti è la suprema meta

   5 	il muni che pratica la nivṛtti va alla suprema meta,
     	seguendo sempre la vera conoscenza vedendo il bene e il male,

   6 	si devono conoscere entrambi l'immanifesto e il puruṣa,
     	e quant'altro vi sia di più grande dell'immanifesto e del puruṣa,

   7 	guardi questa differenza chi è esperto nelle differenze,
     	entrambi sono senza fine né principio, ed entrambi privi di segni,

   8 	entrambi eterni, sottilissimi, e i più grandi fra i grandi,
     	c'è somiglianza in loro, così come altre differenze,

   9 	dalla prakṛiti si ha l'attributo della creazione, e l'energia dei tre guṇa,
     	diversi si sappiano i segni dell'anima sapiente del campo,

  10 	privo dei guṇa esso è l'osservatore delle vikāra della prakṛti,
     	i due puruṣa sono entrambi inconoscibili, slegati da ogni segno palese, 

  11 	e da sorgere dei segni di contatto nato dall'agire con cui si comprendono,
     	è dai mezzi delle azioni mondane che l'autore è mosso verso ciascuna,
     	dal sentire i suoni si chiede: ' chi sono io e chi è l'altro?'

  12 	come chi porta il turbante è arrotolato tre volte dai teli,
     	così coperta è l'anima da sattva, rajas e tamas,

  13 	perciò si devono conoscere i quattro modi connessi cogli scopi,
     	e chi li conosce rettamente al momento della fine trova la liberazione,

  14 	il puro di parola e di mente che desidera il brahman, la divina prosperità,
     	con fiere astinenze corporali pratichi un tapas purificatore,

  15 	il trimundio è pervaso dal tapas che lo illumina dall'interno,
     	sole e luna splendono in cielo attraverso il tapas,

  16 	potente è al mondo la sapienza del tapas, così è menzionato il tapas,
     	qualsiasi atto distruttivo di rajas e tamas è un segno di tapas,

  17 	brahmacarya, non violenza, si dicono dei tapas corporali,
     	il trattenere parola e mente nell'equilibrio mentale, è detto un tapas,

  18 	il cibo ottenuto dai ri-nati sapienti è il migliore,
     	e di chi si trattenga nel cibo il male rajasico si distrugge,

  19 	questi mezzi conducono all'affievolirsi degli oggetti dei sensi,
     	perciò deve prenderne solo la misura che sia qui necessaria,

  20 	al tempo della fine per l'aumento della forza lentamente diventi in salute,
     	e così con la mente concentrata, otterrà la conoscenza suprema,

  21 	per il rajas l'anima dentro il corpo agisce in modo evidente,
     	colla mente non impedita dagli atti per assenza di passione, si rifugia nella prakṛti,
     	alla fine del corpo da questo corpo vigilante è liberato,

  22 	sempre la nascita e la distruzione degli esseri è unito ad una causa,
     	ma quando sorge la conoscenza del supremo più non si ritorna,

  23 	quelli che sapienti di morte e nascita, al contrario siedono
     	costantemente portando i corpi, hanno mente e intelletto disperso,
     	e allontanati dalle loro sedi per la loro sottigliezza queste servono,

  24 	e tutto quanto come viene con intelligenza non intendono,
     	e qualche anima pura senza aiuto insegue la fine del corpo,  
     	e qualcuno intento alla sua immagine, e alcuni lo venerano come divinità, 

  25 	si concentrano sul supremo dio, simile a tuono lampeggiante,
     	al momento della fine, sono impegnati nel tapas bruciate le colpe,

  26 	tutte queste grandi anime raggiungono la suprema meta,
     	e la sottile differenza fra costoro si controlli coll'occhio delle scritture,

  27 	si deve sapere che il corpo libero e senza attaccamento, è 
     	un altro supremo che viene portato dal cielo con mente distaccata,

  28 	le anime dotate della sapienza si liberano dal mondo dei mortali,
     	e divenuti il brahman, privi di rajas raggiungono la suprema meta,

  29 	quelli che raggiungono l'incrollabile conoscenza libera da attaccamenti,
     	raggiungono i supremi mondi, perfezionandosi secondo le loro forze,

  30 	il Beato divino Viṣṇu il non-nato chiamato l'immanifesto,
     	realmente è raggiunto dai puri, che senza desidèri sono felici nella conoscenza,

  31 	conoscendo che Hari è nelle proprie anime non mutano allontanandosene,
     	ma raggiunto il supremo stato, imperituro e immutabile gioiscono,

  32 	una tale conoscenza è così: ' esiste e non esiste.'
     	e l'intero universo legato alla brama, gira come una ruota,

  33 	come le fibre dello stelo sono ovunque dentro lo stelo,
     	così la fibra della brama senza inizio né fine è sempre nel corpo,

  34 	come il tessitore introduce nel tessuto il filo coll'ago,
     	così coll'ago della brama si lega il filo del saṃsāra,

  35 	chi conosce secondo verità i mutamenti della prakṛti,
     	e l'eterno puruṣa, costui privo di brame trova la liberazione,

  36 	il beato ṛṣi Nārāyaṇa questa immortale spiegazione
     	per il bene del mondo rivelava per compassione dei viventi.' ”
     


                              CCXI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ con quale condotta Janaka, signore di mithilā, e sapiente di condotte,
     	ottenne la liberazione, quel sapiente del dharma abbandonando i beni umani?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla condotta che usando, il sapiente di condotte ottenne la suprema felicità,

   3 	Janadeva, della stirpe di Janaka e signore a mithilā
     	era concentrato a pensare ai dharma relativi alla morte,

   4 	nella sua casa risiedevano cento maestri,
     	e ciascuno insegnava i dharma che praticavano varie popolazioni,

   5 	ma degli insegnamenti di costoro sul mondo della morte e su quello della nascita,
     	saldo nei veda, per la maggior parte non era soddisfatto nell'animo,

   6 	là vi era un grande muni discendente di Kapila, Pañcaśikha di nome,
     	che percorrendo l'intera terra giunse pure a mithilā,

   7 	essendo intento alla vera conoscenza dei dharma di ogni rinuncia,
     	lontano dagli opposti non aveva dubbi su nessun argomento,

   8 	si diceva che per desiderio dei ṛṣi egli risiedesse tra gli uomini,
     	cercando la suprema ed eterna felicità ardua da ottenersi,

   9 	e i sāṃkhya divevano che era Kapila, il supremo ṛṣi signore delle creature,
     	e io credo che in quell'aspetto mostrasse sé stesso,

  10 	dicevano che era il primo discepolo di Āsuri, che era di lunga vita,
     	e che un sattra mentale avesse compiuto per mille anni,

  11 	che giunto ad una grande assemblea di discepoli di Kapila là seduti,
     	avesse insegnato l'immutabile che sta nel puruṣa, il supremo oggetto,

  12 	purificato dalla celebrazione del sattra, e anche dal tapas, il muni,
     	dalla vista divina conosceva l'aspetto del campo e del conoscitore del campo,

  13 	e gli appariva quanto è il solo brahman imperituro dai molti aspetti,
     	Āsuri imparava in questa congregazione quanto è immutabile,

  14 	e Pañcaśikha suo discepolo fu allevato con del latte umano,
     	vi era una brahmana madre di famiglia di nome Kapilā

  15 	egli divenne suo figlio e beveva dal seno della donna,
     	e così divenuto figlio di Kapilā ottente una perfetta intelligenza,

  16 	questo mi raccontava il venerabile sulla nascita del figlio di Kapilā,
     	e di come divenne figlio di Kapilā, supremo conoscitore di ogni cosa,

  17 	Kapila conoscendo la suprema conoscenza di tutti i sapienti del dharma,
     	giunto là, coi suoi argomenti stupiva tutti i cento maestri,

  18 	Janaka dunque con molto attaccamento riguardo il figlio di Kapilā,
     	licenziava i cento maestri, e lo seguiva da presso,

  19 	e a lui di suprema intelligenza che si inchinava secondo il dharma,
     	rivelava la suprema liberazione che è il sāṃkhya ha elaborato,

  20 	rivelato il distacco dalla nascita, esponeva il distacco dalle azioni,
     	e rivelato il distacco dalle azioni, esponeva il distacco da ogni cosa,

  21 	e dove conduce l'attaccamento alle azioni, il frutto prodotto dalle azioni,
     	e quanto è sconsolante, vano, distruttibile, mobile e incerto,

  22 	quando si mostra la distruzione apertamente davanti agli occhi del mondo,
     	è sconfitto pure chi afferma che il supremo esiste nelle scritture,

  23 	che non vi è anima, che muore l'anima, presa da malattie, morte e vecchiaia,
     	chi ritiene così l'anima per errore, ha una opinione supremamente errata,

  24 	e se esiste pure così quanto al mondo non si trova,
     	allora si può ritenere questo re come immortale e privo di vecchiaia,

  25 	'esiste oppure non esiste?' essendoci evidenza di non esistenza,
     	che cosa giunge a dire l'opinione sulla vita del mondo?

  26 	davanti agli occhi vi è la radice sia della ragione che delle scritture,
     	è evidente che la scrittura è contraddetta dalla dimostrazione oppure no,

  27 	laddove sia compiuta o fatta usare la riflessione 
     	un altro vivente dal corpo non è ammessa come opinione dei non credenti,

  28 	il seme nell'albero di banano, produce burro e profumo,
     	il ricordo delle vite la calamita, l'acqua da bere la pietra del sole,

  29 	nell'aldilà la fine dell'essere è sollecitata dagli dèi,
     	nella morte vi è la fine delle azioni, questa è la misura stabilita,

  30 	alcuni di questi motivi non sono dotati di forma,
     	l'immortale non cade nella stessa cosa del mortale,

  31 	alcuni dicono che vi è una nuova nascita per quelli che agiscono nell'ignoranza,
     	che è causa di avidità ed errore, e immersa nelle colpe,

  32 	dicono che l'ignoranza è il campo, e l'azione si fa come seme,
     	l'attaccamento nato dalle brame è la rinascita per costoro,

  33 	essendo così posto e bruciato l'animo di chi è mortale,
     	un altro corpo nasce da questo, questa dicono è la vera distruzione,

  34 	se è diverso per aspetto, nascita, studio e ricchezza,
     	come può non essere staccato da quello?

  35 	se le cose stanno così, quale merito vi è in forza, tapas, conoscenza e donazioni?
     	quando compie altre azioni, ottiene tutta un'altra cosa,

  36 	e se uno quaggiù diviene pieno di dolore per altri atti volgari, 
     	oppure da atti felici o dolorosi, anche questa conclusione si può vedere,

  37 	così uccidono un corpo colle mazze, e questo di nuovo vive,
     	e ciascuna conoscenza che sia altra da questa, non la ottiene,

  38 	stagione, anno, quindicine, caldo e freddo, piacere e dispiacere,
     	come tutti questi si vedono passare tale è la vera distruzione,  

  39 	essendo preso da vecchiaia, dalla morte e da distruzione,
     	come una casa che va distrutta costruita prima con punti deboli,

  40 	i sensi, la mente, il respiro, il sangue, la carne e le ossa,
     	uno dopo l'altro vanno distrutti, e ritornano ai propri elementi,

  41 	la misura delle cose mondane, e il frutto di dharma e donazioni,
     	è motivato dalle parole vediche, e dalle pratiche mondane,

  42 	rettamente così molti argomenti vengono in mente,
     	e non si può stabilire se la cosa è o non è,

  43 	alcuni pensando così, in ciascuna cosa si buttano,
     	dove fallisce l'intelletto, là ci si consuma come un albero,

  44 	così sono dolenti per fortune e sfortune tutti i viventi, 
     	e dai veda sono trattenuti come elefanti dalle loro guide,

  45 	molti, poveri di averi, bramano le ricchezze come portatrici di grandi gioie,
     	e incontrano grandissimi dolori, e abbandonata la preda cadono in preda alla morte,

  46 	di uno che deve morire incerta è la vita, che uso ha di parenti, amici e possessi? 
     	chi parte abbandonando tutto, al giusto tempo andato non ritorna,

  47 	terra, spazio, acqua, fuoco e vento, sempre custodiscono il corpo,
     	vedendo ciò, donde sorge il piacere? di chi deve morire non vi è rifugio,

  48 	segui dunque queste parole veritiere, supreme e salutari, e rivolte all'anima.'
     	il sovrano, esaminandole ne fu stupito, e si preparava ad interrogarlo ancora.”
     	
     


                              CCXII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ Janadeva della stirpe di Janaka istruito dal supremo ṛṣi,
     	ancora lo interrogava sul passaggio all'aldilà su vita e morte:

   2 	' o venerabile se vi è conoscenza per uno nell'aldilà,
     	così stando le cose, qual'è conoscenza o non conoscenza, e cosa farà?

   3 	tutto sembra pronto alla distruzione, guarda ciò o migliore dei ri-nati,
     	tra il vigile e il negligente, quale differenza vi sarà?

   4 	l'attaccato alle cose che esistono o il distaccato da quelle soggette alla fine,
     	chi ha qui la giusta decisione, chi qui è nella verità?'

   5 	vedendolo ancora sommerso dalla tenebra, quasi tremante e afflitto,
     	il saggio Pañcaśikha calmandolo colle sue parole gli diceva:

   6 	'non vi è qui stato di distruzione, non vi è distruzione della natura,
     	pure nell'unione di corpo con i sensi e la mente,
     	ciascuno agisce reciprocamente intenti nelle loro azioni, 

   7 	gli elementi hanno cinque aspetti: spazio, vento, luce, acqua e terra,
     	questi si uniscono secondo la propria natura e si separano nella propria natura,

   8 	di spazio, vento, calore, di fluido e di quanto è la terra,
     	così un unione di questi cinque è il corpo, non è un'unica cosa,
     	intelligenza, il calore e il vento sono tre aspetti che regolano l'agire,

   9 	sensi e oggetti dei sensi, la coscienza, il pensiero e la mente
     	il prāṇa e l'apāna e vikāra sono le parti qui prodotte,

  10 	udito, tatto, gusto, vista e odorato,  
     	sono i cinque sensi, le qualità che obbediscono alla mente,

  11 	là sono uniti al conoscere, connessi alle tre certe senzazioni,
     	che chiamano gioia e dolore e assenza di gioia e di dolore,

  12 	il suono, il toccabile, la forma, il sapore e l'odore, e il solido,
     	questi sono fino alla morte i cinque o sei aspetti per produrre la conoscenza,

  13 	in questi si producono le azioni, e la determinazione di ogni verità,
     	e questa dicono sia la suprema splendida idea, l'imperituro mahat, 

  14 	chi vede dentro la propria anima questo aggregato di qualità,
     	per questa sua vista errata, non estingue l'eterno dolore,

  15 	e chi ritiene non dell'anima quanto si vede:' neppure io sono mio.'
     	quale situazione è migliore di quella staccata dai molti dolori?

  16 	qui vi è di certo una retta idea, quella suprema che lascia ogni insegnamento,
     	ascolta quanto sarà affermato per la tua liberazione,

  17 	la rinuncia vale per tutte le azioni dette, 
     	ma chi agisce falsamente pensa sia un peso che porta dolore,

  18 	l'abbandono delle ricchezze è nell'agire, quello dei godimenti nei voti,
     	l'unione al tapas nella rinuncia alla gioie, e la perfezione nella rinuncia a tutto,

  19 	la via diritta appare quella di chi abbandona tutto,
     	che è l'eliminazione del dolore, ogni altra meta è difficile,

  20 	cinque ti ho detto i sensi della conoscenza, e sesta la mente che sono nel cervello,
     	ti parlerò invece dei cinque sensi dell'azione colla mente per sesta,

  21 	le mani sono il senso del fare, e i piedi quello dell'andare,
     	il fallo è per il piacere e la riproduzione, l'ano è l'organo per scaricare,

  22 	e la parola è per distinguere i suoni, questa dicono la via dalle cinque parti,
     	così sono undici, ma la mente si può abbandonare coll'intelletto,

  23 	nella funzione dell'udire, vi sono i tre: udito, suono e mente,
     	e così nel tatto, e nelle forme visive, e nel gusto e negli odori,

  24 	così queste cinque caratteristiche sono percepite,
     	con le quali ciascuna natura è implicata con i tre aspetti,  

  25 	questi tre sono sattvico, rajasico e tamasico,
     	questi sono i tre aspetti in cui sono generate tutte le senzazioni,

  26 	eccitazione, piacere, gioia, felicità e tranquillità interiore,
     	per qualche causa oppure no, sono nella mente la caratteristica sattvica,

  27 	scontettezza, rimpianto, sofferenza, avidità e mancanza di pace,
     	appaiono come i segni del rajas, con cause o senza cause,

  28 	assenza di giudizio, errore, negligenza, languore e sonnolenza,
     	in qualsiasi modo appaiano, sono i vari tipi delle qualità tamasiche,

  29 	quando vi sia nel corpo o nella mente un sensazione di piacere,
     	agisce la natura sattvika, così si deve intendere,

  30 	quando invece vi sia unita a sè una senzazione spiacevole di sofferenza,
     	è prodotta dal rajas, così si deve pensare,

  31 	e quando vi sia nel corpo o nella mente una sensazione di confusione,
     	indefinibile, e incomprensibile, allora il tamas la produce,

  32 	quanto è legato all'udire è il suono collegato all'udito,
     	che non ha nel conoscere il suono nessun'altra conoscenza,

  33 	e così è per il tatto, la vista, il gusto e l'odorato per quinto,
     	essi vi sono per toccare, vedere, gustare, e odorare e sopra vi è la mente,

  34 	la natura di ciascuno è unita insieme in questi dieci,
     	e sappi che la mente è l'undicesimo, il dodicesimo è l'intelletto,

  35 	se questi non fossero insieme non vi sarebbe illuminazione della tenebra,
     	ma essendo che sono insieme appare l'attività di tutto il mondo,

  36 	trascurando i sensi e vedendo quanto prima imparato,
     	si può pensare di non essere mosso dai tre guṇa pur essendone preso,

  37 	quando la mente è afflitta dal tamas, subito un incerto procedere
     	si compie facendo passare il tempo giusto, questo dicono una gioia tamasica,

  38 	e quando qualsiasi cosa connessa alla proprietà non sia interamente lasciata,
     	allora là il tamas fornisce una falsità come fosse vera, 

  39 	così è enumerata la qualità che confida nel proprio agire,
     	qualche volta agisce rettamente e in qualche parte non agisce,

  40 	così quelli che meditano sull'adhyātman questo aggregato lo chiamano kṣetra il campo, 
     	e la coscienza che sta sulla mente la dicono kṣetrajña il conoscitore del campo,

  41 	così stante, chi è o come può l'eterno andare distrutto?
     	a causa delle proprie nature agiscono tutti gli esseri,

  42  	come i fiumi giunti al mare, perdono forma e nome,
     	e non hanno più il loro stato, così è la distruzione dei viventi,

  43 	così stante, donde può esserci nella morte di nuovo la coscienza,
     	essendo così mescolato il jīva e standovi dentro?

  44 	chi però conosca l'idea della liberazione, e con cura cerchi l'anima,
     	non è toccato dai frutti indesiderati delle azioni, come foglia di loto spruzzata d'acqua,

  45 	libero dai molti e ferrei lacci, derivati dai viventi e pure dagli dèi,
     	quando costui abbandoni gioie e dolori, libero e privo di segni va alla suprema meta,
     	con gli auspicabili studi misurati dai veda, giace superando la paura di vecchiaia e morte,

  46 	lasciato il bene, e liberi dal male, distrutto ogni motivo di frutto,
     	stando nel puro cielo privo di segni, distaccati guardano il mahat,

  47 	come il ragno agisce stando nella sua tela mentre la produce,
     	così il liberato abbandona il dolore, e lo fa in pezzi come una zolla che cade su pietra,

  48 	come il ruru che lascia il suo vecchio corno, o come un serpente la sua pelle
     	lasciando, prosegue senza curarsene, così il liberato abbandona il dolore,

  49 	come un uccello lasciato un albero caduto nell'acqua, vola via senza attaccamento,
     	così lasciando gioie e dolori, liberi e senza legami si va alla più alta meta,

  50 	e pure dal re di mithilā fu cantato vedendo la sua città presa dal fuoco:
     	' nemmeno una spiga di grano è bruciata che sia mia.' così disse il sovrano in persona.'

  51 	il re dei videha queste parole immortali pronunciate da Pañcaśikha in persona,
     	interamente meditando per decidere, con grande felicità viveva privo di sofferenza,

  52 	chi studi questa intenzione di liberazione, non l'abbandoni e sempre la osservi,
     	non avrà sventure, e privo di dolore si libera come il re di mithilā incontrando Kapila.”
     


                              CCXIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ coll'agire come si ottiene la felicità? agendo come si cade nel dolore?
     	coll'agire come il perfezionato agisce sicuro al mondo o bhārata?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ gli anziani esperti dei veda elogiano l'autocontrollo,
     	per tutti i varṇa, e specialmante per i brahmani,

   3 	il perfezionamento degli atti non accade rettamente a chi non ha disciplina,
     	azioni sacre, tapas, e i veda sono tutti fondati sull'autocontrollo,

   4 	l'autocontrollo aumenta lo splendore, l'autocontrollo è chiamato il purificatore,
     	l'uomo privo di peccati e di paura, colla disciplina trova il supremo,

   5 	il controllato dorme felice, e felicemente si sveglia,
     	felicemente torna al mondo, e la sua mente è tranquilla,

   6 	l'energia è mantenuta col controllo, e il rude non ottiene ciò,
     	egli vede i numerosi nemici come sempre separati in sé,

   7 	come i carnivori, i non disciplinati ispirano sempre timore agli esseri,
     	e per reprimere costoro il re fu creato dal Nato-da-sé,

   8 	di tutti i modi di vita, l'autocontrollo è il superiore,
     	quanto frutto si ha nel dharma in questi, tanto si dice vi sia nel controllo,

   9 	ti parlerò delle caratteristiche di quelli che hanno autocontrollo,
     	generosità, tranquillità, soddisfazione, ricchezza di fede,

  10 	assenza d'ira, onestà, mai parole rudi, non supponenza,
     	onore e assenza di invidia verso il guru, pietà e innocuità verso gli esseri,

  11 	evitando parole di sfida o false, di elogio e di biasimo,
     	chi desidera il bene senza aver invidia ripone fiducia agli uomini,

  12 	il privo di ostilità, cortese, uguale nell'elogio e nel rimprovero,
     	il virtuoso, dotato di buona condotta, di animo pacificato, intelligente,
     	ottenendo onore al mondo nell'aldilà raggiunge il paradiso,

  13 	intento al bene di tutti gli esseri, non disprezza nessuna persona per arroganza,
     	come un grande lago tranquillo, soddisfatto della saggezza è in pace,

  14 	senza timore per tutti gli esseri, a nessuno porta timori,
     	onorato da tutti gli esseri, il controllato diviene un sapiente,

  15 	non si rallegra per grandi ricchezze, né si addolora in disgrazia,
     	pur se di moderata saggezza il controllato è detto un ri-nato,

  16 	dotato di istruzione, praticando azioni belle e virtuose,
     	sempre intento nel controllo egli gode di un grande merito,

  17 	assenza di invidia, perdono, pace interiore, soddisfazione, eloquio gentile,
     	sincerità, donazioni, assenza di fatiche, questa non è la via dei malvagi,

  18 	caduti in preda a brama ed ira, il brahamacārin dai vinti sensi,
     	praticando un fiero tapas, il brahmano dai saldi voti,
     	attendendo il suo tempo, vive al mondo come un'anima immortale.”
     


                              CCXIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ i ri-nati intenti ai voti, consumano le offerte sacrificali,
     	come deve essere il cibo desiderato dai brahmani o nonno?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“  alcuni con voti non presenti nei veda praticano i sacrifici e ne consumano,
     	e altri consumano violando i voti stabiliti dai veda o Yudhiṣṭhira.”

   3 	Yudhiṣṭhira disse:
     	" le genti ordinarie dicono che il digiuno è un tapas,
     	è questo un vero tapas, e cosa è dunque il tapas?”

   4 	Bhīṣma disse:
     	“ le genti ritengono che sia tapas un digiuno di metà mese,
     	giacché è dannoso per sé stessi è opinione dei virtuosi che non sia un tapas, 
     	la rinuncia e l'umiltà verso i buoni rimane il supremo tapas,

   5 	costui diventa un brahamacārin che sempre digiuna,
     	e sempre un muni savio, che sempre gode della divinità,

   6 	un capifamiglia che seguendo il dharma sempre veglia o bhārata,
     	che non mangia mai carni, e che sempre reciti le purificazioni,

   7 	costui sempre consuma l'amṛta, e non consuma mai veleno,
     	sempre si nutre dei resti sacrificali, e sempre ha cari gli ospiti.”

   8 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ com'e che sempre digiuna e com'è che sempre è un brahamacārin?,
     	e com'è che sempre si nutre dei resti e ha caro gli ospiti?”

   9 	Bhīṣma disse:
     	" chi nell'intervallo tra l'alba e il tramonto,
     	non consuma nulla diviene un perenne digiunatore,

  10 	il brahmano che si unisce alla moglie al giusto tempo è un brahamacārin,
     	e l'uomo che sempre parla a proposito e sempre con saggezza,

  11 	non consumando carne a piacere, uno diviene un vegetariano,
     	chi sempre dona diviene purificato, e uno che veglia, chi non dorme di giorno,

  12 	chi si nutre sempre dopo aver nutrito servi e ospiti,
     	è interamente uno che consuma l'amṛta, questo sappi o Yudhiṣṭhira,

  13 	il ri-nato che mai si nutre prima che abbiano mangiato questi,
     	per questa astensione conquista il paradiso,

  14 	i resti delle divintà, degli avi, dei servi e degli ospiti,
     	chi consuma, costui lo dicono un consuma offerte,

  15 	di costoro i mondi sono infiniti, nella dimora di Brahmā,
     	attorniati dalle apsaras, divengono pari ai celesti,

  16 	quelli che dividono il cibo con dèi e avi,
     	gioiscono con figli e nipoti, e ne hanno una meta suprema.”
     


                              CCXV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ l'azione fatta in questo mondo buona o cattiva,
     	si attacca all'uomo unendolo al frutto di essa o bhārata,

   2 	quando l'uomo ne sia l'autore, non vi è qui dubbio,
     	questo io vorrei udire in verità o nonno.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sul dialogo tra Prahrāda e Indra o Yudhiṣṭhira,

   4 	al distaccato, dai mali distrutti, nato di buona stirpe, di molta erudizione,
     	privo di arroganza e di egoismi, saldo nella verità e fedele agli accordi, 

   5 	uguale negli elogi e nei rimproveri, controllato, risiendente in un luogo deserto,
     	sapiente di nascita e distruzione degli esseri mobili e immobili,

   6 	privo di collera e di entusiasmi, riguardo a cose piacevolo e spiacevoli,
     	che guardava in modo uguale dell'oro ed una zolla,

   7 	saldo e risoluto nel conoscere la propria beatitudine,  
     	sapiente della grandezza e piccolezza degli esseri che ugualmente guardava,

   8 	a Prahrāda che era seduto coi sensi controllati in un luogo solitario, Śakra
     	avvicinandosi, desiderando conoscere quel saggio, diceva:

   9 	' quelle qualità per cui al mondo un uomo è stimato tra gli uomini,
     	noi vediamo in te, tutte queste qualità ben salde,

  10 	e la tua intelligenza appare simile quaggiù alle genti giovani,
     	pensando dunque a te stesso, cosa ritieni sia il meglio quaggiù,

  11 	tu fosti legato in vincoli, rimosso dalla tua posizione e caduto in mano ai nemici,
     	privato della ricchezza o Prahrāda, e non ti lamenti in questo deplorevole stato,

  12 	è per l'acquisto della saggezza, o figlio di Diti, o per la tua fermezza,
     	o Prahrāda, che hai aspetto tranquillo vedendo la tua disgrazia?'

  13 	così richiesto da lui quel saldo nel prendere decisioni,
     	con voce gentile diceva mostrando la propria saggezza:

  14 	'chi non conosce sorgere e distruzione degli esseri,
     	può avere dello stupore a causa della sua fanciullezza, non vi è stupore in chi vede ciò, 

  15 	per la propria natura sorge e viene distrutto,
     	tutto ciò che esiste e non esiste, non vi è azione umana,

  16 	in assenza di azione umana non vi è nessun autore,
     	e compiendosi da sé tutto questo, mai vi è quaggiù un suo autore,

  17 	chi ritiene di essere l'autore, delle cose buone o cattive,
     	ne ha la saggezza fallace, e non conosce sé stesso, così io credo,

  18 	se l'uomo fosse l'autore o Śakra, certamente del meglio per sé,
     	le azioni intraprese da lui avrebbero successo e non andrebbero mai in rovina,

  19 	assenza di svantaggi, e presenza di vantaggi,
     	apparirebbero nelle cose intraprese, a che servirebbe l'impegno umano? 

  20 	ma il prodursi dell'indesiderabile, e l'arrivo del desiderabile, 
     	indifferentemente vediamo in queste cose per propria natura,

  21 	alcuni supremi per intelligenza che si mostrano di bell'aspetto,
     	devono chiedere di aver ricchezze a brutti ceffi di scarsa intelligenza,

  22 	quando le qualità appaiono tutte legate alla propria natura,
     	sia le buone che le cattive, allora cosa c'è da vantarsi?

  23 	tutto viene di propria natura, questa la mia salda opinione,
     	la mia saggezza è radicata in me stesso, non è altrimenti,

  24 	io penso che quaggiù, il frutto buono o cattivo nasce dall'agire,
     	l'intero dominio delle azioni io ti illustrerò, ascoltalo,

  25 	come un uccello gridando mostra che c'è del becchime,
     	così tutte le azioni mostrano il segno della propria natura,

  26 	chi conosce le trasformazioni naturali, ma non conosce la suprema prakṛti,
     	costui ha delle perplessità per la sua fanciullezza, ma chi bene vede non ne ha,

  27 	essendo qui stabilito che tutti i viventi vivono nella propria natura,
     	quale orgoglio o vanto può compiere chi lo riconosce?

  28 	io so che l'intera condotta nel dharma per tutti gli esseri è impermanente,
     	perciò o Śakra, io non mi dolgo di tutto quello che ha una fine,

  29 	lontano dal possesso, e dall'egoismo, indifferente, libero dai legami, 
     	stando in me io vedo gli esseri uniti a nascita e distruzione,

  30 	in chi ha compiuta saggezza, controllo, assenza di brame e di desideri,
     	non si trova fatica alcuna o Śakra, in chi ben vede con conoscenza del mondo,

  31 	verso la natura, e i suoi mutamenti, io non ho piacere né odio,
     	io non scorgo oggi nessun nemico che venga a me,

  32 	io non desidero o Śakra, nessun luogo in alto, in basso o di lato,
     	né nella conoscenza mondana, né nella sapienza, né nell'ignoranza vi è rifugio.'

  33 	Śakra disse:
     	' il modo in cui hai ottenuto la saggezza, e raggiunto la pace interiore,
     	questo mezzo rettamente rivela o Prahrāda a me che te lo chiedo.'

  34 	Prahrāda disse:
     	' con onesta e vigilanza, avendo anima tranquilla,
     	con l'obbedienza agli anziani o Śakra, l'uomo ottiene la grandezza,

  35 	dalla propria natura ottiene la saggezza, alla pace interiore va per propria natura,
     	tutto quanto tu percepisci viene dalla propria natura.'”

  36 	Bhīṣma disse:
     	“ così istruito dal signore dei daitya, Śakra cadeva nella meraviglia,
     	e contento allora o re, quelle parole applaudiva,

  37 	e il Signore, sovrano del trimundio avendo onorato il re dei daitya,
     	salutando il re degli asura, tornava alla sua dimora.”
     


                              CCXVI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	' con quale intelligenza il sovrano privato delle ricchezze può vivere sulla terra,
     	oppresso dal bastone del fato, questo dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sul dialogo del Vāsava e di Bali figlio di Virocana,

   3 	recatosi dal Grande-avo, inchinandosi a mani giunte,
     	il Vāsava avendo vinto tutti gli asura, lo interrogava su Bali:

   4 	' questo Bali la cui ricchezza pur donandola non si esaurisce
     	mai, io non lo trovo o Brahmā, parlami dunque di Bali,

   5 	egli andando a tramontare illuminava tutte i luoghi,
     	infaticabile faceva piovere piogge secondo il giusto tempo,
     	io non trovo questo Bali o Brahmā, parlami dunque di Bali,

   6 	egli è Vāyu, e Varuṇa, egli è il sole e la luna,
     	egli è Agni che scalda gli esseri, ed è pure la terra,
     	io non lo trovo questo Bali o Brahmā, parlami dunque di Bali.'

   7 	Brahmā disse:
     	' non è giusto o dio delle nuvole, che tu questo mi chieda,
     	richiesto non posso dire una menzogna, perciò ti parlerò di Bali,

   8 	se è tra i bufali, o i bovidi, o tra i muli o i cavalli,
     	sarà il migliore dei nati, in un luogo deserto o marito di Śacī.'

   9 	Śakra disse:
     	' se Bali o Brahmā, si è recato in un luogo solitario,
     	il modo in cui io lo uccida o non lo uccida rivelami o Brahmā.'

  10 	Brahmā disse:
     	' non voler uccidere Bali o Śakra, Bali non merita la morte,
     	ma sulle leggi o Śakra, devi chiedere a lui o Vāsava a tuo piacere.'

  11 	Bhīṣma disse:
     	“così apostrofato dal Beato, il grande Indra allora percorreva
     	la terra, salito sul dorso di Airāvata coperto di splendore,

  12 	e quindi scorgeva Bali sotto l'aspetto di un mulo,
     	come aveva detto il Beato, preso rifugio in un luogo solitario.

  13 	Śakra disse:
     	' avuta una nascita da mulo, ti nutri di granaglie o dānava,
     	e per questa vile nascita ti duoli o non ti duoli?

  14 	io vedo una cosa mai vista che sei caduto in mano ai nemici,
     	privato della prosperità e degli amici, perduto il valore e l'ardimento,

  15 	tu che circondato da migliaia di carri dei parenti,
     	opprimendo tutti i mondi procedevi senza considerazione per noi,

  16 	e i tuoi principali daitya stavano ai tuoi ordini,
     	e la terra dava frutti senza lavorarla sotto il tuo regno,
     	e oggi di questa tua sventura ti duoli o non ti duoli?

  17 	quando sull'antica riva del mare stavi a leccarti le labbra,
     	avendo diviso la tua ricchezza coi parenti, qual'era il tuo animo?

  18 	quando le fanciulle divine a migliaia riunite danzavano per te,
     	che acceso di splendore ti rallegravi per moltissimi anni,

  19 	tutte con ghirlande di loti, tutte splendenti d'ori,
     	e oggi allora com'è il tuo animo o signore dei dānava?

  20 	tu avevi un grandissimo parasole tutto d'oro incrostato di gemme,
     	laddove i gandharva in seimila moltiplicati per sette danzavano,

  21 	un palo sacrificale grandissimo avevi sublime tutto d'oro,
     	laddove tu donavi dieci miriadi di migliaia di vacche,

  22 	quando l'intera terra percorrevi sacrificando,
     	seguendo la regola del lancio del bastone che vi era nel tuo cuore?

  23 	non vedo il tuo vaso regale, né il parasole o il flabello,
     	e non vedo la ghirlanda che ti diede Brahmā o signore degli asura.'

  24 	Bali disse:
     	' tu non vedi il vaso regale, né parasole o flabello,
     	e non vedrai o Vāsava la ghirlanda che mi diede Brahmā,

  25 	sono depositate in una grotta le mie gemme di cui chiedi,
     	e quando verrà il momento allora tu le vedrai,

  26 	ma questo non è degno della tua gloria o della tua stirpe,
     	che prospero questo vuoi chiedere a me privo di prosperità,

  27 	non si dolgono nei mali, né si rallegrano nella prosperità,
     	quelli di compiuta saggezza, felici nella conoscenza, pazienti, buoni e intelligenti

  28 	tu con volgare intelletto o Distruggi-fortezze mi vuoi umiliare,
     	quando tu sarai come me, allora non parlerai così.'”
     


                              CCXVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ di nuovo allo ridendo Śakra diceva questo,
     	rivolgendosi a lui che soffiava come un serpente o bhārata:

   2 	' di te che circondato da migliaia di carri dei tuoi parenti,
     	procedevi tormentando tutti i mondi, senza curarti di noi,

   3 	vedendo questo tuo miserevole stato o Bali,
     	abbandonato da parenti e amici, ti duoli o non ti duoli?

   4 	e vedendo l'ineguagliabile piacere che avevi prima coi mondi in tua mano,
     	e questa odierna sventura, ti duoli o non ti duoli?'

   5 	Bali disse:
     	' vedendo questo impermanente, soggetto al mutamento del fato,
     	perciò o Śakra, io non me ne dolgo, tutto è soggetto alla fine,

   6 	hanno fine i corpi degli esseri o signore degli immortali,
     	per questo o Śakra, io non mi dolgo, non vi è offesa per me,

   7 	la vita e il corpo nascono e muoiono insieme,
     	entrambi insieme crescono, e insieme periscono,

   8 	ottenuta una tale natura interamente senza volerlo,
     	se di ciò sono consapevole, quale tormento ne avrò io che lo conosco?

   9 	nascita e morte degli esseri sono come il mare per i fiumi,
     	gli uomini che rettamente lo sanno non si stupiscono o dio dalla folgore,

  10 	quelli invece che così non conoscono, presi dall'errore rajasico,
     	caduti nella sventura si abbattono, e la loro intelligenza perisce,

  11 	l'uomo ottenuta l'intelligenza si libera da ogni colpa,
     	e privo di colpe ottiene il sattva, e nel sattva vive tranquillo,

  12 	quelli che invece muoiono e nascono continuamente,
     	miserevoli si tormentano, trasportati dalle avversità,

  13 	il successo e l'insuccesso, la vita e la morte,
     	il frutto delle gioie e dei dolori, io non li desidero né li odio,

  14 	già ucciso uccide uno ucciso l'uomo che uccide qualcuno,
     	e nessuno dei due conosce chi uccide e chi è ucciso, 

  15 	l'uomo che si trova ad aver ucciso, e a vincere o dio nuvoloso,
     	non è l'autore di ciò, ma agisce come l'autore,

  16 	chi produce l'origine e la fine del mondo?
     	questa è compiuta da una causa, e l'autore di questo è un altro,

  17 	terra, vento, spazio, acque e luce per quinta,
     	sono questi gli elementi che sono originari, che c'è da lamentarsi?

  18 	il grande sapiente e l'ignorante, il forte e chi è debole,
     	il bello e il brutto, il fortunato e chi è sfortunato,

  19 	sono tutti trascinati dal tempo che è profondo nella sua energia,
     	e una volta caduti in preda del fato, quale tormento avrò conoscendo ciò?

  20 	una cosa bruciata si brucia, uno già ucciso si uccide,
     	una cosa già distrutta si distrugge, l'uomo ottiene quanto deve ottenere,

  21 	non vi sono isole qui, come dunque si vedrà l'altra sponda?
     	io non vedo la fine di questa divina legge, anche pensandoci,

  22 	se io non vedessi che è il fato che distrugge gli esseri,
     	ne avrei gioia, orgoglio e collera o marito di Śacī,

  23 	ma vedendo che io mi nutro di grano in questo luogo privo di gente,
     	portando l'aspetto di un somaro, mi umilii rivolgendoti a me,

  24 	volendo io posso assumere su di me molti aspetti,
     	così orribili a vedersi, che tu potresti fuggire da me,

  25 	il tempo tutto porta via, il tempo tutto conferisce,
     	dal tempo tutto è separato, non brandire la tua virilità o Śakra,

  26 	un tempo tutto tremava quando io ero adirato o Distruggi-fortezze,
     	ma io guardo o Śakra, al dharma eterno del mondo,

  27 	tu pure guarda in questo modo, non cadere da te nell'errore,
     	generazione e potenza non stanno mai radicate in te,

  28 	tu hai un pensiero infantile ora come avevi un tempo,
     	guarda o dio nuvoloso, all'intelligenza, ricerca la beatitudine,

  29 	dèi, uomini, antenati, gandharva, uraga e rākṣasa,
     	tutti erano in mio potere, tutto questo sappi o Vāsava,

  30 	' sia reso onore al luogo in cui sta Bali figlio di Virocana.'
     	in questo modo mi avvicinavano con le menti confuse dall'invidia,

  31 	io non mi addoloro per questa mia decadenza o marito di Śacī,
     	questa è la decisione presa da me, io rimango nelle mani del punitore,

  32 	appare che il nato di buona stirpe, bello a vedersi e potente,
     	viva nel dolore assieme ai consiglieri, perché così deve essere,

  33 	e uno sciocco di cattiva stirpe, appare invincibile o Śakra,
     	vivendo felice coi suoi ministri, perché così deve essere,

  34 	una nobildonna dotata di bellezza appare sfortunata o Śakra,
     	e una senza meriti né bellezza appare fortunatissima o Śakra,

  35 	questo non è compiuto da noi o Śakra, né da te è fatto o Śakra,
     	come tu sei fatto o dotato della folgore, così pure noi siamo fatti,

  36 	nessuna azione tu compi né gli altri come posso dunque io o Cento-riti?
     	anche la prosperità oppure la miseria è soggetta al mutamento,

  37 	io guardo te splendente divenuto il re degli dèi,
     	prosperoso, pieno di dignità che tuoneggi sopra di me,

  38 	se il fato non mi avesse preso stando così,
     	io ti avrei abbattuto oggi con un pugno pur armato di folgore,

  39 	ma questo non è tempo del valore, è giunto il tempo della pace
     	il tempo ferma ogni cosa, e il tempo la fa maturare,

  40 	se il fato mi ha raggiunto quando ero il potente signore dei dānava,
     	che tuonava potentemente, cos'altro non mi raggiungerà?

  41 	di tutti voi dodici āditya grandi anime, 
     	io da solo mi ero preso i poteri o re degli dèi,

  42 	io sollevavo le acque e le facevo piovere o Vāsava,
     	ed io riscaldavo il trimundio, e lo illuminavo,

  43 	io proteggevo, distruggevo, donavo e prendevo,
     	io governavo e punivo come potente signore dei mondi,

  44 	ora questa mia potenza è cessata o signore degli immortali,
     	essendo assalito dall'esercito del fato tutto ciò più non mi appare,

  45 	io non ne sono l'autore, e neppure tu ne sei l'autore o marito di Śacī,
     	i mondi si inchinano al mutamento del tempo inevitabilmente o Śakra,

  46 	le persone sapienti dei veda dicono che ha mesi e quindicine per casa,
     	fornita di giorni e notti, le stagioni per porte, gli anni per facciata,

  47 	alcune persone dicono che tutto ciò deve essere pensato con intelligenza,
     	le cinque parti di questo pensiero io le cerco così divise in cinque,

  48 	il grande brahman è come un oceano d'acque profondo e inaccessibile,
     	senza principio né fine e lo dicono il supremo imperituro,

  49 	pur essendo senza attributi di per sé dà gli attributi ai viventi,
     	gli uomini che vedono il vero, lo pensano immutabile,

  50 	si pensa che cada nel mutamento degli elementi,
     	ma questo non avviene in questo modo, esso è superiore alla natura,

  51 	è la meta di tutti gli esseri, e non raggiungendolo dove andrai?
     	non si può evitare fuggendo, né si può lasciare restando,
     	e tutti i cinque sensi non lo possono percepire,

  52 	alcuni lo dicono Agni, e altri lo dicono Prajāpati,
     	le stagioni, i mesi, le quindicine, i giorni, e gli istanti,

  53 	il primo mattino, la fine del giorno, e il mezzogiorno altri lo dicono,
     	e le ore, pur essendo unico è una moltitudine, 
     	sappi che questo è il Tempo che tutto ha in suo potere,

  54 	molte migliaia di Indra sono passati o Vāsava,
     	dotati di forza e valore come te o marito di Śaci,

  55 	e pure te il fortissimo Śakra il potentissimo re degli dèi,
     	il formidabile Tempo estinguerà al momento opportuno,

  56 	è lui che prende ogni cosa, perciò stai saldo o Śakra,
     	né tu, né io, né gli antichi siamo in grado di fermarlo,

  57 	la prosperità regale ottenuta che ritieni suprema,
     	era salda in me, essa è vana, e non rimane dove sta,

  58 	è stata di migliaia di Indra, superiori a te,
     	e mobile mi ha abbandonato, ed è giunta a te o signore degli dèi,

  59 	non tormentarmi ancora o Śakra devi restare tranquillo,
     	così come giunta, abbandonandoti rapida raggiungerà un altro.'”
     


                              CCXVIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ quindi il Cento-riti scorgeva la splendida Śrī nel proprio aspetto,
     	uscire allora dal corpo di Bali grand'anima,

   2 	e vedendola accesa di splendore, il beato punitore di Pāka,
     	il Vāsava cogli occhi spalancati per lo stupore chiedeva a Bali:

   3 	' o Bali, chi è questa splendida dagli alti capelli,
     	che stava in te, coi suoi bracciali accesa del proprio splendore?'

   4 	Bali disse:
     	' non so se ella è una asura, o se una dea o un'umana,
     	a lei domanda, oppure agisci come credi o Vāsava.'

   5 	Śakra disse:
     	' chi sei tu che splendida con alti capelli esci da Bali?
     	rivela a me che non lo so, il tuo nome o bel-sorriso,

   6 	chi sei tu che stai come per magìa accesa del tuo splendore,
     	dopo aver lasciato il signore dei daitya o belle ciglia? questo dimmi in verità.'

   7 	Śrī disse:
     	' non sa chi sono Virocana, né mi conosce Bali il figlio di Virocana,
     	mi chiamano l'irresistibile, e così mi conoscono come il Desiderio,

   8 	e mi chiamano Bhūti, Lakṣmī e Śrī così o Vāsava,
     	e tu non mi conosci o Śakra, nessuno degli dèi mi conosce.'

   9 	Śakra disse:
     	' perché tu vieni a me, perché eri da Bali,
     	o Irresistibile, e lo hai lasciato avendo con lui abitato a lungo?'

  10 	Śrī disse:
     	' né il Creatore né l'Ordinatore mi comandano in alcun modo,
     	il Tempo o Śakra mi muove, non disprezzare costui o Śakra.'

  11 	Śakra disse:
     	' perché hai abbandonato Bali, per quale motivo o alti-capelli?
     	e perché non abbandoni me? questo dimmi o bel-sorriso.'

  12 	Śrī disse:
     	' salda io sono nella verità, nel donare, nei voti e nel tapas,
     	nell'ardimento e nel dharma, Bali allora se ne allontanò,

  13 	religioso sempre egli era, di sincera parola, dai sensi vinti,
     	poi si indignava con i brahmani, e toccava il burro con le mani sporche,

  14 	un tempo essendo stato intento ai sacrifici, poi diceva ai mondi:
     	' sacrificate a me.' quell'anima folle, oppresso dal fato,

  15 	lasciatolo quindi o Śakra, io vivrò in te o Vāsava,
     	mi devi tenere con cura, col tapas e col tuo valore.'

  16 	Śakra disse:
     	' vi è dunque un uomo tra gli dèi, gli uomini e tra tutti gli esseri,
     	che sia in grado di conquistarti o tu che risiedi nei loti?'

  17 	Śrī disse:
     	' non vi è nessun dio, né gandharva, né asura né rākṣasa, 
     	che sia in grado di conquistarmi da solo o Distruggi-fortezze.'

  18 	Śakra disse:
     	' resta con me per sempre, come mi dirai o bella,
     	io agirò, tu devi dirmi delle parole veritiere.'

  19 	Śrī disse:
     	' come io per sempre stia con te ascolta o re degli dèi,
     	dividimi in quattro parti secondo le regole stabilite dai veda.'

  20 	Śakra disse:
     	' io ti terrò secondo il mio potere e la mia forza,
     	e non porterò offesa mai vicino a te o Lakṣmī,

  21 	la terra gli uomini supporta facendo il loro bene,
     	la terra supporterà un quarto di te, ne è in grado io ritengo.'

  22 	Śrī disse:
     	' fissato è questo mio quarto che sulla terra è stabilito,
     	perciò stabilisci il luogo o Śakra, del mio secondo quarto.'

  23 	Śakra disse:
     	' l'acqua servizievole scorre tra gli uomini,
     	ella reggerà un tuo quarto, è sufficente l'acqua e reggerti.'

  24 	Śrī disse:
     	' fissato è questo mio quarto che fu messo nell'acqua,
     	perciò stabilisci il luogo del mio terzo quarto o Śakra.'

  25 	Śakra disse:
     	' colui in cui dèi, sacrifici e i veda sono radicati,
     	Agni il tuo terzo quarto costantemente reggerà.'

  26 	Śrī disse:
     	' fissato è questo mio quarto che è stabilito nel fuoco,
     	perciò stabilisci il luogo per il mio quarto quarto o Śakra.'

  27 	Śakra disse:
     	' quelli che sono i virtuosi dalle sincere parole e pii tra gli uomini,
     	reggeranno questo tuo quarto, bastano i virtuosi a reggerti.'

  28 	Śrī disse:
     	fissato è questo mio quarto che è stabilito sui virtuosi,
     	e così avendo stabilito o Śakra, distribuiscimi tra gli esseri.'

  29 	Śakra disse:
     	' tu da me sei stata quaggiù divisa in questi esseri,
     	da me sarà ucciso chi ti offendesse, così ascoltino le mie parole.'”

  30 	Bhīṣma disse:
     	“ quindi abbandonato da Śrī, il re dei daitya diceva:
     	' finché stando ad est il sole riscalda la regione meridionale,

  31 	e la occidentale, e pure finché riscaldi la settentrionale,
     	ma quando a mezzogiorno Sūrya andrà al tramonto,
     	di nuovo ci sarà la guerra tra dèi e asura, e allora vi vincerò,

  32 	quando il sole stando fermo tormenterà tutti i mondi,
     	allora nello scontro tra dèi e asura, io ti vincerò o Cento-riti.'

  33 	Śakra disse:
     	' da Brahmā mi fu ordinato di non ucciderti,
     	per questo io o Bali, non ti scaglio la folgore sulla testa,

  34 	dove desideri vai o re dei daitya, che la fortuna sia con te o grande asura,
     	il sole mai riscalderà stando fermo a metà cammino,

  35 	fu un tempo stabilito un accordo con lui dal Nato-da-sé,
     	perpetuamente si muove sinceramente scaldando le creature,

  36 	e il suo percorso per sei mesi è settentrionale, e quindi meridionale,
     	e in questo modo percorre i mondi il sole, creando freddo e caldo.'”

  37 	Bhīṣma disse:
     	“ così apostrofato da Indra, il re dei daitya Bali o bhārata,
     	andava nella regione meridionale, e il Distruggi-fortezze invece a nord,

  38 	e così le parole cantate da Bali, prive di ogni senso di sé,
     	avendo udite il Mille-occhi, saliva allora al cielo.”
     


                              CCXIX


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ pure qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione tra il Cento-riti e Namuci o Yudhiṣṭhira,

   2 	a lui abbandonato dalla prosperità, che sedeva come un oceano privo di onde,
     	sapiente dell'origine e della fine degli esseri, così parlava il Distruggi-fortezze:

   3 	' legato in vincoli, rimosso dal tuo stato, caduto in mano ai nemici,
     	privato della prosperità, ti duoli o non ti duoli o Namuci?'

   4 	Namuci disse:
     	' non si deve lamentarsi, e tormentare il corpo,
     	i nemici si rallegreranno, non vi sono aiuti nel dolore,

   5 	perciò o Śakra io non mi dolgo, tutto questo è soggetto alla fine,
     	dal dolersi va in rovina il proprio aspetto e anche il dharma o signore dei celesti,

   6 	impurità e dolore giungono sorti dalla depressione,
     	chi intende deve meditare con la mente su quanto è nobile nel cuore,

   7 	in qualsiasi modo l'uomo pone mente all'eccellenza,
     	allora tutti i suoi scopi hanno successo, non vi è qui dubbio,

   8 	uno solo comanda, non vi è un secondo capo, comanda pure l'uomo che giace nel grembo,
     	da egli diretto come l'acqua da un precipizio, come indicato io mi conduco,

   9 	pur conoscendo il meglio di nascita e morte, il meglio che conoscevo non ho compiuto,
     	compiendo i desideri di protezione degli amici, come indicato io mi conduco,

  10 	qualsiasi cosa si deve ottenere, questa si ottiene,
     	come tutto deve essere, così esso accade,

  11 	laddove il creatore ha stabilito debba stare chi nasce,
     	in quel luogo deve risiedere, non dove vuole,

  12 	'la natura che ho ottenuto doveva essere la mia,'
     	chi così sempre sta, mai cadrà nell'errore,

  13 	non vi è un nemico nei colpi del mutare dei tempi,
     	questo è il dolore, e chi ne soffre pensa di esserne l'autore,

  14 	i ṛṣi, gli dèi, i grandi asura, i maestri dei tre veda, e i muni nelle foreste,
     	in quali sventure non cadono al mondo? ma i sapienti di alto e basso non si agitano,

  15 	il sapiente non si adira né si attacca, non si abbatte né si entusiasma,
     	né si duole nelle sventure e difficoltà, saldo per natura come il monte himavat,

  16 	chi non si rallegra per un supremo successo, e non si confonde in tempo disgraziato,
     	chi risiede così in mezzo a gioie e dolori, è un uomo che sa vivere,

  17 	qualsiasi condizione l'uomo raggiunga, di questa si contenti senza dolersi,
     	così deve scacciare dal corpo l'aflizione che dal dolore è cresciuta nella mente,

  18 	il partecipante ad un assemblea che raggiuntala non la veda sicura,
     	questo intelligente immerso nel vero dharma, che se ne va è un uomo che sa vivere,

  19 	le azioni del saggio sono difficili da farsi, e il saggio non si confonde davanti all'errore,
     	se non si confuse Gautama rimosso dal suo stato, da vecchio caduto in infausta sventura,

  20 	né con la forza dei mantra, né colla saggezza o la valentìa,
     	si ottiene l'inottenibile, e il mortale qui che ha da lamentarsi?

  21 	quanto hanno stabilito un tempo prima che nascessi, i creatori,
     	questo io seguirò, che mi può fare la morte?

  22 	quanto si deve ottenere si ottiene, si raggiunge quanto si deve,
     	e si ottengono i dolori e le gioie che sono stabiliti,

  23 	l'uomo che interamente conosce questo, non si confonde,
     	esperto di dolori e gioie egli è signore di ogni ricchezza.'”
     


                              CCXX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ qual'è la cosa migliore per un uomo sprofondato in infausta sventura,
     	perduti i parenti o signore della terra, oppure anche perduto il regno?

   2 	tu sei il supremo sapiente al mondo per noi o toro dei bhārata,
     	e questo io ti chiedo, e tu devi illustrarmelo.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“per chi ha perduto le goie di moglie e figli, e la ricchezza, per chi è sprofondato
     	in infauste avversità, la cosa migliore da farsi è la fermezza o sovrano,

   4 	il corpo del virtuoso che possiede intelligenza, non va mai in rovina,
     	e con la sanità del corpo ancora si trova la prosperità,

   5 	il re i cui uomini o caro, siano saldi nella condotta sattvika,
     	possiede fermezza e intelligenza, e determinazione nelle imprese,

   6 	anche qui raccontano una storia antica,
     	ancora sul dialogo tra Bali e i Vāsava o Yudhiṣṭhira,

   7 	scoppiata la guerra tra dèi e asura, distrutti daitya e dānava,
     	dopo che Viṣṇu camminava tra i mondi, e il Cento-riti fu re degli dèi,

   8 	e i quattro varṇa erano impegnati a sacrificare agli dèi,
     	e prosperava il trimundio essendo contento il Nato-da-sé,

   9 	il Signore era attorniato dai rudra, dai vasu, dagli aśvin e dai ṛṣi,
     	dai gandharva, dai re dei serpenti, e dagli altri siddha,

  10 	e salito su Airāvata, quel re degli elefanti dalle quattro zanne,
     	ben addestrato e coperto di ricchezze, Śakra percorreva il trimundio,

  11 	un giorno sulla riva del mare in una grotta montana,
     	il dio dalla folgore, scorgeva Bali figlio di Virocana e lo avvicinava,

  12 	e scorgendo Indra, il re degli dèi sul dorso di Airāvata circondato 
     	dalle schiere celesti, il re dei daitya non si doleva né si agitava,

  13 	e veduto Bali che se ne stava immutato e senza paura,
     	il Cento-riti sul dorso del supremo elefante, gli diceva:

  14 	' o daitya tu non tremi perché sei prode, o per rispetto degli anziani?
     	perché sei dotato di tapas, o per qualche altro modo arduo da compiere?

  15 	finito in mano ai nemici privato della tua incomparabile posizione,
     	o figlio di Virocana, a cosa ti affidi che non te ne duoli dovendo farlo?

  16 	avendo ottenuta la supemazia sui tuoi parenti, e goduto di supremi beni,
     	privato del regno e delle forze, dimmi perché non te ne duoli,

  17 	divenuto un tempo signore nel regno avito,
     	tu oggi vedendolo preso dai nemici, perché non te ne duoli? 

  18 	legato dai lacci di Varuṇa, e colpito dalla folgore,
     	presoti mogli e ricchezze, dimmi perche non te ne duoli?

  19 	persa la prosperità, e perduto il potere è arduo da farsi il non dolersi,
     	chi altri perduta la sovranità del trimundio potrebbe vivere?'

  20 	superiore a quelle e ad altre offese da lui pronunciate,
     	che aveva udite, felicemente tranquillo Bali figlio di Virocana diceva:

  21 	' essendo io fortemente in vincoli o Śakra, che vale parlare?
     	io ti vedo davanti a me che hai alzato la tua folgore o Distruggi-fortezze,

  22 	un tempo ne eri incapace com'è accaduto che ora ne sei capace?
     	chi altri che te può dire queste parole cosi crudeli?

  23 	chi avendo il nemico in suo potere è capace di averne pietà,
     	di questo valoroso in mano sua, dicono che sia un uomo,

  24 	e dubbio nelle battaglie lo scontro di due,
     	uno ottiene la vittoria, e uno la sconfitta,

  25 	non pensare che sia il tuo naturale stato o che io o toro fra gli dèi,
     	sia il Signore di tutti gli esseri vinto col valore e la forza,

  26 	questo non l'abbiamo compiuto noi, o Śakra, né l'hai compito tu,
     	quello che tu sei ora o folgoratore, anche noi lo eravamo,

  27 	io ero come sei tu ora, e tu sarai come siamo ora noi,
     	non disprezzare le azioni fatte da me ardue da farsi,

  28 	l'uomo ottiene gioia e dolore in successione,
     	per il corso del tempo hai la sovranità o Śakra non per il tuo agire,

  29 	il Tempo nel tempo mi conduce, e il Tempo conduce anche te,
     	per questo io non sono oggi come sei tu, e tu non sei come siamo noi,

  30 	né obbedendo a madre e padre, né venerando gli dèi,
     	né altra condotta di qualità porta felicità all'uomo,

  31 	né la sapienza, né tapas o donazioni, né amici, né parenti,
     	possono proteggere l'uomo colpito dal fato,

  32 	una sventura giunta, neppure con cento impedimenti
     	gli uomini possono evitare solo con la forza dell'intelligenza,

  33 	per quelli colpiti dal corso del tempo non vi è un salvatore,
     	ma vi è il dolore o Śakra per chi si ritiene l'autore,

  34 	se uno fosse l'autore, l'autore dovrebbe essere creato prima,
     	giacché il creatore è creato allora il vero creatore non ha superiore,

  35 	per il fato io ti vinsi, e per il fato sono stato vinto da te,
     	il tempo è il motore di quelli che si muovono, il tempo segue ogni creatura,

  36 	tu o Indra parlando insensatamente con l'intelletto naturale non lo capisci,
     	molti pensano che tu abbia ottenuto la supremazia per il tuo agire,

  37 	come può dunque uno come noi, conoscendo le regole del mondo,
     	e colpito dal fato dolersi o anche confondersi deluso negli intenti?

  38 	oppure la mia mente o di uno come me posseduto dal fato,
     	caduto nella sventura, come può sprofondare come una nave spaccata?

  39 	io e te e gli altri che saranno signori dei celesti,
     	tutti quanti o Śakra percorreremo la via gia percorsa da centinaia di Indra,

  40 	pure te che sei più che invincibile, splendente di suprema prosperità,
     	il Tempo distruggerà come me, nel mutare dei tempi,

  41 	molte migliaia di Indra e di daitya di yuga in yuga,
     	furono abbattuti dal tempo, il tempo è insuperabile,

  42 	avendo tu ottenuto il tuo stato, molto pensi
     	di essere il dio di tutti gli esseri come l'eterno Brahmā,

  43 	ma non vi è uno stato inamovibile o eterno per nessuno,
     	e tu per intelligenza infantile pensi questo di te,

  44 	tu confidi in una cosa non vera, tu ritieni eterna una cosa non eterna,
     	tu per confusione mentale desideri la prosperità regale pensandola tua,

  45 	ma né la tua, né la nostra, né quella di altri è una cosa stabile,
     	passando da molti altri in te ora è fissata,

  46 	e per qualche tempo stata con te o Vāsava, la dea fortuna,
     	come una vacca che si allontana dal fontanile, verso un altro andrà,

  47 	sono trascorsi dei mondi regali che non possono essere contati,
     	e molti più altri ne verrano dopo di te o Distruggi-fortezze,

  48 	con i suoi alberi, piante e gemme, piena dei suoi fiumi e montagne,
     	quelli che hanno goduto di questa terra io ora più non li vedo,

  49 	Pṛthu, Aila, Maya, Bhauma, Naraka, e Śambara,
     	Aśvagrīva, Puloman, Svarbhānu, Amitadhvaja,

  50 	Prahrāda, Namuci, Dakṣa, Vipracitti, Virocana,
     	Hrīniṣedha, Suhotra, e Bhūrihan, Puṣpavat, Vṛṣa,

  51 	Satyeṣu, Ṛṣabha, Rāhu, Kapilāśva, Virūpaka,
     	Bāṇa, Kārtasvara, Vahni, Viśvadaṃṣṭra, e Nairṛta,

  52 	Rittha e Ahuttha, Vīrata e Amra, Varāhāśva, Ruci, Prabhu,
     	Viśvajit, Pratiśauri, Vṛṣāṇḍa, Viṣkara, Madhu,

  53 	e Hiraṇyakaśipu, e il dānava Kaiṭabha,
     	e i daitya e i kālakhañja, tutti questi assieme ai figli di Nirṛti,

  54 	questi e molti altri che prima, e prima ancora sono stati
     	re dei daitya e re dei dānava e altri che non ricordiamo,

  55 	molti che sono stati prima re dei daitya, sono morti, lasciando la terra,
     	tutti colpiti dal Tempo, il Tempo è il più forte, 

  56 	tutti hanno sacrificato con cento riti, non sei tu solo il Cento-riti,
     	tutti erano devoti al dharma, e tutti sempre a sacrificare,

  57 	tutti volavano nell'aria, e tutti combattevano senza volger la schiena,
     	tutti dotati di solidità, tutti di braccia d'acciaio,

  58 	tutti capaci di cento magìe, e tutti che si muovevano a piacere,
     	tutti quando scesi a combattere non furono mai sconfitti,

  59 	tutti devoti in voti sinceri, e tutti che si deliziavano a volontà,
     	tutti devoti ai voti e ai veda, e tutti erano di molti studi,

  60 	tutti divennero signori di completa sovranità,
     	e nessuno di queste grandi anime ebbe prima arroganza nella sovranità,

  61 	tutti generosi di quanto avevano, tutti liberi da invidie,
     	tutti che procedevano rettamente verso tutti gli esseri,

  62 	tutti figli della figlia di Dakṣa e forti discendenti di Prajāpati, 
     	splendenti, e potenti, a tempo furono distrutti,

  63 	e tu quando dopo aver ottenuta la terra, di nuovo la lascerai,
     	allora non sarai in grado o Śakra, di trattenere il tuo dolore,

  64 	lìberati dalla brama dei beni desiderabili, lìberati dall'orgoglio della prosperità,
     	e così quando perderai il tuo regno tu ne sopporterai il dolore,

  65 	non dolerti al momento del dolore, e non rallegrarti al momento della gioia,
     	trascurando passato e futuro, agisci nel presente,

  66 	il fato mi ha raggiunto che ero sempre concentrato e attivo,
     	stai quieto o Indra, tra non molto anche te raggiungerà,

  67 	cercando di farmi tremare o re degli dèi, mi ferisci qui colle parole,
     	e giacché io sono legato tu pensi molto di te stesso,

  68 	il fato mi ha raggiunto per primo, e poi correrà da te,
     	per questo rumoreggi o re degli dèi, perché per primo mi ha distrutto,

  69 	chi poteva starmi davanti al mondo quando ero infuriato in battaglia?
     	il fato è il più forte, e catturato io da lui, tu mi stai davanti o Vāsava,

  70 	quando dovrà avvenire la fine di questi migliaia d'anni,
     	come le mie, tutte le tue membra avranno nuovo aspetto, perduto lo splendore,

  71 	io fui scalzato dallo stato di sovranità, e tu Indra, fosti posto in cielo,
     	essendo variabile il mondo dei viventi, sei venerato per il mutamento del tempo,

  72 	per aver fatto cosa o Indra, tu sei così oggi, e per cosa noi fummo scalzati?
     	il fato crea e ordina ogni altra cosa senza una causa,

  73 	morte, distruzione, sovranità, gioie e dolori, esistere e non esistere,
     	tutto questo ottenendo il saggio non troppo si rallegra né si agita,

  74 	tu o Indra, ci conosci, e io conosco te o Vāsava,
     	perché vuoi umiliarmi quando sono catturato dal fato o impudente?

  75 	tu sai quale era in quel tempo allora la mia valentìa,
     	il mio formidabile coraggio mostrato in battaglia, 

  76 	gli āditya, e i rudra, e i sādhya assieme ai vasu,
     	e tutti i marut furono sconfitti da me o signore di Śacī,

  77 	e tu o Śakra, conosci la guerra tra dèi e asura,
     	come gli dèi convenuti furono rapidamente messi in rotta da me sul campo,

  78 	le montagne ripetutamente furono frantumate, colle loro selve e i loro abitanti,
     	coi loro picchi e cime terribili, da me sul fronte della battaglia,

  79 	che posso dunque fare ora? il fato è inarrestabile,
     	non sono in grado di ucciderti colla tua folgore colle mie mani,

  80 	non è più il tempo del valore, è giunto il tempo della pace,
     	per questo io sopporto o Śakra, questa cosa insopportabile fatta da te,

  81 	tu mi umilii mentre essendo giunto il mio tempo, sono preso dai destrieri del fato, 
     	e ridotto prigioniero dei lacci del tempo o Śakra,

  82 	questo uomo nero che invincibile per il mondo,
     	avendomi legato fiero mi tiene come un animale dal guinzaglio, 

  83 	l'avuto e il non avuto, gioie e dolori, brame ed ira, nascita e morte,
     	uccisione, legami e liberazione tutto si ottiene a causa del fato,

  84 	io non ne sono l'autore, né tu ne sei autore, ma sempre quel potente,
     	il tempo mi ha fatto maturo come un frutto sull'albero,

  85 	quanto l'uomo compie dal fato è unito alle gioie,
     	e ancora quanto è compiuto, dal fato è unito ai dolori,

  86 	il sapiente del fato, toccato dal fato non deve dolersi,
     	per questo o Śakra, io non mi dolgo, non vi sono aiuti nel dolore,

  87 	se il dolore di chi soffre non distrugge la sventura, 
     	e non vi è giustificazione in chi si duole, allora io ora non mi dolgo.'

  88 	così apostrofato il beato Mille-occhi, il punitore di Pāka,
     	il Cento-riti trattenendo la sua furia così diceva:

  89 	' vedendo il braccio levato colla folgore e i lacci di Varuṇa,
     	chi non ne avrebbe la mente scossa, pure fosse la Morte che uccide?

  90 	il tuo intelletto non si agita, saldo nel guardare al vero,
     	e pronuciando le tue parole non tremi, o sinceramente coraggioso,

  91 	come può aver fiducia nelle ricchezze, o nel suo corpo l'incarnato,
     	a questo mondo vedendo l'universo così instabile,

  92 	io pure così impermanente conosco il mondo,
     	nel fuoco del fato riposto, terribile e nascosto, sempre mobile ed eterno,

  93 	non vi è qui riparo per qualcuno toccato dal fato,
     	essendo cotti tutti gli esseri grandi e piccoli,

  94 	privo di signore, con cura cuocendo sempre gli esseri,
     	senza fermarsi il fato, chi cade in suo dominio non si libera,

  95 	con attenzione il fato e ben sveglio sui corpi disattenti,
     	e da nessun sforzo fu mai visto di essere superato,

  96 	l'antico, l'eterno dharma è lo stesso per tutti i viventi,
     	il fato non si può evitare, né si può trasgredirlo,

  97 	giorni e notti, mesi, istanti, kāṣṭhā, kalā, lava,
     	il tempo accumula per noi come un usuraio il suo interesse,

  98 	chi dice: ' questo farò oggi, e domani agirò.'
     	è portato via dal fato come una zattera catturata dalla violenza del fiume,

  99 	' proprio ora l'ho veduto, come è possibile sia morto.'
     	cosi essendo portati via gli uomini dal tempo si ode dire,

 100 	sono distrutte le ricchezze, i beni e lo stato di sovranità,
     	tutto è impermanente e incerto, questa idea è difficile a farsi,
     	chi si eleva precipita, e chi esiste va a non esistere,

 101 	l'intelletto saldo che vede il vero non si agita,
     	non devi ritenere neppure colla mente che un tempo eri,

 102 	essendo cotto questo mondo dal più forte fato, che raggiunge
     	il vecchio e il giovane, non pensare di esserne escluso,

 103 	intento in invidie arroganze e avidità, in ire, brame e paure,
     	in desideri errori ed orgoglio, il mondo ne è confuso,

 104 	tu saggio, sapiente della vera natura, dotato di sapienza e tapas,
     	chiaramente vedi il Tempo, come un frutto nella tua mano,

 105 	sapiente del vero moto del Tempo, esperto di tutte le scritture,
     	tu o figlio di Virocana, sei un'anima compiuta, invidiabile dai saggi,

 106 	l'intero mondo io ritengo tu conosca colla tua intelligenza,
     	pur avendo goduto in ogni luogo, non sei attaccato a nulla,

 107 	né rajas né tamas toccano te che sei coi sensi vinti,
     	tu segui te stesso privo di piacere e coi dolori eliminati,

 108 	amico di tutti gli esseri, privo di inimicizia, con la mente in pace,
     	vedendoti, mi è sorta nell'animo compassione per te, 

 109 	io non voglio colpire un tale saggio in vincoli,
     	l'assenza di violenza è il supremo dharma, e la compassione verso di te,

 110 	siano sciolti questi lacci di Varuṇa per il mutare del tempo,
     	per la colpa delle creature, la fortuna sia con te o grande asura,

 111 	quando la nuora s'impegni a servire l'anziana suocera,
     	e il figlio per confusione faccia lavorare il padre,

 112 	e gli śūdra si facciano lavare i piedi dai brahmani,
     	e si uniscano senza timori con una moglie brahmana,

 113 	e quando gli uomini scaricheranno il loro seme in grembi proibiti,
     	e vi sarà confusione delle offerte in piatti di ottone o in recipienti proibiti,

 114 	quando ciò vi sarà interamente per i quattro varṇa contro le regole,
     	ciascuno dei tuoi legami allora uno dopo l'altro si scioglierà,

 115 	non aver timore di noi mantieni questo patto,
     	sii felice libero dai lacci, con animo contento, e in salute.'

 116 	ciò detto i beato Cento-riti, se ne andava trasportato dall'elefante,
     	avendo vinto tutti gli asura il re dei celesti, godeva di gioia e divenne unico re,

 117 	i grandi ṛṣi lo lodavano a mani giunte, con Vṛṣākapi come signore di ogni mobile e immobile,
     	il dio del fuoco portava rapido le oblazioni al Signore e gli offriva l'amṛta,

 118 	inneggiato dai supremi ri-nati tutti riuniti, il Signore col suo acceso splendore era in agio,
     	con animo tranquillo, gioioso il Vāsava raggiunta la residenza nel terzo cielo si rallegrava.”
     


                              CCXXI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ di me come uomo o re, quali saranno i segni fausti,
     	e quale saranno quelli infausti dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ la mente dell'uomo conosce i segni fausti, 
     	che vi saranno, benedetto tu sia, e quelli che saranno infausti,

   3 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Śakra con Śrī, ascoltala o Yudhiṣṭhira,

   4 	in grazia del grande tapas, vedendo questo mondo e l'altro,
     	ottenendo uguaglianza coi ṛṣi che risiedono nel mondo di Brahmā,

   5 	Nārada simile per splendore infinito a Brahmā, con animo tranquillo
     	il grande asceta vagava a suo piacere per i tre mondi,

   6 	un giorno alzatosi all'alba per bagnarsi di acqua pura,
     	si recava alla Gaṅgā e scendeva all'ingresso chiamato dhruva,

   7 	e pure il Mille-occhi, l'armato della folgore, l'uccisore di Śambara e Pāka,
     	alla riva frequentata da quel ṛṣi divino, giungeva,

   8 	i due bagnatesi con anima controllata e compiute le preghiere si sedevano,  
     	dopo aver raggiunto un banco del fiume con sottile sabbia simile ad oro,

   9 	alcune storie raccontate dal divino ṛṣi inerenti pure azioni,
     	fecero quei due, pratici di storie con animi puri e gioiosi,
     	riuniti insieme raccontando storie di antiche condotte,

  10 	quindi vedendo il sole alzato con tutti i suoi raggi davanti,
     	e col cerchio pieno, i due alzatisi lo veneravano,

  11 	e vicino al sole levato, come un secondo sole,
     	apparve in cielo una stella uguale in splendore al sole levato,

  12 	e appariva avvicinarsi vicino ai due o bhārata,
     	stando sul veicolo di Viṣṇu muovendosi come Garuḍa e il sole,
     	con luce incomparabile splendeva e illuminava il trimundio,

  13 	davanti a bellissime apsaras dal divino aspetto,
     	grande come il sole, splendente come un fuoco,

  14 	adornata dalle costellazioni, inghirlandata con splendenti perle,
     	i due videro Śrī la dea Padmā in persona che stava su un petalo di loto,

  15 	quella suprema per membra, discesa da un ottimo carro volante,
     	si avvicinò a Śakra il signore del trimundio e al ṛṣi Nārada,

  16 	seguito da Nārada il dio liberale in persona si avvicinava a lei,
     	con le mani giunte a conca, si presentava da sé alla dea,

  17 	e compiva incomparabile venerazione per lei il dio omnisciente,
     	il re degli dèi queste parole diceva o re a Śrī:

  18 	' chi sei tu, e per quale scopo sei giunta o dolce-sorriso?
     	e da dove vieni belle-ciglia, e dove devi andare o splendida?'

  19 	Śrī disse:
     	' nei tre mondi puri tutti i mobili e gli immobili,
     	volendo stare con me si impegnano con tutta l'anima,

  20 	io sono nata da un loto, illuminato dai raggi del sole,
     	per la prosperità di tutti gli esseri io sono Padmā Śrī inghirlandata di loti,

  21 	io sono Lakṣmī, io sono la prosperità, io sono Śrī o uccisore di Bala,
     	io sono la fede, l'intelligenza, l'umiltà, sono Vijiti, e la fermezza, 

  22 	io sono la saldezza, io la perfezione, io la bellezza, io la prosperità,
     	io sono svāhā e svadhā, e io sono l'elogio, il destino, la fama,

  23 	nella dimora dei re che sono vincitori tra le bandiere davanti agli eserciti,
     	e che hanno condotta nel dharma, e nei loro regni e nelle città,

  24 	io risiedo coi prodi che si mostrano vincitori che non arretrano nelle battaglie,
     	con questi sovrani tra gli uomini io sono sempre o uccisore di Bala,

  25 	con l'intelligente che pratica il dharma, che è religioso e di sincera parola,
     	col modesto che pratica il donare, io sempre risiedo,

  26 	tra gli asura risiedevo un tempo essendo causa del vero dharma,
     	ma vedendoli agire contrari, io ho scelto di vivere con te.'

  27 	Śakra disse:
     	' per quale loro comportamento tu risiedesti tra i daitya o bel-viso?
     	e dopo aver visto cosa te ne andasti lasciando daitya e dānava?'

  28 	Śrī disse:
     	' finché seguivano il loro dharma, senza muoversi dalla fermezza,
     	intenti alla via del paradiso, io ero devota a quegli esseri,

  29 	intenti al donare, ai riti e agli studi, alla devozione a guru e dèi,
     	ed a brahmani e ospiti, con questi io sempre vivevo,

  30 	con le dimore ben pulite erano, con le donne controllate e le offerte ai fuochi, 
     	obbedienti ai guru, disciplinati, religiosi, di sincere parole,

  31 	ricchi di fede, vinta l'ira, intenti a donazioni senza invidie,
     	mantenendo i padri, i consiglieri, e le mogli senza gelosie,

  32 	non erano mai l'un l'altro impazienti, né mai invidiosi,
     	né mai questi saggi si affliggevano per la prosperità altrui,

  33 	generosi, disciplinati, nobili, esperti di compassione,
     	di grande tranquillità, onesti, di salda devozione, coi sensi vinti,

  34 	con servi ed amici soddisfatti, di compiuta sapienza, di gentili parole,
     	dando ricchezze e onori secondo il merito, privi di vergogne, dai saldi voti,

  35 	compiendo sempre le abluzioni nei giorni stabiliti, ben adornati e profumati, 
     	intenti nel tapas e nei digiuni, soddisfatti nel recitare i veda,

  36 	e non dormivano mai quando il sole saliva sopra di loro, 
     	e di notte sempre si astenevano da orzo e cagliata,

  37 	all'alba con impegno cercavano le offerte di burro, praticando i sacri studi, 
     	e attendevano pure alle benedizioni e veneravano i brahmani,

  38 	dovano sempre nel dharma e senza mai prendere,
     	andando a letto a mezzanotte, e non dormendo mai di giorno,

  39 	ai miseri, agli afflitti e anziani, a deboli, poveri e a donne,
     	nel dare e condividere sempre erano contenti,

  40 	i tristi, spaventati, gli agitati, afflitti dalla paura, i colpiti da malattie,
     	i derubati del proprio, i caduti in disgrazia, sempre loro consolavano,

  41 	e seguivano il dharma senza violenze reciproche,
     	ben disposti nelle loro pratiche, servendo i guru e gli anziani,

  42 	avi, dèi e ospiti veneravano secondo le regole,
     	e sempre si nutrivano dei resti intenti nel sincero tapas,

  43 	nessuno di loro consumava cibo troppo eccellente, né si univa a donne altrui,
     	verso tutti gli esseri agivano con compassione come verso sé stessi, 

  44 	mai all'aria aperta, in animali, in grembi proibiti o nei giorni sacri,
     	si compiacavano di emettere il proprio seme,

  45 	sempre donazioni, e abilità, e perenne onestà ,
     	perseveranza, assenza di egoismi, suprema amicizie, calma interiore,

  46 	sincerità, dono, tapas, purezza, gentilezza, parole meditate,
     	e assenza di malizia verso gli amici, tutto questo avevano loro o potente,

  47 	sonno, apatia, insoddisfazione, invidia, trascuratezza,
     	scontentezza, e depressione e brama non entravano in loro,

  48 	e io risiedevo allora con questi dānava pieni di qualità,
     	dalla creazione delle creature per la rivoluzione di molti yuga,

  49 	quindi per il muntamento dei tempi, dal loro allontamento dalle virtù,
     	io vidi perduto il dharma, caduti in preda di brame ed ire,

  50 	e mentre gli anziani storie vere raccontavano nelle assemblee,
     	genti di scarsa qualità ridendo, motteggiavano tutti quegli anziani, 

  51 	i giovani, giunti a sedersi nelle assemblee dei virtuosi anziani,
     	non si alzavano per salutarli e non li onoravano come un tempo,

  52 	i figli agivano di loro potere verso il padre,
     	e giunti a servire il nemico se ne vantavano senza vergogna,

  53 	e quelli che praticavano azioni proibite lontane dal dharma,
     	ottenevano grandi ricchezze, e ne avevano grande brama,

  54 	parlavano forte di notte, e con scarse offerte allora Agni bruciava,
     	i figli offendevano i padri, e le mogli offendevano i mariti,

  55 	non salutavano madre, padre, anziani, ospiti, maestri e guru,
     	come più importanti, e non proteggevano i fanciulli,

  56 	senza dare la questua e le imposte, consumavano il proprio cibo,
     	senza sacrificare, e condividere con avi, dèi e ospiti e guru,

  57 	i loro cuochi non perseguivano l'estrema purezza,
     	di mente, azione e parola, il cibo non era protetto,

  58 	le granaglie erano lasciate mangiare da corvi e topi, 
     	il latte restava scoperto e le impurità toccavano il burro sacrificale,

  59 	vanghe, e canestri rotti, piatti e recipienti erano sparsi ovunque,
     	la donna di casa non ispezionava nessun strumento e materiale,

  60 	e i muri e le case in rovina essi non riparavano,
     	legando gli animali non si curavano di dar loro cibo e acqua,

  61 	mentre dei bimbi li guardavano, consumavano i loro cibi e bevande,
     	e quei dānava mangiavano davanti a tutti i loro servi,

  62 	cibi di latte, di grano, di carne, pane e dolci,
     	li preparavano per sé divoravano anche carni proibite,

  63 	tutti dormivano a sole levato e andavano a dormire all'alba,
     	e sorgevano delle dispute là giorno e notte nelle loro case,

  64 	gli ignobili sedevano attorno ad un nobile seduto, e là non 
     	vi erano luoghi di āśrama, ma agendo male si odiavano vicendevolmente,
     	e pure confusioni sorgevano e non vi era purezza, 

  65 	i savi sapienti dei veda e quelli che si mostravano privi di inni,
     	non facevano alcuna differenza tra l'onorevole e il disonorevole, 

  66 	inviti, ornamenti, vesti, progressi e ruoli stabili si 
     	impegnavano a guardare, e liberamente praticavano genti di mala condotta,

  67 	le donne in vesti di uomini e gli uomini vestiti da donne,
     	nei giochi e nei luoghi di piacere trovavano suprema gioia,

  68 	un tempo dagli antichi si davano doni a quelli colpiti da afflizioni,
     	ma più non si facevano per assenza di fede, e vivevano negli accopiamenti,

  69 	l'amico che chiedeva all'amico non ne aveva certa ricchezza,
     	anche una somma della misura di una punta di coda, eran tenuta per sé,

  70 	intenti a prendere il denaro altrui, vi erano mercanti e avvocati, 
     	gli śūdra all'insaputa dei varṇa nobili erano ricchi in tapas,

  71 	alcuni studiavano privi di voti e altri con falsi voti,
     	il discepolo non obbediva al guru, e qualche guru era amico del discepolo,

  72 	padri e madri erano sfiancati per procurarsi il vitto,
     	stando anziani nell'indigenza, per offrire cibo ai figli,

  73 	là i saggi sapienti dei veda, simili all'oceano in profondità,
     	erano applicati all'agricoltura e altro, e gli sciocchi si abbuffavano nei riti,

  74 	ogni mattino la richiesta di cosa dovevano fare,
     	i discepoli la rimandavano e questo lo facevano i guru,

  75 	la nuora comandava i servi davanti a suocero e suocera,
     	e rimproverava il marito, e dandogli del tu gli parlava,

  76 	con ogni sforzo il padre proteggeva l'animo del figlio,
     	e pure dividendo con lui con zelo, e abitando in luoghi di dolore,  

  77 	bruciata dal fuoco o portata via dai ladri o dai re la ricchezza,
     	vedendo, con odio ridono pure quelli ritenuti amici,

  78 	gli ingrati, i non credenti, i malvagi, che si uniscono colle mogli dei guru,
     	che consumano cibi proibiti, i senza limiti, privi di splendore,

  79 	tra i dānava che agiscono in tal maniera contraria,
     	io più non risiederò o re degli dèi, così io penso,

  80 	e me che sono giunta a te spontaneamente saluta o signore di Śacī,
     	e da te onorata o signore degli dèi, gli dèi mi porranno avanti,

  81 	dove io risiedo, i sette dèi che mi amano, che mi considerano la migliore,
     	che credono in me, vogliono risiedere con me per ottava divenuti otto,

  82 	speranza, fede, fermezza, splendore, trionfo, umiltà e pace,
     	e io sono l'ottavo stato di essi e il principale o uccisore di Pāka,

  83 	costoro assieme a me lasciati gli asura sono giunto al vostro regno,
     	e risiederemo coi trenta dèi, cogli animi saldi nel dharma.'”

  84 	Bhīṣma disse:
     	“ udite queste parole della dea, grandemente si rallegrarono i due,
     	Nārada e il signore del trimundio, il Vāsava uccisore di Vṛtra,

  85 	quindi Vāyu l'amico del fuoco, soffiava nelle dimore divine,
     	con fragrante profumo, con dolce tocco portando gioia a tutti i sensi,

  86 	i trenta dèi stando per lo più in luogo puro e venerato,
     	volevano vedere il dio liberale seduto assieme a Lakṣmī,

  87 	quindi il Mille-occhi giunto in cielo, con Śrī, e con gli amici e i ṛṣi divini,
     	sul carro dai fulvi cavalli il toro dei celesti, giungeva a casa onorato dai celesti,

  88 	quindi Nārada il gesto del dio folgoratore e della dea Śrī, colla mente vedendo, 
     	lui il cui valore era conosciuto dagli dèi, elogiava Śrī che era giunta con grandi auspici,

  89 	il cielo faceva piovere amṛta in bhāsvatī, sulla dimora del Grande-avo, del Nato-da-sé,
     	senza batterli suonavano i tamburi, e pure splendevano tutte le direzioni,

  90 	al giusto tempo il Vāsava faceva piovere sui campi, e nessuno deviava dalla via del dharma,
     	la terra era adornata da molte gemme, e suoni sublimi vi erano nel trionfio dei celesti,

  91 	gli uomini gloriosi erano felici nei riti, saldi sulla splendida via dei virtuosi,
     	uomini e immortali, kiṃnara, yakṣa, e rākṣasa prosperosi e gloriosi erano felici,

  92 	nessun fiore mai, né frutto fuori stagione cadeva dagli alberi anche spinto dal vento,
     	la vacche davano latte saporito a volontà, nessuna dura parola era detta da qualcuno,

  93 	questa adorazione con ogni cosa desiderata fu fatta a Śrī dagli dèi con Śakra in testa,
     	quelli che la reciteranno nelle assemblee dei savi otterranno prosperità e tutti i desideri,

  94 	quanto tu o migliore dei kuru, hai chiesto, il supremo segno di prosperità e distruzione,
     	tutto questo io ora ti ho illustrato, investigando il vero devi seguirlo.”
     


                              CCXXII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ con quale condotta e comportamento, con quale conoscenza e impegno,
     	si ottiene lo stato del brahman che è di certo superiore alla natura?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ il saldo nelle regole della liberazione, che coi sensi vinti con misura si nutre, 
     	ottiene lo stato del brahman che di certo è superiore alla natura,

   3 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Jaigīṣavya con Asita o bhārata,

   4 	al grande saggio Jaigīṣavya giunto a conoscere tutti i dharma,
     	che mai si adirava o si esaltava, Asita Devala diceva:

   5 	' non gioisci quando sei elogiato, né ti adiri quando sei ripreso,
     	com'è questa tua saggezza e da dove viene, e con quale mezzo l'hai avuta?'

   6 	così da lui richiesto il grande asceta gli diceva
     	questo grande discorso indubitabile, puro e dotato di molto significato: 

   7 	' il percorso, la suprema condizione, la pace che ha chi bene agisce,
     	di questa io ti parlerò, che è quello che tu mi chiedi o ri-nato,

   8 	chi è sempre uguale nei rimproveri e negli elogi o Devala,
     	quelli che nascondono i loro buoni propositi,

   9 	e quando apostrofati non rispondono, per far del male a chi ha parlato,
     	e gli uomini che non vogliono controcolpire chi li ha colpiti,

  10 	né si dolgono per le cose inottenute, ma agiscono secondo i tempi,
     	non si dolgono per le cose passate, né ne hanno rimpianti,

  11 	per ottenere onori a volontà nei loro intenti o Devala,
     	agiscono in accordo cogli eventi con tutte le forze e con saldi voti,

  12 	i perfetti sapienti di grande saggezza, che hanno vinta l'ira e i sensi,
     	e con pensieri, azioni e parole, non offendono nessuno,

  13 	quelli che privi di invidie, non si vogliono mai ferire vicendevolmente,
     	questi saggi che mai si tormentano per la prosperità altrui,

  14 	quelli che non parlano agli altri con troppo elogio o biasimo,
     	e che mai si alterano per elogi e biasimi,

  15 	e quelli che interamente sono in pace, i felici del bene di tutti gli esseri,
     	che non si adirano né si esaltano, né offendono nessuno,
     	liberandosi dai nodi del cuore, si muovono come credono,

  16 	essi non hanno parenti, e non sono parenti agli altri,
     	non hanno nemici, e non sono nemici di nessuno,

  17 	i mortali che così agiscono vivono sempre felicemente,
     	questi sapienti del dharma seguono il dharma o migliore dei ri-nati,
     	e quelli che si staccano da questa via, si agitano e si affliggono,

  18 	come posso lamentarmi quando sono saldo su questa via?
     	biasimato o elogiato, io non mi eccito per nessun motivo,

  19 	qualsiasi strada desiderano gli uomini la percorrono,
     	per me da elogi e biasimi non avviene né detrimento né crescita,

  20 	il vero sapiente si soddisfa dell'offesa come fosse amṛta,
     	e quel sagace si agita sempre per gli onori come fossero veleno,

  21 	se disistimato dorme felice quaggiù e anche nell'aldilà,  
     	libero da ogni male, e chi non lo rispetta ai mali si lega,

  22 	gli uomini che racconteranno questa via suprema,
     	queste genti addottando questo voto prosperiranno felici,

  23 	chi coi sensi vinti si impegna completamente in tutti i riti,
     	ottiene lo stato del brahman che è di certo superiore alla natura,

  24 	né dèi, né gandharva, né piśāca né rākṣasa 
     	accedono ad uno stato superiore di chi ottiente la suprema meta.' ”
     


                              CCXXIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ caro a tutto il mondo, amato da tutti i viventi,
     	chi è quest'uomo sulla terra che è dotato di tutte le qualità?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ qui io, da te richiesto, ti racconterò o toro dei bhārata,
     	la conversazione di Ugrasena e del Lunghi-capelli su Nārada.

   3 	Ugrasena disse:
     	' guarda, il mondo è impegnato ad elogiare Nārada,
     	io penso che sia pieno di qualità, dimmelo che te lo chiedo.'

   4 	Vāsudeva disse:
     	' o signore dei kuru, quanto penso ascolta mentre ti illustro
     	in breve le virtuose qualità di Nārada o signore di uomini,

   5 	in virtù della sua condotta non ha egoismi nemmeno invecchiando, 
     	agendo con integra conoscenza, perciò ovunque è venerato,

   6 	Nārada pratica il tapas, e di certo non vi è fallo nella sua parola,
     	né per brama né per avidità, perciò è ovunque venerato,

   7 	vero sapiente delle leggi dell'adhyātman, è tranquillo, concentrato coi sensi vinti,
     	onesto, di sincere parole, e perciò è ovunque venerato,

   8 	di energia, di gloria, di intelligenza, condotta ed educazione, 
     	di nascita, di tapas è pieno, perciò è ovunque venerato,

   9 	di felice condotta, gioioso, di buoni cibi, molto considerato, puro,
     	è di buone parole, e privo di invidie, perciò è ovunque venerato,

  10 	egli si conduce nobilmente e di certo non si trova in lui peccato,
     	e non desidera le altrui ricchezze, perciò è ovunque venerato,

  11 	cerca i suoi scopi recitando l'erudizione vedica,
     	è paziente, privo di biasimo, perciò è ovunque venerato,

  12 	per la sua equanimità non ha nessuno che ami o che gli spiaccia,
     	parla sempre con animo ben disposto, perciò è ovunque venerato, 

  13 	è sapiente di grandi studi, di belle storie, attivo, e sincero,
     	di buon umore, privo d'ira, e di avidità, perciò è ovunque venerato,

  14 	mai prima ha avuto una disputa su artha, dharma o kāma,
     	le sue colpe sono tutte distrutte, perciò è ovunque venerato,

  15 	di salda devozione, di anima virtuosa, erudito, privo di crudeltà,
     	ed è libero da colpe ed errori, perciò è ovunque venerato,

  16 	distaccato da ogni desiderio, appare come concentrato in sé,
     	egli parla con pochi dubbi, perciò è ovunque venerato,

  17 	non ha connessioni con ricchezze e onori, né per il proprio elogio,
     	è privo di invidie, e di saldi patti, perciò è ovunque venerato,

  18 	non rimpovera i vari modi di vita del mondo e della natura,
     	è sapiente ed esperto della creazione, perciò è ovunque venerato,

  19 	non si dispiace di quanto gli viene, e non vive del suo tapas,
     	non ha tempo infruttuoso, ha anima controllata, perciò è ovunque venerato,  

  20 	di sacri esercizi, di compiuta saggezza, non è mai sazio di concentrazione,
     	è sempre in controllo e attento, perciò è ovunque venerato,

  21 	privo di vergogne, concentrato, ben intento al meglio degli altri,
     	mai egli divulga gli altrui segreti, perciò è ovunque venerato,

  22 	non gioisce nell'ottener ricchezze, né si agita nel non ottenerle,
     	è di saldo intelletto, e di animo distaccato, perciò è ovunque venerato,

  23 	a lui così dotato di tutte le qualità, abile, puro, privo di viltà,
     	esperto del fato, e dell'educazione, chi non farebbe del bene.'”
     


                              CCXXIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ l'origine e la fine di tutti gli esseri vorrei conoscere o kaurava,
     	il pensiero, l'agire, il tempo, e la loro vita di yuga in yuga,

   2 	l'intera verità sull'andare e venire degli esseri sul mondo,
     	la sua creazione e distruzione, e da dove esso è generato,

   3 	se il tuo animo ha del favore per noi qui o migliore dei virtuosi,
     	tu devi illustrarmi questo che io ti chiedo o signore,

   4 	avendo udito prima raccontato il supremo discorso di Bhṛgu
     	al savio ṛṣi Bharadvāja, allora una grande opinione

   5 	mi è nata salda sul supremo dharma, che è simile a quella divina,
     	quindi ancora io te lo chiedo e tu devi parlarmene.”

   6 	Bhīṣma disse:
     	“ qui io ti raccontenterò una storia antica,
     	che il venerabile Vyāsa cantava al figlio che lo interrogava,

   7 	avendo studiato interamente i veda, colle loro parti e le upaniṣad,
     	desiderava conoscere l'azione perfetta, dopo aver conosciuto l'intero dharma,

   8 	Śuka il figlio di Vyāsa, a Vyāsa, a Kṛṣṇa il dvaipāyana,
     	chiedeva di questa incertezza perché fosse tagliato il suo dubbio su artha e dharma:

   9 	' del creatore di tutti gli esseri, e della sua certezza nella conoscenza del Tempo,
     	e di quanto debba compiere un brahmano, di questo mi devi parlare.'

  10 	il padre tutto questo diceva al figlio che lo interrogava,
     	quel sapiente di passato e futuro, omminsciente ed esperto di ogni dharma:

  11 	' in principio il brahman vi era senza inizio ne fine, non nato, divino,
     	senza vecchiaia, eterno, immutabile, indefinibile, e inconoscibile,

  12 	contava dunque quindici istanti come un kāṣṭhā, e trenta kāṣṭhā come un kalā,
     	e trenta kalā divennero con l'aggiunta di un decimo di kalā, quello che è un muhūrta, 

  13 	trenta muhūrta divengono un giorno, e la notte ugualmente è contata dai muni,
     	un mese è stabilito di trenta giorni e notti, e un anno è detto di dodici mesi,
     	e i sapienti del contare dicono che vi sono due moti nell'anno, meridionale e settentrionale,

  14 	Sūrya nel mondo degli uomini divide il giorno dalla notte,
     	la notte è per il sonno degli esseri, il giorno per compiere le loro azioni,

  15 	un mese corrisponde ad un giorno e una notte degli avi,
     	la quindicina scura è il giorno per agire, e quella chiara è la notte per dormire,

  16 	un anno corrisponde ad un giorno ed una notte degli dèi,
     	il giorno è il moto settentrionale e la notte il moto meridionale,

  17 	avendoti parlato di giorno e notte nel mondo divino,
     	che valgono questi due la misura di un anno, ti parlerò di giorni e notti di Brahmā,

  18 	della misura di questi anni io ti parlerò in successione,
     	del kṛta, del tretāyuga, del dvāpara e del kali,

  19 	dicono che è di quattromila anni il kṛtayuga,
     	e l'alba e il tramonto dello yuga hanno le stesse centinaia di anni,

  20 	e negli altri tre yuga con albe e tramonti,
     	vanno diminuiti di una parte di migliaia e di centinaia,

  21 	questi periodi sostengono i mondi eterni e senza fine,
     	questo è il brahman eterno conosciuto dai sapienti del brahman,

  22 	nel kṛtayuga il dharma nelle sue quattro parti, è unito alla verità,
     	nessun'altra conoscenza dell'adharma vi si trova,

  23 	procedendo negli altri il dharma diminuisce di un quarto,
     	e l'adharma cresce con i furti, inganni e illusioni,

  24 	sani, hanno successo in tutti gli intenti, vivono quattrocento anni,
     	nel kṛta e a cominciare dal tretā l'energia diminuisce di un quarto,

  25 	e i recitanti i veda di yuga in yuga diminuiscono, così abbiamo udito,
     	e pure la lunghezza della vita, le benedizioni e il frutto dei veda,

  26 	altri dharma vi sono nel kṛtayuga, e altri nel tretā, e nel dvāpara,
     	e altri dharma ancora nel kaliyuga fatti come si può,

  27 	nel kṛtayuga è supremo il tapas, e la conoscenza è suprema nel tretā,
     	e nel dvāpara si dice sia così il sacrificio, e nel kaliyuga il donare,

  28 	e così di dodicimila anni la somma degli yuga contano i saggi,
     	e passati mille di questi si dice sia un giorno di Brahmā,

  29 	e altrettanto è la notte di Brahmā, e allora ha inizio l'universo, e il Signore,
     	durante la distruzione entrato a dormire nell'adhyātman, alla fine si risveglia,

  30 	il passare di mille yuga dicono che sia il giorno di Brahmā,
     	le genti sapienti di giorni e notti, e la notte pure di mille yuga,

  31 	alla fine della notte si ritrova sveglio Brahmā che sia imperituro,
     	e crea il grande elemento e da questi appare la sua mente,

  32 	il brahman puro fatto di splendore possiede questo intero universo,
     	e da un elemento crea due elementi: i mobili e gli immobili,

  33 	svegliatosi all'inizio del giorno produce l'universo colla sua sapienza,
     	all'inizio vi è il grande elemento, e rapidamente si manifesta la sua mente,

  34 	e pieno di raggi coprendo ogni cosa crea le sette menti,
     	andando lontano, divisa in molte parti, per via dei dubbi e dei desideri, 

  35 	la mente modifica il creato spinta da desiderio di creare,
     	ne nasce lo spazio, e da questo la qualità del suono è pensata,

  36 	dalla modificazione dello spazio, il puro veicolo di ogni odore,
     	il fortissimo Vāyu nasce, e da esso la qualità del tatto è pensata,

  37 	dalla modificazione di Vāyu l'elemento luce che disperde le tenebre,
     	ed è splendido nasce, e questo è detto la qualità della forma,

  38 	dalla modificazione della luce, nasce l'acqua che produce i gusti,
     	e dall'acqua la terra qualità dell'odorato, questa si dice sia la prima creazione,

  39 	e ottengono le qualità di ciascun precedente e successivo,
     	ogni qualità che possiede ciascuno di questi così è stabilita,

  40 	se si hanno odori dalle acque, alcuni dicono che non è per sua proprietà,
     	che l'acqua la può conoscere dalla terra coll'aiuto del vento,

  41 	questi sette elementi ciascuno di varie qualità,
     	non possono creare le creature, senza che siano tutti uniti,

  42 	essi unendosi, e vicendevolmente affidandosi, la grande anima
     	divengono che vive nel corpo, e allora si chiama uomo,

  43 	da questo luogo nasce il corpo dotato di forma costituito di sedici parti,
     	e in questo entrano i grossi elementi, assieme all'agire,

  44 	dotando tutti gli esseri di tapas di condotta,
     	il primo creatore del grosso elemento lo chiamano Prajāpati,

  45 	questo supremo puruṣa crea tutti gli esseri,
     	il non nato Brahmā genera dèi, avi e uomini,

  46 	i mondi, i fiumi, i mari, le direzioni, i monti e gli alberi,
     	uomini, kiṃnara, e rakṣas, uccelli, bestie, gazzelle e uraga,
     	l'immutabile e il mutabile, e entrambi i mobili e gli immobili,

  47 	e quali azioni abbia ciascuno di questi esseri creati, le acquisisce,
     	e le acquisiscono ogni volta che sono creati,

  48 	crudeltà e non crudeltà, gentilezza e durezza, dharma e adharma, onestà e inganno, 
     	tutto quello che ha stabilito il creatore a ciascuno di loro piace,

  49 	la varietà dei grossi elementi, delle forme per i sensi,
     	che è unita agli esseri la stabilisce il creatore,

  50 	alcune persone sapienti dell'agire dicono che è l'agire umano,
     	e altri savi che è il destino, gli studiosi degli elementi che è la propria natura, 

  51 	l'azione umana e del fato e la propria natura producono i frutti,
     	e alcuni dicono che la disgiunzione dei tre non avviene,

  52 	e altri che è così e che non è cosi che l'essere crea l'universo,
     	altri partigiani dell'agire, del sattva o che vedono tutto uguale dicono differente,

  53 	il tapas è la cosa migliore per il vivente, la sua radice è il controllo e la pace,
     	con questo tutto quanto la mente desidera si ottiene,

  54 	col tapas si ottiene la certezza che l'essere ha creato l'universo,
     	egli è dentro tutti gli esseri e di essi è il signore,

  55 	i ṛsi col tapas studiano i veda giorno e notte,
     	senza principio né fine, ed eterna è la parola emessa dal Nato-da-sé,

  56 	i nomi dei ṛṣi che nei veda sono stabiliti,
     	alla fine delle notti, egli li dà a quelli che sono nati,

  57 	l'emissione dei nomi, i nomi di tapas, di riti e azioni, le perfezioni nel mondo,
     	e la propria perfezione nei veda sono enunciati in dieci passi,

  58 	il mistero che è detto dalle parole dei veda, e da chi conosce i veda,
     	appare progressivamente compiuto secondo le circostanze,

  59 	ciascuna natura dei nati è figlia del karma, unita agli opposti, 
     	ma il perfezionato con la conoscenza ne abbandona per lo più la forza,

  60 	due sono i brahman da conoscere, il brahman-parola, e quello superiore,
     	il sapiente del brahman-parola, raggiunge il brahman superiore,

  61 	i sacrifici cruenti appartengono agli kṣatriya, quelli di burro ai vaiśya,
     	quelli del servire agli śūdra, e quelli del tapas ai ri-nati,

  62 	questa regola dei sacrifici c'è nel tretāyuga, ma non nel kṛtayuga,
     	i sacrifici vanno in rovina nel dvāpara e così pure nel kaliyuga,

  63 	i mortali non separati dal dharma vedendo i ṛg, i sāma, e gli yajus,
     	ciascuno come mezzo di ottenere i desideri, e così il tapas dagli asceti,

  64 	nel tretā appaiono degli uomini fortissimi uniti insieme,
     	a trattenere tutti gli esseri mobili e immobili,

  65 	nel tretā sono stabiliti i sacrifici e pure i varṇa,
     	per la diminuzione delle vite, questi sono perduti nel dvāparayuga,

  66 	e nel kaliyuga i veda intermente appaiono e non appaiono,
     	e vanno in rovina coi riti, tutte le barriere del dharma,

  67 	il dharma che nel kṛtayuga si vede tra i brahmani,
     	è anche saldo nelle anime compiute, intente al tapas, che possiedono i veda,

  68 	la pratica di voti contro il dharma, è secondo misura di yuga in yuga, 
     	e cambiano secondo gli yuga i recitanti i veda e la saldezza nel proprio dharma,

  69 	come tutti gli esseri sono bagnati dalla pioggia nei monsoni,
     	così di yuga in yuga i dharma abbandonano mobili e immobili,

  70 	come nelle stagioni i vari aspetti dei segni stagionali mutando
     	appaiono uno dopo l'altro, così nei giorni e nelle notti di Brahmā.

  71 	così è stabilta la varietà del tempo senza principio né fine,
     	che io ti ho prima illustrato e questo produce e divora le creature,

  72 	Yama stabilisce alla nascita il luogo e il controllo degli esseri,
     	e in vario modo essi vivono uniti agli opposti per la propria natura,

  73 	creazione, tempo, sacrifici, veda, il creatore, l'azione e il suo frutto,
     	tutto questo ti ho illustrato, che è quanto mi hai chiesto,

  74 	e della distruzione ti parlerò che avviene a fine giorno quando inizia la notte,
     	e come il signore renda l'universo sottilissimo nell'adhyātman,

  75 	sette soli nel cielo fiammeggianti di raggi bruciano
     	tutto coi loro raggi, e infuocano l'intero universo.'
     


                              CCXXV


   1 	Vyāsa disse:
     	' gli esseri che sono sulla terra mobili e immobili,
     	questi per primi si distruggono e diventano terra,

   2 	quindi distrutti tutti i mobili e gli immobili,
     	priva di alberi e di erbe appare le terra come il dorso di una tartaruga,

   3 	quando l'acqua acquista l'odore, che è la qualità della terra,
     	allora la terra priva di odore, è pronta per la distruzione,

   4 	le acque allora crescono piene di onde e con grande frastuono,
     	e tutto quanto riempiendo, si fermano e vanno,

   5 	e quando o caro, la luce aquista le qualità dell'acqua,
     	allora l'acqua diviene priva di qualità, e si rafferma nella luce,

   6 	quando le fiamme del fuoco si nascondono in mezzo al sole,
     	tutto l'intero universo è bruciato dai suoi raggi,

   7 	e quando Vāyu acquista la forma che è la qualità della luce,
     	si estingue allora la luce, e il vento diviene grande,

   8 	allora Vāyu raggiunta la radice della propria natura,
     	fa tremare tutte le direzioni in alto in basso e di lato,

   9 	e quando pure lo spazio divora il contatto che è la qualità del vento,
     	allora il vento si calma, e lo spazio rimane e urla,

  10 	la mente mostrando sé stessa nel suono che è la qualità dello spazio,
     	e il brahman assorbe il manifesto e l'immanifesto della mente,

  11 	quindi entrata nella sua qualità la luna divora la mente,
     	e divorata la mente l'adhyātman risiede nella luna,

  12 	e il saṃkalpa cade in potere del grande tempo,
     	il saṃkalpa divora il pensiero, e la suprema conoscenza,

  13 	il tempo divora la conoscenza, il tempo divora la forza così è scritto,
     	il tempo divora la forza e cade quindi preda del Signore saggio,

  14 	e il suono dello spazio, il Signore lo riduce in sé,
     	questo è l'immanifesto, il supremo brahman, eterno e insuperabile,
     	e così il brahman assorbe tutti gli esseri,

  15 	rettamente in verità così indubitabilmente è riferito
     	dagli yogin dalle supreme anime dopo averlo visto, conosciuto e capito,

  16 	così apparendo e scomparento l'immanifesto brahman continuamente,
     	all'inizio del giorno e della notte nei mille yuga.'
     


                              CCXXVI


   1 	Vyāsa disse:
     	' quanto è collegato al sorgere degli esseri, io ti ho illustrato,
     	adesso richiesto da te, ti parlerò del dovere del brahmano, 

   2 	fin dal momento della nascita, nei riti pieni di dakṣiṇa,
     	lui deve celebrare, secondo la condotta del maestro devoto dei veda,

   3 	studiati tutti i veda, sia felice di obbedire al guru,
     	liberatosi del debito coi guru, come sapiente dei riti torni a casa,

   4 	col permesso del maestro, in uno dei quattro modi di vita,
     	fino alla liberazione del corpo, si impegni secondo le regole,

   5 	per fare dei figli colle mogli, oppure ancora in castità,
     	o nella foresta vicino al guru, o ancora col dharma degli asceti,

   6 	ma lo stare in casa, si dice sia la radice di tutti i quattro,
     	là il controllato con le passioni sopite, interamente ha successo,

   7 	l'erudito con prole che sacrifica, si libera dai tre debiti divini,
     	e in seguito purificato dalle sue azioni può seguire gli altri modi,

   8 	allora può risiedere nella condizione della sapienza, che è la più pura sulla terra,
     	si impegni a divenire un'autorità in essa, e nella suprema gloria,

   9 	con un grandissimo tapas, o con la completezza degli studi sacri,
     	o con i riti, o con le donazioni, cresce la gloria dei savi,

  10 	finché per lui vi è in questo mondo la fama che porta la gloria,
     	allora questo uomo ottiene i mondi senza fine di chi agisce bene,

  11 	insegni e studi, sacrifichi per sé e per gli altri,
     	non accetti nulla invano né offra mai nulla invano,

  12 	una ricchezza grande quanto basta per il sacrificio, per il discepolo o per la figlia,
     	se è venuta la sacrifichi e la doni, ma nient'altro mai consumi,

  13 	chi vive da capofamiglia non accetti altra cosa che non sia
     	per gli dèi, i ṛṣi, gli avi e il guru, per gli anziani, i malati e gli affamati,

  14 	per i colpiti dall'immanifesto, che con ogni sforzo cercano la prosperità,
     	si deve dare quanto si può di ricchezze, pure che siano proprie,

  15 	agli ignobi e immeritevoli non si deve donare nulla,
     	i virtuosi invece si dice siano meritevoli pure del cavallo Ucchaiḥśravas,

  16 	il saggio e disciplinato Satyasaṃdha, dai grandi voti,
     	con la propria vita salvando le vite dei brahmani, raggiunse il cielo,

  17 	Ranideva figlio di Saṃkṛti, al grand'anima Vasiṣṭha,
     	avendo offerto acqua tiepida, prospera nel più alto cielo,

  18 	Ātreya ai due meritevoli Candra e Dama, varie ricchezze
     	avendo donato, quel saggio sovrano ottenne i mondi senza fine,

  19 	Śibi il figlio di Uśīnara, le proprie membra e il proprio amato figlio,
     	avendo sacrificato per i brahmani, ha raggiunto il più alto cielo,

  20 	Pratardana sovrano dei kāśi, donando i propri occhi
     	ad un brahmano, ottenne immensa fama qui, e nell'aldilà,

  21 	un divino parasole da otto braccia fatto d'oro molto prezioso,
     	avendo donato Devāvṛdha con tutto il suo regno raggiungeva il cielo,

  22 	e Ātreya figlio di Saṃkṛti avendo istruito i discepoli,
     	sul brahman senza qualità, quello splendido raggiunse i mondi incomparabili,

  23 	il potente Ambarīṣa, avendo dato ai brahmani undici
     	arbuda di vacche, con tutto il suo regno saliva al cielo,

  24 	Sāvitrī i suoi divini orecchini, e Janamejaya il proprio corpo,
     	abbandonando in favore dei brahmani, ragiiunsero il supremo mondo,

  25 	Vṛṣādharbha Yuvanāśva tutte le sue gemme e le amate donne,
     	e una gradevole dimora avendo donato si trova in quel mondo,

  26 	Nimi, re dei videha il regno, e il figlio di Jamadagni la terra
     	diedero ai brahmani e Gaya la terra con città e paesi,

  27 	non cadendo più la pioggia, ripetutamente tutti gli esseri
     	faceva vivere Vasiṣṭha, come Prajāpati le creature,

  28 	e il sovrano Marutta, figlio di Karaṃdhama, 
     	avendo dato una figlia ad Aṅgiras, rapido raggiunse il cielo,

  29 	Brahmadatta il re pāñcāla, il migliore dei dotati di intelletto,
     	dando ai migliori ri-nati la conchiglia nidhi ottenne i mondi,

  30 	e pure il re Mitrasaha al grand'anima Vasiṣṭha,
     	avendo donato l'amata Madayantī, assieme a lei andava in cielo,

  31 	il ṛṣi tra i re Sahasrajit dalla grande gloria, la cara vita
     	lasciando in favore dei brahmani ha raggiunto i supremi mondi,

  32 	donando una dimora fatta d'oro piena di ogni cosa desiderabile,
     	a Mudgala, il sovrano Śatadyumna ha raggiunto il cielo,

  33 	il potente re dei śālva di nome chiamato Dyutimat,
     	avendo donato il regno a Ṛcīka, raggiunse i mondi incomparabili,

  34 	il re e ṛṣi Madirāśva, dando la figlia dal bellissimo vitino,
     	ad Hiraṇyahasta, è giunto ai mondi celebrati dagli dèi,

  35 	il re e ṛṣi, il potente Lomapāda, dando la figlia Śāntā,
     	a Ṛśyaśṛṅga, tutti i suoi più grandi desideri otteneva,

  36 	il re Prasenajit, però donando centomila vacche,
     	coi loro vitelli, quello splendido ottenne i mondi supremi,

  37 	questi e molti altre grandi anime col donare e col tapas,
     	avendo i resti per sé e coi sensi vinti, sono andati in paradiso,

  38 	la fama di costoro sarà salda finché la terra rimarrà,
     	essi con donazioni, sacrifici e la produzione di prole hanno ottenuto il cielo.'
     


                              CCXXVII


   1 	Vyāsa disse:
     	' deve guardare ai tre veda, cogli aṅga menzionati nei veda,
     	coi ṛg, sāma e yajus, varṇa e akṣara, e pure cogli atharva,

   2 	i maestri nelle parole vediche, e quelli che sono esperti dell'adhyātman,
     	pieni di luce, di grande gloria, vedono l'origine e la fine,

   3 	così deve agire nel dharma, e celebrare i riti godendo dei resti,
     	il ri-nato, e deve guadagnarsi il vitto senza offendere i viventi, 

   4 	sapiente delle sei scritture, disciplinato, versato nei trattati,
     	compiendo i riti al mondo nel proprio dharma, da vero sapiente,

   5 	il ri-nato anche da capofamiglia sia saldo in queste sei azioni,
     	e deve celebrare sempre i cinque riti pieno di fede,

   6 	pieno di fermezza, attento, disciplinato, sapiente del dharma e di anima compiuta,
     	evitando ira, paura ed eccitazione, il brahmano non fallisce,

   7 	donazioni, studi, sacrificio, tapas, modestia, onestà, autocontrollo,
     	con tutto ciò accresce il suo splendore e si libera dai mali,

   8 	distrutte le colpe il saggio che si nutre con misura e ha vinti i sensi,
     	avendo soggiogato brama e ira, si porta allo stato di brahman,

   9 	i fuochi sacri e i brahmani veneri, si inchini agli dèi,
     	eviti parole furiose, la violenza che è collegata all'adharma,

  10 	questa è la condotta primaria stabilita per il brahmano,
     	avuta la conoscenza, praticando le azioni sacre, in queste si perfeziona,

  11 	questo fiume terribile, con i cinque sensi per acqua, l'avidità per sponde,
     	la passione per fango, arduo da passare, e invincibile, il saggio attraversa,

  12 	il mondo cresciuto di brama e passione, e che sempre porta confusione,
     	dal fiume della propria natura inarrestabile dalla forza, 
     	che grande è stato stabilito, sempre viene condotto,

  13 	da questo che ha il tempo per grandi acque, che sempre muove gli anni,
     	i mesi per fango, le stagioni per foga, le quindicine per alghe, e per erbe,

  14 	il batter d'occhio per schiuma, il giorno e la notte per velocità,
     	le brame per terribili alligatori, e i veda e i riti per zattere,

  15 	il dharma come isola per gli esseri, ed artha e kāma per animali,
     	la verità per sponde e scalini, non violenza per gli alberi trascinati,

  16 	e gli yuga per i molti laghi in mezzo, e il brahman come sorgente,
     	gli esseri creati dal creatore sono condotti alla dimora di Yama,

  17 	i saggi che hanno intelligenza con le navi fatte di saggezza,
     	lo attraversano, che possono fare gli ignoranti privi di queste navi?

  18 	il saggio che la possiede l'attraversa non la gente differente,
     	il saggio ovunque vede fin da lontato meriti e colpe,

  19 	l'anima incerta, l'anima bramosa, di mobile e scarso pensiero, 
     	il privo di saggezza non l'attraversa, chi sta seduto non si muove,

  20 	il senza nave procede trascinato nelle grandi colpe,
     	chi è afferrato dagli alligatori della brama, non ha sapienza per nave,

  21 	perciò il sapiente si sfrorzi di non sprofondare,
     	e chi non sprofonda diviene un brahmano,

  22 	il nato in una famiglia tre volte pura, che compia i tre atti e i tre rischi,
     	per questo non sprofonda e l'attraversa come colla saggezza,

  23 	nel perfezionato, disciplinato, sempre di anima compiuta,
     	dentro in questo saggio vi è sempre la perfezione qui e nell'altro mondo,

  24 	il capofamiglia agisca nelle virtù senza adirarsi e privo di invidie,
     	celebri sempre i cinque sacrifici, nutrendosi dei resti,

  25 	pratichi la condotta dei virtuosi, e compia i riti consumando i resti,
     	senza violenza al dharma, si guadagni un vitto irreprensibile,

  26 	lo splendido sapiente della vera conoscenza rivelata, che consuma i resti,
     	che pratica i riti nel suo dharma, pure con azioni non confuse,

  27 	il saggio che celebri pieno di fede, donando, e senza invidie,
     	che conosce la differenza tra dharma e adharma, ogni cosa difficile supera,

  28 	disciplinato, sapiente del dharma che ha fermezza e cura, e anima compiuta, 
     	questo brahmano evitando ira, timori ed eccitazione, non fallisce,

  29 	questa è la primaria condotta stabilita per il brahmano,
     	praticando con sapienza e conoscenza i propri atti in tutto ha successo,

  30 	l'ignorante pratica l'adharma quaggiù pur volendo il dharma,
     	e praticando il dharma che gli sembra adharma se ne duole,

  31 	' sto facendo il dharma.' e compie l'adharma, e compie il dharma volendo l'adharma,
     	lo sciocco queste due azioni non discerne, e col corpo muore e rinasce.'
     


                              CCXXVIII


   1 	Vyāsa disse:
     	' se gli piace può ferire colla mente il dotato di conoscenza
     	sprofondando o facendolo emergere diventando come una nave,

   2 	gli intelligenti per mezzo delle navi della saggezza fanno attraversare gli ignoranti,
     	ma gli sciocchi non fanno passare in nessun modo né sé stessi né gli altri,

   3 	il muni libero da colpe, concentrato sempre si impegni nei dodici yoga,
     	e nei dieci atti felici usando i mezzi, privo di timore per la morte,

   4 	il saggio sapiente della buona condotta con la vista della mente sostenga
     	gli occhi, e coll'intelligenza parola e mente, chi vuole la suprema conoscenza,
     	con la sapienza sostenga sé stesso, chi vuole la propria pace interiore,

   5 	se a queste cose guarda un uomo pur anche crudelissimo,
     	che sia sapiente di tutti i veda, oppure privo dei veda e di recitazioni,

   6 	che saldo nel dharma sacrifichi, oppure sia un supremo malfattore,
     	che sia una tigre degli uomini, oppure un eunuco in sé,

   7 	egli attraversa il terribile oceano di vecchiaia e morte,
     	se così in questo yoga è concentrato anche solo alla fine,
     	pure desiderando conoscerlo il suono del brahman produce,

   8 	col dharma per piancito, la modestia per protezione, mezzi e danni per timone,
     	l'apāna per asse, il prāṇa per giogo, la saggezza per vigore e la vita per redini

   9 	l'intelligenza per sedile, bellezza, condotta e sensi come ruote,
     	vista, tatto, odorato, e udito per cavalli,

  10 	saggezza per centro delle ruote, tutti i tantra per frusta, e la sapienza per auriga,
     	guidato dall'anima intelligente, fede e disciplina come attendenti,

  11 	la rinuncia per compagno, pace, purezza e meditazione il suo campo,
     	questo divino carro dotato di vita, splende nel mondo di Brahmā,

  12 	io ti parlerò delle regole del muoversi rapido 
     	di chi vuole andare in fretta aggiogando questo imperituro carro,

  13 	chi raggiunge interamente i sette esercizi di concentrazione, in silenzio,
     	vicini e lontani e tutti gli altri esercizi che li precedono,

  14 	progressivamente, quanto è della terra, del vento, dello spazio e dell'acqua,
     	e della luce, e quale è il dominio dell'ahaṃkāra attraverso l'intellienza,

  15 	e progressivamente ottiene il dominio dell'immanifesto,
     	e pure i passi chi così si impegni nello yoga,

  16 	e quale sia la perfezione che vede in sé chi si impegna nello yoga,
     	consumandosi può vedere questi aspetti attraverso la sua sottigliezza,

  17 	come il cielo d'inverno appare come sottile fumo,
     	così al liberato dal corpo sorge la sua precedente forma,

  18 	e alla cessazione del fumo appare una seconda forma,
     	e vede in sé stesso come in cielo una forma di acqua,

  19 	e cessata l'acqua appare una forma di fuoco,
     	e cessata questa esso appare come vestito di giallo,
     	e appare di esso una forma dello stesso colore della lana,

  20 	quindi divenuto una bianco movimento di vento e pure sottile,
     	questa impurezza della mente è l'immanifesta sottigliezza del brahman,

  21 	ascolta da me i frutti delle nascite nei viventi,
     	per il nato nel dominio del terrestre è stabilito il creare,

  22 	come l'imperturbabile Prajāpati dal corpo crea le creature,
     	con il solo dito pollice, o con la mano o il piede,

  23 	fa tremare la terra da solo, chi ha la qualità del vento, così è scritto,
     	divenuto spazio, la stessa forma dello spazio ottiene,

  24 	e ne assume l'aspetto, e pure a piacere ne beve le vene,
     	e per il suo splendore il suo aspetto non appare e sparisce,

  25 	chi ha vinto l'ahaṃkāra ha cinque servitori,
     	quando in sé la buddhi è vincitrice dei sei, e li domina,

  26 	ne sorge l'intera comprensione priva di falli,
     	e si raggiunge il sé manifesto e immanifesto,

  27 	da questo si produce il mondo e diviene quello conosciuto come manifesto,
     	ascolta ora in dettaglio l'espozione di quanto è immanifesto,
     	e ascolta per primo da me il conteggio di quanto è manifesto,

  28 	venticinque verità sono uguali similmente in entrambi,
     	sia nello yoga e nel sāṃkhya, e pure le differenze ascolta da me,

  29 	quanto è manifesto ti ho illustrato e come nasce e si sviluppa,
     	invecchia e muore, separatamente nei quattro modi,

  30 	e quanto è diverso da questo è chiamato immanifesto,
     	due anime sono nominate nei veda e nei testi canonici,

  31 	una nasce con questi quattro attributi e si mostra coi quattro modi,
     	il manifesto nasce dall'immanifesto ed è sia cosciente che no,
     	e ti ho mostrato le due cose che sono il sattva e l'anima,

  32 	queste due anime nei veda e negli oggetti dei sensi si muovono,
     	il distacco dagli oggetti dei sensi è segno di perfezione per il sāṃkhya,

  33 	privo di possesso, e di egoismo, lontano dagli opposti, tagliati i dubbi,
     	uno non si adira, né odia, né dice parole false,

  34 	chi calunniato o colpito, benevolmente non pensa al male,
     	che si astiene da offendere in tre modi con parole, azioni e pensiero,

  35 	che è uguale verso tutti gli esseri raggiunge il brahman,
     	chi non desidera ed è senza avversità solo per vivere impegnato,

  36 	senza avidità, né tremori, disciplinato, né attivo né inattivo, 
     	coi sensi non intenti in molte cose, coi desideri non troppo estesi,
     	non violento verso tutti gli esseri, un simile yogin trova la liberazione,

  37 	con quale yoga e con quali mezzi trovano la liberazione ascolta da me,
     	chi raggiunge la padronanza dello yoga e la supera, si libera,

  38 	questa buddhi nata dal cuore ti ho illustrato con certezza,
     	così si diventa libero dagli opposti e si raggiunge il brahman.' 
     


                              CCXXIX


   1 	Vyāsa disse:
     	' così il saggio afferrata la nave della conoscenza trova la pace interiore,
     	sia emergendo o sprodondando si affida alla conoscenza.'

   2 	Śuka disse:
     	' cos'è questa conoscenza, e la sapienza con cui si supera la dualità?
     	è il dharma che si mostra nella vita attiva o è la rinuncia al mondo?'

   3 	Vyāsa disse:
     	' lo sciocco che vede il mondo privo della propria natura,
     	che ancora senza nessuna causa separa tutto dalla saggezza,

   4 	quelli che pensano la propria natura causata dalla sola natura,
     	lavando l'erba con fango non ottengono nulla,

   5 	e gli scarsi di intelletto che affidandosi a questo partito procedono,
     	sapendo che la propria natura è la causa, non ottengono il meglio,

   6 	la propria natura va alla distruzione confusa dalle azioni desiderate,
     	questo è dichiarato sia dalla propria natura che dalla suprema,

   7 	le azioni a cominciare dai riti coi loro connessi,
     	dai saggi sono compiute con carri, seggi e case,

   8 	ed illustrano i giardini, le case, le malattie e le medicine,
     	i dotati di saggezza affidandosi agli esperti,

   9 	la saggezza si adegua ai mezzi e la saggezza ottiene il meglio,
     	i re uguali in apparenza governano il regno per la saggezza,

  10 	ogni cosa degli esseri si ottiene colla conoscenza,
     	dalla sapienza o figlio vi è l'intero creato, la sapienza è la suprema via,

  11 	la nascita di tutti i vari esseri è di quattro tipi,
     	vivipari, ovipari, i germogli, e quello che appare nel fango,

  12 	e quelli mobili appaiono superiori agli immobili,
     	e quelli dotati di attività sono superiori dei superiori, 

  13 	i mobili si dicono di molti piedi o bipedi,
     	e i molti bipedi sono superiori a quelli dai molti piedi,

  14 	i bipedi sono di due tipi i terrestri e gli altri,
     	quelli terrestri sono superiori e si nutrono di cibi,

  15 	i terrestri si dicono di due tipi i mediani e i montanari,
     	i mediani sono superiori in considerzione del dharma castale,

  16 	i mediani si dicono di due tipi, i sapienti del dharma e gli altri,
     	i sapienti del dharma sono superiori per il sapere di quanto si deve e non si deve fare,

  17 	i sapienti del dharma sono di due tipi i sapienti dei veda e gli altri,
     	i sapienti dei veda sono superiori, perché i veda sono radicati in essi,

  18 	i sapienti dei veda sono detti di due tipi quelli che li recitano e gli altri,
     	quelli che li recitano sono superiori, per sostenere tutti i dharma,

  19 	quelli che conoscono i veda hanno i frutti di ogni rito nel dharma,
     	gli interi veda coi sacrifici sgorgano da chi li recita,

  20 	quelli che li recitano si dicono di due tipi, i sapienti dell'anima e gli altri,
     	i sapienti dell'anima sono superiori per la conoscenza di nascita e morte,

  21 	il sapiente di ogni dharma che sa che tutto il dharma è duplice,
     	è un rinunciante dai sinceri desideri, è paziente è un potente,

  22 	gli dèi conoscono il brahmano saldo nella conoscenza del dharma,
     	versato nelle parole del brahman, e non interessato ad altro,

  23 	quelli che conoscono il dentro e il fuori relativo al sacrificio e agli dèi,
     	a questi ci inchiniamo, questi ri-nati o caro, sono dèi,

  24 	in essi è fondato l'intero creato, e l'intero universo,
     	e non vi è nessuna creatura simile a loro per grandezza,

  25 	trascendendo nascita e morte e ogni azione,
     	sono i signori delle creature dei quattro tipi come il Nato-da-sé.'
     


                              CCXXX


   1 	Vyāsa disse:
     	' questa è la primaria condotta stabilita per il brahmano,
     	chi ha la conoscenza compiendo le sue azioni ha successo,

   2 	qui se non sorgono così dubbi sull'intenzione di agire,
     	su quale azione sia della natura o quale sia della conoscenza,

   3 	allora qui vi è il desiderio di conoscere il puruṣa,
     	ora io ti parlerò dell'inferenza e dell'evidenza, ascoltami,

   4 	alcuni uomini dicono che delle azioni è causa la valentìa umana,
     	altri dicono che è il destino, e altre persone che è la natura,

   5 	agire umano, destino e natura sono i mezzi del successo,
     	dall'unione o dalla separazione di questi tre, altri lo affermano,

   6 	che è così, e che non è così, che due agiscono e non agiscono,
     	queste differenze affermano quelli che agiscono, i virtuosi e gli imparziali,

   7 	i nati nel tretā nel dvāpara e nel kaliyuga sono nei dubbi,
     	e in pace, asceti e virtuosi sono nel kṛtayuga,

   8 	nessuno vede differenze nel ṛg, nel sāma e nello yajus,
     	guardando entrambi: brama e avversione, praticano il tapas,

   9 	intenti al tapas nel dharma, sempre ben concentrati nel tapas, 
     	con esso ottengono tutti i beni che desiderano nell'animo,

  10 	col tapas si ottiene quanto esiste nella creazione del mondo,
     	ed essendo tutto in questo modo, diviene il signore degli esseri,

  11 	questo segreto è dichiarato nelle parole dei veda dai sapienti dei veda,
     	e ancora nei vedānta appare progressivamente manifesto, 

  12 	il rito cruento è degli kṣatriya, e quello del burro sacro dei vaiśya, così è scritto, 
     	e il rito del servire è per gli śūdra, e quello del recitare per i ri-nati,

  13 	nel perfezionare i riti e con i propri studi si diventa ri-nati,
     	e compiendo o non compiendo altra cosa, il brahmano è detto amichevole,

  14 	all'inizio del tretā vigevano i veda con ogni parte, i riti, e i modi di vita dei varṇa,
     	ma per la diminuizione della vita si dispersero nel dvāparayuga,

  15 	nel dvāpara e nel kaliyuga i veda divennero confusi,
     	e alla fine del kaliyuga essi si mostrano o non più si mostrano,

  16 	decadono i singoli dharma, là colpiti dall'adharma,
     	e i sapori delle erbe, delle acque, della terra e inerenti alle vacche,

  17 	e i veda spariscono nell'adharma, e pure i dharma vedici e i modi di vita,
     	e mutano il loro stare nel proprio dharma mobili e immobili,

  18 	come la pioggia bagna tutti gli esseri terrestri,
     	così i veda producono tutte le loro parti di yuga in yuga,

  19 	il tempo procede in molti modi, senza inizio né fine,
     	ho già detto prima, come per lui vanno e vengono tutti,

  20 	il creatore è l'origine degli esseri e Yama la loro distruzione,
     	per la natura agiscono in vari modi gli elementi opposti,

  21 	creazione, tempo, fermezza, i veda, il creatore, e il frutto delle azioni da fare,
     	tutto questo ti ho illustrato o caro, che è quanto mi hai chiesto.'”
     


                              CCXXXI


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ così istruito dalle parole pronunciate dal supremo ṛṣi,
     	egli passava a chiedere quanto è collegato a dharma, artha e mokṣa.

   2 	Śuka disse:
     	'il saggio, l'anziano privo di invidia, con prole e istruzione sacra, avendo sacrificato,
     	come può raggiungere il brahman che non viene attraverso l'istruzione?

   3 	col tapas, colla brahmacarya, coll'intelligenza o rinunciando a tutto?
     	se questo vi è nel sāṃkhya o nello yoga istruiscimi, che te lo chiedo,

   4 	la concentrazione della mente e dei sensi con quale mezzo
     	è raggiunta dagli uomini, mi devi illustrare.'

   5 	Vyāsa disse:
     	' in nessun altro modo che trattenendo i sensi e con la sapienza e il tapas,
     	in nessun altro modo che rinunciando a tutto si ottiene la perfezione,

   6 	tutti gli elementi grossolani furono creati per primi dal Nato-da-sé,
     	e per lo più sono dentro i corpi in tutti i viventi,

   7 	il corpo dalla terra, gli umori dall'acqua, e la vista dalla luce deriva,
     	Vāyu è il rifugio di prāṇa e apāna, e nelle aperture dei corpi vi è lo spazio,

   8 	nei passi vi è Viṣṇu, nella forza Śakra, nello stomaco Agni compie la digestione,
     	le direzioni degli orecchi sono nell'udito, e nella lingua vi è la parola e il discorso,

   9 	gli orecchi, la pelle, gli occhi, la lingua e il naso per cinque,
     	sono le porte collegate ai sensi della conoscenza per la ricerca del cibo,

  10 	il suono, il contatto, le forme, il gusto e il profumo per quinto,
     	sono i singoli oggetti dei sensi, che si mostrano alla mente, 

  11 	la mente si unisce dominando i sensi come il conducente i cavalli,
     	e pure sempre l'anima degli esseri rifugiata nel cuore, è unita alla mente, 

  12 	e la mente è come il padrone di tutti questi sensi,
     	nel trattenerli e liberarli, e l'anima interna lo è della mente,

  13 	sensi, oggetti dei sensi, natura, intelligenza e mente,
     	prāṇa e apāna e la vita sono sempre nei corpi degli incarnati,

  14 	non vi è connessione del sattva colla qualità del suono né coll'intelligenza,
     	il sattva produce energia e nessun altro guṇa,

  15 	cosi vede il diciasettesimo nel corpo avvolto dalle sedici qualità,
     	sé stesso da sé stesso con la mente il savio intelligente,

  16 	ma questo non è visibile dagli occhi né da tutti gli altri sensi,
     	con la mente accesa di splendore, appare il grande ātman,

  17 	l'immutabile senza suono, né forma o contatto, senza gusto e profumo,
     	privo di corpo in ciascun corpo si può vedere privo di sensi,

  18 	l'immanifesto che nei corpi manifesti è dentro, l'immortale tra i mortali,
     	chi riesce a vedere, nell'aldilà merita di essere un secondo Brahmā,

  19 	in un brahmano dotato di studi e stirpe, in una vacca, in un elefante,
     	in un cane e in un fuori-casta i sapienti vedono la stessa cosa,

  20 	quello che in tutti gli esseri mobili e immobili,
     	risiede è il solo grande ātman da cui tutto è dispiegato,

  21 	quando vede in tutti gli esseri l'ātman, e tutti gli esseri
     	nell'ātman, allora l'anima interiore raggiunge il brahman,

  22 	quando veda l'ātman in sé come l'ātman negli altri,
     	costui che sempre così vede è degno dell'immortalità,

  23 	nella via dell'essere che è l'anima di tutti gli esseri, e il bene
     	di tutti gli esseri, gli dèi cercandone le tracce si stupiscono che sia senza tracce,

  24 	come la traccia degli uccelli in cielo o quella degli esseri acquatici,
     	non si vede così quella del grandissimo ātman,

  25 	il tempo matura tutti gli esseri, da sé in sé,
     	ma nessuno che è cotto dal tempo se ne accorge,

  26 	egli non è in alto, in basso o di lato, e neppure di traverso,
     	nessuno in nessun luogo può prenderlo mai in mezzo,

  27 	tutti questi mondi stanno in lui, e nulla esiste di essi fuori di lui,
     	chi viaggia come mille frecce scagliate con forza,

  28 	o se sia veloce come il pensiero non raggiungerà la fine di questa causa di tutto,
     	della sua sottigliezza non vi è uno più sottile, né uno più grande,

  29 	con mani e piedi ovunque, con teste occhi e facce ovunque,
     	con orecchie ovunque al mondo, egli è saldo coprendo ogni cosa,

  30 	è il più piccolo dei piccoli, il più grande dei grandi,
     	egli stando perennemente dentro gli esseri non si mostra,

  31 	di due nature è l'anima distruttibile e indistruttibile,
     	la distruttibile è in tutti gli esseri, l'indistruttibile è la divina amṛta,

  32 	raggiunta la città dalle nove porte, l'anima sempre vi risiede,
     	come signore di ogni essere, mobile e immobile,

  33 	collegato alle nove variazioni che mutano i corpi,
     	i supremi sapienti  dicono è il non-nato Atman,

  34 	chiamato l'haṃsa imperituro, che sta in alto imperituro,
     	il saggio che raggiunge l'imperituro abbandona vita e rinascita.'
     


                              CCXXXII


   1 	Vyāsa disse:
     	' da te richiesto o virtuoso figlio, sencondo le regole e la verità,
     	ti ho illustrato quanto è collegato alla dottrina del sāṃkhya,

   2 	e ora interamente a te parlerò di quanto è proprio allo yoga, ascoltalo,
     	quando nell'unione di intelletto e mente e di tutti i sensi,
     	l'anima è in meditazione, questo o caro è la suprema conoscenza,

   3 	e questo con pace interiore, con disciplina cercando l'adhyātman,
     	con l'intelletto e anima felice deve riconoscere chi ha pure azioni,

   4 	tagliati i cinque falli dello yoga di cui parlano i saggi,
     	brama, ira, avidità, paura e indolenza per quinto,

   5 	l'ira si vince colla pace interiore, la brama evitando i desideri,
     	e unendosi al sattva, il saggio il sonno indolente deve eliminare,

   6 	con fermezza custodisca i genitali nell'addome, e cogli occhi mani e piedi,
     	colla mente vista e udito, colle azioni mente e parola,

   7 	con cura abbandoni la paura, e l'avidità coltivando la saggezza,
     	così instancabile deve sempre vincere questi falli dello yoga,

   8 	veneri i fuochi sacri e i brahmani e si inchini agli dèi,
     	eviti rudi parole, e quelle che pur piacevoli siano intente alla violenza,

   9 	il brahman puro fatto di splendore, che possiede l'essenza di tutto,
     	è il solo ente che possiede la creazione fatta di mobili e immobili,

  10 	meditazione, studio, dono, sincerità, modestia, onestà e pace interiore,
     	purezza, e completa purezza di vita, contenimento dei sensi,

  11 	con queste cose si accresce lo splendore, e si rimuovono i mali,
     	ogni suo scopo ha successo, e si origina la conoscenza,

  12 	agendo ugualmente verso tutti gli esseri, e nell'ottenere e nel non ottenere,
     	eliminando i mali, pieno di splendore, moderato nel cibo e coi sensi vinti,
     	dominando brama ed ira, desidera raggiungere lo stato di brahman,

  13 	concentrato, fatta una cosa sola di mente e sensi,
     	prima di notte e passata la notte, trattenga la mente da sé,

  14 	il vivente che abbia uno solo dei cinque sensi in fallo,
     	da lui scorre via la saggezza, come l'acqua dal fondo di un otre,

  15 	la mente per prima cosa raffermi, come il pescatore fa coi cattivi pesci,
     	quindi il sapiente yogin agisca su udito, vista, gusto e odorato

  16 	quindi questi trattenendo li raffermi nella mente, l'asceta,
     	e quindi purifichi la mente dai desideri, e li trattenga in sé,

  17 	colla coscienza posti i cinque nella mente li raffermi l'asceta,
     	e quando questi siano raffermati in sé colla mente per sesta,
     	tutti insieme trovano la pace e allora il brahman si mostra,

  18 	come il fuoco acceso senza fumo, come il sole pieno di luce,
     	come un fuoco splendente nel cielo, egli vede sé stesso da sé,
     	ed egli appare là pervadere ogni cosa ovunque,

  19 	questo vedono i brahmani saggi e grandi anime,
     	pieni di fermezza e di saggezza, felici del bene di tutti gli esseri,

  20 	così per il tempo determinato agendo con saldi voti,
     	seduto da solo in un luogo solitario, raggiunge lo stato imperituro,

  21 	la meraviglia di essere uniti al brahman, con vista, odorato e udito,
     	gusto e tocco meravigliosi, e fresco e caldo al pari del vento,

  22 	e splendore e travagli trattenendo attraverso lo yoga,
     	senza curarsi di essi il vero sapiente deve sprofondare nella sua anima,

  23 	compia dunque la conoscenza nello yoga il muni controllandosi tre volte,
     	sulla cima dei monti, nei santuari, davanti agli alberi si applichi,

  24 	trattenendo tutti i sensi, come animali legati nella stalla,
     	ad una sola cosa sempre pensi senza allontanare la mente dallo yoga,

  25 	con questi mezzi è in grado di trattenere la mobile mente,
     	e rimanga concentrato in questo e non si smuova da qui,

  26 	le deserte caverne montane, i templi degli dèi,
     	le case solitarie, attentamente raggiunga per risiedervi,

  27 	non si associ ad altri con parole, azioni o pensiero,
     	indifferente, controllando il cibo, diventi uguale nell'avere e nel non avere,

  28 	verso uno che sia contento di lui, e verso chi lo biasima, 
     	verso entrambi sia uguale e non guardi il bene e il male dei due,

  29 	non si rallegri nell'ottenere, e non si impensierisca nel non ottenere,
     	sia uguale verso tutti gli esseri, con uguale condotta del vento,

  30 	per il virtuoso che così, con tutta l'anima guarda ugualmente verso tutto,
     	che sempre sia concentrato per sei mesi, lo stesso suono del brahman sorge,

  31 	vedendo le creature afflitte da dolore, guardi ugualmente una zolla e l'oro,
     	devoto a questa via non l'abbandoni divenendo confuso,

  32 	anche uno di casta inferiore, oppure una donna che desideri il dharma,
     	pure questi due con questa via, troveranno la suprema meta,

  33 	l'incrollabile uomo che coi sensi raggiunga il non nato, eterno, antico, senza vecchiaia,
     	più piccolo del piccolo e più grande del grande, da sé lo vede concentrato in sé.'

  34 	queste parole pronunciate dal grande ṛṣi grand'anima, tenendo in mente,
     	i saggi, raggiungono lo stato di eguaglianza con Brahmā, che la meta universale.
     	
     


                              CCXXXIII


   1 	Śuka disse, 
     	' quando dicono le parole dei veda sono:' compi l'azione, e rinunciavi.'
     	in quale luogo si va attraverso la sapienza e in quale si giunge coll'agire?

   2 	questo vorrei udite, questo dunque o signore, illustrami,
     	questo mi appare contradditorio e reciprocamente contrario.' "

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ così richiesto il figlio di Parāśara rispondeva al figlio:
     	'io ti parlerò delle due vie: distruttibile e indistruttibile fatte di azioni e sapienza,

   4 	e in quale luogo si va colla sapienza e in quale vanno coll'agire,
     	ascolta attentamente o figlio quale segreto vi è dentro,

   5 	chi afferma che c'è il dharma e chi dice che non c'è,
     	del primo partito io ho uguale opinione, 

   6 	due sono le vie che i veda stabiliscono,
     	il dharma che si mostra nell'agire e quello nella rinuncia già ben trattato, 

   7 	il vivente è legato al karma, e se ne libera colla conoscenza,
     	perciò gli asceti che vedono la riva opposta non praticano l'azione,

   8 	per l'agire si rinasce dopo morto con una forma fatta dei sedici elementi,
     	colla sapienza sempre si nasce immutabile e immutabile per natura,

   9 	l'agire lo applaudono gli uomini di più misero intelletto,
     	per questo essi ottengono mucchi di corpi e si rallegrano,

  10 	quelli che hanno un supremo intelletto, che vedono interamente i dharma,
     	non applaudono l'agire, come un pozzo non beve il fiume,

  11 	il frutto che si ottiene dall'agire, gioia e dolore, nascita e morte, 
     	questo si ottiene anche colla sapienza, ma avutolo non ci si duole,

  12 	laddove giunti non si muore, laddove giunti non si rinasce,
     	laddove non si invecchia, e laddove giunti non si cresce,

  13 	laddove c'è il brahman supremo, immanifesto, eterno e senza vecchiaia,
     	senza impedimenti, facile, inseparabile dall'amṛta,

  14 	laddove non si è legati agli opposti, né colla mente né coll'agire,
     	si è uguali verso tutto, amichevoli, felici del bene di tutti gli esseri,

  15 	un uomo è fatto per la sapienza o caro, e l'altro è fatto per l'agire,
     	sappi che la luna rimane nella luna nuova per brevissimo tempo,

  16 	questo ha detto il ṛṣi spiegandolo diffusamente,
     	vedendo la luna nuova come un filo curvo nel cielo,

  17 	l'anima con undici modificazioni dotata dei sedici elementi,
     	sappi o caro che ha la forma prodotta dall'agire e dai guṇa, 

  18 	il dio che si rifugia in esso come una goccia d'acqua in un loto,
     	devi riconoscerlo come l'anima, che coll'abbandono vince sé stessa,

  19 	tamas, rajas e sattva sappi che sono i guṇa del vivente,
     	devi sapere che il vivente è il guṇa dell'anima e l'anima quello dell'anima suprema,

  20 	la coscienza è il guṇa del vivente, essa si muove e fa muovere tutto,
     	e al di sopra i sapienti dicono vi sia chi ha creato i sette mondi.'
     


                              CCXXXIV


   1 	Śuka disse:
     	' a cominciare dal distruttibile, quale è la creazione con sensi e guṇa,
     	e quale la sublime meditazione dell'anima per la produzione di intelletto e dominio,

   2 	e ancora dunque quale sia al mondo la condotta dei buoni e dei razionalisti,
     	con la quale sorgono i buoni, questo vorrei mi fosse descritto,

   3 	nei veda viene affermato sia compi l'azione che rinuncia,
     	come posso intendere ciò? questo mi devi rivelare,

   4 	io, purificato l'intelletto e sapiente della vera condotta del mondo,
     	per l'insegnamento del guru, disgiunta l'anima lascerò me stesso senza timori.'

   5 	Vyāsa disse:
     	' la condotta che fu stabilita in principio da Brahmā in persona,
     	fu praticata dai primissimi virtuosi, ṛṣi supremi,

   6 	i supremi ṛṣi vincono i mondi praticando la brahmacarya,
     	nel proprio cuore e colla mente in sé cercando il meglio,

   7 	nutrendosi di frutta e radici nella foresta, e praticando un grandissimo tapas,
     	praticando sacri e puri luoghi, e senza usare violenza verso gli esseri,

   8 	nel rifugio degli abitanti della foresta, cessato il fumo e il battere del mortaio,
     	praticando la questua a tempo opportuno, si merita lo stato di brahman,

   9 	senza preghiere, senza inchinarsi agli dèi, rinunciando a bene e male,
     	da solo condursi nella foresta cibandosi di quanto viene.'

  10 	Śuka disse:
     	' quanto è detto dai veda si scontra coi detti mondani,
     	essendoci opposizione tra evidenza e non evidenza da dove vengono le scritture?

  11 	questo io vorrei sapere o signore, illustramelo,
     	come può sorgere non opposizione tra queste azioni?'”

  12 	Bhīṣma disse:
     	“ così interrogato il figlio di Gandhavatī rispondeva al figlio,
     	quel ṛṣi applaudendo le domande di suo figlio dal supremo splendore:

  13 	' il capofamiglia, il brahamacārin, e il mendicante asceta nella foresta,
     	tutti questi praticando quanto stabilito raggiungono la suprema meta,

  14 	uno che in questi modi di vita stia secondo le regole,
     	privo di brama e avversione, costui si rallegra nell'altro mondo,

  15 	questa è la scala di quattro gradini fondata sul brahman,
     	e applicandosi a questa scala si rallegrerà nel mondo di Brahmā,

  16 	per la quarta parte della vita il brahmacārin privo di invidie,
     	che sia intento a dharma ed artha risieda col guru o col figlio del guru,

  17 	con assoluto impegno al guru deve studiare chi desidera la prosperità,
     	sincero sia e privo di biasimo, e chiamato si rechi dal guru,

  18 	vada a letto per ultimo e si alzi per primo, nella dimora del guru,
     	e quanto il discepolo debba fare lo compia come un servo,

  19 	e compiuto tutto quanto il da farsi, rimanga al suo fianco,
     	come un servo che tutto compie, esperto di ogni lavoro,

  20 	puro, intelligente, dotato di qualità, deve parlare come una freccia senza fretta,
     	e senza confusione segua il guru con la vista avendo vinti i sensi,

  21 	non mangi prima che lui mangi né beva prima che lui beva,
     	e così non stia in piedi e non si sieda, ne vada a letto prima di lui,

  22 	colle mani allungate dolcemente tocchi i suoi piedi,
     	con la destra il destro e colla sinistra il sinistro tocchi,

  23 	salutando il guru gli dica: 'ordina o venerabile,
     	questo io farò o venerabile e pure questo io ho compiuto.'

  24 	e chiedendogli il permesso, consegni tutta la ricchezza al guru,
     	lavori e avendo fatto tutto, ne informi ancora il guru,

  25 	il brahmacārin non coltivi le cose gustose e i profumi,
     	ma le usi solo dopo il ritorno a casa, così le regole del dharma,

  26 	ciascuna delle restrizioni che sono stabilite per il brahmacārin,
     	tutte queste deve accogliere, finché risiede col guru,

  27 	così avendo procurato piacere al guru per quanto si può,
     	il discepolo si impegni ad agire in ciascun modo di vita,

  28 	con voti di astinenza dei veda, passato quel quarto di vita,
     	avendo dato al guru il suo onorario, secondo le regole se ne vada,

  29 	unito alla moglie ottenuta nel dharma, si dedichi ai fuochi secondo le regole,
     	e passi la seconda parte della vita nel voto del capofamiglia.'
     


                              CCXXXV


   1 	Vyāsa disse:
     	' la seconda parte della vita la passi in casa come capofamiglia,
     	unito alla moglie secondo il dharma, e dedicandosi ai fuochi sacri con saldi voti,

   2 	quattro sono le condotte dei capifamiglia ricordate dai saggi,
     	la prima tener grano per tre anni, per seconda tener grano per sei giorni

   3 	e senza guardare al domani prenda, e viva colla condotta del piccione,
     	il successivo di ciascuno è migliore, per vincere i mondi secondo il dharma,

   4 	viva nel primo colle sei azioni, nell'altro viva con tre sole, 
     	quindi con due e con una sola nel quarto saldo sempre nel brahman,
     	i voti del capofamiglia sono dichiarati quaggiù i più grandi,

   5 	non cuocia il cibo solo per sé, e non uccida invano le vittime,
     	che sia un vivente o un non vivente deve compierlo secondo lo yajur,

   6 	non dorma mai di giorno, né prima o dopo la notte,
     	non si nutra fuori pasto, né inviti una donna nei momenti proibiti,

   7 	un savio non deve risiedere nella sua casa senza esser nutrito e onorato, 
     	e così i suoi ospiti deve sempre onorare con le oblazioni sacre, 

   8 	i brahmani di puri voti e sapienza vedica, istruiti, che seguono i veda,
     	che vivono del proprio dharma, disciplinati, ascetici e intenti ai riti,
     	pure costoro è stabilito che siano meritevoli delle oblazioni sacre,

   9 	non essendo tale chi fa uso di muli, e chi non riconosce il proprio dharma,
     	e chi abbandona l'agnihotra, e chi ha agito falsamente verso il guru,

  10 	di condividere con tutti questi esseri si deve evitare,
     	e a quelli che non cuociono per sé deve donare il capofamiglia,

  11 	chi sempre consumi i resti, sempre si nutre dell'amṛta,
     	l'amṛta sia il cibo rimasto dal sacrificio, come il burro sacro,
     	chi si nutre del resto dei servi costui lo dicono uno che si nutre dei resti sacri,

  12 	fedele alla propria moglie, controllato, privo di invidie, coi sensi vinti,
     	coi celebranti, i purohita e i maestri, collo zio materno, gli ospiti e i rifugiati,

  13 	con anziani, fanciulli e malati, con sapienti, con parenti e famigliari,
     	con madre e padre, con sorelle e fratelli, col figlio e colla moglie, 

  14 	colla figlia e con tutti i servi, non deve usare parole offensive,
     	evitando queste parole, si libera da tutti i mali,

  15 	con queste vittorie conquista di certo tutti i mondi,
     	il maestro è il signore del mondo di Brahmā, il padre di quello di Prajāpati,

  16 	l'ospite è il signore del mondo di Indra, e lo sono i celebranti del mondo divino,
     	le sorelle nel mondo delle apsaras, e i famigliari in quello dei viśvadeva,

  17 	parenti e famigliari delle direzioni, e madre e zio materno in terra,
     	gli afflitti i malati, i fanciulli e i vecchi sono signori nel cielo,

  18 	il fratello maggiore è uguale al padre, moglie e figlio sono il proprio corpo,
     	la propria ombra sono tutti i servi, la figlia è la suprema miseria,  

  19 	perciò può attaccarsi ad essi sempre senza ansie,
     	il sapiente intento al dharma domestico, e sempre nel dharma attivo,

  20 	non deve praticare azioni o dharma legato alla ricchezza,
     	tre sono le condotte del capofamiglia, e la successiva di ciascuna è migliore,

  21 	e allo stesso modo dicono siano i quattro modi di vita,
     	tutte le regole che sono stabilite in questi deve compiere chi vuole la prosperità,

  22 	con chi tiene cibo per sei giorni, con chi spigola, e con chi imita il piccione, 
     	il regno in cui vivono questi virtuosi, prospera,

  23 	purifica dieci generazioni di avi precedenti e dieci future,
     	chi privo di ansie segua le regole del capofamiglia,

  24 	costui ottiene la stessa meta che vi è nei mondi dei cakracara,
     	oppure per lui è stabilita la meta di quelli che trattengono i sensi,

  25 	il mondo del paradiso è stabilito per i capifamiglia di nobile animo, 
     	il paradiso assieme ai carri divini, e ben fiorito di sapienti dei veda,

  26 	nel mondo del paradiso vi è la sede dei capifamiglia dall'anima controllata,
     	questa è la successione stabilita da Brahmā, con cui si ha la liberazione,
     	seguendo regolarmente il secondo modo si rallegrerà in paradiso,

  27 	da qui in poi vi è il modo superiore, il terzo che dicono sia l'abbandono del corpo,
     	il vivere nella foresta superiore a vivere in casa, ascolta quello di chi si tormenta il corpo.'”
     


                              CCXXXVI


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ ti ho illustrato la condotta da capofamiglia stabilita dai saggi,
     	quanto di dirò di seguito ascolta o Yudhiṣṭhira,

   2 	di seguito passando al terzo modo, alla condotta suprema,
     	di chi si esaurisce nel voti yogici, abitando negli āśrama della foresta,

   3 	ascolta o pṛthāde, che tu sia benedetto, il deciso intento
     	di chi si impegna per tutto il mondo abitando in luoghi puri.

   4 	Vyāsa disse:
     	' quando il capofamiglia si veda colle rughe e i capelli grigi,
     	e coi figli con prole, allora si ritiri nella foresta,

   5 	e nella terza parte della vita risieda in un āśrama nella foresta,
     	e attenda ai fuochi sacri sacrificando ai celesti,

   6 	controllato, e parco nel cibo, nutrendosi alla sesta ora, con attenzione, 
     	per l'agnihotra e per le vacche e gli strumenti del sacrificio, 

   7 	viva di riso e orzo senza coltivarli, di grano selvatico e dei resti sacri,
     	offra oblazioni di burro qui nei cinque sacrifici,

   8 	negli āśrama degli abitanti della selva sono ricordate quattro modi di condotta,
     	chi consuma il grano giorno per giorno, e chi ne tiene per un mese,

   9 	chi ne accumula per un anno, e chi per dodici anni,
     	per poter onorare gli ospiti e per compiere i sacrifici stabiliti,

  10 	vivano al cielo aperto sotto i monsoni e si rifugino nell'acqua in inverno,
     	in estate pratichino sempre il tapas dei cinque fuochi, moderati nel cibo,

  11 	si ròtolino in terra, o stìano sulle punte dei piedi,
     	vivano in piedi o seduti, e si purifichino colle abluzioni,

  12 	alcuni tritano il grano coi denti, e altri con delle pietre,
     	alcuni bevono solo nella quindicina chiara, bollendo il grano una sola volta,

  13 	altri bevono solo nella quindicina scura e mangiano come viene,
     	alcuni con frutti e radici, e altri dai rigidi voti di solo fiori,

  14 	vivono secondo le regole saldi nel modo degli asceti,
     	queste e altre varie devozioni vi sono per questi saggi,

  15 	il quarto modo è il dharma generico ricordato dalle upaniṣad,
     	l'asceta nella foresta e il capofamiglia e anche altri possono farlo,

  16 	in questo yuga o caro fu compiuto dai savi che vedono ogni cosa,
     	Agastya, i sette ṛṣi, Madhucchanda, Aghamrṣaṇa,

  17 	Sāṃkṛti, Sudivātaṇḍi, e Kṛtaśrama il mangiatore d'orzo,
     	Ahovīrya, e Kāvya, Tāṇḍya e il saggio Madhātithi

  18 	Śala, e Vāka, e Nirvāka, Śūnyapāla e Kṛtaśrama,
     	questi saggi con questo dharma hanno raggiunto il paradiso,

  19 	e molte schiere ascetiche intente nel vero dharma,
     	di ṛṣi, dai fieri tapas, abili conoscitori del dharma,

  20 	e dei brahmani che non si possono elencare rifugiati nella foresta,
     	i vaikhānasa, i vālakhilya, i sikata e altri ancora,

  21 	senza piacere nelle azioni, sempre nel dharma coi sensi vinti,
     	sono andati tutti praticando il puro dharma a rifugiarsi nella foresta,
     	e appaiono come schiere di stelle invincibili e privi di costellazioni,

  22 	reso misero dalla vecchiaia, e colpito dalle malettie,
     	nel quarto di vita rimanente, si abbandoni anche l'āśrama degli asceti,
     	celebrando un sacrificio di un giorno, con tutte le dakṣiṇa stabilite dai veda,

  23 	sacrificando sé stesso, felice nel supremo rifugiandosi in sé nel gioco di sé,
     	accendendo dei fuochi in sé, avendo abbandonato ogni acquisizione,

  24 	celebri sacrifici di un giorno e oblazioni ovunque quaggiù,
     	e sempre dai sacrifici dei sacrificatori si astenga chi sacrifica sé stesso,

  25 	sacrifichi rettamente ai tre fuochi in sé per la propria liberazione,
     	si nutra di cinque o sei bocconi per vivere senza lamentarsi coi giusti mantra, 

  26 	tagliandosi capelli, barba e unghie, allora il muni della foresta,
     	in ciascun modo di vita immediatamente si muove purificato dalle azioni,

  27 	il ri-nato che data sicurezza a tutti gli esseri se ne diparte, 
     	ottiene i mondi fatti di luce e l'ternità nell'aldilà,

  28 	con ottima condotta, rimosse le colpe, né qui né nell'aldilà desidera agire, 
     	privo di passioni ed errori, libero da guerra e pace, l'uomo è un saldo sapiente dell'anima,

  29 	non si agita nelle norme che deve compiere, valoroso in śāstra, riti, regole e mantra,
     	chi sacrifica sé stesso, saldo nel dharma e coi sensi vinti, di certo ha la meta che vuole,

  30 	quindi è il supremo, il migliore, il sommo, il principale, passati i primi tre
     	il quarto è chiamato il supremo modo di vita, ascolta quanto ti ho detto sul supremo mezzo.'
     


                              CCXXXVII


   1 	Śuka disse:
     	' uno che vive là nel modo degli asceti silvani, come
     	si deve concentrare, e come può ottenere il supremo stato desiderato?'

   2 	Vyāsa disse:
     	' avendo completato i primi due modi di vita, e quindi l'altro, 
     	ascolta ora con attenzione quanto debba fare inerente il supremo modo,

   3 	purificatosi delle impurità durante i tre modi di vivere,
     	proceda verso il supremo stato, che è l'incomparabile abbandono del mondo,

   4 	fatto così questo deve vivere concentrandosi e studiare,
     	da solo viva sempre senza alcun aiuto nei suoi compiti,

   5 	chi da solo agisce e guardando non abbandona e non è abbandonato,
     	privo di fuoco e di casa rimanga, andando nei villaggi solo per il cibo,

   6 	il muni immerso in meditazione, si deve provvedere solo per un giorno,
     	parco e trattenuto nel mangiare, una volta sola cercando il cibo,

   7 	la ciotola, la solitudine ai piedi di un albero, i vestiti di stracci,
     	l'indifferenza verso tutti gli esseri, tale è l'apparenza del mendicante,

   8 	in chi entrano le parole come pietre cadute in un pozzo,
     	e non ritornano a chi le ha dette, costui può vivere in completo isolamento,

   9 	non deve guardare, né mai udire parole improprie verso qualcuno,
     	e specialmente contro i brahmani non dica mai nulla,

  10 	sempre dica quanto è opportuno per un brahmano,
     	sieda in silenzio nei rimproveri, facendo medicina di sé stesso,

  11 	colui che da solo fa ovunque essere come ne fosse pieno il cielo,
     	e che un luogo vuoto fa essere pieno di gente, dagli dèi è detto un brahmano,

  12 	chi si veste di quanto viene, e che si sazia di quanto viene,
     	e che dorme dove capita, dagli dèi è conosciuto come brahmano,

  13 	chi teme la folla come un serpente, la soddisfazione come fosse l'inferno,
     	le donne come i cadaveri, dagli dèi è conosciuto come brahmano,

  14 	chi non si adira, né si rallegra, disprezzato o onorato che sia,
     	che dà sicurezza a tutti gli esseri, dagli dèi è conosciuto come brahmano,

  15 	chi non applaude la morte, né applaude la vita,
     	ma guarda al fato come un servo agli ordini,

  16 	che non abbia mai pensiero violento, né violente parole,
     	che sia libero da ogni male, che paura vi è per il senza nemici?

  17 	essendo senza paura per gli esseri, e senza impaurire tutti gli esseri,
     	liberatosi del suo corpo non ha timore da nessuna parte,

  18 	come nelle tracce degli elefanti tutte le altre tracce
     	di chi vi cammina sono coperte dai piedi degli elefanti,

  19 	così l'intero scopo del dharma è coperto nella non violenza,
     	chi raggiunge la non violenza vive sempre da immortale,

  20 	chi è non violento, uguale in tutto, sincero, saldo e coi sensi controllati,
     	e rifugio per tutti gli esseri, ottiene la suprema meta,

  21 	di chi si compiace della saggezza, dell'intelligente senza timori,
     	la natura non è soverchiata dalla morte, egli va incontro alla morte,

  22 	il muni libero da ogni attaccamento, che sta come fosse in cielo,
     	senza proprietà, solitario, in pace, dagli dèi è conosciuto come brahmano, 

  23 	chi ha una vita per il dharma e il dharma per chi soffre,
     	e per atti puri giorno e notte, dagli dèi è conosciuto come brahmano,

  24 	chi è privo di desideri, e di imprese, di adorazioni e di elogi,
     	senza ingiurie e dalle azioni terminate, dagli dèi è conosciuto come brahmano,

  25 	tutti gli esseri gioiscono nel bene, e tutti sono violentemente agitati nel dolore,
     	il ricco di fede non compia azioni che facciano nascere paura e tormento a loro,

  26 	il dono di offrire sicurezza agli esseri tutti gli altri doni supera quaggiù,
     	chi per primo abbandona l'aspetto crudele, ottiene infinita sicurezza dai viventi,

  27 	chi offre l'oblazione nella bocca aperta è l'ombelico del mondo, il rifugio dell'universo,
     	tutte le sue membra e quanto fatto e non, sono possedute dal fuoco,

  28 	il sacrificante di sé, che offre la vita nel fuoco, che misura una spanna nel suo cuore, 
     	questa sua offerta di sé stesso è l'agnihotra per tutti i mondi assieme agli dèi,

  29 	chi conosce la principale vera conoscenza, divina, del trimundio, tripartita, luminosa,
     	in tutti i mondi gioisce, e gli dèi potenti parlano dei suoi meriti,

  30 	chi conosca i veda, e interamente i precetti vedici, come la manifesta vera conoscenza,
     	interamente nell'anima del suo corpo, è sempre desiderato dagli dèi,

  31 	chi veda con chiara luce nella propria anima il Distaccato sulla terra, incommensurabile
     	in cielo, fatto d'oro, nato dall'uovo e in mezzo ad esso, l'uccello alato in cielo,

  32 	che procede muovendosi privo di vecchiaia, con sei ruote, dodici raggi,
     	nella cui bocca tutto procede, questa è la ruota del tempo posta in luogo nascosto,

  33 	che è il corpo che riposa dell'universo, che incontra tutti i mondi quaggiù,
     	l'offerta fatta a lui soddisfa gli dèi, ed essi sazi soddisfano la sua bocca,

  34 	questo antico eterno corpo fatto di luce, procede negli infiniti mondi senza paura,
     	gli esseri non tremano mai per lui, e lui non è trema mai per gli esseri,

  35 	il savio non biasimevole che non biasima gli altri, che guarda all'anima suprema,
     	libero da errore, e liberato dalle colpe, che né qui né nell'aldilà cerca ricchezza,

  36 	senza furia ed errori, uguale verso una zolla e l'oro, privo di dolore, senza odi e attaccamenti,
     	libero da elogi e biasimo, e di male e bene, vive di questua indifferente al mondo.'
     


                              CCXXXVIII


   1 	Vyāsa disse:
     	' l'anima sapiente del campo attorniata dalle modificazioni della natura,
     	mentre esse non la conoscono, essa però li conosce,

   2 	attraverso i sensi e la mente per sesta, essa compie le azioni,
     	come il conducente attraverso supremi e potenti cavalli addestrati,

   3 	superiori ai sensi sono i loro oggetti, e la mente è sopra ai loro oggetti,
     	l'intelletto è superiore alla mente, e l'anima grande è superiore all'intelletto,

   4 	superiore all'anima è l'immanifesto, e l'immortale è superiore a questo,
     	non vi è nulla superiore all'immortale, esso è il limite e la suprema meta,

   5 	così l'anima nascosta in tutti gli esseri non è evidente,
     	ma si mostra a chi vede il vero, con sottile e grande intelletto, 

   6 	con intelligenza trattenendo detro di sé i sensi con la mente per sesta,
     	e gli oggeti dei sensi e senza pensare troppi pensieri,

   7 	e cessati i contatti mondani nella meditazione, e posta la mente nella sapienza,
     	senza signori, con anima tranquilla, allora si raggiunge lo stato immortale,

   8 	chi con memoria mobile, è in preda di tutti i sensi,
     	per buttar via sé stesso, da mortale ottiene la morte,

   9 	abbandonando ogni desiderio, si deve mantenere il pensiero nel sattva,
     	e raffermato il pensiero nel sattva, allora si diviene un asceta,

  10 	l'asceta con serenità di pensiero, abbandona bene e male,
     	stando saldo nell'anima pacificata, ottiene infinita felicità,

  11 	il segno della pace interiore, è come uno soddisfatto che dorme felice,
     	oppure è come un lampada che bruciando in luogo riparato non trema,

  12 	così applicandosi da sé stesso nella prima parte della notte,
     	purificando sé stesso attraverso il sattva, scorge l'anima dentro di sé,

  13 	il segreto di tutti i veda, non raccontabile e non istruibile,
     	è il trattato che ti può convincere, questo insegnamento o figlio,

  14 	è la ricchezza che è in tutte le storie nel dharma, e in tutte le vere storie,
     	è l'amṛta sorta zangolando diecimila ṛg,

  15 	come il burro dalla panna, come il fuoco dalla legna,
     	così la sapienza dei saggi viene preparata in favore dei figli,
     	questo insegnamento è un trattato che si deve dire ai brahmani consacrati,

  16 	esso non è per chi non ha pace interiore, per chi non è un asceta controllato,
     	non si deve dire a chi non conosce i veda, né li segue,

  17 	né al falso invidioso, né ad uno che agisca senza determinazione,
     	né a chi critica le scritture colla ragione, e neppure alla spia,

  18 	si deve confidare a chi è elogiabile, all'asceta dall'anima in pace, 
     	e al caro figlio, e a discepoli e seguaci,
     	questo dharma segreto non si deve mai dire ad altri,

  19 	seppur un uomo gli donasse la terra piena di gemme,
     	il vero sapiente deve considerare questo superiore al dono,

  20 	ora un punto ancora più segreto, è l'adhyātman il sovrumano
     	che i grandi ṛṣi scorgono ed è cantato nei vedānta,
     	io questo ti illustrerò che è quanto mi chiedi.'
     


                              CCXXXIX


   1 	Śuka disse:
     	'l'adhyātman diffusamente illustrami ancora,
     	cosa e come è l'adhyātman o venerabile supremo ṛṣi.'

   2 	Vyāsa disse:
     	'quanto si conosce dell'adhyātman o caro, quaggiù dall'uomo,
     	tutto questo io ti illustrerò in dettaglio, ascoltami,

   3 	terra, acqua, e luce, vento e spazio, 
     	sono gli elementi grossolani degli esseri, come le onde per il mare,

   4 	come la tartaruga dopo averli estratte ritira le sua membra,
     	così agiscono i grossi elementi nei giovani,

   5 	e di questi è fatto tutto il mondo dei mobili e immobili,
     	e nella creazione e nella distruzione, cosi si mostra,

   6 	i cinque grossi elementi in tutti gli esseri il creatore
     	ha messo o caro, e questa è la differenza in loro che vedi.'

   7 	Śuka disse:
     	' quanto fece nei loro corpi come si può scorgere,
     	alcuni sono qualità e altri sensi come si possono capire?' 

   8 	Vyāsa disse:
     	' questa visione secondo verità qui ti illustrerò,
     	ascolta con vera attenzione, come questo è in verità,

   9 	suono, udito e le cavità umane sono le tre che sorgono dallo spazio,
     	respiro, movimento e tatto sono le tre qualità del vento,

  10 	forma, vista e digestione sono i tre modi in cui si dispone la luce,
     	gusto, umori e fluidi sono le tre qualità dell'acqua,

  11 	olfatto, odori e il corpo sono le tre qualità della terra,
     	tali sono detti l'insieme dei sensi dei cinque elementi,

  12 	il tatto del vento, il gusto dell'acqua, la forma della luce sono detti,
     	dallo spazio sorge il suono, e l'odore è chiamato la qualità della terra,

  13 	mente, intelletto e natura, questi tre nascono in sé stessi,
     	e non possono violare i guṇa, ma sono considerati superiori ai guṇa,

  14 	i sensi nell'uomo sono cinque e la mente è detta la sesta,
     	e settimo dicono l'intelletto, e ottava ancora l'anima che conosce il campo,

  15 	la vista è per vedere, la mente per porre dei dubbi,
     	l'intelletto per pensare, e l'anima si dice che sia l'osservatore,

  16 	rajas, tamas e sattva, questi tre guṇa sorgono dal proprio sé,
     	sono uguali in tutti gli esseri, questo appare coi guṇa,

  17 	come la tartaruga quaggiù estese le membra le ritira,
     	così l'intelletto avendo esteso l'insieme dei sensi li controlla,

  18 	dalla sommità della testa alle suole dei piedi, l'intelletto
     	guarda e facendo ciò agisce al di sopra,

  19 	l'intelletto governa i guṇa e l'intelletto fa così pure con tutti
     	i sensi colla mente per sesta, sparito l'intelletto dove sono i guṇa?

  20 	e quanto appare in sé stessi collegato al piacere,
     	come la calma interiore e la purezza, è dato dal sattva,

  21 	e quanto è collegato al tormento nel corpo o nella mente,
     	lo produce sempre il rajas, che si trova nei corpi,

  22 	e quanto appare collegato a confusione mentale, alla sfera dell'immanifesto,
     	all'incomprensibile, all'inconoscibile, questo è portato dal tamas,

  23 	eccitazione, piacere, gioia, equilibrio, anima e pensieri composti,
     	che abbiano o non abbiano un perché, li compie il guṇa sattva,

  24 	supponenza, parole false, avidità, errore e impazienza,
     	questi sono i segni del rajas che vi sono con o senza causa,

  25 	e la confusione, la negligenza, l'indolenza, sonno, e sonnolenza, 
     	in qualsiasi modo sorgano sono da considerasi qualità del tamas.'
     


                              CCXL


   1 	Vyāsa disse:
     	' la mente crea l'idea, l'intelletto esamina,
     	il cuore conosce il piacevole e lo spiacevole, questi i tre modi che muovono l'agire,

   2 	gli oggetti dei sensi sono sopra i sensi, la mente è sopra gli oggetti dei sensi,
     	l'intelletto è sopra la mente, e l'anima si pensa sia sopra l'intelletto,

   3 	per l'uomo l'intelletto è l'anima, l'intelletto è quanto vi è in sé stessi,
     	quando modifica le idee allora diviene la mente,

   4 	per la natura differente dei sensi, l'intelletto si modifica,
     	quando ode diviene l'udito, quanto tocca è chiamato tatto,

   5 	quando vede è la vista, quando gusta è il gusto,
     	quando odora è l'olfatto, l'intelletto si modifica in ciascuno di questi,

   6 	questi si dicono i sensi, e sopra loro risiede l'elemento invisibile,
     	l'intelletto che sta nell'uomo agisce nelle tre nature,

   7 	a volte ottiene piacere, a volte pure si duole, 
     	e qualche volta non è unito né a gioia né a dolore,

   8 	esso di questi tre modi è superiore per sua natura,
     	come l'ondoso oceano signore dei fiumi della loro grande corrente, 

   9 	quando cerca qualcosa allora diviene la mente,
     	e ciascuno dei sensi coll'intelletto sono tenuti in mente,
     	i forti sensi si devono interamente vincere,

  10 	tutti man mano che ne viene ciascuno si devono regolare, 
     	ma la mente non è distribuita in essi, ma agisce nella natura della mente,
     	quanto esce dal rajas, anche il sattva segue,

  11 	tutti questi tre stati agiscono sugli altri,
     	agiscono allo stesso modo come ruote sull'asse del carro,

  12 	l'uomo deve agire per illuminare coi sensi e con supremo intelletto,
     	come si impegnano nello yoga quelli seduti spontaneamente indifferenti,

  13 	così è fatta la natura, e il sapiente non si confonde,
     	privo di sofferenza, e di eccitamenti, sempre lontano dall'egoismo,

  14 	l'anima non si può vedere coi sensi che si muovono a piacere,
     	nella cattiva condotta dalle anime incompiute che non li raffermano,

  15 	quando colla mente rettamente si trattengono le loro redini,
     	allora l'anima si mostra come una lampada che brucia in un vaso,
     	e porta via la tenebra per tutti gli esseri,

  16 	come gli uccelli acquatici non si bagnano stando nell'acqua, 
     	così l'anima non è toccata dalle colpe, agendo sugli oggetti dei sensi,
     	ma distaccata da tutti questi non ne è toccata in nessun modo,

  17 	lasciato il karma compiuto prima, sempre devoto alla sua anima,
     	divenuto l'anima di tutti gli esseri, rimane distaccato sulla via dei guṇa,

  18 	l'anima non agisce sul sattva e mai sugli altri guṇa,
     	i guṇa non conoscono l'anima, ma essa li conosce interamente,

  19 	essa è l'osservatore dei guṇa, e il creatore di essi secondo verità,
     	questa sappi la differenza tra i due sottili: l'essere e l'anima,

  20 	uno crea i guṇa, e l'altro non crea i guṇa,
     	pure essendo differenti per natura, i due sono sempre uniti,

  21 	come il pesce pure essendo altro dall'acqua sono uniti questi due,
     	come il moscerino e il fico sono sempre uniti insieme,

  22 	o come la canna è separata e unita alla muñja,
     	e quindi unite le due si reggono l'una con l'altra.'
     


                              CCXLI


   1 	Vyāsa disse:
     	' la natura crea i guṇa, e l'anima governa
     	i guṇa tutti modificandoli come il signore che soprassiede,

   2 	e crea questi guṇa interamente uniti alla natura,
     	come il ragno il suo filo, crea i guṇa come sua progenie,

   3 	quando sono distrutti non ritornano, e non si manifestano di nuovo,  
     	così alcuni pensano e altri che invece ritornano,

   4 	considerando entrambe queste si decida secondo la propria opinione,
     	in questo modo si diviene grandi rifugiandosi dentro di sé,

   5 	sempre così agendo l'uomo non trova più inizio né fine,
     	senza adirarsi, senza eccitarsi e sempre libero da egoismi,

   6 	così il nodo del cuore, duro, fatto di pensiero e intelletto,
     	superando, tagliati i dubbi privo di dolori siede felice,

   7 	sappi che si dolgono gli uomini ignoranti come quelli dalla terra caduti in 
     	un fiume in piena e sommersi, così è questo mondo,

   8 	ma non è agitato il saggio, sulla riva rimane il vero sapiente,
     	che riconosce l'anima come l'intera conoscenza di sé,

   9 	l'uomo così avendo capito, l'andare e il venire di tutti gli esseri
     	scorgendo a popo a poco e rettamente, ottiene la pace suprema,

  10 	per merito della sua nascita, specialmente il brahmano 
     	ottiene interamente la pace e la conoscenza di sé, a questo devoto,

  11 	quando conoscendo diviene un risvegliato, quale altro è il segno del saggio?
     	l'uomo con questa conoscenza si libera di quanto ha fatto e deve fare,

  12 	nei sapienti non vi è il grande timore, che grandissimo hanno gli ignoranti,
     	non vi è alcuna meta superiore, a quella eterna che ha il sapiente,

  13 	la gente detesta il mondo malato, e guardandolo si duole:
     	' guarda là i fortunati senza dolore.' dicono quelli che conoscono il fatto e il non fatto,

  14 	quanto uno ha prima fatto lo lega, non ci si libera di quanto prima fatto,
     	né del bene né del male, chi l'ha fatto con quello rinasce.'
     


                              CCXLII


   1 	Śuka disse:
     	' il dharma di cui nessun dharma superiore si trova quaggiù,
     	che è il migliore dei dharma, tu o signore mi devi illustrare.'

   2 	Vyāsa disse:
     	' ti parlerò del dharma antico celbrato dai ṛṣi,
     	il migliore di tutti i dharma quaggiù, con mente attenta ascoltalo,

   3 	sforzandosi di trattenere per primi con l'intelletto i sensi,
     	che in ogni parte corrono via, come fa il padre coi propri figli,

   4 	la concentrazione su mente e sensi è il supremo tapas,
     	questo è il più grande di tutti i dharma, il supremo dharma è chiamato,

   5 	raffermando tutti loro e la mente per sesta con intelligenza,
     	soddisfatto di sé si sieda senza pensare troppi pensieri,

   6 	quando allontanati dai loro oggetti, staranno quieti nella loro casa,
     	allora tu vedrai da te la suprema anima eterna,

   7 	l'anima universale, la grande anima, come un fuoco senza fumo,
     	questa vedono le grandi anime, i brahmani che sono saggi,

   8 	come un grande albero dai molti rami e pieno di fiori e frutti,
     	non vede in sé dove siano i suoi fiori e dove i suoi frutti,

   9 	così l'anima non vede dove io andrò e da dove vengo,
     	ma vi è dentro un'altra anima che scorge ogni cosa,

  10 	con la lampada della conoscenza accesa vede sé stessa da sé,
     	e avendo visto tu te stesso da te, non separato dall'anima, diventa omnisciente,

  11 	liberato da tutti i mali, come gli uraga si liberano della pelle,
     	ottenuto quaggiù il supremo intelletto, senza peccati, senza ansie,

  12 	il terribile fiume che trasporta il mondo, che scorre ovunque,
     	che ha i cinque sensi per alligatori, mente e desideri per sponde,

  13 	avidità ed errore per erbe sommerse, brama ed ira per serpi,
     	la verità per tīrtha, il falso per onde, l'ira per fango ha dunque il supremo fiume,

  14 	veloce e di origine immanifesta è arduo da attraversare per le anime incompiute,
     	attraversa con l'intelletto questo fiume pieno di brame come alligatori,

  15 	che procede verso l'oceano del saṃsāra, che ha la nascita per ardui inferi,
     	la nascita è la sua sorgente o caro, la lingua i suoi gorghi ardui da passare,

  16 	gli intelligenti dotati di fermezza e di compiuta saggezza lo attraversano,
     	passatolo, interamente libero, puro, sapiente dell'anima purificato sarai,

  17 	usando il supremo intelletto diverrai assorbito dal brahman,
     	superando ogni sofferenza, con anima tranquilla, privo di colpe,

  18 	come uno sulla montagna guardando alle creature in pianura,
     	senza adirarsi, né eccitarsi, e saldo nella non crudeltà,
     	allora vedrai l'origine e la fine di tutti gli esseri,

  19 	così i saggi pensano sia il migliore di tutti i dharma,
     	è il migliore dharma dei sostenitori del dharma, così i muni che vedono il vero, 

  20 	questo insegnamente sull'anima immutabile conoscendo o figlio,
     	al devoto che si applica si deve rivelare, a chi ne è degno, al discepolo,

  21 	questa segreta conoscenza dell'anima è il più grande di tutti i segreti,
     	è la retta evidenza dell'anima che io ti ho illustrato o figlio, 

  22 	non è femmina né maschio né di sesso neutro,
     	il brahman è senza dolore e senza gioia, è fatto di passato, futuro e presente,

  23 	donna o uomo conoscendo ciò non otterrà nuova rinascita,
     	questa via è stata stabilita per ottenere il non essere,

  24 	non sono come tutte le altre opinioni, queste che così
     	ti ho illustrato o figlio, esse possono essere e non essere,

  25 	quindi richiesto dal figlio pieno di affetto, e di qualità, da un figlio virtuoso
     	dotato di qualità, di deve dire per il suo bene al figlio quanto ti ho detto.'
     


                              CCXLIII


   1 	Vyāsa disse:
     	' non ci si deve affezionare a profumi, gusti, o gioie, ciascuno non cerchi ornamenti, 
     	non brami onore, fama e gloria, questa è la condotta di un brahmano che ben vede,

   2 	chi studi tutti i veda, obbediente stando nella brahmacarya,
     	i ṛg, i sāma e gli yajur, non è per questo un brahmano,

   3 	chi è parente di tutti gli esseri, chi tutto conosce, sapiente di tutti i veda,
     	chi è privo di desideri non muore mai, e con ciò è un brahmano,

   4 	chi sacrifica con vari riti e sacrifici, con appropriate dakṣiṇa,
     	non diviene un brahmano, avendo ancora dei desideri,

   5 	quando non ci spaventi, quando da noi non sia spaventato,
     	quando non desideri né avversi, allora raggiunge il brahman,

   6 	quando non pone sé stesso a far male a nessun essere,
     	coll'agire, col pensiero e colla parola, allora raggiunge il brahman,

   7 	non vi altro legame quaggiù che il solo legame dei desideri,
     	chi è libero dal legame dei desideri, è degno dello stato del brahman,

   8 	chi si è liberato dalla brama, come la luna da una nuvola oscura,
     	il saggio privo di passioni vive con intelligenza attendendo il fato,

   9 	come le acque entrano nell'oceano che mai si riempie, ma è sempre immobile,
     	il vivente che accoglie i desideri senza desiderarli, dal mondo va in paradiso,

  10 	il fine dei veda è la verità, il controllo è il fine della verità
     	il donare è il fine del controllo, e il tapas quello del dono,

  11 	la rinuncia è il fine del tapas, e la felicità è il fine della rinuncia,
     	il paradiso è il fine della felicità, e la pace interiore è il fine del paradiso,

  12 	il tormento che sorge dal dolore e dalla mente assieme alla brama,
     	tu vuoi purificare per essere soddisfatto, questo è il segno della pace suprema,

  13 	senza sofferenze, privo di possesso, calmo, dall'anima tranquilla il sapiente di sé,
     	con questi sei segni troverà di nuovo la completezza,

  14 	essendo dotati dei sei, i sapienti di molti mantra uniti al guṇa sattva,
     	e che si vedono nell'aldilà, cosi vedono anche le cose che stanno quaggiù,

  15 	nativa, irresistibile, naturale, semplice e impareggiabile,
     	l'adhyātman immutabile felicità, la ottiene chi ha salda saggezza,

  16 	resa stabile la mente, e raffermatala interamente,
     	la soddisfazione che si ottiene non è possibile in altro modo,

  17 	come ci si soddisfa digiunando, come si è soddisfatti senza ricchezze,
     	come privi di attaccamenti si ha una forza che conosce solo il sapiente dei veda,

  18 	pensando a proteggere il sé chiudendone le porte,
     	il brahmano che siede disciplinato è detto un seguace dell'anima,

  19 	chi è concentrato sulla suprema verità, stabile nell'eliminare le brame,
     	in ogni luogo viene raggiunto dalla felicità come la bellezza va alla luna,

  20 	al muni che non si attacca ai guṇa e alle varie specie di esseri,
     	la gioia toglie il dolore come il sole fa colle tenebre,

  21 	chi ha superato le azioni, chi ha superato la fine dei guṇa, questo brahmano
     	che è distaccato dagli oggetti dei sensi, non lo trovano né vecchiaia né morte,

  22 	quando libero interamente, se ne sta indifferente,
     	stando nel suo corpo supera i sensi e gli oggetti dei sensi, 

  23 	ottenuto lo strumento supremo chi ha superato causa ed effetto,
     	non ha un nuovo ritorno, avendo ottenuto lo stato supremo.'
     


                              CCXLIV


   1 	Vyāsa disse:
     	' chi cerca la liberazione dagli opposti, praticando dharma e artha,
     	il discepolo deve imparare da un maestro dotato, la grande cosa prima detta,

   2 	spazio, vento, luce, acqua e terra per quinta,
     	essere, non essere, e tempo, tutto è in questi cinque elementi,

   3 	lo spazio è l'esteriorità, il senso dell'udito è fatto di esso,
     	chi conosce la disposizione delle forme dei trattati sa che il suono è il suo guṇa, 

   4 	il muoversi è la natura del vento, e prāṇa e apāna sono fatti di esso,
     	e il tatto si sappia il suo senso e così il tatto è composto di esso,

   5 	quindi digestione, la luce che illumina, e la vista sono fatti di essa,
     	si sappia che la forma è la sua qualità, che allontana la tenebra,

   6 	l'umidità, la minutezza e l'untuosità le governa l'acqua, 
     	il gusto è il suo senso e il sapore è ritenuta la qualità dell'acqua,

   7 	la sostanza compatta è fatta di terra, come ossa, denti e unghie,
     	barba e baffi, peli e capelli, testa, legamenti e pelle,  

   8 	il senso è chiamato l'olfatto, e nel naso è situato,
     	l'odore è l'oggetto del senso, e questo si sappia è fatto di terra,

   9 	tutte le qualità sono nei tre stati  e questi sono in tutti loro,
     	e i muni conoscono la linea degli aggregati dei cinque elementi

  10 	la mente è la nona e l'intelletto come decimo è ricordato, 
     	e undicesima è l'anima interna, che è detta superiore a tutti,

  11 	l'intelletto è fatto di determinazione, e la mente è fatta di discriminazione,
     	e inferendo dalle azioni, l'anima sapiente del campo è conosciuta come il vivente,

  12 	il saggio che vede tutto quanto è avvolto da tutte queste otto 
     	nature del tempo, privo di peccato non persegue l'errore.'
     


                              CCXLV


   1 	Vyāsa disse:
     	' separata dal corpo, più sottile del corpo,
     	la vedono i sapienti delle scritture, con le azioni stabilite dalle scritture,

   2 	come i raggi luminosi che insieme si muovono, vanno e stanno, e non si possono vedere,
     	così gli esseri sovrumani liberi dai corpi percorrono i mondi,

   3 	come il calore del sole si mostra in immagine nell'acqua,
     	così il sattva si mostra in immagine negli esseri,

   4 	sottilissimi stando nei viventi, separati dal corpo, 
     	li vedono i veri sapienti dai sensi controllati, nella loro verità,

   5 	in tutti quelli che dormendo e camminando, 
     	uniti alle due anime, abbandonano il pensiero di sé, nato dall'agire del rajas,

   6 	come di giorno così di notte, come di notte così di giorno,
     	l'anima splendente è sempre in possesso di questi yogin concentrati, 

   7 	la loro anima che perennemente è sempre avvolta dalle
     	sette sottili qualità, procede senza vecchiaia né morte, 

   8 	degradate mente e intelletto, chi conosce il proprio e l'altrui corpo,
     	anche se è nel sonno conosce dolore e gioia,

   9 	e là ottiene dolore, e là ottiene gioia,
     	e là pure compiendo brama ed ira, cade nella sventura,

  10 	deliziato diviene ottenendo grandi ricchezze,
     	e compie atti puri, e vede tutto come da sveglio,

  11 	l'anima degli esseri che sta nel cuore come una porzione di luce,
     	non la scorgono nei corpi quelli posseduti da tamas e rajas,

  12 	quelli divenuti devoti allo yoga desiderosi di ottenere la propria anima,
     	pure cercano quelle senza corpo senza respiro che sono come diamanti,

  13 	tra le azioni dei quattro modi di vita prodotti da ciascun essere,
     	la concentrazione nel samādhi, Śāṇḍilya la chiama la pace interiore,

  14 	conosciuti i sette elementi sottili, e il grande Signore nelle sue parti,
     	stando uniti alla suprema anima, si raggiunge il supremo brahman.'
     


                              CCXLVI


   1 	Vyāsa disse:
     	' nel cuore vi è il bell'albero del desiderio, sorto dall'accumolo di errori,
     	ha ira e orgoglio per tronco, la curiosità per emissioni,

   2 	l'ignoranza è la sua base, la negligenza l'innaffiatura,
     	la gelosia le sue foglie, le passate cattive azioni la sua forza,

   3 	i pensieri erronei i germogli, le sofferenze i rami, è terribile
     	perché coperto da confusi desideri come rampicanti,

   4 	gli avidi attendono al grande albero volendone i frutti,
     	legati con lacci d'acciaio ne abbracciano i frutti,

   5 	chi ha questi legami sotto controllo, taglia quest'albero, 
     	raggiunge la fine di gioia e dolore, impegnandosi su questi due,

   6 	chi ha incompiuta saggezza, con dolore fa crescere quest'albero,
     	da questo è distrutto come un malato che ingoia il veleno,

   7 	la sua radice che è la radice dell'attaccamento con forza sia tagliata,
     	a terra con la suprema spada formata da rinuncia e vigilanza,

   8 	così chi conosce interamente l'attrazione dei desideri,
     	colla fine del comando dei desideri supera ogni dolore,

   9 	questa dicono sia la città del corpo, l'intelletto né è il signore,
     	e la mente che sta nel corpo è chiamata il ministro dell'intelletto,

  10 	i sensi sono le genti che la abitano, e gli altri che agiscono per essa,
     	là vi sono i due terribili errori, chiamati tamas e rajas,

  11 	in quale intento i cittadini vivono, assieme al signore della città,
     	in quello stesso intento dalla porta vivono i due cattivi guṇa,

  12 	l'intelletto là è invincibile dai due, la mente è detta della stessa natura,
     	i cittadini e la mente ne sono agitati, si muovono dalla loro fermezza,

  13 	l'ggetto dei sensi su cui governa l'intelletto non cade in distruzione,
     	ma ciascun oggetto su cui presiede la mente trova la distruzione,

  14 	quando la mente diviene interamente differente dall'intelletto,
     	allora il rajas penetra quell'intero vuoto,

  15 	e la mente agisce da alleato, unita assieme al rajas,
     	e afferrata la gente della città si offre al rajas.' ”
     


                              CCXLVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ guardando ancora all'enumerazione delle qualità degli elementi o figlio,
     	uscita dalla bocca del dvaipāyana, con grande affetto o senza-macchia,

   2 	il venerabile splendente come il fuoco la illustrava al figlio simile al fumo,
     	quindi io pure di nuovo ti illustrerò o figlio questo insegnamento,

   3 	alla terra appartengono saldezza, grandezza, durezza e produttività,
     	odore, pesantezza, potenza, compattezza, stabilità, e fermezza,

   4 	all'acqua appartengono, freddezza, sapore, umidità, fluidità, untuosità e freschezza,
     	il gusto e la liquidità, e la capacita di mescolarsi alla terra,

   5 	al fuoco appartengono, invincibilità, energia, calore, cottura, e illuminazione,
     	purificazione, passione, digestione, pungenza, e per decima la tendenza all'alto, 

   6 	al vento appartengono infermabilità, tocco, organo della parola, indipendenza,
     	forza, fulminea rapidità, movimento e capacità di azione e nascita,

   7 	le qualità dello spazio sono suono, estensione, vuotezza,
     	assenza di rifugio, e di supporto, invisibilità, immutabilità,

   8 	non resistenza, la materia degli elementi e le loro modificazioni,
     	questi sono dette le cinquanta qualità associate ai cinque elementi,

   9 	causa e instabilità, evidenza, creazione, fabbricazione, pazienza,
     	e rapidità, essere e non essere, queste sono le nove qualità della mente,

  10 	pensiero voluto e non voluto, determinazione, capacita di concentrazione,
     	esitazione, e conoscenza, sono le cinque qualità dell'intelletto.”

  11 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ come sono le cinque qualità dell'intelletto, come sono le qualità dei cinque sensi?
     	tutto questa sottile conoscenza illustrami o nonno.”

  12 	Bhīṣma disse:
     	“ dicono siano sessanta le qualità degli elementi, e peculiari e sempre unite,
     	unite agli elementi creati eterni, o figlio e non sempre qua ne parlano,

  13 	quanto ti ho detto di ragionevole o figlio, non è giunto vicino a te,
     	ottenendo tutto il vero sugli elementi, dall'origine di essi rimani con animo tranquillo.”
     


                              CCXLVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ questi sovrani della terra che giacciono a terra,
     	in mezzo alla battaglia, erano fortissimi e sono morti,

   2 	ciascuno era di terribile forza, forte come migliaia di elefanti,
     	tutti questi sono stati uccisi in battaglia da uomini di pari forza,

   3 	non vedevo allora uno che potesse uccidere in battaglia questi viventi,
     	che erano dotati di grande valore e pieni di forza ed energia,

   4 	e dunque o grande saggio, costoro giacciono privi di vita,
     	sono morti, questa è la parola che si dice di questi privi di vita,

   5 	questi sovrani sono morti e per lo più erano di terribile valore,
     	quindi mi è nato un dubbio, da dove si sa che sono morti? 

   6 	di chi è la morte? donde viene la morte? perché la morte
     	porta via le creature o simile ad un dio? questo dimmi o nonno.”

   7 	Bhīṣma disse:
     	“ un tempo nel kṛtayuga o caro, vi era il re Anukampaka,
     	costui era caduto in mano ai nemici a causa dei cavalli uccisi in battaglia,

   8 	e là suo figlio di nome Hari, pari a Nārāyaṇa per forza,
     	fu ucciso in battaglia dai nemici col suo esercito e col suo seguito,

   9 	il re caduto in mano ai nemici, soverchiato dal dolore per il figlio,
     	pieno di ansia per caso scorgeva sulla terra Nārada,

  10 	e il signore di genti raccontava a lui tutto come era avvenuto,
     	la sua cattura sul campo da parte dei nemici, e la morte del figlio,

  11 	e Nārada ricco in tapas, udite le sue parole, 
     	questa storia raccontava a quello distrutto dal dolore per il figlio:

  12 	' ascolta o re ora questa storia molto dettagliata,
     	nel mondo in cui si svolse, e da me udita o signore della terra,

  13 	il Grande-avo dal grande splendore avendo prodotto le creature nella creazione,
     	queste creature crescevano numerose e non morivano,

  14 	non vi era allora nessuna morte in alcun luogo per i nati o incrollabile,
     	e affollato in modo eccessivo era allora il trimundio o sovrano,

  15 	e a lui sorgeva il pensiero di come distruggerle o signore della terra,
     	e pensandoci non trovava il mezzo adatto alla distruzione,

  16 	e per la sua furia o grande re, un fuoco sorgeva dalle sue cavità,
     	e con quello tutti i luoghi o re, il Grande-avo bruciava,

  17 	quindi bruciava il cielo, la terra, il firmamento e l'universo
     	coi suoi mobili e immobili o re, quel fuoco sorto dall'ira del Beato,

  18 	e bruciarono allora gli esseri sia mobili che immobili,
     	per la grande violenza dell'ira, quando il Grande-avo si infuriò,

  19 	allora Sthānu dalla fulva crocchia, Śiva il signore dei sacrifici vedici,
     	il dio uccisore di eroi nemici, andava a implorare grazia a Brahmā,

  20 	giunto dunque da lui Sthānu per desiderio del bene delle creature,
     	il dio che concede le grazie quasi fiammeggiando diceva a Śiva:

  21 	' io compirò ora il tuo desiderio, io ritengo che tu meriti la grazia,
     	io compiro o Śambhu, quanto c'è nel tuo cuore che ti piace.'
     


                              CCXLIX


   1 	Sthānu disse:
     	' per la creazione delle creature io compio questo o signore,
     	sappilo, queste furono create da te, non ti adirare o Grande-avo,

   2 	dal fuoco della tua energia o dio, le creature sono ovunque bruciate,
     	e vedendole mi è sorto compassione, non adirarti o signore del mondo.'

   3 	Prajāpati disse:
     	' non mi adiro, non è mio desiderio che le creature spariscano,
     	è solo per alleggerire la terra che questa distruzione è desiderata,

   4 	la dea afflitta dal peso sempre mi implora
     	a questa distruzione o Mahādeva, per il peso ella sprofonda nell'acqua,

   5 	e quando a lungo rifflettendo con intelligenza, io non trovavo 
     	il modo di fermare la loro crescita, allora mi ha colto la collera.'

   6 	Sthānu disse:
     	' fai la grazia di termirare la distruzione, non adirarti o Signore dei trenta dèi,
     	non distruggere le creature sia mobili che immobili,

   7 	e tutti i laghi e tutte le erbe e le piante,
     	e l'intera schiera degli esseri mobili e immobili dei quattro tipi,

   8 	tutto questo è ridotto in cenere, e l'intero universo ne è sommerso,
     	mostra il tuo favore o venerabile virtuoso, questo è la grazia che scelgo,

   9 	le creature non vadano ancora in alcun modo distrutte,
     	perciò ritira questo fuoco con la tua propria potenza,

  10 	guarda in un altro modo per desiderio del bene delle creature,
     	in modo che tutti questi viventi rivivano o tormenta-nemici,

  11 	le creature che vadano alla morte dopo aver prodotto discendenza,
     	unito sono a te supremo dio, qui o signore dei mondi,

  12 	tu sei l'origine, tu sei il protettore dell'universo coi suoi mobili e i immobili,
     	nel renderti favorevole o Grande dio, io ti chiedo che le creature rinascano.'

  13 	Nārada disse:
     	' udite le parole di Sthānu, il dio trattenendo mente e parole,
     	ritirava la sua energia di nuovo dentro di sé,

  14 	allora avendo custodito quel fuoco, il Beato venerato nei mondi,
     	il potente Signore stabiliva la nascita e anche la morte,

  15 	avendo riassorbito quel fuoco nato dalla sua collera,
     	usciva da tutte le cavità del grand'anima, una donna,

  16 	scura, che indossava abiti rossi, con occhi e palmi rossi,
     	dotata di divini orecchini, e adornata di divini ornamenti,

  17 	ella uscendo dalla sue cavità si poneva alla sua destra,
     	e entrambi gli dèi signori universali guardarono la fanciulla,

  18 	e allora il dio, l'origine dei mondi, il Signore salutandola
     	diceva: 'questa è la morte o protettore della terra, colpisci dunque queste creature.'

  19 	tu fosti pensata da me per la furiosa distruzione,
     	perciò tu distruggi tutte le creature sia sciocche che sagge,

  20 	distruggi interamente le creature tu o nobildonna,
     	e tu per mio ordine il miglior stato otterrai.'

  21 	così apostrofata la dea morte, inghirlandata di loti,
     	meditava addolorata quella fanciulla, con molte lacrime,

  22 	e afferrava colle mani quelle lacrime il signore di genti,
     	e per il bene degli uomini la incitava ripetutamente.'
     


                              CCL


   1 	Nārada disse:
     	' trattenendo il dolore, ella molto debole, coi suoi larghi occhi,
     	 messasi a mani giunte diceva attaccandosi come un rampicante:

   2 	' perché tu o migliore dei parlanti hai creato una donna come me,
     	che deve produrre crudeli azioni, portando paura a tutti i viventi?

   3 	io ho timore dell'adharma, ordinami azioni nel dharma,
     	guarda a me terrorizzata con occhio benevolo o Signore,

   4 	io non voglio prendere, fanciulli, vecchi e giovani senza colpe,
     	che sono vivi, o signore dei viventi, io mi inchino mostrami il tuo favore,

   5 	gli amati figli, i compagni, i fratelli, madri e anche padri,
     	quando sono morti o dio, i parenti mi malediranno, io ho timore di questi,

   6 	mi brucerà per gli anni eterni l'umidore delle lacrime di pietà
     	di costoro o fortissimo, io ho timore, e cerco rifugio in te,

   7 	si uniscano alla dimora di Yama o dio, i malfattori,
     	io ti imploro o dio dalle grazie, mostrami il tuo favore o potente,

   8 	questo bene io desidero da te o Grande-avo dei mondi,
     	io vorrei per tua grazia praticare il tapas o Signore dei celesti.'

   9 	il Grande-avo disse:
     	' ho stabilito che tu sia la morte per la distruzione delle creature,
     	vai e distruggi tutte le creature, non devi vacillare,

  10 	e questo così necessariamente tu farai e nient'altro,
     	le parole da me dette o membra-perfette, siano compiute o senza-macchia.'

  11 	Nārada disse:
     	' così o grandi-braccia, comandata la morte o vincitore di città nemiche,
     	non parlava e rimaneva inchinata al Beato a faccia in giù,

  12 	ripetutamente così comandata come priva di sensi la nobildonna,
     	rimaneva in silenzio, allora il dio degli dèi, il signore dei signori,

  13 	Brahmā si tranquillizava, da sé in sé stesso,
     	e sorridendo il signore dei mondi, guardava a tutti i mondi,

  14 	avendo ritirato la sua furia, l'invincibile Beato,
     	la fanciulla andava vicino a lui, così abbiamo udito,

  15 	promenttendo di andare a compiere la distruzione delle creature,
     	e in fretta o re dei re, la Morte si recava a dhenuka,

  16 	e la dea là praticava un supremo e arduo tapas,
     	stava su un piede solo, per quindici milioni di anni,

  17 	e a lei che praticava là quel tapas così supremamente arduo,
     	di nuovo Brahmā dal grande splendore diceva queste parole:

  18 	'compi i miei ordini o morte, senza guardare ai più virtuosi.'
     	ed ella o caro, ancora così su un piede solo stava

  19 	per altri tredici milioni di anni o onorevole,
     	e ancora per tantissimi milioni di anni o caro stava assieme agli animali,

  20 	e tornata di nuovo o re, allora stava in supremo silenzio,
     	nell'acqua per ottomila anni o sovrano,

  21 	quindi la fanciulla si recava al fiume kauśikī o toro dei bhārata,
     	e là ancora praticava l'ascesi nutrendosi di vento e acqua,

  22 	quindi quella gloriosa si recava alla Gaṅgā e al solitario meru,
     	e rimaneva immobile come un pezzo di legno, per desiderio di beneficare gli esseri,

  23 	quindi sulla sommità dell'himavat dove gli dèi si riunivano,
     	là stava sull'alluce o re dei re, allora per altri milioni di anni,
     	e stando là col suo impegno rendeva soddisfatto il Grande-avo,

  24 	e allora il creatore e distruttore dei mondi le diceva:
     	' perché ti impegni in questo o figlia? compi le mie parole.'

  25 	e la morte di nuovo diceva al Beato Grande-avo:
     	' perché io non prenda le creature o dio, ancora imploro il tuo favore.'

  26 	a lei che lo implorava tremante per la paura dell'adharma,
     	allora diceva il dio degli dèi, fermando le sue parole:

  27 	' non vi è adharma per te o morte, distruggi le creature o splendida,
     	quanto io affermo o virtuosa, non sarà mai reso vano,

  28 	il dharma eterno quaggiù avrà cura di te,
     	io e gli dèi sempre saremo intenti al tuo bene,

  29 	e io ti concedo quest'altro desiderio che brami nell'animo,
     	le creature colpite da malattie non andranno per tua colpa,

  30 	e tra gli uomini avrai l'aspetto di un uomo,
     	e tra le donne quello di donna, e di un ermafrodito tra gli incerti di sesso.'

  31 	così apostrofata o grande re, lei a mani giunte diceva
     	di nuovo al grand'anima, all'imperituro signore degli dèi: ' che non sia così.'

  32 	allora il dio diceva a lei: ' o morte distruggi gli uomini,
     	non vi sarà adharma per te, ci penserò io o splendida,

  33 	le gocce di pianto che io ho visto cadere e che tu prima hai preso nelle mani,
     	sono le malattie umane più terribili, e a tempo debito ne saranno presi o morte,

  34 	e tu unirai a tutti i viventi al momento della morte brama ed ira insieme,
     	e così un inmmenso dharma ti raggiungerà, e non ne avrai adharma per tale condotta,

  35 	così dunque custodirai il dharma come detto, e non srofonderai nell'adharma,
     	perciò rallegrati per questa grazia che è giunta, e prendila, e distruggi i viventi.'

  36 	ella allora per quel compito assegnato alla morte temendo la maledizione gli disse:' va bene.' 
     	quindi al momento della fine colpisce le vite dei viventi confondendoli con brama e ira,

  37 	le lacrime cadute dalla morte sono le malattie da cui il corpo degli uomini è afflitto, 
     	essendoci la morte di tutti i viventi, non devi dunque averne dolore, guarda con intelligenza,

  38 	tutti gli dèi giunti alla fine della vita, muoiono e rinascono,
     	così tutti gli uomini giunti alla morte vivono come dèi, o leone dei re,

  39 	il terribile Vāyu dal terribile rumore e dalla grande forza, è il respiro di tutti i viventi,
     	alla morte del corpo torna in vari altri corpi, perciò Vāyu è il supremo dio degli dèi,

  40 	tutti gli dèi sono detti superiori ai mortali, e tutti i mortali sono detti superiori agli dèi,
     	perciò non soffrire per tuo figlio o leone dei re, tuo figlio raggiunto il paradiso è felice,

  41 	così la morte fu creata dal dio delle creature, le ditrugge giustamente a tempo debito,
     	le lacrime cadute da lei sono le malattie, e a tempo debito ella distrugge i viventi.'”
     


                              CCLI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ tutti gli uomini sono incerti riguardo al dharma,
     	qual'è il dharma? e donde viene il dharma? questo dimmi o nonno,

   2 	il dharma è lo scopo quaggiù oppure serve per l'altro mondo,
     	oppure il dharma è per entrambi? questo dimmi o nonno.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ sempre buona condotta, tradizione e veda sono il triplice segno del dharma,
     	e i saggi dicono che l'artha è il quarto segno del dharma,

   4 	e dicono che le azioni sono divise in alte e basse,
     	questa è la legge del dharma fatta quaggiù per le cose del mondo,
     	e in entrambi i mondi quaggiù e nell'aldilà ha futura felicità,

   5 	non ottenendo il miglior dharma i malvagi sprofondano nel male,
     	e alcuni malfattori non si liberano dal male per sfortuna, 

   6 	se uno non ha cattive parole, è un sapiente del dharma,
     	nella devozione al dharma ti sveglierai applicandoti alla buona condotta,

   7 	se un ladro ruba della ricchezza penetrato dall'adharma,
     	questo ladro rubando l'altrui ricchezza si rallegra dell'assenza di governo,

   8 	ma quando altri prendono la sua, allora desidera il re,
     	e anche allora brama quella di quelli che sono contenti dei propri averi,

   9 	senza timore e con fiducia il puro si avvicina alla porta del re,
     	egli non vede dentro di sé nessuna cattiva azione,

  10 	le parole sincere sono un bene, non vi è cosa superiore alla verità,
     	tutto è posseduto dalla verità e tutto è fondato sulla verità,

  11 	e pure i crudeli malfattori tra di loro praticano la sincerità,
     	e mantenendosi nell'onestà, e nel mantenere la loro parola vivono,
     	e se non si mantenessero saldi tra loro senza dubbio perirebbero,

  12 	non si deve rubare l'altrui ricchezza, questo è il dharma eterno,
     	e i più forti pensano che sia stato stabilito dai più deboli,
     	e quando il fato li fa deboli allora se ne compiacciono,

  13 	ma neppure quelli dotati di troppa forza sono felici,
     	perciò non por mente in nessun modo all'assenza di governo,

  14 	non ha paura dei malvagi, né dei ladri, né del re,
     	chi nulla di ciò compie, e vive puro e senza paure,

  15 	il ladro sospetta di tutti come un animale selvaggio capitato in un villaggio,
     	egli sospetta cattive azioni di vario genere negli altri,

  16 	felice procede ovunque il puro, sempre senza paure,
     	egli non vede nessuna cattiva azione né in sé né negli altri,

  17 	' si deve donare.' questo è il dharma dichiarato da chi è felice del bene di tutti,
     	i ricconi ritengono che questo sia stato stabilito dai poveri,

  18 	quando però il destino li riduce in povertà allora se ne compiacciono,
     	neppure i troppo ricchi sono felici,

  19 	ogni azione impropria per sé non voglia l'uomo farla agli altri,
     	non la faccia dunque agli altri sapendo che è sgradevole per sé,

  20 	chi è amante della moglie altrui perché dovrebbe dirlo?
     	ma quando un altro lo fa a lui, allora non lo sopporta, così io credo,

  21 	come può uno che per sé desideri vivere, uccidere un altro?
     	qualsiasi cosa una voglia per sé, deve pure pensarla per gli altri,

  22 	i beni che ha in più deve dividerli cogli altri privi di beni,
     	per questa ragione il creatore ha prodotto l'aumento con interesse,

  23 	nel patto in cui stanno gli dèi, così si deve stare,
     	se la fermezza nell'idea di ottenere splende pure nel dharma,

  24 	i saggi dicono che tutto quanto si ottiene di caro è dharma, 
     	guarda dunque ai segni certi di dharma e adharma o Yudhiṣṭhira,

  25 	un tempo il creatore ha stabilito la suprema condotta dei virtuosi,
     	connessa al sottile dharma e artha, per la continenza dei mondi, 

  26 	ti ho illustrato i segni del dharma o migliore dei kuru,
     	perciò non porre mai animo nella disonestà.”
     


                              CCLII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ tu hai ben indicato come sottile l'apparenza del dharma,
     	io ne ho dunque una qualche idea, posso dire se mi è permesso,

   2 	alla maggior parte delle domande che ho in cuore tu vi hai risposto,
     	ma quest'altra cosa ti chiederò o re, non per mera disputa,

   3 	molti qui ottengono, producono, e scompaiono,
     	senza poter conoscere o bhārata il dharma in dettaglio,

   4 	un altro dharma ha chi sta bene ed un altro chi sta male,
     	come possono gli sventurati conoscerlo in dettaglio?

   5 	la buona condotta si ritiene dharma, ma quali sono i segni della buona condotta?
     	come si può determinare il bene e il male? la buona condotta non ha segni,

   6 	uno del volgo pratica l'adharma, che gli appare come dharma,
     	e uno non del volgo pratica il dharma che sembra adharma,

   7 	e la prova di ciò è stata dichiarata ancora dai sapienti delle scritture,
     	giacché abbiamo udito che le parole dei veda diminuiscono lungo gli yuga,

   8 	altri sono i dharma nel kṛtayuga, e altri nel tretā, e altri nel dvāpara,
     	e altri sono i dharma nel kaliyuga compiuti secondo le proprie forze,

   9 	la parola della tradizione è la verità, questo è il bene del mondo,
     	ma sopra la tradizione si svolgono i veda in ogni direzione,

  10 	se tutti sono autorità, l'autorità allora non esiste,
     	essendo l'autorità diversa dalla mancanza di autorità donde vengono le scritture?

  11 	quando un dharma è preso da gente malvagia piena di forza,
     	la sua forma muta, e quindi pure va distrutta,

  12 	che lo sappiamo o non sappiamo così, che possiamo o non lo possiamo sapere,
     	questo è più sottile della lama di rasoio e più grande di una montagna,

  13 	da principio appare simile ad una città dei gandharva,
     	ma considerato dai saggi di nuovo diventa invisibile,

  14 	simile alle pozze nei campi dove brucano le vacche o bhārata,
     	che possono scomparire, appare il dharma eterno prescritto,

  15 	alcuni per proprio desiderio, altri per afflizione, e altri per altre cause,
     	i non virtuosi e molti altri godono di una condotta sbagliata,

  16 	il dharma diviene rapidamente perduto tra i buoni,
     	così altri li dicono pazzi e li disprezzano

  17 	grandi persone lo mutano affidandosi al dharma dei re,
     	nessuna condotta si mostra per il bene di tutti,

  18 	per quella uno risplende e un altro ne è tormentato,
     	e un'altro ancora appare casualmente immutato, 

  19 	con quella per cui uno splende un altro è tormentato,
     	nessuna delle condotte mostra la sua superiorità,

  20 	il dharma illustrato un tempo dai saggi e a lungo seguito,
     	e stabilito su quella antica condotta diviene eterno.”
     


                              CCLIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sui discorsi di Tulādhāra e di Jājali riguardo il dharma,

   2 	un ri-nato abitante della foresta di nome Jājali,
     	giungendo alla riva del mare, da grande asceta praticava il tapas,

   3 	controllato, moderato nel cibo, portando abiti di pelli e la crocchia, 
     	coperto di polvere, quel saggio passava molti anni da muni, 

   4 	un giorno quello splendido stando nell'acqua o signore della terra,
     	vagava per i mondi per vederli quel savio ṛṣi, rapido come il pensiero,

   5 	e stando in mezzo all'acqua quel muni un giorno pensava,
     	avendo veduto la terra intera circondata dal mare con selve e boschetti:

   6 	' nessuno vi è pari a me nel mondo dei mobili e immobili,
     	chi altri che me può viaggiare nel firmamento e stare in acqua, 

   7 	egli fu scorto da dei rakṣas mentre parlava in mezzo all'acqua,
     	e questi demoni gli dissero:' non devi parlare così,

   8 	vi è a vārāṇasī lo splendido Tulādhāra che pratica la mercatura,
     	egli pure è così, non devi parlare come hai fatto o migliore dei ri-nati.'

   9 	così apostrofato dagli spiriti, Jājali il grande asceta rispondeva:
     	' io vorrei vedere questo saggio il glorioso Tulādhāra.'

  10 	e quei rakṣas sollevato dal mare il ṛṣi che così parlava,
     	gli dicavano: ' vai dunque prendendo questa strada o migliore dei ri-nati.'

  11 	e così apostrofato dagli spiriti, Jājali perplesso si recava
     	a vārāṇasī e raggiunto Tulādhāra parlava con lui.”

  12 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quali azioni meritorie aveva o padre, fatto prima Jājali,
     	per la quale aveva ottenuto la suprema perfezione? questo mi devi dire.”

  13 	Bhīṣma disse:
     	“ egli divenne impegnato in un tapas supremamente formidabile,
     	quel grande asceta si bagnava nel fiume mane e sera,

  14 	rettamente badando ai fuochi sacri, e intento ai suoi studi quel ri-nato,
     	esperto della vita dell'anacoreta, Jājali splendeva di bellezza,

  15 	restando saldo nel sincero tapas, non attendeva invero al dharma,
     	sotto le piogge dormiva all'aperto, e in inverno restava nell'acqua,

  16 	e al vento e al caldo d'estate, e non cercava il dharma,
     	mettendosi a terra in vari dolorosi giacigli,

  17 	quindi un giorno quel muni stando all'aperto sotto le piogge,
     	l'acqua dal cielo accoglieva continuamente sulla sua testa,

  18 	quindi la sua crocchia divenne bagnata, e tutta compressa o potente,
     	e per il suo vagare nella fangosa foresta imbrattata di fango,

  19 	una volta digiunando, nutrendosi di vento quel grande asceta,
     	rimaneva consapevolmente come un pezzo di legno e non si muoveva mai,

  20 	e stando così senza muoversi divenuto una colonna o bhārata,
     	due uccelli passeri o re, fecero il nido sulla sua testa,

  21 	e quel savio ṛṣi impietosito guardava i due come i padroni di casa,
     	che avevano fatto il nido sulla sua crocchia con dei fili d'erba,

  22 	e quando il grande asceta come una colonna non si muoveva,
     	allora i due si confortavano e là risiedevano felici, 

  23 	passate le piogge e giunto la stagione autunnale,
     	con libertà i due presi dal desiderio di compiere la loro riproduzione,

  24 	quei due uccelli o re, là sulla sua testa deposero le uova,
     	lo splendido savio dai saldi voti si accorgeva di questi,

  25 	e avendolo saputo lo splendidissimo Jājali non si muoveva,
     	con animo sempre saldo nel dharma, non sceglieva l'adharma, 

  26 	e per giorni e giorni passando, i due sulla sua testa
     	risiedevano confortati e pieni di gioia o illustre,

  27 	e dalle uova incubate, nascevano dei piccoli uccelli,
     	e là crescevano e Jājali non si agitava,

  28 	con saldi voti custodendo le uova dei passeri,
     	così se ne restava quell'anima pia concentrato senza muoversi,

  29 	quindi in accordo col tempo divennero uccelli adulti,
     	e il muni si accorse che gli uccellini avevano messo le ali,

  30 	e allora un giorno quel saldo nei voti là vedendoli alati,
     	divenne supremamente lieto allora quel migliore dei dotati di pensiero,

  31 	e così veduti quelli divenuti adulti, i due uccelli ne furono
     	lieti e senza timori là vivevano assieme ai figli,

  32 	egli vedeva gli uccelli con le ali volar via e ritornare,
     	ogni sera, e il savio Jājali non si muoveva,

  33 	e un giorno andando via di nuovo sempre tornavano, 
     	abbandonati dai genitori, e Jājali non si muoveva,

  34 	quindi andando fuori di giorno, alla sera di nuovo o sovrano,
     	gli uccellini là tornavano per passare la notte,

  35 	una volta volati via per cinque giorni i volatili,
     	al sesto giorno ritornarono, e Jājali non si muoveva,

  36 	e in seguito ancora tutti loro per molti giorni,
     	quegli uccelli non tornarono quando furono in piena forza,

  37 	e un giorno passato un mese quei volatili
     	ancora non tornavano o re, e allora Jājali partiva,

  38 	quindi spariti gli uccelli, Jājali pieno di meraviglia,
     	pensava tra sé: ' io sono un perfetto.' e fu penetrato dall'orgoglio,

  39 	quel saldo nei voti vedendo che non tornavano gli uccelli,
     	e stimandosi di grande anima, ne era allora molto felice,

  40 	bagnatosi nel fiume, e avendo soddisfatto il fuoco divora-offerte,
     	quel grande asceta si incammiava verso il sole che sorgeva,

  41 	e inorgoglito per i passeri sulla sua testa Jājali il migliore degli oranti,
     	forte sbottava verso il cielo:' io ho raggiunto il dharma.'

  42 	e vi fu una voce nell'aria che Jājali udiva:
     	' tu non sei uguale a Tulādhāra nel dharma o Jājali,

  43 	il grande saggio Tulādhāra si trova a vārāṇasī,
     	e neppure lui può dire quanto tu affermi o ri-nato.'

  44 	preso dunque dall'impazienza di vedere Tulādhāra,
     	il muni percorreva la terra o re, fermandosi ogni sera,

  45 	e dopo un grande tempo giungeva alla città di vārāṇasī
     	egli scorgeva dunque Tulādhāra che vendeva le sue merci,

  46 	e pure quel mercante vedendo giungere il savio,
     	si alzava molto lieto, e lo salutava col benvenuto.

  47 	Tulādhāra disse:
     	' senza dubbio la tua venuta era risaputa da me o brahmano,
     	ascolta dunque le parole che sto per dirti o migliore dei ri-nati,

  48 	stando sulla riva dell'oceano tu hai compiuto un grande tapas,
     	ma tu allora in nessun modo hai preso coscienza del dharma,

  49 	e mentre tu ti perfezionavi nel tapas o savio, degli uccellini
     	nascevano giusto sulla tua testa, e furono onorati da te, 

  50 	quando ebbero le ali e volarono via da lì,
     	fosti inorgoglito dall'aver contribuito alla nascita dei passeri o ri-nato,
     	e allora udisti quella voce che parlava di me o migliore dei ri-nati,

  51 	e allora preso dall'impazienza sei giunto qui o signore,
     	dimmi dunque quale bene io posso fare per te o migliore dei ri-nati.'”
     


                              CCLIV


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ così apostrofato dal saggio Tulādhāra, allora
     	il saggio Jājali, il migliore degli oranti rispondeva queste parole:

   2 	' vendendo ogni profumo e ogni cibo o mercante,
     	e piante ed erbe, e le loro radici e frutti,

   3 	hai ottenuto questa perfetta intelligenza, come è giunta a te?
     	tutto questo interamente raccontami o grande intelletto.'

   4 	così richiesto Tulādhāra da quel glorioso brahmano,
     	quel vaiśya vero sapiente di dharma e artha, e delle sottigliezze del dharma,
     	contento del suo sapere diceva a Jājali dal severo tapas o sovrano:

   5 	' io conosco o Jājali il dharma eterno con i suoi segreti,
     	e l'amicizia verso tutti gli esseri che anticamente le genti conoscevano,

   6 	e colla condotta onesta degli esseri e anche con quella poco ingannevole
     	con quella condotta che è il supremo dharma io vivo o Jājali,

   7 	il mio rifugio è costruito di legni ed ha erbe tutte intorno, 
     	e della lacca e stami ricavati dai loti, e profumi di vario tipo

   8 	e molti liquidi gustosi escludendo le bevande alcoliche o savio ṛṣi,
     	comprando da mani altrui senza inganno metto in vendita, 

   9 	amico di tutti sempre e felice nel bene di tutti,
     	con le azioni, la parola e il pensiero io questo dharma seguo o Jājali,

  10 	io non elogio né condanno le azioni degli altri,
     	vedendo o savio ṛṣi, la varietà del mondo come quella del cielo,

  11 	io non amo né sono ostile, non detesto né desidero,
     	uguale sono verso tutti gli esseri, guarda il mio voto o Jājali,

  12 	libero da desideri e odio, espellendo passioni e piaceri,
     	la mia bilancia è uguale verso tutti gli esseri o Jājali, 

  13 	così dunque sappi che io sono verso tutto il mondo o Jājali,
     	uguale, o migliore dei dotati di pensiero, e uguale davanti a pietra, terra o oro,

  14 	come i ciechi, i sordi e i pazzi, hanno suprema consolazione,
     	per le loro porte chiuse dagli dèi, egualmente io guardo,

  15 	come i presi da malattie e vecchiaia non bramano più gli oggetti dei sensi,
     	così è sparito il mio desiderio dei beni desiderabili e delle ricchezze,

  16 	se uno non teme nessuno e nessuno è spaventato da lui, 
     	se non desidera né detesta, allora è un ri-nato perfetto,

  17 	se non ha nessuna intenzione di far del male ad ogni essere,
     	colle azioni, le parole e il pensiero, allora raggiunge il brahman,

  18 	non vi è per lui nessun dharma passato e futuro, 
     	chi è senza timore per ogni essere, raggiunge lo stato privo di paura,

  19 	quello da chi tutto il mondo è impaurito come fosse sulla bocca della morte, 
     	usando parole crudeli, con offese e punizioni, costui precipita nella grande paura,

  20 	la condotta degli anziani che con figli e nipoti secondo le regole
     	vivono, noi questa propria delle grandi anime prive di violenza seguiamo, 

  21 	perduto è l'eterno dharma per chi è confuso sulla buona condotta,
     	ma con questa i sapienti, gli asceti e i forti, trovano la liberazione,

  22 	il saggio o Jājali, rapidamente colla buona condotta ottiene il dharma,
     	il disciplinato che coi buoni agisca con animo onesto,

  23 	come quaggiù un pezzo di legno trasportato a caso in un fiume,
     	può venire in contatto casualmente con un altro pezzo di legno,

  24 	e là altri pezzi di legna non si uniscono mai
     	qua è là con erbe altri legni e immondizie come a volte appare, 
     	così questo comportamento appare come viene,

  25 	quello da chi in nessun modo mai nessun essere è impaurito,
     	costui ottiene sempre sicurezza da tutti gli esseri o muni,

  26 	quello da chi tutto il mondo o sapiente, è impaurito come da un lupo,
     	diventa come tutti i pesci che si agitano raggiunta la riva,

  27 	uno che ha alleati e possiede ricchezza, e un altro che è fortunato,
     	tutti questi sono nominati dai saggi nelle scritture
     	per elogiarli, sono intermente menzionati come abili e con poche ansie,

  28 	col tapas, con sacrifici e doni, e con parole dense di saggezza,
     	ciascun frutto che si ottiene, lo ottiene anche chi dà sicurezza,

  29 	chi al mondo dia a tutti gli esseri il dono della sicurezza,
     	ottiene il dono della sicurezza come chi ha celebrato tutti i sacrifici,
     	non vi è nessun dharma migliore della non violenza,

  30 	quello da chi mai nessun essere in nessun modo è impaurito,
     	costui ottiene la sicurezza per tutti gli esseri o grande muni,

  31 	quello da chi il mondo è impaurito come da un serpente entrato in casa,
     	costui non ottiene il dharma né in questo mondo né nell'altro,

  32 	sulla via di chi guarda rettamente gli esseri divenuto l'anima di tutti gli esseri,
     	senza lasciar tracce, anche gli dèi si meravigliano cercando le tracce,

  33 	il dono di dare sicurezza dicono che sia il migliore di tutti i doni,
     	io ti dico il vero, devi credere in questo o Jājali,

  34 	divenuti fortunati di nuovo si cade nella sfortuna,
     	e vedendo il fallimento delle azioni, le persone sempre cercano di proteggersi,

  35 	non vi è nulla quaggiù senza causa, pure il dharma è sottile o Jājali,
     	per il bene degli esseri qui fu stabilita la prescrizione del dharma,

  36 	per la sua sottigliezza molti passi oscuri non si possono conoscere,
     	per lo più si ottengono guardando alle condotte degli altri,

  37 	quelli che tagliano i testicoli dei buoi, e quelli che forano il setto nasale, 
     	quelli che li fanno trasportare grandi carichi, li legano e li domano,

  38 	quelli che li battono uccidendo dei viventi, perché non li rimproveri?
     	gli uomini usano altri uomini come schiavi,

  39 	e colpendoli, legandoli e ingiuriandoli li fanno lavorare giorno e notte,
     	e pure da te stesso sai quanto dolore vi è nel battere e uccidere,

  40 	in tutti gli esseri dai cinque sensi, risiedono tutte le divinità,
     	il sole, la luna, Vāyu, Brahmā, Prāṇa, Kratu, Yama,

  41 	vendendo esseri viventi quale considerazione vi è per i morti?
     	e quali per l'olio, il burro sacrificale, il miele, l'acqua e le piante o brahmano?

  42 	nei luoghi privi di mosche e tafani, crescono felici le bestie,
     	e sapendo che sono cari alle loro madri gli uomini legandoli in vari modi,
     	li conducono in luoghi pieni di insetti e di fango,

  43 	gli animali da soma sono oppressi dai carichi, altri periscono maltrattati,
     	io non credo che pure l'infanticidio sia diverso da queste azioni,

  44 	virtuosa ritengono l'agricoltura, ma questa è una condotta terribile,
     	il legno col becco di ferro colpisce la terra e gli animali che vi vivono,
     	e dai un'occhiata o Jājali ai buoi così aggiogati,

  45 	non si devono uccidere i bovidi, chi può uccidere dunque le vacche?
     	come Pṛṣadhra compì un grande male colpendo la vacca, 

  46 	dei ṛṣi asceti questo dicevano a Nahuṣa:
     	'la vacca che è la madre hai ucciso e il toro che è Prajāpati,
     	tu hai compiuto o Nahuṣa, una cosa proibita, e siamo in pericolo per il tuo atto.'

  47 	cento e una parte di quei peccati fecero cadere su tutti gli esseri,
     	sulle creature quei gloriosissimi ṛṣi o Jājali,
     	e dicevano all'infanticida Nahuṣa: ' non sacrificheremo per te.'

  48 	così avendo parlato tutte quelle grandi anime, dalla vera vista sulle cose,
     	quei ṛṣi e asceti dall'anima tranquilla direttamente gli mostrarono, 

  49 	tali terribili e perniciose condotte quaggiù o Jājali,
     	tu non riconosci per la tua capacità di condurti bene,

  50 	con causa si cerchi il dharma, e non si pratichi i modi del mondo,
     	ascolta ora pure questo o Jājali, chi mi ingiura e chi mi loda,

  51 	questi due per me sono uguali, non vi è in me piacere o dispiacere,
     	e i saggi applaudono questo tale comportamento,

  52 	quanto è dotato di evidenza anche dagli asceti è seguito,
     	e sempre dai virtuosi nel dharma quanto è appropriato.'
     


                              CCLV


   1 	Jājali disse:
     	'il dharma di cui tu parli mantenendo uguale bilancia,
     	chiude la porta del paradiso e impedisce la vita agli esseri,

   2 	l'agricoltura fornisce il cibo, e pure tu vivi di questo,
     	i mortali vivono di animali e di piante o mercante,

   3 	e da ciò sorge il sacrificare, tu parli di atesismo,
     	il mondo non può vivere abbandonando interamente la sussistenza.'

   4 	Tulādhāra disse:
     	' io ti parlerò della sussistenza o Jājali, io non sono un ateo o brahmano,
     	io non disprezzo il sacrificio, ma il vero sapiente del sacrificio è arduo da trovare,

   5 	io mi inchino ai sacrifici dei brahmani, che sono persone esperte dei sacrifici,
     	alcuni brahmani abbandonando il proprio sapere sono qui saldi nei riti kṣatriya,

   6 	i non credenti avidi di altrui ricchezze o brahmano, altre ne hanno create,
     	falsamente parlando di verità senza conoscere le parole dei veda,

   7 	' questo si deve dare e quest'altro si deve dare.' non vi è fine al desiderio,
     	e da qui è sorta la ruberia ed ogni cosa proibita o Jājali,
     	le divinità sono soddisfatte solo dall'offerta che è fatta perfettamente,

   8 	inchinandosi a loro, coll'oblazione, coi propri studi, e i medicamenti,
     	si devono venerare le divinità, come appare nelle scritture,

   9 	per i sacrifici fatti dai non virtuosi, nascono creature disgraziate,
     	dagli avidi nasce l'avido, e dai buoni nasce il buono,

  10 	come sacrifica per sé il celebrante così lo faccia per le genti,
     	dal sacrificio nascono le creature e dal cielo le bianche nubi,

  11 	l'oblazione fatta al fuoco o brahmano, raggiunge il sole,
     	dal sole nasce la pioggia, dalla pioggia il cibo, e da questo le creature,

  12 	con questa pratica gli antichi ottennero tutte le cose desiderate,
     	senza arare la terra dava frutti, per le benedizioni crescevano le piante,
     	nei propri sacrifici costoro non guardavano a nessun frutto,

  13 	quelli che apettandosi frutto dal sacrificio in questo modo sacrificassero,
     	rinascerebbero malvagi, fraudolenti, avidi, attaccati alle ricchezze,

  14 	uno con cattive azioni raggiunge i mondi dei malfattori,
     	l'uomo che col falsa ragione renda cattiva la tradizione,
     	sarà sempre quaggiù un'anima malvagia di scarsa saggezza o migliore dei ri-nati, 

  15 	il brahmano che conosca sia quanto si deve, sia quanto non si deve fare,
     	vive al mondo come Brahmā, e non cade di nuovo nella necessità,

  16 	anche i suoi atti imperfetti sono eccellenti, così abbiamo udito,
     	anche se offende ogni essere se è controllato riguardo ai frutti,

  17 	quelli che sacrificano colla verità e coll'autocontrollo, senza avidità, contenti di sé,
     	intenti alla rinuncia, tutte le persone prive di egoismi,

  18 	veri sapienti del corpo e dell'anima, che compiono il sacrificio di sé, 
     	studiando il veda di Brahmā soddisfano pure gli immortali,

  19 	tutta la divinità e tutto il brahman è unito ai brahmani,
     	gli dèi soddisfatti soddisfano quelli che li soddisfano o Jājali, 

  20 	come chi è soddisfatto di tutti i gusti, non ne loda nessuno, 
     	così chi è contento della saggezza ha sempre la soddisfazione che dà la felicità,

  21 	i deliziati nel dharma, i gioiosi nel dharma, e quelli che interamente lo perseguono,
     	' questo ci viene dalla verità.' così dicono cercando la saggezza,

  22 	alcuni sapienti e intelligenti, che vogliono arrivare all'estrema riva,
     	che è sempre la più pura e abitata dai santi antenati,

  23 	laddove arrivando, non soffrono, non si agitano e non se ne vanno,
     	le virtuose persone che hanno raggiunto lo stato del brahman,

  24 	costoro non cercano il paradiso, né sacrificano per gloria e ricchezze,
     	seguono la via dei virtuosi quanto possono, colla non violenza,

  25 	costoro conoscono gli alberi, le erbe, i frutti e le radici,
     	gli avidi celebranti in cerca di ricchezze non sacrificano per loro,

  26 	questi ri-nati sacrificano colle proprie ricchezze guadagnate,
     	con azioni perfette per desiderio di beneficare le creature,

  27 	queste genti hanno ottenuto il paradiso praticando il proprio dharma,
     	e così mi nata l'idea di essere uguale verso tutto o Jājali,

  28 	sempre i saggi pongono mente alle cose che sono nel sacrificio o toro dei ri-nati,
     	e con questa divina dottrina, percorrono il loro sentiero o grande muni,

  29 	da una via vi è ritorno, ma non vi è ritorno per i saggi,
     	tutti e due vanno per una via che segue quella divina,

  30 	spontaneamente i loro animali si aggiogano e li trasportano,
     	da sole le vacche producono latte per chi ha successo nelle sacre intenzioni,

  31 	da sole le vittime raggiungendo il palo si sacrificano colle giuste dakṣiṇa,
     	chi abbia l'anima purificata può sacrificare una vacca,

  32 	quelli che non sono di tal fatta o brahmano, sacrifichino con piante,
     	io ti ho parlato prima di una tale rinuncia alla ragione, 

  33 	chi è privo di desideri, e di iniziativa, che non si inchina né elogia,
     	che non è misero pur privo di azioni, gli dèi lo dicono un brahmano,

  34 	non ascoltando i veda, non sacrificando, non donando ai brahmani,
     	chi cerca la sussistenza nei villaggi, che fine avrà o Jājali?
     	come quella di chi celebrando le divinità raggiunge il sacrificio?'

  35 	Jājali disse:
     	' mai udimmo questa verità dai muni, io ti chiedo o mercante di questa difficoltà,
     	nessuno degli antichi ha atteso a ciò, né i ṛṣi lo hanno considerato cosa suprema,

  36 	se nel proprio altare gli animali non ottengono la felicità,
     	con quale propria azione o mercante si può ottenere la felicità?
     	rivelamelo o grande saggio io ho grandissima fiducia in te.'

  37 	Tulādhāra disse:
     	' dei sacrifici non sono veri sacrifici e non meritano la loro celebrazione,
     	col burro, col latte, colla panna, e specialmente colla piena oblazione,
     	di peli, corna e piedi, la vacca si unisce al sacrificio,

  38 	e per questa regola si compie impiegando la propria moglie,
     	le offerte di riso sono considerate oblazione migliore di tutti gli animali,

  39 	tutti i fiumi sono come la Sarasvatī, tutti i picchi montani sono sacri,
     	o Jājali, l'anima è un tīrtha, non essere ospite di altri luoghi,

  40 	praticando quaggiù i dharma di tale meriti o Jājali,
     	cercando il dharma per altre cause, non si ottengono i mondi sublimi.'”

  41 	Bhīṣma disse:
     	“ questi dharma di tali meriti elogiava Tulādhāra,
     	dotati di evidenza e sempre seguiti dai virtuosi.
     


                              CCLVI


   1 	Tulādhāra disse:
     	' se dai virtuosi o dai non virtuosi sono seguite queste vie,
     	guardalo bene coi tuoi occhi e così allora lo saprai,

   2 	molti sono gli uccelli che i muovono da ogni parte,
     	quelli nati sulla tua testa, i falchi e altri di diverso tipo,

   3 	invitali dunque o grande brahmano a venire qua e là,
     	guardali attaccarsi a mani e piedi ed a tutto il tuo corpo,

   4 	ti onorano come un padre questi uccelli attaccati a te,
     	senza dubbio tu ne sei il padre, chiama i tuoi figli o Jājali.'” 

   5 	Bhīṣma disse:
     	“ allora gli uccelli invitati da Jājali,
     	emettendo le loro voci in cielo come per ordine del dharma:

   6 	'la prima azione è quella fatta senza violenza, quaggiù e nell'aldilà,
     	la brama distrugge o brahmano, essa non distrutta uccide l'uomo,

   7 	le parole o i pensieri non sono in grado di salvare il senza fede, né il sacrificio,
     	qui gli antichi sapienti celebrano una strofa cantata da Brahmā,

   8 	del puro senza fede e del ricco di fede ma impuro,
     	nell'atto di sacrificare, gli dèi pensano la stessa cosa,

   9 	dell'istruito avaro, e dell'usuraio generoso,
     	misurando i due, gli dèi ritennero il loro cibo uguale,

  10 	ma Prajāpati disse loro che avevano fatto un errore,
     	il cibo del generoso è reso puro dalla fede, e distrutto dalla mancanza di fede,
     	il cibo del generoso si può consumare ma non quello dell'avaro usuraio,

  11 	solo chi non ha fede non merita l'offerta agli dèi,
     	il suo cibo non è consumabile, così dicono i sapienti del dharma,

  12 	la mancanza di fede è il supremo male, e la fede libera dal male,
     	abbandona il male chi è pieno di fede come il serpente la vecchia pelle,

  13 	la rinuncia unita alla fede è il migliore dei purificatori,
     	chi si impegna a liberarsi della colpa e ha fede diviene purificato,

  14 	che bisogno ha di compiere il tapas, o di controllare sé stesso?
     	l'uomo che ogni cosa compia con fede è fatto di fede, 

  15 	così il dharma è ritenuto dai virtuosi che conoscono dharma e artha,
     	noi volevamo conoscerti giunti qui per osservare il dharma,

  16 	la brama abbandona o grande saggio, e ne otterrai lo stato supremo,
     	il mercante di fede, ricco di fede e di dharma quaggiù,
     	che è saldo sul proprio cammino è uno superiore o Jājali.'

  17 	così parlava con molta dottrina Tulādhāra,
     	e rettamente così lo accoglieva il dharma che è chiamato eterno,

  18 	quel ri-nato udite le parole di quel rinomato valoroso,
     	di Tulādhāra o kuntīde raggiungeva la pace interiore,

  19 	quindi dopo molto tempo anche questo Tulādhāra 
     	essendo giunto il cielo, quei due grandi saggi passavano il tempo in gioia,
     	passando per ciascuna sede conquistata come frutto del proprio agire,

  20 	quando i giusti, pieni di fede, gli intelligenti che si controllano,
     	non praticano il sacrificio, il sacrificio non vi sarà mai,

  21 	Śraddhā la dea splendente e la figlia di Sūrya o sovrano,
     	la genitrice figlia di Savitṛ che ispira confidenza ai viventi,

  22 	la fede preserva dalle troppe parole e dai troppi pensieri o bhārata,
     	secondo il più alti insegnamenti, che altro vuoi sapere?”
     


                              CCLVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	"anche qui raccontano una storia antica,
     	cantata dal re Vicakhnu per compassione delle creature,

   2 	vedendo un toro legato al palo e una vacca che forte urlava,
     	quel sovrano vedendo che era legato il bovide nel luogo del sacrificio,

   3 	compiva questa affermazione:' fortuna sia a tutte le vacche nei mondi.'
     	e mentre l'uccisione stava avvenendo questa benedizione ne seguiva:

   4 	'dagli uomini senza regole né limiti, che confusi non credono,
     	che hanno l'anima nel dubbio, che sono indistinti la violenza è applaudita,

   5 	Manu anima giusta così parlò della non violenza in tutte le azioni,
     	gli uomini per brama e passione uccidono gli animali contro i veda.'

   6 	perciò per questa autorità chi la conosce deve compiere il dharma con sottigliezza,
     	la non violenza è ritenuta il migliore di tutti i dharma,

   7 	divenuto saldo digiunando e lasciando l'insegnamente dato dai veda,
     	questa è la buona condotta, e sono i miseri di malacondotta che mirano al frutto,

   8 	se gli uomini guardano ai sacrifici, agli alberi sacri, ai pali sacrificali,
     	e mangiano carne a piacere, questo dharma non è elogiabile,

   9 	carne, miele, alcol, pesci, succhi dolci, piatti di riso e di latte,
     	dai fraudolenti sono preparati, questi non sono stabiliti nei veda,

  10 	dal desiderio, dalla confusione, dall'avidità sorge una grande brama,
     	i brahmani in tutti i sacrifici riconoscono Viṣṇu,
     	e la sua venerazione è scritto, si faccia con latte e fiori,

  11 	si devono sacrificare quelle piante stabilite nei veda,
     	si deve compiere ogni altra cosa che è ben usata dai puri, 
     	di grande nobiltà, e di animo puro, tutto questo è degno degli dèi.”

  12 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“le sventure si avventano pure sul corpo, come si può 
     	allontanarle senza violenza quando non si usi il corpo?” 

  13 	Bhīṣma disse:
     	“ in modo che il corpo non si rovini e non cada in preda alla morte,
     	colle sue azioni deve agire l'abile uomo, e praticare il dharma.”
     


                              CCLVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ come si deve curare quanto si deve fare: velocemente o prendendo tempo?
     	tu sei in nostro supremo guru in ogni cosa ardua da compiere.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	che un tempo fu vissuta da Cirakāri della stirpe di Aṅgiras,

   3 	fortuna sia a te o Cirakāri, fortuna sia a te Cirakāri,
     	l'intelligente Cirakāri non offendeva colle sue azioni,

   4 	il grande saggio Cirakāri era nato figlio di Gautama,
     	a lungo avendo investigato ogni cosa da fare la iniziava,

   5 	a lungo pensava ai suoi scopi, a lungo vegliava, a lungo dormiva,
     	ed essendo cosi lento a lavorare, fu chiamato Cirakāri,

   6 	ed essendo preso da indolenza nelle scelte era considerato uno sciocco,
     	da chi aveva scarso intelletto, dalle persone dalla vista corta,

   7 	nell'avvento di un certa colpa, trascurando gli altri figli,
     	dal padre adirato gli fu detto: ' uccidi tua madre.'

   8 	avendo dopo tempo detto di si, secondo la sua natura lentamente agiva,
     	esaminando a lungo il da farsi, egli meditava a lungo:

   9 	' come posso compiere l'ordine del padre, come posso non uccidere la madre?
     	come posso non sprofondare in questo fallace dharma come un malvagio?

  10 	l'ordine del padre è il supremo dharma, e il proprio dharma è proteggere la madre,
     	il figlio è soggetto al padre come posso non essere qui colpito dal male?

  11 	avendo ucciso la donna che è la madre chi può essere felice?
     	e disobbedendo al padre chi può ottenere uno stabile luogo?

  12 	la non disobbedienza al padre è tanto giusta come la protezione della madre,
     	come posso non trascurare nessuno di questi due giusti doveri?

  13 	il padre ha messo sé stesso nella moglie, così io fui generato,
     	per continuare la discendenza, per mantenere la stirpe,

  14 	così io stesso sono diventato figlio per l'atto del padre,
     	come posso non riconoscere ciò? io conosco la mia nascita,

  15 	quanto ha affermato il padre nel rito della nascita e in quello addizionale,
     	apporta la conferma che stabilisce l'importanza del padre,

  16 	il guru è il principale, il supremo dharma, dando sostegno e insegnamenti,
     	quanto afferma il padre è il dharma stabilito pure nei veda,

  17 	il figlio è l'intera misura del piacere per il padre, e il padre lo è per il figlio,
     	il padre da solo fornisce ogni dono a cominciare dal corpo,

  18 	perciò gli ordini del padre si devono fare, non vi è nessuna discussione, 
     	chi compie gli ordini del padre si purifica pure dei peccati,

  19 	essendo la fecondità un bene auspicabile, dichiarato da tutto il mondo, 
     	e nell'unione col marito la moglie diviene gravida,

  20 	il padre è il paradiso, il padre è il dharma, il padre è il supremo tapas, 
     	quando il padre ottiene piacere, tutti gli dèi si compiacciono,

  21 	le benedizioni che pronuncia il padre raggiungono l'uomo,
     	quanto il padre approva è l'espiazione di tutti i mali, 

  22 	il fiore si libera del suo legame, il frutto si stacca dal suo stelo,
     	ma pur addolorato dall'affetto figliale, il padre non abbandona l'amore,

  23 	finché queste sono le considerazioni del figlio sull'autorità del padre,
     	il padre non è un piccolo ruolo; ora penserò alla madre,

  24 	dell'unione dei cinque elmenti che mi ha fornito la nascita tra i mortali,
     	di questa la causa è la madre, come i bastoncini lo sono del fuoco,
     	la madre è la scintilla del corpo degli uomini, e il sollievo di ogni dolore,

  25 	non si duole e neppure la vecchiaia lo affligge,
     	chi perduta la ricchezza entra in casa e chiami:' mamma.'

  26 	chi pur pieno di figli e nipoti stia assieme alla madre,
     	anche se centenario, agisce come uno di due anni e mezzo,

  27 	che sia abile o inabile, misero oppure non misero,
     	la madre protegge il figlio, nessun altro è stabilito che lo nutra,

  28 	quando diviene vecchio e quando diviene sofferente,
     	uno ne ha l'universo svuotato se è separato dalla madre,

  29 	non vi è protezione pari alla madre, non vi è meta pari alla madre,
     	non vi è salvezza pari alla madre, non vi è fonte pari alla madre,

  30 	per tenerlo in grembo è la madre, per averlo generato è detta la genitrice,
     	per la crescita delle membra è ambā, per generare eroi è madre di eroi,

  31 	per l'attenzioni al pargolo è detta śuśrū, la madre è dentro il corpo,
     	l'uomo di intelligenza non può colpire la testa di uno senza testa,

  32 	l'unione fatta dai due genitori per produrre la vita, 
     	questa la fanno madre e padre, ma la nascita sta nella madre,

  33 	la madre conosce la stirpe, la madre conosce da dove viene,
     	e amore e piacere e figli ha il padre per mezzo della madre,

  34 	unendo le proprie mani in matrimonio, e applicandosi al dharma,
     	se gli uomini le cercano le donne non devono unirsi, 

  35 	il marito per il sostegno che da alla donna è bhartṛ, per proteggerla ne è pati,
     	cessando queste due qualità il marito non è nè bhartṛ né pati,

  36 	così la donna non commette offese, e l'uomo che cade in fallo,
     	l'uomo commette un grande peccato facendo adulterio, 

  37 	è scritto che il marito è superiore alla donna ed è il suo supremo dio,
     	a lei da sé egli dà uno supremo come sé stesso,  
     	in tutte le azioni commette fallo, le donne non commettono falli,

  38 	le prescrizioni che sono proibite per godere del coito colle donne,
     	chi le ricorda bene in vista è ingiusto, non vi è qui dubbio,

  39 	giacché la donna che è madre è posta in grande importanza, 
     	non si deve uccidere, così riconoscono pure gli animali senza virtù,

  40 	si dice che il padre è una combinazione degli dèi uniti,
     	che per amore degli dèi raggiunge la madre dei mortali.'

  41 	così molto riflettendo non compiva alcuna azione,
     	e passato molto tempo allora tornava suo padre,

  42 	Gautama, il grande saggio Medhātithi, saldo nel tapas,
     	riflettendo in quel tempo che era eccessiva la punizione della moglie,

  43 	violentemente pieno di dolore versando copiose lacrime,
     	per mezzo dell'intelligenza dei veda caduto poi nel tormento diceva:

  44 	' il Distruggi-fortezze, il signore del trimundio giunto al mio āśrama
     	avendo assunto l'aspetto di un brahmano che cercava ospitalità,

  45 	fu interamente confortato con parole e onorato e benvenuto,
     	a lui fu approntato secondo le regole l'offerta ospitale e l'acqua per i piedi,

  46 	e dicendo pure: ' io sono al tuo servizio e agirò ai tuoi ordini.'
     	qui è nata una cosa sbagliata, non vi è peccato nella donna,

  47 	così né la donna, né io né il signore dei trenta dèi che passava,
     	abbiamo sbagliato ma è stata la negligenza sul dharma che ha sbagliato,

  48 	gli asceti dicono che la passione nasce dalla gelosia, per questo sono casti,
     	dalla gelosia io fui preso, e sprofondato nel mare del cattivo agire,

  49 	avendo ucciso la donna virtuosa, che ho punito per la mia passionalità,
     	la moglie che si deve mantenere, chi ora mi salverà?

  50 	per il fatto che io ho ordinato all'intelligente Cirakāri di farlo,
     	se ora lui avesse agito lentamente, potrebbe avermi salvato dal male,

  51 	benedetto tu sia Cirakāri, benedetto tu sia Cirakāri,
     	se oggi tu Cirakāri allora agisci con lentezza,

  52 	salva me, e tua madre, e il tapas che ho guadagnato,
     	e te stesso dal crimine, rimani oggi lento nell'agire,

  53 	congenito è il tuo lento agire, per la tua grande saggezza,
     	cogline ora i frutti, rimani ora ad agire lentamente,

  54 	a lungo ti ha atteso la madre, a lungo ti ha portato in grembo,
     	ottieni il frutto del tuo lento agire o Cirakāri,

  55 	se ne sta a procastinare per il dolore, a lungo dorme per evitarlo,
     	o Cirakāri guarda a lungo al tormento di noi due.'

  56 	così addolorato o re, il grande ṛṣi Gautama allora,
     	guardava  Cirakāri in piedi davanti a lui,

  57 	però Cirakāri supremamente addolorato vedendo il padre, 
     	gettando l'arma allora inchinando la testa si avvicinava,

  58 	e Gautama veduto il figlio inchinato a terra colla testa,
     	e la moglie rimproverata, ne otteneva suprema gioia,

  59 	sua moglie non era stata disgiunta da quel grand'anima,
     	mentre lui stava nel suo solitario āśrama, e pure il figlio era ricordato, 

  60 	senza rifiutarsi di ucciderla, il figlio stando in piedi coll'arma in pugno,
     	chiedendosi il perché ponderava sulle sue azioni,

  61 	ogni cosa capiva il padre vedendo il figlio prostrato ai suoi piedi, 
     	che agitato tenendo l'arma si nascondeva per la paura,

  62 	allora il padre a lungo elogiandolo, a lungo lo baciava in fronte,
     	e a lungo lo teneva nelle braccia, dicendo: ' che tu viva a lungo.'

  63 	così Gautama pieno di gioia e amore, il figlio
     	applaudendo o grande saggio queste parole gli diceva:

  64 	' benedetto tu sia Cirakāri, a lungo rimani così Cirakāri,
     	a lungo pensando di fermarti, io ne fui a lungo addolorato.'

  65 	e pure queste strofe diceva il sapiente Gautama supremo muni,
     	sull'intelligenza di procastinare per poterne accertare le qualità:

  66 	' a lungo si deve stare coll'amico, dopo aver fatto una cosa a lungo la si abbandoni,
     	la cosa fatta a lungo e l'amico devono essere mantenuti a lungo,

  67 	nella furia, nell'orgoglio, negli onori, e nelle azioni infami e malvage,
     	e nei doveri spiacevoli il procrastinare è lodabile,

  68 	nelle offese anche nascoste a parenti, amici, a dipendenti,
     	e alle persone femminili il procrastinare è lodabile.'

  69 	così Gautama era contento di suo figlio o bhārata,
     	per quell'azione o kaurava per cui lui aveva procrastinato,

  70 	così l'uomo meditando su tutte le azioni, allora
     	dopo lungo tempo avendo presa una decisione non molto se ne pentirà, 

  71 	chi a lungo trattiene la furia, a lungo controlla il suo agire,
     	non intraprenderà nessuna azione che gli procuri rimorso,

  72 	a lungo si curino gli anziani, a lungo li si onori sedendo vicino,
     	a lungo si persegua il dharma, e a lungo se ne faccia meditazione,

  73 	a lungo stando vicino ai sapienti, e a lungo frequentando i virtuosi,
     	a lungo controllando sé stessi, a lungo si ottiene rispetto,

  74 	anche la parola pronunciata dagli altri è dotata del dharma,
     	a lungo si chieda, a lungo si parli, e non si disprezzi a lungo,

  75 	avendo praticato molti grandi tapas nell'āśrama,
     	per anni, quel savio è giunto in paradiso assieme al figlio.”
     


                              CCLIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ come può il re proteggendo le sue genti non addolorare nessuno?
     	questo ti chiedo o migliore dei virtuosi, illustramelo o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Dyumatsena col re Satyavat,

   3 	abbiamo udito che Satyavat affermava delle cose non dicibili,
     	trattendendosi dall'uccidere per ordine del padre:

   4 	'il dharma diventa adharma, e l'adharma diventa dharma,
     	così è di certo l'uccisione, essa non può diventare dharma.' 

   5 	Dyumatsena disse:
     	' se non uccidere è il dharma, quale dharma vi può mai essere?
     	se non si uccidessero i ladroni o Satyavat, vi sarebbe la confusione,

   6 	' questo è mio.' ' questo non è suo.' così vi sarebbe nel kaliyuga,
     	il mondo non si reggerebbe, ma se tu sai allora insegnacelo.'

   7 	Satyavat disse:
     	' tutti i tre varṇa devono essere messi sotto i brahmani,
     	poco si sbaglierebbe colla regola di metterli in vincoli,

   8 	chiunque di questi sbagliasse lo riferirebbe il ri-nato:
     	' costui non mi ascolta.' e su questo il re agirebbe,

   9 	quanto è stabilito di vero nelle scritture si deve fare e non uccidere,
     	senza aver considerato le azioni stabilite di buona condotta nelle scritture,

  10 	il re che vuole uccidere i ladri ne uccide per lo più di innocenti,
     	uccidendo l'uomo vengono uccisi moglie, madre, padre e figlio,
     	nel male agire di un altro, il re perciò rettamente consideri,

  11 	un uomo ingiusto a volte ottiene una buona condotta,
     	dai non virtuosi e pure dal virtuoso nascono insane creature, 

  12 	non si deve tagliare la radice, questo non è il dharma eterno,
     	ma col non uccidere si può stabilire un'espiazione,

  13 	collo spaventare, colla prigione, e con altre varie azioni,
     	non si devono punire colla morte quelli che non hanno commesso falli,

  14 	quando vadano dal purohita in cerca di protezione,
     	dicendo: ' non faremo ancora del male o brahmano.' 

  15 	allora siano meritevoli di liberazione, questo sia l'ordine del sovrano,
     	anche il brahmano rasato che porta pelle e bastone merita l'ospitalità di una notte,

  16 	più è ripetuta più grande diventa la colpa,
     	così questi non meritano la liberta come quelli della prima volta.'

  17 	Dyumatsena disse:
     	' fintanto che i sudditi siano in grado di mantenere i patti,
     	allora si dice che vi è il dharma non è violato,

  18 	se non vi sono uccisioni, tutto questo perirebbe,
     	le genti più antiche erano facili da governare,

  19 	per lo più erano gentili e sinceri, e pochi i folli e gli ingannatori,
     	un tempo vi era la censura e la reprimenda ne seguiva,

  20 	e pure si puniva colla multa, oggi vige la pena di morte,
     	e pure colla pena di morte altre genti non si possono fermare,

  21 	non vi è ladro fra gli uomini né fra gli dèi, così sta scritto,
     	né alcuno tra gandharva, chi è dunque e di chi lo è? 

  22 	egli prende i fiori dai cimiteri e pure le immagini sacre,
     	chi può far patti con questi ignoranti privi di intelletto?'

  23 	Satyavat disse:
     	' se tu non puoi salvare i buoni senza violenza,
     	poni fine ad ogni ottenimento passato e futuro.'

  24 	Dyumatsena disse:
     	' i re per il sostegno del mondo soffrono un supremo tormento,
     	e da tali persone si vergognano e divengono vani,

  25 	i virtuosi perché impauriti, non per loro piacere uccidono i malfattori,
     	i re con buona condotta per la maggior parte governano i sudditi,

  26 	e il mondo segue la migliore condotta dei migliori,
     	sempre gli uomini seguono il comportamento del guru,

  27 	chi senza trattenere sé stesso vuole trattenere gli altri,
     	caduto in preda dei sensi viene deriso dagli uomini,

  28 	chi per errore o inganno compia qualcosa proibita dal re,
     	deve essere fermato con tutti i mezzi, che così si allontani dal male,

  29 	chi desidera impedire l'agire male, deve prima controllare sé stesso,
     	deve punire con grandi punizioni pure i più vicini parenti,

  30 	laddove il malfattore è punibile, non giunge un grande dolore,
     	là dove crescono i mali, di certo il dharma diminuisce,
     	così mi ha insegnato un saggio brahmano intento alla compassione,

  31 	e così mi fu insegnato o figlio, dai precedenti avi,
     	che si astenevano dall'eccessiva compassione,

  32 	secondo quanto detto prima il re agisca nel kṛtayuga,
     	prosegua col dharma meno un quarto nel tretāyuga,
     	con due quarti nel dvāpara, e con un solo quarto nel rimanente yuga,

  33 	giunto il kaliyuga per la cattiva condotta dei re,
     	per la pecugliarità di quel tempo, resta solo una sedicesima parte del dharma,

  34 	e allora o Satyavat, colla prima indicazione sorgerebbe la confusione,
     	e considerando lungezza della vita, potenza e tempi, ordini i tormenti, 

  35 	affinché quaggiù non vada perduto il grande frutto del dharma della verità,
     	Manu svāyaṁbhuva ha parlato per compassione degli esseri.'”
     


                              CCLX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ senza danno per gli esseri, è la rinuncia che procura le sei buone qualità,
     	ma quale sia il dharma che procuri entrambe le cose dimmi o nonno,

   2 	il dharma del capofamiglia, e il dharma della rinuncia, essendo
     	entrambi non posti distanti, quale dei due è migliore o nonno?”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ entrambi i dharma sono molto gloriosi, entrambi ardui da compiere,
     	entrambi di grandi merito o figlio, entrambi praticati dai virtuosi,

   4 	ora ti parlerò dell'autorevolezza di entrambi questi due,
     	ascolta con mente attenta o pṛthāde, l'eliminazione del dubbio su artha e dharma,

   5 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Kapila e di una vacca, ascoltala o Yudhiṣṭhira,

   6 	guardando ai testi sacri, antichi eterni e immutabili,
     	Nahuṣa un tempo sacrificava una vacca per Tvaṣṭr, così abbiamo udito,

   7 	Kapila dall'animo saldo, di risoluto carattere, saldo nei patti,
     	sapiente e moderato nel cibo allora la scorgeva,

   8 	avendo una suprema intelligenza perfetta e priva di timori, 
     	immediatamente diceva: ' rammento che la verità è debole o veda.'

   9 	un ṛṣi di nome Syūmaraśmi entrato nella vacca diceva all'asceta:
     	' ohilà, se i veda sono considerati dharma, per quale motivo altre idee?

  10 	gli asceti pieni di saldezza che guardano alla sapienza delle scritture, 
     	pensano che tutto quanto stabilito dalla tradizione sia verità di per sé,

  11 	chi ha distrutto le brame, chi è senza desideri, e privo di passioni
     	che si astiene da ogni cosa, quale dubbio può avere sui veda?'

  12 	Kapila disse:
     	' io non disprezzo i veda, né ho alcun dubbio su di loro,
     	abbiamo udito che ciascuna delle azioni dei modi di vita hanno lo stesso scopo,

  13 	il rinunciante lo raggiunge, l'asceta nella selva lo raggiunge,
     	il capofamiglia e il brahamacārin entrambi pure lo raggiungono,

  14 	quattro sono ritenute le eterne vie, i percorsi divini, 
     	per esse il minore o maggiore frutto è dichiarato debolezza e forza,

  15 	così conoscendo tutti gli scopi si intraprendano, così si dice nei veda,
     	e non si intraprenda diversamente, la śruti è considerata perfetta,

  16 	nel non agire non vi sia fallo, e nell'agire supremo merito,
     	così forze e debolezze che stanno nelle scritture sono ardue da conoscere,

  17 	se qui vi è qualcosa di evidente, superiore all'idea della non violenza,
     	a parte l'insegnamento delle scritture, dimmelo se lo conosci.'

  18 	Syūmaraśmi disse:
     	' chi vuole il paradiso sacrifichi, così sempre recita la śruti,
     	fissato precedentemente il frutto quindi si intraprenda il sacrificio,

  19 	capra, cavallo, pecora, vacca e quante sono le specie di uccelli,
     	e le piante domestiche e selvatiche sono il cibo dei viventi, così è scritto,

  20 	e il cibo si deve prendere giorno per giorno, mattina e sera,
     	e gli animali e il grano sono le membra del sacrificio, così è scritto,

  21 	Prajāpati li ha stabiliti assieme al sacrificio,
     	e col sacrificio Prajāpati sacrificava agli dèi,

  22 	tutti i viventi che si muovono da sé sono sette più sette,
     	e dicono che l'universo intero è stabilito come la suprema offerta per i sacrifici, 

  23 	questo è stato approvato dagli antichi e dai più antichi,
     	quale saggio non deve scegliere secondo il proprio potere?

  24 	animali, uomini, e gli alberi assieme alle piante,
     	desiderano ottenere il paradiso, ma non vi è paradiso senza celebrazioni,

  25 	le erbe, gli animali, gli alberi, piante, burro sacro, latte, panna,
     	altre offerte, terra, direzioni, fede e tempo, questi sono i dodici,

  26 	i ṛg, i sāma, gli yajur, e l'atto del sacrificare fanno sedici,
     	e il fuoco è conosciuto come il capofamiglia, questi sono le diciasette
     	membra del sacrificio, il sacrificio è la radice, così sta scritto,

  27 	col burro sacro, col latte e la panna coll'āmikṣā ben cotta, colla pelle,
     	coi peli, colle corna, coi suoi piedi la vacca si unisce al sacrificio,
     	queste cose una per una è tutto quanto è stabilito per esso,

  28 	conducono il sacrificio uniti assieme ai celebranti e alle dakṣiṇa,
     	tutte queste cose unite insieme, portano a termine il sacrificio,

  29 	queste sono le parti del sacricio occorrenti, come stabilito dalla śruti,
     	così gli antichi e i più antichi uomini agivano,

  30 	ma non uccide alcunchè non si appresta a colpire,
     	dovendo sacrificare, chi sacrifica senza desiderare il frutto,

  31 	le membra del sacrificio come sono state menzionate con certezza,
     	e quelle che sono stabilite secondo le regole si riscattano vicendevolmente,

  32 	la tradizione dei ṛṣi io vedo in quelle che stabiliscono i veda,
     	a questa guardano i sapienti per riguardo ai brahmani,

  33 	il sacrificio ha origine dai brahmani, e torna ai brahmani,
     	tutto l'universo segue il sacrificio, e il sacrificio segue sempre l'universo,

  34 	l'oṃ è l'origine del brahman, namas, svāhā, svadhā, vaṣaṭ,
     	ad esso questi suoni si uniscono, compiuti come si può,

  35 	dicono che con questo non vi è timore dell'aldilà nei tre mondi,
     	così dicono i veda e i supremi ṛṣi perfetti,

  36 	i ṛg, gli yajur, e i sāman e le esclamazioni stabilite dalle regole,
     	da chi tutti questi escono, costui è un ri-nato,

  37 	quanto vi è nell'accendere Agni, e quanto nello spremere il soma o ri-nato,
     	e quanto negli altri grandi sacrifici, tu sai che è il Beato in persona,

  38 	perciò o brahmano, sacrifica e fai sacrificare senza esitazione,
     	chi sacrifica secondo le regole del paradiso, nell'aldilà ha il grande frutto del cielo,

  39 	né questo mondo né l'altro è per chi non sacrifica, così è stabilito,
     	i sapienti delle parole dei veda, ritengono le due cose la giusta misura.'
     


                              CCLXI


   1 	Kapila disse:
     	' a questo guardando gli asceti camminano sulla via della ricerca,
     	in tutti i mondi non vi è nessuno di loro che fallisca,

   2 	lontani dagli opposti, senza onorare alcuno, privi di desideri e legami, saggi, 
     	liberati da tutti i mali, agiscono da puri senza colpe,

   3 	sono risoluti nell'abbandonare l'idea della beatitudine,
     	i supremi brahmani, divenuti il brahman, fatta residenza nel brahman,

   4 	senza dolori, distrutte le passioni, loro hanno i mondi eterni,
     	raggiunta la loro suprema meta, che vale per loro la vita del capofamiglia?'

   5 	Syūmaraśmi disse:
     	' se questo è il supremo stato, se questa è la suprema meta,
     	senza ricorrere alla vita in famiglia, nessun altro modo di vita si produce,

   6 	come tutti i viventi vivono affidandosi alla madre,
     	così affidandosi alla vita in casa, esistono gli altri modi di vita,

   7 	il capofamiglia sacrifica, il capofamiglia pratica il tapas,
     	qualunque cosa muova la radice del dharma è nella vita in casa,

   8 	tutti i viventi risultano esistere per la nascita o muni,
     	e negli altri modi di vita non non si trova nessuna procreazione,

   9 	molte sono le piante della foresta e quelle che sono fuori o ri-nato,
     	e a parte le piante non si trova nulla su cui vi sia la vita,
     	chi può affermare con sincerità che non vi è liberazione stando in casa?

  10 	quelli privi di fede, e di saggezza, che evitano di guardare con sottigliezza,
     	i disperati, gli accidiosi, gli stanchi, quelli tormentati dalle proprie azioni,
     	vedono la fine di ogni impegno come la rinuncia nominata dai sapienti,

  11 	per il bene del trimundio vi sono gli eterni, immutabili limiti morali,
     	di certo un venerabile brahmano si deve onorare fin dalla nascita,

  12 	prima del garbhādhāna, dei mantra sorgono tra i ri-nati,
     	sorgono tra quelli che non vi confidano e pure senza dubbio tra quelli di fede,

  13 	la pira essendo posta in un luogo protetto, il cibo per gli adepti, 
     	il dono delle vacche o degli animali, delle offerte, l'immersione nell'acqua,

  14 	gli avi che sono chiamati arciṣmat, barhiṣad, e kravyāda,
     	e pure per il morto sono permessi i mantra, i mantra sono il mezzo, 

  15 	così recitano i veda, come può uno aver la liberazione,
     	quando i mortali sono debitori verso avi, dèi e brahmani?

  16 	dai sapienti privi di ricchezza e di energia si fa questo lamento
     	senza conoscenza delle parole dei veda, come un falso che appare vero,

  17 	non è preso né tormentato dai mali, il brahmano che sacrifichi secondo le scritture dei veda,
     	in alto va il sacrificio assieme alle vittime, e gli dèi contenti esaudiscono i desideri,

  18 	non disprezzando i veda, né con disonestà e illusioni,
     	l'uomo ottiene il meglio, il brahman si trova nel brahman.'

  19 	Kapila disse:
     	' vi erano i riti di luna nuova e di luna piena, l'agnihotra, per i saggi, 
     	e quelli ogni quattro mesi, in questi vi è il sacrificio eterno, 

  20 	quelli che si astengono, che sono di grande fermezza, puri, saldi nel brahman,
     	col brahman soddisfacevano gli dèi che si nutrono di amṛta,

  21 	di chi guarda a tutti gli esseri divenuto l'anima di tutti gli esseri,
     	che non lascia tracce sulla via anche gli dei si meravigliano cercandone le tracce, 

  22 	sull'uomo che ha quattro porte e quattro bocche, il rimprovero arriva quadruplice,
     	per le braccia, la voce, il ventre, per l'inguine, il guardiaporte adorni le loro porte,

  23 	non giochi ai dadi, non prenda l'altrui ricchezza, non prenda cibo da uno di vile nascita,
     	non rechi offesa da irato il saggio, trattenendo mani e piedi,

  24 	non cada nell'offesa, non dica il falso, non dica calunnie e pettegolezzi,
     	saldo nella verità, parlando poco, e con attenzione, così è ben custodita la porta della voce,

  25 	non mangi troppo, ne troppo vario, senza avidità, e si accompagni ai virtuosi,
     	per mantenersi prenda qui il cibo, così sia la protezione della porta dello stomaco,

  26 	non si separi da una donna moglie legale, né inviti una donna a tempo sbagliato,
     	porti saldo in sé la fedeltà alla moglie, così si deve custodire la porta dell'inguine,

  27 	il saggio che ha tutte queste porte ben protette,
     	l'inguine, il ventre, le braccia e la voce per quarta è un ri-nato,

  28 	di chi non custodisce le sue porte tutte diventano vane,
     	che ha a che fare col tapas costui, che gli serve il sacrificare, che vale lui stesso?

  29 	chi non ha sopraveste, chi dorme senza coprirsi,
     	chi giace colle braccia per cuscino, per un brahmano gli dèi conoscono costui,

  30 	il muni che da solo si rallegra in tutti i piaceri della coppia,
     	senza pensare agli altri, per un brahmano gli dèi conoscono costui,

  31 	chi tutto conosce di cosa è la natura e le sue modificazioni,
     	sapiente del cammino di tutti gli esseri, per un brahmano gli dèi conoscono costui,

  32 	giacché non è temuto da ogni essere, e di tutti è senza paura,
     	lui che è divenuto l'anima di tutti, per un brahmano gli dèi conoscono costui, 

  33 	non immediatamente seguendo quanto è il frutto dei riti dei veda,
     	e seguendo tutt'altra cosa preferiscono non aver frutto,

  34 	le azioni che danno frutto, e quelle eterne che portano la felicità,
     	e quelle senza qualità e impermanenti guardano,

  35 	le qualità qui sono difficili da discernere, e conosciute ardue da copiersi,
     	e seguite hanno pure fine, così tu considera.'

  36 	Syūmaraśmi disse:
     	' come sia l'utorità dei veda, e come sia fruttuosa la rinuncia,
     	queste due vie sono entrambe dichiarate, di questo parlami o venerabile.'

  37 	Kapila disse:
     	' davanti agli occhi voi vedete quelli saldi sulla via dei virtuosi,
     	quale altra evidenza dunque vi è che voi seguite?'

  38 	Syūmaraśmi disse:
     	' io sono Syūmaraśmi o brahmano, giunto qui per imparare,
     	desiderando il meglio io ho parlato con onestà non per il mero discutere,
     	questo mio tremendo dubbio, o venerabile tu mi devi illustrare,

  39 	vedendo voi sotto gli occhi saldi sulla via dei virtuosi,
     	che altro vi è che voi seguite di più probante?
     	diverso dalla scienza del ragionare e dalla tradizione è questo insegnamento,

  40 	la tradizione è la parola dei veda, la tradizione sono i trattati del ragionare,
     	come si segue la tradizione, là l'insegnamento si perfeziona,
     	per le disposizioni della tradizione appare la perfezione davanti agli occhi,

  41 	come una nave legata dal pilota è trascinata dalla corrente,
     	coi suoi legami, come si può o savio superare questa errata opinione?
     	questo dimmi o venerabile io sono tuo allievo, insegnami dunque,

  42 	nessuno vi è che sia rinunciante, soddisfatto, privo di sofferenza,
     	in piena salute, distaccato, ritirato e andato via,

  43 	anche voi vi rallegrate e soffrite come noi,
     	anche voi avete gli oggetti dei sensi e i fiati di tutti i nati,

  44 	così essendo le condotte dei quattro varṇa e modi di vita,
     	qual'è la sola certezza nella discussione dei punti pendenti?'

  45 	Kapila disse:
     	' tutto quanto si applica alle scritture in tutte le attività,
     	laddove di questa vi sia la pratica religiosa, là vi è l'infallibilità,

  46 	tutta la conoscenza purifica chi segue la conoscenza,
     	la condotta lontana dalla conoscenza distrugge le creature,

  47 	sempre voi siete sapienti e in tutto innocenti,
     	e qualche volta uno di voi certo ha ottenuto l'identità coll'anima universale,

  48 	senza conoscere le scritture in verità, alcune persone sono forti a parlare,
     	per essere sopraffatti da brame e odi, sono cadute preda dell'egoismo,

  49 	senza conoscere quanto è vero dei trattatti sono schiavi dei trattati, 
     	ladri del brahman, privi di impegno, di pensiero immaturo, infausti, 

  50 	a quanto è privo di qualità guardano non esaminano le qualità,
     	avendo i corpi fatti di tamas, il tamas è il loro rifugio,

  51 	il vivente che secondo la sua natura, sia succube della sua natura,
     	possiede, odi, brame, ire, inganno, falsità ed arroganza,
     	sempre egli segue questi modi nati dalla sua natura,

  52 	quelli che questo riconoscono con intelligenza abbandonino bene e male,
     	per raggiungere la suprema meta, gli asceti sono saldi nell'autocontrollo.'

  53 	Syūmaraśmi disse:
     	' tutto quanto ho riferito o brahmano viene dalle scritture, 
     	senza conoscere il significato delle scritture non esistono buone condotte,

  54 	tutto quanto sia la buona condotta è nelle scritture, così è la śruti,
     	e quanto è sbagliato è fuori dalle scritture, così recita la śruti,

  55 	nessuna buona condotta vi è eccetto che nelle scritture, così è stabilito,
     	e quanto sia diverso dalle parole dei veda è fuori dalle scritture, così è scritto,

  56 	molti stimando l'apparenza guardano lontano dalle scritture,
     	e altri qui e nell'aldilà non vedono i falli dichiarati nelle scritture,
     	privi di saggezza, coperti dalle tenebre, con la saggezza distrutta dall'ignoranza,

  57 	uno interamente liberato da quanto ha fatto e deve fare,
     	che usa vivere nella misura di un morso può muoversi in ogni luogo,
     	e può affidandosi alle parole dei veda affermare questa è la liberazione,

  58 	questa è una azione ardua da compiersi affidandosi alla vita in casa,
     	al dono, allo studio, ai sacrificio, all'onestà e al produrre figli,

  59 	se si agisce così non vi è per lui alcuna liberazione,
     	vergogna a chi compie quanto deve, questa fatica risulta inutile,

  60 	ateismo sia l'agire diverso da quanto stabilito dai veda, 
     	in fretta io vorrei udire o venerabile dell'eternità di ciò,

  61 	dimmi il vero o brahmano, io sono tuo discepolo, istruiscimi,
     	al modo in cui tu conosci la liberazione, io vorrei essere istruito.'
     


                              CCLXII


   1 	Kapila disse:
     	' i veda sono l'autorità dei mondi, non si agisca contro i veda,
     	due sono gli aspetti del brahman, il brahman come parola e quanto è il supremo,
     	chi è devoto alla parola del brahman ottiene il supremo brahman,

   2 	si faccia al corpo quanto si fa al corpo nei veda,
     	e reso purificato il corpo, il brahmano diviene persona degna,

   3 	come colle azioni si raggiunga l'eternità io ti dirò,
     	al di fuori dai veda e dalla tradizione sacra appare la visione mondana,

   4 	questo è il dharma, dicono quelli che celebrano i sacrifici privi di desideri,
     	abbandonando quanto ottengono, privi di avidità, lasciando pietà e avversione,
     	il pellegrinaggio ai tīrtha è il sentiero dei ricchi,

   5 	un tempo vi erano quelli che non si attaccavano ai mali nati dalle azioni,
     	che ottenevano i desideri dell'animo, saldi nella virtuosa conoscenza,

   6 	privi di collera e di invidia, privi di ogoismo e avversione, 
     	saldi nella conoscenza, tre volte puri, felici dal bene di tutti gli esseri,

   7 	per lo più erano capifamiglia, che non trasgredivano alle proprie azioni,
     	e anche dei re, e dei brahmani concentrati secondo le regole,

   8 	uguali in tutto, dotati di onestà, contenti di sé, saldi nella conoscenza,
     	di evidente dharma, puri, pieni di fede sia nell'alto che nel basso,

   9 	al principio si purificarono l'anima, nel voto di muoversi secondo le regole, 
     	praticavano il dharma, nella disgrazia e nella difficoltà, anche colpiti dalla sfortuna,

  10 	concentrati praticando il dharma allora ne ebbero la felicità, 
     	per loro non si doveva stabilire nessuna espiazione,

  11 	stando saldi nel vero dharma, erano considerati più che invincibili,
     	non inseguivano la ricchezza, né men che meno il falso dharma, 

  12 	quale era la principale legge, questa praticavano
     	avendo lo stato di devoti, non vi era alcuna espiazione,
     	l'espiazione è per chi è dotato di anima debole, così è scritto,

  13 	giacché di tal foggia erano gli antichi savi intenti ai sacrifici,
     	esperti dei tre veda, puri, di buona condotta e gloriosi,
     	dei saggi senza legami coi desideri, che celebravano giorno per giorno i sacrifici, 

  14 	i loro sacrifici, i veda, e le cerimonie erano secondo le scritture,
     	i loro studi erano a tempo debito, e secondo i voti i loro desideri,

  15 	quelli che hanno eliminato brama e ira prodotte dalla prakṛti, con anima tranquilla,
     	questi onesti, sempre in pace, e saldi nelle loro azioni,
     	possiendono l'intera eternità, così ci dice la perenne śruti,

  16 	costoro che sono pieni di energia che compiono azioni difficili a farsi,
     	che sono intenti alle proprie azioni, ne hanno il tapas giunto allo stato tremendo,

  17 	quelli che non sono in grado di compiere questa antica, perenne, 
     	immmutabile, e portentosa condotta virtuosa, che è indicata nel dharma,

  18 	la buona condotta è il sicuro dharma, la vigilanza senza distruzione,
     	quando in tutti i varṇa non vi è nessuna trasgressione,

  19 	i tori fra gli uomini che si rifugiano nel dharma dei quattro modi,
     	questi virtuosi ottenendolo secondo le regole, raggiungono la suprema meta,

  20 	alcuni lasciando le case si rifugiano nella foresta,
     	e altri rimanendo in casa divengono allora dei brahmacārin,

  21 	i brahmani conoscono il dharma per i quattro modi di vita,
     	eterno è lo stato del brahman, e i brahmani di certo ne sono convinti, 

  22 	quindi di tal fatta erano gli antichi savi praticando il dharma,
     	e questi brahmani si vedono in cielo divenuti stelle,

  23 	come le costellazioni nelle loro posizioni, molte sono le schiere delle stelle,
     	per la loro soddisfazione hanno ottenuto l'eternità, così i veda,

  24 	se costoro ritornano nel saṃsāra in nuove nascite,
     	non sono mai legati alle cattive azioni nate dal loro agire,

  25 	così il brahmano sarà virtuoso, un altro sarà un cattivo brahmano,
     	se quest'uomo ha detto o fatto azioni buone o cattive,

  26 	così essendo stabilita l'eternità per quelli che hanno estinto le passioni,
     	per loro vi è l'intera eternità, così a noi l'eterna śruti,

  27 	per quelli lontani dalle brame, purificati, e dalle splendide anime,
     	abbiamo udito che è stabilito il dharma della quarta upaniṣad,

  28 	questo si perfeziona sempre per i brahmani dall'anima controllata,
     	l'anima che rinuncia, radice della contentezza, si dice la base della conoscenza, 

  29 	sempre la meta della liberazione è il dharma eterno dell'asceta,
     	sia parziale che intero lo deve seguire come può,

  30 	di ciascuno che la cerca è la pace, solo il debole qui fallisce,
     	cercando lo stato del brahman, il puro si libera dalle rinascite.'

  31 	Syūmaraśmi disse:
     	' quelli che consumano, quelli che donano, e quelli che sacrificano e studiano,
     	e quelli che si affidano alla rinuncia avendo acquisito ricchezze nel dharma,

  32 	quali di questi nell'aldilà sono i supremi conquistatori del paradiso?
     	questo rivela a me che te lo chiedo o brahmano, secondo verità.'

  33 	Kapila disse:
     	' tutti i capifamiglia che sono pieni di qualità sono ottimi,
     	ma non ottengono la felicità della rinuncia, tu pure lo vedi.'

  34 	Syūmaraśmi disse:
     	' voi siete saldi nella conoscenza, i capifamiglia sono intenti ad agire,
     	nello stato di tutti i modi di vita si dice vi sia un'unica cosa,

  35 	sulla superiorità dell'unicità e della separatezza null'altro si dice,
     	questo secondo le regole e secondo verità o venerabile devi dirmi.'

  36 	Kapila disse;
     	' sia pure la purificazione del corpo nell'agire, ma la conoscenza è la suprema meta,
     	essa non risiede nella conoscenza dei gusti del cotto, del crudo, e degli emetici, 

  37 	benevolenza, perdono, pace interiore, non violenza, sincerità, onestà,
     	assenza di inganni, e di orgoglio, modestia, pazienza, e calma,

  38 	queste sono le vie del brahman, con queste si raggiunge il supremo stato,
     	questo il saggio impari, con la mente saldo nell'agire,

  39 	la meta che i savi pacificati, purificati, intenti alla conoscenza,
     	felicemente raggiungono la dicono la suprema meta,

  40 	si devono studiare i veda, e una volta imparati rettamente,
     	così si è un sapiente dei veda, uno diverso è detto un soffio di vento,

  41 	i sapienti dei veda tutto conoscono, nei veda tutto è fondato,
     	nei veda vi è la conoscenza di tutto quanto esiste e non esiste,

  42 	questa conoscenza di tutto quanto esiste e non esiste,
     	per chi la conosce è la fine, il mezzo, il bene e il male,

  43 	questa è l'intera rinuncia, questa è la completa calma,
     	questa la soddisfazione, il sublime che si trova nella liberazione,

  44 	rettamente sinceramente deve studiare l'anima di tutto il mondo dei mobili e immobili,
     	tutta la felicità che è la più benefica, il brahman immanifesto, origine e fine,

  45 	energia, perdono, pace, sono la sublime salute, di tal fatta è il dio eterno e immutabile, 
     	con parole guidate dall'intelligenza si ottiene, al brahmano mi inchino che è brahman.'”
     


                              CCLXIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ i veda elogiano dharma, artha e kāma o bhārata,
     	qual'è la migliore da ottenere qui? questo dimmi o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ qui io ti racconterò una storia antica,
     	su quanto per amore Kuṇḍadhāra un tempo donava ad un devoto,

   3 	un brahmano povero andava a cercare con desiderio il dharma,
     	in cerca di ricchezza per sacrificare, egli praticava un fiero tapas,

   4 	e in questo fattosi deciso venerava gli dèi,
     	e quel devoto non trovava ricchezza venerando gli dèi,

   5 	quindi di nuovo cadeva a pensare: ' quale divinità vi può essere
     	che rapido possa essere favorevole resa attivo dagli uomini?'

   6 	quindi, con un nobile aspetto scorgeva il compagno degli dèi,
     	la nuvola Kuṇḍadhāra che stava li vicino,

   7 	e veduto quel grand'anima, gli nacque devozione per lui:
     	' mi supporterà al meglio, lui che ha un tale corpo,

   8 	che è vicino agli dèi e che non ha altri uomini intorno,
     	e mi darà rapidamente ricchezza abbondante.'

   9 	quindi con incensi profumati, e con ghirlande grandi e piccole,
     	e con varie offerte quel ri-nato lo venerava,

  10 	quindi in breve tempo compiaciuta quella nuvola,
     	dal suo servizio, queste civili parole gli diceva:

  11 	' per il brahmanicidio, per l'ubriachezza, per il furto e la rottura dei voti,
     	i virtuosi hanno stabilito purificazione, ma non vi è purificazione per l'ingrato,

  12 	il figlio del desiderio è l'adharma, e l'ira si sa, è figlia dell'invidia,
     	l'avidità è figlia della frode, ma l'ingratitudine non merita prole.'

  13 	quindi quel brahmano si addormentava nello splendore di Kuṇḍadhāra,
     	e giacendo sull'arba kuśa vedeva allora tutti gli esseri, 

  14 	e purificato dalla pace interiore dal tapas e dalla devozione,
     	quel brahmano con anima pura guardava quella visione notturna,

  15 	e scorgeva Maṇibhadra che là stava splendidissimo 
     	tra gli dèi quel grand'anima e li comandava o Yudhiṣṭhira,

  16 	e là gli dèi distribuivano regni e ricchezze,
     	a chi agiva bene, e distruggevano ogni intento ai malvagi, 

  17 	e Kuṇḍadhāra dal grande splendore alla presenza degli yakṣa,
     	inchinandosi agli dèi si prostrava a terra o toro dei bhārata,

  18 	allora per ordine degli dèi il gloriosissimo Maṇibhadra, 
     	diceva a lui prostrato a terra: ' che desideri o Kuṇḍadhāra?'

  19 	Kuṇḍadhāra disse:
     	' se gli dèi mi sono favolevoli, questo è un brahmano mio devoto, 
     	per lui io vorrei fosse fatta una qualche grazia foriera di felicità.'”

  20 	Bhīṣma disse:
     	“ allora Maṇibhadra di nuovo diceva queste parole,
     	allo splendidissimo Kuṇḍadhāra per ordine degli dèi:

  21 	' alzati, alzati che tu sia benedetto, si felice di aver tutto ottenuto,
     	quanta ricchezza desidera questo brahmano tuo amico,
     	per ordine degli dèi, così incalcolabile io gli darò.'

  22 	riflettendo sulla mente incerta e mobile degli uomini,
     	pose mente al tapas per quel glorioso brahmano.

  23 	Kuṇḍadhāra disse:
     	' io non chiedo ricchezze per il brahmano o donatore di ricchezza,
     	un'altra grazia io desidero sia fatta al mio devoto,

  24 	né la terra scrigno di gemme, né un grande mucchio di ricchezza,
     	io desidero per il mio devoto, ma che lui segua il dharma,

  25 	che il suo animo sia felice nel dharma, e possa vivere del dharma,
     	il dono nel dharma gli sia dato, a questa grazia io penso.'

  26 	Maṇibhadra disse:
     	' quando il frutto del dharma è il regno, e le varie gioie,
     	pure questi frutti ottenga e libero da ogni afflizione del corpo.'”

  27 	Bhīṣma disse:
     	“ allora molte volte il gloriosissimo Kuṇḍadhāra 
     	ripeteva il discorso sul dharma e i gli dèi ne erano soddisfatti.

  28 	Maṇibhadra disse:
     	' tutte le divinità sono compiaciute di questo ri-nato,
     	egli diverrà un'anima pia, e porrà il suo animo verso il dharma.'”

  29 	Bhīṣma disse:
     	“ allora felice quella nuvola di aver tutto compiuto o Yudhiṣṭhira,
     	avendo ottenuta la grazia che desiderava nell'animo ardua per gli altri,

  30 	alora scorgeva degli abiti di seta, quell'ottimo ri-nato,
     	là giunto e lasciatili di lato allora giungeva alla rinuncia.

  31 	il brahmano disse:
     	' quello che non conosce la perfezione, che altro può cercare di fare?
     	io andrò nell'eccellente foresta, a vivere del dharma.'”

  32 	Bhīṣma disse:
     	“ per la grazia dell'indifferenza avuta dagli dèi, l'ottimo ri-nato,
     	entrato nella foresta iniziava allora un grandissimo tapas,

  33  	quel ri-nato nutrendosi di frutta e radici e col resto di dèi e ospiti,
     	a lui o grande re, un grande piacere nel dharma sorgeva,

  34 	e abbandonando interamente frutta e radici, il ri-nato si nutriva di foglie, 
     	e quindi lasciate anche le foglie si nutriva di acqua l'ottimo ri-nato,

  35 	e poi di solo vento si nutriva per moltissimi anni,
     	e la sua vitalità non diminuiva, e questo appariva un portento,

  36 	vivendo quel ricco di fede nel dharma e nel duro tapas,
     	dopo molto tempo gli nasceva una vista divina,

  37 	e gli sorse questo pensiero: ' se io fossi soddisfatto da qualcuno
     	gli donerei grande ricchezza, la mia parola non sarà mai resa falsa.'

  38 	quindi con lieto viso di nuovo si impegnava nel tapas,
     	e divenuto un siddha raggiunse il supremo stato e ancora pensava:

  39 	' se da qualcuno fossi soddisfatto io gli donerei un regno,
     	e costui presto diverrebbe un re, la mia parola non sarà mai resa falsa.'

  40 	a lui un giorno Kuṇḍadhāra in persona si presentava o bhārata,
     	a quel brahmano intento al tapas, spinto dall'amicizia,

  41 	e incontratosi con lui gli offriva gli onori secondo le regole
     	e il brahmano divenne meravigliato di Kuṇḍadhāra o sovrano,

  42 	e quindi Kuṇḍadhāra disse: tu hai la suprema vista divina,
     	guarda la meta dei re o savio, scruta colla tua vista i mondi,

  43 	e le migliaia di re sprofondati all'inferno allora
     	da lontano vedeva quel savio usando la sua vista divina.

  44 	Kuṇḍadhāra disse:
     	' se tu dopo avermi onorato con attaccamento, sei caduto nel dolore,
     	per quanto io ho compiuto, come potrebbe essere mai una grazia fatta a te? 

  45 	guarda e guarda ancora, come può volere un uomo i suoi desideri?
     	per questi uomini specialmente è chiusa la porta del paradiso.'”

  46 	Bhīṣma disse:
     	“allora scorgeva la brama, l'ira, l'avidità, la paura, la passione,
     	il sonno, l'accidia, e la debolezza stare sopra gli uomini.  

  47 	Kuṇḍadhāra disse:
     	' da costoro i mondi sono ricoperti, gli dèi hanno timore dell'umanità,
     	e così per ordine degli dèi ne fanno ovunque impedimento,

  48 	nessuno senza il permesso degli dèi può essere un giusto,
     	e tu ora sei in grado per il tapas di donare regni e ricchezze.'”

  49 	Bhīṣma disse:
     	“ quindi il brahmano si inchinava colla testa a quell'essere di nuvola,
     	e gli diceva quell'anima pia: ' grande è la grazia che mi hai fatto,

  50 	allora io ero dispiaciuto di te per l'attaccamento a brame e avidità,
     	non conoscendo l'affetto per me, tu mi devi perdonare.'

  51 	' hai il mio perdono.' così dicendo Kuṇḍadhāra al toro dei ri-nati,
     	lo accoglieva nelle braccia e quindi da lì scompariva,

  52 	allora il brahmano per tutti i mondi vagava,
     	concentrato nel tapas per l'antica grazia di Kuṇḍadhāra,

  53 	il viaggiare nell'aria, e il successo in tutte le aspettative,
     	si può ottenere col dharma, e lo yoga e anche la meta suprema,

  54 	gli dèi, i brahmani, i virtuosi, gli yakṣa e gli asceti tra gli uomini,
     	applaudono quaggiù i giusti, non gli opulenti di ricchezze e i bramosi,

  55 	sono ben disposti gli dèi verso di te, felici per il tuo animo nel dharma,
     	nella ricchezza vi è qualche momento di gioia, nel dharma la suprema felicità.”
     


                              CCLXIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“dei molti sacrifici e tapas fatti per uno scopo o nonno,
     	quale sacrificio è stabilito per il dharma e non per la felicità e le ricchezze?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ qui ti racconterò quanto Nārada ha illustrato,
     	sul sacrificio un tempo ad un brahmano intento a spigolare,

   3 	in un regno tra i vidarbha, il migliore e supremo per dharma viveva un ri-nato.
     	un ṛṣi che si nutriva spigolando, e si applicava di sacrificio in sacrificio

   4 	nutrendosi di granaglie, di erbe suvarcalā e sūryapatnī,
     	di erbe aspre e senza gusto rese gradevoli col tapas,

   5 	raggiunto una radura nella foresta, senza violenza per tutti gli esseri,
     	anche con frutta e radici celebrava sacrifici rivolti al paradiso o tormenta-nemici,

   6 	sua moglie la pura Puṣkaracāriṇī consumata dai voti,
     	condotta ad assisterlo nei sacrifici, con sincerità ne seguiva le regole,
     	ella per timore di una maledizione dai propri doveri non si allontanava,

   7 	ella aveva una veste di vecchie piume di pavone,  
     	e non volentieri là agiva nel sacrificio seguendo il celebrante,

   8 	un sapiente del dharma rinato per gelosia di Śukra,
     	divenuto un animale viveva li vicino coi suoi simili,
     	diceva queste parole a Satya:' tu compi una azione sbagliata,

   9 	se senza l'apporto dei mantra il sacrificio ne viene variato,
     	gèttavi anche me o celebrante e tu andrai in paradiso di sicuro.'

  10 	quindi in quel sacrificio Sāvitrī in persona lo invitava,
     	ma a lei che lo invitava rispondeva: ' io non unccidero un essere a me vicino.'

  11 	così apostrofata ella desisteva, ed entrava nel fuoco sacrificale,
     	perché non fosse malfatto il sacrificio e per vedere il mondo sotterraneo, 

  12 	ella però chiedeva a Satya che era a mani giunte, di nuovo l'antilope,
     	abbracciandolo Satya gli diceva, di andarsene,

  13 	quindi l'antilope fatta otto passi tornava indietro:
     	' o virtuoso, sacrificami o Satya, ucciso io raggiungerò la meta dei buoni,

  14 	guarda le divine apsaras colla vista che io ti do,
     	e i bellissimi carri celesti dei gandharva grandi anime.'

  15 	quindi vedendo quella meraviglia con occhi pieni di desiderio,
     	si apprestava ad andare in paradiso guardando l'antilope per ucciderla,

  16 	ma Dharma divenuto un'antilope, e vissuto per molti anni nella foresta,
     	gli portava salvamento:' questo non è conforme al sacrificio.'

  17 	per aver il suo animo posto al desiderio di uccidere l'antilope,
     	il suo grande tapas ne fu distrutto, perciò non si deve sacrificare uccidendo,

  18 	quindi il Beato Dharma celebrava per lui il sacrificio in persona,
     	e lui ottenne di conciliarsi colla moglie e col tapas il supremo stato,

  19 	la non violenza è il dharma totale, la violenza non è adatta al sacrificio,
     	io ti parlerò del vero dharma che appartiene a chi ha sincera parola.”
     


                              CCLXV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ in che modo si diviene malvagi, o in che modo si pratica il dharma?
     	come si ottiene la rinuncia al mondo, e in che modo si raggiunge la liberazione?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ tu sei sapiente di tutti i dharma e mi chiedi per conferma,
     	ascolta dunque della liberazione colla rinuncia, del male e del dharma alla radice,

   3 	un tempo sorgeva il desiderio dei cinque oggetti dei sensi per conoscerli,
     	e conosciutili, ne nacque desiderio e avversione o toro dei bhārata,

   4 	quindi a quello scopo ci si sforzava di agire e ottenerli di nuovo,
     	e ci sforzava di unirsi alle forme e ai profumi desiderati,

   5 	allora ne sorgeva passione e ne seguiva l'avversione,
     	quindi nasceva l'avidità, e ne seguiva la confusione,

   6 	per chi è sopraffatto da avidità ed errore, e immerso in passione e avversione,
     	non nasce alcun dharma, ma l'intenzione di fare il dharma coll'inganno,

   7 	chi pratica il dharma con ipocrisia, appare ingannevole pure nella ricchezza,
     	e avendo avuto successo nella ricchezza con l'inganno o rampollo dei kuru,

   8 	allora pone mente a praticare il male,
     	pur essendone proibito dagli amici e pure dai sapienti o bhārata,

   9 	egli dice cose competenti piene di ragione e unite alle regole,
     	e per lui cresce l'adharma dei tre tipi, nato da passione ed errore,

  10 	egli pensa al male, lo dichiara e lo compie,
     	e le colpe di costui intento nell'adharma, le vedono i virtuosi,

  11 	ma chi è della stessa natura e male agisce ne gode l'amicizia, 
     	costui non ottiene felicità quaggiù e come può nell'aldilà?

  12 	così è chi ha animo cattivo, ma ascolta da me delle anime nel dharma,
     	costui come pratica il dharma interamente, interamente lo raggiunge,

  13 	lui che con la saggezza riconosce prima i peccati,
     	è esperto di gioie e dolori, e frequenta pure i virtuosi,

  14 	per la frequenza e la pratica nella condotta dei virtuosi, la sua saggezza
     	cresce, e lui si compiace nel dharma, e vive del suo dharma,

  15 	egli così col dharma pone mente ad acquisire ricchezze,
     	e egli innaffia le radici laddove ne vede i meriti,

  16 	diviene quindi un'anima giusta, e ottiene dei buoni amici,
     	e per ottenere amici e ricchezze, si rallegra quaggiù e nell'aldilà,

  17 	il vivente così ottiene padronanza su suono, tocco, forme o bhārata,
     	e su gusto e odori, e questo è detto il frutto del suo dharma,

  18 	egli non è soddisfatto ottendendo il frutto del dharma o Yudhiṣṭhira,
     	e insoddisfatto si da alla rinuncia al mondo con l'occhio della sapienza,

  19 	e quando ha la saggezza per vista, scorge il peccato nel desiderio,
     	e diviene indifferente alle brame, e non si stacca dal dharma,

  20 	e si impegna nella totale rinuncia, vedendo il mondo soggetto alla fine,
     	quindi si impegna nella liberazione con abilità e non senza mezzi,

  21 	con costanza si applica alla rinuncia mondana, e abbandona ogni mala azione,
     	e diviene così un'anima giusta e ottiene la suprema liberazione,

  22 	quanto tu mi hai chiesto io ti ho illustrato o figlio,
     	il male, il dharma, la liberazione e la rinuncia al mondo o bhārata,

  23 	perciò agisci nel dharma, in ogni situazione o Yudhiṣṭhira,
     	di quelli che sono saldi nel dharma o kuntīde, il successo è imperituro.”
     


                              CCLXVI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ la liberazione hai detto nonno che si ha con mezzi e non senza di essi,
     	di questi mezzi secondo le regole io vorrei udire o bhārata.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“  tu sei dotato o grande saggio di abilità per i mezzi,
     	con ogni mezzo tu, tutti i tuoi scopi cerchi o senza-macchia,

   3 	l'intenzione di fare un vaso di terra, non vi è più a vaso completo o senza-macchia,
     	e così è nel praticare il dharma, non vi è altra causa per il dharma, 

   4 	chi va verso il mare orientale, non va verso quello occidentale,
     	una sola è la via della liberazione, ascoltala da me diffusamente,

   5 	con la pazienza si tagli la collera, e la brama evitando aspettative,
     	e usando il sattva il saggio deve distruggere il sonno,

   6 	con la vigilanza si protegga dalla paura, e servendo l'anima i propri fiati,
     	con l'intelligenza si evitino desiderio e avversione, e brama,

   7 	errore e confusione, e dubbio si evitino colla disciplina,
     	e il vero sapiente con la pratica della sapienza eviti accidia e apparenza,

   8 	le calamità e le infermità, mangiando moderatamente cibo salutare e digeribile,
     	l'avidità e l'errore con la contentezza, e gli oggetti dei sensi con la vera visione,

   9 	con la compassione si vinca l'adharma guardando al dharma,
     	coll'impegno si vinca il desiderio, e le ricchezze coll'assenza di attaccamento,

  10 	il sapiente vinca l'affetto sapendone l'impermanenza e con lo yoga la fame, 
     	colla gentilezza il proprio orgoglio e la brama coll'accontentarsi,

  11 	coll'applicazione vinca la debolezza, e vinca il dubbio colla decisione,
     	col voto del silenzio la garrulità, e vinca la paura coll'ardimento,

  12 	si trattenga parola e mente coll'intelletto, e questo coll'occhio della saggezza,
     	l'anima grande controlli la sapienza, e la pace interiore controlli l'anima,

  13 	colla tranquillità e colle azioni pure questo si riconosce,
     	e tagliando collo yoga i cinque peccati che i saggi conoscono,

  14 	desiderio, ira, avidità, paura e indolenza per quinta,
     	scartando, si devono seguire le pratiche dello yoga,

  15 	meditazione, studio, il donare, sincerità, modestia, onestà e pazienza,
     	purezza nel mangiare, purificazione, e controllo dei sensi,

  16 	con questi mezzi cresce lo splendore e si eliminano i mali,
     	si realizzano i desideri, e ne cresce la conoscenza,

  17 	lo splendido dai mali rimossi, moderato nel mangiare, coi sensi vinti,
     	conquistate brama ed ira, vuole raggiungere lo stato del brahman,

  18 	assenza di confusione e di attaccamento, abbandono di brama ed ira,
     	assenza di inganno, di presunzione, e di ansie, perseveranza,

  19 	questa è la via della liberazione, pura, senza macchie, adeguata,
     	che controlla parola corpo e pensiero, ed è lontana dai desideri.”
     	
     


                              CCLXVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Nārada e di Devala Asita,

   2 	vedendo l'anziano Devala seduto, Nārada il migliore dei dotati
     	di intelletto, lo interrogava sull'origine e la fine degli esseri:

   3 	' da dove è sorto questo universo coi suoi mobili e immobili o brahmano?
     	e dove va nella distruzione? questo dimmi o signore.'

   4 	Asita disse:
     	' il Tempo comandato dal Signore supremo crea gli esseri,
     	coi cinque elementi che gli esperti degli elementi chiamano gli elementi grossolani,

   5 	comandato dall'anima universale con questi crea gli esseri,
     	chi dice che altro vi sia di questi, dice il falso senza dubbio,

   6 	sappi o Nārada che questi cinque sono eterni, immutabili e inamovibili,
     	di grande anergia e messi insieme, per natura col tempo per sesto,

   7 	acqua, e spazio, terra, vāyu e fuoco,
     	nulla vi è oltre a questi elementi senza alcun dubbio,

   8 	né per evidenza né per artificio si può certamente dire il contrario, 
     	sappi che le cose risultano dall'aggregarsi di questi sei,

   9 	questi cinque, e il tempo, con la mera esistenza e la non esistenza, 
     	questi otto elementi eterni formano l'origine e la fine degli esseri,

  10 	nella distruzione in questi vanno, e da questi sorgono di nuovo,
     	il vivente distrutto ritorna a questi diviso in cinque parti,

  11 	il suo corpo è fatto di terra, l'udire sorge dallo spazio,
     	il sole è la vista, il vento è il respiro, e dall'acqua vi è il sangue,

  12 	gli occhi, il naso, le orecchie, la pelle e la lingua per quinta,
     	dai saggi sono detti i sensi che conoscono gli oggetti dei sensi,

  13 	la vista, l'udito, l'odorato, il tatto e il gusto,
     	sappi che sono le cinque qualità dell'evidenza, ciascuna divisa nei cinque,

  14 	le forme, gli odori, i sapori, i contatti, e i suoni sono le caratteristiche,
     	che si ottengono coi cinque sensi ciascuna divisa nei cinque,

  15 	ma queste caratteristiche, le forme, i profumi, i sapori, i contatti e i suoni,
     	non sono riconosciuti dai sensi, ma l'anima li intende attraverso di essi,

  16 	il cervello è sopra la schiera dei sensi, la mente è sopra a questo,
     	l'intelletto è sopra alla mente, e l'anima è sopra all'intelletto,

  17 	prima il vivente percepisce coi sensi separatemente gli oggetti,
     	e vi applica poi la mente, e quindi coll'intelletto li distingue,
     	chi analizza coi sensi tutti gli oggetti da comprendere,

  18 	il cervello, la schiera dei sensi, la mente e l'intelletto per ottavo,
     	questi otto dicono siano i modi di conoscenza dei sensi, gli esperti dell'adhyātman,

  19 	mani e piedi, l'ano, i genitali e per quinta la bocca,
     	questi così sono menzionati, ascolta pure come agiscono i sensi dell'agire,

  20 	l'organo per parlare e mangiare si dice che sia la bocca,
     	quello per camminare i piedi, quello per fabbricare le mani,

  21 	ano e inguine per scaricare, sono due organi di simile azione,
     	per scaricare le feci, e per scaricare il proprio desiderio,

  22 	la forza è la sesta, questi sono i sei nomi rettamente secondo le scritture,
     	ti ho menzionato tutte le qualità degli organi di conoscenza e di mobilità,

  23 	quando per la stanchezza abbia cessato di agire coi sensi,
     	l'uomo, col ritirare i suoi sensi si addormenta,

  24 	se la mente non sia fermata quando sono cessati i sensi,
     	si applica agli oggetti dei sensi, e questo si conosce come la visione del sogno,

  25 	le nature sono sia sattviche, sia quelle che sono rajasiche e tamasiche,
     	queste applaudono l'impegno nell'agire, e quelle sattviche il contrario,

  26 	piacevolezza, ed efficacia nelle azioni, conoscenza e supremo cammino,
     	sono i segni dell'essere sattvico, la memoria si affida a queste nature,

  27 	tra i viventi i primi sono quelli che hanno la natura salda nelle regole,
     	delle altre due nature il desiderio è sempre davanti agli occhi, 

  28 	i sensi, le nature e i guṇa sono enumerati in diciassette,
     	e diciotto con l'anima che abita il corpo che è eterna,

  29 	queste sono tutte le caratterische corporee associate
     	ai dotati di corpo, nel distacco da esso, esse non sono più corporee,

  30 	e con gli umori è il corpo formato dai cinque elementi,
     	sono diciannove le qualità che sono unite ai dotati di corpo, 
     	con il vapore fanno venti condensate dai cinque elementi, 

  31 	il mahat assieme al vento sostiene il corpo,
     	ed essendo così composto il vivente, sono la causa della fine del corpo,

  32 	come uno nasce così egli raggiunge la distruzione nei cinque elementi,
     	alla fine di meriti e demeriti, e con meriti e demeriti rinascendo,
     	entra in un corpo a tempo debito, sorto dalle sue azioni,

  33 	abbandonando ciascun corpo raggiunge un altro corpo per dipendenza,
     	spinto dal destino, come un contadino da una casa rotta ad un'altra,

  34 	i saggi non si tormentano saldi nei loro propositi,
     	le genti misere si dolgono pensando ai parenti,

  35 	egli non è di nessuno, e non ha nessuno, nulla si trova in lui,
     	vive solo, ed egli sempre gode nel corpo di gioie e dolori,

  36 	questo vivente non nasce, e non muore mai,
     	egli abbandonando il corpo raggiunge un giorno la suprema meta,

  37 	distruggendo il corpo fatto di meriti e peccati, per l'accumolo di karma,
     	l'abitante del corpo finito il corpo raggiunge lo stato del brahman,

  38 	la sapienza sāṃkhya è stata stabilita per la distruzione di meriti e demeriti,
     	e distrutto ciò si vedono nella natura del brahman, che è la suprema meta.”
     


                              CCLXVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ fratelli, padri, figli, famigliari e pure amici,
     	a motivo della ricchezza sono stati uccisi da noi, crudeli e di malo pensiero,

   2 	la brama che sorge per le ricchezze, o nonno,
     	come possiamo abbandonare? siamo spinti al male da questa brama.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	cantata dal re dei videha, interrogato da Māṇḍavya,

   4 	' io che non possiedo nulla vivo felicissimamente, 
     	se mithilā bruciasse, nulla di mio brucerebbe,

   5 	oputente ricchezze sono certo un dolore per quelli che sanno,
     	e pure quelle non grandi sempre confondono gli ignoranti,

   6 	quanto è la gioia nel kāma al mondo, e quanto è la grande felicità in cielo,
     	queste non valgono la sedicesima parte della felicità nella distruzione delle brame,

   7 	come le corna di una vacca che cresce, nel tempo crescono,
     	così la brama cresce mentre crescono le ricchezze,

   8 	quando qualcosa diviene realmente un possesso,
     	e viene perduta, di nuovo si cade nel tormento,

   9 	non ci si applichi ai desideri, l'attaccamento ai desideri è dolore,
     	la ricchezza ottenuta la si usi nel dharma, e si evitino i desideri,

  10 	il saggio sia come la carne per la tigre verso tutti gli esseri,
     	ottenuto il successo, si purifichi l'anima e abbandoni tutto o potente,

  11 	trascurando entrambe varità e falsità, gioia e dolore, piacere e dispiacere,
     	abbandonando paura e sicurezza, sia in pace e in salute,

  12 	la brama che è ardua da lasciare per gli sciocchi, che non invecchia nel vecchio, 
     	che è la passione che porta alla morte, questa brama chi lascia è felice,

  13 	vedendo la propria condotta salubre, splendida come la luna,
     	l'anima giusta, ottiene felicemente fama quaggiù e nell'aldilà.'

  14 	udite queste parole del re, felice divenne il ri-nato,
     	e applaudendo queste parole Māṇḍavya si applicava alla liberazione.”
     


                              CCLXIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quale condotta, quale pratica, quale sapienza, quale intento
     	arriva allo stato del brahman, che imperituro è aldilà della natura?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ il soddisfatto nelle dottrine della liberazione, dai sensi vinti, e moderato nel cibo, 
     	ottiene il supemo stato che imperituro è aldilà della natura,

   3 	il muni abbandonando la propria casa, uguale nell'ottenere e nel non ottenere,
     	indifferente ai desideri che gli si presentano, li allontani,

   4 	non offenda mai né collo sguardo, né col pensiero né a parole,
     	non pronunci parole cattive né davanti, né alle spalle,

   5 	non porti violenza a nessun essere, agisca con benevolenza e amicizia,
     	ottenuta questa vita, non sia nemico di nessuno,

   6 	sopporti le male parole, e non sia in nessun modo ingiurioso,
     	anche incollerito parli benevolmente, calunniato parli rettamente,

   7 	non deve andare a destra e sinistra in mezzo al villaggio,
        così la sete di ricchezze cresce col crescere della ricchezza,

   8 	si guardi bene dal violare la castità, non pronunci parole spiacevoli,
     	sia gentile, non ricambi le crudeltà, sia calmo e non pronto all'ira,

   9 	quando non vi è più fumo e finito ha il pestello, il fuoco è spento e la gente ha 
     	mangiato e non vi è più suono di stoviglie, il muni cerchi la questua,

  10 	cerchi il vitto senza curarsi della misura di quanto ottiene,
     	se non lo ottiene non si disperi, e non si rallegri se l'ottiene,

  11 	non deve volere ciò che tutti vogliono, non si rallegri se onorato,
     	uno come lui si guardi dall'ottenimento degli onori, 

  12 	non biasimi i mali del cibo, né ne elogi le qualità,
     	seggi e letti solitari sempre egli elogi,

  13 	case abbandonate, le basi degli alberi le selve e le grotte,
     	senza mostrare la sua condotta, ma assuntone un'altra in altro luogo può entrare,

  14 	nella considerazione e nell'avversione sia uguale, inamovibile e saldo, 
     	non cerchi coll'agire il ben fatto e il malfatto,

  15 	la violenza della parola, la violenta ira della mente, quella dei desideri e del ventre,
     	queste violenze rimuova l'asceta, e il rimprovero non tocchi mai il suo cuore,

  16 	resti sempre neutrale, uguale nell'elogio e nel rimprovero,
     	questo è il supremo purificatore nel modo di vita del mendico,

  17 	di grande anima, di saldi voti, controllato, a nessun luogo attaccato,
     	senza gli antichi compagni, gentile, senza casa, concentrato,

  18 	non si unisca mai con asceti forestali e con genti domestiche,
     	senza cercarli ottenga dei beni, e non lo possieda l'entusiasmo,

  19 	questa è la liberazione dei sapienti, per gli ignoranti è una fatica,
     	Hārita ha rivelato questa come l'intera via della liberazione dei saggi,

  20 	chi dando sicurezza a tutti gli esseri, si allontani da casa,
     	merita i mondi fatti di splendore, e senza fine.”
     


                              CCLXX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ fortunati, fortunati, così tutte le persone dicono di noi,
     	ma non esiste un uomo più pieno di dolore di noi,

   2 	che il dolore abbiamo ottenuto essendo sorti al mondo o migliore dei kuru,
     	avendo noi ottenuto la nascita tra gli uomini da parte degli dèi o nonno,

   3 	quando noi potremmo praticare la rinuncia, riconoscendo il dolore,
     	è doloroso portare questi corpi o migliore dei kuru,

   4 	liberi dai diciassette e dai cinque stati di ragione,
     	e dagli otto, dagli oggetti dei sensi, e dai guṇa, o bisnonno,

   5 	i muni dai saldi voti non ottengono una nuova rinascita,
     	quando noi lo saremo, abbandonando il regno o tormenta-nemici?”

   6 	Bhīṣma disse:
     	“ non vi è nulla di infinito o grande re, tutto è soggetto a misura,
     	pure le rinascite hanno una misura, non vi è nulla qui di inamovibile,

   7 	non è così che si intende o re, non vi è colpa casuale,
     	dall'agire o sapiente del dharma, con tempo vi allontanerete,

   8 	l'anima nel corpo è sempre il signore di meriti e demeriti o sovrano,
     	quindi dal tamas sorto da questi è pure ricoperto,

   9 	come un vento fatto di scuro pigmento, entrando in una polvere,
     	di rosso arsenico di tale colore appare, colorando i luoghi,

  10 	così l'anima colorata dai frutti delle azioni, è coperta dal tamas,
     	e pur priva di colore, assumendone il colore nei corpi agisce,

  11 	se il vivente colla conoscenza, la tenebra nata dall'ignoranza
     	disperde, allora si mostra il brahman eterno,

  12 	i muni e anche quelli che sono liberi da ogni servizio dicono che si ottiene senza sforzo,
     	anche da te, e dal mondo coi suoi dèi, perciò le schiere dei grandi ṛṣi non si affaticano,

  13 	su questo argomento vi è un antico canto, ascolta con attenzione o sovrano,
     	come il daitya Vṛtra si comportava avendo perduta la sovranità,

  14 	essendo vinto e senza alleati, presogli il suo regno o bhārata,
     	saldo con animo privo di sofferenza stava interamente in mezzo ai nemici,

  15 	Uśanas allora diceva queste parole a Vṛtra rimosso dalla sovranità:
     	' spero che tu non abbia ansie per essere stato vinto o dānava.'

  16 	Vṛtra disse:
     	' in verità attraverso il tapas conoscendo l'impermanenza del mondo, 
     	non mi dolgo, né mi esalto, per l'andare e il venire degli esseri,

  17 	spinti dal fato i viventi sprofondano nell'inferno senza volerlo,
     	e i saggi si dice, vedono tutti i luoghi divini,

  18 	consumato il tempo stabilito, spinti dal fato,
     	per il tempo rimanente rinascono ripetutamente,

  19 	e avute migliaia di nascite animali, precipitano,
     	all'inferno i viventi senza che lo vogliano, legati ai lacci del tempo,

  20 	così io ho visto i viventi passare di vita in vita,
     	ottenendo secondo il loro karma, così appare nelle scritture,

  21 	essi raggiungono una nascita animale, umana, divina e l'inferno,
     	secondo quanto hanno avuto prima di gioie e dolori, di piacere e avversione,

  22 	la meta stabilita dal Distruttore, l'intero mondo raggiunge,
     	e tutti gli esseri percorrono sempre questo cammino.'”

  23 	Bhīṣma disse:
     	“ a lui che enumerando il calcolo del tempo parlava 
     	di quanto dipende dalla vita creata, il venerabile Uśanas rispondeva:
     	' perché o caro, tu dici queste terribili e colpevoli parole?'

  24 	Vṛtra disse:
     	' testimone tu sei e così gli altri sapienti,
     	del grande tapas che io ho compiuto un tempo per ottenere la vittoria,

  25 	presi gli odori e i vari sapori degli esseri,
     	io crebbi nel mio splendore attraversando i tre mondi,

  26 	circondato da ghirlande di fiamme, e muovendomi nell'aria,
     	invincibile e sempre senza paura di ogni essere io ero,

  27 	e ottenuta la sovranità col mio tapas, e perdutala per le mie azioni,
     	affidandomi alla fermezza o venerabile io allora non mi dolgo,

  28 	mentre combattevo un tempo col grande Indra grand'anima,
     	io vidi allora il Beato Hari, il potente Nārāyaṇa,

  29 	Vaikuṇṭha, il Puruṣa Viṣṇu, puro, infinito ed eterno,
     	Muñjakeśa, dalla bionda barba, il grande avo di tutti gli esseri:

  30 	'forse mi era rimasta una qualche rimanenza del mio tapas,
     	io voglio chiedere a te signore, qual'è il frutto dell'agire,

  31 	in quale varṇa è stabilita la sovranità e il grande brahman?
     	e ancora perché si abbandona la suprema sovranità?

  32 	per quale motivo gli esseri vivono e rinascono?
     	e quale supremo frutto ottenendo il vivente vi rimane in eterno?

  33 	per quale azione o per quale conoscenza si può 
     	ottenere questo frutto o ṛṣi brahmano? questo mi devi dire.'

  34 	così richiesto il muni, quanto rispose ascolta o leone dei re, da me
     	che te lo racconto o toro fra gli uomini, con mente attenta assieme ai fratelli.”
     


                              CCLXXI


   1 	Uśanas disse:
     	' omaggio sia al Beato dio, al potente Viṣṇu,
     	che colle braccia sostiene la terra e il firmamento o caro,

   2 	la cui testa è lo stato infinito o supremo dānava,
     	io ti parlerò della suprema grandezza di Viṣṇu.'”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ mentre quei due così parlavano, giungeva il grande muni,
     	Sanatkumāra, anima giusta, per tagliare ogni dubbio

   4 	onorato dal re degli asura, e dal muni Uśanas,
     	quel toro fra i muni o re, si sedeva su un prezioso seggio,

   5 	e a quel grande saggio così seduto, Uśanas diceva queste parole:
     	' parla al signore dei dānava della suprema grandezza di Viṣṇu.'

   6 	Sanatkumāra allora udendo, queste sensate parole diceva
     	sulla grandezza posseduta da Viṣṇu al saggio re dei dānava:

   7 	' ascolta ogni cosa o daitya, sulla suprema grandezza di Viṣṇu,
     	l'intero universo è situato su Viṣṇu, così sappi o tormenta-nemici,

   8 	egli crea o grandi braccia, la grande schiera degli esseri mobili e immobili,
     	egli a tempo li riassorbe e a tempo li ricrea,
     	in lui essi vanno alla distruzione, e da lui sono generati,

   9 	né col fare doni, né col tapas o sacrificando si può 
     	raggiungerlo, solo tratenendo i sensi è possibile farlo,

  10 	chi ha salde nella mente le azioni interne ed esterne,
     	e si purifica attraverso l'intelletto, ottiene l'infinito altro mondo,

  11 	come l'orefice, purifica il metallo prezioso nel fuoco,
     	compiendolo ripetute molte con grande impegno,

  12 	così l'anima in centinaia di nascite si purifica con piccole azioni,
     	e pure si purifica in una sola nascita con grande sforzo,

  13 	come con facilità poca polvere si può togliere dal proprio corpo,
     	così il molto sporco si toglie con grande sforzo, 

  14 	come da una piccola ghirlanda uno profumato con olio di sesamo e senape,
     	non propaga il proprio profumo, finché appare così sottile, 

  15 	e da molte ghirlande uno profumato ripetutamente,
     	il proprio profumo copre e penetra nel profumo della ghirlanda,

  16 	così l'unito ai modi di centinaia di nascite, dagli attaccamenti
     	con la buddhi si allontana, con uno sforzo nato dalla disciplina,

  17 	come con quali proprie azioni, gli esseri attaccati e distaccati o dānava,
     	ottengono le peculiarità del loro agire ascolta dunque,

  18 	e come sorgono o rimangono in qualcuno o illustre,
     	queste nell'ordine di dirò, questo ascolta con mente attenta,

  19 	senza inizio né fine è lo splendido Hari, il potente Nārāyaṇa,
     	egli crea gli esseri mobili e immobili,

  20 	egli è il distruttibile e l'indistruttibile in tutti gli esseri,
     	essendo sé stesso le undici modificazioni, beve l'universo coi suoi raggi,

  21 	sappi che la terra è i suoi piedi, e il cielo la sua fronte,
     	le sue braccia sono le direzioni o daitya, e lo spazio il suo udito,

  22 	il sole è fatto del suo splendore, e la sua mente sta nella luna,
     	la sua buddhi è sempre nella conoscenza, e il suo gusto si trova nelle acque,

  23 	dentro le sue sopraciglia, vi sono i pianeti o supremo dānava,
     	il cerchio dei nakṣatra è nei suoi occhi e la terra nei suoi piedi o dānava,

  24 	sappi che rajas, tamas e sattva consistono in Nārāyaṇa,
     	egli è conosciuto come la bocca dei modi di vita, e il frutto dell'agire,

  25 	egli è il frutto del non agire, e il supremo imperituro,
     	i piaceri sono i suoi peli, e l'imperitura oṃ il suo parlare,

  26 	ha molti rifugi e molte bocche, il dharma è rifugiato nel suo cuore,
     	lui è il supremo brahman, il dharma, il tapas, l'essere e il non essere,

  27 	è la śruti e le scritture, egli versa l'oblazione, egli è il sacrificio coi sedici celebranti,
     	è il Grande-avo, è Viṣṇu, è gli aśvin e il Distruggi-fortezze,

  28 	è Mitra e Varuṇa, è Yama e il signore delle ricchezze,
     	questi sono i suoi aspetti separatamente, ma lo riconoscono come unità,
     	sappi che a questo solo dio tutto l'universo è soggetto,

  29 	e di ogni essere o re dei daitya, egli ne afferma l'unità,
     	il vivente lo vede attraverso la conoscenza, e allora risplende il sattva,

  30 	per miriadi di cicli di distruzione e creazione rimangono alcuni jīva e altri procedono,
     	e il cerchio della creazione delle creature è pure di molti migliaia o daitya,

  31 	dei laghi sono ampi uno yojana e sono profondi un krośa in profondità,
     	e tutti sono lunghi cinquecento yojana, ciascuno così ampio,

  32 	l'acqua sia tolta dai laghi ogni giorno nella misura della punta di un capello e non di più,
     	nel tempo di finirli, sappi che vi è una sola creazione e distruzione delle creature,

  33 	la prima evidenza è che i viventi hanno sei colori, bruno, fumo, blu nei suoi toni, 
     	e rosso è potentemente gioioso, e giallo più gioioso, e bianco,

  34 	il bianco è il supremo, puro e privo di dolore, è perfetto e refrigerante o re dei dānava,
     	avute migliaia di nascite o daitya quell'essere raggiunge la perfezione,

  35 	la meta che il dio ha dichiarato di mostrare, e raggiuntala gliela mostra sublime,
     	questa meta è fatta del colore delle creature, e il colore è stabilito dal fato o re degli asura,

  36 	qui sono cento mila per quattordici conteggiate per la meta suprema dell'essere o daitya,
     	sappi che così vi è ascesa,  lo star fermi, e la beatitudine finale per essi, 

  37 	la meta di colore bruno è la peggiore, si sprofonda nell'inferno a soffrire,
     	e dicono che questo è lo stato di chi ha cattiva fine per moltissime creazioni,

  38 	e passandone centomila, poi raggiunge il colore giallognolo,
     	e in questo l'anima avvolta nel tamas risiede senza aiuto, alla fine dello yuga, 

  39 	e quando è unito al guṇa sattva, disperdendo il tamas, si connette colla sua buddhi,
     	il blu raggiunge il colore rosso, e vive nel mondo umano,

  40 	e afflitto per il tempo di una creazione legato alle proprie azioni,
     	allora ottiene il colore giallo, al termine di cento creazioni,

  41 	col colore giallo rimane a vivere per mille creazioni,
     	senza liberarsi nell'inferno o daitya per altre diecimila,

  42 	e lui ha queste mete per novemila distruzioni,
     	e sappi che è liberato dall'inferno, e da tutte le altre nascite,

  43 	egli passa il tempo perpetuamente nel mondo divino, quindi caduto ritorna umano,
     	e rimanendo per ottocento creazioni tra i mortali raggiunge l'immortalita,

  44 	se da questo decade per opera del fato, rimane nello stato nero, di tutti il peggiore,
     	e come questo essere trovi la perfezione io ti spiegherò o anziano degli asura,

  45 	settecento sono le divine sezioni, il rosso, il giallognolo e il bianco
     	rifugiandosi negli otto supremi e venerabili mondi, raggiunge quella bianca, 

  46 	questi otto, e le sessanta centinaia che sono quelli divini degli splendidissimi,
     	e la suprema meta che ha, chi ha bianco colore, e i tre ostacoli o grande in dignità,

  47 	una creazione e distruzione svantaggiosa e quattro altre deve viverne senza aiuto,
     	e la meta che chi ha il sesto colore, è la perfezione del virtuoso instancabile,

  48 	per settecento completi cicli di creazione in cielo risiede senza aiuto,
     	e da questo ritorna al mondo umano, quindi l'anima ritorna in corpo umano,

  49 	e da questo allontanandosi progressivamente egli va in cima alla creazione degli esseri,
     	e passate sette cicli di creazione e distruzione raggiunge i mondi,

  50 	e contatine sette di sfortunati, rinascendo si ritrova nel mondo dei siddha,
     	quindi raggiunge la sede immutabile e senza fine del dio Viṣṇu e di Brahmā,
     	e di Śeṣa e di Nara, e quella del supremo dio Viṣṇu,

  51 	al tempo della distruzione, coi corpi bruciati le genti raggiungono sempre Brahmā,
     	e vi vanno da sè tutte le schiere degli dèi che da immortali erano nel mondo di Brahmā,

  52 	questi esseri al sorgere delle creature col loro resto raggiungono le proprie sedi, 
     	e alla fine vanno al luogo di chi non ha resti, gli uomini che hanno avuto tutte le sfortune,

  53 	quelli che cadono dal mondo dei siddha, progressivamente vanno alla meta precedente,
     	e altri esseri che hanno l'aspetto di tale forza colla fine raggiungono la propria regola,

  54 	finché la creatura ha da consumare il suo resto, sta nel cielo puro,
     	e divenuto puro in questi, controllando i cinque sensi, 

  55 	raggiunge la suprema meta dei purificati, meditando sempre con mente pura,
     	quindi raggiunge lo stato imperituro, e va al brahman eterno arduo da raggiungere,
     	così ti ho illustrato o pieno di sattva, la forza quaggiù di Nārāyaṇa.'

  56 	Vṛtra disse:
     	' così fatto, non ho più alcuna afflizione, rettamente io intendo le tue parole,
     	e udite le tue parole o pieno di sattva, io sono ora senza colpe né mali,

  57 	enunciata o venerabile grande ṛṣi, mi fu la ruota dall'infinita energia del dio splendidissimo,
     	e l'eterna sede dell'infinito Viṣṇu, e la creazione da dove tutti sorgono, 
     	e il grand'anima, il supremo Puruṣa in cui tutto l'universo è fissato.'”

  58 	Bhīṣma disse:
     	“ così avendo parlato o kuntīde, Vṛtra abbandonava la sua vita,
     	e unendosi all'anima universale, otteneva il supremo stato.”

  59 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ è Janārdana questo Beato dio o nonno,
     	di cui allora Sanatkumāra parlava a Vṛtra?”

  60 	Bhīṣma disse:
     	“ il Beato che esiste dall'inizio, colla propria infinita energia,
     	così essendo di grande tapas, ha creato le creature di ogni forma,

  61 	e l'ottava parte di lui sappi che è l'incrollabile Lunghi-capelli,
     	e quel saggio con l'ottava parte ha prodotto i tre mondi,

  62 	ma esistendo dopo colui che è eterno, rinasce alla fine del kalpa,
     	il Beato che è il potentissimo Signore, giace nelle acque,
     	e con anima tranquilla il creatore percorre i mondi eterni,

  63 	senza fine e sempre giovane percorre i mondi e li rende tutti non vani,
     	di sua volontà il grand'anima crea tutto il vario universo che sta in lui.”

  64 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ Vṛtra o sapiente di cose supreme, io credo che abbia visto la sua meta,
     	sublime, e per questo felice più non si duole o nonno,

  65 	chi è bianco, di bianca nascita, e perfezionato non ritorna o senza-macchia,
     	è libero da nascite animali e dall'inferno o nonno,

  66 	chi invece si trova nel colore giallo o rosso o principe,
     	si nota in forma vile, avvolto dalle sue azioni tamasiche,

  67 	noi siamo violentemente rossi caduti nell'infelice bocca del male,
     	quale meta raggiungeremo, la blu o la vergognosa bruna?”

  68 	Bhīṣma disse:
     	“ voi siete i pāṇḍava dotati di nascita pura e dai saldi voti,
     	passato del tempo nei mondi divini di nuovo tornerete umani,

  69 	e felicemente al tempo della creazione tornati tra gli dèi e godutene le gioie,
     	felicemente raggiungerete il numero dei siddha, non temete tutti voi siete privi di colpe.”
     


                              CCLXXII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ il massimo dharma o caro, ha Vṛtra dall'incomparabile splendore,
     	lui che ha grande conoscenza ed è un tale devoto di Viṣṇu,

   2 	arduo è da conoscere o caro, lo stato di Viṣṇu dall'incomparabile splendore,
     	in che modo o tigre fra i re, lui lo ha conosciuto?

   3 	tu me l'hai raccontato ed io vi presto fede o incrollabile,
     	e di nuovo mi ha preso l'animo una comprensione non chiara,

   4 	come stato ucciso Vṛtra da Śakra o toro dei bhārata?,
     	lui che era saldissimo nel dharma, devoto di Viṣṇu e vero sapiente di regole parole, 

   5 	questo dubbio recidi a me che te lo chiedo o toro dei bhārata,
     	come Vṛtra fu sconfitto da Śakra o tigre fra i re,

   6 	e raccontami e come sorgeva lo scontro o nonno,
     	in dettaglio o grandi-braccia, io ne ho suprema curiosità.”

   7 	Bhīṣma disse:
     	“ un tempo Indra col suo carro partiva assieme alle schiere divine,
     	e scorgeva Vṛtra che stava davanti a sé simile ad una montagna,

   8 	alto cento yojana e largo cinque o uccisore di nemici,
     	e più di trecento yojana in estensione, 

   9 	vedendo una tale forma di Vṛtra, invincibile pure da tutto il trimundio, 
     	gli dèi ne furono agitati e non ne trovavano pace,

  10 	allora a Śakra nasceva un paralisi alle gambe o re,
     	per la paura, vedendo all'improvviso la suprema forma di Vṛtra,

  11 	quindi sorgevano urla e il suono di strumenti musicali,
     	da parte di tutti gli dèi e gli asura, quando iniziò quello scontro,

  12 	e a Vṛtra o kauravya, vedendo schierato Śakra,
     	non sorgeva né tremore, né paura e nessuna ansia,

  13 	quindi iniziava quello scontro che terrorizzava il trimundio,
     	tra Śakra signore dei celesti e Vṛtra grand'anima,

  14 	con spade, spiedi, tridenti, lance, asce e martelli,
     	con varie rocce, e con archi dal grande frastuono,

  15 	e con varie armi divine, e con meteore infiammate,
     	tutto era agitato dagli eserciti di dèi e asura,

  16 	e tutte le schiere divine con il Grande-avo in testa,
     	e i gloriosissimi ṛṣi vennero a vedere quella battaglia,

  17 	con splendidi carri volanti o grande re, i siddha o toro dei bhārata,
     	e con eccellenti carri volanti vennero i gandharva assieme alle apsaras,

  18 	quindi Vṛtra il migliore dei sostenitori del dharma riempiendo il cielo,
     	innondava da un monte Indra e gli dèi con un pioggia di pietre, 

  19 	allora tutte le schiere degli dèi infuriate con piogge di armi,
     	spazzavano via la pioggia di pietre, scagliata sul campo da Vṛtra,

  20 	e Vṛtra o tigre dei kuru, fortissimo e di grandi illusioni,
     	confondeva dèi e Indra combattendo da ogni parte colle sue illusioni,

  21 	ed essendo colpito da svenimento il Cento-riti da parte di Vṛtra,
     	con il sāman rathaṃtara là Vasiṣṭha lo rianimava.

  22 	Vasiṣṭha disse:
     	'tu sei il migliore dio, o re degli dèi, o distruttore dei nemici dei celesti,
     	perché dunque o Śakra tu che sei dotato della forza del trimundio soccombi?

  23 	vi è Brahmā e Viṣṇu, e Śiva il signore dell'universo,
     	e il beato dio Soma, e tutti i supremi ṛṣi,

  24 	non cadere nella pusillanimità o Śakra, come uno contrario di te,
     	posto mente al combattimento uccidi il nemico o signore dei celesti,

  25 	il guru del mondo, il Tre-occhi, venerato da tutto il mondo,
     	ti sta guardando o Beato, allontana questa confusione o signore dei celesti,

  26 	questi ṛṣi brahmani, con in testa Bṛhaspati,
     	con divini inni ti inneggiano Śakra, per la vittoria.'”

  27 	Bhīṣma disse:
     	“ così rianimato da Vasiṣṭha grand'anima,
     	il Vāsava dal supremo splendore ne aveva una grande forza,

  28 	quindi recuperata conscienza il beato punitore di Pāka,
     	concentrato in un grande yoga spazzava via quella māyā,

  29 	quindi il glorioso figlio di Aṅgiras, e quei supremi ṛṣi,
     	veduto il valore di Vṛtra avvicinandosi al Maheśvara,
     	gli dissero di distruggere Vṛtra per beneficare i mondi,

  30 	allora l'energia del Beato signore dell'universo divenuta una febbre,
     	entrava in Vṛtra l'eccellente daitya dalla grande ferocia,

  31 	e il Beato dio Viṣṇu venerato da tutti i mondi,
     	entrava nella folgore di Indra saldo nel proteggere i mondi,

  32 	quindi il saggio Bṛhaspati si avvicinava al Cento-riti,
     	e Vasiṣṭha dal grande splendore e tutti quei supremi ṛṣi,

  33 	si avvicinavano al benefico Vāsava venerato dal mondo,
     	e tutti attenti gli dissero: ' uccidi Vṛtra!' così o potente,

  34 	il Maheśvara disse:
     	' il grande Vṛtra o Śakra, è dotato di grande forza,
     	egli è spirito universale, si muove ovunque, è sapiente e di molte māyā,

  35 	questo supremo asura, invincibile pure dal trimundio,
     	uccidi, stai saldo nello yoga, non trascurarlo o signore dei celesti,

  36 	costui ha praticato il tapas per averne forza o signore degli immortali,
     	per sessantamila anni, e Brahmā gli ha conferito questa grazia,

  37 	la grandezza degli yogin, e la grandezza nella māyā,
     	enorme forza e suprema energia o signore dei celesti,

  38 	la mia energia lo ha penetrato o Vāsava
     	quindi uccidi tu il dānava Vṛtra colla tua folgore.'

  39 	Śakra disse:
     	' o Beato, per tua grazia il figlio di Diti, arduo da affrontare,
     	colla folgore ucciderò davanti a te o toro dei celesti.'”

  40 	Bhīṣma disse:
     	“ quando fu penetrato da quella febbre il daitya, il grande asura,
     	per la gioia sorgeva un grande urlo da dèi e ṛṣi,

  41 	allora tamburi e conchiglie dal grandissimo suono,
     	tamburini e grancasse, suonarono a migliaia,

  42 	e una grande assenza di memoria colpiva tutti gli asura,
     	e rapidamente sorgeva in loro una potente perdida di ragione,

  43 	e vedutolo penetrato in lui, i ṛṣi e le divinità,
     	elogiando Śakra e Īśāna pure lo incitavano,

  44 	e stando sul suo carro Śakra grand'anima, al momento dello scontro,
     	inneggiato dai ṛṣi, aveva un aspetto molto arduo da guardare.”
     


                              CCLXXIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ quali erano interamente i segni nel corpo o grande re,
     	di Vṛtra penetrato da quella febbre ascolta da me,

   2 	aveva una terribile infiammazione, ed era caduto in un supremo pallore,
     	aveva grandissimo tremore di membra e il fiato grosso,
     	con tutti i peli fieramente ritti, aveva un grande affanno,

   3 	sciacalli terribili dall'aspetto infausto dalla sua bocca
     	uscivano formidabili e questi erano la sua memoria o bhārata,
     	e meteore luminose e fiammeggianti cadevano ai suoi fianchi,

   4 	dalla sua bocca uscivano avvoltoi, aironi, vaḍa,
     	che eccitati sopra Vṛtra giravano in cerchio,

   5 	quindi stando sul carro seguito pure dagli dèi in battaglia,
     	con la folgore alzata in mano, Śakra squadrava il daitya,

   6 	allora il grande asura lanciava un urlo sovrumano,
     	e spalancava la bocca o re dei re, preso da quella violenta febbre, 
     	e mentre lui era a bocca aperta, Śakra scagliava la sua folgore,

   7 	la folgore di grandissima energia, tale quale il fuoco finale,
     	rapidamente si abbatteva sul gigantesco daitya Vṛtra, 

   8 	allora sorgeva di nuovo ovunque un urlo,
     	da parte degli dèi, vedendo colpito Vṛtra o toro dei bhārata,

   9 	il beato e gloriosissimo nemico dei dānava avendo ucciso Vṛtra,
     	con la folgore unita a Viṣṇu, saliva al cielo,

  10 	quindi dal corpo di Vṛtra o kauravya, usciva
     	l'orribile Brahmanicidio, crudele, che porta terrore al mondo, 

  11 	dai grandi denti, terribile, deforme, gialloscuro,
     	coi capelli in disordine, e orribili occhi o bhārata,

  12 	con una ghirlanda di teschi, ed emaciato o toro dei bhārata, 
     	imbrattato di sangue o sapiente del dharma, con indosso vesti di corteccia,

  13 	egli avanzava o re dei re, con tale aspetto terrificante,
     	e andava in cerca del dio armato del fulmine o bhārata,

  14 	e dopo qualche tempo l'uccisore di Vṛtra o rampollo dei kuru,
     	partiva verso il paradiso per il bene dei mondi,

  15 	e veduto Śakra dal grande splendore rifugiato in un loto
     	afferrava per la gola il re degli dèi e vi si attaccava saldo,

  16 	sorta in lui questa paura fatta dal Brahmanicidio,
     	si rifugiava per moltissimi anni nello stelo di un loto,

  17 	ma seguito con ogni sforzo dal Brahmanicidio,
     	e afferrato o kauravya, perdette la coscienza,

  18 	Śakra quindi compiva un supremo sforzo per allontanarlo,
     	ma il re degli dèi non era in grado di allontanare il Brahmanicidio,

  19 	afferrato da lui il re degli dèi o toro dei bhārata,
     	recandosi dal Grande-avo colla testa lo venerava,

  20 	e sapendo che Śakra era stato preso dal Brahmanicidio,
     	Brahmā allora meditava o migliore dei bhārata,

  21 	e il Grande-avo grandi-braccia diceva al Brahmanicidio,
     	quasi conciliandosi con dolci parole o bhārata:

  22 	' libera il re dei trenta dèi, fai questo per me o splendido,
     	dimmi quale desiderio che vuoi io debba fare per te ora.' 

  23 	il Brahmanicidio disse:
     	' quando il dio venerato nei tre mondi, creatore del trimundio è contento,
     	compiuto io quaggiù mi penso, stabilisci una residenza per me,

  24 	tu hai creato dei limiti per la protezione dei mondi,
     	e grandissime regole tu o dio, hai stabilito,

  25 	per farti contento o sapiente del dharma, potente signore di tutti i mondi,
     	io abbandonerò Śakra, ma stabilisci una residenza per me.'”

  26 	Bhīṣma disse:
     	“ di si, rispondeva allora il Grande-avo al Brahmanicidio,
     	e in questo modo allontanava il Brahmanicidio da Śakra,

  27 	quindi il Nato-da-sé grand'anima pensava allora al fuoco,
     	ed egli avvicinadosi a Brahmā diceva allora queste parole:

  28 	' sono giunto o Beato dio, per il tuo ordine o uccisore di nemici,
     	quanto io debba fare o dio, tu mi devi dire.'

  29 	Brahmā disse:
     	' in molte parti io dividerò qui il Brahmanicidio,
     	per liberare Śakra prendine da me una quarta parte.'

  30 	Agni disse:
     	' quale sarà il mezzo della mia liberazione?, pensaci o potente,
     	io in verità lo vorrei conoscere o venerato dal mondo.'

  31 	Brahmā disse:
     	' l'uomo che in qualche luogo avvicinandosi da sé, a te fiammeggiante,
     	soverchiato dal tamas non offra al fuoco semi, erbe o succhi,

  32 	a costui andrà rapido e colà risiederà
     	il Brahmanicidio, o veicolo dell'offerta, allontana l'ansia dal tuo animo.'”

  33 	Bhīṣma disse:
     	“ così apostrofato il Divora-offerte acconsentiva alle parole
     	del Grande-avo, il beato fuoco e allora così fu o potente,

  34 	quindi il Grande-avo chiamando alberi, erbe e piante,
     	iniziava a parlare o grande re, di questo argomento,

  35 	quindi alberi, erbe e piante così richieste precisamente,
     	agitate come il fuoco o re, questo dicevano a Brahmā:

  36 	' quale liberazione avremo dal Brahmanicidio o Grande-avo del mondo?
     	tu non devi ancora colpire noi già afflitti dalla nostra natura,

  37 	noi dobbiamo sopportare il fuoco, il freddo, la pioggia e
     	la spinta del vento continuamente o dio, e il taglio e l'estirpazione,

  38 	noi ora per tuo ordine questo Brahmanicidio,
     	prenderemo o Signore del trimundio, ma tu devi pensare alla nostra liberazione.'

  39 	Brahmā disse:
     	' chi vi taglierà o estirperà al momento in cui la luna è ai suoi nodi,
     	quest'uomo per il suo errore sarà penetrato da lui.'”

  40 	Bhīṣma disse:
     	“ allora alberi, erbe e piante così apostrofati dal grand'anima,
     	avendo venerato Brahmā, se ne andarono rapidi là donde venivano,

  41 	allora il dio il Grande-avo del mondo alle apsaras
     	con dolci parole diceva, quasi per conciliarle o bhārata:

  42 	'il Brahmanicidio da Indra ritornando o voi dalle eccellenti membra,
     	per una quarta parte vogliate prendere per mio ordine.'

  43 	le apsaras dissero:
     	' ponendo l'animo ad accoglierlo per tuo ordine o Signore degli dèi,
     	devi pensare a stabilire una liberazione per noi o Grande-avo.'

  44 	Brahmā disse:
     	' chi si unisca con donne durante le mestruazioni,
     	costui sarà rapidamente preso da lui, allontanate l'ansia dai vostri animi.'”

  45 	Bhīṣma disse:
     	“ con mente lieta dicendo di si, le schiere delle apsaras,
     	raggiunte le proprie sedi si rallegrarono o toro dei bhārata,

  46 	quindi il dio dal grande tapas il creatore del trimundio ancora,
     	pensava alle acque e così pensate queste giunsero,

  47 	e tutte quante avendo raggiunto Brahmā dall'incomparabile splendore,
     	dissero queste parole o re, inchinandosi al Grande-avo:

  48 	'qui siamo giunte o dio, alla tua presenza o uccisore di nemici,
     	per tuo ordine o Signore degli dèi, comandaci o Illustrissimo.'

  49 	Brahmā disse:
     	' uscendo da Vṛtra ha raggiunto il dio da tutti invocato il terrificante
     	Brahmanicidio, una quarta parte di esso voi dunque prendete.'

  50 	le acque dissero:
     	' così sia o Signore del mondo come tu dici o potente,
     	ma devi pensare a stabilire una liberazione per noi,

  51 	tu o Signore divino, sei il supremo guru dell'intero universo,
     	quale altra graziosa maesta vi è che possa sollevarci dalla sventura?'

  52 	Brahmā disse:
     	' l'uomo che confuso nell'intelletto e considerandovi piccole cose,
     	muco, orina e feci dentro di voi riversi,

  53 	sarà raggiunto e posseduto rapido da questo quarto,
     	e così voi sarete libere, io vi dico il vero.'”

  54 	Bhīṣma disse:	
     	“ quindi il Brahmanicidio liberato il re degli dèi o Yudhiṣṭhira,
     	secondo la distribuizione per ordine del dio raggiungeva quei luoghi,

  55 	così Śakra fu raggiunto dal Brahmanicidio o signore dei genti,
     	e chiesto il permesso al Grande-avo celebrava l'aśvamedha,

  56 	si sa o grande re, che raggiunto dal Brahmanicidio,
     	allora il Vāsava ne ottenne la purificazione attraverso l'aśvamedha,

  57 	e riottenuta la prosperità, il dio avendo uccisi i nemici a migliaia,
     	il Vāsava ne ottenne una immensa gioia o signore della terra,

  58 	e dal sangue di Vṛtra nascevano o pṛthāde i khukhuṇḍa,
     	che non possono essere consumati dai ri-nati, dai consacrati e dagli asceti,

  59 	in ogni circostanza tu compi quanto piace a questi ri-nati,
     	costoro sono conosciuti come dèi sulla faccia della terra o rampollo dei kuru,

  60 	così o kauravya fu ucciso con sottigliezza di intelletto, usando questo mezzo,
     	il grande asura Vṛtra da Śakra dall'incomparabile splendore,

  61 	e così tu o kauravya invitto sulla terra
     	sarai come il dio dai Cento-riti uccisore di nemici,

  62 	quelli che questa divina storia di Śakra, passo per passo
     	reciteranno in mezzo ai savi, non ne avranno mai colpe,

  63 	questa grande portentosa azione di Śakra riguardo a Vṛtra,
     	ti ho raccontato o caro, che altro vuoi sapere?”
     


                              CCLXXIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ o nonno, grande saggio, sapiente di tutte le scritture,
     	per l'uccisione di Vṛtra mi è nato una curiosità,

   2 	tu hai detto che Vṛtra fu confuso da una febbre o signore di genti,
     	e quindi ucciso qui dal Vāsava, così tu a me o senza-macchia,

   3 	come era o grande saggio, questa febbre, e da dove apparve?
     	del sorgere di questa febbre io voglio conoscere tutto o potente.”

   4 	Bhīṣma disse:
     	“ ascolta o re, l'origine dei questa febbre come è conosciuta dal mondo,
     	in dettaglio te la illustrerò, tale quale o bhārata,

   5 	un tempo vi era o grande re un picco del meru, famoso nel trimundio,
     	di nome Jyotiṣka, solare e adornato da ogni gemma,
     	immisurabile, e inaccessibile da tutti i mondi o bhārata, 

   6 	là il dio, sul pendio del monte adornato di minerali d'oro, 
     	che appariva come un divano, stava seduto,

   7 	e sempre la figlia del re dei monti stava ferma al suo fianco,
     	e pure gli dèi vasu, grandi anime e dal grande splendore,

   8 	e anche i due aśvin grandi anime, i migliori medici,
     	e anche il re figlio di Viśravaṇa, circondato dai guhyaka,

   9 	lo splendido signore degli yakṣa, il potente che risiede a kailāsa,
     	e anche gli altri ṛṣi divini a cominciare da Aṅgiras,

  10 	e il gandharva Viśvāvasu, e Nārada e Parvata,
     	e insieme giunsero moltissime schiere delle apsaras,

  11 	un vento benigno e puro spirava felice, portando vari profumi,
     	e grandi alberi pieni di fiori, dotati di boccioli in ogni stagione,

  12 	e pure i vidyādhara, e i siddha ricchi in tapas,
     	sedevano intorno al Mahādeva, al signore degli animali o bhārata,

  13 	e vi erano esseri o grande re, che portavano vari aspetti,
     	e rākṣasa di grande ferocia, e dei piśāca di grande forza,

  14 	gioiosi, portando molti aspetti, alzando vari tipi di armi,
     	i seguaci del dio stavano là simili a fuochi,

  15 	e il beato Nandin là stava col permesso del dio,
     	afferrando colla propria energia il tridente splendente di fiamme,

  16 	e la Gaṅgā la migliore delle fiumane, che produce l'acqua di tutti i tīrtha,
     	quella bellissima sedeva accanto al dio o rampollo dei kuru,

  17 	e il Beato così, là venerato dai ṛṣi divini,
     	e dagli dèi dalla grandissima gloria, se ne stava il Mahādeva,

  18 	e dopo qualche tempo il signore delle creature di nome Dakṣa,
     	iniziava a sacrificare secondo le regole prima stabilite,

  19 	allora al suo sacrificio, tutti gli dèi con Śakra in testa,
     	ponendovi mente a parteciparvi, allora vi si recarono,

  20 	queste grandi anime coi carri volanti splendidi simili a fiamme,
     	si recarono col permesso del dio alla porta della Gaṅgā, così si sa,

  21 	e vedendo pronte le divinità, allora la figlia del re dei monti,
     	la virtuosa diceva queste parole al dio signore degli animali e suo marito:

  22 	' o Beato dove vanno questi dèi con Śakra in testa?
     	dimmelo in verità o vero sapiente, io ho un grande dubbio.'

  23 	il Maheśvara disse:
     	' il supremo signore delle creature di nome Dakṣa o virtuosissima,
     	celebra il sacrificio del cavallo e là vanno i celesti.'

  24 	Umā disse:
     	' per quale motivo o gloriosissimo tu non ti rechi al sacrificio?
     	o per quale tua avversione non trovi di andare?'

  25 	il Maheśvara disse:
     	' dai celesti o virtuosissima, tutto questo è praticato,
     	ma in tutti i sacrifici a me non è stabilita una parte,

  26 	e secondo questa pratica in antico stabilita o splendida,
     	i celesti non mi offrono secondo il dharma la mia porzione del sacrificio.'

  27 	Umā disse:
     	' o Beato, tu per natura e per qualità sei superiore a tutti gli esseri,
     	invincibile, inconquistabile sei per splendore, gloria e bellezza,

  28 	per questo rifiuto di spartire con te o gloriosissimo,
     	un grande dolore e agitazione io ne ho o senza-macchia.'”

  29 	Bhīṣma disse:
     	“ così avendo parlato la dea al dio, al marito signore degli animali,
     	divenne silenziosa o re, per la mente che le bruciava,

  30 	quindi conoscendo il pensiero che agitava in cuore la dea,
     	egli comandava a Nandin: ' resta qui tu.'

  31 	quindi prodotta la forza dello yoga, il Signore di tutti i signori dello yoga,
     	con suprema energia assieme ai terribili seguaci, il Sacrificio
     	violentemente colpiva il dio degli dèi, l'armato del pināka,

  32 	alcuni lanciarono grida, alcuni emisero risate,
     	altri o re, col sangue estinsero quel fuoco sacro,

  33 	altri con visi sfigurati si aggiravano dopo aver divelto il palo sacrificale,
     	altri ancora con le fauci mordevano gli esecutori,

  34 	quindi il Sacrificio o sovrano, fu in ogni parte colpito,
     	e assunto un aspetto animale in cielo fuggiva allora,

  35 	egli vedendo il Sacrificio che fuggiva con quell'aspetto,
     	presi arco e freccia, allora il potente lo seguiva,

  36 	quindi per la collera del signore dei celesti dall'incomparabile energia,
     	dalla sua fronte usciva una goccia di sudore terribile,

  37 	e quando quella goccia di sudore cadde a terra,
     	appariva un grandissimo fuoco simile al fuoco finale,

  38 	e là nasceva allora un uomo o toro fra gli uomini, 
     	piccolissimo e orribile, cogli occhi rossi oltre misura, con una barba fulva, 

  39 	coi capelli ritti, le membra pelose, come falco o gufo,
     	a bocca spalancata, scuro di complessione, e con vesti rosse,

  40 	e con grande energia bruciava il Sacrificio come il fuoco una foresta,
     	e pure gli dèi fuggivano tutti spaventati, in ogni direzione,

  41 	e in conseguenza dell'assalto di quell'uomo o signore di popoli,
     	vacillava la terra o re, grandemente o toro dei bhārata,

  42 	sorgeva allora un grido di dolore da terrorizzare il mondo,
     	e il Grande-avo mostrandosi al Mahādeva gli diceva:

  43 	' pure a te tutti i celesti daranno la tua parte o potente,
     	compi dunque il suo ritiro o signore di tutti gli dèi,

  44 	tutte le divinità e i ṛṣi o tormenta-nemici,
     	per la tua collera o Mahādeva non trovano pace,

  45 	l'uomo che è nato dal tuo sudore o migliore dei celesti,
     	che ha nome Febbre o sapiente del dharma, si aggirerà tra i mondi,

  46 	all'energia di costui di tal fatta non vi sarà riparo o potente,
     	l'intera potentissima terra sarà ridotta in molti pezzi.'

  47 	così apostrofato da Brahmā, e avendo ottenuto la sua parte,
     	egli acconsentiva al Beato Brahmā dall'incomparabile splendore,

  48 	e l'armato del pināka sorridendo ne aveva un supremo piacere,
     	e Bhava ottenne la sua parte come aveva detto Brahmā,

  49 	e quel sapiente di ogni dharma divise in molti parti quella febbre,
     	per la tranquillità di tutti gli esseri, e ascolta come o figliolo,

  50 	si sappia che il mal di testa degli elefanti, il bitume delle montagne,
     	la torbidezza delle acque, e il cambio pelle dei serpenti,

  51 	il mal di zampe delle vacche, il suolo salato sulla terra,
     	e pure la carenza di vista degli animali o sapiente del dharma,

  52 	il mal di gola dei cavalli, la cresta che appare nei pavoni,
     	e il mal d'occhi dei cuculi, il grand'anima le ha dichiarate febbre,

  53 	e pure i disturbi epatici di tutti gli acquatici, così abbiamo udito,
     	e il singhiozzo di tutti pappagalli sono stabiliti come febbre,

  54 	e pure la debolezza delle tigri o sapiente del dharma, qui è detta questa febbre,
     	e tra gli uomini o sapiente del dharma è conosciuta col nome di Febbre,
     	che entra dentro gli uomini alla nascita e alla morte,

  55 	questa febbre di nome è la terribile energia del Maheśvara,
     	il Signore merita venerazione e onore da parte di tutti gli esseri,

  56 	e da questa fu penetrato Vṛtra il migliore dei sostenitori del dharma,
     	e spalancò la sua bocca e allora Śakra gli scagliava la folgore,

  57 	e la folgore penetrando in Vṛtra lo faceva a pezzi o bhārata,
     	e smembrato dalla folgore, il grande asura e grande yogin,
     	raggiungeva la suprema sede di Viṣṇu dall'incomparabile splendore,

  58 	per la devozione per Viṣṇu lui ottenne un tempo l'universo,
     	perciò ucciso in battaglia, raggiunse la sede di Viṣṇu,

  59 	di questa grande febbre che colse Vṛtra, io
     	in dettaglio ti ho raccontato o figlio, che altro ti devo dire?

  60 	l'uomo che concentrato e con animo lieto sempre reciti l'origine della Febbre,
     	libero da passioni, felice e pieno di gioia otterrà i beni che desidera.”
     


                              CCLXXV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ dalla sofferenza e dal dolore della morte sempre sono agitati i viventi,
     	dimmi in che modo queste due cose non ci siano o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Nārada e di Samaṅga o bhārata.

   3 	Nārada disse:
     	' col petto ti prostri e quasi nuoti colle braccia,
     	com mente gioiosa sempre appari, e privo di sofferenza,

   4 	non mostri qui alcuna agitazione, neppure piccolissima,
     	in conforto e sempre contento come un fanciullo agisci.'

   5 	Samaṅga disse:
     	' tutto il passato, il presente e il futuro negli esseri o onorevole,
     	io conosco di essi in verità, quindi io non mi deprimo,

   6 	io conosco i mezzi e le cose che danno frutto,
     	e che al mondo i frutti sono vari, quindi non mi deprimo,

   7 	i senza profondità, i privi di saldezza, e quelli che si muovono o Nārada,
     	i ciechi, e i paralitici tutti vivono, guarda come noi viviamo,

   8 	secondo la prescrizione vivono senza infermità i celesti,
     	e i forti e i deboli, perciò rendici onore,

   9 	quelli che hanno migliaia vivono, e pure quelli di centinaia vivono,
     	e altri vivono colla potenza, e guarda pure noi viviamo, 

  10 	se non  ci dogliamo che sarà mai del dharma e dell'agire o Nārada,
     	se gioie e dolori in mano al destino, non ci affliggono?

  11 	la saggezza di cui parlano gli uomini è la pace dei sensi, questa è la radice della saggezza,
     	quando i sensi confondono dolgono, l'aver saggezza non è di chi ha sensi confusi,  

  12 	l'arroganza ha lo sciocco, e anche l'errore, questo mondo e l'altro non sono dello sciocco,
     	non vi sono sempre dolori, né sempre si ottiene la gioia,

  13 	così agisce la natura dei viventi, e uno come me non si deve mai agitare,
     	non deve attaccarsi ai beni desiderabili, e non pensare alle gioie e ai dolori che verranno,

  14 	controllato non desideri le varie cose altrui, e non si rallegri dell'ottenuto,
     	non gioisca neppure ottenendo grandi ricchezze, né si abbatta nella loro perdita,

  15 	né parenti, né ricchezza, né la nobiltà, né l'eruzione, né i mantra né il valore, 
     	sono in grado di salvare dal dolore nell'aldilà, nella buona condotta si trova la pace,

  16 	non vi è intelligenza per chi non si concentra, senza yoga non vi è felicità,
     	la fermezza e l'abbandono del dolore, entrambe ci portano gioia,

  17 	il piacere produce gioia, la gioia accresce l'orgoglio,
     	l'orgoglio porta all'inferno, perciò questo io lo abbandono,

  18 	sofferenza paura ed orgoglio sono errori di gioia e dolore,
     	io li guardo come un testimonio, per il vivere del mio corpo nel mondo,

  19 	abbandonando artha e kāma, sono privo di dolori e di ansie,
     	abbandonando errore e brama, io percorro questa terra,

  20 	né della morte, né dell'adharma, né dell'avidità, né di altra cosa,
     	come uno che beve l'amṛta io ho timore quaggiù o nell'aldilà,

  21 	questo io conosco o brahmano, avendo fatto un grande e imperituro tapas,
     	e con questo unito o Nārada, la sofferenza non mi tormenta.'”
     


                              CCLXXVI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ per chi non conosce il vero delle scritture, per chi ha sempre dubbi in animo,
     	per chi ha scarsa determinazione dimmi il meglio o nonno.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ venerare il guru, e sempre servire gli anziani,
     	e ascoltare il migliore dei sapienti, si dice sia il meglio,

   3 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione di Gālava, e del ṛṣi divino Nārada,

   4 	al savio privo di errore e debolezza, felice nella conoscenza e coi sensi vinti,
     	a Nārada dall'anima controllata intento al bene di tutti, Gālava diceva:

   5 	'quelle qualità per cui un uomo al mondo è stimato tra gli uomini,
     	tutte queste qualità unite saldamente in te io scorgo,

   6 	essendo dunque tu di tal fatta privo di dubbi, devi recidere un nostro dubbio,
     	a noi che da lungo siamo confusi e ingnoranti del vero del mondo,

   7 	vi sia così l'inizio della sapienza e del conoscere il da farsi e il non da farsi,
     	su quanto si debba fare non abbiamo certezza, questo tu ci devi dire,

   8 	o venerabile, tutti i modi di vita mostrano diverse condotte:
     	' questo è il meglio, quest'altro è il meglio.' così variamente sono diffuse,

   9 	vedendo i seguaci delle scritture allontanarvisi,
     	soddisatti dalle proprie scritture, noi non troviamo cosa sia meglio,

  10 	se una sola scrittura fosse stabilita, allora sarebbe meglio,
     	e con molte diverse scritture il meglio diviene misterioso,

  11 	per questa ragione il meglio mi appare impenetrabile,
     	parla di ciò o venerabile, a me che mi prostro, istruiscimi.'

  12 	Nārada disse:
     	' i quattro modi di vita come sono concepiti in modo diverso,
     	seguili tutti tu, praticandoli o Gālava,

  13 	di ciascuno di questi modi di vita tu, di seguito,
     	guardane i vari aspetti, qualità e disposizioni, e le differenze di ciascuno,
     	essi conducono rettamente a quanto è approvato, senza dubbio,

  14 	vedendo sinceramente e rettamente il supremo fine dei modi di vita,
     	che è la suprema beatitudine, questo toglie ogni dubbio,

  15 	l'accogliere gli amici e respingere i nemici,
     	e il seguire i tre scopi della vita, i saggi dicono sia il bene supremo,

  16 	l'astenersi da cattive azioni, e sempre aver condotta pura,
     	dai saggi è detto il miglior comportamento senza dubbio,

  17 	gentilezza verso tutti gli esseri, e onestà negli affari,
     	e parole gentili, sono detti la miglior cosa senza dubbio,

  18 	il condividere colle divinità, cogli avi e pure cogli ospiti,
     	e il non abbandonare i dipendenti, questo è di certo il meglio,

  19 	il meglio è la parola sincera, ma arduo è il conoscere il vero,
     	la verità io ti dico che è il supremo bene degli esseri,

  20 	abbandonare l'egoismo, il trattenere il desiderio,
     	il contentarsi, il vivere da sé si dice sia il meglio del meglio,

  21 	secondo il dharma studiare i veda e anche i vedāṅga,
     	il voler conoscere i mezzi della sapienza è senza dubbio il meglio,

  22 	tutti i suoni, le forme, i sapori, i contatti assieme ai profumi,
     	non deve troppo perseguire chi cerca il meglio o tormenta-nemici,

  23 	il girare di notte, il dormire di giorno, l'accidia, la calunnia e la furia,
     	il troppo e il mal fatto deve evitare chi vuole il meglio, 

  24 	non si deve cercare di trovar prosperità deprecando gli altri,
     	ma con le proprie qualità cerchi il distacco dalla gente volgare,

  25 	gli uomini invece senza qualità perlopiù sono pieni di sé,
     	e ingiuriano di colpe gli altri pieni di qualità, per l'assenza delle proprie qualità,

  26 	e senza esserne menzionati, ancora si credono di maggior qualità
     	delle grandi persone, orgogliosi della propria supponenza,

  27 	senza dire biasimi a qualche altro, senza reclamare i propri onori,
     	il saggio, pieno di qualità ottiene grande gloria,

  28 	senza parlare spira il fragrante e puro profumo dei benevolenti,
     	e pure senza dirlo splende il puro sole nel cielo,

  29 	e le altre cose di tal fatto prive di intelligenza,
     	brillano di gloria al mondo e non lo dichiarano,

  30 	lo sciocco non brilla al mondo, solo elogiando sé stesso,
     	e pure nascondendosi in un buco il sapiente splende,

  31 	la parola cattiva anche gridata forte, va a cessare,
     	e splende nei mondi anche sussurrata la buona parola,

  32 	molte cose senza valore sono dette dagli sciocchi arroganti,
     	si mostrano come sono, come il sole di giorno,

  33 	per questa ragione cercano una saggezza di vario genere,
     	chi ha la saggezza, pare a me il supremo degli esseri,

  34 	non parlando senza esserne richiesto da qualcuno, non chiedendo contro le regole,
     	il sapiente e saggio, come un muto percorre il mondo,

  35 	si deve cercare la residenza tra virtuosi sempre intenti al dharma,
     	tra gli uomini munificenti, felici nel proprio dharma,

  36 	laddove vi è distruzione del dharma dei quattro varṇa,
     	non deve fare residenza in alcun modo chi cerca il meglio,

  37 	quaggiù pure chi si astiene dall'agire vive di quanto ottiene,
     	chiara è la purezza tra i puri, e il male si ottiene tra i malvagi,

  38 	come il tocco dell'acqua, del fuoco e dei raggi lunari si riconoscono,
     	così noi vediamo il tocco di questi due, del male e della purezza,

  39 	senza guardare alla qualità del cibo, mangia chi si nutre dei resti,
     	chi gode delle qualità del cibo, sappi che è dominato dalle azioni,

  40 	laddove degli ignoranti lo interroghino in modo illecito,
     	il brahmano illustri il dharma, ma da sé lasci quel luogo,

  41 	laddove sia ben stabilita la condotta di maestro e allievo,
     	rettamente dotata delle scritture, chi lascerebbe quella regione?

  42 	laddove, i celesti che desiderano la propria venerazione,
     	certa dicono la colpa dei sapienti, quale sapiente vi abiterebbe?

  43 	laddove sono perlopiù confusi dagli avidi i confini del dharma,
     	chi non abbandonerebbe questa terra come fosse un picco montano in fiamme?

  44 	laddove senza invidie e senza dubbi praticano il dharma,
     	là si deve vivere e risiedere tra i virtuosi di pura condotta,

  45 	laddove gli uomini praticano il dharma a motivo di ricchezza,
     	non si deve mai risiedere con costoro, sono genti dal male agire,

  46 	laddove con azioni malvage per vivere si agisca,
     	da là si fugga rapidamente come dalla tana del serpente,

  47 	l'azione di salire su un divano, chi sia devoto
     	non deve compiere per primo, chi desidera la propria prosperità,

  48 	laddove il re, e gli uomini del re sono strettamente uniti,
     	e mangiano prima dei dipendenti, l'anima compiuta lasci quel regno,

  49 	laddove i sapienti, sempre nel dharma, mangiano sempre per primi,
     	intenti a sacrificare e a studiare, in quel regno si risieda,

  50 	laddove sono rettamente eseguite le esclamazioni svāhā, svadhā, e vaṣaṭkāra,
     	e perenemente vi sono, là si risieda senza esitazione,

  51 	laddove si vedano i brahmani impuri e di scarso vitto,
     	si abbandoni quel regno come fosse del cibo avariato offerto,

  52 	laddove gli uomini contenti, e senza sollecitazioni vi si recano,
     	chi ha sana mente risieda, là l'anima compiuta ha successo,

  53 	laddove la punizione sui malfattori, e il favore sulle anime compiute,
     	vige, là si risieda tra i virtuosi dalla pura condotta,

  54 	sui chi affligge, sui non controllati, su chi male agisce, sui non virtuosi,
     	su chi si porta male, sugli avidi una grande punizione occorre,

  55 	laddove il re sempre nel dharma, onori il regno, 
     	lasciando i desideri, signore dei suoi desideri, là si risieda senza esitazione,

  56 	i re di tale condotta a tutti gli abitanti del regno,
     	procurano prosperità, e rapidamente si ottiene il meglio,

  57 	richiesto da te o caro, io ti ho illustrato il meglio,
     	non si può raccontare per la sua grandezza il meglio dell'anima,

  58 	così svolgendosi la condotta di chi ha anima controllata,
     	coll'ampio tapas per lui diviene evidente il meglio.'” 
     


                              CCLXXVII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ come un sovrano come noi deve agire da liberato sulla terra?
     	e di quali qualità sempre dotato può liberarsi dai lacci dell'attaccamento?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“qui ti racconterò una storia antica,
     	pronunciata da Ariṣṭanemi a Sagara, che lo interrogava.

   3 	Sagara disse:
     	' qual'e quaggiù il supremo bene da fare per ottenere la felicità?
     	come si può non soffrire, né aver timori? questo vorrei sapere.'”

   4 	Bhīṣma disse:
     	“ così richiesto allora Tārkṣya esperto di ogni scrittura,
     	vedendolo dotato di nobiltà queste buone parole disse:

   5 	' la felicità è al mondo la felice liberazione, e al mondo non la ottiene,
     	chi attaccato a figli e animali, è abbondante di ricchezze e grano,

   6 	la mente non distaccata, l'anima non in pace non può esser curata,
     	lo sciocco legato agli affetti, non è adatto alla liberazione,

   7 	qui ti parlerò dei lacci nati dagli affetti, ascoltali da me,
     	la saggezza li può tagliare dalla testa con tutte le orecchie,

   8 	avendo procreato dei figli a tempo debito sposandosi da giovani,
     	e vedutili capaci di vivere, agisci da libero come credi,

   9 	e veduta la moglie con prole, anziana, amata e attaccata ai figli,
     	lasciala a tempo debito guardando al supremo bene,

  10 	con la moglie o senza moglie agisci da libero come credi,
     	avendo tu usufruito coi sensi degli oggetti dei sensi secondo le regole,

  11 	finita la curiosità di essi, agisci da libero come credi,
     	sii uguale verso quanto ottieni con causa e senza causa,

  12 	così succintamente ti ho illuatrato ciò,
     	ti parlerò di nuovo della liberazione, ascoltami,

  13 	gli uomini liberi, privi di timori vivono felici al mondo,
     	gli uomini di natura non distaccata, vanno in rovina non vi è qui dubbio,

  14 	i vermi e le formiche accumulano il cibo,
     	i distaccati, sono al mondo felici, i non distaccati periscono,

  15 	non devi aver pensiero dei famigliari, con la mente rivolta alla liberazione,
     	dicendo:' come potranno vivere questi senza di me.'

  16 	da sé è originato il vivente e da sé egli cresce
     	nelle gioie e nei dolori, e quindi da sé raggiunge la morte,

  17 	cibo e vestiario è fornito da madre e padre,
     	o per propria azione li ottengono, al mondo non vi è nulla di non fatto prima,

  18 	il creatore ha stabilito i beni per tutti gli esseri in terra,
     	e al mondo li raggiungono e li custodiscono col proprio agire,

  19 	essendo una palla d'argilla, e sempre soggetto a sé e ad altri,
     	quale scopo ha un'anima non salda di nutrire e proteggere la propria gente? 

  20 	quando la morte colpisce la tua gente davanti a te,
     	anche compiendo un grande sforzo? questo lo devi intendere da te,

  21 	senza completare il sostenimento e la protezione di quel
     	vivente, lo abbandoni e poi vai alla morte,

  22 	e quando sei morto non sai in alcun modo se la tua gente,
     	è felice oppure addolorata, questo lo devi intendere da te,

  23 	che tu sia vivo o morto la gente si nutrirà,
     	per il proprio agire, questo si deve capire e compiere il proprio utile,

  24 	così sapendo al mondo, chi è convinto di che cosa?
     	fissando la mente alla liberazione, di nuovo rifletti,

  25 	l'anima che qui ha vinto i desideri a cominciare da fame e sete,
     	e l'ira, l'avidità, e l'errore, costui è un essere libero,

  26 	l'uomo che al gioco, al bere, alle donne e alla caccia,
     	non indulge, costui è sempre libero da confusione mentale,

  27 	chi sempre di giorno in giorno e di notte in notte,
     	deve mangiare, costui si dice sia afflitto da mente malata,

  28 	chi vede la propria natura sempre libera tra le donne,
     	e sempre è rettamente concentrato, costui è libero,

  29 	chi, la nascita, la morte e l'attività degli esseri,
     	conosce in verità, costui è libero in questo mondo,

  30 	chi vede solo un pugno di grano tra migliaia di migliaia di animali da tiro,
     	e vede solo un luogo per giacere in un palazzo, costui è libero,

  31 	chi vede il mondo colpito dalla morte e afflitto dalle malattie,
     	e tormentato dalla carestia, costui è liberato,

  32 	chi lo vede è felice, e contento, non vedendolo viene distrutto, 
     	chi è contento di poco, a questo mondo è libero,

  33 	chi tutto guarda come il soma nel fuoco,
     	e non è toccato da passioni meravigliose, costui è libero,

  34 	l'anima per cui la terra è uguale a letto e seggio,
     	per cui il riso è cattivo cibo, costui è libero,

  35 	uno per cui un abito di lino, una veste di erba kuśa, o di seta o di corteccia,
     	una di lana e di pelle siano la stessa cosa, costui è libero,

  36 	chi riconosce il mondo composto dei cinque elementi,
     	e così vedendo agisce, costui è libero in questo mondo,

  37 	per chi sono uguali gioie e dolori, avere e non avere, vittoria e sconfitta,
     	desideri e avversioni, paure e ansie, costui è in ogni tempo libero,

  38 	vedendo il proprio corpo come un accumulo
     	di colpe e di sangue, orina e feci, ci si libera dai molti mali,

  39 	chi si vede per la vecchiaia pallido, tormentato, colle rughe
     	e i capelli grigi, e la schiena curva, costui è liberato,

  40 	chi vede col tempo la virilità andarsene, la vista
     	diminuire, apparire sordità e debolezza, costui è liberato,

  41 	chi vede i ṛṣi, gli dèi e gli asura andati da 
     	questo mondo nell'altro mondo, costui è liberato,

  42 	sapendo che re e principi a migliaia, dotati di ogni potere,
     	che sono giunti sulla terra l'hanno abbandonata, costui è liberato,

  43 	chi vede le ricchezze ardue da ottenere e i disagi facili da avere
     	e che vi è dolore per i famigliari, costui è liberato,

  44 	la mancanza di qualità nei figli, e la gente corrotta,
     	vedendo nella maggior parte del mondo chi non applaudirà la liberazione?

  45 	l'uomo sapiente del mondo e delle scritture, che vede
     	inutile tutto quanto è umano, costui è in ogni momento libero,

  46 	avendo udite le mie parole tu devi agire da libero,
     	ponendo saldo l'intelletto sia nello stare in casa che nella liberazione.'

  47 	udite le sue parole, rettamente quel signore della terra,
     	intento alle qualità inerenti alla liberazione, governava i suoi sudditi.”
     


                              CCLXXVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ io ho sempre in cuore o caro, questa curiosità,
     	e questo io voglio udire in verità o patriarca dei kuru,

   2 	perché il divino ṛṣi Uśanas sempre saggio e di grande intelletto,
     	era felice di compiere il bene degli asura e il male dei celesti?

   3 	perché aumentava la forza, di quei supremi per splendore?
     	sempre i dānava erano legati di inimicizia coi supremi celesti,

   4 	e in che modo Uśanas dall'immortale splendore ottenne la purezza?
     	e come ottenne la prosperità? tutto ciò raccontami,

   5 	perché quello splendido non si recò in mezzo al cielo?
     	questo io voglio conoscere interamente o nonno.”

   6 	Bhīṣma disse:
     	“ ascolta o re, attentamente, tutto questo secondo verità,
     	come io rettamente un tempo l'ho udito o senza-macchia,

   7 	quel discendente di Bhṛgu, quel sincero muni dai ferrei voti,
     	compiva il bene degli asura, a causa della compassione,

   8 	Indra è il re benefico, e il signore di yakṣa e rakṣas,
     	è il potente sovrano dei tesori dell'universo,

   9 	il grande muni perfezionato nello yoga entrava dentro di lui,
     	e bloccando il dio signore delle ricchezze, con lo yoga gli sottraeva la ricchezza,

  10 	presa la sua ricchezza allora il dio delle ricchezze non trovava conforto,
     	e afflitto da tristezza, agitato si recava dal supremo dei celesti,

  11 	e ne informava allora Śiva dall'incomparabile splendore,
     	il migliore degli dèi, Rudra, l'eccellente dalle molte forme.

  12 	Kubera disse:
     	' bloccandomi attraverso lo yoga, Uśanas mi ha preso le ricchezze,
     	e fatto uso dello yoga quel grande asceta se ne andato.'”

  13 	Bhīṣma disse:
     	“ udito ciò allora infuriato il Maheśvara il grande yogin,
     	cogli occhi rossi o re, prendendo il tridente se ne stava,

  14 	e:' dov'è, dov'è?' così gridava prendendo la sua suprema arma,
     	Uśana stava distante da lui, e conoscendo quanto voleva fare,

  15 	egli preso atto della furia del grande yogin e grand'anima,
     	considerava se venire o andare e pure se rimanere quel potente,

  16 	e meditando con un fiero tapas sul Maheśvara grand'anima,
     	Uśanas perfezionato dallo yoga si mostrava sulla punta del tridente,

  17 	riconoscendo il suo aspetto allora il dio armato dell'arco dal perfetto tapas,
     	il Signore degli dèi colle mani piegava il tridente,

  18 	e avendo piegato il tridente colle mani dall'infinita energia,
     	quel potente dalle terribili armi chiamava il tridente 'pināka.'

  19 	e vedendo finito tra le sue mani il bhṛguide allora il signore di Umā,
     	spalancata la bocca, colla punta delle mani lo scagliava dentro,

  20 	il potente Uśanas entrano nello stomaco del Maheśvara
     	là vagava il grand'anima discendente di Bhṛgu.”

  21 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ per quale motivo o re, Uśanas vagava nel ventre del saggio
     	dio degli dèi? e cosa fece quello splendidissimo?”

  22 	Bhīṣma disse:
     	“ un tempo quel grande nei voti entrato nell'acqua, standovi immobile,
     	vi rimaneva o re, per milioni e milioni di anni,

  23 	e compiuto un arduo tapas, usciva dal grande lago,
     	allora il dio degli dèi, Brahmā allora lo avvicinava,

  24 	e chiedeva della salute al ricco in tapas imperituro,
     	' il tapas fu ben praticato.' così rispondeva il dio dal toro per emblema,

  25 	e per essersi unito a sé, cresciuto lo vedeva Śaṃkara,
     	il grande intelletto, l'anima impensabile, sempre saldo nel sincero dharma,

  26 	quel grande yogin arricchito dal tapas e dalle ricchezze,
     	splendeva o grande re, quel valoroso nei tre mondi,

  27 	quindi l'armato del pināka raccolto nello yoga entrava nella meditazione yogica,
     	Uśanas invece agitato si nascondeva nel suo ventre,

  28 	e stando là quel grande yogin elogiava il dio,
     	cercando di uscire, ma dalla sua energia era respinto,

  29 	Uśanas allora diceva stando nel ventre quel grande muni:
     	'concedimi il tuo favore.' così molte volte o uccisore di nemici,

  30 	il Mahādeva a lui diceva: ' vai libero attraverso il fallo.'
     	chiudendo tutte le sue aperture quel toro fra i trenta dèi,

  31 	il muni non vedendo un'uscita chiuso da tutte le parti,
     	bruciato dalla sua energia vagava qua e là,

  32 	egli poi uscendo dal suo fallo ottenne il nome di Śukra,
     	e per questa sua azione non si recava in mezzo al cielo,

  33 	vedendolo uscire quasi fiammeggiante di splendore,
     	Bhava soverchiato dalla furia, se ne stava col tridente alzato in mano,

  34 	la dea fermava il signore degli animali, suo marito adirato,
     	ed egli  avendo la dea fermato Śaṃkara, divenne suo figlio.

  35 	la dea disse:
     	' non ucciderlo, egli è divenuto mio figlio,
     	uno uscito dal ventre del dio non merita la distruzione.'”

  36 	Bhīṣma disse:
     	“ allora contento divenne della dea, e ridendo questo diceva:
     	' se ne vada dunque egli dove crede.' così o re ripetutamente,

  37 	allora inchinadosi al dio grazioso, e alla dea Umā,
     	Uśanas ottenne la meta desiderata, quel saggio grande muni,

  38 	ti ho raccontato o figlio, la condotta del bhṛguide
     	grand'anima o migliore dei bhārata, che tu mi hai chiesto.”
     


                              CCLXXIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ dopo questo o grandi-braccia, illustrami quanto è il meglio per me,
     	non mi sazio delle tue parole simili ad amṛta o nonno,

   2 	quale buona azione compiendo l'uomo o migliore degli uomini,
     	ottiene il supremo bene, qui e nell'aldilà? questo dimmi.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“qui ti raccontenterò come un tempo il gloriossissimo
     	sovrano Janaka chiedeva al grand'anima Parāśara:

   4 	' qual'è il meglio per tutti gli esseri qui e nell'altro mondo?
     	dimmi dunque o signore quale cosa si debba compiere.'

   5 	allora quel sapiente di ogni regola del dharma, dotato di tapas,
     	volendo favorire il sovrano il muni queste parole diceva:

   6 	' fare il dharma è il meglio qui al mondo e nell'aldilà,
     	di questo nulla è superiore, come dicono i sapienti,

   7 	praticando il dharma l'uomo è beato in paradiso,
     	la natura del dharma è la regola nell'agire dei viventi o migliore dei sovrani,
     	in esso i virtuosi anacoreti compiono quaggiù le loro azioni,

   8 	quattro tipi di condotta sono stabiliti o caro, al mondo,
     	laddove i mortali risiedono questa sorge dal desiderio,

   9 	perseguendo azioni perfette o imperfette attraverso vari mezzi,
     	hanno una fine varia gli esseri che ritornano ai cinque elementi,

  10 	come un vaso metallico è profuso di oro o di argento,
     	così il vivente è profuso e legato alle azioni precedenti,

  11 	nulla nasce senza il seme, né senza agire si prospera felicemente,
     	l'uomo che ben agisce trova la felicità, giunto alla fine del corpo,

  12 	io non vedo il destino, non vi è dimostrazione del destino,
     	dèi, gandharva, e dānava sono perfetti per loro natura,

  13 	le persone non ricordano mai il karma compiuto nelle vite precedenti, 
     	e di quattro tipi sono le azioni per i loro frutti,

  14 	la parola relativa alle cose mondane, e quella che si affida ai veda,
     	per rendere in pace la mente, non vi è è caro, comando maggiore,

  15 	colla vista, colla mente, colla parola e coll'azione sono i quattro modi,
     	in qual modo si compie l'azione tale ne risulta il frutto,

  16 	immediatamente l'azione è mescolata al suo frutto o sovrano,
     	che sia nobile o malvagia essa non va mai distrutta,

  17 	quando è ben fatta o caro, sta come in alto,
     	finché chi è immerso nel saṃsāra si libera del dolore,

  18 	quindi compiuta la distruzione del dolore, si persegue l'azione ottima,
     	e colla distruzione dei meriti, vi è sappilo la cattiva azione o signore di uomini,

  19 	disciplina, pazienza, fermezza, energia, contentezza, e parola sincera,
     	modestia, non violenza, assenza di cattiveria, e capacità portano felicità,

  20 	il vivente non sempre è sottoposto alle azioni buone e cattive,
     	l'abile uomo, deve impegnarsi sempre a concentrare la mente,

  21 	nessuno deve seguire il ben agire o il male agire di un altro,
     	quell'azione che uno compie di questa ne raggiunge il frutto,

  22 	l'uomo che si concentra nelle gioie e nel dolore, per altra via procede,
     	ogni persona che è retta ha un'altra via o sovrano,

  23 	l'uomo non compia per sé quanto biasima negli altri, 
     	chi biasimi e così agisca cade nel ridicolo,

  24 	i guerrieri vili, il brahmano che mangia ogni cosa, il vaiśia pigro, il  bassa-casta indolente,  
     	il sapiente senza condotta, il nobile privo di vitto, il brahmano insincero, e la donna colpevole,  

  25 	il lussurioso libero, che cuoce solo per sé, lo sciocco ciarliero, il re senza regno,
     	e il non concentrato che non ama le sue genti, tutti questi vanno a soffrire o re.'
     


                              CCLXXX


   1 	Parāśara disse:
     	' avuto questo carro dei desideri, l'uomo che trattenga i cavalli
     	che sono gli oggetti dei sensi con le redini nate dalla conoscenza, è un saggio,

   2 	la condotta di uno che è privo di mezzi con la mente nella devozione,
     	sorge dalle mani dei ri-nati non però dalla mutua uguaglianza,

   3 	avuta una vita non facile da ottenere, non la si deve rovinare o signore di popoli,
     	l'uomo si deve impegnare per l'elevazione con pure azioni,

   4 	anche chi è decaduto dai varṇa merita rispetto,
     	ma non chi ottenuti gli onori, persegue azioni rajasiche,

   5 	l'uomo che ottiene un avanzamento di colore con pure azioni,
     	con le azioni malvage può distruggere quanto di arduo ha ottenuto,

   6 	il male compito per ignoranza si può eliminare col tapas,
     	l'azione malvagia produce il male compiendolo da sé,
     	perciò non si deve seguire il cattivo agire che ha come frutto il dolore,

   7 	una azione legata al male, anche sia di grande frutto,
     	il saggio e puro non la deve perseguire, come fosse virtuosa,

   8 	miserevole io scorgo il frutto delle cattive azioni,
     	finché non ritorna virtuosa l'anima non splende,

   9 	per lo sciocco per cui non sorge espiazione quaggiù,
     	una volta dipartito, sorge per lui un grandissimo tormento,

  10 	una veste senza colore si lava, ma non una macchiata di nero,
     	e con l'impegno si lava così il male, ascoltami o re di uomini, 

  11 	chi da sé ha compiuto il male e poi pratica il bene,
     	quest'uomo avendone fatta espiazioni, ne ottiene i frutti di entrambi separatamente,

  12 	chi per ignoranza ha compiuto violenza colla non violenza se ne liberi,
     	cosi dicono i brahmani che conoscono i veda per autorità delle scritture,

  13 	e così la violenza di chi la fa intenzionalmente lo disonora,
     	così dicono i brahmani, seguaci dei veda sapienti dei trattati sul dharma,

  14 	io così vedo che una azione fatta agisce,
     	che sia manifestamente piena di qualità, o unita al male,

  15 	giacché quaggiù hanno frutti in verità anche le piccole azioni,
     	e pure qui quelle intelligenti fatte colla mente,

  16 	anche una piccola azione perseguita continuamente diviene grande,
     	e quella fatta non intenzionalmente o sapiente del dharma, con crudele agire,

  17 	le azioni che sono compiute dagli dèi e dai muni,
     	l'anima giusta non le deve compiere, e se le ha udite non le deve biasimare,

  18 	meditando colla mente o re, conoscendo la propria possibilità,
     	chi compie una azione meritoria, ne vede la prosperità,

  19 	come l'acqua messa in un vaso fresco va perduta,
     	e in uno vecchio rimane, così si raggiunge la fine fatta di gioia,

  20 	se altra acqua è aggiunta a quell'acqua,
     	come l'acqua nell'acqua ottiene un aumento della crescita,

  21 	così le azioni che quaggiù sono fatta con intelligenza o signore della terra,
     	non restano uguali o minori, ma aumentato di purezza,

  22 	il re deve vincere quelli eccellenti in armi, e rettamente deve proteggere le sue genti,
     	e celebrato Agni con molti sacrifici, alla fine a metà vita rifugiarsi nella foresta,

  23 	l'uomo disciplinato, di giusta condotta, deve guardare ai viventi come a sé stesso,
     	e onorare quanto può i migliori, e aver il bene colla sincerità e la condotta o re di uomini.'
     


                              CCLXXXI


   1 	Parāśara disse:
     	'chi dunque favorisce chi? e chi gli offre qualcosa? 
     	il vivente compie da sé solo le azioni in suo favore,

   2 	finita la sua autorità, l'affetto abbandonano
     	moglie e fratelli, che dire poi dell'altra gente volgare?

   3 	il dono ad uno migliore e il ricevere da uno migliore,
     	delle due è più meritevole il donare ad un ri-nato che chieda,

   4 	la ricchezza avuta legalmente e accresciuta legalmente, i varṇa
     	la devono custodire con impegno per il dharma, così è stabilito,

   5 	chi cerca il dharma non si procuri ricchezza con azioni ingannevoli,
     	uno deve compiere tutte le azioni con quanta forza ha e non pensare al successo,

   6 	offrendo dell'acqua fresca o riscaldata dal fuoco,
     	dando all'ospite affamato quanto uno può, se ne ottiene il merito, 

   7 	Rantideva grand'anima ha ottenuto la perfezione desiderata al mondo,
     	con foglie e frutta e con radici egli venerava i muni,

   8 	pure il sovrano dei śibi, con delle foglie e frutti 
     	soddisfaceva Māṭhara, e da lui ottenne il supremo stato,

   9 	debiti verso dèi, ospiti, dipendenti e avi vi sono quando 
     	uno nasce, perciò il mortale deve liberarsi dai debiti,

  10 	coi propri studi dai grandi ṛṣi, con le azione rituali dagli dèi, 
     	con i doni funebri dagli antenati, e coll'onorarli dagli uomini,

  11 	e da sé stesso col custodire le parole e pagare il resto,
     	per prima cosa rettamente si deve compiere il dharma per tutti i dipendenti,

  12 	impegnandosi a perfezionarsi, astenendosi dalle ricchezze,
     	rettamente offrendo al fuoco sacro, i muni hanno raggiunto la perfezione,

  13 	il figlio di Ṛcīka ottenne la figliolanza spettante a Viśvāmitra,
     	e cantando gli dèi cogli inni del ṛgveda, e colle offerte dei sacrifici,

  14 	Uśanas è diventato Śukra, per grazia dei dio degli dèi,
     	elogiando la dea, in cielo si rallegra soffuso di splendore, 

  15 	e pure Asita devala, e Nārada e Parvata,
     	e Kakṣīvat, e Rāma figlio di Jamadagni, e pure lo splendido Tāṇḍya, 

  16 	e Vasiṣṭha, Jamadagni, Viśvāmitra e Atri,
     	Bharadvāja, Hariśmaśru, Kuṇḍadhāra, Śrutaśravas,

  17 	questi grandi ṛṣi inneggiando a Viṣṇu, concentrati con inni vedici,
     	ottennero la perfezione col tapas, per grazia del saggio dio,

  18 	alcuni virtuosi da immeritevoli hanno ottenuto il merito inneggiando a lui,
     	non si deve cercare la prosperità compiendo azioni detestabili,

  19 	le ricchezze nel dharma sono vere, quelle contro il dharma abbiano la vergogna,
     	non deve abbandonare al mondo il dharma eterno chi cerca la ricchezza,

  20 	il sacrificatore, chi ha l'anima nel dharma è il supremo sant'uomo,
     	tutti i veda o re dei re, sono posti nei tre fuochi sacri o potente,

  21 	per il savio che pone il fuochi sacri, non vanno perduti i riti,
     	e meglio abbandonare i fuochi sacri che trascurare l'agnihotra,

  22 	Agni è lui stesso, è la madre, il padre e il progenitore,
     	è il guru o tigre tra gli uomini, e si deve curarlo secondo le regole,

  23 	l'uomo che lasciando l'orgoglio serva gli anziani, il saggio, il debole che guardi con amore,
     	il privo di abilità che sia unito al dharma, in questo mondo è un nobile onorato dai buoni.'	
     


                              CCLXXXII


   1 	Parāśara disse:
     	' un vitto buono, ha il varṇa più basso dagli altri tre varṇa,
     	sempre deve compierlo facendo il bene di quelli che sono nel dharma,

   2 	se non vi è vitto certo da padre e nonno per lo śūdra,
     	non cerchi il vitto di qualcun altro, ma si impegni a servire,

   3 	è ottimo il contatto coi virtuosi che guardano al dharma,
     	sempre in tutte le situazioni, e non coi non virtuosi, questo io penso,

   4 	come sul monte orientale, i minerali splendono a contatto col sole,
     	così per il contatto col virtuoso il basso varṇa splende,

   5 	in qualsiasi colore viene immersa una veste bianca,
     	di tale colore mostra l'aspetto, così apprendi da me,

   6 	perciò devi preferire le qualità e mai le colpe,
     	impermanente è la vita dei mortali, sia mobili che immobili, 

   7 	il saggio che si dibatte nelle gioie o nei dolori,
     	che cerca le azioni buone, costui vede le fortune quaggiù,

   8 	quell'azione che lontata dal dharma abbia pure un grande frutto,
     	il saggio non la persegua, questa non è detta benefica,

   9 	l'uomo che prese migliaia di vacche incostodite le doni,
     	questo re pur che abbia il frutto delle parole sacre, è un ladro,

  10 	il Nato-da-sé per primo creava Dhātṛ venerato dal mondo,
     	Dhātṛ creava un solo figlio devoto a supportare le creature,

  11 	venerando costui il vaiśya lavora per diventare grandemente prospero,
     	i principi invece devono proteggere quanto ricevono i ri-nati,

  12 	con onestà, privi di malizia ed ira, eseguendo oblazioni e offerte,
     	gli śūdra devono compiere le pulizie, così il dharma non va distrutto,

  13 	quando il dharma non è perduto le genti diventano felici,
     	e quando loro sono felici o re dei re, gli dèi in cielo si rallegrano,

  14 	perciò il sovrano che protegge secondo il dharma, è venerato,
     	e pure il savio che studia e il vaiśya intento al guadagno,

  15 	e lo śūdra che obbedisce sempre coi sensi controllati,
     	diversamente da ciò o sovrano di uomini, ci si allontana dal proprio dharma,

  16 	anche piccole somme fatte con tormento hanno grande frutto,
     	se guadagnate legalmente e donate, come dunque non altre a migliaia?

  17 	chi devotamente doni ai ri-nati o signore di uomini,
     	sempre ottiene un frutto di tal grandezza come quello dato,

  18 	la ricchezza che è data a sufficenza onorandolo dicono sia raccomandabile,
     	quella data sotto richiesta, i saggi dicono sia di medio valore,

  19 	quella data con disprezzo e pure senza fede,
     	dicono che sia un dono misero, i muni dalle parole sincere,

  20 	l'uomo sprofondato nella trasgressione, sempre secondo le regole,
     	deve agire con impegno, per liberarsi dalla sventura,

  21 	splende controllandosi il savio, e vincendo lo kṣatriya, 
     	colla ricchezza il vaiśya, e lo śudra splende sempre per la capacità.'
     


                              CCLXXXIII


   1 	Parāśara disse:
     	' al brahmano venuta ricevendola, allo kṣatriya vinta colle armi,
     	al vaiśya guadagnata onestamente, allo śūdra guadagnata servendo,
     	per quanto piccola sia la ricchezza è elogiabile, e ha grande frutto per il dharma,

   2 	si dice che lo śūdra sempre debba servire i tre altri varṇa,
     	e il ri-nato che pratichi il dharma kṣatriya o quello vaiśya non decade dal dovere,
     	ma quando pratichi il dharma śūdra allora decade,

   3 	il vivere di commercio, o di allevamente o delle arti,
     	anche per lo śudra è permesso, quando non nasca altro vitto,

   4 	guadagnarsi la vita colla bellezza, e facendo gli attori,	
     	il vivere di carni o liquori, il commerciare ferro e pelli,

   5 	chi non l'ha fatto prima non deve farlo, è una attività biasimevole al mondo,
     	per chi la abbandona avendola prima fatta vi è un grande merito, così è scritto,

   6 	l'uomo di successo che al mondo agisca nel male,
     	colla mente soverchiata dall'orgoglio, costui non è detto uno da accogliere, 

   7 	si conosce dai purāṇa che le genti erano punite col bastone della vergogna,
     	che erano disciplinate, eccellenti nel dharma, che seguivano leggi giuste,

   8 	il dharma degli uomini quaggiù o re, è sempre elogiato,
     	gli uomini esperti nel dharma perseguono in terra le qualità,

   9 	e gli asura o caro non sopportano il dharma o signore di genti,
     	e lentamente essendo cresciuti là penetrarono nelle genti,

  10 	e in queste genti sorgeva l'orgoglio, e la perdita del dharma,
     	ed essendo inorgogliti allora in essi ancora sorgeva la collera,

  11 	quindi per loro sopraffatti dall'ira, la condotta connessa alla modestia,
     	e pure la stessa modestia periva o re, e allora sorgeva l'errore,

  12 	quindi presi dall'errore, non guardavano più come prima,
     	e agivano con violenza vicendevolmente a piacer loro,

  13 	e il bastone della vergogna che li raggiungeva, non era abbastanza,
     	allora si avvicinavano agli dèi disprezzando i brahmani,

  14 	in quel frangente dunque gli dèi, in Śiva nel migliore dio,
     	nel valoroso dai molti aspetti, nel signore di schiere cercarono rifugio, 

  15 	e lui abbatteva a terra queste tre città volanti,
     	con una sola freccia, accresciuta dall'energia anche degli dèi, 

  16 	il sovrano di queste era Bhīma dal terribile ardimento,
     	costui che terrorizzava gli dèi, fu ucciso dall'armato del tridente,

  17 	ucciso costui gli uomini ritrovarono la propria natura,
     	e sorgevano i veda e le scritture come un tempo,

  18 	quindi consacrarono nel regno degli dèi in cielo il Vāsava,
     	i sette ṛṣi, e presero su di sé il compito di punire gli uomini,

  19 	e dopo il sette ṛṣi vi fu il sovrano di nome Vipṛthu,
     	e altri re kṣatriya ciascuno nel proprio territorio,

  20 	a quelli nati in grandi stirpi e a quelli che precedentemente erano ricchi,
     	a questi la natura asurica non si allontanava dal cuore,

  21 	perciò in connessione con questa loro natura, dei sovrani
     	di terribile valore praticavano azioni demoniache, 

  22 	e stavano con essi, e si impegnavano in quelle,
     	e anche oggi ne godono, degli uomini infantili,

  23 	perciò io ti dico o re, pensando secondo le scritture,
     	si devono compiere delle azioni intente alla conoscenza evitando la violenza,

  24 	l'uomo saggio non deve accumulare ricchezza con azioni impure,
     	per seguire il dharma abbandonare la legalità, non è detta nobile cosa,

  25 	tu sei uno kṣatriya di tal fatta, controllato, amato dai parenti,
     	e dunque nel tuo proprio dharma governa sudditi, servi e figli,

  26 	cercando le cose desiderabili e no, e l'inimicizia e l'amicizia,
     	così si svolgono molte migliaia di nascite,

  27 	perciò devi preferire le qualità e mai le colpe,
     	chi è privo di qualità con cattivo intelletto si dice sia nemico di sé stesso,

  28 	tra gli uomini o grande re, il dharma e l'adharma si svolge,
     	ma non tra gli altri esseri esclusi gli umani,

  29 	l'uomo sapiente di giusta condotta, che abbia desideri o no,
     	sempre agisca sinceramente al mondo senza violenza verso gli esseri,

  30 	quando la sua mente diviene libera da ansie,
     	e non sia ingannevole, allora ottiene la prosperità.'
     


                              CCLXXXIV


   1 	Parāśara disse:
     	' questa è la regola del dharma o caro, stabilita per il capofamiglia,
     	ti parlerò della regola del tapas, ascoltala da me che te la illustro,

   2 	dal modo di vita del capofamiglia sorge di certo il senso del possesso,
     	unito all'attaccamento o migliore di uomini, per le nature prese da tamas e rajas,

   3 	stando in casa, vacche, campi e ricchezze,
     	mogli, figli e servi vi sono per l'uomo,

   4 	così avvenendo per lui, sempre guarda a queste cose,
     	passioni e avversioni crescono, per chi guarda all'impermanenza,

   5 	nell'uomo soverchiato da passioni e avversioni, caduto in preda alle ricchezze,
     	certamente il piacere nato dall'errore vi penetra o signore di uomini,

   6 	e avendo ottenuto dei beni egli devoto al piacere,
     	per il piacere non guarda ad altro ottenimento che il piacere sessuale,

   7 	quindi coll'anima soverchiata dall'avidità, per attaccamento aumenta la sua gente,
     	e per nutrire la sua gente qui egli cerca la ricchezza,

   8 	l'uomo che pur conoscendo ciò, persegua azioni proibite per la ricchezza,
     	con animo preso dall'amore dei bimbi, perdendola se ne pente, 

   9 	quindi pieno di orgoglio proteggendo le proprie vittorie,
     	agisce in modo da usufruirne, e percio va in rovina,

  10 	il tapas praticano gli intelligenti che sempre guardano al brahman,
     	gli uomini che cercano le azioni degne trascurando le gioie,

  11 	per la perdita di affetti e casa, e per la distruzione delle ricchezze o sovrano,
     	per il tormento di ansie e malattie, si raggiunge il distacco dal mondo,

  12 	dal distacco il risveglio di sé, dal risveglio lo studio delle scritture,
     	e dallo studio degli atti delle scritture o re, si guarda al tapas, 

  13 	difficile da trovare o signore di uomini, un uomo intento alla meditazione,
     	il quale, distrutte le gioie del piacere si applica a compiere il tapas,

  14 	il tapas è per tutti o caro, è stabilito pure per il basso varṇa,
     	che sia coi sensi vinti, e controllato, esso indica la via del paradiso,

  15 	l'illustre Prajāpati un tempo creava le creature attraverso il tapas,
     	qua e là, saldo nei voti mantenendo i suoi voti o sovrano,

  16 	gli āditya, i vasu, i rudra, e Agni, gli aśvin e i marut,
     	i viśvedeva, e sādhya, i padri e le schiere dei marut,

  17 	yakṣa, rākṣasa e gandharva, i siddha e gli altri abitanti del cielo,
     	perfezionati col tapas o caro, sono gli altri abitanti del paradiso,

  18 	loro che in principio furono creati da Brahmā, i brahmani allora col tapas,
     	curarono la terra e quindi pervasero il cielo,

  19 	dei re nel mondo dei mortali e altri saggi che sono di vita domestica,
     	appaiono nati in grandi stirpi, e tutto ciò è il frutto del tapas,

  20 	le vesti di seta, e gli splendidi ornamenti,
     	carri e seggi, tutto questo è frutto del tapas,

  21 	giovani donne piacevoli alla mente, e bellissime a migliaia,
     	e palazzi con terrazze sul tetto, tutto questo è frutto del tapas,

  22 	i migliori letti, e tutti i beni di consumo di vario tipo, 
     	sono tutti stabiliti per quelli che sono di compiuto agire,

  23 	nulla nel trimundio vi è di inottenibile dal tapas o tormenta-nemici,
     	abbandonando i piaceri i cui frutti sono per quelli dall'agire incerto,

  24 	gioioso o dolente, l'uomo deve abbandonare l'avidità,
     	guardando alle scritture con la mente e colla ragione o migliore dei sovrani,

  25 	la scontentezza porta al dolore, dall'avidità si ha l'agitazione dei sensi,
     	quindi va perduta la sua saggezza, come la conoscenza senza ripetizione,

  26 	quando uno ha distrutta la saggezza, allora non guarda alle regole,
     	perciò l'uomo per ottenere il dominio della gioia pratichi un fiero tapas,

  27 	quanto è desiderabile dicono sia gioia, e l'indesiderabile il dolore,
     	guarda dunque quale è il frutto di compiere e di non compiere il tapas,

  28 	sempre si vedono le fortune, e si godono gli oggetti dei sensi,
     	e si ottiene celebrità, compiendo un tapas privo di colpe,

  29 	e mali e disonori, e dolore distinto in molti modi,
     	e i semplici oggetti dei sensi ottiene chi brama i frutti e lascia la via dei buoni,

  30 	verso il dharma, il tapas e il dono sorge in lui il dubbio,
     	e compiute cattive azioni precipita nell'inferno,

  31 	che viva nella gioia o nel dolore o migliore degli uomini,
     	l'uomo che non si allontana dalla propria condotta è un sapiente delle scritture,

  32 	nella misura in cui una freccia vola, si dice sia il piacere dei sensi,
     	quale tatto, gusto, vista, odorato e udito o signore di popoli,

  33 	quindi in lui nasce un fiero rimpiando per la fine di questi,
     	per questo i saggi elogiano la liberazione come suprema felicità,

  34 	quindi per chi agisce per i meriti nascono le migliori qualità,
     	praticando sempre il dharma non è abbandonato da kāma e artha,

  35 	gli oggetti materiali giunti senza sforzo deve perseguire il capofamiglia,
     	e con impegno deve praticare il proprio dharma, così io credo,

  36 	quanto è dei saggi, nati di buona stirpe, che sempre guardano alle scritture,
     	che sono intenti ai riti del dharma, non è possibile per le anime ambigue,

  37 	quando un'azione divenuta distruttiva raggiunge l'uomo,
     	per costui non vi altra cosa al mondo che agire nel tapas,

  38 	con tutta l'anima il capofamiglia pratichi la decisione di agire,
     	con intelligenza pratichi il proprio dharma per compiere le sacre oblazioni,

  39 	come tutti i fiumi scorrono a riunirsi nell'oceano
     	tutti i modi di vita vanno a riunirsi nel vivere domestico.'
     


                              CCLXXXV


   1 	Janaka disse:
     	' come nasce il varṇa nei differenti varṇa o grande ṛṣi,
     	questo vorrei udire, e questo illustrami o migliore dei parlanti,

   2 	quando nasce un figlio, è scritto che è lui stesso,
     	come uno nato da un brahmano diviene uno diverso?'

   3 	Parāśara disse:
     	' così è ciò o grande re, da chi è nato uno così è,
     	ma per la diminuizione del tapas si è giunti a questa diversità di nascite,

   4 	da un buon campo e da un buon seme sorge una nascita pura,
     	ma diversamente da ciò, da uno inferiore nasce di certo uno non eccellente,

   5 	dalla bocca, dalle braccia, dalle coscie e dai piedi allora nacquero,
     	e furono creati i mondi da Prajāpati, così dicono i sapienti del dharma,

   6 	dalla bocca i brahmani o caro, dalle braccia le genti kṣatriya,
     	dalle cosce i ricchi e dai piedi sono nati i servi,

   7 	questa l'origine dei quattro varṇa o toro fra gli uomini,
     	e da qui altri differenti che sono noti come nati dalle mescolanze,

   8 	nati come kṣatriya sono gli ambaṣṭha, gli ugra, i vaidehaka, 
     	e poi gli śvapāka, i pulkasa, gli stena, i niṣāda i sūta e i māgadha,

   9 	gli āyoga, i karaṇa, i vrātya, e i caṇḍāla o signore di uomini,
     	questi nacquero dalla mescola dei quattro varṇa.'

  10 	Janaka disse:
     	' dal solo Brahmā come sono nate tante varietà di nascite dalla sua stirpe?
     	molte sono i lignaggi quaggiù al mondo o migliore dei muni,

  11 	come dunque nati dalla propria nascita sono diventati dei muni?, 
     	alcuni sono sorti di nascita śūdra e altri di nascita impura.'

  12 	Parāśara disse:
     	' o re, questo non si ottiene per una nascita bassa,
     	l'origine delle grandi anime, delle anime compiute si ha col tapas,

  13 	producendo figli qua e là o sovrano, i muni,
     	per il loro tapas li forniscono ancora dello stato di ṛṣi,

  14 	mio nonno un tempo e Ṛśyaśṛṅga il figlio di Kaśyapa,
     	Vaṭa, Tāṇḍya, e Kṛpa, Kakṣīvat, e altri con Kamaṭha in testa,

  15 	e Yavakrīta o sovrano, e Droṇa il migliore dei parlanti
     	Āyu, Mataṅga e Datta, e Drupada e Matsya,

  16 	tutti questi ottennero la loro natura usando il tapas o re dei videha,
     	applicandosi questi sapienti dei veda al controllo e al tapas,

  17 	quattro sono le origini dei gotra che sono sorti o principe,
     	Aṅgiras, Kaśyapa, e Vasiṣṭha e quindi Bhṛgu,

  18 	per altre azioni sono sorti altri gotra o principe,
     	che hanno avuto il nome dal tapas, questi li menzionano i buoni.'

  19 	Janaka disse:
     	' illustrami i dharma per i differenti varṇa o venerabile,
     	così come il dharma comune a tutti, tu ne sei esperto.'

  20 	Paraśara disse:
     	' accettare doni, sacrificare, e istruire o sovrano,
     	è il dharma specifico dei savi, per gli kṣatriya è il virtuoso proteggere,

  21 	il coltivare e allevare gli animali e il commercio è per i vaiśya,
     	e servire i ri-nati è l'agire degli śūdra o signore di uomini,

  22 	ti ho illustrato  i diversi dharma per i varṇa,
     	ascolta ora da me in dettaglio i dharma comuni a tutti,

  23 	assenza di crudeltà, non violenza, cura, condivisione,
     	compiere lo śrāddha, ospitalità, sincerità, assenza d'ira,

  24 	contentarsi delle proprie mogli, purezza, sempre assenza di malizia,
     	conoscenza di sé, e pazienza, questi sono i dharma universali o sovrano,

  25 	brahmani, kṣatriya e vaiśya sono i tre varṇa dei ri-nati,
     	loro qui sono autorizzati a praticare i dharma o migliore dei bipedi,

  26 	i tre varṇa impegnati in cose proibite decadono,
     	e si elevano restando nei propri compiti secondo virtù,

  27 	è stabilito che lo śūdra non decada, e neppure abbia diritto ai riti sacri,
     	non partecipa al dharma originato dai veda, ma non gli è proibito praticare il dharma,

  28 	i brahmani dotati delle scritture o grande re, dichiarono lo śūdra un fuori casta,
     	io vedo in lui o re di uomini, il dio Viṣṇu l'origine dell'intero universo,

  29 	gli inferioni che desiderano impegnarsi seguendo la condotta dei virtuosi,
     	pur senza le parole sacri non sono impuri, praticando i riti per la prosperità,

  30 	quale virtuosa condotta le genti inferiori praticano, 
     	di questa ottenendone le gioie, felicemente qui è nell'aldilà dormono.'

  31 	Janaka disse:
     	' quale agire e nascita rende impuro uno o grande muni?
     	a me è sorto un dubbio, questo tu mi devi illustrare.'

  32 	Parāśara disse:
     	' senza dubbio o grande re, entrambe sono foriere di colpa,
     	sia l'agire che la nascita, osservane le differenze, 

  33 	per la nascita e per il karma, persegue delle azioni impure,
     	l'uomo è impuro per nascita anche chi non compie il male,

  34 	per l'uomo di nascita superiore che pratica azioni vergognose,
     	il suo agire lo rende impuro, perciò l'agire lo fa non virtuoso.'

  35 	Janaka disse:
     	' quali azioni secondo il dharma al mondo o migliore dei ri-nati,
     	non sono violente verso gli esseri ovunque compiute?'

  36 	Parāśara disse:
     	' ascolta da me o grande re, quanto tu mi hai chiesto,
     	le azioni che sono prive di violenza sempre salvano l'uomo,

  37 	quelli che attendono al fuoco della rinuncia e guardano privi di ansie,
     	seguendo progressivamente la via del dharma che porta alla beatitudine,

  38 	bene educati, dotati di disciplina, sempre controllati, ben decisi,
     	raggiungono la sede priva di vecchiaia, abbandonando ogni azione,

  39 	tutti i varṇa compiendo rettamente atti nel dharma o re, e parlando sinceramente,
     	evitando il fiero adharma nel mondo dei vivi, vanno in paradiso non v'è d'aver qui dubbi.' 
     


                              CCLXXXVI


   1 	Paraśara disse:
     	' il padre, gli amici, i guru, e le donne non sono certo privi di qualità al mondo,
     	devoti a nient'altro, di gentili parole, e benefici e pure obbedienti o re,

   2 	il padre è la suprema divinità degli uomini, dicono che il padre sia superiore alla madre,
     	e dicono che supremo è ottenere la conoscenza, e vinti i sensi si raggiuge il supremo stato,

   3 	quando il principe sul campo di battaglia ottenga la morte nel fuoco di frecce e sia bruciato,
     	raggiunge i mondi ardui da avere per gli dèi, e gode dei frutti del paradiso a piacere,

   4 	non si deve colpire uno stanco, impaurito, perse le armi, che si lamenti, che abbia girato
     	la schiena, privo di insegne, debole, ferito, implorante, né vecchi o bambini o re,

   5 	uno che sia dotato di insegne e armi, pronto e di uguale stato,
     	questo kśatriya venga attaccato dal sovrano in battaglia,

   6 	l'uccisione da uno eguale, o da uno superiore è detta la miglior cosa,
     	l'uccisione dei sovrani da parte di un vile o di un codardo è biasimevole,

   7 	la morte avuta da un malvagio o di condotta simile e da un'inferiore o sovrano,
     	è detta una cattiva morte, e porta all'inferno così è stabilito,

   8 	nessuno salva o re, uno finito nelle fauci della morte,
     	e nessuno abbatte chi ha ancora un resto da vivere,

   9 	deve evitare qui le azioni che sono fatte per affetto,
     	ma non quelle di intenzione violenta, chi desidera una vita centenaria,

  10 	quando quelli di vita domestica desiderano la distruzione,
     	una morte splendente o caro, sia celebrata su isole fluviali,

  11 	raggiunta la fine della vita si ritorna ai cinque elementi,
     	senza causa appare questa, oppure avvenuta per cause,

  12 	dal corpo da cui è venuto prende un altro corpo,
     	che percorre la stessa strada, come si va da una casa all'altra,

  13 	non vi è una seconda causa né altra là vi si trova,
     	il corpo concentrato dei viventi vive tra gli esseri di liberazione, 

  14 	l'insieme di ossa, muscoli e nervi, pieno di materia impura e detestabile,
     	è l'incontro di elementi, dei sensi e dei guṇa,

  15 	coperto dalla pelle, i saggi sapienti dell'adhyātman dicono sia il corpo,
     	privato di qualità, è il corpo di chi è giunto alla morte,

  16 	abbandonato dal vivente, diviene privo di coscienza e di sensi, 
     	e la sua natura composta dagli elementi sprofonda nella terra,

  17 	e rinasce qua e là prodotto dal suo karma,
     	e questo corpo o re dei videha, muore dove sta,
     	e la sua natura appare un'altra e cessa ogni azione,

  18 	ma non rinasce o sovrano ancora per qualche tempo,
     	come anima vaga nel cielo come una grande nuvola,

  19 	e di nuovo nasce o re, ottenendo quaggiù un luogo o sovrano, 
     	l'anima è superiore alla mente, e la mente è superiore ai sensi,

  20 	le creature mobili sono superiori ai vari tipi di esseri o sovrano,
     	e i bipedi sono considerati i supremi tra mobili,
     	e i ri-nati sono considerati come i supremi tra i bipedi,

  21 	e tra i ri-nati o re dei re i dotati di saggezza sono tenuti per i migliori,
     	e tra i saggi i sapienti dell'anima, e tra i sapienti dell'anima i privi di orgoglio, 

  22 	la nascita degli uomini va verso la morte, così è stabilito,
     	le persone per i guṇa perseguono azioni che hanno fine,

  23 	chi vada alla monte quando il sole è nel percorso settentrionale,
     	in un momento e con costellazione puri o re, costui agisce da virtuoso,

  24 	staccandosi dal dolore, purificato dal male fatto alla gente
     	per la sua speciale morte, e compiute le sue azioni secondo la capacità,

  25 	la morte per veleno, per impiccarsi, e bruciando per mano di ladri,
     	e per i morsi degli animali si dice sia una morte volgare,

  26 	i puri nell'agire non compiono simili cose, né hanno intenzione,
     	di fare molte altre cose di tal fatta e volgari,

  27 	lasciando le loro vite i puri nell'agire vanno in cielo,
     	a metà i mediamente puri, e in basso i male agenti,

  28 	un solo nemico vi è, non vi è un secondo nemico pari all'ignoranza dell'uomo o re,
     	da quella coperto, unito ad essa compie crudeli e terribili azioni, 

  29 	essa, in chi si applica a conoscere secondo il dharma dei veda, e a servire gli anziani,
     	agendo con impegno o figlio di re, colpito dalla freccia della saggezza se ne va via,

  30 	studiando i veda, col tapas il brahamacārin, quanto può compia i cinque sacrifici,
     	vada nella foresta l'uomo che vuole il dharma, pensando al meglio, stabilita la discendenza,  

  31 	ma rinunciato ai beni terreni non si deprima,  
     	essere un umano sia pur un fuori casta in ogni caso è difficile da ottenersi,

  32 	questa nascita è la migliore che si possa ottenere o signore del mondo,
     	uno è capace di salvarsi compiendo azioni buone,

  33 	come dunque non avremo dei frutti da questa nascita? così o potente,
     	gli uomini praticano il dharma guardando all'autorità delle scritture,

  34 	l'uomo che ottenuta la condizione umana quaggiù, difficilissima da ottenere,
     	disprezzi il dharma, e diventi pieno di brama, veramente ne è espulso,

  35 	chi guardi con sguardo rivolto all'affetto o caro,
     	gli esseri simili a lanterne, finché quella luce non si spegne,

  36 	con gentilezze e donazioni, e pure con parole piacevoli,
     	fattosi uguale nel dolore e nella gioia, si rallegra nell'aldilà,

  37 	si pratichi il donare, la rinuncia, un'aspetto sublime, purificando il corpo con acqua e tapas,
     	sulla Sarasvatī, nella selva naimiṣa a puṣkara o in altri luogi sacri sulla terra,

  38 	per quelli che perdono la vita in casa per loro vi sia consacrazione e trasporto
     	con un carro, e siano condotti al crematorio, e bruciati con purificazioni secondo le regole,

  39 	riti di prosperità, sacrifici per sé e per altri, donazioni, praticare pure azioni,
     	quanto si può si consacri qualcosa agli avi, tutto questo l'uomo lo fa per sé,

  40 	i trattati del dharma, i veda con le loro sei parti o signore di uomini,
     	sono le cose migliori stabilite per l'uomo di instancabile agire.'”

  41 	Bhīṣma disse:
     	“ così tutto questo fu illustrato dal muni dalla grandissima anima,
     	al re dei videha un tempo riguardo al bene supremo o sovrano di uomini.”
     


                              CCLXXXVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ di nuovo Janaka il signore di mithilā interrogava 
     	il grand'anima Parāśara determinato nel supremo dharma:

   2 	' qual'è il meglio, qual'è la meta o brahmano? quale cosa facendo si perisce?
     	dove giunti non si ritorna? questo dimmi o grande muni.'

   3 	Parāśara disse:
     	' distacco e conoscenza sono la radice del meglio, la conoscenza è la via suprema,
     	la pratica del tapas non va distrutta, il seme nel campo non va distrutto,

   4 	quando tagliati i lacci dell'adharma ci si compiaccia nel dharma,
     	dando sicurezza e donazioni, allora si ottiene la perfezione,

   5 	di chi dona mille vacche e cento cavalli,
     	e sicurezza a tutti gli esseri, il suo dono cresce,

   6 	chi ha intelligenza anche vivendo in mezzo agli oggetti dei sensi non vi risiede,
     	vi risiede chi ha scarsa intelligenza tra i cattivi oggetti dei sensi,

   7 	l'adharma non aderisce al saggio come l'acqua su una foglia di loto,
     	abbondante male si attacca allo sciocco come la vernice al legno,

   8 	l'adharma riguardo alle sue cause non abbandona l'autore,
     	l'autore invero a tempo debito tutto quanto raggiunge,
     	le anime compiute che scorgono la vera anima non sono colpiti,

   9 	chi è intossicato dai sensi, dall'agire, e dalla ragione non se ne accorge,
     	e con l'anima intenta a cose buone e cattive cade nella grandissima paura,

  10 	chi sempre vive rettamente lasciata la passione, e vinta l'ira, 
     	anche agendo sugli oggetti dei sensi non si unisce al male,

  11 	non va in rovina chi fornisce colle prescrizioni morali una diga al dharma,
     	come un diga su un fiume in piena, costui senza dubbio diviene prospero,

  12 	come uno splendido gioiello messo alla luce, dall'incontro diventa puro,
     	così nel praticarlo lo yoga cresce o tigre fra i re,

  13 	come la qualità del sesamo combinato con fiori, da ciascuno di essi ha maggior fragranza, 
     	così il guṇa sattva degli uomini a misura dell'incontro con anime compiute sulla terra cresce, 

  14 	lasci la moglie, non sia fornito di buoni cavalli e veicoli, di riti di vario tipo,
     	un uomo quando abbia in mente il paradiso, allora ha la mente distaccata dagli oggetti,

  15 	l'uomo la cui mente sia attaccata agli oggetti, che mai pensi al bene dell'anima,
     	costui dalla mente che segue ogni cosa, va distrutto o sovrano, come un pesce dall'esca,

  16 	il mondo dei mortali si fonda sulla reciproca unione,
     	come una nave fatta di midollo di banano sprofonda,

  17 	non è stabilito un tempo all'uomo per il dharma, la morte non attende per l'uomo,
     	l'azione nel dharma è sempre buona, quando l'uomo si trova sulla bocca della morte,

  18 	come un cieco dentro la sua casa per l'abitudine si muove,
     	così il saggio con mente concentrata percorre il suo cammino,

  19 	la morte è stabilita nella nascita e la nascita è legata alla morte,
     	l'ignorante del dharma della liberazione, gira legato come una ruota,

  20 	come lo stelo del loto rapidamente si libera dal fango attaccato,
     	così l'anima dell'uomo quaggiù si libera dalla mente,
     	la mente ha desiderio dell'anima e si unisce ad essa,

  21 	chi agisce nel proprio interesse, chi pensa al proprio dovere,
     	essendo attaccato agli oggetti dei sensi si distacca dal proprio dovere,

  22 	una nascita vile ottiene l'anima bassa dalle sue azioni,
     	e la suprema meta in paradiso è invece qui del saggio,

  23 	come un liquido si versa in un recipiente di terracotta, 
     	così il corpo provato dal tapas ottiene il suo scopo,

  24 	chi ottiene gli oggetti dei sensi, invero senza dubbio non ne godrà,
     	l'anima che invece abbandona i beni, è determinato a goderne,

  25 	coperto dalla nebbia, devoto al proprio ventre e sesso,
     	quest'anima chiusa non trova la via come un cieco dalla nascita, 

  26 	come il mercante dal mare rettamente ottiene ricchezza,
     	così nel mare dei mortali il vivente esperto nell'agire la sua meta,

  27 	in questo mondo fatto di giorni e notti in forma di vecchiaia aggirandosi
     	la morte, divora gli esseri come il serpente fa col vento, 

  28 	il vivente nascendo ottiene il frutto delle proprie azioni,
     	nessuno ottiene qui qualcosa di piacevole o spiacevole senza aver agito prima,

  29 	che sia disteso, seduto o in cammino o occupato negli oggetti,
     	le azioni belle o brutte fatte prima raggiungono sempre l'uomo,

  30 	non avendo raggiunto l'altra riva ancora si impegna nell'attraversamento,
     	e difficile da ottenersi appare per chi è caduto nel grande mare,

  31 	come una nave troppo carica si tiene in acqua con una gomena, 
     	così la mente con l'impegno trattiene il corpo,

  32 	come gli altri fiumi vanno verso il mare mescolandosi,
     	così con lo yoga allora la natura primegina va a riunirsi,

  33 	gli uomini che hanno la mente attaccata a vari tipi di legami affettivi,
     	che seguono la prakṛti vanno distrutti come castelli di sabbia nell'acqua,

  34 	l'anima che sta nel corpo come in una casa e si purifica nei tīrtha,
     	che percorre la via dei saggi ha felicità quaggiù e nell'aldilà,

  35 	varie le cose unite ai tormenti, e poche quelle che portano gioia,
     	il lasciare tutte queste molte, e anche il proprio piacere dicono sia il bene per l'anima,

  36 	la schiera degli amici nata dal desiderio, i parenti che hanno sé come causa, 
     	la moglie, i servi e i figli godono della sua ricchezza,

  37 	né madre, né padre forniscono a qualcuno alcuna cosa
     	che sia ricchezza per il viatico, il vivente ottiene il frutto del proprio agire,

  38 	madre, figlio, padre, fratello, moglie e la gente amica,
     	sono come segni di conoscenza tracciati sulla ragnatela di un ragno,

  39 	tutte le azioni prima compiute, belle o brutte, raggiungono il proprio autore,
     	conoscendo come è stabilito il frutto del karma, l'anima spinge così l'intelletto,

  40 	di chi impegnandosi nell'agire, trova degli alleati,
     	nessuna delle sue imprese va mai perduta,

  41 	chi ha la mente unita, chi è concentrato, prode, intelligente e deciso,
     	non viene mai abbandonato dalla prosperità come il sole dai suoi raggi,

  42 	con fede e perseveranza, coi giusti mezzi, con intelligenza e senza orgoglio, 
     	qualsiasi cosa intraprendi l'anima virtuosa il suo scopo non va perduto,

  43 	ogni vivente ottiene fin dal grembo il legame con le proprie azioni belle e brutte che ha compiuto precendentemente,
     	e la morte inevitabile giunta a tempo debito lo distrugge come il lavoro fatto dal ferro riduce il legno in segatura,

  44 	la propria natura, ampie cose fatte da sé, continuità della stirpe, e accumulo di ampia ricchezza,
     	l'uomo tutto ottiene di quanto fatto con azioni fatte sia buone che cattive.'”

  45 	Bhīsma disse:
     	“così istruito Janaka o re, secondo verità dal saggio, 
     	avendo ciò udito, il migliore dei sapienti del dharma ne ottenne suprema gioia.”
     


                              CCLXXXVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ sincerità, pazienza, controllo, saggezza, ciò elogiano o nonno,
     	al mondo gli uomini sapienti, ma qual'è la tua opinione?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ qui ti racconterò una antica storia,
     	sulla conversazione tra i sādhya e un'oca selvatica o Yudhiṣṭhira,

   3 	l'eterno, non nato Prajāpati trasformatosi in un'oca d'oro
     	percorreva il trimundio e quindi incontrava i sādhya.

   4 	i sādhya dissero:
     	' o uccello, noi siamo gli dèi sādhya a te ci uniamo,
     	e ti chiediamo del dharma della mokṣa o signore, invero tu sei sapiente della mokṣa,

   5 	erudito sei, e nostro insegnante dal saggio eloquio, virtuose parole sono in te o alato, 
     	cosa ritieni tu sia il miglior bene o uccello? in cosa la tua mente si rallegra o grand'anima?

   6 	instruiscici su cosa dobbiamo fare o belle-ali, su quanto tu pensi sia il meglio da compiere,
     	che una volta compiuto, l'uomo si liberi rapido da tutti i legami o re dei volatili.'

   7 	l'oca selvatica disse:
     	'questo da fare ho udito o fruitori dell'amṛta, tapas, controllo, sincerità, custodia dell'anima, 
     	liberandosi di ogni nodo del cuore, si deve aver controllo di quanto è spiacevole e piacevole,

   8 	non causare tormenti, non usare parole crudeli, non si parli del supremo all'inferiore,
     	non usare parole che agitino l'altro, non dirne che feriscano o siano malvage al mondo,

   9 	le parole come frecce partono dalla bocca, chi da queste è colpito soffre giorno e notte,
     	esse cadono sulle parti vitali dell'altro, il sapiente non le scagli sugli altri,

  10 	se l'altro lo ferisca violentemente con parole come frecce si deve perdonare,
     	chi irritato di contro perdoni, costui si prende il karma buono dell'altro, 

  11 	chi trattenga la furia dell'offesa subita che brucia, spegnendo l'orgoglio,
     	con mente innocente, contento e senza invidia, si prende i meriti degli altri,

  12 	in maniera offensiva io non dico nulla, io perdono sempre quando sono ferito,
     	i nobili dicono che la miglior cosa sia il perdono, la sincerità, l'onestà, e la non crudeltà,

  13 	il segreto dei veda è la verità, il segreto della verità è l'autocontrollo,
     	il segreto dell'autocontrollo è la liberazione questi sono tutti gli insegnamenti,

  14 	violenza di parole, violenta ira della mente, violenza di desideri, e di ventre e sesso,
     	chi distrugga queste violenze sorte, io ritengo che sia un brahmano e un muni,

  15 	chi non si irrita è superiore agli adirati, e il paziente è superiore all'impaziente,
     	l'uomo è superiore ai non umani, e dell'ignorante è migliore il sapiente,

  16 	essendo offesi non si deve offendere, sopportando la furia, 
     	si brucia l'offensore e si prendono i suoi meriti,

  17 	chi ben saldo non dica cose crudeli o piacevoli, chi colpito da saggio non colpisca, 
     	e non voglia il male del colpitore, costui è sempre desiderato dagli dèi,

  18 	deve perdonare il peggiore come fosse il migliore,
     	l'offeso, il colpito e calunniato, cosi raggiunge la perfezione:

  19 	'sempre io saldo servo i nobili spiriti, io non ho brama, né collera,
     	anche se desidero ottenere non procedo, in nessuna cosa vado con disonestà,

  20 	maledetto, io di contro non maledisco, io so che il controllo è la porta dell'immortalità,
     	del brahman segreto io parlo, non vi è nulla di migliore dello stato di umano, 

  21 	liberandosi dai mali come la luna dalle ricchezze,
     	privo di passioni l'intelligente attendendo il tempo con intelligenza ha successo,

  22 	chi sia venerabile per tutti, come una splendida colonna che spunta in alto, 
     	a cui dicano parole di elogio, costui dall'anima controllata raggiunge gli dèi.'

  23 	così non vogliono dire le nobili qualità in un uomo,
     	come non vogliono parlare delle loro mancanze quelli che le vedono,

  24 	chi custodisce parola e pensiero e rettamente sempre le trattiene,
     	tutto questo egli otterrà: veda, tapas e rinuncia,

  25 	il saggio cresce per il rimprovero e le offese dello sciocco,
     	percio non si deve far crescere l'altro per non colpire sé stesso,

  26 	il ri-nato sia contento per il non rispetto come per l'amṛta,
     	il disprezzato dorme felice, e chi lo disprezza va in rovina,

  27 	quanto l'arrabbiato sacrifichi, o doni, o quanto pratichi il tapas e quanto dà in oblazioni,
     	tutto questo di lui se lo prende il figlio di Vivasvat, e vana è la fatica dell'irato,

  28 	di chi le quattro porte sono molto custodite o supremi immortali,
     	i genitali, il ventre, le mani e la parola per quarta, costui è un sapiente del dharma, 

  29 	verità, controllo, onestà assenza di crudeltà, fermezza, pazienza chi persegue,
     	sempre intento agli studi, senza desiderio degli altri, solitario, costui ha la meta in cielo,

  30 	come il vitello succhia tutte le quattro mammelle,
     	non vi è nulla in nessun luogo che purifichi come la verità, 

  31 	io vi dichiaro che muovendomi tra gli uomini e gli dèi, 
     	la sincerità è la scala del paradiso, come una nave per l'altra sponda,

  32 	con quali cose vive, e quali cose persegua,
     	e quale cosa voglia diventare, in tal modo diviene l'uomo,

  33 	chi frequenti il virtuoso o il malvagio, l'asceta o il ladro,
     	come la veste prende il colore, così egli di essi andrà preda,

  34 	sempre gli dèi conversano coi virtuosi, non vanno a vedere il mondo umano,
     	chi sa che il mondo è variegato, non è uguale né alla luna né la vento,

  35 	agitando cose nobili in fondo al cuore l'uomo,
     	di costui saldo sul sentiero dei virtuosi gli dèi si rallegrano,

  36 	gli uomini che sono sempre intenti a sesso e ventre, i ladri, quelli sempre di male parola,
     	anche se purificati, conoscendoli gli dèi se ne vanno lontano,

  37 	gli dèi non sono contenti del privo di sattva, che tutto mangia, o agisce malamente,
     	gli uomini di compiuta sapienza saldi nella verità, devoti al dharma, con questi condividono,

  38 	il non parlare dicono meglio del parlare, dire la verità è il secondo parlare, 
     	parlare del dharma è il terzo parlare, dire cose piacevoli è il quarto parlare.'

  39 	i sādhya dissero:
     	' da cosa è coperto il mondo e per cosa non splende?
     	per quale motivo si lasciano gli amici, e non si raggiunge il paradiso?'

  40 	l'oca selvatica disse:
     	' il mondo è coperto dall'ignoranza, per la gelosia non splende,
     	per avidità abbandona gli amici, per l'attaccamento non va in paradiso.'

  41 	i sādhya dissero:
     	' chi solo dei brahmani è felice? e chi da solo ha l'approvazione di molti?
     	chi è il solo che è forte e pure debole? chi di loro non pratica le dispute?'

  42 	l'oca selvatica disse:
     	' solo il saggio dei brahmani è felice, solo il saggio è approvato da molti,
     	solo il saggio è forte pur essendo debole, il saggio fra essi non persegue le dispute.'

  43 	i sādhya dissero:
     	' qual'è la divinità dei brahmani, e cosa è detta virtù?
     	qual'è per loro la non virtù? e qual'è di loro lo stato umano?'

  44 	l'oca selvatica disse:
     	' i loro studi sono la divinità, il voto è chiamato la virtù,
     	la censura è la non virtù, la morte è detta la loro umanità.'”

  45 	Bhīṣma disse:
     	“così fu raccontata la conversazione sul bene supremo dei sādhya,
     	il corpo è l'origine delle azioni, e la sincerità si dice la natura dei virtuosi.”
     


                              CCLXXXIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ del sāmkhya e dello yoga o caro, in dettaglio mi devi parlare,
     	tu hai o omnisciente, conoscenza di ogni cosa, o migliore dei kuru.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ i seguaci del sāṃkhya elogiano questa, e gli yogin tra i ri-nati lo yoga,
     	e la dichiarano con molte prove la migliore per la superiorità della loro parte, 

   3 	chi è senza dio come può trovare la liberazione, così o tormenta-nemici,
     	per questo motivo i saggi yogin rettamente lo dichiarano migliore,

   4 	i ri-nati seguaci del sāṃkhya rettamente dicono questo argomento,
     	chi conosce tutte le vie è distaccato dagli oggetti mondani,

   5 	e uscito dal suo corpo è chiarissimo che si libera, così e non altrimenti,
     	questo dicono i grandi saggi, del sāṃkhya come dottrina della liberazione,

   6 	si adottano abili e utili parole a motivo della propria parte,
     	e per quelli nell'opinione dei buoni come te devono avere l'opinione dei virtuosi,

   7 	gli yogin si affidano all'evidenza, i seguaci del sāṃkhya alle parole delle scritture,
     	e entrambe queste opinioni sono vere per me o caro Yudhiṣṭhira,

   8 	entrambe queste opinioni e conoscenze sono approvate dai virtuosi o sovrano,
     	praticate secondo le scritture, condurranno alla suprema meta,

   9 	entrambe hanno la stessa purezza, e compassione per gli esseri o senza-macchia, 
     	uguale hanno la fermezza dei voti, ma la visione non è uguale alle due.”

  10 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ se hanno uguale voto, purezza e compassione o nonno,
     	perché non hanno uguale visione? questo dimmi o nonno.”

  11 	Bhīṣma disse:
     	“ passione, errore, attaccamento, lussuria, l'intera ira,
     	dallo yoga per primo eliminando questi cinque vizi si raggiunge la meta,

  12 	come grandi pesci tagliando la rete di nuovo raggiungono
     	l'acqua, così gli yogin liberati dalle colpe vanno alla loro meta,

  13 	e così tagliate le reti come fanno i forti animali,
     	ottengono la via luminosa, liberi da ogni vincolo,

  14 	i pieni di forza o re, i legami nati dall'avidità,
     	tagliando, gli yogin taggiungono la suprema via, pura e fausta,

  15 	e come gli animali deboli o re, nelle reti, gli altri
     	periscono, senza dubbio finché sono privi della forza dello yoga,

  16 	come i grandi pesci di poca forza caduti nella rete,
     	trovano la fine o re dei re, così pure gli yogin di debole forza,

  17 	come gli uccelli piccoli, caduti nella rete o uccisore di nemici,
     	là intrecciati periscono, e si liberano quelli dotati di forza,

  18 	così gli yogin legati dalle catene nate dal karma o tormenta-nemici,
     	se deboli periscono, e se dotati di forza si liberano,

  19 	come un piccolo fuoco o re, se debole si spegne,
     	coperto da eccessivo combustibile, così lo yogin è debole o potente,

  20 	e quando invero o re, il fuoco diviene forte di nuovo,
     	alimentato dal vento può bruciare in fretta anche l'intera terra,

  21 	così lo yogin rinforzatosi, di accesa energia e di grande forza,
     	come il sole di fine era, può diseccare l'intero universo,

  22 	come un uomo debole o re, dal fiume è trascinato,
     	così lo yogin privo di forza dagli oggetti mondani è rapito senza volerlo,

  23 	come dunque un elefante ferma la corrente,
     	così acquitata la forza dello yoga spazza via i molti oggetti mondani,

  24 	gli yogin dotati della forza dello yoga o pṛthāde, liberamente entrano
     	nei ṛṣi, negli dèi, nei signori delle creature, e sono signori dei grandi esseri,

  25 	né Yama, né il Distruttore infuriato, né la morte ha terribile ardimento,
     	tutti questi o sovrano comandano gli yogin di incomparabile energia,

  26 	molte migliaia di sé stessi o toro dei bhārata,
     	lo yogin può fare acquistata la forza, e con tutti costoro può percorrere la terra,

  27 	e può ottenere gli oggetti mondani e ancora praticare un fiero tapas,
     	e ancora ritirare le sue splendide qualità o pṛthāde, come fa il sole, 

  28 	lo yogin saldo nella forza, signore dei legami del mondo o sovrano,
     	senza dubbio ha raggiunto la liberazione che è lo splendore di Viṣṇu,

  29 	molte forze ti ho illustrato nello yoga o signore di popoli,
     	ti parlerò ancora di quelli minuti per farti degli esempi,

  30 	riguardo alla concentrazione nella profonda meditazione dell'anima o potente,
     	ascolta da me dei piccolo esempi o toro dei bhārata,

  31 	come un arciere con cura colpisce il bersaglio mirato,
     	così rettamente concentrato lo yogin ottiene senza dubbio la liberazione,

  32 	come fissata la mente immobile sul vaso pieno d'olio,  
     	l'uomo attento sale una scala con mente concentrata,

  33 	così lo yogin concentrando sé stesso senza vacillare o principe,
     	rende pura la sua anima simile all'immagine del sole,

  34 	e come il marinaio o kuntīde, con attenzione la nave
     	conduce rapida sul grande mare, alla città,

  35 	così il vero sapiente concentrato nello yoga conduce sè nel samādhi,
     	e ottiene uno stato arduo da avere, lasciando il suo corpo o sovrano,

  36 	come l'auriga aggiogando con grande attenzione gli ottimi cavalli,
     	li conduce rapidi, al luogo voluto dall'arciere o toro tra gli uomini,

  37 	così o sovrano lo yogin concentrato nelle sue meditazioni,
     	ottiene rapido il supremo stato come una freccia scagliata il bersaglio,

  38 	lo yogin che assorbendo sé stesso in sé, se ne sta immobile,
     	distrutti i mali, ottiene lo stato senza vecchiaia dei maestri di yoga,

  39 	nell'ombelico, nella gola, in testa, nel cuore, nel petto, nei fianchi,
     	nella vista, nel tatto, e anche nell'odorato o incomparabile per valore,

  40 	in tutti questi luoghi, lo yogin che è dotato di grandi voti,
     	da sé unisce rettamente l'anima sottile o sovrano di popoli,

  41 	rapidamente costui di pura saggezza avendo bruciato azioni belle e brutte,
     	restando saldo nel supremo yoga, se lo vuole trova la liberazione.”

  42 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quali tipi di pasti deve fare, e quali cose vincendo o bhārata,
     	lo yogin ottiene la forza? questo mi devi dire o signore.”

  43 	Bhīṣma disse:
     	“ saldo nel nutrirsi di granaglie, e di mangiare gli scarti dell'olio,
     	e concentrato nell'evitare attaccamenti, lo yogin ottiene la forza,

  44 	nutrendosi a piacere di cibo spiacevole per molto tempo o uccisore di nemici,
     	godendone con anima purificata, lo yogin ottiene la forza,

  45 	alle quindicine, ai mesi, alle varie stagioni, vivendo in luogo nascosto,
     	bevendo acqua mescolata con latte, lo yogin acquista la forza,

  46 	o anche sempre per un mese intero o signore di uomini,
     	rettamente digiunando, coll'anima purificata, lo yogin acquista la forza,

  47 	vincendo desiderio ed ira, caldo e freddo, e la pioggia,
     	la paura e il sonno, il respiro, e gli oggetti dei sensi umani,

  48 	l'ansia ardua da vincere, e la terribile sete o principe,
     	e tutti i contatti, e pure la pigrizia ardua da vincere o migliore dei sovrani,

  49 	quelle grandi anime accendono da sé stessi l'anima sottile,
     	privi di passioni, con grande saggezza, forniti di studi e meditazione,

  50 	ardua è ritenuta questa via dai brahmani sapienti,
     	nessuno viaggia in essa con tranquillità o toro dei bhārata,

  51 	come una terribile foresta con molti serpenti e rettili,
     	piena di voragini, priva d'acqua, con molti impedimenti e ardua da attraversare,

  52 	è simile ad una foresta priva di cibo, cogli alberi bruciati dal fuoco,
     	e piena di ladri questa via che con tranquillità percorre un giovane,

  53 	alcuni ri-nati che hanno raggiunto la via dello yoga ne godono,
     	ma chi facilmente abbandona questa via e chiamato uno di molte colpe,

  54 	facilmente in queste appuntite e affilate come rasoi o signore della terra,
     	concentrazioni dello yoga, è arduo sostenersi per le anime incompiute,

  55 	le perdute concentrazioni o caro, conducono ad una meta infausta,
     	gli uomini come una nave senza guida nell'oceano o sovrano, 

  56 	chi resta saldo o kuntīde nelle concentrazioni secondo le regole,
     	si libera di morte e rinascita, del dolore e delle gioie,

  57 	in molti trattati dello yoga questo è interamente stabilito,
     	il supremo yoga che invero è interamente determinato tra i ri-nati,

  58 	il supremo è il brahman la grande anima totale, Brahmā il grazioso Signore e Viṣṇu,
     	Bhava, e Dharma, Ṣaḍānana, e i sei figli di Brahmā, di grande natura,

  59 	il cattivo tamas, e il grandissimo rajas, e il puro sattva, e la suprema prakṛti,
     	Siddhi la dea moglie di Varuṇa, e l'intera energia, e la grandissima intelligenza,

  60 	il puro signore delle stelle, con le stelle, i viśvadeva, gli uraga, e gli avi,
     	le intere rocce e le nubi terribili, tutti i fiumi colle selve e i rampicanti,

  61 	i nāga e gli alberi, le schiere di yakṣa, le moltitudini di gandharva, uomini e donne,
     	tutti questi raggiungendo lo yogin grand'anima può entrarvi e presto uscirne.

  62 	questa storia o sovrano che è connessa al dio di grande valore e intelligenza è sublime,
     	l'anima di Nārāyaṇa grand'anima, compie la superiorità di tutti gli yogin mortali.”
     


                              CCXC


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ rettamente tu o sovrano, mi hai illustrata la via dello yoga,
     	approvata dai virtuosi, secondo le regole, benevolente come verso un discepolo, 

   2 	ora interamente della dottrina dello sāṃkhya parla, a me che te lo chiedo,
     	tu sai ogni conoscenza che esiste nei tre mondi.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ ascolta da me questa verità dei seguaci del sāṃkhya dall'anima sapiente,
     	stabilita dagli asceti di saggezza, dai signori a cominciare da Kapila,

   4 	nella quale nessun dubbio appare esservi o toro fra gli uomini,
     	nella quale vi sono molte qualità, e l'intera distruzione delle colpe,

   5 	calcolando colla conoscenza che gli oggetti mondani hanno falli o sovrano,
     	che tutti gli oggetti umani e demoniaci sono ardui da vincere,

   6 	conosciuti gli oggetti dei rākṣasa e quelli degli yakṣa,
     	e conosciuti quelli degli uraga, e gli oggetti dei gandharva,

   7 	conosciuti pure quelli degli avi, e quelli di chi vive da animale o sovrano,
     	e conosciuti gli oggetti dei sensi degli uccelli, e quelli dei marut,

   8 	e conosciuti quelli dei ṛṣi fra i re, e quelli dei ṛṣi brahmani,
     	e conosciuti quelli degli asura, e pure dei viśvadeva,

   9 	e conosciuti quelli degli dèi, e pure quelli dei signori dello yoga,
     	e quelli dei signori delle creature, e quelli di Brahmā,

  10 	e determinato secondo verità la suprema misura della vita al mondo,
     	e conosciuta la suprema verità della felicità o migliore dei parlanti,

  11 	e giunto il momento in cui gli intenti ai piaceri cadono nel dolore,
     	e cadono in nascite inferiori, e cadono dolorosamente nell'inferno,

  12 	e le intere qualità del paradiso, e tutte le colpe o bhārata,
     	e tutti i falli menzionati dai veda e pure le qualità vediche,

  13 	e i falli nella conoscenza dello yoga e le qualità che sono nello yoga o sovrano, 
     	e i falli e le qualità che vi sono nella conoscenza del sāmkhya,

  14 	e conosciuto il sattva dalle dieci qualità e il rajas dalle nove qualità,
     	e conosciuto il tamas dalle otto qualità, e la buddhi dalle sette qualità,

  15 	e consociuto lo spazio dalle sei qualità, e la mente dalla cinque qualità,
     	e conosciuta la buddhi dalle quattro qualità, e il grande tamas dalle tre qualità,

  16 	e conosciuto il rajas dalle due qualità, e ancora il sattva dall'unica qualità, 
     	e conoscendo in verità la via che guarda alla distruzione,

  17 	dotati di sapienza e conoscenza, pervasi da queste sublimi cause, 
     	ottengono la sublime liberazione, come le anime sottili il supremo cielo,

  18 	sapendo la vista legata alle forme, e l'odorato alla qualità dell'odore,
     	e l'udito legato al suono, e il gusto alle qualità dei sapori,

  19 	e il tatto legato al corpo, e il vento legato allo spazio,
     	l'errore legato al tamas, e l'avidità legata alle ricchezze,

  20 	Viṣṇu al camminare, Śakra alla forza, e il fuoco gastrico legato al ventre,
     	e la dea terra legata alle acque, e le acque sono collegate al tejas,

  21 	e il tejas è legato a Vāyu, e Vāyu è collegato allo spazio,
     	e lo spazio è legato al mahat, e il mahat è legato alla buddhi,

  22 	la buddhi è legata al tamas, e il tamas è collegato al rajas,
     	e il rajas è legato al sattva, e il sattva è legato all'anima,

  23 	e l'anima è legata al Signore, al dio Nārāyaṇa,
     	il dio è collegato alla liberazione, e la liberazione non è legata a null'altro,

  24 	conosciuto che il corpo avvolto dalle sedici qualità è unito al sattva,
     	e conosciuta che la propria natura e la coscienza, sono collegate al corpo,

  25 	e che l'anima ne è solo testimone, in cui non vi è alcun male,
     	e conoscendo la seconda azione o sovrano, quella dei dediti ai piaceri,

  26 	e che tutti i sensi e gli oggetti dei sensi sono legati all'anima,
     	e il prāṇa e l'apāna, il samāna, e il vyāna e l'udāna, in piena verità,

  27 	e conosciuto il vento verso il basso, e anche il vento pravaha,
     	e quindi i sette venti rimanenti rettamente divisi in sette parti,

  28 	e i signori delle creature, i ṛṣi, e le moltissime eccellenti vie,
     	e conosciuti i sette ṛṣi e i molti ṛṣi tra i re, o tormenta-nemici,

  29 	e i grandi ṛṣi divini, e gli altri grandi ṛṣi splendidi come soli,
     	e conosciuti quelli espulsi dalla sovranità, per grande tempo o sovrano,

  30 	e saputa la distruzione delle schiere dei grandi esseri o principe,
     	e conosciuta la infausta fine di chi agisce nel male o sovrano,

  31 	e i dolori di quelli caduti nel fiume infernale, nella dimora di Yama,
     	e delle rinascite infauste in vari tipi di grembi,

  32 	e il risiedere in un ventre impuro, ricettacolo di acque e sangue,
     	tra feci, urine e umori, pieno di fieri odori,

  33 	unito a sperma e sangue, avvolto da grasso e vene e tendini,
     	pieno di centinaia di vene, in questa impura città dalle nove porte,

  34 	e conosciuto il proprio bene e i vari attaccamenti o sovrano, 
     	dei viventi tamasici, dall'anima avvolta dai piaceri,

  35 	e dei viventi sattvici la natura biasimevole o toro tra i bhārata,
     	e proibita riguardo la ricchezza dai grandi seguaci del sāṃkhya dall'anima saggia,

  36 	e i terribili portenti della luna e del sole,  
     	vedendo, e il cader delle stelle, l'inversione delle costellazioni,

  37 	conoscendo la miserevole separazione delle coppie o sovrano,
     	e veduto l'impuro nutrirsi l'uno dell'altro degli esseri,

  38 	e conoscendo la confusione nella fanciullezza, e l'infausta distruzione del corpo,
     	e dove ci si affida al sattva quando si è presi da furia e confusione,

  39 	un uomo su mille si affida alla buddhi della liberazione,
     	e conoscendo la difficoltà della liberazione tramandata dalle scritture,

  40 	e il riguardo per quanto non ottenuto e anche l'indifferenza per l'ottenuto,
     	e conoscendo ancora il male degli oggetti mondani, o sovrano,

  41 	e veduti i corpi infausti dei morti o kuntīde, 
     	e conoscendo il doloroso risiedere dei viventi nelle famiglie o bhārata,

  42 	conosciuta la fine dei terribili e decaduti brahmanicida, 
     	e dei cattivi brahmani attaccati al bere alcolici,
     	conosciuta la fine infausta di chi viola la moglie del guru,

  43 	e quelli che non si comportano rettamente verso le madri o Yudhiṣṭhira,
     	i gli uomini che non si comportano così verso i mondi e gli dèi,

  44 	con questa conoscenza riconoscendo la fine di chi agisce male,
     	e conoscendo le mete di ciascuno di quelli finiti in grembi inferiori,

  45 	e le varie parole dei veda, e il ritornare delle stagioni,
     	il finire degli anni, e pure la fine dei mesi,

  46 	e veduta la fine delle quindicine, e il terminare dei giorni,
     	veduta la fine del crescere della luna davanti ai propri occhi,

  47 	veduta la crescita dei mari, e ancora la loro decrescita,
     	e il finire delle ricchezze, e ancora la loro crescita,

  48 	veduta la fine delle unioni, e specialmente degli yuga,
     	veduta la distruzione delle montagne e quella dei fiumi,

  49 	e veduta la distruzione dei varṇa, e ripetutamente la fine della distruzione,
     	e veduta vecchiaia e morte e la nascita e i dolori,

  50 	e conoscendo i vizi dei corpi e il loro dolore in verità,
     	e conoscendo rettamente l'agitazione dei corpi o bhārata,

  51 	e conoscendo tutti i propri falli attaccati all'anima,
     	e conoscendo gli odori cattivi che escono dal proprio corpo.” 

  52 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quali falli tu vedi sorgere dalle proprie membra o incommensurabile per valore?
     	di questo mio dubbio tu mi devi interamente parlare in verità.”

  53 	Bhīṣma disse:
     	“ dicono che sono cinque i falli nel corpo o potente, i saggi
     	seguaci del sāṃkhya e di Kapila, sapienti delle vie, ascoltali o uccisore di nemici,

  54 	desiderio, ira, paura, sonno e il sospiro è detto il quinto,
     	questo falli appaiono in tutti i corpi dei viventi,

  55 	essi eliminano l'ira con la pazienza, il desiderio con l'abbandono delle aspettative,
     	il sonno con la pratica del sattva, e la paura con la vigilanza,
     	eliminano anche il sospiro per quinto col mangiare poco o sovrano,

  56 	conoscendo le qualità da centinaia di esse, e i falli da centinaia di essi,
     	conoscendo in verità le varie cause da centinaia di varie cause,

  57 	che il mondo è simile alla schiuma delle acque avvolto dalle cento illusioni di Viṣṇu,
     	come una parete dipinta, vuoto come il midollo di canna,

  58 	vedutolo simile a scuro pozzo, somigliante a bolle di pioggia,
     	pronto alla distruzione, privo di felicità, che va alla morte come finale distruzione,
     	immerso in rajas e tamas, come un elefante senza aiuto nel fango,

  59 	i seguaci del sāṃkhya di grande saggezza, lasciato il corpo di creatura,
     	con la grande e diffusa conoscenza che si deve conoscere col sāṃkhya,

  60 	gli odori cattivi rajasici e quelli dello stesso tipo tamasici,
     	e i puri profumi sattvici, attivi nei corpi e nati dai contatti,
     	eliminando coll'arma della conoscenza e col bastone del tapas o bhārata,

  61 	quindi le terribili acque del dolore, il grande lago di ansie e sofferenze,
     	con malattie e morte per coccodrilli, la grande paura per suoi uraga,

  62 	il tamas le tartarughe, il rajas i pesci, con la saggezza questo attraversano,
     	che ha il fango dell'attaccamento, la vecchiaia per difficoltà, i contatti per alberi, o uccisore di nemici,

  63 	le azioni per fosse, la verità per riva, i voti per pontoni,
     	la violenza per veloce corrente, i vari sapori per larghezza,

  64 	i vari piaceri per gemme, dolori e febbri per venti,
     	sofferenza e brame per grandi gorghi, le fiere malattie per grandi elefanti, 

  65 	i mucchi d'ossa per pontili, la flegma per schiuma o uccisore di nemici,
     	i doni per mucchi di perle, ha questo terribile lago di sangue privo di alberi,

  66 	risa e urla per frastuono, le varie scienze le sue difficoltà,
     	lamenti, lacrime e impurità per sale, la rinuncia agli attaccamenti per rifugio,

  67 	ancora le nascite per i mucchi di mondi, figli e famigliari per città
     	non violenza e verità per confini, il suicidio per grandi onde,

  68 	la conoscenza dei vedānta per isola, la pietà per tutti gli esseri per acqua,
     	la liberazione il suo arduo scopo, con la testa equina è questo oceano,

  69 	i muni perfezionati dallo yoga della conoscenza lo attraversano o bhārata,
     	e passata la difficile nascita entrano nel purissimo cielo,

  70 	quindi Sūrya coi suoi raggi trasporta i perfetti seguaci del sāṃkhya,
     	portandoli avanti nei mondi come entrati nello stelo di un loto,

  71 	quindi Vāyu portandoli afferra o bhārata,
     	questi asceti perfetti, privi di passioni, valorosi e ricchi in tapas,

  72 	sottile, fresco profumatissimo, e dolce al contatto o bhārata,
     	il migliore dei sette marut, viaggia verso i mondi sublimi,
     	egli li trasporta o kuntīde, alla suprema meta del cielo,

  73 	il cielo li porta o signore del mondo, alla suprema meta del rajas,
     	il rajas o re dei re, li porta alla suprema meta del sattva,

  74 	il sattva porta queste anime pure al supremo Signore Nārāyaṇa,
     	il Signore, pura anima, da sé li porta all'anima suprema,

  75 	e raggiunta l'anima suprema divenuti questa dimora senza macchia,
     	meritano l'immortalità, e non ritornano o potente,
     	suprema questa meta o pṛthāde appartiene alle grandi anime aldilà degli opposti.”

  76 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"raggiunto lo stato supremo, il Beato dio, costoro dai saldi voti,
     	ricordano nascite e morti oppure no o senza-macchia?

  77 	quale sia qui la verità, rettamente tu me lo devi dire,
     	a parte te, non vi è altro uomo a cui possa chiedere o kaurava,

  78 	un grande fallo ha questa liberazione, raggiunta la perfezione, i ṛṣi morti,
     	se gli yati qui vivono in un'altra coscienza,

  79 	io vedo il dharma legato all'agire superiore o sovrano,
     	di chi sprofonda in un'altra coscienza cosa vi può essere di più doloroso?"

  80 	Bhīṣma disse:
     	“ questa tua domanda richiesta rettamente o caro, è difficile,
     	su questa domanda vi è la confusione dei saggi o toro dei bhārata,
     	anche qui ascolta la suprema verità rettamente da me pronunciata,

  81 	laddove le grandi anime seguaci di Kapila hanno messo la suprema intelligenza,
     	pure i sensi sono percepiti dall'anima all'interno del corpo o sovrano,
     	che sottile, guarda con quelli che sono i suoi propri strumenti,

  82 	separati dall'anima sono simili a malte sul legno,
     	vanno perduti se non uniti al corpo come la schiuma nell'oceano,

  83 	coi sensi del corpo addormentato o tormenta-nemici,
     	l'anima sottile, agisce ovunque come il vento nel cielo,

  84 	esa vede rettamente, e tocca quanto si può toccare o potente,
     	percependo interamente come prima qui o bhārata,

  85 	tutti i sensi sono regolarmente nella propria sede, 
     	e senza sostegno si estinguono, come serpenti privati del veleno,

  86 	nelle loro sedi per tutti i sensi interamente,
     	l'anima sottile agisce percorrendone i percorsi, non vi è dubbio,

  87 	tutte le qualità del sattva, e pure le qualità del rajas,
     	e tutte le qualità del tamas, e le qualità della buddhi o bhārata,

  88 	e le qualità della mente, così pure le qualità dello spazio,
     	e le qualità del vento o anima giusta, e anche le qualità del tejas,

  89 	e le qualità dell'acqua o pṛthāde, e le qualità della terra,
     	con le qualità dall'anima universale, l'anima personale ottiene o Yudhiṣṭhira,

  90 	e l'Atman e le azioni buone e cattive raggiungo l'anima,
     	come i discepoli il maestro, così i sensi ella o illustre,

  91 	superata la natura va ella all'anima eterna,
     	alla suprema anima di Nārāyaṇa, suprema indifferenza alla natura,

  92 	liberato da meriti e peccati, entra nella salubrissima,
     	anima suprema, priva di qualità, e non ritorna o bhārata,

  93 	quanto resta o caro, è la mente e i sensi o bhārata,
     	essi tornano a tempo debito, a compiere i voleri del Maestro,

  94 	è capace in breve tempo di ottenere la pace chi cerca i guṇa,
     	e così dotato o kuntīde, unito alla conoscenza anche chi cerca la liberazione,

  95 	i seguaci del sāṃkhya di grande saggezza, raggiungono la suprema meta,
     	di questa conoscenza o kuntīde non se ne trova una pari,

  96 	qui non aver dubbi, la conoscenza del sāṃkhya è ritenuta la suprema,
     	imperitura, eterna, essa era un tempo il brahman eterno, non manifesto,

  97 	senza principio né fine né metà, indifferente, è il creatore di tutto,
     	e che sta sempre in alto, ed è quanto dicono le anime in pace,

  98 	da esso sorgono tutte le modificazioni, creazioni e distruzioni,
     	è quanto si elogia nelle scritture e di cui parlano i supremi ṛṣi,

  99 	tutti i savi e gli dèi e pure le genti sapienti dei veda,
     	vengono da questo, il supremo Brahmā il dio infinito e incrollabile,

 100 	i savi sapienti dei guṇa, che lo desiderano ne parlano,
     	e rettamente, i concentrati yogin, e i sāmkhya dall'infinita visione, 

 101 	di questo senza forma o kuntīde il sāṃkhya è la forma, così si sa,
     	e dicono che sia la sua conoscenza e i suoi poteri o toro dei bhārata,

 102 	gli esseri qui sulla terra sono di due tipi o signore della terra,
     	sono detti quelli mobili e quelli immobili, e i mobili sono superiori,

 103 	la grande conoscenza che vi è o re, nei grandi veda, nei sāṃkhya e nello yoga,
     	e che fu vista nei vari purāṇa, viene interamente dal sāṃkhya,

 104 	e che fu vista nelle grandi storie, e nei trattati sull'artha elogiati dai virtuosi,
     	e qualunque conoscenza vi è qui al mondo, è venuta dal sāṃkhya o potente grand'anima,

 105 	la pace interiore vista come forza suprema, e la conoscenza sottile menzionata dalle regole,
     	i tapas e le sottili gioie, sono stabilite rettamente nel sāṃkhya o re,

 106 	in modo diverso o pṛthāde i sāṃkhya raggiungolo gli dèi in eterna felicità,
     	e in essi si identificano, e finiti i meriti, cadono di nuovo tra i savi e gli asceti,

 107 	e lasciato il corpo i sāṃkhya raggiungono la liberazione, come i celesti in cielo o pṛthāde,
     	questi ri-nati grandi devoti del prezioso sāṃkhya approvato dai buoni o principe,

 108 	per loro non si vede un percorso obliquo, né giungono alla vile dimora dei malvagi, 
     	nè degli ignoranti, questi ri-nati che sono intenti a questa conoscenza o sovrano,

 109 	il sāṃkhya è l'ampio e supremo purāṇa, l'oceano puro dalle piacevoli acque,
     	e interamente il grand'anima Nārāyaṇa o sovrano, regge l'incomparabile sāṃkhya,

 110 	di ciò io o dio degli uomini, ti ho detto in verità, Nārāyaṇa è il purāṇa universale,
     	egli al momento della creazione la compie, e al tempo della distruzione la ridivora.”
     
     	
     	


                              CCXCI
        

   1     Yudhiṣṭhira disse:
    	“ cos'è detto l'imperituro da cui non si ritorna?
     	e cos'è detto il perituro da cui si ritorna?

   2 	le particolarità del perituro e dell'imperituro o uccisore di nemici io vorrei
     	comprendere o grandi-braccia, in verità o rampollo dei kuru,

   3 	tu sei considerato uno scrigno di conoscenza dai savi seguaci dei veda,
     	e dai ṛṣi di grande gloria, e dagli asceti grandi anime,

   4 	pochi giorni ti restano ancora durante il cammino meridionale del sole,
     	e quando il beato astro girerà, tu raggiungerai la suprema meta,

   5 	e quando tu avrai raggiunto il meglio, da chi noi impareremo?
     	tu sei la lampada della discendenza dei kuru, e splendi ricco di conoscenza,

   6 	questo dunque io vorrei conoscere in verità o primo della stipe kuru,
     	io non mi sazio qui o re dei re, ascoltando ciò, che è simile ad amṛta.”

   7 	Bhīṣma disse:
     	“ qui io ti racconterò una storia antica,
     	sulla conversazione tra Vasiṣṭha e Karālajanaka,

   8 	a Vasiṣṭha il migliore dei ṛṣi seduto, e splendido come il sole,
     	il re Janaka chiedeva intorno alla suprema conoscenza che conduce alla beatitudine,

   9 	a quel supremo sapiente dell'adhyātman saldo sulla via dell'adhyātman,
     	al figlio di Mitra e Varuṇa seduto, inchinandosi a mani giunte,

  10 	con ben pronunciate, modeste misurate e dolci parole, 
     	il re Karālajanaka un tempo chiedeva al migliore dei ṛṣi:

  11 	' o venerabile io vorrei udire del supremo ed eterno brahman,
     	da cui non ritornano i saggi dopo averlo raggiunto,

  12 	e quello che è detto perituro, in cui l'universo è dispiegato, 
     	e quello che è detto l'imperituro, il benefico, salubre e auspicabile.'

  13 	Vasiṣṭha disse:
     	' ascolta o protettore della terra come l'universo si distrugge,
     	e quanto non va distrutto prima o per lungo il tempo,

  14 	sappi che dodicimila anni sono uno yuga e per quattro volte si ha un kalpa,
     	e mille kalpa sono detti un giorno di Brahmā,
     	e la notte è di uguale misura o re, alla fine della quale si sveglia,

  15 	crea con infinito agire, per primi gli elementi elementari,
     	e l'universo delle forme, il benevolo Nato-da-sé, anima senza forma, 
     	minutissima e leggerissima, e diviene il Signore, di immutabile splendore,

  16 	con mani e piedi, occhi, teste e bocche in ogni direzione,
     	e pure con orecchi ovunque al mondo resta, avvolgendo tutto,

  17 	il beato è chiamato Hiraṇyagarbha, questa è l'opinione,
     	e il Mahat è tra gli yogin, e pure Viriñca,

  18 	nei trattati sāṃkhya è chiamato con molti altri nomi: 
     	Vicitrarūpa, Viśvātman, Ekākṣara, così è conosciuto,

  19 	l'intero universo di diversa natura è pervaso da questa anima,
     	e avendo dunque molti aspetti è chiamato Viśvarūpa,

  20 	dotato di capacità trasformativa crea sé stesso da sé,
     	di grande splendore crea l'ahaṃkāra, e il signore delle creature conscio di sé,

  21 	dall'immanifesto è prodotto il manifesto, e lo chiamano la creazione della sapienza,
     	e pure il Mahat, e l'ahaṃkāra e pure la creazione dell'ignoranza,

  22 	assenza di regola e regola sono entrambe sorte insieme,
     	e sono chiamate sapienza e ignoranza, dai sapienti dei veda e delle scritture, 

  23 	sappi o sovrano che la creazione degli elementi dall'ahaṃkāra è il terzo,
     	e sappi che la modificazione tra gli elementi e l'ahaṃkāra è il quarto,

  24 	vento, luce, spazio, acqua e terra,
     	suono, tatto, forma, gusti e profumi,

  25 	così uniti insieme sono queste dieci cose senza dubbio,
     	la quinta creazione sappi o re dei re, è quella in accordo cogli elementi,

  26 	l'udito, la pelle, gli occhi, la lingua e l'odorato per quinto
     	la parola, le mani e i piedi, l'ano e il fallo,

  27 	questi sono i sensi della percezione e quelli dell'azione,
     	nati qui collegati insieme alla mente o sovrano.

  28 	questa è l'insieme del ventiquattro verità che agiscono in tutte le specie,
     	conoscendo ciò i brahmani che vedono il vero non si dolgono,

  29 	questo è il corpo relativo a tutti i viventi che si deve conoscere 
     	o migliore degli uomini, nel trimundio composto da dèi, uomini e dānava,

  30 	da yakṣa, gandharva e spiriti, da kiṃnara e grandi uraga,
     	da cāraṇa e da piśāca, da ṛṣi divini e da demoni notturni,

  31 	da insetti, vermi e zanzare, da civette, formiche e topi,
     	da cani, fuori casta, caste miste, da caṇḍāla e pulkasa,

  32 	da elefanti, cavalli, scimmie e tigri, da alberi e vacche,
     	e da qualunque cosa dotata di forma ovunque visibile,

  33 	in acqua in terra, e in cielo non si ritiene vi sia altro luogo,
     	che sia la sede degli esseri corporei, così abbiamo udito, 

  34 	tutta questa pletora o caro, insieme veduta manifesta, la distrugge
     	giorno per giorno l'anima universale, e quindi è detta distruttibile,

  35 	l'anima è detta indistruttibile, giacché distrugge l'universo,
     	dicono che l'universo è fatto di illusione, che essendo immanifesto si vede manifesto,

  36 	il Mahat che è il primo nato, appare sempre distruttibile.
     	ti ho illustrato o grande re, da dove non si ritorna,

  37 	fuori dai ventiquattro, per venticinquesimo vi è Viṣṇu, conosciuto come verità,
     	e i saggi dicono che la verità viene dall'attaccamento al vero,

  38 	che senza forma crea il manifesto e con quella forma vi soprintende,
     	il manifesto è il ventriquattresimo e il senza forma il venticinquesimo,

  39 	quest'anima sta nel cuore di tutti gli esseri corporei,
     	pensando quest’intelligenza è senza forma sempre, avendo tutte le forme,

  40 	per il giusto sorgere e morire, esso ha natura di vita e morte,
     	e nei sensi agisce sempre privo di qualità, ma unito ai guṇa,

  41 	così la grande anima esperta di creazione e distruzione,
     	modificata dalla prakṛti si ritiene senza pensiero,

  42 	unita a tamas, sattva, e rajas alle varie nascite
     	aderisce per ignoranza e per frequentazione di gente ignorante,

  43 	risiedendo insieme, l'anima che vi risiede pensa di non essere nient'altro,
     	' questo sono io, questo sono io.' dicendo segue solo i guṇa,

  44 	per il tamas acquista la varie nature tamasiche,
     	per il rajas quelle rajasiche, e quelle sattviche stando nel sattva,

  45 	bianco, rosso e nero sono gli aspetti dei tre,
     	tutti questi aspetti che sono della prakṛti tu devi colpire,

  46 	per il tamas si va all'inferno, per il rajas tra gli uomini,
     	e gli esseri sattvici titolari del bianco vanno al mondo divino,

  47 	col male assoluto si ottiene una nascita vile,
     	purificati dal male tra gli uomini, e col puro agire tra gli dèi,

  48 	così i saggi dicono il distruttibile è soggetto all'immanifesto,
     	quello che è il venticinquesimo che nasce dalla conoscenza.'
     


                              CCXCII


   1 	Vasiṣṭha disse:
     	' così dall'imperfetta conoscenza consegue l'ignoranza,
     	e dal corpo si ottengono migliaia di corpi,

   2 	a volte in migliaia di grembi vili, oppure nelle divinità,
     	si condivide l'unione e la separazione dei guṇa, 

   3 	dallo stato di umanità si va in cielo, e dal cielo agli umani,
     	e da umano si precipita nell'eterna sede infernale,

   4 	come il baco fatto il bozzolo, vi si confina,
     	così il privo di guṇa sempre è intrecciato nella rete dei guṇa,

   5 	pur lontano dagli opposti vi cade quaggiù nelle varie nascite,
     	nel mal di testa, nel mal d'occhi, di denti e di gola,

   6 	nel mal di stomaco, nei dolori di emorroidi, in febbri, torcicollo e diarrea,
     	nella lebbra bianca e no, nelle bruciature, nell'epilessia e altre forme di lebbra,

   7 	e le altre coppie che sono prodotte dalla prakṛti nei corpi, 
     	pensa che tutte queste varie malattie lo raggiungano,
     	e immagina per orgoglio che siano pure meritorie,

   8 	e giacendo a terra sempre nudo o con una sola veste,
     	giacendo come una rana, o in un letto virile, 

   9 	o giacendo o stando in piedi a cielo aperto indossando stracci, 
     	o su pile di mattoni o in un letto di spine,

  10 	giace su un letto di cenere, o imbrattato in un letto di terra,
     	in postura virile, nell'acqua, nel fango, su un letto di foglie,

  11 	e in altri vari giacigli, senza frutti, ma pieno di desiderio di frutti,
     	resta nudo colla cintura di muñja, o vestito di pelli o di lino,

  12 	vestito di canapa o di pelliccia, coperto di pelle di tigre,
     	indossando una pelle di leone, e vestito di strisce,

  13 	con abiti di seta, o con abiti di corteccia, 
     	e da ignorante pensa a molti altri abiti,

  14 	e a vari tipi di beni, e a splendide gemme,
     	e mangiando con una sola veste, cibo una volta al giorno,

  15 	o ogni quattro o otto giorni, o ogni sei giorni,
     	o cibandosi ogni sei notti o anche ogni otto notti,

  16 	mangiando ogni sette o dieci notti, e anche ogni dodici,
     	digiunando un mese, mangiando radici, e mangiando frutta,

  17 	nutrendosi di vento, consumando acqua, sterco di vacca o scarti di oleificio,
     	bevendo urina di vacca, mangiando erbe e fiori,

  18 	mangiando erba śaivāla, e vivendo di brodo di riso,
     	vivendo di foglie rotte, e mangiando frutta caduta,

  19 	e persegue vari tipi difficoltà per desiderio di felicità,
     	e i digiuni lunari secondo le regole e vari altri segni,

  20 	e pure si applica ai quattro modi di vita sulla via di questi modi,
     	e segue false dottrine, abitando grotte montane,

  21 	e solitarie ombrose rocce, e cascatelle,
     	e vari tipi di preghiere, e vari voti,

  22 	e vari tipi di rinunce e vari tipi di tapas,
     	e sacrifici di vario genere, regole di vario tipo,

  23 	e la via dei mercanti, dei ri-nati, degli kṣatriya, di vaiśya e śūdra,
     	e donazioni fatte in vari modi, verso miseri, ciechi, e poveri,

  24 	e per l'imperfetta conoscenza cerca i tre guṇa,
     	sattva, rajas e tamas, e dharma, artha e kāma,
     	l'anima così ritorna al sé prodotto dalla prakṛti,

  25 	e compiendo le invocazioni svadhā, vaṣaṭ e svāhā, inchinandosi,
     	sacrificando per altri, insegnando, donando e accettando doni,
     	e sacrificando per sé studiando, e qualunque altra cosa,

  26 	in nascite, morti e dispute, e pure in punizioni crudeli,
     	tutto questo dicono sia la via dell'agire fatta di bene e male,

  27 	la dea prakṛti compie la grande distruzione,
     	alla fine del giorno incontrando i guṇa vi risiede,

  28 	come il sole la sua rete di raggi ritira quando è il momento,
     	così l'anima cerca ogni momento tutto per giocarvi,

  29 	queste varie qualità delle sue forme piacevoli al cuore,
     	così ella modificandole compie creazioni e distruzioni,

  30 	coi tre guṇa caduto preda dei tre, ardente sulla via delle cose da fare e non,
     	'procedo su questa via delle cose da fare e non fare.' così pensa,

  31 	' e così queste coppie sempre esistono in me,
     	e in me queste nascono e mi legano a loro,

  32 	e tutti questi devono essere conquistati,' o signore di uomini,
     	ella pensa per ignoranza che queste siano ottime azioni,

  33 	'devo godere di essi per andare al mondo degli dèi,
     	e qui io godrò dei frutti delle azioni buone e cattive

  34 	questa è la felicità da fare, e immediatamente sarà la mia felicità, 
     	e alla fine ogni mia rinascita diverrà felice,

  35 	e vi sarà per me dolore infinito da sopportare qui,
     	grande è il dolore per gli umani, e pure nello sprofondare all'inferno,

  36 	e pure dall'inferno di nuovo col tempo otterrò lo stato di essere umano,
     	e dall'essere umano all'essere dio, e da dio di nuovo umano.'
     	e dall'essere umano per il corso del tempo cade all'inferno,

  37 	chi così conosce sempre coll'anima avvolta dai propri guṇa,
     	costui ottiene continuamente l'inferno e lo stato di dio e di umano,

  38 	sempre avvolto dall'egoismo in questo modo vive,
     	per migliaia di milioni di creazioni, tra forme soggette alla morte,

  39 	chi compie queste azioni per natura fruttuose di bene e male,
     	questo vivente ottiene questo frutto nei tre mondi,

  40 	la prakṛti compie le azioni per natura fruttuose di bene e male,
     	la prakṛti di queste gode nei tre mondi, dietro ai desideri, 

  41 	di nascite vili, umane e del mondo divino,
     	questi tre stati nascono come legati alla prakṛti,

  42 	dicono che la prakṛti è priva di attributi, e la possiamo arguire dai suoi segni,
     	e quindi il segno del puruṣa si vede per inferenza, 

  43 	raggiunta l'inferenza della prova della prakṛti priva di segni,
     	e governando le porte del dolore ritiene che siano azioni sue,

  44 	tutti i sensi coll'udito in testa, e i cinque organi dell'agire,
     	cominciando dalla parola, agiscono tra i guṇa assieme ai guṇa, 
     	' sono io che agisce su questi organi che sono miei.'

  45 	così pensa, pur essendo senza organi, pur non ferito pensa di essere ferito,
     	senza attributi pensa sé come un attributo, e fuori dal tempo si pensa nel tempo,

  46 	oltre il sattva vede sé nel sattva, e oltre il vero si ritiene vero,
     	immortale si vede mortale, e immobile si vede mobile,

  47 	senza corpo, si vede col corpo, senza nascita si vede nato,
     	oltre il tapas si vede nel tapas, e senza una fine si vede con una fine,

  48 	oltre la vita si vede vivo, senza timori si vede nella paura,
     	imperituro si vede perituro, e senza intelletto pure pensa.'
     


                              CCXCIII


   1 	Vasiṣṭha disse:
     	' così per imperfetta conoscenza, per frequentare gente ignorante,
     	ottiene migliaia di milioni di nascite, cadute e morti,

   2 	e per questo stato raggiunge milioni di stati che finiscono nella morte,
     	in nascite vili, umane e nel mondo divino,

   3 	come la luna si unisce ancora là a migliaia di
     	congiunzioni, per l'imperfetta conoscenza, chi è privo di intelletto,

   4 	di quindici parti è la nascita e la residenza così sono dette, 
     	sempre sappi che la luna ha sedici parti,

   5 	in una parte nasce perennemente ancora e ancora il privo di intelletto,
     	il suo stato a queste si unisce e ancora rinasce,

   6 	la sedicesima parte è sottile e si pensa sia Soma,
     	gli dèi non si uniscono ad esse, ma essa si unisce agli dèi,

   7 	e così una volta distrutta, rinasce o migliore dei sovrani,
     	questa appare essere la sua prakṛti, e distruggendola si chiama liberazione,

   8 	così queste sedici parti sono conosciute come il corpo immanifesto,
     	e pensando che sia suo con quello vive,

   9 	e di venticinque è l'anima per la perfetta conoscenza,
     	di chi è purificato e privo di colpe per l'aderenza a puri venti,

  10 	l'impuro e l'anima pura tali divengono o principe,
     	come chi è saggio dal frequentare gli ignoranti scarta l'ignoranza,

  11 	così pure lo scarso intelletto si deve conoscere o migliore dei sovrani,
     	seguendo i tre guṇa della prakṛti uno diviene servo della natura.'

  12 	Karālajanaka disse:
     	' si dice che l'unione del perituro coll'imperituro
     	sia tale quale all'unione o venerabile, tra maschio e femmina,

  13 	senza l'uomo quaggiù la donna non rimane gravida,
     	né senza donna l'uomo può riprodurre il proprio aspetto,

  14 	unendosi gli uni colle altre, con la commistione reciproca dei guṇa,
     	può riprodurre il proprio aspetto, e così per tutte le nascite,

  15 	unendosi nella passione amorosa, con la commistione reciproca dei guṇa, 
     	nell'unione nei momenti fertili si produce la propria forma, di questa visione ti dirò, 

  16 	le qualità che appartengono all'uomo, e quelle che sono della madre:
     	ossa, muscoli, midollo, sono creati dal padre o ri-nato,

  17 	pelle, carne, sangue sono da parte della madre, così sappiamo,
     	così o migliore dei ri-nati, è dichiarato nei veda e nei trattati,

  18 	l'autorità è quanto è dichiarato nei veda e nelle scritture,
     	e l'autorità dei veda e delle scritture è l'eterna autorità,

  19 	così sempre uniti insieme prakṛti e puruṣa 
     	io vedo o venerabile, perciò non vi è un dharma della liberazione,

  20 	o se vi è una qualche evidenza fatta in tal senso,
     	questa rivelami in verità, tu hai ogni cosa davanti agli occhi,

  21 	noi bramosi di liberazione, cerchiamo quanto è salubre,
     	senza corpo, immutabile, divino oltre i sensi e senza pari.' 

  22 	Vasiṣṭha disse:
     	' quanto tu hai detto riguardo a indicazione di veda e scritture,
     	così questo è come che tu non ne abbia afferrato il senso,

  23 	tu non padroneggi il senso di veda e scritture,
     	non sei tu un vero sapiente del loro significato rettamente o signore di uomini,

  24 	di chi segue quanto è stabilito dalle parole di veda e scritture,
     	senza conoscerne il vero senso, il suo ricordarle è vano,

  25 	costui  non conosce il senso di un trattato ma lo tiene a mente,
     	di chi invece conosce il vero significato del trattatto il possederlo non è vano,

  26 	richiesto del senso di un trattato, si deve parlare in tal modo
     	che avendolo studiato in verità, uno ne possieda il senso,

  27 	chi ha ampio intelletto illustri tra virtuosi il senso di un trattato,
     	come può uno di poca sapienza parlare di un trattato con cognizione di causa?

  28 	e neppure un'anima incompiuta ne parlerà conclusivamente in verità,
     	cadrà nella derisione da parte di chi ha anima compiuta,

  29 	perciò ascolta o re dei re, come sia rettamente da intendere,
     	quanto è detto in verità tra le grandi anime dei sāṃkhya e degli yogin,

  30 	quanto gli yogin vedono e dai sāṃkhya è seguito,
     	chi vede il sāṃkhya e lo yoga una cosa sola costui è uno intelligente,

  31 	pelle, carne, sangue, grasso, bile, midollo, ossa, e legamenti,
     	e tutto ciò fa parte dei sensi o caro, è quello di cui tu parli,

  32 	l'origine della materia è la materia, dai sensi vengono i sensi,
     	dal corpo si ottiene il corpo, e dal seme il seme,

  33 	essendo ella privo dei sensi, di semi, di materia e di corpo,
     	come vi possono essere qualità, essendo priva di qualità la grande anima?

  34 	i guṇa nascono dai guṇa e là vi risiedono,
     	così i guṇa nascono dalla prakṛti, e non esistono di per sé,

  35 	pelle, carne, sangue, grasso, bile, midollo, ossa, e legamenti,
     	questi otto sappi che sono per essenza propri della prakṛti,

  36 	ciascun uomo è detto che sia formato dalle tre qualità della prakṛti,
     	e nessun uomo è ritenuto esserne il vero carattere,

  37 	la prakṛti senza attributi ottiene gli attributi nati dall'anima,
     	come le forme stagionali sono sempre unite a fiori e frutti,

  38 	così per inferenza pur senza attributi, ottiene
     	il venticinquesimo o caro, tra gli attributi non nati per natura, 

  39 	senza principio né fine, infinito, che tutto vede, salubre,
     	solamente per contatto è detto tra i guṇa pur privo di guṇa,

  40 	i guṇa appartengono a chi ha i guṇa, come può aver guṇa chi ne è privo?
     	perciò così conoscono le persone che sono sapienti dei guṇa,

  41 	se considera che tutti i guṇa sono prodotti della prakṛti,
     	allora pure coi guṇa percepisce il supremo,

  42 	quanto tutti i sāṃkhya e gli yogin dicono sia sopra la buddhi,
     	è la coscienza di grande saggezza, che abbandona l'ignoranza,

  43 	dicono che il signore è inconoscibile, immanifesto pure coi guṇa,
     	è privo di guṇa, è il signore che sempre sovrintende,

  44 	i saggi sanno che sono venticinque le qualità della prakṛti,
     	gli esperti di yoga e sāṃkhya che cercano il supremo stato,

  45 	quando i dotati di intelletto che temono la rinascita, conoscono che è l'immanifesto
     	che percepisce, allora lo raggiungono allo stesso tempo, 

  46 	questa è la visione corretta, e quella non corretta seguono 
     	rispettivamente quelli di intelletto e quelli di scarso intelletto o uccisore di nemici,

  47 	e reciprocamente si dicono la visione del perituro e dell'imperituro,
     	si dice che l'imperituro è l'unità, e il perituro è il molteplice,

  48 	chi rettamente si impegna nello studio dei venticinque,
     	costui ha la visione dell'unità, e non vede più la molteplicità,

  49 	questa è la visione rispettivamente di tattva e nistattva,
     	e i saggi affermano che il tattva è il sorgere dei venticinque,

  50 	e dicono che il nistattva è la visione oltre i venticinque, 
     	il dominio del dominio, la condotta, la verità delle verità eterna.' 
     


                              CCXCIV


   1 	Karālajanaka disse:
     	' tu hai parlato di molteplicità e unità o migliore dei ṛṣi,
     	io scorgo un'incertezza nella spiegazione di questi due,

   2 	e tra intelligenza e non intelligenza di chi percepisce o senza-macchia,
     	non percepisco con intelligenza certamente questa verità,

   3 	tu hai detto pure la causa di imperituro e perituro,
     	e pure questo per non salda intelligenza è nascosto per me o senza-macchia,

   4 	questo vorrei udire da te, la concezione di molteplice e unità,
     	di intelligenza e non intelligenza, e chi percepisce in verità,

   5 	sapienza e ignoranza o venerabile, imperituro e perituro,
     	e interamente il sāṃkhya e lo yoga, parte per parte.'

   6 	Vasiṣṭha disse:
     	' dunque ti illustrerò quanto tu mi chiedi,
     	separatamente ascolta da me o grande re, la pratica dello yoga,

   7 	la meditazione come pratica dello yoga è la suprema forza degli yogin,
     	le persono sapienti dei veda dicono la meditazione di due tipi,

   8 	il fissare la mente su un'unico punto, e l'esercizio della respirazione,
     	il prāṇāyāma ha delle caratteristiche il fissare la mente ne è privo,

   9 	quando si defeca, si orina e si mangia o signore di uomini,
     	in questi tre momenti non ci si concentra, per il resto si deve concentrarsi in ciò,

  10 	il muni colla mente trattenuti i sensi dagli oggetti dei sensi,
     	con i ventidue modi che sono oltre i ventiquattro, si va al supremo,

  11 	l'intelligente con queste regole stimoli la propria anima,
     	che se ne sta salda immutabile, questo è quando dicono i saggi,

  12 	con questi qua sempre si deve conoscere l'anima, così abbiamo udito,
     	la materia non è superiore alla mente  e null'altro così è stabilito,

  13 	libero da ogni attaccamento, moderato nel cibo, coi sensi vinti,
     	prima e dopo la notte trattenga la mente in sé,

  14 	colla mente resi saldi la schiera dei sensi, o signore di mithilā,
     	e colla buddhi resa salda la mente, come una immobile roccia,

  15 	che sia senza tremiti come una colonna, e immota come una montagna,
     	i saggi allora sono rettamente considerati sapienti delle disposizioni delle regole, 

  16 	non ascolti, ne odori, ne gusti i sapori, né guardi,
     	e non conosca col tatto, né desideri colla mente,

  17 	non pensi a nulla, né percepisca nulla, come un pezzo di legno,
     	allora i saggi dicono che costui pur afflitto dalla prakṛti è un concentrato,

  18 	come accendendo una lampada al riparo dal vento così essa splende,
     	il saldo, immobile ottiene il cielo e non una vile meta,

  19 	allora consideri quanto è detto visibile,
     	quelli come noi devono conoscere il conoscitore che sta nel cuore, dentro di sé,

  20 	raggiante come il sole, come un fuoco senza fumo, 
     	come il fuoco splendente in cielo, si mostra l'anima dentro di sé,

  21 	quella che scorgono le grandi anime, i saggi pieni di saldezza,
     	i brahmani intenti allo stato di brahman, essa non ha origine, ha natura immortale,

  22 	è più minuscola dei minuscoli, e più grande dei grandi,
     	pur stando eterna dentro ogni essere, non si vede,

  23 	coll'uso della buddhi, colla luce della mente si può vedere il creatore del mondo, 
     	stando sull'altra riva della grande tenebra, priva di tenebre,

  24 	i veri sapienti, seguaci dei veda dicono che disperde le tenebre,
     	pura, priva di tenebra, priva di attributi, è conosciuta come indefinibile,

  25 	io penso che sia lo yoga degli yogin, e il segno dello yoga,
     	così la scorgono visibile, l'anima suprema e immutabile,

  26 	quanto è la visione dello yoga te l'ho riferito in verità,
     	ti parlerò ora della visione considerata dai seguaci del sāṃkhya, 

  27 	immanifesta dicono sia la suprema prakṛti, i sapienti della prakṛti,
     	da essa sorge per secondo il mahat o migliore dei re,

  28 	e per terzo l'ahaṃkāra dal mahat, così abbiamo udito,
     	i seguaci del sāṃkhya dicono che dall'ahaṃkāra vengono i cinque elementi,

  29 	ma otto appartengono alla prakṛti e modificati sono sedici,
     	cinque sono le viśeṣa e cinque sono i sensi,

  30 	tale dicono sia il conteggio delle tattva, i saggi
     	sapienti delle regole del sāṃkhya saldi sul sentiero del sāṃkhya,

  31 	quanto da questo sorge, là pure si dissolve,
     	sono creati dall'anima interiore e in ordine contrario sono dissolti,

  32 	nascono in ordine e in ordine contrario si dissolvono,
     	i guṇa tra i guṇa come le onde del mare,

  33 	in tal modo vi è creazione e distruzione della prakṛti o migliore dei sovrani,
     	l'unità vi è nella dissoluzione, e molteplicità quando si crea, 
     	così o re dei re, conoscono i saggi pensatori,

  34 	appare sovrintendere l'immanifesto a questo sistema
     	di unità e molteplicità della natura, che lo segue,
     	l'unità nella dissoluzione, e la molteplicità nella creazione,

  35 	l'anima molteplice produce la prakṛit per natura generatrice,
     	e a questo campo fatto di venticinque parti la grande anima sovrintende,

  36 	e il sovrintendente così la chiamano o re dei re, i supremi yati,
     	giacchè sovrintende è il sovrintendente dei campi, così sappiamo,

  37 	e giacché l'immanifesto conosce il campo è detto il conoscitore del campo,
     	e in questa città immanifesta giace il puruṣa, così si afferma,

  38 	e dove vi sia un'altro campo si dice vi sia un altro conoscitore del campo,
     	il campo è immanifesto così si dice, e il conoscitore è formato dai venticinque,

  39 	una cosa è la conoscenza e un'altra si dice sia quanto si deve conoscere,
     	la conoscenza è detta immanifesta, e il conosciuto formato dai venticinque,

  40 	il campo è detto immanifesto, la verità è il signore,
     	senza signore, privo di tattva, è il tattva nelle sue venticinque parti,

  41 	questa è la concezione sāṃkhya, la visione in tal modo concepita,
     	produce questa filosofia, che parla della prakṛti,

  42 	dei ventiquattro tattva, enumerati secondo verità,
     	che contati insieme alla prakṛti fanno venticinque coi ventiquattro,

  43 	e l'anima non evoluta percepisce questi venticinque, così è scritto,
     	e quando percepisca l'anima allora diviene completa,

  44 	rettamente questa visione ti ho enunciato in verità,
     	colui che così la conosce, ottiene l'uguaglianza col brahman,

  45 	retta è di certo questa visione, e comprovata dalla natura,
     	vi sono i guṇa e i ventiquattro, e diverso è l'altro privo di attributi,

  46 	per quelli che così procedono non vi è nessun ritorno,
     	ma per aver la natura dell'imperituro si trova l'immutabile senza seguito,

  47 	quelli concentrati lo possono vedere se in essi non vi è ancora retta visione,
     	essi raggiungono l'immanifesto continuamente o uccisore di nemici,

  48 	quelli che conoscono tutto ciò senza conoscere tutto quanto,
     	diventano manifesti, e non sono più preda del manifesto,

  49 	tutto è immanifesto così di dice, oltre il tutto è fatto dei venticinque,
     	chi questo conosce non avrà mai timori in sé.'
     


                              CCXCV


   1 	Vasiṣṭha disse:
     	' in tal modo ti ho parlato della visione sāṃkhya o migliore dei sovrani,
     	ora ascolta tu di sapienza e ignoranza nell'ordine,

   2 	dicono che l'ignoranza è l'immanifesto dotato di nascita e distruzione,
     	e che la conoscenza è libera da origine e dissoluzione, e consiste nei venticinque,

   3 	ascolta ogni tipo di ignoranza ordinatamente.
     	come è dichiarata dai ṛṣi o caro, riguardo al sāṃkhya,

   4 	di tutti i sensi dell'agire, la conoscenza è detta il senso della buddhi,
     	e si sa che i viśeṣa lo sono tra i sensi della buddhi,

   5 	e i saggi dicono conoscenza la mente dei viśeṣa,
     	e la conoscenza percepisce i cinque aspetti della mente,

   6 	l'ahaṃkāra invece lo è dei cinque elementi, non vi è qui dubbio,
     	e la buddhi è la conoscenza dell'ahaṃkāra o signore di uomini,

   7 	e la prakṛti è l'immanifesto della buddhi, e il supremo signore dei tattva,
     	la conoscenza si deve conoscere o migliore degli uomini come la suprema regola,

   8 	superiore all'immanifesto dicono la conoscenza fatta dei venticinque,
     	il tutto di ogni cosa, la conoscenza del conosciuto così è detta o principe,

   9 	si dice che la conoscenza è immanifesta, e il conosciuto formato dai venticinque,
     	quindi la conoscenza è immanifesta e il conoscitore è formato dai venticinque,

  10 	in verità ti ho illustrato dettagliatamente vidyā e avidyā
     	quanto ora ti dico su imperituro e perituro ascolta da me,

  11 	entrambi sono detti perituri, ed entrambi sono detti imperituri,
     	la ragione io ti illustrerò per cui sono così chiamati in verità,

  12 	entrambi sono senza inizio né fine, entrambi considerati signori,
     	entrambi sono definiti veri dai profondi pensatori,

  13 	per essere soggetto a nascite e dissoluzioni, l'immanifesto è detto imperituro,
     	esso è continuamente modificato per il sorgere dei guṇa,

  14 	cadendo nel reciproco gioco dei guṇa col mahat in testa,
     	e per sovrintenderne, lo dicono il campo formato dai venticinque,

  15 	quando la rete dei guṇa viene soppressa nell'anima immanifesta,
     	allora il venticinque si dissolve assieme ai guṇa,

  16 	i guṇa si dissolvono nei guṇa, e allora solo la prakṛti rimane,
     	e pure quando il conoscitore del campo o caro, in quel campo si dissolve,

  17 	allora la prakṛti raggiunge l'indistruttibilità, unita ai guṇa,
     	e l'assenza di caratteri o re videha, per il ritorno tra i guṇa,

  18 	così dunque il conoscitore del campo nel cessare della conoscenza del campo,
     	da parte della prakṛti è oltre i guṇa, così abbiamo udito,

  19 	perituro diventa quando riconosce che la prakṛti 
     	è soggetta ai guṇa, e la sua propria assenza dei guṇa,

  20 	allora diviene pura per il superamento della prakṛti,
     	quando il saggio riconosca che una cosa è lui e un'altra l'altro,

  21 	allora capisce la sua alterità, e non va a mescolarsi,
     	colla prakṛiti o re dei re, e appare altro dall'insieme,

  22 	quando però questa rete dei guṇa della prakṛti vuole nascondersi,
     	e percepisce un altro pensiero, da quel pensiero non se ne duole:

  23 	' perché ho agito in tal modo che io sono una tale persona?
     	per ignoranza assomigliando ad un pesce nella rete, 

  24 	io per confusione, di persona in altra persona sono finito,
     	assomigliando ad un pesce che conosce solo l'acqua,

  25 	come il pesce che non conosce nient'altro che acqua,
     	così io per ignoranza nient'altro conosco che me stesso,

  26 	vergogna a me che sono privo di ragione, che sono di nuovo sommerso,
     	di persona in altra persona, perseguendo l'errore,

  27 	questo sia il suo amico, e con lui andrà alla liberazione,
     	all'eguaglianza coll'unità, tale come sono io,

  28 	quaggiù io vedo l'uguaglianza con esso, tale che in me,
     	lui è puro e manifesto ed io sono tale quale, 

  29 	io che confuso dall'ignoranza, dall'ignoranza sono prodotto,
     	io pur senza contatti sono attaccato a questo tempo,

  30 	io sono in preda ad essa, e non lo comprendo in questo tempo,
     	che essa ha forme alte, medie e basse, come posso stare con essa?

  31 	essendo simile a quella com posso io vivere con essa?
     	e dall'inconsapevolezza io mi porrò saldo in questa natura ora,

  32 	con lei insieme non andrò più, essendo stato a lungo illuso,
     	mi allontano ora da essa, che muta pur essendo immutabile,

  33 	non è questo un suo fallo, questo è un fallo mio,
     	io che a questa sono unito, standone a viso girato,

  34 	quindi io pur essendo privo di forma sono unito in forme di vario aspetto,
     	e pure senza forma ho forma, assalito dal senso del mio,

  35 	e per la sventura della prakṛti, io qui in varie nascite,
     	che faccio in ciascuna di essa, per l'egoismo io che ne sono privo?
     	vivendo in queste nascite il mio pensiero ha perduto la coscienza,

  36 	non deve agire qui con questo egoismo l'ahaṃkāra, dell'anima compiuta,
     	fatto me stesso in molte parti di nuovo esse si uniscono a me,
     	ora sono cosciente, privo del senso del mio e privo di egoismo,

  37 	il senso del mio da essa sempre prodotto coll'ahaṃkāra,
     	lasciando io andandomene, mi rifugerò in quanto è salutare,

  38 	con questo io troverò l'uguaglianza non con ella che è priva di pensiero,
     	con esso sia io giusto, non in unione con essa,
     	così per questo supremo risveglio io seguirò il venticinque.'

  39 	si raggiunga l'imperituro, abbandonando il salubre perituro,
     	immanifesto, che agisce sul manifesto, coi suoi guṇa e il privo di guṇa,
     	veduto per primo il privo di guṇa, tali si diventa o re di mithilā,

  40 	ti ho parlato della concezione di perituro e imperituro,
     	compresa di conoscenza qui, come è stabilita dalle scritture,

  41 	ora di quanto è certo, sottile, esperto, e puro,
     	ti parlerò, di nuovo ascolta questo come è conosciuto,

  42 	lo yoga e il sāṃkhya ti ho illustrato entrambi nella concezione dei trattati,
     	quanto è nei trattati, e stabilito dal sāṃkhya e nella visione dello yoga,

  43 	la conoscenza che fa risvegliare i sāṃkhya o signore della terra,
     	chiaramente è qui esposta per desiderio di beneficare i discepoli,

  44 	grande dicono sia questo trattato, le persone esperte,
     	e a questo trattatto continuamente mira la freccia degli yogin, 

  45 	superiore al venticinque non si vede tattva o signore di uomini,
     	e nulla è superiore al sāṃkhya, così è dichiarato, secondo le regole,

  46 	il risvegliato e il non risvegliato, e il percettore secondo verità,
     	il percettore è detto il risvegliato nella visione dello yoga.'
     


                              CCXCVI


   1 	Vasiṣṭha disse:
     	' ascolta ora del non-illuminato e dell'immanifesto comportamento di guṇa,
     	essa supporta i guṇa, li crea e li getta via,

   2 	e perpetuamente come per gioco li modifica o signore di uomini,
     	e fatto sé in molte parti questi rende visibili,

   3 	e così percependo i mutamenti in realtà non li intende,
     	e perché percepisce l'immanifesto, allora lo chiamano il percettore,

   4 	ma se non percepisce l'immanifesto che abbia o non abbia guṇa,
     	quando questo avviene dicono che sia fatto di ignoranza,

   5 	o se percepisce l'immanifesto fatto dei venticinque,
     	il percettore diviene per natura in contatto, così è scritto,

   6 	per questo dicono l'ignoranza immanifesta e immobile,
     	e giacchè percepisce l'immanifesto lo chiamano il percettore,

   7 	ma egli non percepisce la grande anima dei venticinque,
     	il ventiseiesimo è pura intelligenza, eterno, impensabile,

   8 	e sempre il venticinque, e i ventiquattro percepisce,
     	seguendo il visibile e l'invisibile, entrambi di grande splendore, 

   9 	ma non percepisce interamente o caro l'immanifesto brahman,
     	non vede interamente il venticinque e il ventiquattro,

  10 	quando il percettore pensa di essere diverso dall'anima,
     	allora esso diventa preda della natura privo di percezione,

  11 	quando percepisce la suprema intelligenza, priva di macchie e purificata,
     	il ventisei o tigre fra i re, allora raggiunge l'illuminazione,

  12 	quindi abbandona l'imanifesto che produce nascita e morte,
     	e privo di guṇa vede come la prakṛti è priva di ragione e legata ai guṇa,

  13 	allora diviene interamente nel dharma avendo scorto l'immanifesto,
     	e giunto a liberarsi di tutto ciò raggiunge l'anima,

  14 	così dicono sia il tattva e il privo di tattva immutabile e immortale,
     	che pur unito ai tattva non è il tattva o onorevole,
     	i saggi dicono che i tattva sono venticinque,

  15 	ma non ha tattva o caro, l'intelligenza oltre i tattva,
     	essa si libera rapidamente dei tattva come segno di intelligenza,

  16 	e il saggio percependo sé stesso come il ventisei, immutabile e immortale,
     	raggiunge senza dubbio l'uguaglianza con questa forza,

  17 	pure nel non risvegliato colla connoscenza  il ventiseisimo percepisce,
     	ma il solo molteplice, così si afferma nella visione dei trattati sāṃkhya,

  18 	essendo il venticinque uguale all'anima,
     	esso è l'unità, quando non si percepisca attraverso la buddhi,

  19 	il percettore diventa uguale all'aprabuddha o re di mithilā,
     	e l'anima che è priva di attaccamenti diventa soggetta all'attaccamento,

  20 	e quando raggiunge il distacco dell'anima, questa dicono il non nato ventisei,
     	e da signore abbandona l'immanifesto, quando questo comprende,
     	il ventiquattro non è oscuro per il risveglio del ventisei,

  21 	questo apratibuddha e il percettore a te o senza-macchia,
     	ho illustrato, come pure il risvegliato in verità, secondo le scritture,
     	e così devono intendere unità e molteplicità quelli che guardano alle scritture,

  22 	come vi è differenza tra una zanzara e un verme, così sono questi due,
     	come vi è differenza tra il pesce e l'acqua così è differente,

  23 	e così si devono intendere unità e molteplicità dei due,
     	questa si dice sia la liberazione, collegata alla conoscenza dell'immanifesto,

  24 	colui che in forma del venticinque vive nei corpi,
     	deve essere liberato dal dominio dell'immanifesto, così dicono,

  25 	egli stesso si deve liberare, intento in null'altro,
     	in altro modo segue l'altra condotta e si unisce,

  26 	chi ha puro comportamento, con pura intelligenza, si risveglia,
     	chi pratica la liberazione incontra la liberazione o toro fra gli uomini,

  27 	chi pratica il distacco diventa un'anima distaccata,
     	e chi cerca la liberazione qui pure la raggiunge, 

  28 	chi ha puro agire diviene puro di infinito splendore,
     	e di anima purificata diventa chi si unisce ad anime pure, 

  29 	e di anima saggia chi si unisce al saggio,
     	e l'indipendente ottiene l'indipendenza unendosi coll'indipendente,

  30 	così ti ho illustrato questà verità o grande re, in accordo le sue vere parti,
     	a cominciare dal puro, eterno brahman, e a scopo del tutto disinteressato, 

  31 	a persone non seguaci dei veda puoi offrire questa suprema conoscenza,
     	che da il risveglio a chi la vuole conoscere, a chi si inchina al mestro per istruirsi,  

  32 	non la devi dare all'animo falso, allo sciocco, al vigliacco, a chi ha contorta intelligenza, 
     	né la devi dare a uno geloso o fa del male alla conoscenza dei saggi, guarda come sono,

  33 	al pieno di fede, al dotato di qualità, a chi sempre evita di offendere gli altri,
     	al saggio, e al perfezionato nello yoga, a chi si impegna, a chi è paziente e benefico,

  34 	a chi ha puro agire, felice di ben condursi, a chi non disputa, al grande erudito,
     	al sapiente, a chi sopporta i torti, al disciplinato, all'abile, e a chi ha tranquillità dell'anima,

  35 	a quelli che non hanno queste qualità non si deve fornire, il supremo brahma è detto puro,
     	non si ha il meglio a compiere ciò: a dare questa divulgazione del dharma a immeritevoli,

  36 	se puoi dare l'intera terra piena di gemme, non dare questo ad uno privo di voti,
     	a chi ha i sensi vinti senza dubbio si può dare questa cosa suprema o re di uomini,

  37 	o Karālajanaka non aver paura alcuna, avendo udito oggi del supremo brahman,
     	detto secondo le regole esso è il supremo purificatore, senza dolore, né inizio, fine e metà,

  38 	profondo di nascita e morte o re, salubre, sicuro, benefico,
     	guardandolo abbandona ora ogni dubbio, conosciuta la verità della conoscenza,

  39 	io l'ho ottenuta un tempo dall'eterno Hiraṇyagarbha che me la disse o sovrano,
     	favorendoti con impegno quell'eterno terribile potente Brahmā come tu hai fatto ora,

  40 	giacché fui richiesto da te o re di uomini, allora te l'ho impartita oggi, 
     	così l'ho ricevuta da Brahmā o re, la grande conoscenza antica dei sapienti della liberazione.' ”

  41 	Bhīṣma disse:
     	“ così è detto il supremo brahman da cui non si ritorna,
     	il venticinque o grande re, secondo la visione dei supremi ṛṣi,

  42 	ottenendone la conoscenza, ma si ottiene di nuovo il ritorno,
     	quando il percettore immutabile e immortale non comprende la verità,

  43 	questa suprema conoscenza che porta alla beatitudine, io a te 
     	ho iilustrato secondo verità, avendola udita dal divino ṛṣi o sovrano,

  44 	dal brahmano grand'anima, dal ṛṣi Vasiṣṭha,
     	e da Vasiṣṭha la ha acquisita Nārada tigre fra i ṛṣi,

  45 	e da Nārada da me fu conosciuto questo eterno brahman,
     	non dolerti o re dei kuru, avendo tu udito del supremo luogo,

  46 	col quale imperituro e perituro è conosciuto, non vi è timore in esso, 
     	ma si trova paura in quello che non conosce ciò o principe,

  47 	per l'ignoranza chi ha anima confusa ripetutamente correndo,
     	nell'adilà ottiene migliaia di nascite e infinite morti,

  48 	e ottiene il mondo divino, oppure vili nascite o umane,
     	se si perfeziona col tempo da questo mare di ignoranza,

  49 	il terribile mare dell'ignoranza, immanifesto è detto il profondo,
     	dove gli esseri sprofondano di giorno in giorno o bhārata,

  50 	tu sei salvato da questo eterna e immanifesta profondità,
     	perciò tu sei libero dal rajas e libero da tamas o sovrano.”
     


                              CCXCVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ un figlio di Janaka andando a caccia in un luogo privo di gente,
     	scorgeva nella selva un ṛṣi, Indra dei savi, della discendenza di Bhṛgu,

   2 	sedendosi vicino al muni seduto, inchinando la testa,
     	avutone da lui il permesso Vasumat questo gli chiedeva:

   3 	' o venerabile che cos'è la miglior cosa qui o anche nell'aldilà,
     	essendo impermanente il corpo del'uomo che segue i suoi desideri?'

   4 	essendo correttamente richiesto, quella grandissima anima e grande asceta, 
     	diceva a lui queste parole riguardo al meglio:

   5 	' se tu desideri le giuste cose della tua mente qui, e nell'aldilà,
     	trattenendo i sensi astieniti da cose ingiuste verso gli esseri,

   6 	il dharma dei virtuosi è benefico, il dharma è il rifugio degli uomini virtuosi,
     	dal dharma sono sorti i tre mondi, coi loro mobili e immobili,

   7 	o tu che vai in cerca della dolcezza dei desideri, perché non ne hai sazietà?
     	il miele vedi o sciocco, e non scorgi il precipizio,

   8 	come l'esercizio nella conoscenza deve compiere chi ne desidera il frutto,
     	così l'esercizio nel dharma deve compiere chi ne desidera il frutto,

   9 	per il non virtuoso che desidera il dharma, è arduo agire per purificarsi,
     	ma per il virtuoso che desidera il dharma è facile anche l'azione difficile, 

  10 	l'abitante del villaggio che nella foresta si comporta come fosse in un villaggio,
     	e nel villaggio come un abitante della selva che cerca i beni selvatici,

  11 	con mente, parola e azione pratica il dharma concentrato nella fede,
     	meditando su dissoluzione e creazione, su guṇa e assenza di guṇa,

  12 	sempre molto deve donare ai virtuosi chi è privo di invidie,
     	volendo onorare a tempo e luogo quelli che hanno voti e purezza,

  13 	ottenuta limpida ricchezza la si conferisca a chi lo merita,
     	rigettando l'ira, e avendo dato, non si deve dolersene, né divulgarlo,

  14 	privo di violenza, puro, controllato, di sincera parola, saldo nell'onestà,
     	il ri-nato sapiente dei veda, puro di nascita e di azioni, è uno degno, 

  15 	la nascita da una moglie di uguale varṇa virtuosa e devota al marito, è la migliore, 
     	il sapiente dei ṛg, degli yajus e dei sāman che pratica le sei azioni è detto degno,

  16 	questo è il dharma, adharma per ciascuno uomo può diventare,
     	specialmente per l'agire degnamente, guardando a tempo e luogo,

  17 	come facilmente una piccola quantità di polvere l'uomo si toglie di dosso,
     	e una grande con maggior sforzo, così è il liberarsi dal male,

  18 	come per rettamente evacuare si prende una medicina di burro,
     	così per togliersi le colpe vi è il dharma dell'aldilà che porta felicità,

  19 	nella mente di tutti gli esseri si trova bene e male,
     	liberandosi dai mali, allora ci si trova tra i beni,

  20 	onorando chi pratica ogni cosa in tutto e sempre,
     	nel proprio dharma, laddove il dharma produca passione e desiderio:

  21 	'o tu che vacilli in animo, sii saldo nella fermezza, o sciocco diventa intelligente,
     	e tu che non sei paziente perdona, e o ignorante pratica la conoscenza.'

  22 	coll'energia può raggiungere il suo scopo chi ha dell'aiuto, 
     	la fermezza è la suprema radice del meglio qui e nell'aldilà,

  23 	il re e ṛṣi Mahābhiṣa, privo di fermezza cadde dal paradiso,
     	Yayāti finiti i meriti colla fermezza riottenne i mondi,

  24 	frequentando i sapienti, gli asceti votati al dharma,
     	otterrai ampia intelligenza e raggiungerai il meglio.'

  25 	udito il discorso di quel muni dotato di buona disposizione,
     	allontana la mente dal desiderio e poni l'animo al dharma.”
     


                              CCXCVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quanto è libero da dharma e adharma, e libero da ogni attaccamento,
     	e quanto è libero da nascita e morte, e da meriti e peccati,

   2 	quanto è sempre benefico, sempre sicuro, imperituro e immutabile,
     	e sempre puro e facile, questo tu mi devi illustrare.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ qui ti racconterò una antica storia,
     	sulla conversazione tra Yājñavalkhya, e Janaka o bhārata,

   4 	il figlio di Devarāta di grande gloria, il re Janaka, il migliore
     	interrogante poneva questa domanda al migliore dei ṛṣi Yājñavalkhya:

   5 	' quali sono i sensi o savio ṛṣi, e quali sono detti naturali?
     	cos'è l'immanifesto e il supremo brahman, e cosa c'è sopra di esso?

   6 	e la cosa che è nascita e morte, e il conteggio del tempo,
     	questo devi dire o grande tra savi, a me che desidero imparare,

   7 	per ignoranza io ti interrogo, tu sei uno scrigno di conoscenza,
     	e tutto questo io voglio udire senza dubbio.'

   8 	Yājñavalkhya disse:
     	' ascolta o signore della terra, quanto tu mi chiedi,
     	in particolare la suprema conoscenza degli yogin e dei sāṃkhya,

   9 	nulla a te è sconosciuto, ma pur domandi a me,
     	e il dover rispondere alle domande è il dharma eterno,

  10 	otto sono detti i principi della prakṛti, e sedici i vikāra,
     	e sette dicono siano quelli manifesti, i pensatori dell'adhyātman,

  11 	l'immanifesto, il mahat, e anche l'ahaṃkāra,
     	terra, vento, spazio, acqua e luce per quinta,

  12 	questi sono quelli della prakṛti, ascolta anche i vikāra,
     	udito, tatto, vista, gusto, e odorato per quinto,

  13 	suono e contatti, forma, sapore, e profumo
     	parola, mani e piedi, ano e organo sessuale,

  14 	di questi i viśeṣa o re dei re, sono nei cinque elementi grossolani,
     	e i sensi della percezione sono detti saviśeṣa o re di mithilā,

  15 	e la mente dicono sia la sedicesima i sapienti dell'adhyātman,
     	e pure tu, e gli altri sapienti esperti nella verità della buddhi,

  16 	dall'immanifesto sorge la grande anima o sovrano,
     	e questa la chiamano la prima creazione i sapienti dei supremi argomenti,

  17 	dal mahat sorge quindi l'ahaṃkāra o signore di uomini,
     	e questa dicono sia la seconda creazione, che ha natura dell'intelligenza,

  18 	dall'ahaṃkāra sorge la mente che ha per natura le qualità degli elementi,
     	e questa fatta dall'ahaṃkāra e detta la terza creazione,

  19 	dalla mente sono sorti gli elementi grossolani o signore di uomini,
     	e questa della mente è definita la quarta creazione,

  20 	suono, contatti, forme, sapori e profumi,
     	questa i sapienti degli elementi la dicono la quinta creazione degli elementi,

  21 	udito, tatto, vista, gusto e olfatto per quinto,
     	questa dicono sia la sesta creazione, conosciuta per natura di molti pensieri,

  22 	dopo l'udito sorge l'insieme degli altri sensi o signore di uomini,
     	e questa, detta dei sensi la chiamano la settima creazione,

  23 	quindi sorge il flusso in alto e quelli obliqui o signore di uomini,
     	questa chiamata ārjavaka, i saggi la dicono l'ottava creazione,

  24 	quindi nasce il flusso traversale e quello verso il basso o signore di uomini,
     	anche questa chiamata ārjavaka i saggi la dicono la nona creazione,

  25 	queste nove creazioni e i tattva o signore di uomini,
     	che sono detti ventiquattro secondo la visione della śruti,

  26 	da qui in avanti o grande re, secondo la verità delle caratteristiche,
     	dalle grandi anime si espone la misura del tempo, ascoltala da me.'
     


                              CCXCIX


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' ascolta da me o migliore degli uomini il conteggio del tempo dell'immanfesto,
     	dieci mila kalpa si dicono sia un suo giorno,

   2 	e uguale la sua notte e quando si sveglia o signore di uomini,
     	crea per prime le piante che sono la vita di tutti i viventi, 

   3 	quindi crea Brahmā sorto dall'uovo d'oro,
     	questa è la forma di tutti gli esseri, così abbiamo udito,

   4 	risiedendo un anno nell'uovo, ne esce il grande asceta,
     	Prajāpati e ne pone metà come l'intera terra e metà come cielo,

   5 	del cielo e della terra o re, così si parla nei veda,
     	in mezzo a queste due parti il signore ha fatto lo spazio,

   6 	il conteggio di questo dai seguaci di veda e vedāṅga,
     	è detto il giorno fatto di diecimila kalpa meno un quarto,
     	e la notte la dicono uguale i pensatori dell'adhyātman,

   7 	il ṛṣi crea l'elemento ahaṃkāra fatto di materia divina,
     	e ancora il grande ṛṣi per primi quattro altri figli dal suo corpo,  
     	essi sono conosciuti come i padri degli antenati o migliore dei re,

   8 	gli dèi sono figli degli avi, e dagli dèi i mondi sono dispiegati, 
     	coi loro mobili e immobili, o migliore degli uomini, così abbiamo udito,

   9 	e standovi sopra, l'ahaṃkāra crea i cinque elementi, 
     	terra, vento, spazio, acqua e luce per quinta,

  10 	e dicono che questo viene compiuto nella terza notte,
     	di cinquemila kalpa e così si dice sia il giorno,

  11 	suono, contatti, forme, sapori e odore per quinto
     	questi sono i viśeṣa o re dei re, nei cinque elementi grossi,
     	da questi sono penetrati gli esseri di giorno in giorno o sovrano,

  12 	ed essi sono in contatto reciproco e intenti al bene reciproco,
     	si desiderano reciprocamente e reciprocamnte si emulano,

  13 	si colpiscono reciprocamente, perennemente coi loro nemici, 
     	e quaggiù vivono entrati in nascite vili,

  14 	di tremila kalpa è detto il loro giorno,
     	e ugualmente la notte della mente o signore di uomini,

  15 	la mente compie o re dei re, l'intero comportamento dei sensi,
     	i sensi non percepiscono, è la mente che percepisce,

  16 	la vista vede le forme con la mente e cogli occhi,
     	essendo intenta la mente la vista vede al contrario non vede,
     	e così tutti gli altri sensi percepiscono, così si dice,

  17 	cessando la mente o re, anche i sensi cessano,
     	ma nel cessare dei sensi non vi è il cessare della mente,
     	così la mente fa apparire i principali sensi,

  18 	la mente è detta il signore di tutti i sensi,
     	e tutti loro entrano in tutti gli esseri, o gloriosissimo.'
     


                              CCC


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' il conteggio del tempo delle creazioni dei tattva, io
     	ti ho illustrato prima nell'ordine, ascoltane anche da me la dissoluzione,

   2 	come distrugge i viventi e continuamente li crei,
     	sempre Brahmā che è senza inizio né fine e imperituro,

   3 	intesa la fine del giorno, nella notte giace a dormire,
     	e il Beato immanifesto, comanda alla propria autocoscienza,

   4 	quindi messo in moto dall'immanifesto, coi suoi centomila raggi,
     	divisosi in dodici parti questo sole come un fuoco fiammeggiante,

   5 	tutte le creature dei quattro tipi brucia rapido col suo splendore,
     	vivipari, ovipari, vermi e germogli o signore di uomini,

   6 	e in un batter d'occhio sono distrutte quelle mobili e immobili,
     	e allora la terra diviene ovunque simile al guscio di una tartaruga,

   7 	costui dall'incomparabile forza avendo bruciato il mondo e l'intera terra,
     	rapidamente la riempie ovunque di potente acqua,

   8 	quindi giunge il fuoco del tempo che dissecca questa acqua,
     	e distrutta l'acqua o re dei re, spira un grandissimo vento,

   9 	incommensurabile, che divora il fortissimo fiammeggiante
     	fuoco dalle sette fiamme che brucia istantaneamnete tutti gli esseri,

  10 	lo divora questo potentissimo e forte vento fatto di otto parti,
     	vagando con infinito flusso, in alto, in basso e di lato,

  11 	e lo spazio da sé stesso divora questo terribile e potentissimo vento,
     	e la mente con grande frastuono divora questo spazio,

  12 	e Prajāpati, l'anima universale, l'ahaṃkāra divora la mente,
     	e la grande anima sapiente di passato, presente e futuro divora l'ahaṃkāra,

  13 	quindi Śambhu signore delle creature divora l'intera incomparibile anima, 
     	egli è infinitesimo, enorme, potente signore, luce immutabile, 

  14 	ha mani e piedi ovunque, bocche e teste ovunque,
     	e orecchi rivolti ovunque, e sta al mondo coprendo ogni cosa,

  15 	è il cuore di tutti gli esseri della misura di un dito,
     	questo Signore grand'anima divora l'universo infinito,

  16 	quindi sorge tutto questo interamente immutabile e imperituro,
     	il creatore senza-macchia di passati e presenti uomini,

  17 	questa la distruzione che ti ho illustrato secondo le scritture,
     	ascolta ora dell'adhyātman, dell'adhibhūta e dell'adhidaiva.'
     	
     


                              CCCI


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' i brahmani che vedono il vero dicono che i piedi sono l'adhyātman, 
     	il camminare è l'adhibhūta, e Viṣṇu e qui l'adhidaivata,

   2 	l'ano dicono che è l'adhyātman, quelli vedono le cose in verità,
     	lo scaricare è l'adhibhūta, e Mitra è qui l'adhidaivata,

   3 	e dicono secondo la visione dello yoga che l'organo sessuale è l'adhyātman,
     	il piacere sessuale è l'adhibhūta e Prajāpati l'adhidaivata,

   4 	secondo la visione del sāmkhya, dicono che le mani è l'adhyātman,
     	il fabricare è l'adhibhūta, e Indra è qui l'adhidaivata,

   5 	secondo la visione della śruti, dicono che la parola è l'adhyātman,
     	che il parlare è l'adhibhūta, e il fuoco è qui l'adhidaivata,

   6 	e secondo ancora la visione della śruti, dicono che la vista è l'adhyātman,
     	che la forma è l'adhibhūta, e Sūrya è qui l'adhidaivata,

   7 	secondo la visione della śruti dicono che l'udito è l'adhyātman,
     	che il suono è l'adhibhūta, e che le direzioni sono l'adhidaivata,

   8 	secondo la concezione del vero dicono che il gusto è l'adhyātman,
     	che i sapori sono l'adhibhūta e che l'acqua è l'adhidaivata,

   9 	secondo la visione della śruti, dicono che l'odorato è l'adhyātman,
     	che gli odori sono l'adhibhūta, e che la Terra è l'adhidaivata,

  10 	i saggi esperti del vero dicono che il tatto è l'adhyātman,
     	che i contatti sono l'adhibhūta, e che il vento è l'adhidaivata,

  11 	secondo la visione della śruti dicono che la mente è l'adhyātman,
     	che il pensare è l'adhibhūta, e che la luna è l'adhidaivata,

  12 	secondo la vera visione, dicono che l'egoismo è l'adhyātman,
     	che l'alta opinione di sé è l'adhibhūta, e che Bhava è qui l'adhidaivata, 

  13 	secondo la visione dei veda, dicono che la buddhi è l'adhyātman,
     	che il percettibile è l'adhibhūta e che l'anima sapiente del campo è l'adhidaivata,

  14 	queste le manifestazioni del manifesto o re, che ti ho illustrato,
     	dal principio alla fine e con la metà, secondo verità o vero sapiente,

  15 	la prakṛti modifica le qualità per desiderio di mutare il suo aspetto,
     	come per gioco o grande re, in centinaia e migliaia di modi,

  16 	come i mortali accendono migliaia di lampade da una lampada,
     	così la prakṛti modifica le molte caratteristiche dell'uomo,

  17 	sattva, piacere sessuale, predominanza, amore, e celebrità,
     	gioia, purezza, salute, contentezza, ricchezza di fede,

  18 	generosità, assenza di furia, pazienza, fermezza, non violenza,
     	imparzialità, sincerità, assenza di inganni e di agitazione, gentilezza, modestia,

  19 	purezza, onestà, buona condotta, costanza, saldezza di cuore,
     	non vantarsi di aver ottenuto la separazione da desideri e odi,

  20 	accettare cose desiderate solo per dono, beneficio per altri,
     	pietà per tutti gli esseri, questi sono dette le caratterische del sattva,

  21 	l'insieme delle caratteristiche del rajas, sono bellezza nell'ottenere la supremazia,
     	mangiare troppo, assenza di lode, perseguire gioie e dolori,

  22 	piacere nell'offendere gli altri, perseguire le contese,
     	egoismo, il ferire, ansie, perseguire le discordie,

  23 	rimorso, rubare, assenza di modestia, disonestà,
     	seduzione, rozzezza, furia, brame e ira,
     	orgoglio, odio, parlare troppo, questi sono dette le qualità del rajas,

  24 	dell'insieme di quelle tamasiche ti parlerò, comprendile:
     	confusione, oscurità, indignazione, completa oscurità di intelletto,

  25 	la morte è la completa oscurità, e l'indignazione è detta collera,
     	questi sono i segni del tamas, voracità dei cibi,

  26 	insaziabilità dei beni, insaziabilità nel bere,
     	piacere in vesti e profumi, nei giochi, nei letti e nei seggi,

  27 	nel dormire di giorno, nelle dispute, e nelle passioni insane,
     	per ignoranza aver fede nelle danze, musiche e canti, 
     	odio per chi eccelle nel dharma, queste le caratteristiche tamasiche.'
     


                              CCCII


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' questi sono i tre guṇa dalla prakṛti genaratrice o migliore degli uomini,
     	che sempre se ne stanno nell'intero universo senza uscirne,

   2 	ed egli trasforma da sé la sua anima interiore, in centinaia
     	e in migliaia e in centinaia di migliaia di milioni di modi,

   3 	il supremo è lo stato sattvico, mediano è quello rajasico,
     	e lo stato inferiore dicono che sia il tamasico, i pensatori dell'adhyātman,

   4 	con atti interamente puri si ottiene la meta in cielo,
     	con atti puri e cattivi, quella umana, e con l'adharma la meta in basso,

   5 	della mescolanza in verità degli accoppiamenti dei tre, 
     	del sattva, del rajas e del tamas ascolta da me,

   6 	il rajas si vede col sattva, e il tamas col rajas,
     	e pure il sattva col tamas, questo è l'immanifesto dell'essere, 

   7 	quando l'immanifesto è unito al sattva, si raggiunge il mondo degli dèi,
     	unito a rajas e sattva precipita tra gli uomini,

   8 	unito a rajas e tamas, rinasce in vili grembi,
     	unito a rajas, tamas e sattva, ottiene di essere uomo,

   9 	e lo stato degli umani disgiunti da atti puri e cattivi, dicono
     	che sia l'eterno, immutabile, indistruttibile, che è privo di paure,

  10 	la miglior cosa è nascere nel salubre e incrollabile stato dei sapienti,
     	aldilà dei sensi, senza origine, che disperde le tenebre di nascita e morte,

  11 	tu mi hai chiesto del supremo che sta nell'immanifesto o signore di uomini,
     	anche se esso sta nella prakṛti è rimane lo stesso, così si pensa,

  12 	priva di intelligenza è ritenuta la prakṛti o principe,
     	quando esso la sovrintende, crea e distrugge.'

  13 	Janaka disse:
     	' entrambi sono senza principio né fine o grande muni,
     	privi di forma, immobili, privi di agitazione, e invulnerabili, 

  14 	e impensabili o tigre fra i ṛṣi, come uno può essere privo di intelligenza?
     	e si dice che l'altro, il conoscitore del campo abbia intelligenza,

  15 	tu o primo dei savi, interamente riverisci il dharma della liberazione,
     	io vorrei udire in verità e interamente del dharma della liberazione,

  16 	l'esistenza, la intierezza, e la separazione,
     	il rimanere e l'andarsene separato dal corpo,

  17 	e quale sede ottiene a tempo debito, questo dimmi o ri-nato,
     	in verità sia nella sapienza sāṃkhya che nello yoga,

  18 	tu devi dirmi in verità di queste circostanze o supremo,
     	tu conosci ogni cosa, come avendo un frutto in mano.' 
     


                              CCCIII


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' non si può dare attributi a chi è privo di attributi o signore di popoli,
     	ma pure ascolta da me secondo verità chi ha attributi e chi ne è privo,

   2 	coi guṇa si dice guṇavat, e privo di guṇa si dice nirguṇa,
     	così affermano le grandi anime, i muni che scorgono il vero,

   3 	l'immanifesto ha i guṇa per natura, e coi guṇa sorge,
     	priva di intelligenza per natura essa si unisce ai guṇa,

   4 	l'immanifesto non conosce, il puruṣa conosce per natura,
     	e sempre pensa: ' nulla vi è sopra di me.'

   5 	per questa ragione, l'immanifesto che è privo di intelligenza,
     	diviene differente dai perituri, per l'eternità e l'indistruttibilità di esso,

   6 	quando per ignoranza compia ripetutamente la creazione dei guṇa,
     	quando non riconosca l'anima, allora è chiamato l'immanifesto,

   7 	e per essere l'autore dei tattva, è chiamato tattvadharmin,
     	e per essere l'autore delle nascite è chiamato yonidharman,

   8 	e per essere creatore delle prakṛti, è detto prakṛtidharman,
     	e per essere l'autore dei semi è chiamato bījadharmin,

   9 	e per essere il motore dei guṇa è il prasavadharman,
     	e per essere l'autore delle distruzioni è il pralayadharmin,

  10 	per i semi, per le prakṛti, per le distruzioni,
     	per l'indifferenza, per essere altro, e per il suo orgoglio,   

  11 	gli asceti perfezionati privi di ansie per l'adhyātman, pensano 
     	che sia perituro e sempre immanifesto, così abbiamo udito,

  12 	e dicono che l'immanifesto è l'unità e il puruṣa la molteplicità,
     	i pietosi per tutti gli esseri interamente saldi nella conoscenza,

  13 	altra cosa è il puruṣa dall'immanifesto, che incerto appare come certo,
     	come la cinta dalle canne, così questo nasce,

  14 	una cosa si sa che è la zanzara e altra cosa è la sua larva,
     	la zanzara non si modifica unita alle larve,

  15 	una cosa è il pesce e un'altra cosa si sa che è l'acqua,
     	il pesce non si modifica in nessun modo toccando l'acqua,

  16 	una cosa è il fuoco e un'altra la pentola, così devi intendere,
     	ma non si muta il fuoco in contatto colla pentola,

  17 	una cosa è il loto, e un'altra cosa si sa che è l'acqua,
     	ma il loto non muta al contatto dell'acqua,

  18 	sempre tra questi vi è contatto e separazione,
     	ma così non scorgono mai le genti volgari,

  19 	e quelli che vedono diversamente non hanno retta conoscenza,
     	costoro ripetutamente cadono nel manifesto e terribile inferno,

  20 	questa è la suprema concezione del sāṃkhya così illustrata,
     	e così pensando i sāṃkhya sono giunti all'assoluto, 

  21 	e degli altri che sono veri esperti della loro concezione,
     	da qui in avanti ti parlerò della concezione degli yogin.'
     


                              CCCIV


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' la scienza dei sāṃkhya ti ho riferito, ascolta da me quella degli yogin,
     	come l'ho udita e vista in verità o migliore dei sovrani,

   2 	non vi è conoscenza pari al sāṃkhya, non vi è forza pari allo yoga,
     	entrambe hanno la stessa condotta, entrambe si dice siano immortali,

   3 	ma gli uomini pur di scarso intelletto le vedono separate,
     	noi o re, le vediamo una sola cosa e questo per convinzione,

   4 	quanto guardano gli yogin, anche dai sāṃkhya è visto,
     	chi è un vero sapiente vede una sola cosa in sāṃkhya e yoga,

   5 	devi conoscere le altre principali forze dello yoga,
     	che da questo corpo procedono in ogni direzione,

   6 	fin quando avviene la morte o caro, allora colle otto qualità sottili
     	uniti, vagano felicemente per i mondi abbandonando questo, o senza-macchia,

   7 	i saggi dicono nei veda che lo yoga ha otto qualità,
     	e affermano che questa guida di otto qualità è sottile o migliore dei sovrani,

   8 	dicono che di due generi è la suprema pratica degli yogin,
     	quella coi guṇa e quella priva di essi, secondo la visione delle scritture,

   9 	la concentrazione della mente, e il prāṇāyāma o principe,
     	il prāṇāyāma ha i guṇa, ne è privo invece la concentrazione della mente,

  10 	laddove egli appaia rilasciare i fiati o supremo re di mithilā,
     	la mente diviene padrona dei flussi, e perciò non vacilla,

  11 	nella prima guardia della notte si ricordano dodici regole,
     	e altre dodici regole nella media guardia dopo aver dormito,

  12 	così con anima tranquilla, disciplinato, agendo da solo,
     	si deve unire l'anima alla buddhi nel supremo spirito, senza dubbio,

  13 	evitando le cinque colpe dei cinque sensi,
     	suoni, contatti, forme, gusti e odori,

  14 	concentrandosi nel pensiero che porta alla beatitudine o re di mithilā,
     	e raffermando nella mente l'intera schiera dei sensi, 

  15 	e raffermando pure la mente nell'ahaṃkāra o signore di uomini,
     	e l'ahaṃkāra nella buddhi, e pure la buddhi nella prakṛti,

  16 	così praticando allora ci si impegni interamente a meditare
     	sull'eterno privo di rajas e di macchia, infinito e puro e salubre,

  17 	nel saldo puruṣa, splendido, indivisibile, senza vecchiaia né morte,
     	signore eterno e immutabile, e brahman immutabile,

  18 	di chi si concentra o grande re, si devono cosiderare i segni,
     	e il segno di chi ha la pace interiore, è il dormire felicemente contento,

  19 	come una lampada al riparo dal vento splende alimentata d'olio,
     	immobile con fiamma diritta, così i saggi dicono sia il concentrato,

  20 	come una roccia colpita pur dalle gocce di grandi nuvole,
     	non è possibile smuovere, così è il segno del concentrato,

  21 	per i suoni di conchiglie e tamburi, per vari canti e musiche, 
     	che si possano compiere, se non si agita, questo è l'aspetto del concentrato, 

  22 	come un uomo afferrato colle mani un piatto pieno di olio,
     	sale una scala pur spaventato e minacciato da uomini armati,

  23 	con anima tranquilla non versa una goccia dal piatto per paura di essi,
     	così deve essere la concentrazione della mente superiore,

  24 	ma raffermando i sensi, e nell'intera immobilità,
     	cosi si devono considerare i segni del muni concentrato,

  25 	il concentrato scorge il supremo e immutabile brahman,
     	che sta saldo come un fuoco in mezzo alla grande tenebra,

  26 	in questo modo, lasciando il corpo inanimato, raggiunge l'intierezza
     	dopo molto tempo o re, questa è l'eterna śruti,

  27 	questo è la concentrazione degli yogin, che altro può essere il segno dello yoga?
     	questo conoscendo i saggi ritengono di aver tutto compiuto.'
     


                              CCCV


   1 	Yājñavalkhya disse:
     	' ascolta ora con attenzione come sia il modo di ascendere o sovrano,
     	chi ascende dai piedi si dice abbia la sede di Viṣṇu,

   2 	dalle natiche, invece si raggiungono gli dèi vasu, così noi sappiamo,
     	dalle ginocchia si raggiungono i gloriosissimi dèi sādhya,

   3 	uscendo dall'ano, si ottiene la sede di Mitra,
     	e la Terra dai genitali, e Prajāpati dalle coscie,

   4 	dai fianchi, gli dèi marut, e dal naso la luna,
     	dalle braccia Indra, e dal petto Rudra, cosi dicono,

   5 	dal collo si raggiunge il supremo Nara, il migliore dei ṛṣi,
     	i viśvedeva dalla bocca, e si raggiungono le direzione dagli orecchi,

   6 	dall'odorato il vento fragrante, e dagli occhi Sūrya,
     	dalle sopraciglia i due dèi aśvin, e dalla fronte gli antenati,

   7 	il potente Brahmā il principale dio si raggiunge dal cranio,
     	queste sono dette le sedi delle varie ascese o signore di mithilā,

   8 	ti parlerò invece dei segni infausti enunciati dai saggi,
     	di quali corpi nascano che finiscono in un anno,

   9 	chi non scorga la stella arundhatī, quando l'abbia vista prima,
     	e pure la stella polare e la luna piena come una lampada, così dicono,  
     	che splenda in frammenti verso sud, ha la vita di un anno,

  10 	quelli che non vedono sé stessi negli occhi degli altri o principe,
     	come un'immagine del proprio aspetto, hanno un anno di vita,

  11 	chi abbia splendore e saggezza e perda saggezza e splendore,
     	per una qualche modificazione della natura, sono segnati a morire in sei mesi,

  12 	chi disprezzi le divinità, e si scontri coi brahmani,
     	chi scuro di pelle diventi di colore chiaro, è segnato a morire in sei mesi,

  13 	chi veda la luna come una ruota piena di buchi e dall'asse sottile,
     	eppure con mille raggi per sette notti, è destinato alla morte,  

  14 	l'uomo che percepisca un fragrante profumo giunto come il fetore di un corpo,
     	nel tempio di una divinità, avrà la morte in sei notti,

  15 	la depressione del naso o degli orecchi, lo scoloramento di denti e occhi,
     	la diminuizione di intelligenza, e il freddo, sono segni di immediata morte,

  16 	e per chi scorrano lacrime dall'occhio sinistro senza una causa o signore di uomini,
     	e salga del fumo dalla testa, vi è un segno di morte immediata,

  17 	questi i segni infausti conoscendo, l'uomo di anima compiuta,
     	di notte e di giorno unisca sé stesso all'anima suprema,

  18 	vedendo davanti a sé il suo destino che verso la morte vada,
     	se non desidera la sua morte, voglia praticare queste cose,

  19 	concentrato raffermi ogni odore e sapore,
     	e vinca cosi la morte fissando la propria anima all'anima suprema,

  20 	e conoscendo e ricordando il sāṃkhya o toro fra gli uomini,
     	vinca la morte fissando la propria anima all'anima suprema,

  21 	e raggiunga interamente coi propri occhi la sede benefica, immutabile,
     	non nata, eterna, incrollabile, ardua da ottenersi dalle anime incompiute.'
     


                              CCCVI


   1 	Yājñavalkhya dissee:
     	' il supremo che sta nell'immanifesto di cui tu mi hai chiesto o signore di uomini,
     	questa supremo e segreto che hai chiesto, ascolta con attenzione o sovrano,

   2 	quasi disprezzando la condotta che dai ṛṣi è stabilità,
     	io dal sole ottenni gli yajus o signore dei mithilā,

   3 	con un grande tapas il dio bruciante fu venerato da me,
     	e io fui apostrofato allora dallo splendente Sūrya che era contento o senza-macchia:

   4 	' scegli la grazia che vuoi o savio ṛṣi, per te ardua da ottenere,
     	e io con anima lieta ti darò questo arduo dono, per mio favore.'

   5 	quindi inchinando la testa, io dicevo al migliore dei riscaldanti:
     	' io vorrei conoscere rapidamente gli yajus che non possiedo.'

   6 	allora il Beato mi diceva: ' te li darò o ri-nato,
     	Sarasvatī, fattosi parola entrerà nel tuo corpo.'

   7 	e quindi mi diceva il Beato: ' tieni aperta la tua bocca.'
     	e apertala allora Sarasvatī entrava nella mia bocca,

   8 	quindi io bruciavo penetrato dalla fiumana o senza-macchia,
     	e per ignoranza mi infuriai col sole grand'anima,

   9 	e mentre io bruciavo, il Beato splendente mi disse:
     	' sopporta per un po' il bruciore e quindi tornerai nella frescura.'

  10 	e quando il Beato sole mi vide diventato fresco, mi disse:
     	' in te vi sono interamente i veda colle loro parti o ri-nato,

  11 	e tu seguirai interamente il sentiero dei virtuosi o toro fra i ri-nati,
     	e alla fine di questo la tua buddhi diverrà rivolta alla beatitudine,

  12 	e otterrai lo stato che desideri cercato da yoga e sāṃkhya.' 
     	così avendo parlata il Beato si volgeva verso il tramonto,

  13 	quindi udito il suo discorso e andato via il dio scrigno di splendore,
     	tornato a casa, felice pensavo alla Sarasvatī,

  14 	allora appariva la splendida, adornata di ornate parole,
     	la dea Sarasvatī davanti a me pronunciando per prima la sillaba oṃ, 

  15 	poi io offrivo secondo le regole l'offerta ospitale a Sarasvatī,
     	e mi impegnavo a fare lo stesso col sole il migliore dei riscaldanti,

  16 	quindi l'intero śatapatha, con accessori e mistiche dottrine,
     	in ogni sua parte ella compiva con suprema gioia,

  17 	e fatta questa suprema lettura a cento discepoli,
     	per il dispiacere dello zio materno grand'anima coi suoi discepoli,

  18 	quindi io coi miei discepoli, come il sole coi suoi raggi,
     	raggiunsi il sacrificio o grande re, di tuo padre grand'anima,

  19 	alla presenza di Devala, io presi metà,
     	della dakṣiṇa per la recitazione dei veda, essendoci una disputa collo zio,

  20 	da Sumantu, da Paila, e da Jaimini,
     	da tuo padre e da altri muni io ne ebbi il permesso,

  21 	dal sole io ottenni i cinquanta yajus o senza-macchia,
     	e da Lomaharṣa, io studiai i purānạ,

  22 	messo avanti questa origine e la dea Sarasvatī,
     	per l'autorità di Sūrya, io iniziai o signore di uomini,

  23 	a compilare il śatapatha, sapienza mai compiuta prima,
     	il sentiero che io desideravo fu così percorso da me,

  24 	e interamente colle sue appendici lo insegnai ai discepoli,
     	tutti i discepoli divennero puri, e supremamente lieti,

  25 	questa conoscenza che io ho conosciuto dal sole consta di cinquanta parti,
     	e stabilita secondo desiderio questa conoscenza io meditavo:

  26 	' che altro è la suprema conoscenza se non il brahman?'
     	e mentre così pensavo, giungeva un gandharva che mi interrogava,

  27 	Viśvāvasu o re, che dunque era esperto della conoscenza del vedānta,
     	ventiquattro domande sui veda mi poneva o principe,
     	e mi pose una venticinquesima domanda per esaminarmi,

  28 	sull'universo e sul non-universo, sui due aśvin, su Mitra e Varuṇa,
     	su conoscenza e conoscibile, su sapiente e ignorante, su Ka, su tapas e non tapas,
     	su chi divora il sole e sul sole, su conoscenza e ignoranza,

  29 	su sapienza e non sapienza o re, su incrollabile e crollabile,
     	sul senza inizio, su indistruttibile e distruttibile, questa fu la sua suprema domanda,

  30 	allora io dissi al re a quel supremo gandharva o re,
     	che mi chiedeva, nell'ordine la risposta alle supreme domande:

  31 	'attendi un momento finché io ci pensi.'
     	e avendo detto di si, il gandharva se ne stava in silenzio,

  32 	quindi pensai di nuovo io alla dea Sarasvatī,
     	nella mia mente vi fu quella questione come dalla panna sorge il burro,

  33 	e allora le upaniṣad e i loro supplementi o principe,
     	mescolai nella mia mente o caro, guardando alla suprema esaminazione,

  34 	e la quarta conoscenza o tigre fra i re, relativa all'aldilà,
     	che ti ho già illustrato che si è radicata sul venticinque,

  35 	quindi io dissi o re, al re Viśvāvasu allora,
     	' ascolta tu dunque che mi hai posto questa domanda,

  36 	su universo e non universo, questo è quanto tu o re dei gandharva mi chiedi,
     	si sappia che l'universo è l'immanifesto, il supremo e terribile di vita e morte,

  37 	che produce i tre guṇa, e il non-universo è il privo di attributi,
     	l'aśva è la coppia, così si deve considerare,

  38 	la prakṛti che è l'immanifesto e il puruṣa privo di attributi, così dicono,
     	e Mitra è il puruṣa e Varuṇa è la prakṛti,

  39 	la conoscenza dicono sia la prakṛti, e il conoscibile il senza attributi,
     	chi conosce e chi non conosce è il puruṣa, perciò è detto senza attributi,

  40 	su ka, il tapas e il privo di tapas, il ka è detto il puruṣa,
     	il tapas la prakṛti, così dicono, il privo di tapas è chiamato il privo di attributi,

  41 	l'gnoranza è l'immanifesto, e la conoscenza è detto il puruṣa,
     	quanto mi hai chiesto su mobile e immobile, ascolta da me,

  42 	il mobile dicono sia la prakṛti, causa di origine e dissoluzione,
     	e quanto non compie creazione e dissoluzione, è detto il puruṣa immobile,

  43 	entrambi non hanno origine, né progenie, e sono indistruttibili entrambi, 
     	non nati, eterni entrambi li dicono, i sapienti della via dell'adhyātman,

  44 	per l'imperituro suo produrre, la dicono non nata e immutabile,
     	e imperituro dicono pure il puruṣa, per lui non vi è distruzione,

  45 	la prakṛti è considerata indistruttibile per creare e distruggere i guṇa, 
     	questa è la sapienza di pensiero, la quarta che riguarda l'altro mondo,

  46 	fatta ricchezza di conoscenza, con azioni e costante esercizio,
     	e con un unico pensiero si devono ascoltare tutti i veda o Viśvāvasu,

  47 	quelli che si smuovono da questo nascono e muoiono,
     	e non conoscono la sapienza dei veda o supremo gandharva,

  48 	se pur studia i cinque veda con annessi e connessi,
     	chi non conosce la sapienza vedica porta solo il peso dei veda,

  49 	chi per aver burro zangoli del latte d'asina, o migliore dei gandharva,
     	senza guardare allo sterco, non ha ne latte né burro,

  50 	e così un esperto dei veda che non conosca sapienza e ignoranza,
     	questo scarso di intelletto, porta solo il peso della conoscenza,

  51 	entrambi si devono vedere, coll'anima rivolta all'anima suprema,
     	e di costui non vi sarà più di continuo, nascita e morte,

  52 	riflettendo su nascita e morte, e abbandonando i tre guṇa,
     	che sono distruttibili, si raffermi nel dharma imperituro,

  53 	se uno vede il perpetuo, giorno dopo giorno o kaśyapade,
     	allora devoto all'assoluto scorgerà il ventisei,

  54 	una cosa è l'eterno immutabile, e un'altra è il venticinque,
     	così ne vede due, ma uno lo dicono i virtuosi,

  55 	per questo non riconoscono l'incrollabile fatto di venticinque,
     	per paura della morte e della nascita così vedono yogin, sāṃkhya e grandi ṛṣi.'

  56 	Viśvāvasu disse:
     	' tu hai parlato di questo venticinque o migliore dei brahmani,
     	che sia così o che non sia così tu mi devi dire,

  57 	da Jaigīṣavya e da Asita Devala io ho imparato
     	e dal savio ṛṣi Parāśara, e dal sagace Vārṣagaṇya,

  58 	e da Bhikṣu, da Pañaśikha, da Kapila e da Śuka,
     	da Gautama e da Arṣṭiṣeṇa, e da Garga grand'anima,

  59 	da Nārada, da Asuri, e dall'intelligente Pulastya,
     	e da Sanatkumāra, e dal grand'anima Śukra, 

  60 	e da mio padre Kaśyapa io precentemente ho udito ciò,
     	e in seguito da Rudra, dall'intelligente Viśvarūpa,

  61 	e da altre divinità e antenati, e dai daitya qua e là,
     	io ho acquisito questa intera conoscenza, che sempre mi riferirono,

  62 	perciò io vorrei udire anche la tua opinione o brahmano,
     	tu sei il migliore nelle scritture, illustre e pieno di intelligenza,

  63 	nulla per te è sconosciuto, tu sei conosciuto come lo scrigno della śruti,
     	così si dice nel mondo degli dèi e in quello degli avi o brahmano,

  64 	e i grandi ṛṣi che sono giunti al mondo di Brahmā ne parlano,
     	e l'eterno sole, il migliore dei riscaldanti parla di te,

  65 	e pure la sapienza sāṃkhya o brahmano tu hai interamente acquisito,
     	e pure e in special modo la sapienza yoga o Yājñavalkhya,

  66 	senza dubbio tu sei illuminato e conosci mobili e immobili,
     	io vorrei conoscere questa sapienza come il burro che è fatto dalla panna.'

  67 	Yājñavalkhya disse:
     	' io penso che tu o migliore dei gandharva puoi comprendere ogni cosa,
     	e quanto tu vuoi sapere da me o re, ascoltalo in accordo colle scritture,

  68 	la prakṛti priva di intelletto, il venticinque la percepisce,
     	ma la prakṛti o gandharva non percepisce il venticinque,

  69 	per questa sua assenza di percezione e chiamata l'origine, 
     	dai sāṃkhya e dagli yogin veri sapienti, e secondo la visione della śruti,

  70 	guardando e guardando uno vede o senza-macchia,
     	il ventisei, e vede il venticinque e il ventiquattro,
     	ma non vede guardando invece chi su questo non riflette,

  71 	il venticinque considera che non vi è altro superiore a sé,
     	il ventiquattro non resta sconosciuto agli uomini intenti alla conoscenza,

  72 	come il pesce viaggia nell'acqua, e agisce per la sua natura,
     	come il pesce lo comprende, così lo comprende pure egli,
     	pur attaccato vivendo insieme, ne è sempre separato

  73 	egli sprofonda nel tempo, quando non percepisce questa unità,
     	ed emerge dal tempo soverchiato dall'egoismo,

  74 	quando il ri-nato pensi che altro è lui e altro quello, 
     	allora devoto all'assoluto scorge il ventisei,

  75 	una cosa è il venticinque e un'altra è l'inferiore o re,
     	ma i virtuosi per lo stare in esso lo vedono una sola cosa,

  76 	per questo non si rallegrano dell'incrollabile venticinque,
     	gli yogin e i sāṃkhya sono intimoriti dalla paura di nascita e morte, o kaśyapide,
     	e puri e al supremo rivolti vedono il ventisei,

  77 	quando il devoto all'assoluto veda il ventisei,
     	allora quel saggio omnisciente non ne avrà una nuova rinascita,

  78 	così del privo di coscienza e del percettore o senza macchia,
     	e dell'illuminato, ti ho parlato in verità secondo la visione della śruti,

  79 	di chi veda il visibile e l'invisibile, in sicurezza e verità o kaśyapide,
     	è l'unità e la separazione è il principio che è superiore al venticinque.'

  80 	Viśvāvasu, disse:
     	' tu dunque ha parlato della vera, sublime e auspicabile origine degli dèi secondo verità,
     	fortuna imperitura sia sempre a te, con la buddhi mi inchino a te sempre unito all'intelletto.'

  81 	Yājñavalkhya disse:
     	' così avendo parlato se ne andava in cielo, splendente mostrandosi di bellezza,
     	soddisfatto, e per la gran contentezza si rallegrava, il grand'anima fatta la pradakṣiṇa a me, 

  82 	e agli dèi con Brahmā in testa e a quelli che stanno a terra e in cielo o in basso o sovrano,
     	e a quelli che sono saldi sulla via del pace, mostrava questa visione rettamente,

  83 	tutti i sāṃkhya saldi del dharma sāṃkhya, e gli yogin saldi nel dharma dello yoga,
     	e pure gli altri uomini che cercano la liberazione, a loro questa visione di conoscenza,

  84 	dalla conoscenza nasce la liberazione degli uomini, ma non dall'ignoranza così dicono o re,
     	perciò in verità si deve seguire la conoscenza, con cui ci si libera da nascita e morte,

  85 	avuta la conoscenza da brahmani, da kṣatriya, da vaiśya o pure dai vili śūdra,
     	sempre deve credervi il ricco di fede, nascita e morte non possiedono chi ha fede,

  86 	tutti i varṇa sono brahmani nati da Brahmā, e tutti sempre recitano il brahman,
     	il vero śāstra con la mente sul brahman o riferito, l'intero universo è uguale al brahman,

  87 	dalla bocca di Brahmā sono nati i brahmani, dalle braccia sono sorti gli kṣatriya,
     	dal suo ombelico i vaiśya e dai piedi gli śūdra, ogni varṇa non si deve conoscere altrimenti,

  88 	gli ignoranti godono di molte rinascite e come tutte portano alla morte o re,
     	così i varṇa senza conoscenza cadono, dall'orrida ignoranza nel mare delle nascite terrene,

  89 	perciò si deve sempre cercare la conoscenza, che si trova ovunque come ti ho detto,
     	in essa vi sta Brahmā, e chi altri vi sta, in lui sempre vi è liberazione, così dicono i ri-nati, 

  90 	quanto mi hai chiesto ti ho illustrato, secondo verità, quindi elimina la sofferenza,
     	raggiungi o re, il supremo di questo punto, rettamente l'ho detto, fortuna sia sempre a te.'”

  91 	Bhīṣma disse:
     	“ così istruito dunque dal saggio Yājñavalkhya,
     	il re sovrano di mithilā divenne molto lieto allora,

  92 	e partito il grande muni, dopo avegli fatta la pradakṣiṇa,
     	il sovrano figlio di Devarāta, sedeva là sapiente della liberazione,

  93 	e distribuiva miriadi di vacche e di oro, 
     	e una sbracciata di gemme, dava ai brahmani allora,

  94 	e messo il figlio sul trono dei videha,
     	a seguire il dharma degli asceti si poneva il signore di mithilā,

  95 	studiando interamente la scienza sāṃkhya e la dottrina dello yoga,
     	disprezzando o re dei re, il dharma e l'adharma della prakṛti,

  96 	e resosi senza fine, eterno e solitario, e riteneva,
     	dharma e adharma, meriti e peccati, verità e falsita,

  97 	e nascita e morte o re dei re, propri della prakṛti, e pensava che
     	del brahman immanifesto è sempre questa azione, così o signore di uomini,

  98 	gli yogin e i sāṃkhya che appaiono seguire i propri trattati, vedono
     	che il brahman supremo sta disgiunto da cose desiderabili e non,
     	sempre i saggi lo dicono il puro, perciò diventa puro,

  99 	quanto viene dato e ottenuto, e quanto è permesso dare,
     	e quanto si dà o migliore degli uomini e quanto si riceve,
     	tutto ciò lo dà e lo riprende l'immanifesto, 

 100 	l'anima è la sola cosa propria, chi altro può essere superiore a te?
     	così medita sempre senza pensare a null'altro,

 101 	chi non conosce l'immanifesto sia coi guṇa, che privo di guṇa,
     	deve perseguire i sacrifici e i tīrtha, questo ignorante, 

 102 	né cogli studi né con sacrifici, né col tapas o rampollo dei kuru,
     	si ottiene lo stato dell'immanifesto, ma conoscendo l'immanifesto o sovrano,

 103 	dal mahat si ha lo stato dell'ahaṃkāra, 
     	e dall'ahaṃkāra si può ottenere il supremo e quelle sedi,

 104 	quelli che son seguaci delle scritture, sempre conoscono il supremo immanifesto,
     	disgiunto da nascita e morte, e disgiunto da bene e male,

 105 	questa io l'ho ottenuta un tempo da Janaka, e lui la ottenne da Yājñavalkhya o sovrano,
     	questa conoscenza è il massimo, e non lo sono i sacrifici, con essa si passano difficoltà, non coi riti, 

 106 	ardue sono nascita e morte o re, i sapienti dicono che non danno prosperità,
     	coi sacrifici, i tapas, i voti e le rinunce, raggiunto il cielo si ricade sulla terra,

 107 	perciò persegui il supremo, grande e puro, benefico, privo di errori e mali, e purificatore,
     	da sapiente dell'anima o principe, segui il vero sacrificio della conoscenza, e diverrai un ṛṣi,

 108 	Yājñavalkhya un tempo beneficava il sovrano Janaka di questa upaniṣad,
     	che è considerata l'eterno immutabile, il sublime, e raggiunse l'immortalità priva di dolore.”
     


                              CCCVII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ ottenuta la sovranità e grande ricchezza o toro tra i bhārata
     	e avuta lunga vita, come si può superare la morte?

   2 	col tapas, con grandissime azioni, o collo studio,
     	o con quali altri mezzi o elisir, si può non avere vecchiaia e morte?”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione tra l'asceta Pañcaśikha e Janaka,

   4 	il re dei videha Janaka chiedeva al grande ṛṣi, 
     	sapientissimo dei veda, Pañcaśikha, di tagliare un suo dubbio su artha e dharma:

   5 	' con quale condotta o venerabile, si può qui superare vecchiaia e morte?
     	col tapas o coll'intelligenza, colle azioni o collo studio dei veda?'

   6 	così interrogato quel sapiente di ogni segreto rispondeva al videha:
     	' non vi è fuga da questi due, non vi è mai cessazione di loro,

   7 	i giorni non ritornano, né i mesi e neppure le notti,
     	anche chi a lungo percorra la via immortale, è transitorio,

   8 	la distruzione di tutti gli esseri sempre è portata come da un fiume,
     	si è trasportati e sprofondati senza nave nel mare del fato,  
     	che ha morte e vecchiaia come squali, e nessuno è salvato,

   9 	per lui non vi sarà nessuno, e lui non vi è per nessuno,
     	colle mogli e i parenti percorre quella sola via,
     	di vivere troppo a lungo nessuno ha mai ottenuto prima,

  10 	sono precipitati in ciascuna nascita urlando ogni volta,
     	dal tempo di nascita in nascita come nuvole spazzate dal vento,

  11 	vecchiaia e morte sono due lupi che divorano gli esseri,
     	che siano forti o deboli, piccoli oppure grandi,

  12 	così essendo tutti gli esseri sempre impermanenti,
     	come si può gioire delle nascite e come dolersi delle morti?

  13 	' donde sono giunto? chi sono io? dove andrò? a chi appartengo io?
     	dove sei giunto, dove sarai, perché e di che ti duoli? '

  14 	per vedere il paradiso, e non dunque l'inferno,
     	senza trasgredire le scritture, si deve donare e sacrificare.'”
     


                              CCCVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ senza abbandonare la vita domestica o supremo ṛṣi regale dei kuru,
     	chi può avere con intelligenza una condotta di vera liberazione? dimmi questo,

   2 	come un'anima possa rinunciare e come sia chi ha rinunciato,
     	e quale sia il supremo della liberazione, questo dimmi o nonno.”

   3 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione tra Janaka e Sulabhā o bhārata,

   4 	un tempo vi era un sovrano intento ai frutti della rinuncia,
     	a mithilā, di nome Janaka, contrassegnato dal dharma, così si sa,

   5 	era di compiuta conoscenza dei veda, dei suoi trattati e di quelli sulla liberazione, 
     	e trattenendo i suoi sensi, governava questa terra,

   6 	udendo della sua virtuosa condotta, dei saggi sapienti dei veda,
     	e degli altri uomini desideravano imitarlo al mondo, o migliore degli uomini,

   7 	quindi in quel tempo di dharma, un'asceta bhikṣu salda nella pratica
     	dello yoga, di nome Sulabhā percorreva la terra,

   8 	lei avendo percorso l'intero mondo, udiva qua e là,
     	da ṛṣi dal triplo controllo, che il signore di mithilā era intento alla liberazione,

   9 	udita questa storia incredibile, si diceva che non era vera,
     	e le nacque il desiderio di andare a vedere Janaka,

  10 	quindi ella modificando attravesro lo yoga il suo primitivo aspetto,
     	quella dalle irreprensibili membra assumeva un altro supremo aspetto,

  11 	in un batter d'occhio andando rapida come una freccia,
     	lei dalle belle ciglia e dagli occhi di loto giungeva alla città dei videha,

  12 	ella giunta alla bella mithilā, piena di gente prosperosa,
     	sotto le spoglie di una mendicante, scorgeva il signore di mithilā,

  13 	e il re veduto il suo supremo corpo così pieno di giovinezza, 
     	chiedendo chi fosse, di chi e da dove, divenne pieno di meraviglia,

  14 	quindi dato a lei il benvenuto, indicandole un ottimo seggio,
     	e onoratola, la rendeva soddisfatta col lavacro dei piedi e ottimo cibo, 

  15 	quindi avendo mangiato, lieta al re circondato dai ministri,
     	in mezzo ai sapienti di ogni discorso la mendicante si rivolgeva,

  16 	e dubitando Sulabhā che lui non avesse liberazione verso i dharma,
     	esperta dello yoga, colla sua natura entrava nella natura del sovrano, 

  17 	con i raggi dei suoi occhi si univa ai raggi degli occhi di lui,
     	e lo legava mentre cercava di comandarlo coi lacci dello yoga,

  18 	il re Janaka, però sorridendo, penetrava la natura di lei, 
     	e il supremo sovrano afferrava colla propria natura quella di lei,

  19 	stando dunque nello stesso luogo, questa conversazione fu udita,
     	lui senza le sue insegne, e lei senza il suo triplo controllo:

  20 	' o venerabile signora qual'è la tua condotta, e facendola dove andrai?
     	di chi sei tu, e da dove vieni? questo le chiedeva il signore della terra,

  21 	chi ha natura virtuosa non cerca studio, giovinezza e nascita, 
     	perciò la risposta a queste cose mi devi dire, incontrando un virtuoso,

  22 	tu sappi che io sono privo di tutte le insegne regali,
     	io desidero darti la mia stima, tu sei degna di onore io ritengo,

  23 	da chi io un tempo ho ottenuto questa conoscenza eccellente,
     	da nessun altro che da lui sarai istruita nella liberazione, ascoltalo da me, 

  24 	dell'anziano asceta dalla grandissima anima, nel gotra di Parāśara,
     	di Pañcaśikha supremamente onorato io sono discepolo,

  25 	nella dottrina sāṃkhya, nello yoga, e nella dottrina dei sovrani,
     	nei tre veda, e nel dharma della liberazione io sono esperto senza dubbio,

  26 	egli percorrendo la via quaggiù come è indicata dalle scritture,
     	un tempo da me fu ospitato per quattro mesi nella stagione delle piogge,

  27 	e io fui istruito in verità dall'eccellente sāṃkhya che ben vede ogni cosa,
     	sulle tre vie della liberazione, e non mi sono allontanato dal regno,

  28 	e io dunque l'intera dottrina in tre parte stabilita per la liberazione,
     	libero da passioni pratico, da solo stando saldo al fine supremo, 

  29 	il distacco dal mondo, è la suprema regola della liberazione,
     	dalla conoscenza nasce il distacco, e da questo si ha la liberazione,

  30 	con la conoscenza si pratica l'impegno, e coll'impegno si raggiunge il mahat,
     	il mahat è la rinuncia agli opposti, e questo è il successo che va oltre la vita,

  31 	e questa suprema intelligenza lontana dagli opposti io ho ottenuto,
     	e quaggiù io agisco eliminati gli errori, e libero da attaccamento,

  32 	come un campo innondato dalle acque divenuto umido,
     	fa nascere i germogli, così le azioni umane creano nuove rinascite,

  33 	come un seme cotto nella pentola, o in qualche altro luogo,
     	pur avendo la proprietà di germinare, per averla persa non cresce,

  34 	così la conoscenza data a me dal venerabile asceta Pañcaśikha,
     	divenuta senza seme non mi fa nascere tra gli oggetti dei sensi,

  35 	io non sono attaccato a nulla, né a insuccesso né a successo,
     	e non mi rallegro per essi, per assenza di passioni e odi,

  36 	chi mi spalma il braccio destro di sandalo,
     	o chi mi tagli la sinistra colla spada, entrambi per me sono uguali,

  37 	felice io sono ottenuta ricchezza, e uguali sono per me oro, un sasso, una zolla,
     	libero da attaccamento, sto nel regno, superiore agli altri asceti,

  38 	fu conosciuta dagli antichi grandi ṛṣi la disciplina tripartita della liberazione,
     	la sapienza suprema al mondo che è l'abbandono di ogni azione,

  39 	le genti esperte nei trattati di liberazione parlano della dottrina del conoscere,
     	e altri asceti che guardano al sottile, della dottrina dell'agire

  40 	scarta interemente entrambe queste vie del conoscere e dell'agire,
     	e riconosce una terza dottrina questo grand'anima,

  41 	nei controlli grandi e piccoli, nel dominio di odi e brame, 
     	di orgoglio e frode, e pure di affetto deve stare il capofamiglia,

  42 	se uno è libero da qualche conoscenza a cominciare dai i tre controlli, 
     	e non vi siano insegne regali, questi due sono uguali al capofamiglia,

  43 	con qualsiasi mezzo uno abbia della ricchezza,
     	tutta questa ricchezza la ottiene nella propria casa,

  44 	chi vede i falli nello stare in famiglia procede in un altro modo di vita,
     	abbandonandone uno per prenderne un'altro non si libera dall'attaccamento,

  45 	nella sovranità essendo uguali punire e favorire,
     	i re e ṛṣi che diventano asceti si liberano da questi scopi,

  46 	e pure nella sincera sovranità colla conoscenza interamente
     	si liberano, come dunque non si liberano quelli saldi nel supremo scopo?

  47 	indossare la veste bruna, rasarsi il capo, la ciotola e i tre controlli,
     	sono questi dei segni eccessivi, che non danno liberazione, io penso,

  48 	se in questi segni vi è pure la conoscenza questa è la causa,
     	di liberazione dal dolore, i segni da soli sono vani,

  49 	o se tu ritieni che nei segni si veda la diminuizione dal dolore,
     	perché dunque la stessa cosa non appare negli emblemi reali?

  50 	nella povertà non vi è liberazione, nel possesso non vi è legame,
     	nel possesso e nel suo contrario il vivente si libera colla conoscenza,

  51 	perciò risedendo sul trono, tra dharma, artha e kāma,
     	che sono cause di legame, sappi che io sono in uno stato di non legame,

  52 	i lacci fatti dalla sovranità e dal regno, i legami degli affetti,
     	io ho tagliato colla spada della rinuncia affilata sulla pietra della liberazione,

  53 	giunto a ciò, io sono libero, abbi questa considerazione o asceta mendica,
     	io ti dirò che il tuo aspetto non è corretto, ascoltami,

  54 	tu hai un aspetto molto delicato, un corpo ottimo e giovane,
     	tutte queste cose sono unite a te è dubbio se vi sia il controllo,

  55 	che pure il tuo comportamento non è conforme ai tuoi segni,
     	tu hai tentato di afferrarmi per vedere se ero libero o no,

  56 	non è libero chi è unito al desiderio, neppure il triplo controllo
     	tu lo custodisci, questa non è la protezione per uno libero,

  57 	per essere entrata al mio fianco, ascolta quale trasgressione hai fatto,
     	essendo entrata colla tua natura prima per possedermi,

  58 	per quale motivo tu sei entrata nel mio regno e nella mia città?
     	per il favore di chi tu sei entrata nel mio cuore?

  59 	tu sei una brahmana appartieni al miglior varṇa e io sono uno kṣatriya,
     	non possiamo stare insieme noi due, non devi compiere frammistione dei varṇa,

  60 	tu pratichi le dottrine della liberazione, io invece il modo di vita del capofamiglia,
     	questo è il tuo secondo errore la frammistione dei modi di vita,

  61 	io non so se tu sei dello stesso o di altro gotra, né tu sai se io
     	ho lo stesso gotra, ed entrando hai un terzo fallo per la frammistione dei gotra,

  62 	e se è vivo tuo marito e risiede in qualche luogo,
     	non si può avvicinare una moglie altrui, e questa confusione di dharma è il quarto,

  63 	tu stessa sconsiderata nei doveri, considera che queste cose proibite, 
     	le hai compiute o afflitta da ignoranza o anche da errata conoscenza,

  64 	o se tu pure sei indipendente, per qualche tua colpa qui
     	se hai qualche studio vedico, tutto questo è stato fatto invano,

  65 	vi è ancora un terzo tuo fallo che impedisce il tocco delle nature,
     	che mostra il segno della malevolenza, questo si deve dire e mostrare,

  66 	tu unendoti a me per volermi vincere non hai avuto la vittoria,
     	con la quale volevi vincere completamente il mio seguito,

  67 	così dunque tu intenta a questa tua intenzione,
     	di prendere il mio posto, e sostituirlo con te,

  68 	tu confusa dal tuo orgoglio e dal desiderio di prosperità,
     	ancora scagliasti l'arma dello yoga come mescolando veleno e amṛta,

  69 	l'unione di uomo e donna quando entrambi la vogliono è come l'amṛta,
     	ma se l'innamorato non la ottiene è una macchia simile al veleno,

  70 	non devi toccarmi, bene sappilo, proteggi il tuo studio,
     	quanto hai fatto per sapere se io possedevo la liberazione,
     	tutto quanto hai nascosto non devi nasconderlo a me,

  71 	se tu lo fai per tuo conto o se per un'altro sovrano,
     	non devi nasconderti a me assumendo un travestimento,

  72 	non si deve mai andare da un re falsamente, né da un ri-nato, 
     	né da una donna dotata delle qualità femminili, si uccide chi viene travestito,

  73 	la forza dei re è la sovranità, la forza dei brahmani è il brahman,
     	la forza suprema delle donne è lo splendore e la giovinezza di aspetto,

  74 	da queste forze sono forti, e quelli che vogliono la propria prosperità,
     	con onestà devono giungere, la disonestà porta alla distruzione,

  75 	la tua nascita, studi, condotta, e il tuo stato naturale,
     	e quanto volevi giungendo qui mi devi dire in verità.'

  76 	da queste infelici e dure e scorrette parole, 
     	approcciata dal quel sovrano, Sulabhā non tremava,

  77 	udite quelle parole del sovrano, Sulabhā dal bell'aspetto,
     	allora queste parole gentilissime iniziava a dire:

  78 	'da ciascuno dei nove falli che vìolano mente e parola,
     	un discorso deve essere disgiunto e prodotto dotato dei diciotto pregi, 

  79 	sottigliezza, ed entrambe ragione e maniera, considerazione e scopo,
     	questi si dice siano i cinque modi del discorso o sovrano,

  80 	di tutti quegli aspetti in ordine a cominciare dalla sottigliezza, il segno
     	ascolta come si debbano usare col significato e la pronuncia,

  81 	come della conoscenza che verte sui conoscibili, e dell'identita sulle parti,
     	là l'intelletto sia supremo, allora si parla di sottigliezza, 

  82 	separando la misura dei difetti e delle qualità,
     	e determinandone un significato, questa è chiamata la ragione,

  83 	si deve dunque affermare poi quanto si intendava prima,
     	questo discorso le genti esperte del linguaggio chiamano kramayoga,

  84 	e percependo secondo le differenze dharma, artha, kāma e mokṣa,
     	questo alla fine si dica, avendolo appurato,

  85 	dove nasce duraturo dolore, desiderio e avversione, 
     	la condotta o sovrano, che si desidera è quella utile ad eliminarlo,

  86 	e tutte queste cose dette a cominciare dalle più sottili o signore di genti,
     	che sono connesse a questo scopo devi notare nelle mie parole,

  87 	dette per seguirle, integre, non contrarie, e non troppe, 
     	non prive di dolcezza, e non confuse io te le dirò queste supreme parole,

  88 	non legate a suoni duri, né primamente avversative,
     	non false, né contrarie ai tre scopi, e neppure imperfette,

  89 	né difettose, o di suono cattivo, né dichiarate per offendere,
     	né per sostituzione del rimanente privo di senso e di ragione, 

  90 	per brama, per ira, per paura, per avidità, per calcolo o per ignobiltà, 
     	per vergogna, per compassione o per orgoglio io non dirò nulla,

  91 	chi dice e chi ascolta delle parole quando siano giuste o sovrano,
     	insieme vanno alla questione e allora il senso ne risulta,

  92 	quando chi dice quanto deve dire, trascura chi ascolta,
     	sia che parli per sé o per gli altri le sue parole non raggiungono lo scopo,

  93 	l'uomo che rigettando il proprio interesse, parli nell'interesse dall'altro,
     	sicurezza nasce nelle sue parole anche se sono fallaci,

  94 	l'oratore che pronunci un argomento incompatibile coi due,
     	sia con sé che coll'ascoltatore, costui non è un oratore o sovrano,

  95 	delle parole sensate, e appropriate, da chi è bravo a parlare,
     	da chi ha anima non agitata, tu devi ascoltare con attenzione, 

  96 	tu mi hai chiesto chi sono, di chi sono e da dove vengo,
     	quindi qui con mente attenta o re, ascolta queste supreme parole,

  97 	come la resina e il legno e le polveri dalle gocce d'acqua 
     	sono unite insieme o re, così è la nascita dei viventi quaggiù,

  98 	suono, tocco, gusto, forma, profumo, e i cinque sensi,
     	queste dieci cose sono unite a ciascuna anima come la resina al legno,

  99 	nessuna regola di questi vi è percepita,
     	in nessuno di essi vi è conoscenza di sé e degli altri,

 100 	l'occhio non vede la vista, e l'udito non agisce su di sé,
     	e neppure per deviazione agiscono reciprocamente,
     	pur uniti insieme, non lo percepiscono, come l'acqua quaggiù la polvere,

 101 	come attendono le altre qualità esterne a loro ascolta da me,
     	forma, occhio e spazio, sono le tre cause della visione,
     	così sono le cause degli altri organi di conoscenza,

 102 	nel processo di conoscenza, la mente è certo la qualità superiore,
     	con la quale chi agisce distingue il buono dal non buono,

 103 	e una dodicesima altra qualità si conosce di nome buddhi,
     	con la quale sorti dei dubbi si possono determinare separandoli,

 104 	e oltre a questi dodici vi è un'altra qualità di nome sattva, 
     	per la quale si distingue il vivente che ha molto sattva e chi ne ha poco,

 105 	il quattordicesimo è l'altra caratteristica detta kṣetrajña,
     	con il quale si può comprendere e non comprendere,

 106 	ed è pure menzionata o re, un'altra quindicesima qualità,
     	che è detta il totale di tutte le singole parti,

 107 	e il successivo guṇa è qui aggiunto, il sedicesimo,
     	a questo vi sono unite le due qualità di aspetto e apparenza,

 108 	gioia è dolore, vecchiaia e morte, avere e non avere, piacere e dispiacere,
     	quindi sono diciannove e sono dette l'unione degli opposti,

 109 	oltre questi diciannove, vi è un'altra qualità che ha nome tempo,
     	questa sappila la ventesima che è l'origine e la distruzione degli esseri,

 110 	a questi venti sono uniti i cinque grossi elementi,
     	ed essere e non essere, appaiono essere uniti queste due nature,

 111 	così queste caratteristiche sono ricordate come ventisette,
     	e tre altre caratteristiche vi sono: legge, purezza e forza,

 112 	e trentuno parti sono conteggiate come si dice,
     	tutte insieme dove si trova il corpo così si dice,

 113 	qualcuno vuole la prakṛti di queste parti immanifesta,
     	e qualche altro dalla solida vista la vede manifesta in essi,

 114 	se sia immanifesta o manifesta, duplice o quadruplice,
     	i pensatori dell'adhyātman la vedono come la prakṛti di tutti gli esseri,

 115 	la prakṛti immanifesta, diviene manifesta nei suoi frammenti,
     	io e te o re dei re, e pure gli altri che hanno un corpo,

 116 	a cominciare con l'introduzione nella yoni, sorge una mistura di sangue e sperma,
     	dalla particella di queste nasce quello chiamato embrione,

 117 	dall'embrione sorge il feto, e dal feto sorge la peśī,
     	e compiute le membra della peśī, dalle braccia alle unghie e peli,

 118 	in pieni nove mesi è nato il vivente o re di mithilā,
     	appare certa la sua forma se sia di sesso femmina o uomo,

 119 	e alla sua nascita vedutone l'aspetto, con dita e unghie ramate,
     	e assunto l'aspetto di infante, da questo aspetto non muta,

 120 	dall'infanzia vi è la giovinezza, e dalla giovinezza la maturità,
     	e prendendo una forma di seguito all'altra non ottiene la precedente,

 121 	e la mutazione di tempo in tempo in ciascuna di queste forme,
     	accade in tutti gli esseri, ma per la sua piccolezza non si intuisce,

 122 	e o re, non si vede né l'apparire né lo sparire, di questi
     	successivi stati, come il mutamento della luce di una lampada,

 123 	ed essendo cosi la sua natura, come di un buon cavallo in corsa,
     	di tutto il mondo perennemente: ' chi è dunque? e da dove viene o non viene?

 124 	di chi è o non è? e da dove sorge o non sorge?
     	qual'è la connessione degli esseri colle proprie parti?

 125 	come dal sole, dalla pietra focaia, dalle piante sorge il fuoco,
     	da questa combinazione, così pure i viventi dalle loro parti,

 126 	come tu vedi in te da te stesso la tua anima,
     	così tu non vedi in nessun altro la tua stessa anima,
     	se non hai determinato che in te e nell'altro vi è la stessa cosa,

 127 	quindi perché mi chiedi chi sono e di chi?
     	che io sia libera dagli opposti o non lo sia o re di mithilā,
     	che motivo ha la domanda: ' chi sei, di chi e da dove vieni?'

 128 	per il sovrano che agisce verso nemici e amici, e netruali,
     	sia nella vittoria, che in pace e in guerra, quale segno vi è di liberazione?

 129 	chi non conosce il manifesto qui nelle azioni dei tre scopi di sette tipi,
     	chi è attaccato ai tre scopi, quale segno di liberazione vi è in lui?

 130 	nel debole e pure nel forte, nei piaceri e nei dispiaceri,
     	chi non vede la stessa cosa, quale segno di liberazione vi è in costui?

 131 	essendo non liberato, la pretesa di liberazione che tu hai o sovrano,
     	deve essere posta agli amici, come di chi è incosciente ai rimedi,

 132 	se ciascuno degli attaccamenti mondani che si conosccono o uccisore di nemici,
     	uno veda da sé in sé, qual'è il segno della liberazione in costui?

 133 	alcuni altri sottili attaccamenti mondani, aderendo alla liberazione,
     	ascolta da me come sono distribuiti in quattro tipi,

 134 	il re che da solo signore comandi l'intera terra,
     	in una sola città costui deve risiedere invero,

 135 	e deve abitare in quella città in una sola casa,
     	e in questa casa ha un solo giaciglio dove giace a dormire,

 136 	e in metà del suo letto qui vi sta la sua prima moglie,
     	e a questo attaccamento e frutto è quaggiù legato,

 137 	così è nei godimenti, nel mangiare e nei vestimenti,
     	e nelle misura di tutte le qualità riguardo benefici e perdite,

 138 	un servitore è sempre il re ed è provvisto di poco,
     	come può essere indipendente il re dunque riguardo pace e guerra?

 139 	sempre nei giochi e nei piaceri colle donne, non ha indipendenza,
     	e nei consigli coi ministri riuniti dove sta la sua indipendenza?

 140 	quando comanda ad altri, allora si dice che sia indipendente,
     	ma invece agisce non di volontà dovendo stare in ciascuna delle circostanze,

 141 	se desidera dormire, non può dormire per dover fare gli affari dei sudditi,
     	e concessogli il letto, addormetato si deve svegliare non di propria volontà,

 142 	'purìficati, prendi, bevi, mangia, liba, sacrifica ai fuochi, 
     	parla, ascolta.' tutto questo dagli altri è obbligato a fare,

 143 	gli uomini avvicinandosi ciascuno a lui sempre chiedono,
     	ma non può donare neppure alle grandi persone dovendo custodire la ricchezza,

 144 	donando si esaurisce il tesoro, non dando ne consegue avversione,
     	in breve per lui sorgono delle colpe generate dall'indifferenza,

 145 	egli sospetta dei saggi, dei prodi e dei ricchi che stanno nello stesso posto,
     	e nella paura cade anche se essi danno sicurezza al re,

 146 	e quando questi che ho mezionati si distaccano o re,
     	anche allora sorge a lui la paura di loro, guarda una tale cosa,

 147 	ciascuno è re nella propri casa, e ciascuno nella propria casa è padrone,
     	comminando punizioni e benefici come i re o Janaka,

 148 	i figli, le mogli, e lui stesso, il tesoro, gli amici e le provviste,
     	sono simili a quelle degli altri, e questi sono di ciascuno i beni,

 149 	distrutta è la regione, bruciata è la città, il principale elefante è morto,
     	si addolora egli nelle altre cose simili del mondo pur per propria ignoranza,

 150 	non è libero dai dolori mentali sorti da desideri, avversioni e piaceri,
     	e neppure sono distrutte le passioni a cominciare dalle corporali, 

 151 	afflitto è dagli opposti essendo di tutti sospettoso,
     	se ne sta a contare le notti, per i molti affari del regno,

 152 	il regno è scarso di gioie, e sono molti i dolori e senza valore,
     	chi può volere un regno, e raggiuntolo ne ottenga la tranquillità?

 153 	se tu pensi che siano tuoi la città e il regno,
     	l'esercito, il tesoro, e i ministri, ma di chi sono o non sono o sovrano?

 154 	amici, ministri, città, regno, scettro, tesoro e sovrano,
     	sono le sette parti unite in una ruota, e ciò è chiamato il regno o sovrano,

 155 	queste sette parti del regno vi stanno come i tre controlli, 
     	uniti alle reciproche qualità, qual'è dunque il superiore agli altri per qualità?

 156 	in ciascuno dei vari momenti una di queste parti appare superiore,
     	quella per cui si perfeziona l'azione, e questa allora è predominante,

 157 	e queste sette parti unite, e le altre tre o supremo sovrano,
     	danno un aggregato di dieci, e questo gode del regno come il re,

 158 	il re che abbia grande potere, e sia saldo nel dharma kṣatriya,
     	si soddisfa della decima parte e un altro di meno della decima,

 159 	non vi è re senza proprietà, e non vi è regno senza re,
     	senza un regno donde viene il dharma? e senza dharma donde viene il supremo?

 160 	laddove vi è il supremo dharma, è purificato il regno e il re,
     	chi dà la terra in dakṣiṇa non può avere l'aśvamedha,

 161 	queste azioni che sono i dolori del regno o re di mithilā,
     	sono in grado di dirtene centinaia e pure migliaia,

 162 	se non ho il possesso del mio stesso corpo, come si può prendere gli altri?
     	non mi devi parlare di una liberazione di tal fatta,

 163 	di certo tu hai udito l'intera liberazione da Pañcaśikha,
     	accompagnata dalle upaniṣad colle sue parti, e i suoi scopi,

 164 	se tu sei libero da attaccamenti, avendo superato i tuoi legami,
     	come mai sei attaccato alle tue cose con il parasole in testa o sovrano?

 165 	io penso che non hai studiato i veda, o se studiati l'hai fatto erroneamente,
     	oppure hai appreso un'altro studio simile ai veda,

 166 	tu pratichi solo le conoscenze mondane,
     	e per me tu sei legato per natura a proprietà e mogli,

 167 	e quando io in verità sono entrata in te, 
     	perché ti sei sentito offeso se sei interamente libero?

 168 	il controllo è proprio nelle regole degli asceti che vivono da solitari,
     	ed essendo entrata io in un luogo deserto, perché di questo ti duoli?,

 169 	né colle mani, né colle braccia, né con piedi e cosce o senza-macchia,
     	e neppure colle altre parti del corpo io ti tocco o signore di uomini,

 170 	essendo tu dotato di modestia e lunga vista, e nato in una grande famiglia,  
     	non devi pubblicamente dolerti di ciò che è fatto sia buono, non buono o falso, 

 171 	i brahmani sono importanti e i ministri ancora di più,
     	e tu sei il guru di loro, e così è la reciproca importanza,

 172 	e questo così scorgendo, per custodire quanto si deve e non si deve dire,
     	tu non devi proclamare in assemblea l'unione di una donna e di un uomo,

 173 	come l'acqua che sta sulla foglia di un loto pur stando su quella foglia,
     	vi rimane senza toccarla, così io in te risiedo o re di mithilā,

 174 	o se pure tu senti qualche tocco da parte mia che non ti tocco,
     	come è possibile che questa conoscenza non abbia seme da parte di un asceta?

 175 	tu hai lasciato il modo domestico, ma non hai ottenuta la difficile liberazione,
     	tu stai in mezzo ai due come un uccello in volo,

 176 	nel contatto delle nature di un liberato con un liberato che conosca, 
     	l'unione e la separazione, non nasce commistione dei varṇa,

 177 	vedendo nella separazione di varṇa e modi di vita, nessuna separazione di scopo,
     	e conoscendo che null'altro è altro, non agisce in null'altro che l'altro,

 178 	un vaso è nella mano, e nel vaso vi è del latte, e nel latte una mosca,
     	stando insieme uniti, noi siamo insieme separatemente,

 179 	il vaso non ha la natura del latte, né il latte quella della mosca,
     	la loro natura dipende da loro stessi e non si mescola coll'altra,

 180 	dalla differenza dei modi di vita e da quella dei varṇa,
     	essendo noi reciprocamente separati come può esserci commistione dei varṇa? 

 181 	io non sono del miglior varṇa per nascita, né vaiśya né del peggiore,
     	del tuo stesso varṇa io sono o re, casta e di pura nascita,

 182 	vi è un ṛṣi regale di nome Pradhāna, ed è manifesto che tu lo conosci,
     	nella sua stirpe sappi che io sono nata col nome di Sulabhā,

 183 	Droṇa, Śataśṛṅga, Vakradvāra, e Parvata,
     	si riunirono assieme al dio nuvoloso nei riti dei miei avi,

 184 	io sono nata in quella stirpe, non essendoci un marito degno di me,
     	educata nei dharma della liberazione, io vivo da sola nel voto dei muni,

 185 	io non sono travestita con frode, né voglio possedere le cose altrui,
     	né pratico la confusione dei dharma, ma sono di saldi voti nel mio dharma,

 186 	non sono incerta nelle mie promesse, né parlo senza pensare,
     	non sono giunta alla tua presenza senza pensarci o signore di genti,

 187 	udendo che avevi posto mente alla liberazione per questo motivo,
     	sono qui giunta per conoscere la tua liberazione,

 188 	non parlo da imparziale per mio o altro partito,
     	chi è libero non cerca di liberarsi, chi è in pace non cerca la pace,

 189 	come un asceta mendico dorme una sola notte in una casa solitaria,
     	così io risiederò nel tuo corpo fino all'alba,

 190 	e io con seggi e doni e con parole ospitali sono stata onorata,
     	dormendo lieta e ben protetta, domani partirò o re di mithilā.'

 191 	queste parole piene di senso e di beneficio,
     	avendo udito, il re non rispondeva null'altro in più.”
     


                              CCCIX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ in che modo Śuka il figlio di Vyāsa un tempo ha acquisito il distacco dal mondo?
     	questo vorrei udire o kauravya, ne ho grande curiosità.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ a lui che agiva con naturale buona condotta, e privo di timori,
     	al figlio il padre insegnava e lo istruiva nei suoi studi:

   3 	' segui o figlio il dharma, e sopporta l'eccessivo caldo e freddo,
     	fame e sete, e il vento, sempre con i sensi vinti,

   4 	sincerità, onestà, assenza d'ira, e di invidia, controllo e tapas,
     	non violenza e dirittura secondo le regole custodisci,

   5 	stai saldo nella verità, devoto al dharma, lasciando ogni disonestà,
     	e alla via dei resti di dèi e ospiti, inchinandoti affidati,

   6 	essendo il corpo come la schiuma in un vaso, e la vita sopra come un uccello,
     	e impermanente l'amplesso d'amore, perché dunque dormi o figliolo?

   7 	essendo i tuoi nemici sempre pronti, e attenti ad afferrarti,
     	bramosi di averti vicino, tu da fanciullo non te ne accorgi,

   8 	aumentando gli anni, e diminuendo la tua vita,
     	perché non ti alzi e corri a vivere da discepolo?

   9 	alla fine quaggiù della vita terrena, che accresce carne e sangue,
     	sono addormentati quelli che non credono alle azioni per l'altro mondo,

  10 	gli uomini che pieni di confusione mentale, disprezzano il dharma,
     	e anche chi segue la falsa via che loro percorrono viene colpito, 

  11 	quelli che sono soddisfatti, e ben disciplinati, devoti alle vere scritture,
     	che stanno sulla via del dharma, questi devi frequentare e interrogare,

  12 	aderendo all'opinione degli anziani che guardano al dharma,
     	trattieni con suprema intelligenza il tuo pensiero dal seguire la cattiva strada,

  13 	quelli senza paura per il lontano domani che hanno il pensiero all'oggi,
     	che mangiano ogni cosa, e senza cervello non vedono il senso delle azioni,

  14 	stando sugli scalini del dharma devi salirne uno per uno,
     	tu ti vesti come il baco da seta e non te ne accorgi,

  15 	il vacillante miscredente, un rovina stirpe, che trapassa i limiti,
     	quest'uomo che è quasi come un bambù alzato, tu senza paura tieni a sinistra, 

  16 	brama, ira e morte, e il fiume che ha per acqua i cinque sensi,
     	fatta una nave con la fermezza attraversa le difficoltà della vita,

  17 	essendo il mondo colpito dalla morte, e afflitto dalla vecchiaia,
     	attraversali col carro del dharma rendendoli vani,

  18 	quando la morte ti colpirà mentre stai giacendo,
     	come potrai ottener rifugio? senza una ragione colpisce la morte,

  19 	uno occupato a far ricchezze, coi desideri insoddisfatti,
     	avvicinandolo la morte come un lupo una pecora, viene a prenderlo,

  20 	gradualmente la grande lampada fatta di pensieri del dharma, dalle fitte
     	fiamme, quando cadrai nelle tenebre con impegno reggi,

  21 	quando quaggiù un uomo caduto nel flusso dei corpi,
     	ottiene nascendo lo stato di brahmano, questo nascita preserva o figlio,

  22 	il corpo di un brahmano non nasce per suo puro capriccio,
     	pratica quaggiù la mortificazione e nell'aldilà otterrai suprema felicità,

  23 	lo stato di bramano si ottiene con molti tapas, e ottenuto, non si deve sprecarne il prezzo,
     	sempre intento agli studi, al tapas e al controllo, sempre esèrcitati saldo nel bene per la tua pace,

  24 	la natura immanifesta è il tempo del corpo, e breve egli è, avendo attimi e momenti per capelli,
     	le stagioni per bocca, le quindicine per occhi, i mesi per membra, la gioventù per cavalli corre l'uomo,

  25 	vedendolo così composto, eterno con grande violenza, andare sempre qui senza guardare,
     	se la tua vista non è condotta da una guida, stai nel dharma, poni mente al supremo,

  26 	quelli che si allontanano dal dharma seguendo il desiderio, sempre irritati, e intenti al male,
     	vanno in rovina violentemente, coi corpi pieni di dolore, per i molti desideri del male,

  27 	il re devolto al dharma, sempre buon protettore guardando ai virtuosi, sostiene i mondi,
     	indicando molti modi di ben condursi, ottiene la felicità impagabile,

  28 	cani terrificanti, uccelli dal becco d'acciaio, corvi, avvoltoi e stormi di uccelli uniti,
     	bevitori di sangue per divorarlo fanno a pezzi l'uomo che disprezza ed evita i comandi del guru, 

  29 	quello che quaggiù i perenni dieci limiti del Nato-da-sé, sorpassa, per seguire la propria mente,
     	questo malvagio risiede con grande infelicità sprofondato nel bosco regno dei mani,

  30 	l'uomo avido che grandemente sia lieto negli inganni, sempre intento a frodi e disonestà,
     	questo malfattore cogli amici va al profondo inferno, e infelicissimo diventa, avendo agito male,

  31 	immerso colle membra rotte nell'ardente grande fiume vaitaraṇī, dell'inferno asipatravana,
     	e caduto a giacere nel paraśuvana, risiede dolorosissimamente nel grande inferno

  32 	tu parli delle grandi sedi divine, ma non guardi al supremo,
     	e non capisci ancora come giunga la morte coi suoi tormenti,

  33 	mettiti in moto, perché resti? un grande pericolo è sorto,
     	terribile di grande distruzione, procedi verso la felicità,

  34 	dopo morto ti inchinerai al Yama, al comando della morte,
     	con fieri atti per la fine, con impegno agisci nell'onestà,

  35 	presto il potente sapiente del non-dolore ti porterà via con i parenti,
     	Yama qui non ti farà dono della tua vita,

  36 	presto soffierà il vento di Yama che lo precede,
     	presto da solo sarai condotto via, agisci per l'altro mondo,

  37 	presto con suono spaventoso il vento della fine ti soffierà via,
     	presto tremeranno per te le direzioni, giunto al gloriosissimo,

  38 	la tua memoria presto sarà dissolta qui o figliolo,
     	e tu caduto in confusione, pratica la suprema concentrazione,

  39 	il compiuto e non, il bene e il male, gioie, azioni e vizi,
     	ricordando presto non ti dorrai, riempi completamente il tuo tesoro,

  40 	presto la vecchiaia renderà decrepito il tuo corpo,
     	portando via forza, membra e bellezza, riempi completamente il tuo tesoro,

  41 	presto il Distruttore ti taglierà il corpo con le frecce delle passioni,
     	assalendoti per toglierti la vita, pratica un grande tapas,

  42 	presto i lupi terrificanti, dei sensi del corpo umano,
     	ti assaliranno da ogni parte, impégnati nella pura condotta,

  43 	presto da solo vedrai le tenebre, affrettati,
     	presto scorgerai gli alberi fatti d'oro sulla cima del monte,

  44 	presto i nemici con facce di amici ti faranno fare
     	cattive unioni, vedendo ciò o figlio cerca il supremo,

  45 	la ricchezza che non ha timore di re e ladri,
     	e che non abbandona il morto, questa ricchezza procurati,

  46 	fatta colle propria azioni non si deve dividerla cogli altri,
     	quanto ciascuno ha guadagnato tanto là ottiene,

  47 	quella con cui si vive nell'aldilà, o figlio devi donare,
     	e per te accumula la ricchezza che è indistruttibile ed eterna,

  48 	non cercare di cuocere il cibo della gente comune,
     	prima che il cibo sia cotto, presto sarai condotto via, affrèttati,

  49 	né madre, né padre, né famigliari, né la gente amata e onorata,
     	ti seguiranno mentre da solo vai verso la fine,

  50 	tutte le azioni fatte da sé, buone e cattive,
     	tutto questo sarà il guadagno di chi va nell'aldilà,

  51 	l'accumulo di oro e gemme, ottenuto con azioni buone e cattive,
     	non c'è alla morte del corpo, restano solo gli atti virtuosi,

  52 	per chi è andato all'altro mondo, restano le azioni buone e cattive,
     	e nessun testimone, nulla per gli uomini qui è pari all'anima,

  53 	vuoto diventa il corpo dell'uomo andato nell'aldilà,
     	ma guardato coll'occhio dell'intelligenza a tutti appare,

  54 	il corpo quaggiù è unito a questi tre Agni, Sūrya e Vāyu,
     	ed essi sono i testimoni di chi guarda al dharma,

  55 	giacché incessanti sono i tocchi e le fratture di ogni cosa, 
     	nelle condotte palesi e segrete, costodisci il tuo dharma,

  56 	molti essendo i briganti orrendi e crudeli da guardarsi sulla strada, 
     	proteggi dunque il tuo karma e là col tuo karma vai,

  57 	non si deve condividere con ciascuno il prorio agire,
     	come uno agisce gode del frutto della sua azione,

  58 	come le schiere delle apsaras assieme ai grandi ṛṣi, il frutto felice, 
     	ottengono, così chi ben agisce viaggia dove crede sui carri volanti,

  59 	come qui è compiuto il bene dai malvagi e dalle anime compiute,
     	così gli uomini ottengono allora delle nascite di purezza,

  60 	lo stesso mondo di Prajāpati, di Bṛhaspati e del Cento-riti,
     	raggiungono, questà è la suprema meta di chi segue il dharma della famiglia,

  61 	possiamo dirti molte migliaia di cose,
     	ma la confusione degli sciocchi senza il signore non ha nutrimento,

  62 	passati sono di certo i tuoi sedici anni, ora ne hai venticinque,
     	pratica l'accumulo del dharma, la tua giovinezza è passata,

  63 	presto il distruttore farà un offensivo buco nella tua casa,
     	come viene alzati, affrettati nella protezione del dharma,

  64 	se tu sei indietro, tu andrai avanti,
     	e cosi raggiungendo la meta, che sarà di te o degli altri?

  65 	quando da soli i virtuosi devono andare nell'aldilà,
     	nei pericoli,  prepara il grande tesoro per la futura beatitudine,

  66 	il potente signore senza attaccamento ti porta via con stirpe e parenti,
     	per lui non vi sono ostacoli, pratica l'accumulo del dharma,

  67 	questa indicazione o figlio, io qui approvo,
     	pratica dunque questo consiglio in considerazione di quando vedi,

  68 	chi si pone nel proprio agire, di ciò ne avrà le ricchezze,
     	centinaia sono gli aspetti nati dagli errori degli sciocchi,

  69 	la conoscenza dei veda sia con te mentre pratichi atti sublimi,
     	questa concezione è di compiuta sapienza e adatta allo scopo,

  70 	il piacere di chi vive in città è una corda che ti lega,
     	tagliandola i virtuosi avanzano, ma non la tagliano i male agenti,

  71 	che ti vale la ricchezza o il parentado? che ti valgono i figli o figlio, giacché devi morire? 
     	cerca la tua anima dentro il tuo segreto, dove sono andati tutti i tuoi avi?

  72 	quanto si deve fare domani, compi oggi, e all'alba quello del pomeriggio,
     	l'esercito della morte non aspetta chi sappia o di chi sia l'ora,

  73 	raggiunto il cimitero se ne vanno da lì i parenti,
     	e nel fuoco abbandonano l'uomo, famigliari e amici,

  74 	gli uomini, non credenti, i crudeli che sono saldi in pensieri malvagi,
     	lasciali da parte, cercando intensamente il supremo rifugio,

  75 	così essendo afflitto il mondo battuto dal destino,
     	afferrandoti a suprema intelligenza, pratica il dharma con tutta l'anima,

  76 	l'uomo che rettamente conosca questo mezzo di conoscenza,
     	rettamente compiendo il dharma quaggiù, felicemente prospera nell'aldilà,

  77 	chi non riconosce la morte nella fine del corpo, né distruzione nel seguire la retta via,
     	chi accresce il dharma è un sapiente, chi devia dal dharma cade nell'errore,

  78 	chi segue la via dell'agire e il proprio agire, ne ottengono il frutto secondo le prescrizioni,
     	quelli di vili azioni, precipitano all'inferno, e in paradiso vanno i devoti al dharma,

  79 	ottenuto lo stato di umano che è arduo da ottenersi, è la scala per il paradiso,
     	ci si deve affidare all'anima come per non allontarsene di nuovo,

  80 	chi ha il pensiero che non vacilla, seguendo la via del paradiso,
     	costui dicono sia di pure azioni e che non si duole di amici e parenti,

  81 	chi non ha l'animo sedotto, alle certezze si attacca,
     	per chi ha posto mente al paradiso, non vi è la grande paura,

  82 	quelli nati nelle selve ascetiche, là vi trovano la morte,
     	costoro che non conoscono i beni desiderabili hanno piccolo dharma,

  83 	chi invece i beni abbandonati e col suo corpo pratichi il tapas,
     	non ha nulla che non ottenga, questo è il suo grande frutto nella mia opinione,

  84 	le migliaia di madri e padri, le centinaia di figli e mogli,
     	passati e futuri, quali sono di te, o di noi?

  85 	nulla per loro tu puoi fare, né loro possono fare nulla per te,
     	per le tue azioni in ogni luogo tu andrai,

  86 	qui al mondo il devoto del ricco è come un parente,
     	ma il parente di chi vive da povero va in rovina,

  87 	l'uomo che accumula cattive azioni guardando alla moglie,
     	ottiene afflizione quaggiù e nell'altro mondo,

  88 	guarda come è divenuto biasimevole il mondo dei viventi per il proprio agire, 
     	tu devi compiere o figlio, interamente quanto ti ho enunciato,

  89 	a questo guardando entra in questo campo dell'agire,
     	le azioni sublimi si devono compiere, desiderando l'altro mondo,

  90 	col mutamenti di mesi e stagioni, col sole per fuoco, giorni e notti per combustibile,
     	guardando al frutto unito al proprio agire, il tempo ridendo cuoce gli esseri,

  91 	che vale ricchezza senza donarla e goderla? che vale la forza per cui non si arresta il nemico?
     	che vale la sapienza, per cui non si pratica il dharma? che vale l'anima di chi non vince i sensi?'

  92 	udite queste parole benefiche dette dal dvaipāyana,
     	Śuka lasciando il padre maestro di liberazione se ne andava.”
     


                              CCCX


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ in che modo Śuka, anima pia dal grande tapas conosceva da Vyāsa,
     	la suprema perfezione, e come l'ha avuta? questo dimmi o nonno,

   2 	e con chi Vyāsa ricco in tapas generava Śuka,
     	non conosciamo la grande nascita e la madre del grand'anima,

   3 	e come essendo un fanciullo ebbe pensiero verso la sottile conoscenza
     	come nessun altro ri-nato quaggiù a questo mondo,

   4 	questo vorrei conoscere in dettaglio o splendidissimo,
     	non mi sazio qui di ascoltare il tuo supremo nettare,

   5 	della grandezza e della conoscenza e di Śuka, e della sua unione coll'anima,
     	come avvenne in ordine questo dimmi o nonno.”

   6 	Bhīṣma disse:
     	“ né per gli anni, né per i capelli grigi, né per ricchezza o parenti,
     	i ṛṣi praticarono il dharma, chi segue i veda è per noi grande,

   7 	quanto tu mi chiedi o pāṇḍava ha intera radice nel tapas,
     	il tapas è il trattenimento dei sensi e nient'altro,

   8 	attaccandosi ai sensi si commette una colpa senza dubbio,
     	e l'uomo che li controlla ottiene la perfezione,

   9 	il frutto di mille aśvamedha, e di cento vājapeya,
     	non è pari o caro, ad un sedicesimo del frutto dello yoga, 

  10 	qui io ti racconterò come fu la nascita e il frutto dello yoga,
     	di Śuka e la sua meta, ardua da conoscersi per chi ha anima incompiuta,

  11 	un tempo sulla cima del meru, pieno di boschi di karṇikāra,
     	vagava il Mahādeva circondato dalle schiere di terribili esseri,

  12 	e là allora vi stava anche la dea figlia del re dei monti,
     	e là anche il potente Kṛṣṇa il dvaipāyana, praticava un divino tapas,

  13 	concentrandosi nello yoga, devoto al dharma dello yoga,
     	praticava il tapas per generare un figlio o migliore dei kuru:

  14 	' della forza del fuoco, della terra, dell'acqua, del vento e dello spazio o signore,
     	di questa forza dotato possa essere mio figlio.'

  15 	e con questa aspettativa ardua da ottenersi da chi ha anima incompiuta,
     	venerava il signore degli dèi, affidandosi ad un supremo tapas,

  16 	stava a nutrirsi di vento per cento anni quel potente,
     	per propiziarsi il Mahādeva il signore di Umā, dalle molti forme,

  17 	là vi erano dei ṛṣi brahmani e tutti i ṛṣi divini,
     	il lokapāla, i sādhya assieme ai vasu attorno al signore del mondo,

  18 	gli āditya, e i rudra, gli uccelli e i demoni notturni,
     	i marut, e il vento, e i fiumi e i mari,

  19 	i due aśvin e i divini gandharva, e Nārada e Parvata,
     	e il gandharva Viśvāvasu, e i siddha e le schiere delle apsaras,

  20 	e là Rudra il Mahādeva indossando una splendida ghirlanda
     	fatta di karṇikāra, splendeve come la luna al plenilunio,

  21 	in questa divina e piacevole foresta piena di dèi e di divini ṛṣi,
     	se ne stava il ṛṣi impegnato in un supremo yoga per avere un figlio,

  22 	il suo impegno non diminuiva e non gli nasceva fatica alcuna,
     	e questo era un portento pure nei tre mondi,

  23 	la sua crocchia per lo splendore simile ad una fiamma del fuoco,
     	fiammeggiante appariva, mentre era concentrato con incommensurabile energia,

  24 	il verenabile Mārkaṇḍeya questo mi ha raccontato,
     	egli sempre mi ha raccontato le imprese degli dèi,

  25 	e la crocchia di Kṛṣṇa acceso da quel tapas, 
     	del colore del fuoco appariva o caro, la crocchia del grand'anima,

  26 	in tal maniera essendo il tapas e la sua fede o bhārata,
     	il Maheśvara con anima tranquilla poneva mente su di lui,

  27 	e il Beato dai tre occhi, sorridendo gli diceva:
     	' un figlio di tal fatta o dvaipāyana tu avrai,

  28 	come è il fuoco, come il vento, come la terra, come l'acqua,
     	e come è lo spazio, così puro diverrà il grande tuo figlio,

  29 	della natura del supremo diverrà, di tale intelletto, di tale anima, in lui rifugiato,
     	e soffuso di splendore otterrà l'intera gloria dei tre mondi.'”
     


                              CCCXI


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ il figlio di Satyavatī ottenuta questa suprema grazia dal dio,
     	afferrati i bastoncini per il fuoco, li sfregava per fare il fuoco,

   2 	allora un'apsaras che aveva per il proprio splendore o re,
     	suprema bellezza, di nome Ghṛtācī, apparve al venerabile ṛṣi,

   3 	il ṛṣi veduta l'apsaras, fortemente preso dal desiderio,
     	divenne il venerabile Vyāsa in quella foresta o Yudhiṣṭhira,

   4 	avendo ridotto Vyāsa coll'animo preso dal desiderio,
     	Ghṛtācī trasformatasi in pappagalla si avvicinava a lui,

   5 	vedendo l'apsaras assumere un altro aspetto,
     	preso da passione nata in ogni sua membra,

   6 	il muni con grande intelligenza cercava di trattenere il suo cuore, 
     	ma Vyāsa non era in grado di dominare il suo animo eccitato,
     	inevitabilmente la sua natura era rapita dal corpo di Ghṛtācī,

   7 	sforzandosi di dominarsi quel muni cercava di fare il fuoco,
     	ma violentemente emetteva il suo sperma sui bastoncini, 

   8 	allora quel supremo ri-nato senza esitare nell'animo,
     	quel ṛṣi e brahmano sfregava i bastoncini e da quelli nasceva Śuka o sovrano,

   9 	dallo sperma sfregato dunque nasceva Śuka dal grande tapas,
     	supremo ṛṣi, grande yogin, nato dal ventre dei bastoncini del fuoco,

  10 	come nel sacrificio brucia il fuoco alimentato dal burro,
     	di tale aspetto nasceva Śuka quasi fiammeggiando di splendore,

  11 	assumendo il supremo aspetto del padre o kaurava,
     	splendeva allora quell'anima compiuta come fiammeggia un fuoco senza fumo,

  12 	quindi la Gaṅgā la migliore delle fiumane, o signore di genti sulla cima del meru, 
     	nel suo aspetto giungendo lo lavava colla sua acqua,

  13 	e dal cielo o kauravya, il bastone e la pelle nera,
     	cadevano a terra o re dei re, per il grand'anima Śuka,

  14 	e cantavano i gandharva, e danzavano le schiere delle apsaras,
     	e tamburi divini risuonarono con grande frastuono,

  15 	e il gandharva Viśvāvasu, e Tumburu e Nārada,
     	e Hāhā e Hūhū questi due gandharva cantavano la nascita di Śuka,

  16 	e là si riunirono i lokapāla e con Śakra alla loro testa,
     	gli dèi, e i divini ṛṣi e pure i ṛṣi tra i brahmani,

  17 	il vento faceva piovere là ogni fiore divino,
     	e lieto divenne il mondo coi suoi mobili e immobili,

  18 	il Grand'anima in persona col suo grande splendore assieme alla amata dea,
     	iniziava secondo le regole allora il figlio appena nato del muni,

  19 	e lui il signore degli dèi, Śakra gli donava un divino vaso ascetico
     	meraviglioso a vedersi, e per affetto pure delle divine vesti o illustre,

  20 	oche selvatiche, śatapattra, e delle gru a migliaia,
     	e pappagalli e ghiandaie azzurre, gli giravano attorno nella pradakṣiṇa,

  21 	e ottenuta dai bastoncini, una divina nascita, lo splendidissimo
     	saggio quindi là viveva praticando i voti con concentrazione,

  22 	e fin dalla nascita i veda, colle dottrine segrete e ogni comprensione,
     	seguiva o grande re come il padre suo,

  23 	egli sceglieva Bṛhaspati come sapiente delle spiegazioni di veda e vedāṅga,
     	e meditava o grande re sullo studio del dharma,

  24 	avendo studiato tutti i veda, coi loro segreti e spiegazioni,
     	e interamente le storie tradizionali e i trattati regali o potente,

  25 	e data l'offerta al guru, completati i suoi voti, il grande muni,
     	si impegnava in un fiero tapas, impegnato come brahmacārin,

  26 	dagli dèi e dai ṛṣi, fin dalla fanciullezza quel grande asceta,
     	era salutato, e onorato per la sua sapienza e per il suo tapas,

  27 	ma non si rallegrava nell'animo per i tre modi di vita o signore dei uomini,
     	a cominciare dalla vita domestica, guardando al dharma della liberazione.”
     


                              CCCXII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ meditando sulla liberazione Śuka si recava dal padre,
     	e diceva al guru salutandolo, pieno di controllo per desiderio del meglio:

   2 	' tu che sei esperto nelle condotte verso la liberazione o venerabile, insegnami
     	come mi possa sorgere la suprema pace dell'animo o potente.'

   3 	udite le parole del figlio, quel supremo ṛṣi gli disse:
     	' studia o figlio la liberazione e le sue varie dottrine.'

   4 	per ordine del padre Śuka il migliore dei recitanti dei veda,
     	acquisiva l'intero trattato dello yoga e pure quelli di Kapila o bhārata,

   5 	e Vyāsa pensava che il figlio fosse pieno dello splendore di Brahmā,
     	e simile a Brahmā per valore, e per esperienza sulla scienza della liberazione,

   6 	e gli disse:' recati da Janaka il signore di mithilā,
     	egli ti parlerà interamente e in dettaglio intorno alla liberazione.'

   7 	per ordine del padre, si recava da Janaka il sovrano di mithilā,
     	a chiedere della perfezione del dharma e della suprema via della liberazione,

   8 	ma l'umano padre gli disse: ' segui tu una via privo di orgoglio,
     	non devi usare il tuo potere di viaggiare nell'aria,

   9 	con onestà tu devi andare senza cercare una più facile via,
     	non devi andare in cerca di cose straordinarie, queste cose danno attaccamento,

  10 	non compiere egoismi, se pur il sovrano è degno del sacrificio,
     	tu devi stare al suo comando, ed egli taglierà i tuoi dubbi,

  11 	il re è esperto del dharma, e sapiente dei trattati sulla liberazione,
     	io sacrifico per lui, e quanto egli ti dirà tu fallo senza esitare.'

  12 	così apostrofato il muni dall'anima pia si recava a mithilā,
     	a piedi, pur in grado di attraversare per cielo, la terra con i suoi mari,

  13 	egli superati monti, e attraversato fiumi, e laghi,
     	e varie foreste piene di molti animali e carnivori,

  14 	e le due divisioni del meru e dell'hari, e la regione dell'himavat,
     	di seguito proseguendo raggiungeva la regione dei bhārata,

  15 	scorgendo varie regioni abitate da cinesi e unni,
     	quel grande muni giungeva alla regione āryāvarta,

  16 	conoscendo le parole del padre e in questo modo pensando,
     	percorreva quella strada senza volare ma come stesse volando in cielo,

  17 	piacevoli cittadine, e prosperose città,
     	e veri e belle gemme, Śuka vedendo non le guardava,

  18 	e piacevoli giardini, come pure abitazioni,
     	e santi tīrtha, superava lungo la strada,

  19 	e dopo non molto tempo raggiungeva i videha,
     	protetti dal grand'anima Janaka, re secondo il dharma,

  20 	là molti villaggi vedendo che consumavano molti cibi saporiti,
     	prosperi, con rumorose abitazioni, e pieni di molti ricoveri per le vacche,

  21 	abbondandi di fieno e riso e frequentati da oche selvatiche e gru,
     	e adornati da centinaia di splendidi loti,

  22 	superato i videha, abitati da genti prospere,
     	raggiungeva il ridente boschetto di mithilā, di grande prosperità,

  23 	pieno di carri, cavalli ed elefanti, denso di uomini e donne,
     	ma l'incrollabile passava vedendo, ma quasi senza guardare,

  24 	portando nell'animo il suo dovere, e pensando solo a quello,
     	con animo lieto, coll'anima in pace egli raggiungeva mithilā,

  25 	giunto alla sua porta fu fermato dalle guardie alle porte,
     	e riconosciuto saldo, e intento alla meditazione, liberamente vi entrava,

  26 	raggiunta la strada reale, piena di gente prosperosa,
     	giunto alla dimora del sovrano facilmente vi entrava,

  27 	pure là le guardie con mali parole lo fermarono,
     	e anche là Śuka privo di risentimento si fermava,

  28 	senza sofferenza per il caldo e la strada, né per fame, sete o fatica
     	soffriva, o era stanco, né se ne andava per il caldo,

  29 	uno solo tra i guardiani della porta, preso da dispiacere,
     	vedendo Śuka fermo come il sole di mezzogiorno,

  30 	dopo averlo onorato secondo le regole, lo salutava a mani giunte,
      	e lo faceva entrare nella seconda sala del palazzo reale,

  31 	la seduto Śuka o caro, meditava sulla liberazione,
     	quello splendissimo, considerando uguali l'ombra e il sole, 

  32 	dopo qualche tempo giunto un ministro del re a mani giunte,
     	lo faceva entrare nella terza sala del palazzo reale,

  33 	e là connesso coll'interno del palazzo vi era un giardino pari a quello di Citraratha,
     	questo piacevole giardino ben diviso con laghetti pieni di loti fioriti,

  34 	mostrando a Śuka quel supremo giardino, il ministro,
     	gli indicava un prezioso seggio e quindi se ne andava,

  35 	delle tenere fanciulle ben vestite, belle di aspetto, dai bei culetti,
     	indossanti sottili e rosse vesti, adornate di oro lavorato,

  36 	esperte di buone conversazioni, sapienti di danze e canti,
     	che parlavano dietro ad un sorriso, simili ad apsaras per bellezza,

  37 	esperte nelle arti dell'amore, sapienti ed esperte di tutte le faccende di cuore,
     	più di cinquecento di queste donne ballerine e cantanti accorsero,

  38 	offrendogli l'acqua lustrale per i piedi, e onorandolo con venerazione,
     	secondo il luogo e il momento lo soddisfacevano con ottimo cibo,

  39 	avendo egli mangiato o caro, ciascuna di esse gli mostrava
     	là il bellissimo boschetto del gineceo o bhārata,

  40 	giocando e ridendo e cantando tutte loro sapienti della purezza,
     	circondavano allora Śuka dal nobile animo,

  41 	il figlio dei bastoncini, dall'anima pura, dotato dei tre controlli e delle tre azioni,
     	con i sensi dominati, vinta l'ira, non si rallegrava né si incupiva,

  42 	a lui un divino divano preziosissimo e adornato di gemme, 
     	coperto da un preziono tappeto davano quelle supreme donne,

  43 	e Śuka resi puri i suoi piedi, e praticati i riti del tramonto,
     	si sdraiava sul puro giaciglio e pensava al suo scopo,

  44 	e messosi egli nella prima parte della notte, a praticare la meditazione,
     	a mezzanotte secondo le regole il potente si metteva a dormire,

  45 	quindi presto alzatosi e di seguito purificatosi, 
     	circondato dalle donne, quel saggio cadeva in meditazione,

  46 	e in questa condotta il figlio di Kṛṣṇa per il resto del giorno restava immobile,
     	e trascorreva la notte nella casa del sovrano o bhārata.”
     


                              CCCXIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ quindi il re Janaka assieme ai ministri o bhārata,
     	messo avanti i purohita, e tutte le donne del gineceo,

   2 	con dei seggi davanti e vari tipi di gemme,
     	sulla testa portando l'offerta ospitale, incontrava il figlio del guru,

   3 	offertogli un seggio adornato di molte gemme,
     	coperto con preziosi tappeti, e in ogni parte bellissimo, quel saggio 

   4 	principe prendendolo dalle mani del purohita,
     	lo offriva con supremo rispetto al figlio del guru, a Śuka,

   5 	e quando fu là seduto il figlio di Kṛṣṇa, secondo le scritture lo venerava,
     	e offertogli per prima l'acqua per i piedi, gli offriva l'offerta ospitale e una vacca, 
     	ed egli con un mantra accettava quegli onori secondo le regole,

   6 	e accettati gli onori da Janaka, quel supremo ri-nato,
     	accogliendo pure la vacca, salutava il re,

   7 	e quello splendido chiedeva al re se aveva ottima salute,
     	e fosse in sanità col suo seguito così o re dei re, Śuka, 

   8 	e col suo permesso il re si sedeva col suo seguito,
     	a terra e a mani giunte lui che era di santo carattere e nascita,

   9 	il sovrano chiesto al figlio di Vyāsa della sua buona salute, 
     	quel principe allora gli chiedeva:' perche sei qui giunto?'

  10 	Śuka disse:
     	' il padre mi ha detto, fortuna sia a te, che sei esperto delle dottrine della mokṣa:
     	'il re dei videha chiamato di nome Janaka è degno dei miei riti, 

  11 	là recati rapidamente se hai qualche dubbio in cuore,
     	egli taglierà i tuoi dubbi sulla vita attiva e contemplativa.'

  12 	quindi io per comando del padre son qui giunto ad interrogarti,
     	tu o migliore dei sostenitori del dharma secondo le regole mi devi istruire,

  13 	cosa deve fare un brahmano quaggiù per la liberazione? e come è essa di natura?
     	come si deve compiere la liberazione, colla conoscenza o col tapas?'

  14 	Janaka disse:
     	' quanto un bramano deve fare quaggiù fin dalla nascita, ascolta,
     	compiuta l'iniziazione o caro si impegni nella devozione ai veda,

  15 	col tapas e il rispetto per il guru e con la brahmacarya o illustre,
     	si liberi dei debiti verso dèi e avi, e sia privo di invidie,

  16 	studiati i veda, che sia controllato, e dopo aver pagato l'onorario al guru,
     	e ottenutane licenza, il ri-nato se ne torni a casa,

  17 	e in autocontrollo viva colla moglie nel modo di vita domestico,
     	senza invidie, secondo le regole badi al suo fuoco,

  18 	e avendo avuto figli, e un nipote, risieda quindi in un'āśrama nella selva,
     	e qui veneri i suoi fuochi sacri secondo le scritture, col piacere per gli ospiti,

  19 	il sapiente del dharma posti secondo le regole i fuochi in sé stesso,
     	lontano dagli opposti, coll'anima priva di passioni, viva rifugiandosi nel brahman.'

  20 	Śuka disse:
     	' quando è dotato di sapienza e conoscenza sempre evidenti in cuore,
     	perché è necessario per lui vivere negli āśrama della foresta?

  21 	questo ti chiedo signore, e tu questo mi devi dire,
     	parlami di ciò in verità secondo i dettami dei veda o signore di uomini.'

  22 	Janaka disse:
     	' non senza sapienza e conoscenza si diventa studioso della liberazione,
     	né senza l'aiuto di un guru, si dice si possa acquisire la sapienza,

  23 	il maestro è il pilota la sua conoscenza qui è chiamata la barca,
     	con la conoscenza si raggiunge lo scopo, e attraversatolo si abbandoni entrambi, 

  24 	per non distruggere i mondi, per non distruggere le azioni,
     	dagli antichi fu praticato il dharma in accordo coi quattro modi di vita,

  25 	con queste azioni progressivamente in molte nascite,
     	compiendo azioni buone e cattive si raggiunge di certo la liberazione,

  26 	uno che con mezzi passati in molte precedenti vite,
     	sia di anima purificata, anche nel primo modo di vita può avere la liberazione,

  27 	il saggio raggiunto ciò, essendo libero e compiuto il suo scopo,
     	quale scopo può avere di cercare il supremo negli altri tre modi?

  28 	deve evitare sempre le mancanze rajasiche e tamasiche,
     	ma stando sulla via sattvica, deve vedere in sé l'anima,

  29 	vedendo l'anima di tutti gli esseri, e tutti gli esseri nell'anima,
     	vedendo ciò, non si sporca come un pesce nell'acqua,

  30 	come un uccello che balza in alto, raggiunge l'immortale aldilà,
     	abbandonando il corpo, libero dagli opposti, ottenuta la pace,

  31 	ascolta qui le strofe un tempo cantate dal re Yayāti,
     	e che sono preservate dai ri-nati esperti dei trattati sulla mokṣa,

  32 	'la luce si trova nell'anima ed è là unita a questa,
     	chi è in grado di vederla da sé, con mente concentrata,

  33 	chi non faccia paura agli altri e dall'altro non sia spaventato,
     	chi non desidera né disprezza, raggiunge allora il brahman,

  34 	quando non abbia natura malvagia verso nessuna creatura,
     	con l'agire, il pensiero e la parola, raggiunge allora il brahman,

  35 	unendo sé stesso al tapas, abbandonando invidia che confonde,
     	lasciate brame e avidità, allora raggiunge lo stato del brahman,

  36 	quando nell'udire e nel vedere riguardo ad ogni essere,
     	sia uguale, e lontano dagli opposti, allora raggiunge il brahman,

  37 	quando elogio e biasimo, in ugual maniera guardi,
     	e pure oro e ferro, e anche gioie e infelicità,

  38 	caldo e freddo, ricchezza e povertà, piacevole e spiacevole,
     	vita e morte, allora raggiunge il brahman.'

  39 	come la tartaruga le membra stese, di nuovo ritira,
     	così i sensi devono essere trattenuti dall'asceta,

  40 	come una casa coperta dalle tenebre con una lampada si vede,
     	così colla lampada dell'intelligenza si può vedere l'anima,

  41 	tutto questo io vedo in te o migliore degli intelligenti,
     	che devi conoscere quando tu questo conosci in verità,

  42 	o ṛṣi brahmano, tu hai raggiunto la fine degli oggetti mondani, sei istruito 
     	per grazia del tuo guru, e per il tuo desiderio di apprendere,

  43 	per sua grazia ti è apparsa o grande muni,
     	la divina conoscenza che io pure ho, e in questa io credo tu sei istruito,

  44 	tu possiedi la conoscenza superiore, e la superiore meta,
     	e il supremo potere, e non te ne accorgi,

  45 	o per fanciullezza e per incertezza, o per paura di non liberarti, 
     	pur possedendo la conoscenza non raggiungi la tua meta,

  46 	con impegno di purezza, col dubbio tagliato da gente come me,
     	liberandoti del groppo nel tuo cuore, otterrai la tua meta,

  47 	tu sei dotato di conoscenza, di salda intelligenza, privo di brame,
     	senza sforzo o brahmano raggiungerai il supremo bene,

  48 	tu non hai differenze in gioie e dolori, non sei bramoso,
     	non hai vezzi per danze e canti, non hai passioni che ti nascono,

  49 	non sei legato ai parenti, non hai timore dei pericoli,
     	io vedo che tu o gloriosissimo, sei uguale verso l'oro, una pietra e una zolla,

  50 	io vedo e pure gli altri che sono saggi, che tu
     	sei saldo sulla suprema via, imperitura e salutare,

  51 	il frutto che quaggiù ha il brahmano, e il desiderio di liberazione per te naturale,
     	verso ciò tu agisci o savio, che altro chiedi?'”
     


                              CCCXIV


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ udite queste parole, quell'anima compiuta avutane certezza,
     	postosi da sé in sé, e veduta la sua anima da sé,

   2 	soddisfatto, felice e in pace, senza parlare partiva verso il nord,
     	diretto al monte śaiśira allo stesso modo del vento,

   3 	in quel frangente però il divino ṛṣi Nārada allora,
     	si recava a vedere l'himavat, abitato da siddha e cāraṇa,

   4 	pieno delle schiere delle apsaras, risuonante di canti e musiche,
     	colle moltitudini dei kiṃnara, e con sciami di api,

   5 	con cormorani, khañjarīṭa, e vari tipi di fagiani,
     	con pavoni dai bei colori, con cento splendenti suoni di uccelli,
     	con schiere di oche reali, con corvi eccitati,

   6 	dove sempre si recava il re degli uccelli Garuḍa, 
     	e dove i quattro lokapāla, e gli dèi colle schiere dei ṛṣi,
     	sempre si riunivano per desiderio di beneficare il mondo,

   7 	e dove Viṣṇu grand'anima per desiderio di figli, praticò il tapas, 
     	e dove Kumāra da fanciullo scagliava la sua lancia piantandola 

   8 	a terra, senza riguardo per il trimundio e gli dèi celesti,
     	e dove scagliando allora diceva all'universo Skanda queste parole:

   9 	'se vi è qualche altro superiore a me, che abbia più cari i brahmani,
     	che sia valoroso nei tre mondi come un secondo Brahmā,

  10 	questa mia lancia lo combatta e lo faccia tremare.'
     	udendo ciò i mondi ne furono agitati: ' chi poteva reggere quella lancia?' 

  11 	quindi l'intera schiera degli dèi, coi sensi e la mente agitata,
     	il beato Viṣṇu la scorgeva abbattuta con asura e rākṣasa,
     	e pensando: ' che cosa si può fare che sia ben fatta?'

  12 	egli non sopportava di vedere quel lancio di Skanda,
     	e sorridendo con anima pura quella lancia fiammeggiante allora,
     	la scuoteva colla sua mano sinistra il supremo Puruṣa,

  13 	ed essendo scossa quella lancia dal forte Viṣṇu allora
     	tutta la terra tremava coi suoi monti, foreste e boschi,

  14 	pure essendo in grado di toglierla, questa non fu strappata ma solo scossa,
     	dalla forza di Viṣṇu, per evitare di offendere il re Skanda,

  15 	il Beato avendola così scossa questo diceva a Prahrāda:
     	' guarda il valore di Kumāra, nessun altro può compierlo.'

  16 	non sopportando queste parole, deciso di divellerla,
     	afferrava la sua lancia, ma non riusciva neppure a scuoterla,

  17 	lancianto un grande grido, egli cadeva svenuto sulla cima del monte,
     	e privo di sensi cadeva a terra il figlio di Hiraṇyakaśipu,

  18 	laddove, raggiunta la regione settentrionale sul fianco del re dei monti,
     	l'invincibile dio dal toro per emblema sempre o caro, praticava il suo tapas,

  19 	il suo āśrama è circondato da un fuoco fiammeggiante,
     	ha nome ādityabandhana ed è inaffrontabile per le anime incompiute,

  20 	là non possono andare yakṣa, rākṣasa e dānava,
     	è ampio dieci yojana ed e circondato da un fuoco fiammeggiante,

  21 	il beato valoroso Fuoco da sé stesso là rimane, 
     	eliminando ogni ostacolo per il saggio Mahādeva,

  22 	stando su un piede solo per mille anni divini,
     	la rimaneva il Mahādeva dai saldi voti preoccupando gli dèi,

  23 	stando sulla regione orientale del saggio re dei monti,
     	sul puro declivio del monte, il figlio di Parāśara dal grande tapas,
     	insegnava i veda ai suoi discepoli il grande asceta Vyāsa,

  24 	a Sumantu, e al gloriosissimo Vaiśaṃpāyana, 
     	al grande saggio Jaimini, e all'asceta Paila, 

  25 	circondato dai suoi discepoli sedeva Vyāsa dal grande tapas,
     	e là scorgeva il supremo e santo āśrama del padre,
     	il figlio dei bastoncini, dall'anima pura, che era come il sole in cielo,

  26 	quindi Vyāsa, scorgeva il figlio che giungeva soffuso di luce,
     	come un fuoco fiammeggiante, con splendore simile al sole,

  27 	senza toccare alberi e pietre e gli oggetti mondani,
     	concentrato nello yoga, quel grand'anima, veloce come una freccia,

  28 	là giunto toccava i piedi del padre il figlio dei bastoncini,
     	il grande muni con gioia si incontrava con gli altri,

  29 	quindi raccontava ogni cosa completamente al padre,
     	della conversazione col re Janaka, Śuka con animo lieto,

  30 	e così istruendo i discepoli e il figlio, il valentissimo Vyāsa,
     	il grande muni figlio di Parāśara risiedeva sul fianco dell'himavat,

  31 	quindi un giorno i suoi discepoli stavano attorno a lui,
     	intenti allo studio dei veda, colla pace dell'anima e i sensi vinti,

  32 	ottenuta la conoscenza dei veda con tutte le aggiunte, quei grandi asceti, 
     	allora a mani giunte i discepoli dicevano al loro guru Vyāsa:

  33 	' noi abbiamo grande energia, e la nostra gloria è accresciuta,
     	ora noi vogliamo una sola grazia che ci sia fatta dal guru.'

  34 	udite le loro parole, il ṛṣi brahmano diceva loro:
     	' ditemi o cari figli, quale piacere io posso fare a voi.'

  35 	udite queste parole del guru, i discepoli con mente lieta,
     	di nuovo messisi a mani giunte e inchinata testa al guru,

  36 	insieme dicevano o re, questo supremo discorso:
     	' se il maestro è contento noi siamo felici o migliore dei muni,

  37 	noi tutti desideriamo una grazia che ci sia data dal grande ṛṣi,
     	che un sesto discepolo non abbia il tuo insegnamento, in ciò favorifici,

  38 	noi siamo quattro discepoli e il figlio del guru è il quinto,
     	e quaggiù i veda siano in noi, questa è la grazia che desideriamo.'

  39 	udite le parole dei discepoli, Vyāsa vero sapiente di tutti i veda,
     	il saggio figlio di Parāśara, col pensiero sempre all'altro mondo,
     	diceva quel'anima pia ai discepoli queste giuste parole rivolte alla beatitudine:

  40 	' ad un brahmano che sia pronto ad imparare il brahman si deve sempre fornire,
     	a chi desidera ardentemente l'eterna dimora nel mondo di Brahmā,

  41 	voi siate forti, i veda devono essere divulgati,
     	non si deve darli ad un non-discepolo, ad uno privo di voti o di anima incompiuta,

  42 	tutti i discepoli con qualità devono conoscerli secondo verità,
     	ma i veda non si devono dare in alcun modo a chi agisce impropriamente,

  43 	come l'oro si riconosce puro scaldandolo, battendolo e tagliandolo,
     	così si devono provare i discepoli, guardando se hanno nascita e qualità,

  44 	voi non dovete impegnare i discepoli, in cose improprie o in grandi pericoli,
     	secondo il pensiero, la via percorsa, la conoscenza darà frutti, 

  45 	che ciascuno superi le difficoltà, che ciascuno veda i successi,
     	si devono istruire i quattro varṇa facendolo davanti a un brahmano,

  46 	questo si sa che è il grande studio dei veda che si deve fare,
     	i veda furono creati dal Nato-da-sé, per venerare gli dèi,

  47 	chi offenda per confusione mentale un brahmano devoto ai veda,
     	costui per il disprezzo del brahmanno senza dubbio perirà,

  48 	a chi insegni contro il dharma, e a chi domandi contro il dharma,
     	chi a questi due vada vicino, impara l'odio,

  49 	interamente a voi ho enunciato le regole per lo studio dei veda,
     	dovete agire verso i discepoli tenendo ciò nel cuore.'”
     


                              CCCXV


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ udite le parole del guru, i discepoli di Vyāsa dal grande splendore,
     	si abbracciavano allora l'un l'altro con animo lietissimo,

   2 	'quanto ci ha detto venerabile sia allora custodito in futuro,
     	saldo nel nostro animo, e così noi agiremo.'

   3 	e ancora con mente lietissima così elogiandosi l'un l'altro,
     	chiedevano ancora al guru tutti loro esperti nel parlare:

   4 	' da questo monte noi abbiamo desiderio di scendere a valle o grande muni,
     	per compiere la divulgazione dei veda, se a te piace o illustre.'

   5 	il potente figlio di Parāśara udite le parole dei discepoli,
     	rispondeva queste parole benefiche e dotate dei crismi del dharma:

   6 	' a terra o nel mondo degli dèi andate se vi aggrada,
     	e abbiate cura del brahman, che è soggetto a molti fraintendimenti.'

   7 	avuto il permesso dal guru dalla sincera parola, tutti loro allora,
     	partirono dopo aver compiuto la pradakṣiṇa a Vyāsa e salutatolo inchinandosi,

   8 	e attraversando la terra celebravano il cāturhotra,
     	sacrificando per i savi, per gli kśatriya e per i vaiśya,

   9 	venerati dai ri-nati, si rallegravano intenti alla vita domestica,
     	devoti a sacrificare e ad insegnare, erano floridi e celebrati al mondo,

  10 	Vyāsa dunque assieme al figlio dopo che i discepoli erano discesi,
     	quel saggio da solo sedeva silente immerso nella meditazione,

  11 	e Nārada dal grandissimo tapas andava a trovarlo nel suo āśrama,
     	e gli diceva a tempo debito con parole dal dolce suono:

  12 	' oh, oh o grande ṛṣi, o nipote di Vasiṣṭha, non si ode il suono del brahman,
     	da solo in silenzio, intento alla meditazione perché siedi quasi meditando?

  13 	questo monte privo delle parole vediche non splende,
     	e Soma è come eclissato dal rajas e dal tamas, 

  14 	non splende come prima, come fosse un covo di niṣāda,
     	pur abitato da schiere di ṛṣi divini, privo dei suoni dei veda,

  15 	i ṛṣi e gli dèi, e i gandharva dal grande splendore,
     	senza i suoni dei veda, non splendono come prima.'

  16 	udite le parole di Nārada, Kṛṣṇa il dvaipāyana diceva:
     	' o grande ṛsi, quanto tu hai detto o sapiente delle parole vediche,

  17 	è piacevole al mio animo, ma tu mi devi dire o signore,
     	tu sei omnisciente, vedi ogni cosa, sei curioso di ogni cosa,

  18 	tutto quanto accade nel trimundio è saldo nella tua mente,
     	istruiscimi o savio ṛṣi, dimmi cosa devo fare per te,

  19 	dimmi o ṛṣi brahmano cosa io debba compiere,
     	essendo stato lasciato dai discepoli, il mio animo non è troppo lieto.'

  20 	Nārada disse:
     	' non recitare i veda è sporcarli, e sporcare il voto del brahmano,
     	i vāhīka sono il fango della terra, e la curiosità è il fango delle donne,

  21 	tu devi studiare i veda assieme al tuo saggio figlio,
     	con la recitazione dei veda si disperde la tenebrosa paura dei rakṣas.'”

  22 	Bhīṣma disse:
     	“ udite le parole di Nārada, Vyāsa supremo sapiente del dharma,
     	lieto rispondeva: ' così sia.' saldamente votato alla recitazione dei veda,

  23 	assieme al figlio Śuka cominciava a recitare i veda,
     	e con gli alti suoni fatti secondo le regole riempiva quasi i mondi,

  24 	mentre i due concentrati così recitavano i vari dharma,,
     	un vento di grande forza soffiava, come il vento che agita l'oceano,

  25 	allora Vyāsa diceva al figlio di smettere di studiare,
     	Śuka per la ragione di questa proibizione, era pieno di curiosità,

  26 	e chiedeva al padre: ' o brahmano, da dove viene questo vento?
     	tu mi devi dire o signore ogni cosa sulla condotta del vento.'

  27 	udite le parole di Śuka, Vyāsa molto meravigliato,
     	sul motivo della sospensione dello studio diceva queste parole:

  28 	' tu sei dotato di occhio divino, e possiedi una mente chiara,
     	che abbandonata da tamas e rajas è salda solo nel sattva,

  29 	tu vedi da te la tua anima come uno vede la propria ombra,
     	con intelligenza rammenta da te i veda depositati in te,

  30 	di Viṣṇu è la via divina, delle tenebre è quella dei morti,
     	due sono le vie per l'aldilà, conducono al cielo e all'inferno,

  31 	laddove sulla terra e nell'aria soffiano i venti,
     	sette sono le vie del vento, e queste ascolta nell'ordine,

  32 	là dove le schiere divine dei fortissimi sādhya si riuniscono,
     	da loro nasceva un figlio invincibile di nome Samāna,

  33 	e Udāna era suo figlio, e Vyāna era il figlio di costui,
     	e Apāna quindi si deve conoscere, e Prāṇa dopo di lui,

  34 	senza figli era Prāṇa, invincibile e tormenta-nemici,
     	dell'agire di ciascuno di questi io ti parlerò secondo verità,

  35 	Vāyu in ogni parte agisce a muovere ciascuno dei soffi vitali,
     	e dando la vita ai viventi è chiamato soffio vitale,

  36 	quello che spinge le nuvole insieme, nate dal fumo e dal vapore,
     	è il primo nella prima via ed è il vento di nome pravaha,

  37 	unito in cielo alle nuvole, è di supremo splendore coi suoi lampi,
     	il secondo vento ha nome āvaha e soffia rumoreggiando,

  38 	è quello che sempre fa innalzare le stelle a cominciare da Soma,
     	i grandi ṛṣi dicono che come udāya è dentro i corpi,

  39 	è il vento che solleva le acque dei quattro oceani,
     	il vento che sollevate le acque le offre alle nuvole in cielo,

  40 	e lui che unendo le acque alle nuvole le offre al dio della pioggia,
     	è il terzo vento di nome udvaha che è il più antico,

  41 	dal quale sono trasportate dividendole le schiere delle nere nuvole,
     	e queste schiere di nubi sono quelle che fanno precipitare la pioggia,

  42 	da lui sono riunite e scagliate, diventando il suono dei tuoni,
     	e lui divenuto una nuvola le fa muovere per la protezione del mondo,

  43 	e quello che trasporta i carri volanti degli dèi in aria,
     	è il quarto vento di nome saṃvaha, egli distrugge i monti,

  44 	colla forza e potenza demolisce colla sua aridità ogni fluido,
     	le nuvole trasportate da questo vento diventano le balāhaka,

  45 	muovendosi con terribile apparenza, tuoneggiando in cielo,
     	il quinto vento di grande violenza ha nome vivaha,

  46 	quando si muove, trasporta le divine acque nell'aria,
     	e rimane a fermare l'acqua santa della Gaṅgā celeste,  

  47 	respinto lontano da lui il sole appare con un solo raggio,
     	avendo per natura i mille raggi con cui illumina la terra,

  48 	il vento da cui cresce la luna, divino scrigno dell'amṛta,
     	questo vento è il sesto e ha nome parivaha, ed è il più veloce,

  49 	e lui che al momento della fine distrugge la vita di tutti i viventi,
     	sulle sue tracce procedono la Morte e Yama figlio di Vivasvat,

  50 	quelli che rettamente vedono con intelligenza, sempre intenti a meditare,
     	quelli che sono devoti a meditazione e preghiera, li rende degni dell'immortalità,

  51 	avendolo raggiunto con violenza compirono la fine delle direzioni,
     	i diecimila figli di Dakṣya Prajāpati,

  52 	chi è creato da lui va alla morte e più non ritorna,
     	questo è il supremo vento di nome parāvaha insormontabile, 

  53 	questi venti sono figli di Aditi, e supremamente meravigliosi,
     	questi venti soffiano ovunque senza interruzioni portando ogni cosa,

  54 	ed è un grande portento che questa suprema montagna,
     	sia stata agitata con violenza dal vento impetuoso,

  55 	quando esso dal soffio di Viṣṇu è spinto con violenza,
     	violentemente alza o caro l'universo e lo scuote,

  56 	perciò i sapienti del brahman non studiano i veda quando soffia,
     	si dice che il brahman teme il vento e diventa ferito dal vento.' 

  57 	dette queste parole il potente figlio di Parāśara,
     	diceva al figlio: ' studia!' e si recava alla Gaṅgā celeste.” 
     


                              CCCXVI


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ in quel luogo solitario giungeva quindi Nārada,
     	per parlare con Śuka intento ai suoi studi di alcuni passi vedici che desiderava, 

   2 	Śuka vedendo giungere il divino ṛṣi Nārada,
     	datogli la retta offerta ospitale per prima cosa, secondo i veda lo venerava, 

   3 	Nārada allora lieto gli diceva:' dimmi o migliore dei sapienti dei veda,
     	quale bene o caro io possa fornirti con gioia.'

   4 	udite le parole di Nārada, Śuka rispondeva o bhārata:
     	' quale sia il bene in questo mondo, di questo mi devi fornire.'

   5 	Nārada disse:
     	'un tempo ai ṛṣi dall'anima compiuta, che desideravano conoscere la verità,
     	il Beato Sanatkumāra queste parole diceva:

   6 	' non vi è vista pari alla sapienza, non vi è tapas pari alla sapienza,
     	non vi è dolore pari alla passione, non vi è gioia pari alla rinuncia,

   7 	l'astensione continuata dal compiere il male è la santa condotta,
     	la condotta virtuosa, l'agire secondo le regole è il supremo bene,

   8 	chi avuto l'infelice stato umano se ne attacca, ha animo confuso,
     	costui non è degno della liberazione dal dolore, l'attaccamento è segno di dolore,

   9 	la mente di chi ha attaccamento vacilla, alimentata dalla rete delle confusioni,
     	avvolto dalla rete della confusione cade nel dolore qui e nell'aldilà,

  10 	con tutti i mezzi deve evitare brame e ire,
     	chi desidera il meglio, queste due cose lavorano sempre per distruggere il meglio,

  11 	sempre si protegga il tapas dall'ira, si protegga la prosperità dall'egoismo,
     	e la sapienza da onore e disonore, e sé stessi dalla negligenza,

  12 	la non violenza è il supremo dharma, la pace interiore è la suprema forza,
     	la conoscenza dell'anima è la suprema sapienza, e della verità non vi è superiore, 

  13 	la sincera parola è il meglio, dalla sincerità sorge il bene,
     	quanto è il più grande bene degli esseri io penso sia la sincerità,

  14 	chi rinuncia al frutto di ogni impresa, è privo di desideri e di proprietà,
     	chi a tutto questo rinuncia, costui è un saggio e un sapiente,

  15 	chi pone in dominio i sensi dagli oggetti dei sensi,
     	distaccato, con anima in pace, immutabile, e concentrato,

  16 	chi è distaccato dai propri attaccamenti con o senza di loro,
     	costui libero, in non molto tempo raggiunge il supremo bene,

  17 	chi non guarda, non tocca, e non parla mai 
     	coi viventi o muni, costui trova il supremo bene,

  18 	senza violenza verso ogni essere, si deve agire saldi sulla via dell'amicizia,
     	né si deve compiere inimizia con nessuno, avuta questa nascita,

  19 	contentezza della povertà, incrollabilità nella sventura,
     	questo dicono sia il supremo bene per il sapiente dell'anima che ha vinto sé, 

  20 	abbandona ogni possesso, rimani o caro coi sensi vinti,
     	sii saldo nello stato privo di sofferenza, qui e nell'aldilà,

  21 	i liberi da passioni non si dolgono, lasciando la propria carne,
     	abbandonando ogni passione, o nobile, ti libererai dal tormento del dolore,

  22 	al muni sempre disciplinato nel tapas, dall'anima controllata,
     	che desidera conquistare l'invincibile futuro, che sia distaccato dagli attaccamenti,

  23 	al distaccato dai lacci dei guṇa, felice sempre nella solitudine,
     	a questo brahmano presto giunge la suprema felicità,

  24 	il muni che da solo, gioisca tra creature felici nell'accoppiarsi,
     	sappi che è felice della conoscenza, e chi si soddisfa del conoscere non si duole,

  25 	con azioni pure si ottiene lo stato divino, con quelle miste la nascita umana,
     	con le azioni cattive si ottiene una nascita bassa senza volerlo,

  26 	là sempre uno è tormentato dai dolori della morte e della vecchiaia,
     	il vivente si cuoce nel calderone delle rinascite, perché non ti accorgi di ciò?

  27 	tu sapiente del bene ne sei privo, sapiente dell'eternità ne sei privo,
     	sapiente dei tuoi scopi ne sei privo, per quale motivo non te ne accorgi?

  28 	avvolto nei molti naturali lacci dell'errore,
     	come in una scatola ti avvolgi e non te ne accorgi,

  29 	basta colle proprietà quaggiù, il peccatore ha proprietà,
     	come un ragno che tesse la sua tela è legato alla sua proprietà,

  30 	i viventi attaccati a case, mogli e figli vanno in rovina,
     	come vecchi elefanti selvatici sprofondati nelle acque fangose di un lago,

  31 	come pesci caduti in una grande rete e sollevati sulla riva,
     	guarda i viventi pieni di dolore caduti nella rete degli affetti,

  32 	la vita domestica, mogli e figli, il corpo, le ricchezze accumulate,
     	tutto ciò è impermanente e ostile, resta solo il proprio agire bene o male,

  33 	quando avendo rinunciato a tutto dovrai andartene tuo malgrado,
     	perché si attacchi a cosa inutile e non resti saldo sul tuo utile?

  34 	su questa via che incessantemente non da supporto, nè viatico, né virtù,  
     	questa strada nella foresta del tamas perché da solo percorri?

  35 	nessuno stando dietro a te che procedi ti sta seguendo,
     	solo l'agire bene e male ti seguirà alla tua morte,

  36 	sapienza, azioni, valore, la conoscenza di molti tipi,
     	utile e inutile si devono seguire, chi lo fa trova la liberazione,

  37 	è una catena che lega quella di chi vive felice in città,
     	tagliandola i virtuosi procedono, ma non la taglia chi male agisce,

  38 	il fiume che ha bellezza per rive, mente per corso, tatto per isole, gusto per vento,
     	odorato per fango, suono per acqua, difficilmente conduce al paradiso,

  39 	la nave che ha pazienza per remi, che è fatta di verità, con il dharma per ancora,
     	la rinuncia per vento che spinge, rapida con intelligenza attraversa il fiume,

  40 	abbandona dharma e adharma, lascia entrambi falso e vero,  
     	lasciati entrambi falso e vero, quanto devi lasciare abbandona,

  41 	lascia il dharma col non desiderare, e l'adharma colla non violenza,
     	e con l'intelletto entrambi vero e falso, e rivolgentoti al supremo, l'intelletto,

  42 	sostenuto dalle ossa, pieno di muscoli, massa di carne e sangue,
     	coperto dalla pelle, puzzolente, pieno di orina e feci,

  43 	soverchiato da vecchiaia e sofferenze, malato luogo di passioni, 
     	sporco, impermanente questo corpo devi abbandonare,

  44 	l'intero universo, e tutto quanto non si muove,
     	tutto questo è fatto dei grossi elementi, il grande, il supremo e il minuscolo,

  45 	i cinque sensi, tamas, rajas e il sattva,
     	questi sono i diciassette elementi conosciuti come immanifesti,

  46 	e da tutti gli oggetti dei sensi dai manifesti e immanifesti, è conosciuta
     	la caretteristica manifesta e immanifesta detta del venticinque,

  47 	con tutti questi è unito l'uomo, così si ritiene,
     	ai tre scopi della vita, a gioie, dolori, vita e morte,

  48 	qualunque conoscenza si deve in verità conoscerla dall'inizio alla fine,
     	o nipote di Parāśara, quaggiù qualunque cosa delle sapienze è da conoscere,

  49 	qualunque cosa è afferrata dai sensi si dice sia manifesta,
     	l'immanifesto si dice sia quanto al di là dei sensi si conosce attraverso i segni,

  50 	col trattenere i sensi, l'anima si soddisfa come per le piogge,
     	nel mondo l'anima dispersa vede, e il mondo nell'anima,

  51 	chi ha il potere di vedere il vicino e il lontano non vede limiti alla conoscenza,
     	vedendo costui tutti gli esseri sempre in ogni condizione,

  52 	il contatto con chi è divenuto il brahman non conduce a cose infauste, 
     	di chi con la sapienza ha superato i vari dolori nati dall'errore,
     	al mondo coll'illuminazione dell'intelletto la via mondana non ne soffre,

  53 	il venerabile sapiente delle purificazioni dice che il vivente
     	non ha inizio né fine, sta eterno nell'anima, senza agire e senza forma,

  54 	chi è nato per le azioni compiute, è sempre pieno di dolore,
     	e per resistere al dolore uccide molteplici creature,

  55 	quindi inizia un'azione, e ancora molte altre nuove,
     	e così si tormenta per queste come un povero che mangia cose non buone, 

  56 	perpetuamente l'afflitto da errore, tra i dolori si ritiene felice,
     	legato e agitato dalle azioni sempre come in una mescola,

  57 	quindi quaggiù rinasce per il suoi legami, in conseguenza delle sue azioni,
     	e si rigira con molti dolori nelle continue rinascite come una ruota, 

  58 	tu dunque elimina i legami e stai lontano pure dalle azioni,
     	ommnisciente, e vincitore di tutto diventa un perfetto, libero dalle rinascite,

  59 	col controllo allontanando nuovi legami, e con la forza del tapas,
     	molti hanno raggiunto la perfezione, e la suprema gioia priva di dolori.'
     


                              CCCXVII


   1 	Nārada disse:
     	' alla scrittura benefica, che porta pace, priva di dolore, che distrugge la sofferenza
     	guardando, si ottiene l'intelligenza, e con questa si prospera felici,

   2 	migliaia sono le situazioni di dolore, e centinaia quelle di pericolo,
     	che di giorno in giorno accadono all'ignorante, ma non al sapiente,

   3 	perciò per distruggere il male ascolta da me questa storia,
     	se si tiene in dominio l'intelletto, si ottiene la distruzione della sofferenza,

   4 	dall'unione col male, e dal distacco col bene,
     	gli uomini di scarso intelletto sono afflitti dai dolori della mente,

   5 	alle qualità delle ricchezze passate non si deve pensare, 
     	chi a queste non bada si libera dal legame del desiderio,

   6 	si deve vedere una colpa laddove la passione si manifesta,
     	come ad un bene svantaggioso deve guardarlo e quindi rapido se ne libera,

   7 	né ricchezza, né dharma, né la gloria, ha chi del passato si duole,
     	non si deve attaccarsi al passato che più non ritorna,

   8 	gli esseri si uniscono e si disuniscono ai guṇa,
     	tutti, ma in nessuno si trova la caratteristica del dolore,

   9 	per la morte o per la perdita, chi grandemente si addolora,
     	dal dolore ottiene dolore, e in due sventure cade,

  10 	quelli che vedono il corso della vita nei mondi non spargono lacrime,
     	rettamente tutto vedendo non cadono nel versar lacrime,

  11 	quando il corpo è afflitto dal dolore che sta pure nella mente,
     	e non si può agire su di esso, non si deve pensare di sforzarsi,

  12 	non si deve pensare ad un rimedio per il dolore,
     	a pensare non se ne va, oppure di nuovo torna,

  13 	con la saggezza si distrugga il dolore mentale, e colle medicine quello del corpo,
     	questa è la funzione della conoscenza, non si deve essere uguali ai fanciulli,

  14 	impermanente è la giovinezza, la bellezza, la vita e l'accumulo delle ricchezze,
     	la salute vuole averla chi è amante dei piaceri non il sapiente,

  15 	nessuno deve dolersi da solo per un dolore di tutto il popolo,
     	senza dolersi agisca se ne scorge un mezzo,

  16 	nella vita senza dubbio il dolore è molto più della gioia,
     	vi è attaccamento agli oggetti dei sensi per confusione, e la morte è sgradevole,

  17 	l'uomo che abbandona entrambi gioia e dolore,
     	raggiunge il brahman, il sapiente non si addolora troppo,

  18 	le ricchezze spese danno dolore, ma nel custodirle non vi è gioia,
     	con dolore si acquistano, non si deve pensare alla loro perdita,

  19 	gli uomini che acquisiti vari altri stati di ricchezza specifica,
     	non ne sono contenti, vanno in rovina, i sapienti procedono a contentarsi,

  20 	tutti gli accumuli alla fine svaniscono, chi sale alla fine cade,
     	le unioni alla fine finiscono, e la vita alla fine ha la morte,

  21 	non vi mai fine alla sete, il contentarsi è la suprema gioia,
     	perciò quaggiù i sapienti vedono una ricchezza il contentarsi,

  22 	in un batter d'occhio il vigore pure se ne va e non rimane,
     	essendo i propri corpi impermanenti, che vale sempre pensarci?,

  23 	quelli che pensando alla morte degli esseri intendono al di là del tamas,
     	percorrendo la via non si dolgono, scorgendo la suprema meta,

  24 	anche chi accumula ricchezze, chi è insaziabile nei suoi desideri,
     	la morte viene a prenderlo, come la tigre assale una preda,

  25 	se pure si vede un mezzo per liberarsi dal dolore,
     	senza dolersi si agisca concentrati, e si sia liberi dal male agire,

  26 	nei suoni, nei contatti, nelle forme, nei profumi e nei gusti,
     	nessuna cosa godono di superiore sia il ricco che il povero,

  27 	prima dell'unione degli esseri non vi è dolore, ma salute,
     	e con la disunione, essendo tutto nel naturale stato non si deve dolersi,

  28 	con la fermezza si devono custodire i genitali e il ventre, e colla vista mani e piedi,
     	colla mente vista e udito, e con la sapienza mente e parola,

  29 	chi controllando la propria condotta, negli elogi e nei loro contrari,
     	agisca senza gridare, costui è uno felice e un sapiente,

  30 	chi sieda devoto all'adhyātman, privo di desideri e di voglie sessuali,
     	che agisca in aiuto di sé stesso, costui diviene felice.'
     


                              CCCXVIII


   1 	Nārada disse:
     	' quando avviene l'inversione di gioie e dolori,
     	né la saggezza, né una guida e neppure la valentìa può salvarci,

   2 	si deve stare con sforzo nella propria natura, chi si impegna non va in rovina,
     	caro è il sollevarsi da vecchiaia, morte e passioni,

   3 	le passioni sia corporali che mentali distruggono i corpi, 
     	come frecce dalle affilate punte, scagliate da robusti archi,

   4 	di chi è afflitto dai desideri, di chi è agitato, di chi brama la vita, 
     	contro la sua volontà il corpo è portato alla rovina,

   5 	scorrono senza tornare come le correnti dei fiumi,
     	i giorni e le notti continuamente portando via la vita dei mortali,

   6 	incessante è il mutamento delle due quindicine, scura e chiara, 
     	e fa invecchiare in un attimo il nato mortale, e non si ferma,

   7 	senza invecchiare, consumando gioie e dolori dei viventi,
     	il sole va al tramonto e continuamente di nuovo risorge,

   8 	portando via le nature inaspettate mai viste prima,
     	i desideri e i disgusti degli uomini, le notti vanno a finire,

   9 	otterrebbe ciascuno dei desideri che uno voglia a suo piacere,
     	se il frutto delle azioni umane non dipendesse da altri che da sé,

  10 	degli uomini intelligenti, abili e controllati,
     	e virtuosi appaiono privi dei frutti e vani con le proprie azioni,

  11 	altri essendo fanciulleschi, privi di qualità, vergogne degli uomini,
     	e pure non forniti di preghiere, appaiono ottenere ogni desiderio,

  12 	qualcun altro degli esseri sempre intento alla violenza,
     	e alla frode, cresce nelle gioie del mondo,

  13 	la prosperità raggiunge qualcuno che se ne sta seduto senza muoversi,
     	e un altro che è intento ad agire, non arriva ad ottenere nulla,

  14 	tu parla male dunque della natura propria dell'uomo,
     	il seme fa nascere a volte e di nuovo produce altrimenti,

  15 	il feto puo attaccarsi oppure no al proprio grembo,
     	è simile al frutto del mango la rinascita che uno ottiene,

  16 	ad alcuni uomini che desiderano figli e che volendo progenie, 
     	si impegnano nell'ottenerla, non nasce nessun embrione,

  17 	a quelli che sono agitati dall'aver figli, come se fossero serpi infuriate,
     	nasce un figlio di lunga vita, come fosse il padre tornato,

  18 	sacrificando agli dèi, praticando il tapas, da alcuni miserevoli per aver figli,
     	dopo dieci mesi nascono dei figli, che rovinano la stirpe, 

  19 	altri le ricchezze, i granai e i beni accumulati dai padri,
     	ampiamente ottenendo, nascono con buoni auspici,

  20 	nell'unione dell'accoppiamento di chi sono reciprocamnte innamorati,
     	come correndo dentro il grembo un figlio è ottenuto,

  21 	con un altro corpo, distrutto e privo dei colori il corpo precedente,
     	pieno di carne e umori, si ha la morte dei viventi,

  22 	e cremato un corpo un altro corpo mobile o immobile,
     	essendo distrutto come una nave in avaria raggiunge un'altra nave,

  23 	nell'unione gettato nel ventre la goccia di sperma priva di coscienza, 
     	tu puoi vedere con quale sforzo l'embrione vive,

  24 	laddove cibi è bevande vengono digerite, e i bocconi masticati,
     	in questo ventre l'embrione ma non viene digerito come un qualche cibo,

  25 	la sede nel ventre tra feci e urine è condotto dalla propria natura,
     	e il mantenerlo o lo scaricarlo, non è nel potere dell'autore,

  26 	alcuni embrioni escono dal ventre e nascono,
     	e quelli che non escono rapida li raggiunge la distruzione,

  27 	da questa unione col ventre chi da vivo si libera,
     	ottiene una qualche creatura che di nuovo sprofonda negli opposti,

  28 	di chi ha centinaia di nascite, i cinque elementi ottengono
     	la settima centesima nascita e non diventano centenari,

  29 	senza dubbio non vi è modo di alzarsi per gli uomini presi
     	dalle malattie, essi tremano come vili prede per i predatori,

  30 	quelli che sono afflitti dalle malattie che spendono grandi ricchezze,
     	e i medici pur sforzandosi non eliminano il dolore,

  31 	e pure medici abili, sapienti ed esperti, con molte medicine,
     	dalle malattie sono afflitti come gazzelle assalite dalle tigri,

  32 	quelli che bevono astringenti e vari tipi di burri,
     	appaiono rotti dalla vecchiaia, come alberi da grandi elefanti,

  33 	quali animali e uccelli sulla terra afflitti da malattie prendono medicine?
     	e i predatori e i poveri che sono afflitti dalla fame?

  34 	anche a terribili e invincibili sovrani di feroce splendore,
     	le malattie si attaccano raggiungendoli come il cuoco le sue bestie,

  35 	così il mondo senza protezione, soverchiato da errore e sofferenza,
     	è trasportato dal potente e rapido fiume in cui è gettato,

  36 	né col denaro, né col regno, né con un fiero tapas,
     	sfugge alla propria natura chi è unito al corpo,

  37 	se tutti realizzassero i propri desideri non morirebbero né invecchierebbero,,
     	non dovrebbero vedere cose spiacevoli, riguardo al frutto delle imprese,

  38 	ciascuno vuole diventare al mondo sempre più grande,
     	si impegna secondo il suo potere, e non vi riesce,

  39 	uomini intossicati dal potere, folli per orgoglio e bevande,
     	sono frequentati da crudeli e forti e attentamente ingannevoli,

  40 	i mali scompaiono per alcuni che non li vedono,
     	e nessuna cosa ancora affligge degli altri,

  41 	grande difficoltà nei frutti si mostrano in unione colle azioni,
     	alcuni trasportano il palanchino, e altri vanno sul palanchino,

  42 	alcuni avanzano su carri ottenendo ogni desiderio, 
     	degli uomini hanno cento mogli, e delle donne sono cento volte vedove,

  43 	e gli uomini vanno molte volte ad accoppiarsi tra viventi,
     	guarda come ogni cosa sia diversa dall'altra, non cadere nella confusione,

  44 	abbandona dharma e adharma, abbandona entrambi vero e falso,
     	lasciati entrambi vero e falso, quanto devi lasciare lascia,

  45 	questo è conosciuto come il supremo mistero o migliore dei ṛṣi,
     	con il quale gli dèi hanno lasciato il mondo mortale e sono andati in cielo.'”

  46 	Bhīṣma disse:
     	“ udite le parole di Nārada, Śuka dal supremo intelletto,
     	pensandovi saldamente colla mente non ne raggiungeva la comprensione:

  47 	'grande è il tormento per moglie e figli, grande la fatica di acquisire i veda,
     	qual'è dunque lo stato eterno, privo di tormenti, e grande di crescita?'

  48 	quindi pensando per un po' a quale sua meta decidersi,
     	quel sapiente di vicino e lontano, vedeva la beatitudine superiore al dharma:

  49 	' come io dunque privo di tormenti posso raggiungere la suprema meta?
     	non voglio ritornare di nuovo nel mare delle rinascite,

  50 	io desidero il supremo stato, da dove più non si ritorna,
     	abbandonando ogni attaccamento, la meta decisa nella mente,

  51 	raggiungerò, là dove la mia anima raggiungerà la pace,
     	indistruttibile, immutabile, io là rimarrò in eterno,

  52 	ma senza lo yoga non è possibile ottenere la suprema meta,
     	il liberato non possiede alcun attaccamento alle azioni,

  53 	perciò applicandomi allo yoga, abbandonando il corpo nella casa,
     	divenuto vento, entrerò nel sole tesoro di splendore,

  54 	come Soma non raggiunge la distruzione colle schiere degli dèi, 
     	ma tremando cade sulla terra e di nuovo si solleva,
     	sempre la luna si distrugge e di nuovo diventa piena,

  55 	il sole riscalda i mondi coi suoi molteplici raggi,
     	in ogni luogo egli dà la sua energia, sempre il suo cerchio è indistruttibile,

  56 	da qui io preferisco andare dal sole acceso di splendore,
     	e qui vivrò invincibile, con l'anima priva di ogni attaccamento,

  57 	io abbandonando questo corpo nella dimora di Sūrya,
     	assieme ai ṛṣi raggiungerò lo splendore invincibile del sole,

  58 	io saluto gli alberi, gli elefanti, i monti, la terra, le dieci direzioni,
     	dèi, dānava e gandharva, piśāca, uraga e rākṣasa,

  59 	entrerò senza dubbio nei mondi, in tutti gli esseri,
     	che vedano tutti gli dèi assieme ai ṛṣi la forza del mio yoga.'

  60 	quindi chiesto licenza al ṛṣi Nārada, celebrato al mondo,
     	avuto il suo permesso si recava presso il padre,

  61 	salutando il ṛṣi grand'anima, il muni, il dvaipāyana,
     	il muni Śuka fattagli la pradakṣiṇa, interrogava Kṛṣna,

  62 	udite le parole di Śuka il ṛṣi dalla grande anima, felice ancora gli diceva:
     	' oh, oh, o figlio, resta qui oggi finché io possa godere della tua vista.'

  63 	privo di desideri divenuto Śuka, privo di affetti e libero da attaccamenti,
     	meditando sulla liberazione, pose mente ad ottenerla,
     	e abbandonando il padre partiva quel supremo ri-nato.”
     


                              CCCXIX


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ il figlio di Vyāsa salito sul fianco della montagna o bhārata,
     	entrava in un luogo pianeggiante solitario e privo di piante,

   2 	e concentrava sé stesso secondo le scritture quel grande muni,
     	a cominciare dai piedi e progressivamente le membra, sapiente della vie yogiche, 

   3 	quindi rivolto ad est, quel saggio poco prima del sorgere del sole,
     	composte mani e piedi, sedeva in concentrazione,

   4 	né stormi di uccelli, né suoni e neppure cose da vedere vi erano là, 
     	dove il saggio figlio di Vyāsa, si impegnava a concentrarsi,

   5 	egli si vedeva allora libero da ogni attaccamento,
     	e sorrideva con gioia Śuka vedendo il sole,

   6 	dunque stando saldo nello yoga, per percorrere la via della liberazione,
     	divenuto grande signore dello yoga, attraversava il cielo,

   7 	quindi compiuta la pradakṣiṇa al divino ṛṣi Nārada, allora,
     	mostrava a quel supremo ṛṣi il suo yoga:

   8 	' mi vedi che percorro la strada, fortuna sia a te o ricco in tapas,
     	per tua grazia io raggiungerò la meta desiderata o splendidissimo.'

   9 	col permesso di Nārada allora il figlio del dvaipāyana,
     	salutandolo di nuovo immerso nello yoga entrava in cielo,

  10 	salendo dal fianco del kailāsa, egli volava allora in cielo,
     	ben determinato nell'aria volando, lo splendido figlio di Vyāsa, 

  11 	tutti gli esseri videro quel supremo ri-nato salire splendido
     	come il figlio di Vinatā, veloce come il vento e il pensiero,

  12 	con determinazione meditando su tutti e tre i mondi,
     	era saldo sulla via divina splendido come il sole e il fuoco,

  13 	e lui così concentrato che procedeva sicuro, senza alcuna paura,
     	lo videro tutti gli esseri mobili e immobili,

  14 	e allora secondo le regole quanto potevano lo veneravano,
     	gli abitanti celesti con divine piogge di fiori, e lo raggiungevano,

  15 	e vedendolo erano tutte meravigliate le schiere di apsaras e gandharva,
     	e i ṛṣi assieme ai siddha, caddero in suprema meraviglia:

  16 	' chi è quello che vola nell'aria giunto alla perfezione col tapas?
     	il suo corpo in basso e il viso in alto dagli occhi viene condotto,

  17 	quindi quell'anima di suprema intelligenza conosciuta nei tre mondi,
     	in silenzio guardando il sole procede verso oriente,
     	riempiendo in ogni parte l'intero cielo di suono.'

  18 	tutte le schiere delle apsaras vendolo velocemente volare,
     	cogli animi agitati o re, erano in suprema meraviglia,
     	e con Pañcacūḍā in testa erano tutte ad occhi spalancati:

  19 	' quale divinità e questa salda sulla suprema via,
     	che determinata viaggia come libera da ogni desiderio?'

  20 	quindi procedeva verso la montagna che ha nome malaya,
     	dove sempre risiedono Urvaśī e Pūrvacitti,
     	e queste due caddero in suprema meraviglia per il figlio del ṛṣi brahmano:

  21 	' oh dunque essendo il ri-nato devoto alla disciplina vedica con mente concentrata,
     	in brevissimo tempo percorre il cielo simile alla luna,
     	raggiungendo la suprema perfezione nell'obbedire al padre, 

  22 	devoto al padre, di saldo tapas, questo figlio amatissimo dal padre,
     	in che modo fu dunque lasciato andare dal padre disattento?'

  23 	udendo le parole di Urvaśī, Śuka sapiente supremo del dharma,
     	guardava ogni luogo con quella parola nell'animo,

  24 	egli, il cielo e la terra coi suoi monti foreste e boschi,
     	e i laghi e i fiumi guardava allora, 

  25 	quindi il figlio del dvaipāyana che giungeva con grande onore,
     	guardavano tutte le divinità, a mani giunte a coppa,

  26 	allora Śuka supremo sapiente del dharma diceva queste parole:
     	' se il padre mi seguisse gridando il mio nome,

  27 	allora tutti voi insieme dovete dargli risposta,
     	queste mie parole tutti voi dovete compiere per affetto a me.'

  28 	udite le parole di Śuka, i luoghi con le loro foreste e boschi,
     	i mari, i fiumi, e le montagne, gli risposero da ogni parte:

  29 	' come tu ordini o savio, certamente così sarà,
     	non rispondiamo così alle parole pronunciate dal ṛṣi.'”
     


                              CCCXX


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ così queste parole avendo pronunciato il ṛṣi brahmano, dal grandissimo tapas,
     	Śuka procedeva verso la perfezione, abbandonando i quattro modi mondani,

   2 	abbandonati gli otto tipi di tamas, rinunciava ai cinque tipi di rajas,
     	quindi quel saggio rinunciava al sattva, e questo appariva un portento,

   3 	poi in quella sede eterna, priva dei guṇa, e priva di ogni segno,
     	nel brahman risiedeva splendendo come un fuoco senza fumo,

   4 	una meteora cadendo e bruciando ogni luogo e facendo tremare la terra,
     	appariva in quel momento e questo era un portento,

   5 	gli alberi persero i rami e i monti le loro cime,
     	e per i frastuono dei monti abbattuti, quasi andava in pezzi l'himavat,

   6 	più non brillava il sole dei mille raggi, né il fuoco fiammeggiava,
     	e si agitarono i laghi e fiumi e anche gli oceani, 

   7 	il Vāsava faceva piovere acque gustose, e profumata
     	soffiava una brezza pura che portava divini profumi,

   8 	le due divine e incomparabili cime sorte dall'himavat e dal meru,
     	unite e splendide una bianca e l'altra gialla, fatte d'oro e d'argento, 

   9 	alte cento yojana di fianco e davanti o bhārata,
     	andando verso il nord scorgeva che brillavano,

  10 	Śuka quindi con mente senza esitazioni vi volava contro,
     	allora le due cime dei monti con violenza separate in due,
     	apparvero o grande re, e questo era un portento,

  11 	quindi passato con violenza tra le due cime dei monti,
     	quella suprema montagna non riusciva ad arrestare il suo andare,

  12 	allora vi fu un grande frastuono in cielo di tutti i celesti,
     	dei gandharva e dei ṛṣi e degli abitanti dei monti,

  13 	avendo visto Śuka passare attraverso il monte e vividerlo in due:
     	' bravo, bravo.' ovunque là vi era questo grido o bhārata,

  14 	venerato da dèi, dai gandharva e dai ṛṣi,
     	dalle schiere di yakṣa e rākṣasa, e da quelle dei vidyādhara,

  15 	di divini fiori era ovunque riempito il cielo,
     	così era dunque o grande re, allora durante il volo di Śuka,

  16 	quindi passando in alto sopra la gradevole mandākinī,
     	Śuka anima giusta, la scorgeva tra una foresta di alberi fioriti,

  17 	e in essa giocavano contente le schiere delle apsaras,
     	e nude sparirono vedendo Śuka privo di corpo.

  18 	il padre pieno di amore, avendo saputo del suo procedere,
     	verso la suprema meta, da dietro lo seguiva,

  19 	Śuka procedendo nell'aria al di sopra del vento,
     	mostrando il suo potere, divenne allora lo stesso Brahmā,

  20 	e Vyāsa il grande asceta salendo lungo la principale via del grande yoga,
     	in un batter d'occhio andava dove Śuka volava,

  21 	e vedeva divisa in due la cima della montagna dal passaggio di Śuka,
     	e a lui i ṛṣi raccontarono allora l'impresa del figlio,

  22 	quindi con la sua grande abilità chiamava Śuka,
     	il padre da sé facendo risuonare i tre mondi coi suoi alti suoni,

  23 	Śuka divenuto omnipresente, anima universale, e rivolto ovunque,
     	quell'anima giusta rispondeva: ' ooh!' emmettendo un forte suono,

  24 	quindi emesso dunque quel suono della sola sillaba oh,
     	l'intero universo coi suoi mobili e immobili lo ripeteva forte,

  25 	e da allora in poi ciascun suono pronunciato,
     	sui fianchi impervi dei monti risponde a Śuka,

  26 	Śuka allora spariva dopo aver mostrato il suo potere,
     	abbandonando gli oggetti dei sensi col suono in testa, volava al supremo stato,

  27 	e veduta la grandezza di quel figlio dall'infinito splendore,
     	il padre sedeva sul fianco del monte pensando al figlio,

  28 	quindi le schiere delle apsaras che giocavano sulla riva della mandākinī,
     	avendo raggiunto il ṛṣi, tutte erano agitate e prive di senno,

  29 	alcune si nascondevano e altre correvano fra i cespugli,
     	e altre afferravano gli abiti vedendo il supremo muni,

  30 	conoscendo allora il muni la liberazione ottenuta dal figlio,
     	e il proprio attaccamento, era felice e si vergognava,

  31 	a lui dunque si avvicinava circondato da dèi e gandharva, venerato
     	dalle schiere dei grandi ṛṣi, il Beato Śaṃkara col tridente in mano,

  32 	e il Mahādeva per consolarlo diceva queste parole 
     	a Kṛṣṇa il dvaipāyana tormentato dal dolore per il figlio:

  33 	' della stessa potenza del fuoco, della Terra, delle acque, 
     	del vento e dello spazio, tu figlio è stato prima dotato da me,

  34 	di tal fatta è nato così fornito dal tuo tapas,
     	e per mia grazia egli è puro, fatto dello splendore di Brahmā,

  35 	egli ha raggiunto la suprema meta irraggiungibile da chi non ha vinto i sensi,
     	anche se sono degli dèi o savio ṛṣi, perché ti addolori?

  36 	finché esisteranno i monti, finché esisteranno i mari,
     	fino ad allora la fama di tuo figlio sarà imperitura,

  37 	e tale corpo di tuo figlio ovunque e sempre vicino,
     	tu lo vedrai in questo mondo per mia grazia o grande muni.'

  38 	così pacificato dal Beato Rudra in persona o bhārata,
     	vedendo quel corpo, il muni era pieno di suprema gioia,

  39 	così la nascita e la meta finale di Śuka o toro fra i bhārata,
     	io ti ho raccontato diffusamente, come tu mi hai chiesto,

  40 	me la raccontò un tempo o re, il ṛṣi divino Nārada,
     	e anche il grande yogin Vyāsa, recitandola passo per passo,

  41 	questa santa storia, inerente all'artha e al dharma della liberazione,
     	il devoto alla pace che la tenga a mente, raggiunge la suprema meta.” 
     


                              CCCXXI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ il capofamiglia o il brahmacārin, e l'asceta forestale che vive di questua,
     	che desideri ottenere la perfezione, a quale divinità deve sacrificare?

   2 	da chi ha con certezza il paradiso? da chi la suprema beatitudine?
     	con quale regola deve sacrificare agli dèi ed agli avi?

   3 	e liberato quale meta raggiunge? e cos'è per natura la liberazione?
     	e nel paradiso che deve fare, per non allontanarsi dal cielo?

   4 	e chi è il dio delle divinità, e il padre dei padri?
     	e quanto di questo è superiore dimmi o nonno.”

   5 	Bhīṣma disse:
     	“ su un segreto tu o esperto nel chiedere, mi hai posto domanda o senza-macchia,
     	con la ragione non è possibile parlarne pure in cento anni,

   6 	o senza la grazia divina o re, o senza l'acquisizione della sapienza, 
     	questo è complicato da dire, ma io devo illustrartelo o uccisore di nemici,

   7 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione tra Nārada e il ṛṣi Nārāyaṇa,

   8 	Nārāyaṇa, anima universale, l'eterno con quattro aspetti,
     	nasceva come figlio di Dharma, così mi raccontò mio padre,

   9 	nel Kṛtayuga o grande re, un tempo durante la vita del figlio del Nato-da-sé, 
     	egli era Nara, Nārāyaṇa, Hari e Kṛṣṇa,

  10 	di quelli gli imperituri Nara e Nārāyaṇa praticavano il tapas,
     	raggiunto un āśrama sulla badarī, su un carro fatto d'oro,

  11 	questo carro con otto ruote e sublime era aggiogato a dei bhūta, 
     	e là quei due protettori del mondo, consumati, e ridotti tutti vene, 

  12 	per lo splendore del loro tapas persino gli dèi non potevano guardarli,
     	e solo per grazia fatta dai due dèi uno era in grado di vederli,

  13 	col permesso dei due spinto dalla coscienza nel suo cuore,
     	dalla cima del grande monte meru partito verso il gandhamādana,

  14 	Nārada grande asceta, si aggirava per tutti i mondi,
     	e giungeva velocemente a quel luogo o re, all'āśrama sulla badarī,

  15 	a lui sorgeva curiosità per il momento dei riti giornalieri dei due,
     	questo è l'intera pratica in cui i mondi sono fondati,

  16 	coi loro dèi, asura e gandharva, e ṛṣi, kiṃnara e serpenti,
     	una sola forma un tempo era nata, e poi divenne quadripartita,

  17 	e per la continua propagazione del dharma grande fu la loro crescita,
     	dunque è riverito oggi Dharma dai celesti,
     	per Nara, Nārāyaṇa, per Kṛṣṇa e per Hari,

  18 	là vi erano Kṛṣṇa e Hari per una qualche ragione,
     	che stavano là superiori a Dharma, i due impegnati nel tapas,

  19 	' quei due sono il supremo rifugio, quale saranno i riti quotidiani dei due?
     	sono gli avi e la divinità di tutti gli esseri, quei due gloriosi,
     	a quale divinità sacrificheranno, o a quali avi quei due saggi?'

  20 	così pensando in animo con fede rivolta a Nārāyaṇa,
     	velocemente appariva vicino ai due dèi allora,

  21 	finiti i riti agli dèi e ai padri, dai due fu visto,
     	e onorato secondo le regole, e le scritture come prima detto,

  22 	vedendo quel grande meraviglioso onore offertogli mai prima visto, 
     	felicissimo si sedeva il venerabile ṛṣi Nārada,

  23 	guardando Nārāyaṇa con animo interamente tranquillo,
     	inchinandosi al grande dio queste parole diceva:

  24 	'nei veda coi purāṇa, colle loro parti a appendici tu sei cantato,
     	tu sei il non-nato, l'eterno, il creatore, considerato immortale e insuperabile,
     	l'intero universo passato e futuro è in te fondato,

  25 	tutti i quattro modi di vita o dio, col modo domestico per primo,
     	sacrificano a te dotato di molti aspetti, giorno dopo giorno, 

  26 	tu sei il padre, e la madre dell'intero universo, tu l'eterno guru,
     	a quale dio oggi tu sacrifichi, e a quale avo? questo non sappiamo.'

  27 	il signore beato disse:
     	' non si deve parlare di questo mio eterno segreto,
     	ma lo dirò secondo verità a te o brahmano, che sei pieno di fede,

  28 	quanto è sottile, inconoscibile, immanifesto, incrollabile, eterno,
     	privo dei sensi, degli oggetti dei sensi e da tutti gli elementi,

  29 	egli anima interiore degli esseri, è chiamato kṣetrajña,
     	privo dei tre guṇa, egli è chiamato il Puruṣa,
     	da lui viene l'immanifesto dotato dei tre guṇa o migliore dei ri-nati,

  30 	la prakṛti imperitura, che è immanifesta è sta nelle nature manifeste,
     	sappi che essa è l'origine di noi due, e chi ha natura dell'essere e del non-essere,
     	da noi due è venerato essendo egli il dio e l'avo,

  31 	non vi è altro padre o dio, o ri-nato superiore a lui, 
     	noi lo riconosciamo come l'anima, e quindi lo veneriamo,

  32 	da lui sono stati stabiliti i limiti degli esseri mondani,
     	e i riti per dèi e avi si devono fare per suo ordine,

  33 	Brahmā, Sthāṇu, Manu, Dakṣa, Bhṛgu, Dharma, Tapas, Dama, 
     	Marīci, Aṅgiras, Atri, Pulastya, Pulaha, Kratu,

  34 	Vasiṣṭha, Parameṣṭhin, Vivasvat, e Soma,
     	e chi è chiamato Kardama, Krodha, Vikrīta,

  35 	questi sono i ventuno prajāpati sorti e ricordati,
     	che venerano gli eterni limiti stabiliti dal dio,

  36 	conoscendo in verità gli eterni riti per dèi e avi,
     	questi supremi ri-nati quindi sanno come ottenere per sé,

  37 	e pure i viventi che sono in paradiso, si inchinano a lui,
     	essi per sua grazia hanno raggiunto la meta col frutto stabilito da lui,

  38 	quelli liberi dalle diciassette qualità e azioni,
     	abbandonando quindici sedicesimi, essi si impegnano a liberarsi,

  39 	e la meta dei liberi o brahmano, è chiamata kṣetrajña,
     	egli è chiamato l'ommipresente e il privo di caratteristiche,

  40 	e si mostra attraverso la conoscenza, noi due siamo nati da lui,
     	così conoscendo l'anima eterna noi la veneriamo,

  41 	i veda e i modi di vita pur aderendo a vari concetti,
     	con fede venerano lui, e lui dona loro la principale meta,

  42 	quelli che al mondo sono nella sua natura, saldi nell'unica devozione,
     	possiedono la miglior cosa, entrando in lui,

  43 	ti ho illustrato o Nārada interamente questo segreto,
     	per la tua fede e per mia grazia o savio ṛṣi, sappiamo che sei nostro devoto.'”
     


                              CCCXXII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ così apostrofato il migliore dei bipedi, da Nārāyaṇa supremo Puruṣa,
     	diceva queste parole al migliore dei bipedi Nārāyaṇa che era intento al bene del mondo:

   2 	' giacché tu sei nato con suprema nascita in quattro forme nella casa di Dharma,
     	oggi per il bene del mondo vengo a vedere la tua perfetta natura,

   3 	io ho studiato i veda o signore del mondo, praticato il tapas e non ho mai detto il falso,
     	compio sempre gli onori ai superiori, e non ho mai tradito un altrui segreto,

   4 	le quattro parti ho custodito secondo i veda, sempre sono uguale verso amico e nemico,
     	sempre prostrandomi al dio supremo lo venero con animo sempre rivolto a lui,
     	ho l'anima purificata dagli oggetti mondani, perché non posso vedere l'infinito signore?'

   5 	udite le parole di Pārameṣṭhya, Nārāyaṇa custode del dharma dei sātvata,
     	diceva a Nārada onorandolo con gli atti del proprio comportamento:' vai dunque.' 

   6 	il figlio di Parameṣṭhin, allora licenziato, avendo venerato quel ṛṣi antico,
     	saliva in aria con suprema velocità, quindi raggiungeva rapido la cima del meru,

   7 	e là si fermava un po' da solo quel muni, raggiunta la cima del monte,
     	e guardando verso nord ovest scorgeva un luogo di meravigliosa bellezza,

   8 	a nord dell'oceano di latte, vi è un'isola bianca di nome, ampia ed estesa,
     	i saggi dicono che è a più di trentadue centinaia di migliaia di yojana dal meru,

   9 	al di là dei sensi, senza nutrirsi né muoversi, e profumatissimi sono gli uomini
     	dell'isola bianca, liberi da ogni male, accecano gli uomini malvagi che li guardano,

  10 	con ossa e corpi di diamante, uguali in onori e disonori, di aspetto divino e di bella energia,
     	con teste a forma di parasole, dal suono di nubi, con collane di loti, e cento loti ai piedi, 

  11 	dotati di sessanta denti bianchi, e otto che sono zanne,
     	col viso rivolto ovunque, colle lingue leccano la luce del sole,

  12 	sono devoti del dio che ha creato l'universo di cui tutti i mondi sono figli,
     	e i veda, i dharma, i muni, la pace interiore, tutti gli dèi da lui sono creati.”

  13 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ non hanno sensi, non si nutrono, né si muovono e sono profumatissimi,
     	come sono nati questi uomini, e qual'è la loro ultima meta,

  14 	gli uomini che qui diventano liberi o migliore dei bhārata,
     	hanno l'apparenza di questi che sono gli abitanti dell'isola bianca?

  15 	il dubbio che ho di ciò recidi, io ne ho suprema curiosità,
     	tu sei il giardino di piacere di ogni storia, noi ci rifugiamo in te.”

  16 	Bhīṣma disse:
     	“in estensione o re, fu ascoltata da me questa storia, vicino al padre,
     	e questa te la devo dire che è conosciuta come l'essenza delle storie,

  17 	vi era un re di nome Uparicara, sovrano della terra,
     	era noto come amico di Indra, e devoto ad Hari Nārāyaṇa,

  18 	era retto nel dharma, sempre devoto agli avi, e sempre instancabile,
     	aveva un tempo ottenuto la sovranità universale per grazia di Nārāyaṇa,

  19 	saldo nella condotta dei sātvata, precedentemente uscita dalla bocca di Sūrya,
     	venerava il signore degli dèi, e col resto i grandi avi,

  20 	e col resto degli avi i savi, dividendo il resto coi rifugiati,
     	egli consumava il cibo rimanente, saldo nella verità, privo di violenza per tutti,
     	con tutta l'anima era devoto al dio degli dèi Janārdana,

  21 	e portando a lui devozione, a Nārāyaṇa o tormenta-nemici,
     	Śakra il re degli dèi in persona gli offriva di sedere nel medesimo seggio,

  22 	sé stesso, il regno, la ricchezza, la consorte e gli animali da tiro,
     	tutto questo egli dava al Beato dio, così sempre appariva,

  23 	sempre con i migliori strumenti sacrificava nei suoi supremi riti,
     	tutti li compiva con attenzione saldo nella condotta dei sātvata, 

  24 	i principali sapienti dei riti pañcarātra stavano nella casa del grand'anima,
     	consumavano il cibo stabilito per il Beato per primi,

  25 	mentre quell'uccisore di nemici governava il regno nel dharma,
     	non sorgevano parole false, né vi era anima corrotta,
     	né compiva col suo corpo alcun male neppure verso il nemico,

  26 	i muni che erano chiamati i sette ṛṣi citraśikhaṇḍin,
     	messisi nel medesimo compito, promulgarono un supremo śāstra,

  27 	Marīci, Atri, Aṅgiras, Pulastya, Pulaha, Kratu,
     	e Vasiṣṭha, questi citraśikhaṇḍin di grande splendore,

  28 	essi sono le sette prakṛti e il Nato-da-sé ne è l'ottava,
     	da questi il mondo è retto, e da loro fu creato quel śāstra,

  29 	tutti intenti al medesimo, quei muni disciplinati, e devoti all'autocontrollo,
     	questo bene, questo brahman, questo supremo beneficio,
     	questo śāstra produssero pensando colla mente ai mondi,

  30 	là, dharma, artha e kāma, e poi la liberazione sono illustrati,
     	e i vari limiti in cielo e in terra sono stabiliti,

  31 	onorando col tapas il dio Hari, il potente Nārāyaṇa,
     	per mille anni divini, tutti loro assieme ai ṛṣi,

  32 	allora per comando di Nārāyaṇa, la dea Sarasvatī
     	entrava in quei ṛṣi per desiderio di beneficare tutti i mondi,

  33 	quindi si stabiliva rettamente con quei ri-nati sapienti del tapas,
     	nel suono, nello scopo e nel mezzo, la dea nata nella prima creazione,

  34 	e per primo, quel trattato adornato dalla sillaba oṃ,
     	i ṛṣi lo recitarono là dove stava il dio compassionevole,

  35 	quindi il grazioso Beato assunto un corpo indefinito,
     	diceva a tutti i ṛṣi, il supremo Puruṣa invisibile:

  36 	' supremo è questo scritto composto di centomila strofe,
     	da cui sorge il dharma dell'intero sistema mondano,

  37 	dell'inizio e della fine esso sarà origine,
     	in possesso di ṛg, yajus, e sāman, e pure degli atharva di Aṅgiras,

  38 	così per primo io ho fatto Brahmā nato dal mio favore,
     	e Rudra nato dalla mia ira, e voi o savi siete le prakṛti,

  39 	Sūrya, la luna, Vāyu, la terra, l'acqua e Agni,
     	e tutte le schiere delle costellazioni, e quanto è chiamato esistente,

  40 	nelle autorità dei veda vivono tutti i recitanti il brahman,
     	e tutti avranno per misura questo supremo trattato,

  41 	diverrà dunque l'autorità esso per mio comando,
     	da questo dharma parlerà Manu figlio del Nato-da-sé in persona, 

  42 	e quando Uśanas e Bṛhaspati sorgeranno,
     	allora promulgheranno questo trattato sorto dal vostro pensiero,

  43 	compiuti i dharma del figlio del Nato-da-sé, e il trattato di Uśanas,
     	e dopo che anche quello di Bṛhaspati si diffonderà nei mondi,

  44 	il trattato da voi composto, allora lo otterrà Vasu
     	protettore di genti, per comando di Bṛhaspati o supremi rinati,

  45 	quel re protetto da me, diverrà mio devoto,
     	e con questo trattato compirà tutti i riti nei mondi,

  46 	questo è risaputo come il supremo trattatto di tutti i trattati,
     	questo è il supremo che produce artha, dharma e gloria,

  47 	e per averlo prodotto voi diverrete pieni di discendenti,
     	e il re Vasu diverrà grande e pieno di splendore,

  48 	morto dunque il sovrano, questo eterno trattato
     	scomparirà, io vi ho detto la verità.'

  49 	queste parole avendo detto, l'invisibile supremo Puruṣa,
     	lasciava tutti quei ṛṣi e partiva per un qualche luogo,

  50 	quindi quei padri del mondo, pensando al bene di tutti i mondi,
     	promulgarono quel trattato eterno sorto dal dharma,

  51 	e sorto il figlio di Aṅgiras nello yuga stabilito per primo,
     	avendo stabilito a Bṛhaspati questo trattato con tutti i veda e le upaniṣad,

  52 	se ne andarono al luogo desiderato decisi a praticare il tapas,
     	avendo fondato ogni dharma per sostenere tutti i mondi.”
     


                              CCCXXIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ terminato il grande kalpa e nato il figlio di Aṅgiras,
     	divennero soddisfatti gli dèi che era nato il purohita degli dèi,

   2 	le parole bṛhat, brahman e mahat erano dette come sinonimi
     	e il sapiente Bṛhaspati o re, era dotato di ogni qualità,

   3 	e il re Vasu Uparicara divenne il suo primo discepolo,
     	e studiava allora rettamente il trattato sorto dai citraśikhaṇḍin,

   4 	Vasu divenuto re a quel tempo, con condotta divina,
     	proteggeva la terra come Indra il cielo,

   5 	compiva un grande sacrificio l'aśvamedha quel grand'anima,
     	e il suo maestro Bṛhaspati ne fu allora l'officiante,

   6 	e i tre figli di Prajāpati, Ekata, Dvita e Trita,
     	quei grandi ṛṣi erano là e i sadasya,

   7 	e Dhanuṣākṣa, Raibhya, e Arvāvasu, e Parāvasu,
     	il ṛṣi Medhātithi, e il grande ṛṣi Tāṇḍya,

   8 	il ṛṣi Śakti, e il gloriosissimo Vedaśiras,
     	e Kapila il migliore dei ṛṣi, nonno di Śālihotra,

   9 	Adya, Kaṭha e Taittiri, il primogenito di Vaiśaṃpāyana,
     	e Kaṇva, e Devahotra, questi sedici sono ricordati,
     	furono approntati tutti gli apparecchi o re, in quel grande rito,

  10 	là non vi fu uccisione animale, il re in questo modo era saldo,
     	non violento, puro, privo di crudeltà, e di desideri, era elogiato per il suo agire,
     	frutti forestali consacrati dai veda erano là le offerte preparate,

  11 	contento di lui era il Beato, l'antico dio degli dèi,
     	e in persona si mostrava a lui e invisibile per chiunque altro,

  12 	prendendo la sua parte, afferrava anche il puroḍāśa,
     	dal dio invisibile fu presa la sua parte del sacrificio del cavallo,

  13 	Bṛhaspati allora adirato, alzando il cucchiaio sacro con violenza,
     	colpiva il cielo con dei colpi del cucchiaio, e per l'ira versava lacrime,

  14 	e diceva a Uparicara: ' l'offerta da me riposta,
     	deve prenderla di persona il dio alla mia presenza non vi è dubbio,

  15 	le oblazioni poste nel sacrificio furono prese in persona dai celesti,
     	per quale motivo il potente Hari non l'ha presa mostrandosi?'

  16 	allora il signore della terra il grande Vasu, calmava
     	il muni agitato e pure tutti i sadasya lo fecero,

  17 	dissero a lui tranquilli: ' non devi adirarti,
     	non è il dharma del kṛtayuga che tu ti sia adirato,

  18 	privo d'ira è il dio per cui l'offerta è stata preparata,
     	e non può essere visto da te o da noi o Bṛhaspati,
     	solo chi ha la sua grazia può vederlo.'

  19 	Ekata, Dvita e Trita dissero:
     	' noi siamo conosciuti come i figli della mente di Brahmā,
     	un tempo noi ci recammo nella regione settentrionale per avere la beatitudine,

  20 	e praticando un supremo tapas per quattromila anni,
     	stando su un piede solo, rettamente concentrati, divenuti come legni,

  21 	sulla parte nord del meru e lungo le rive dell'oceano di latte,
     	è quello il luogo dove fu compiuto il nostro tremendissimo tapas,
     	' come possiamo noi vedere il dio Nārāyaṇa?' così noi,

  22 	allora compiuta la purificazione per il loro voto, una voce incorporea diceva:
     	' ben praticato è il vostro tapas o savi, con animo e pace interiore,

  23 	devoti voi cercate di conoscere come vedere il Signore,
     	a nord dell'oceano di latte, vi è l'isola bianca di grande splendore,

  24 	là vi sono uomini splendidi come lune devoti a Nārāyaṇa,
     	posto l'animo in quell'unico scopo, sono i devoti del supremo Puruṣa,

  25 	essi eternamente entrano nel dio dai mille raggi,
     	privi dei sensi, senza nutrirsi né muoversi sono profumatissimi,

  26 	devoti ad un solo dio sono questi uomini abitanti l'isola bianca,
     	recatevi là o muni e là mi potrete vedere.'

  27 	avendo noi tutti udita quella voce incomporea,
     	lungo la via indicata per quel luogo partimmo,

  28 	e raggiunta la grande isola bianca, bramosi di vederlo, col pensiero in lui,
     	allora alla nostra vista vi era un impedimento,

  29 	non potevamo vedere il Puruṣa, con la vista impedita dal suo splendore,
     	allora sorgeva in noi il pensiero nato dal potere del dio,

  30 	che senza praticare il tapas non si può presto vederlo, 
     	quindi di nuovo per cento anni praticato un grande tapas adatto al momento,

  31 	e stando in quel voto noi vedemmo degli uomini splendidissimi,
     	bianchi come la luna, distinti per ogni apparenza auspicabile,

  32 	che sempre a mani giunte recitavano il brahman, col viso verso nord-est,
     	una preghiera mentale era recitata da quelle grandi anime,
     	e per quell'inno a lui solo, divenne contento Hari,

  33 	lo splendore che ha il sole di fine yuga o tigre fra i muni,
     	era tale quale allo splendore di ciascuno di quegli uomini,

  34 	noi pensavamo che quell'isola fosse la dimora della luce,
     	nessuno là era superiore ma tutti avevano lo stesso splendore,

  35 	quindi sorta insieme la luce di mille soli, 
     	rapidamente noi tornammo a vedere o Bṛhaspati,

  36 	insieme correvano allora rapidi quegli uomini,
     	a mani giunte a coppa, dicendo:' omaggio a te!'

  37 	quindi noi udimmo l'ampio suono di quei recitanti,
     	un omaggio era offerto al dio da quegli uomini,

  38 	noi dunque colle menti rapite dalla sua violenta luce,
     	non vedevamo nulla privi di vista e della forza dei sensi,

  39 	un suono continuamente pronunciato noi udimmo:
     	' vittoria sia a te o Occhi-di-loto, omaggio a te anima universale,

  40 	omaggio sia a te Signore-dei-sensi, grande Puruṣa primogenito.'
     	questo suono fu udito da noi, recitato con retta pronuncia,

  41 	in quel frangente un puro Vāyu che portava ogni profumo,
     	trasportava divini fiori, e delle erbe medicinali efficaci,

  42 	da questi uomini sapienti del pañcakāla era venerato Hari,
     	e dunque là giungeva il dio come furono pronunciate le parole da loro,
     	ma noi non lo vedevamo confusi dalla sua māyā,

  43 	finita quella brezza e offerta l'oblazione,
     	nacque dell'agitazione nei nostri animi o migliore degli aṅgirasidi,

  44 	standovi quelle migliaia di uomini dalle pure nascite,
     	nessuno ci onorava colla mente o colle parole,

  45 	e pure quelle schiere dei muni erano a loro agio, devoti al solo dio,
     	non mostravano alcuna condotta verso di noi, saldi nella natura del brahman,

  46 	quindi a noi che eravamo molto stanchi e consumati dal tapas,
     	diceva là un essere incorporeo che stava nell'aria:

  47 	' voi avete visto questi bianchi uomini privi di tutti i sensi,
     	da loro che qui vedete può essere visto il Signore degli dèi o supremi ri-nati,

  48 	andate voi tutti o muni, in fretta donde siete giunti,
     	nessuno senza devozione può vedere il dio in alcun modo,

  49 	realmente solo da quelli intenti in lui solo da lungo tempo,
     	il Beato può essere visto, egli per il suo cerchio di splendore è invisibile,

  50 	un grande compito dovete voi compiere o supremi ri-nati,
     	alla fine del kṛtayuga, quando sarà giunto il cambiamento,

  51 	nel tretāyuga o savi, quando giungerà un nuovo figlio di Vivasvat,
     	voi sarete gli alleati dei celesti per compiere il loro scopo.'

  52 	quindi udite le portentose parole o bevitore del soma,
     	per sua grazia rapidamente abbiamo raggiunto il luogo desiderato,

  53 	così col grande tapas, e con offerte e oblazioni,
     	il dio non fu da noi visto, come puoi vederlo tu?
     	Nārāyaṇa è il grande essere creatore universale che consuma offerte e oblazioni.'”

  54 	Bhīṣma disse:
     	“ cosi da queste parole di Ekata, con Dvita e Trita d'accordo,
     	istruito da quei sadasya, l'intelligente Bṛhaspati,
     	concluse il sacrificio e venerava la divinità,

  55 	e pure il re Vasu concluso il sacrificio, governava le sue genti,
     	per la maledizione dei bramani, rimosso dal cielo entrava nella terra,

  56 	e rimaneva all'interno della terra, ma sempre devoto al dharma,
     	e divenuto devoto a Nārāyaṇa, raggiunse la sede di Nārāyaṇa,

  57 	e per sua grazia di nuovo egli fu rialzato,
     	e dalla faccia della terra raggiunse una sede superiore a quella di Brahmā,
     	e raggiunse rapidamente la suprema e perfetta meta.”
     


                              CCCXXIV


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ se il grande re Vasu era devoto al Beato,
     	per quale motivo rimosso entrava all'interno della terra?”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione dei ṛṣi coi trenta dèi o bhārata,

   3 	dovendo sacrificare una capra, gli dèi dissero ai supremi ri-nati:
     	' con la parola aja, si intende una capra e nessun altra vittima.' così fu detto.

   4 	i ṛṣi dissero:
     	'con dei semi si devono celebrare i sacrifici, così è la parola vedica,
     	i semi siano il simbolo della capra, non dovete uccidere la capra,

   5 	non vi è il dharma dei virtuosi o dèi, laddove si uccide un animale,
     	questo era il meglio nel kṛtayuga, perché volete uccidere un animale?'”

   6 	Bhīṣma disse:
     	“mentre così parlavano i ṛṣi assieme agli dèi,
     	viaggiando Vasu il migliore dei sovrani, raggiungeva quel luogo,
     	si muoveva nell'aria quello splendido, provvisto di forze e animali,

   7 	vedendo Vasu venire veloce attraverso l'aria,
     	i ri-nati dicevano agli dèi: ' egli taglierà il nostro dubbio,

   8 	sacrificando è il migliore signore nei doni, e felice del bene di tutti gli esseri,
     	come può essere che parli altrimenti  il grande Vasu?'

   9 	fatto questo accordo gli dèi e i ṛṣi allora
     	interrogavano Vasu, giunti rapidamente vicino al re:

  10 	' o re, con che cosa si deve sacrificare, con una capra o con delle piante?
     	recidi questo nostro dubbio, non pensiamo che tu sia la nostra autorità.'

  11 	messosi a mani giunte rispondeva allora Vasu:
     	' ditemi il vero, a quale opinione o partito siete giunti?'

  12 	i ṛṣi dissero:
     	' colle granaglie si deve sacrificare, questo è il nostro partito o sovrano,
     	ma il partito degli dèi è la vittima, dicci la tua opinione o re.'”

  13 	Bhīṣma disse:
     	“ saputa l'opinione degli dèi Vasu si affidava a quel partito:
     	e allora diceva queste parole:' con una capra come vittima si deve sacrificare.'

  14 	irritati allora tutti quei muni splendidi come soli,
     	dicevano a Vasu che stava sul carro celeste a parlare del partito degli dèi:

  15 	'avendo preso il partito dei celesti, per questo devi cadere dal cielo,
     	da ora in poi o re, il viaggiare nell'aria ti sarà impedito,
     	e colpito dalla nostra maledizione spaccando la terra vi penetrerai.'

  16 	quindi in quel momento allora il re Uparicara,
     	in basso cadeva velocemente dentro un buco della terra quel sovrano,
     	ma la memoria non lo abbandonava col permesso di Nārāyaṇa,

  17 	tutti gli dèi invece riuniti per liberare Vasu dalla maledizione,
     	pensarono rettamente al bene fatto dal sovrano,

  18 	' il re grand'anima è stato maledetto per averci favorito,
     	noi dobbiamo insieme ricambiare il suo bene o celesti.'

  19 	così deliberando nell'animo quei signori, presa velocemente la decisione, 
     	dicevano con animo lieto allora al re Uparicara:

  20 	'tu sei devoto al dio dei brahmani, ad Hari guru di dèi e asura,
     	egli contento di te ti farà la grazia di liberarti dalla maledizione,

  21 	onori si devono dare ai ri-nati grandi anime,
     	necessariamente il loro tapas deve fruttare o supremo sovrano,

  22 	perciò tu rapidamente rimosso dal cielo sei caduto sulla terra,
     	ma un beneficio noi ti diamo o supremo sovrano,

  23 	per quanto tempo tu resterai sotto il peso della maledizione o senza-macchia,
     	entrato nel buco della terra, per tanto tempo tu otterrai,
     	nei sacrifici dai savi grandi anime l'offerta detta vasordhārā,

  24 	e otterrai i nostri benefici, la fatica non ti toccherà,
     	né avrai fame o sete nel fondo della terra o re dei re,

  25 	per nutrirti della vasordhāra sarai pure con cresciuta energia,
     	il dio contento della nostra grazia ti condurrà al mondo di Brahmā.'

  26 	tutti i celesti così concesso là quel dono al re, 
     	gli dèi e i ṛṣi ricchi in tapas se ne tornarono alle proprie dimore,

  27 	egli compiva sempre la venerazione a Viṣvaksena o bhārata,
     	e ne recitava sempre le preghiere sorte dalla bocca di Nārāyaṇa,

  28 	e là coi cinque sacrifici nei cinque momenti o uccisore di nemici,
     	egli sacrificava ad Hari signore dei celesti, pur essendo dentro la terra,

  29 	allora il Beato Hari Nārāyaṇa contento della sua devozione,
     	di lui che era devoto a nessun altro, a lui intento e vinto sé stesso,

  30 	il Beato Viṣṇu fonte di grazie, al supremo uccello che gli stava vicino,
     	a Garuḍa dalla grande forza diceva con un sorriso:

  31 	' o glorioso supremo uccello, ascolta le mie parole,
     	l'imperatore, il re Vasu di nome, anima pia a me si affida,

  32 	per la collera dei brahmani è penetrato dentro la faccia della terra,
     	quei grandi savi sono stati onorati, vai tu o supremo uccello,

  33 	in quel luogo segreto dentro la terra o Garuḍa per mio comando,
     	e il migliore dei sovrani che vive laggiù fallo rapido volare.'

  34 	Garuḍa quindi aperte le ali veloce come il vento,
     	entrava nel profondo della terra dove stava in silenzio Vasu, 

  35 	quindi il figlio di Vinatā rapidamente sollevatolo,
     	volava rapido in cielo e là lo liberava,

  36 	ripreso coscienza in quel frangente il re Uparicara,
     	col suo corpo andava quell'ottimo sovrano al mondo di Brahmā,

  37 	e così lui o kuntīde, per comando del dio, dal suo fallo nel parlare
     	raggiunse la meta quel grand'anima, liberandosi dalla maledizione dei ri-nati,

  38 	solamente il Signore Hari il Puruṣa fu venerato da lui,
     	e quindi rapido si liberava dalla maledizione e otteneva il mondo di Brahmā,

  39 	interamente ti ho raccontato come furono quegli uomini,
     	e pure come il ṛṣi Nārada si recava all'isola bianca,
     	ascolta attentamente o sovrano, tutto questo ti illustrerò.”
     


                              CCCXXV


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ il venerabile ṛṣi Nārada raggiunta la grande isola bianca,
     	vi scorgeva degli uomini bianchi splendidi e luminosi come lune,

   2 	e li venerava colla testa e colla mente e da loro fu onorato,
     	e desideroso di vedere, stava intento a recitare e saldo in ogni penitenza,

   3 	e divenuto con animo attento a braccia levate il savio grande muni,  
     	un inno cantava al grand'anima, al dio universale privo di qualita.

   4A 	Nārada disse:
       	' omaggio a te dio degli dèi[1], Niṣkriya[2], Nirguṇa[3], LokasākSin[4], Kṣetrajña[5], Ananta[6=116], 	
        Puruṣa[7], Mahapuruṣa[8], Triguṇa[9], Pradhāna[10],
     	Amṛta[11], Vyoma[12], Sanātana[13], Sadasadvyaktāvyakta[14], Ṛtadhāman[15], Pūrvādideva[16],
     	Vasuprada[17], Prajāpati[18], Suprajāpati[19], Vanaspati[20],
     	Mahāprajāpati[21], Ūrjaspati[22], Vācaspati[23], Manaspati[24], Jagatpati[25], Divaspati[26], 	
        Marutpati[27], Salilapati[28], Pṛthivipate[29], Dikpati[30],
       	Pūrvanivāsa[31], Brahmapurohita[32], Brahmakāyita[33], Mahākāyita[34], Mahārājika[35], 	
        Caturmahārājika[36], Ābhāsura[37], Mahābhāsura[38], Saptamahābhāsura[39], Yamya[40],
     	Mahāyāmya[41], Saṃjñāsaṃjña[42], Tuṣita[43], Mahātuṣita[44], Pratardana[45], Parinirmita[46], 	
        Vaśavartin[47], Aparinirmita[48], Yajña[49], Mahayajña[50],
     	Yajñasambhava[51], Yajñayoni[52], Yajñagarbha[53], Yajñahṛdaya[54], Yajñastuta[55], Yajñabhāgahara[56],
     	Pañcayajñadhara[57], Pañcakālakartṛgati[58], Pañcarātrika[59], Vaikuṇṭha[60],
     	Aparājita[61], Mānasika[62], Paramasvāmin[63], Susnāta[64], Haṃsa[65], Paramahaṃsa[66],
     	Paramayājñika[67], Sāṃkhyayoga[68], Amṛteśaya[69], Hiraṇyeśaya[70],
     	Vedeśaya [71], Kuśeśaya [72], Brahmeśaya [73], Padmeśaya [74], Viśveśvara [75], tu Jagadanyava[76], tu
     	Jagatprakr̥ti [77], Agni è la tua bocca [78], tu Agni Vaḍavāmukho [79], tu Āhuti [80],
     	tu Sārathi [81], tu Vaṣaṭkāra [82], tu Oṁkāra [83], tu Manas [84], tu Candramas [85], tu il primo 
    	Occhio[86], tu Sūrya [87], tu l'elefante delle direzioni [88], Digbhāna [89], Hayaśiras [90],
     	o Prathamatrisauparṇa [91], Pañcāgni [92], Triṇāciketa [93], Ṣaḍaṅgavidhāna [94], Prāgjyotiṣa [95],
    	Jyeṣṭhasāmaga [96], Sāmikavratadhara[97], Atharvaśiraḥ[98], Pañcamahākalpa [99], Phenapācārya [100], 
     	Vālakhilya [101], Vaikhānasa [102], Abhagnayoga [103], Abhagnaparisaṁkhyāna [104], Yugāde [105],
     	Yugamadhya [106], Yuganidhana [107], Ākhaṇḍala [108], Prācīnagarbha [109], Kauśika [110],
     	Puruṣṭuta [111], Puruhūta [112], Viśvarūpa [113], Anantagati [114], Anantabhoga [115], Ananta [116=6],
     	Anāde [117], Amadhya [118], Avyaktamadhya [119], Avyaktanidhana [120],  
     	Vratāvāsa[121], Samudrādhivāsa[122], Yaśovāsa[123], Tapovāsa[124], Lakṣmyāvāsa[125], Vidyāvāsa[126],
    	Kīrtyāvāsa [127], Śrīvāsa [128], Sarvāvāsa [129], Vāsudeva [130],
     	Sarvacchandaka[131], Harihaya[132], Harimedha[133], Mahāyajñabhāgahara[134], Varaprada[135=157], 
        Yamaniyamamahāniyamakr̥cchrātikr̥cchramahākr̥cchrasarvakr̥cchraniyamadhara [136],
     	Nivr̥ttadharmapravacanagati [137], Pravr̥ttavedakriya [138], Aja [139], Sarvagati [140],
     	Sarvadarśin [141], Agrāhya [142], Acala [143], Mahāvibhūti [144], Māhātmyaśarīra [145], Pavitra [146],
     	Mahāpavitra [147], Hiraṇmaya [148], Br̥hat [149], Apratarkya [150],
     	Avijñeya [151], Brahmāgrya [152], Prajāsargakara [153], Prajānidhanakara [154], Mahāmāyādhara [155],
     	Citraśikhaṇḍin[156], Varaprada[157=135], Puroḍāśabhāgahara[158], Gatādhvan[159], Chinnatr̥ṣṇa [160],
     	Chinnasaṁśaya[161], Sarvatonivr̥tta [162], Brāhmaṇarūpa [163], Brāhmaṇapriya [164], Viśvamūrti [165],
     	Mahāmūrti [166], Bāndhava [167], Bhaktavatsala [168], Brahmaṇyadeva [169],  tuo devoto desidero
     	vederti (Didr̥kṣu) [170], omaggio all'Ekāntadarśana [171].'”
     


                              CCCXXVI


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ così inneggiato il Beato con nomi veritieri e segreti,
     	il dio che ha ogni forma si mostrava al muni Nārada,

   2 	una era pura come la luna, e una differente dalla luna,
     	una del colore del fuoco, e una a forma di altare aveva il potente,

   3 	una del colore delle penne di pappagallo, e una simile a cristallo,
     	dell'apparenza di nero antimonio, e a volte splendido come oro fino,

   4 	a volte era del colore del nativo corallo e altre volte splendeva di bianco,
     	splendido come oro, e a volte simile a pietra preziosa,

   5 	simile a nero cimofane, e a volte simile a zaffiro,
     	del colore del collo del pavone, e a volte come collana di perle,

   6 	tutti questi colori di vario tipo portava l'Eterno nel suo aspetto,
     	mille occhi aveva lo splendido dio, cento teste e mille piedi,

   7 	mille ventri e braccia, e in certe parti era invisibile,
     	emettendo la sillaba Oṃ dalla bocca, e il verso sāvitrī ne seguiva,

   8 	e dalle rimanenti bocche la ricchezza relativa ai quattro veda,
     	detta āraṇyaka, cantava il dio Hari, il signore Nārāyaṇa, 

   9 	la vedī, la ciotola, le erbe sacre a forma di gemme e pietre preziose,
     	la nera pelle, un bastone di legno, e del fuoco acceso,
     	teneva nelle mani il signore degli dèi, e signore del sacrificio,

  10 	a lui inchinandosi, con anima tranquilla, Nārada supremo ri-nato,
     	fattosi in silenzio e puro, celebrava il supremo signore,
     	e a lui inchinatosi colla testa, diceva il primo e imperituro degli dèi:

  11 	' i grandi ṛṣi Ekata, Dvita, e Trita, 
     	sono giunti a questo luogo per brama di vedermi,

  12 	ma essi non mi videro, e nessuno mi vedrà, 
     	eccetto il migliore dei devoti a me solo, e tu lo sei ritenuto,

  13 	questi sono i miei corpi, i migliori nati nella dimora di Dharma o ri-nato,
     	tu dunque onorali sempre, e ottienili come sono giunti,

  14 	scegli una grazia o savio, quella che vuoi da me,
     	il lieto sono di te ora, e questa è il mio aspetto universale e imperituro.'

  15 	Nārada disse:
     	' oggi il mio tapas nel controllo e nelle restrizioni,
     	ha immediatamente avuto il suo frutto, che io ho potuto vedere il Beato,

  16 	questo è il mio dono più perfetto, che io ti veda in eterno,
     	tu sei il Beato, che tutto vede, il leone, il potentissimo di ogni aspetto.'” 

  17 	Bhīṣma disse:
     	“ così essendosi mostrato a Nārada figlio di Parameṣṭhin,
     	di nuovo gli diceva queste parole: ' vai o Nārada, senza indugio,

  18 	questi miei devoti privi dei sensi e del dover nutrirsi, e splendidi come lune,
     	con una sola mente pensano a me, per loro non vi sarà mai agitazione,

  19 	perfetti e di grande gloria un tempo erano devoti solo a me,
     	e liberi da tamas e rajas entreranno in me senza alcun dubbio.

  20 	egli è non visibile cogli occhi, non toccabile col tatto,
     	non si può sentire coll'olfatto, ed è privo di ogni gusto,

  21 	sattva, rajas, e tamas, questi guṇa non lo toccano,
     	lui che è il testimone che va ovunque, è chiamato l'anima del mondo,

  22 	nella distruzione dei corpi di tutti gli esseri, non va distrutto,
     	non nato, eterno, perenne, privo di qualità, e indivisibile,

  23 	al di là delle ventiquattro tattva, e lui che è chiamato il venticinque,
     	e chiamato il Puruṣa, l'immoto, si può vedere solo colla conoscenza,

  24 	entrando in lui ottengono quaggiù la liberazione o ottimo ri-nato,
     	egli è conosciuto come Vāsudeva, l'eterno, l'anima suprema,

  25 	guarda la grandezza e la potenza del dio o Nārada,
     	che non è toccato mai dalle azioni buone e cattive,

  26 	sattva, rajas e tamas sone chiamati i tre guṇa,
     	essi si trovano ed agiscono in tutti i corpi,

  27 	di questi guṇa lo kṣetrajña gode, e non è toccato da essi,
     	privo dei guṇa, gode dei guṇa, lui è il creatore dei guṇa e il suo signore,

  28 	la terra fondamento del mondo o divino ṛṣi, si dissolve nelle acque,
     	le acque si dissolvono nella luce, e la luce si dissolve nel vento,

  29 	e il vento va a dissolversi nello spazio, e lo spazio nella mente,
     	la mente è il supremo elemento e si dissolve nell'immanifesto,

  30 	e l'immanifesto si dissolve nel puruṣa immoto o brahmano, 
     	non vi è nulla superiore al puruṣa eterno,

  31 	non vi è nessun essere mobile o immobile al mondo che sia eterno,
     	eccetto il solo Puruṣa il perenne Vāsudeva,
     	il fortissimo Vāsudeva è l'anima di tutti gli esseri,

  32 	terra, vento, spazio, acqua e luce per quinta,
     	tutte queste riunite sono conosciute come il corpo del grand'anima,

  33 	e lui che entra o brahmano, invisibile e di sottile passo,
     	quel potente e così nato fa muovere il corpo,

  34 	senza la combinazione degli elementi non vi è il corpo,
     	né senza l'anima o brahmano, questi elementi sono mossi,

  35 	quel potente è conosciuto come il jīva, Śeṣa, e Saṃkarṣaṇa, 
     	che perciò ottiene colle proprie azioni lo stato di Sanatkumāra,

  36 	in lui tutti gli esseri vanno alla ditruzione nella dissoluzione finale,
     	egli è la mente di tutti gli esseri ed è chiamato Pradyumna,

  37 	da lui nasce chi è il creatore, causa ed effetto,
     	da cui sorge l'intero universo, coi suoi mobili e immobili,
     	egli è Aniruddha, egli è Īśāna, manifestazione in ogni azione,

  38 	il Beato che è Vāsudeva, lo kṣetrajña per natura privo di qualità,
     	deve essere conosciuto come il Beato jīva, il potente Saṃkarṣaṇa,

  39 	da Saṃkarṣaṇa sorge Pradyumna, che è detto il fatto di mente,
     	da Pradyumna viene Aniruddha, egli è l'ahaṃkāra, il grande signore,

  40 	da me sorge l'intero universo coi suoi mobili e immobili,
     	l'imperituro e il perituro, l'essere e il non essere o Nārada,

  41 	entrando in me i miei devoti diventano liberi,
     	io sono conosciuto come il puruṣa, l'immoto venticinque,

  42 	privo di qualità, indivisibile, lontano dagli opposti, privo di proprietà,
     	questo tu non lo puoi conoscere, che appare con una forma
     	ma volendo in un istante io posso sparire, io sono il Signore e il guru dell'universo,

  43 	la māyā da me prodotta è quella che tu vedi in me o Nārada,
     	mentre sono dotato di ogni elemento, così tu non puoi conoscermi,
     	io ti ho illustrato rettamente il mio quadruplice aspetto,

  44 	perfetti questi uomini e di grande gloria, che furono miei soli devoti,  
     	liberi da tamas e rajas, essi entreranno in me o muni,

  45 	io sono il creatore, e pure la causa e l'effetto o Nārada,
     	io sono conosciuto come la vita, e in me è riposta la vita,
     	non aver la convinzione qui di aver visto il jīva,

  46 	io sono ommipresente o brahmano, l'anima interiore di tutti gli esseri,
     	quando i corpi degli esseri sono distrutti io non sono distrutto,

  47 	Hiraṇyagarbha, l'origine del mondo, che ha quattro volti, il misterioso,
     	Brahmā, l'eterno dio deve pensare ai molti miei scopi,

  48 	guarda gli undici rudra sono saldi alla mia destra,
     	e i dodici āditya sono schierati alla mia sinistra,

  49 	guarda davanti a me gli otto vasu supremi celesti,
     	e guarda dietro Nāsatya e Dasra, i due dèi della cura,

  50 	guarda tutti i prajāpati, guarda pure i sette ṛṣi,
     	i veda, i sacrifici a centinaia, guarda l'amṛta e le medicine,

  51 	i tapas, le rinunce, e pure gli autocontrolli di ciascun tipo,
     	e guarda la sovranità colle sue otto qualità riunite nella mia forma, 

  52 	Śrī, Lakṣmī, la Fama, la Terra colle sue cime,
     	guarda la dea Sarasvatī, la madre dei veda che sta in me,

  53 	guarda in cielo Dhruva la migliore delle stelle o Nārada,
     	le nuvole, e i mari e i fiumi e i laghi,

  54 	e guarda le quattro schiere dei padri nel loro aspetto o virtuoso,
     	e guarda in me questi tre guṇa privi di forma,

  55 	pure i riti per gli avi o muni, sono superiori a quelli per gli dèi,
     	e io solo sono prima di tutto il padre di dèi e avi,

  56 	io divenuto Hayaśiras nel mare nord occidentale
     	consumo il burro sacrificato, e l'oblazione offerta con fede,

  57 	io un tempo ho creato Brahmā, che in persona celebra il sacrificio per me,
     	quindi contento a lui io ho offerto supremi doni:

  58 	' all'inizio del kalpa, come mio figlio e signore del mondo,
     	come creatore dell'ahaṃkāra, e conosciuto con vari nomi sarai,

  59 	tu stabilirai i limiti che nessuno deve superare,
     	tu sarai il dio delle grazie o Brahmā, per chi desidera grazie,

  60 	tra le schiere di dèi e celesti e di ṛṣi, o ricco in tapas,
     	e degli avi o gloriosissimo, e sempre saldo nei voti,
     	dagli esseri di vario genere tu sarai venerato,

  61 	io apparirò sempre intento agli affari degli dèi,
     	e sarò comandato da te o Brahmā come è comandato un figlio.'

  62 	questi ed altri splendidi doni a Brahmā dall'incomparabile splendore,
     	io avendo donato, lieto io mi dedicavo alla nivṛtti,

  63 	la nivṛtti è conosciuta come la suprema beatitidudine di tutti i dharma,
     	perciò ottenuta la nivṛtti, si agisce nella completa felicità,

  64 	mi chiamano l'eterno dotato della potenza della sapienza, che sta nel sole,
     	Kapila mi chiamano i maestri esperti e intenti al sāṃkhya,

  65 	come il Beato Hiraṇyagarbha sono cantato negli inni sacri,
     	io sono la meta dello yoga o brahmano, menzionata nei trattati yogici,

  66 	divenuto manifesto io sto eternamente in cielo,
     	quindi alla fine di mille yuga io riassorbirò di nuovo l'universo,
     	ponendo in me gli esseri mobili e immobili,

  67 	da solo assieme alla sapienza io lo rispanderò o virtuoso ri-nato,
     	quindi io creerò di nuovo l'intero universo colla mia sapienza,

  68 	quella che è la nostra quarta forma crea l'imperituro Śeṣa,
     	egli è detto Saṃkarṣaṇa e ha generato anche Pradyumna,

  69 	da Pradyumna io nasco come Aniruddha, questa è la mia perenne creazione,
     	e da Aniruddha là dal loto sorge per primo Brahmā,

  70 	e da Brahmā tutti gli esseri mobili e immobili,
     	questa sappi è la creazione che avviene continuamente all'inizio dei kalpa,

  71 	come dal cielo il sorgere e il tramontare del sole 
     	sempre avvengono, e con forza il tempo di infinito splendolo li conduce,
     	così con forza io conduco la terra per il bene di tutti gli esseri,

  72 	con energia mentre attorniata dai mari è perduta e tremante in tutte le parti, 
     	io la ricondurrò alla sua sede assumendo l'aspetto di cinghiale,

  73 	io ucciderò il daitya Hiraṇyākṣa, di grande forza,
     	assumendo il corpo di uomo-leone, e anche Hiraṇyakaśipu,
     	figlio di Diti distruttore dei sacrifici, io ucciderò per conto degli dèi, 

  74 	un fortissimo grande asura Bali figlio di Virocana,
     	nascerà, e lui scalzerà Śakra dal suo trono,

  75 	avendo egli preso il trimundio e scalzato il marito di Śacī,
     	io nascerò come dodicesimo figlio di Kaśyapa nel grembo di Aditī,

  76 	quindi io renderò il regno a Śakra dall'infinito splendore,
     	e restituirò alle divinità le loro sedi o Nārada,
     	e farò risiedere Bali nei profondi inferi,

  77 	nel tretāyuga io diverrò Rāma discendente della stirpe di Bhṛgu,
     	e distruggerò la stirpe kṣatriya potente per grande forza,

  78 	e alla fine del tretāyuga giunto il dvāpara, 
     	divenuto Rāma figlio di Daśaratha, diverrò signore del mondo,

  79 	per l'offesa di Trita, Ekata e Dvita presero 
     	il malo aspetto di scimmia, questi due ṛṣi figli di Prajāpati,

  80 	e quelli nati in seguito dai due, diverranno animali della foresta,
     	essi diverranno miei alleati negli affari divini o ri-nato,

  81 	quindi il terribile signore dei rakṣas, nato nella stirpe di Pulastya,
     	Rāvaṇa quella spina del mondo io ucciderò in battaglia colle sue schiere,

  82 	al terminare del dvāpara e all'inizio del kaliyuga, 
     	io apparirò nella citta di mathurā per uccidere Kaṃsa,

  83 	e là uccisi moltissimi dānava, spine nel fianco degli dèi,
     	io porrò residenza nella città di dvārakā detta kuśasthalī,

  84 	e risiedendo là in quella città, Naraka che dispiaceva ad Aditī,
     	quel figlio della terra ucciderò, e Mura e il dānava Pīṭha,

  85 	e la bella città di prāgjyotiṣa, piena di varie ricchezze,
     	io condurrò a kuśasthalī dopo aver ucciso i migliori dānava,

  86 	e Śaṃkara e Mahāsena, che voleva compiacere Bāṇa,
     	soggiogherò, questi due attivi a venerare il signore del mondo,

  87 	quindi vinto Bāṇa il figlio di Bali, dalle mille braccia,
     	distruggerò quindi tutti gli abitanti di saubha,

  88 	e colui che è chiamato Kālayavana, dotato dell'energia di Gārgya,
     	sarà da me ucciso o migliore dei ri-nati,

  89 	e il forte Jarāsaṃdha, nemico di tutti i re,
     	questo prospero asura sarà sovrano a girivraja,
     	dal mio seguito per mio consiglio troverà la morte,

  90 	e riunitisi sulla terra tutti i potenti re,
     	il figlio del Vāsava diverrà il mio solo alleato,

  91 	così i mondi parleranno dei due ṛṣi Nara e Nārāyaṇa,
     	questi due signori impegnati bruceranno gli kṣatriya per beneficare il mondo,

  92 	alleggerito dunque il peso della terra come desiderava,
     	agli abitanti di dvāraka con tutti i principali sātvata o virtuoso,
     	porterò una terribile distruzione, l'annichilazione dei miei parenti, 

  93 	con i miei quattro aspetti io, impareggiabili imprese 
     	avendo compiuto me ne andrò ai miei mondi onorati dai brahmani,

  94 	come oca selvatica, e come testa di cavallo io sorgerò o migliore dei ri-nati,
     	quando l'insegnamento dei veda sarà perduto allora lo restaurerò,
     	i veda coi loro insegnamenti furono creati un tempo nel kṛtayuga,

  95 	seppur essi furono superati in qualche modo dagli insegnamenti nei purāṇa,
     	molte delle mie supreme apparenze sono superiori,
     	e compiuto il bene dei mondi, di nuovo sono tornato alla mia natura,

  96 	nessun brahmano ha ottenuto una tale visione di me,
     	come quella che tu oggi hai avuto, coll'animo verso un solo dio,

  97 	tutto questo ti ho illustrato o brahmano, a te che sei pieno di devozione,
     	dell'antico e del futuro coi suoi misteri o virtuoso.'

  98 	così il Beato dio, l'imperituro dall'aspetto universale,
     	avendo pronunciato queste parole da là scompariva,

  99 	e pure Nārada dal grande splendore, avuto il beneficio desiderato, 
     	procedeva verso l'āśrama badarī, a vedere Nara e Nārāyaṇa,

 100 	questa è la grande upaniṣad dotata dei quattro veda,
     	la creazione dello yoga sāṃkhya comunicata da lui come pañcarātra,

 101 	cantata dalla bocca di Nārāyaṇa, e di nuovo la divulgava Nārada,
     	nella dimora di Brahmā o caro, come vista e udita.”

 102 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ è un vero portento la grandezza del dio saggio,
     	perchè Brahmā non la conosceva finché non la udì da Nārada?

 103 	il beato Grande-avo a questo dio è contiguo,
     	come può non conoscere la potenza del dio dall'incomparabile splendore?” 

 104 	Bhīṣma disse:
     	“centinaia di grandi kalpa e migliaia di grandi kalpa, 
     	sono trascorsi o re dei re, e creazioni e distruzioni,

 105 	all'inizio della creazione è ricordato il Signore Brahmā creatore delle creature,
     	egli sa che il supremo dio è superiore a lui o sovrano,
     	che egli è il Signore, anima suprema, e che è la sua origine,

 106 	e alle altre schiere dei siddha che sono riunite nella dimora di Brahmā,
     	a questi egli rivelava l'antica storia commisurata ai veda,

 107 	alla presenza di queste anime compiute, avendo udito Sūrya,
     	ai suoi seguaci rivelava questo brahman o bhārata,

 108 	a sessantaseimila ṛṣi dall'anima compiuta,
     	che si erano fatti seguaci del sole che scalda i mondi,
     	e Sūrya raccontava a tutti questi che erano di anima compiuta,

 109 	e da questi ṛṣi grandi anime che erano seguaci di Sūrya o caro,
     	gli dèi riuniti sul monte meru, udirono questa suprema storia,

 110 	e alla presenza degli dèi avendo udito il ri-nato Asita,
     	quel supremo muni lo rivelava o re dei re, ai padri,

 111 	e mio padre Śaṃtanu o caro me la illustrava,
     	quindi avendola udita l'ho raccontata a te o bhārata,

 112 	e i celesti oppure i muni, tutti quelli che hanno udito
     	l'antica storia, perennemente venerano l'anima suprema,

 113 	questa storia venerabile passata da uno all'altro o sovrano,
     	non devi offrirla in nessun modo a nessuno che non sia devoto a Vāsudeva,

 114 	delle molte altre centinaia di storie o re, che da me
     	hai udite tutte nel dharma, questa è considerata l'essenza,

 115 	come da dèi e asura o re, zangolando fu prodotta l'amṛta,
     	così un tempo dai savi qui fu prodotto l'amṛta dei racconti,

 116 	l'uomo che questa ascolti e che questa sempre ripeta,
     	divenuto devoto al solo dio, concentrato in luogo solitario,

 117 	quest'uomo raggiunta la grande isola bianca, e divenuto splendido come luna,
     	entrerà nel dio dai mille raggi, non vi è qui dubbio alcuno,

 118 	e così l'afflito si libera dalla malattia, udendo questa storia dall'inizio,
     	chi vuol conoscere ottiene i suoi desideri, e il devoto raggiunge la meta dei devoti,

 119 	tu sempre o re, devi venerare il supremo Puruṣa,
     	egli è madre e padre e il guru dell'intero universo,

 120 	tu devi sempre compiacere il Beato Brahmaṇyadeva, 
     	il grandi-braccia Janārdana, o grandi-braccia Yudhiṣṭhira.”

 121 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	il dharmarāja avendo udita questa suprema storia o Janamejaya,
     	e tutti i suoi fratelli divennero devoti di Nārāyaṇa,

 122 	' questa è la vittoria del Beato Puruṣa.' così o bhārata
     	sempre fattisisi recitanti, pronunciavano queste parole,

 123 	il supremo muni Kṛṣṇa il dvaipāyana che è il nostro guru,
     	pronunciava questa suprema recitazione, menzionando Nārāyaṇa,

 124 	e raggiunto nell'aria l'eterno mare di latte sede dell'amṛta,
     	e avendo venerato il Signore degli dèi di nuovo tornava al suo āśrama.
     


                              CCCXXVII


   1 	Janamejaya disse:
     	“ perché il Beato e potente dio che è il primo a prendere nei sacrifici,
     	ed è sempre il sostegno del sacrificio, è sapiente dei veda e dei vedāṅga,

   2 	ed è impegnato nel dharma della rinuncia, il caro e pacifico Bhāgavata, 
     	il Beato Signore ha stabilito le regole della rinuncia al mondo?

   3 	in che modo le divinità sono degne delle loro parti nelle regole dei riti?
     	perché dunque le regole della rinuncia sono fatte per chi ha opinione contraria?

   4 	taglia questo nostro dubbio o savio, misterioso ed eterno,
     	da te ho udito la storia di Nārāyaṇa, compresa di dharma,

   5 	questi mondi con Brahmā, gli dèi, gli asura e gli uomini,
     	appaiono tutti intenti ai riti che aumentano la prosperità,
     	e tu hai definito la liberazione o brahmano, il nirvāṇa suprema felicità,

   6 	quelli che sono liberati qui, abbandonando azioni buone e cattive,
     	abbiamo udito che entrano nel dio dai mille raggi,

   7 	dunque è arduo da compiersi l'eterno dharma della liberazione,
     	la qual cosa avendo trascurato tutti gli dèi godono di offerte ed oblazioni,

   8 	perche dunque Brahmā, e Rudra e Śakra il potente uccisore di Bala,
     	e Sūrya e la luna signore delle stelle, e Vāyu, Agni e Varuṇa,
     	il cielo e la terra e i rimanenti abitanti del cielo,

   9 	non conoscono il modo della propria dissoluzione?
     	essi non stanno sulla via eterna, imperitura e immutabile,

  10 	ricordando il passare del tempo, essi sono intenti all'azione,
     	grande male nel passare del tempo vi è per chi agisce,

  11 	questo dubbio vi è nel mio cuore o savio, come una spina piantata,
     	taglialo col racconto di una storia, io ne ho suprema curiosità,

  12 	in che modo sono detti fruitori delle offerte gli dèi nei riti o ri-nato?
     	per quale motivo o brahmano, gli abitanti del cielo sono celebrati nei riti?

  13 	e quelli che accettano la loro parte nei sacrifici o migliore dei ri-nati,
     	essi stessi sacrificando in grandi riti, a chi offrono l'oblazione?”

  14 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	una questione segretissima tu mi hai chiesto o signore di genti,
     	né a chi non pratica il tapas, né all'ignorante dei veda,
     	né a chi non conosce i purāṇa si puo rivelare all'istante,

  15 	dunque io ti racconterò quanto da me richiesto fu un tempo al mio guru, 
     	Kṛṣṇa il dvaipāyana, Vyāsa il grande ṛṣi ordinatore dei veda,

  16 	e Sumantu, Jaimini, e Paila dai saldissimi voti,
     	ed io per quarto discepolo e per quinto Śuka è ricordato.

  17 	a tutti noi cinque discepoli riuniti e pieni di disciplina,
     	intenti alla pura condotta, vinta l'ira, e i sensi,

  18 	insegnava i veda e il mahābhārata come quinto,
     	sul piacevole e supremo monte meru, frequentato da siddha e cāraṇa,

  19 	praticando i veda una volta ci sorse un dubbio,
     	quello che tu hai chiesto, e da lui fu a noi illustrato,
     	quindi quanto io ho udito ora a te lo dirò o bhārata,

  20 	udite le parole dei discepoli, quell'omnisciente che disperde le tenebre,
     	lo splendido Vyāsa figlio di Parāśara, disse queste parole:

  21 	" io ho compiuto un grandissimo tapas, supremo e  terribile,
     	e ora conosco passato, presente e futuro o virtuosi,

  22 	e mentre io praticavo questo tapas con i sensi domati,
     	per grazia di Nārāyaṇa sulla riva dell'oceano di latte,

  23 	questa conoscenza dei tre tempi, mi appariva come la desideravo,
     	ascoltatela dunque come conosciuta, io svelerò il supremo dubbio,
     	come fu veduto con l'occhio della conoscenza quanto avvenne all'inizio del kalpa,

  24 	il Signore che le genti sapienti di sāṃkhya e yoga chiamano l'anima suprema,
     	è conosciuto come il grande Puruṣa, per le sue azioni,

  25 	i sapienti sanno che da lui è generato l'immanifesto primegino,
     	dall'immanifesto il manifesto è prodotto per la creazione del mondo dal Signore,

  26 	è chiamato nei mondi Aniruddha la grande anima,
     	esso che è diventato manifesto creò il Grande-avo, 
     	esso è chiamato anche l'ahaṃkāra, ed è dotato di ogni splendore,

  27 	la terra, il vento, lo spazio, l'acqua e la luce per quinta,
     	sono i grossi elementi prodotti dall'ahaṃkāra o bhārata,

  28 	e prodotti i grossi elementi, creò le loro qualità sempre ,
     	e prodotti dagli elementi sono gli otto che hanno forma, ascoltali,

  29 	Marīci, Aṅgiras, Atri, Pulastya, Pulaha, Kratu,
     	Vasiṣṭha grand'anima, e Manu figlio del Nato-da-sé,
     	questi otto si devono conoscere come le prakṛiti sui cui sono fondati i mondi,

  30 	quindi i veda uniti ai vedāṅga, i sacrifici colle loro parti,
     	per la perfezione del mondo creava allora Brahmā Grande-avo del mondo,
     	e dalle otto prakṛti è nato l'intero universo,

  31 	Rudra è nato dalla sua ira, e altri dieci ne creava di persona,
     	questi undici rudra sono conosciuti come vikāra puruṣa,

  32 	i rudra, la prakṛti e tutti i celesti e i ṛṣi,
     	sono prodotti per la perfezione del mondo, e sono uniti a Brahmā:

  33 	'noi fummo creati da te o Beato che sei il potente Viṣṇu,
     	stabilisci per ciascuno il proprio compito o progenitore,

  34 	quanto da te è comandato a sovrintendere adatto allo scopo, 
     	e come il sovrintendente deve custodire per la tua autorità?

  35 	disponi la potenza di chi deve pensare a sovrintendere.'
     	così apostrofato il Grande dio, questo diceva agli dèi:

  36 	' bene io sono da voi informato o dèi, fortuna sia con voi,
     	questa idea che da voi è pensata era sorta pure a me, 

  37 	di come compiere quanto di debba fare per l'intero aspetto mondano,
     	e di come non vi sia fine alla potenza vostra e mia,

  38 	quindi tutti noi andiamo a cercar rifugio dal testimone del mondo,
     	dal grande Puruṣa immanifesto, egli ci dirà il nostro bene.'

  39 	quindi i ṛṣi e gli dèi assieme a Brahmā 
     	si recarono per il bene del mondo alla riva settentrionale del mare di latte,

  40 	essi si impegnarono nel tapas rivelato da Brahmā e stabilito dai veda,
     	questa disciplina del tapas molto tremenda ha nome mahāniyama,

  41 	con vista e braccia levate, e con la mente fissa in un punto,
     	essi stavano su un piede solo, rettamente concentrati, fermi come legni,

  42 	e avendo praticato questo supremo tapas per mille anni divini,
     	udirono questo dolce discorso adornato da veda e vedāṅga:

  43 	'oh, oh, o dèi assieme a Brahmā, o ṛṣi ricchi in tapas,
     	col benvenuto onorandovi tutti, vi dirò queste supreme parole,

  44 	sappiate che io per compiere il grande bene del mondo,
     	ho aumentanto la vostra energia per farvi intenti all'agire,

  45 	ben compiuto è il vostro tapas o dèi, per aver il mio favore,
     	godete dunque o splendidissimi, del supremo frutto del tapas,

  46 	Brahmā, il guru del mondo, il Grande-avo di tutti i mondi,
     	e voi o supremi celesti, concentrati sacrificate a me,

  47 	tutti voi sempre offritemi le offerte nei sacrifici,
     	quindi io stabilirò al meglio di come sarete a capo o potenti.'

  48 	udito questo discorso del dio degli dèi, con tutti i peli ritti sui loro corpi,
     	allora tutti i celesti e Brahmā e anche i grandi ṛṣi,

  49 	secondo le regole viste nei veda condussero il sacrificio per Viṣṇu,
     	e in quel rito allora Brahmā in persona offriva l'oblazione,
     	e gli dèi e tutti i ṛṣi divini offrirono le oblazioni,

  50 	le oblazioni supremamente preparate secondo il dharma del kṛtayuga,
     	raggiunsero il Puruṣa del colore del sole che è aldilà della tenebra,
     	il dio potentissimo, omnipresente, il Signore, il potente benefattore,

  51 	quindi il benefico dio, a tutti gli immortali che erano là,
     	diceva queste parole stando in cielo senza corpo il grande Signore:

  52 	'per la parte che mi è stata offerta e che mi è giunta,
     	io contento, dispongo ora il frutto marchiato dalla ripetizione,

  53 	questo segno a voi o dèi è sorto per mia grazia,
     	voi sarete celebrati con sacrifici dotati di perfette dakṣiṇa,
     	di yuga in yuga voi diverrete fruitori dei frutti dell'agire,

  54 	e gli uomini che celebreranno questi sacrifici in tutti i mondi o celesti,
     	offriranno a voi le oblazioni stabilite dai veda,

  55 	e l'offerta che mi è stata offerta in questo grande sacrificio,
     	di tal quale offerta sarete meritevoli nei sacrifici, così ho stabilito nel vedasūtra,

  56 	voi accresciuti dalle offerte dei sacrifici, supporterete i mondi, 
     	pensando ad ogni scopo al mondo, secondo quanto stabilito dai vostri compiti,

  57 	e i riti che saranno praticati otterrano il frutto dell'agire,
     	e con questi accresciute le forze reggete dunque i mondi,

  58 	voi, al mondo accresciuti in tutti i sacrifici fatti dagli uomini,
     	allora fate crescere me, questa sia la vostra devozione per me,

  59 	per questo motivo furono creati i veda, i sacrifici, e le erbe,
     	per questi rettamente compiuti sulla terra, gli dèi si rallegreranno,

  60 	la vostra creazione dotata della qualità dell'agire,
     	io ho compiuto o supremi celesti, fino alla fine del kalpa,
     	pensate duque al bene del mondo o Potenti secondo il vostro campo,

  61 	Marīci, Aṅgiras, Atri, Pulastya, Pulaha e Kratu, 
     	e Vasiṣṭha, questi sette sono creati dalla mia mente,

  62 	essi sono i principali sapienti dei veda, creati per la pratica dei veda,
     	creati per procreare le creature sono saldi nel dharma dell'agire,

  63 	questo è l'eterno sentiero mostrato ai sacrificatori, 
     	il potente creatore del mondo è chiamato Aniruddha,

  64 	Sana, Sanatsujāta, Sanaka, Sanandana,
     	Sanatkumāra, Kapila e Sanātana per settimo,

  65 	questi sette ṛṣi sono detti i figli della mente di Brahmā,
     	sapienti per propria natura, intenti nel dharma della rinuncia,

  66 	essi sono i principali sapienti dello yoga, e della dottrina sāṃkhya,
     	maestri dei trattati sulla liberazione, che praticano la dottrina della liberazione,

  67 	da qui io fui creato, e un tempo dall'immanifesto lo furono i tre guṇa,
     	e quello che è lo kṣetrajña è stabilito ad esso superiore,
     	questo io sono, la via di chi agisce è ardua da ripetere,

  68 	nel modo in cui è creato il vivente per le sue propria azioni,
     	dell'agire o della rinuncia, volente o nolente ottiene il frutto,

  69 	Brahmā il guru del mondo, il potente che è l'origine del mondo,
     	è madre e padre, e Grande-avo di tutti voi,
     	da me comandato sarà il benefattore di tutti gli esseri,

  70 	e Rudra nato dopo di lui, che è sorto dalla sua fronte,
     	per comando di Brahmā sarà il benefattore di tutti gli esseri mobili,

  71 	andate dunque alle vostre giurisdizioni, e pensatevi secondo le regole,
     	siano approntate senza indugio tutte le azioni per tutti i mondi,

  72 	e mostrate quali siano le azioni e le mete dei viventi,
     	e le giuste misure di tempo delle vite o supremi dèi,

  73 	il miglior tempo certamente sarà il kṛtayuga,
     	in questo yuga non si devono in alcun modo uccidere le bestie nei sacrifici,
     	e interamente nelle sue quattro parti vi sarà il dharma o dèi,

  74 	quindi in quello di nome tretāyuga, solo tre là ve ne saranno,
     	laddove le vittime consacrate troveranno la morte nel sacrificio,
     	e dove una quarta parte del dharma più non vi sarà,

  75 	quindi quello di nome dvāpara vi sarà, un periodo misto,
     	in questo yuga il dharma sarà privo di due parti,

  76 	quindi giungerà il quarto yuga chiamato kali,
     	laddove solo un quarto del dharma vi sarà.'

  77 	gli dèi dissero:
     	' essendovi una sola quarta parte del dharma in ogni luogo,
     	come dobbiamo noi agire? questo rivelaci o Beato.'

  78 	il Beato Signore diceva:
     	' laddove i veda, i sacrifici, il tapas, la disciplina e la verità,
     	esisteranno uniti al dharma della non violenza o supremi dèi,
     	questo luogo dovete abitare che l'adharma non tocchi i vostri piedi.' "

  79 	Vyāsa disse:
     	" istruiti dal Beato dio, gli dèi e le schiere dei ṛṣi 
     	inchinandosi al Beato dio, si recarono ai luoghi desiderati,

  80 	e partiti gli abitanti del cielo, rimaneva il solo Brahmā,
     	desideroso di vedere il Beato stante in forma di Aniruddha,

  81 	e il dio si mostrava a lui fattosi il grande Hayaśiras,
     	recitando i veda coi vedāṅga portando la ciotola e il rosario,

  82 	allora veduto il dio dall'incomparabile splendore con la testa di cavallo,
     	il potente creatore del mondo, Brahmā, per beneficare i mondi,

  83 	con la testa si inchinava al dio benefico standogli davanti a mani giunte,
     	e abbracciato dal dio ascoltava allora queste parole:

  84 	' pensa tu a tutti i cammini da fare al mondo secondo le regole,
     	tu sei il creatore di tutti gli esseri, tu sei il potente guru dell'universo,
     	in te ponendo questo compito, io gioia ne otterrò immediatamente, 

  85 	e quando diverrà impraticabile l'agire degli dèi,
     	io verrò ad apparire come guida alla tua conoscenza.'

  86 	così avendo parlato l'Hayaśiras, da là scompariva,
     	e da lui istruito pure Brahmā, senza indugio raggiungeva il suo mondo,

  87 	così il Gloriosissimo, l'eterno che ha il loto nell'ombelico,
     	è detto il primo fruitore nei sacrifici, e il perenne sostenitore del sacrificio,

  88 	saldo nella rinuncia, nel dharma che è meta di quelli che sono nell'imperituro dharma,
     	stabiliva il dharma dell'agire rendendolo vario al mondo,

  89 	egli è l'inizio, la fine e la mediana delle creature, il creatore, e il creato, l'agente e l'azione, 
     	a fine yuga dorme, avendo assorbito i mondi, ad inizio yuga da sveglio ricrea l'universo,

  90 	a quel dio inchinatevi, a lui privo di guṇa, a lui pieno di qualità,
     	al non nato, dalla forma universale, al signore di tutti i celesti,

  91 	al signore dei grossi elementi, al signore dei rudra,
     	al signore degli āditya, e al signore dei vasu,

  92 	al signore degli aśvin, e al signore dei marut,
     	al signore dei sacrifici vedici, al signore di veda e vedāṅga,

  93 	ad Hari che sempre risiede sul mare, coi capelli di muñja,
     	a lui pace di tutti gli esseri, a lui che parla della dottrina della liberazione,

  94 	e al glorioso signore degli splendidi tapas, 
     	al signore eterno delle parole, e al signore dei fiumi,

  95 	al dio dalla crocchia, al dio cinghiale, al saggio dall'unico corno,
     	a Vivasvat, alla testa equina, a chi sempre porta quattro aspetti,

  96 	al mistero, a chi appare sapiente, all'indistruttibile e al distruttibile,
     	il dio procede immutabile muovendosi in ogni dove,

  97 	così questo fu un tempo da me visto coll'occhio della conoscenza,
     	e a tutti voi lo raccontato in verità essendone richiesto,

  98 	e compiute le mie parole o discepoli, venerate il Signore Hari,
     	cantatelo cogli inni vedici, e onoratelo secondo le regole."

  99 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	così apostrofati fummo noi dal saggio ordinatore dei veda,
     	tutti i discepoli e suo figlio Śuka, sapiente del supremo dharma,

 100 	e il nostro maestro assieme a noi o signore di popoli,
     	inneggiava al dio cogli inni che sono nei quattro veda,

 101 	tutto quanto tu mi hai chiesto io ti ho raccontato,
     	così come un tempo me lo raccontava o re, il guru dvaipāyana,

 102 	l'uomo che ascolti questo e che sempre lo ripeta,
     	reso omaggio al Beato dio con mente concentrata,

 103 	diverrà splendido e privo di afflizioni, e dotato di forza e bellezza, 
     	il malato si libererà dalla malattia, l'incatenato si libererà dai vincoli,

 104 	l'innamorato otterrà l'amore, e raggiungerà una lunga vita,
     	il brahmano sarà omnisciente, e lo kṣatriya diverrà un conquistatore,
     	il vaiśya avrà ampi ottenimenti, e lo śūdra otterrà la felicità,

 105 	il senza figli avrà un figlio, e la fanciulla il marito desiderato,
     	il bimbo attaccato si libererà e la donna gravida partorirà un figlio,
     	la donna sterile otterrà figliolanza, fornita di figli e nipoti,

 106 	chi la reciti sulla via percorrerà felicemente la sua strada, 
     	e qualsiasi desiderio desideri certamente lo otterrà,

 107 	queste decisive parole del grande ṛsi, recitate dal migliore degli uomini, grand'anima,
     	sulla riunione dei ṛṣi e dei celesti, udendo, i devoti ottengono grande felicità.
     


                              CCCXXVIII


   1 	Janamejaya disse:
     	“ gli otto nomi coi cui Vyāsa coi suoi discepoli ha chiamato
     	l'uccisore di Madhu, questi vari nomi o venerabile,

   2 	di Hari Signore dei Prajāpati, devi spiegare a me che desidero ascoltare,
     	e dopo averli uditi io diverrò puro come la luna autunnale senza macchie.”

   3 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	ascolta o re, come parlava il Signore Hari a Phalguna,
     	dall'anima tranquilla, del significato nato dalle qualità delle azioni dei nomi, 

   4 	come sono noti i nomi del Keśava grand'anima,
     	che Phalguna uccisore di eroi nemici aveva chiesto o re, al Keśava.

   5 	Arjuna disse:
     	“ o Beato, o signore di passato e futuro, imperituro creatore di tutti gli esseri,
     	o gloria del mondo, protettore dell'universo, che dona sicurezza ai mondi,

   6 	quali sono i tuoi nomi o dio, che menzionano i grandi ṛṣi,
     	nei veda e nei purāṇa, e quelli segreti per le loro azioni,

   7 	il significato di questi io vorrei udire da te o Keśava,
     	nessun altro che te può dire il significato dei nomi o potente.”

   8 	il Beato Signore disse:
     	“ nel ṛgveda, nello yajurveda, e nel sāman e nell'atharvaveda,
     	nei purāṇa e nelle upaniṣad, nell'astronomia o Arjuna,

   9 	nel sāṃkhya e nei trattati yogici, e āyurvedici,
     	molti miei nomi sono conosciuti dai grandi ṛṣi,

  10 	nomi derivati dalle qualità, e altri nati dalle azioni,
     	il significato di quelli nati dalle azioni ascolta devotamente o senza-macchia, 
     	da me che te lo recito o caro, si dice che un tempo tu eri metà di me,

  11 	omaggio al gloriosissimo, alla suprema anima degli incomporati,
     	all'universale Nārāyaṇa, al privo di guṇa, pieno di qualità,

  12 	dal suo favore è nato Brahmā, e Rudra è nato dalla sua collera,
     	lui che è l'origine di tutto il mondo coi mobili e immobili,

  13 	quelle che sono le diciotto qualità del sattva o migliore degli splendidi,
     	questa è la suprema natura, che è cielo e terra, ed è supportata dal mio yoga,
     	è la vera divina legge, invincibile e immortale, da me comunicata ai mondi,

  14 	da essa procedono tutte le creazioni, trasformazioni e dissoluzioni,
     	quindi il sacrificio e il celebrante, e l'antico puruṣa sovrano,
     	che è chiamato Aniruddha origine e dissoluzione dei mondi,

  15 	giunta la fine della notte di Brahmā, per grazia del dio
     	dall'incomparabile splendore, sorgeva il loto, o occhi di loto,
     	e là sorgeva Brahmā nato dalla sua grazia,

  16 	alla fine del giorno, un figlio nasceva dalla fronte del dio,
     	che era invaso dall'ira, costui è Rudra che compie la distruzione,

  17 	questi due supremi dèi, sono detti nati dalla grazia e dalla collera,
     	e allora sono comandati sulle due vie a compiere crezione e distruzione,
     	i due sono fatti per questi scopi, e sono fonti di grazie per tutti i viventi,

  18 	ispido, colla crocchia, pelato, ha dimora nei cimiteri,
     	mantenendo fieri voti Rudra è lo yogin, il terribile Tripura,

  19 	è il distruttore del sacrificio di Dakṣa, e degli occhi di Bhaga,
     	e si deve conoscere come Nārāyaṇa per natura di yuga in yuga o pāṇḍava,

  20 	e venderando il Maheśvara, il dio degli dèi,
     	venerato diviene o pṛthāde, il potente dio Nārāyaṇa, 

  21 	io sono l'anima di tutti i mondi o rampollo di Pāṇḍu,
     	perciò me stesso io venero venerando prima Rudra,

  22 	se io non venerassi il signore, Śiva, fonte di grazie,
     	nessuno venerebbe me, così è il mio animo,
     	e questa misura fatta da me, il mondo la segue,

  23 	le autorità si devono onorare, quindi io lo onoro,
     	chi conosce lui conosce me, e chi segue lui segue me,

  24 	Rudra è Nārāyaṇa vi è un solo essere diviso in due,
     	che agisce al mondo o kuntīde, manifestamente in tutte le azioni,

  25 	da nessun altro io posso ricevere un dono o rampollo dei pāṇḍava,
     	così pensando nell'animo, all'antico Signore universale,
     	io lo propiziai per avere un figlio, invero me stesso da me,

  26 	Viṣṇu non si inchina a nessuno degli dèi,
     	eccetto sé stesso, percio io venero Rudra,

  27 	gli dèi con Brahmā, Indra e i rudra, assieme ai ṛṣi,
     	venerano il dio, il migliore dei celesti, Hari Nārāyaṇa,

  28 	di tutti gli esseri passati e futuri o bhārata,
     	il principale è Viṣṇu, e si deve venerare e onorare sempre,

  29 	inchìnati a Viṣṇu che dà l'oblazione, inchìnati a chi dà rifugio,
     	inchìnati alla fonte delle grazie o kuntīde, inchìnati al fruitore di offerte e oblazioni,

  30 	si sa che di quattro tipi sono le genti a me devote,
     	i migliori di questi sono i devoti esclusivi, che non hanno altro dio,
     	io sono la meta di costoro che praticano l'agire privi di desideri,

  31 	i tre tipi di devoti che rimangono, sono ritenuti intenti ai frutti,
     	tutti questi seguono la via dell'azione, e il risvegliato ottiene il meglio,

  32 	venerano Brahmā, o il dio dal nero collo, e gli altri dèi che sono conosciuti,
     	ma i supremi saggi venerano me e mi raggiungeranno in quanto sono il supremo,
     	le differenze riguardo la devozione o pṛthāde ti ho illustrato,

  33 	e tu e io o kuntīde siamo conosciuti come Nara e Nārāyaṇa,
     	siamo entrati in corpo umano per alleggerire il peso della terra,

  34 	io conosco gli yoga dell'adhyātman, chi io sono e da dove vengo o bhārata,
     	io sono il dharma, il segno della rinuncia, che garantisce prosperità,

  35 	io sono l'eterno chiamato il rifugio degli uomini,
     	l'acqua è chiamata nārā, l'acqua è la figlia di Nara,
     	e rifugio fu di me un tempo, da qui io sono Nārāyaṇa,

  36 	io copro l'intero universo coi miei raggi divenuto Sūrya,
     	ed essendo la dimora di tutti gli esseri sono allora Vāsudeva,

  37 	la meta io sono di tutti gli esseri e le creature o bhārata,
     	da me cielo e terra sono pervasi o pṛthāde, la mia bellezza non ha uguali,

  38 	io sono quello che alla fine le nature desiderano o bhārata,
     	e per il mio passo o pṛthāde io sono conosciuto come Viṣṇu,

  39 	cercando di ottenere la perfezione coll'autocontrollo, le genti cercano me,
     	che sono cielo, terra e spazio intermedio, perciò io sono Dāmodara,

  40 	pṛśni è chiamato il cibo, l'acqua, l'amṛta e i veda,
     	sempre qusti sono nel mio grembo, quindi io sono Pṛśnigarbha,

  41 	e così mi dissero i ṛṣi quando Trita era caduto nel pozzo:
     	' o Pṛśnigarbha salva Trita abbattuto da Ekata e Dvita.'

  42 	quindi il principale figlio di Brahmā, il supremo ṛṣi Trita,
     	per avermi chiamato Pṛśnigarbha fu sollevato dal pozzo,

  43 	i raggi che splendono quando il sole riscalda
     	i mondi, e pure il fuoco e Soma, sono conosciuti come i miei capelli,
     	perciò i supremi ri-nati che tutto sanno mi chiamano Keśava, 

  44 	Utathya grand'anima, avendo messo un figlio in grembo alla moglie,
     	ed essendo scomparso un giorno Utathya per magìa divina,
     	Bṛhaspati allora possedeva la moglie di costui o bhārata,

  45 	quindi al migliore dei ṛṣi giunto per copulare,
     	il bimbo in grembo già formato diceva o kuntīde:

  46 	' prima io ero qui o benefico, non devi tormentare la madre.'
     	udendo ciò Bṛhaspati si adirava e lo malediva:

  47 	'giacché giunto alla copula tu mi hai respinto,
     	allora senza dubbio nascerai cieco per la mia maledizione.'

  48 	per la maledizione del grande ṛṣi, una grande tenebra lo assaliva,
     	e quel ṛṣi fu allora chiamato di nome Dīrghatamas,

  49 	acquisiti i quattro eterni veda con addendi e supplementi,
     	pronunciava allora il mio nome segreto,

  50 	nell'ordine secondo le regole: ' Keśava.' ripetutamente,
     	e sorgeva in lui la vista, e ancora divenne Gautama,

  51 	il mio nome Keśava o Arjuna, è fonte di grazie
     	anche per tutti gli dèi, e i ṛṣi grandi anime,

  52 	Agni è unito a Soma, la bocca è il loro unico grembo,
     	perciò l'intero universo di mobili e immobili ha la natura di Agni e di Soma.

  53 	anche nei purāṇa vi è
     	la natura unica di Agni e Soma,
     	gli dèi hanno Agni per loro bocca,
     	per l'unione reciproca, i grandi reggono i mondi.”
     


                              CCCXXIX


   1 	Arjuna disse:
     	“ in che modo un tempo Agni e Soma si unirono in un solo grembo?
     	recidi questo dubbio che mi è nato  o uccisore di Madhu.”

   2 	Il Beato Signore disse:
     	“ dunque io ti racconterò questo purāṇa o rampollo di Pāṇḍu,
     	sorto dal mio splendore o pṛthāde, ascoltalo con animo attento:

   3A	passati quattromila momenti di dissoluzioni degli yuga,
     	e dell'immanifesto, e delle distruzioni di tutti gli esseri mobili e immobili,
     	finiti luce, terra e vento, reso cieco dalle tenebre il mondo un unico mare d'acqua,
     	sorta questa tenebra, essendo diventato privo di sensi l'unico dio,
     	non vi era più notte né giorno, essere e non essere, manifesto né immanifesto, 
     	in questo frangente, dall'imperituro, che non invecchia, dal privo di sensi, dal vero, non nato,
     	dall'inconcepibile che ha le qualità di Nārāyaṇa, dallo splendido, dal non violento dalle varie azioni,
     	dall'immutabile, senza vecchiaia né morte, senza forma, che tutto pervade, sorgeva dall'eterna tenebra,
     	che tutto compie, il Puruṣa Hari imperituro, 

   4A 	un unico segno vi era là,
     	non vi era giorno, non vi era notte,
     	non vi era essere, né vi era non essere,
     	solo la tenebra vi era in forma universale,
     	essa è la madre dell'universo questo è il suo significato, 

  5A    il puruṣa sorto dalla tenebra, e sorto dal loto Brahmā, volendo creare le creature,
    	allora il puruṣa, creava dai suoi occhi Agni e Soma,	
     	quindi iniziata la creazione, per primi nell'ordine vi stavano brahmani e kṣatriya,
     	quello che era Soma era il brahman, e il brahman erano i brahmani,
     	Agni era gli kṣatriya, e i brahmani sono più forti degli kṣatriya,
     	e il perché è così è una caratteristica manifesta al mondo,
     	nessun essere fu creato prima dei brahmani,
     	io ti dico che avendo sacrificato nel fuoco acceso,
     	la creazione fu compiuta da Brahmā, e fissati gli esseri, il trimundio fu stabilito,

   6A 	un mantra fu pure pronunciato:
     	' tu o Agni, sei l'hotṛ di tutti i sacrifici,
     	mandato dagli dèi tra la gente umana.'
     	e un proclama vi è qui:
     	' di tutti i sacrifici tu sei l'hotṛ o Agni,
     	mandato nel mondo per dèi e uomini.'
     	Agni è l'autore e l'hotṛ dei sacrifici,
     	Agni è il brahman,

   7A 	non vi è oblazione senza mantra,
     	né senza un uomo si origina il tapas,
     	l'oblazione di dèi e uomini è offerta coi mantra, tu sei l'hotṛ unito a questo.
     	sono gli uomini che hanno l'officio di hotṛ,
     	per i brahmani è stabilito il sacrificare, per i ri-nati, non è stabilito per kṣatriya e vaiśya,
     	perciò i brahmani divenuti Agni portano avanti i sacrifici,
     	i sacrifici soddisfano gli dèi, e gli dèi fanno prosperare la terra,

   8A 	nel śatapatha, vi è questo brāhmaṇa:
     	'il saggio che sacrifica l'offerta del dono nella bocca del brahmano, sacrifica nel fuoco acceso, 
     	così i sapienti brahmani divenuti Agni, fanno prosperare Agni,
     	Agni è Viṣṇu che supporta la vita entrando in tutti gli esseri.'
     	e pure qui vi sono delle strofe cantate da Sanatkumāra:

   9 	' Brahmā origine di tutto per primo creava l'universo puro,
     	e colle parole del brahman gli immortali origine del brahman stanno in cielo,

  10 	i brahmani possiedono pensiero, parola, azione, fede e tapas,
     	supportano terra e cielo, come l'amṛta dall'acqua fresca,

  11 	non vi è dharma superiore alla verità, non vi è guru pari alla madre,
     	non vi è qui o nell'aldilà prosperità superiore ai brahmani,

  12 	il bue non cresce né trasporta, la zangola non mescola nel recipiente,
     	e degradati gli uomini divengono ladri, nel regno in cui i brahmani sono privi di vitto,

  13A 	nei veda, nei purāṇa nell'autorevole tradizione, i brahmani nati dalla bocca di Nārāyaṇa, anime di tutto,
     	di tutto autori, sono la prosperità di tutti,
     	assieme alla parola i brahmani per primi sono sorti dal dio fonte di grazie, e i varṇa rimanenti sono
     	sorti dai brahmani,
     	perciò i brahmani furono distinti da dèi e asura, quando io divenuto Brahmā un tempo li generai,

  14A 	a causa dell'assalto ad Ahalyā da Gautama Indra ottenne una barba gialla,
     	e a causa di Kauśika Indra, persi i testicoli, ottenne lo scroto di un ariete,
     	ad Indra che folgore alzata impediva agli aśvin di prendere, Cyavana paralizzava il braccio,
     	distrutto il sacrificio da Rudra, Dakṣa ancora intento al tapas, faceva apparire un altro bell'occhio
     	sulla fronte di Rudra,

  15A	giunto Rudra per distruggere Tripura, Uśana tagliata la crocchia dalla testa gliela scagliava,
     	quindi apparvero dei serpenti,
     	e colpita da quei serpenti la sua gola divenne blu,
     	durante il tempo di Manu figlio del Nato-da-sé, Nārāyaṇa afferratogli la gola questa divenne blu,

  16A	al sorgere dell'amṛta giunto Bṛhaspati figlio di Aṅgiras a preparere il rito, toccando l'acqua non divenne 	pura,
     	allora Bṛhaspati si adirò con l'acqua:
       	' giacché toccata da me essendo sporca, non sei divenuta pura, allora da oggi in poi, sarai piena di
     	viventi tartarughe, pesci, coccodrilli e squali, e sarai sporca.' 
     	da allora in poi l'acqua divenne piena di mostri,

  17A 	Viśvarūpa figlio di Tvaṣṭṛ era il purohita degli dèi e nipote degli asura,
     	egli offriva l'oblazione apertamente agli dèi e di nascosto agli asura,

  18A 	allora gli asura con Hiraṇyakaśipu in testa sollecitavano la madre di Viśvarūpa:
     	' o sorella, il figlio tuo e di Tvaṣṭṛ, Viśvarūpa o Triśiras, è il purohita degli dèi e apertamente offre 
    	l'oblazione agli dèi e di nascosto a noi,
     	quindi gli dèi prosperano e noi patiamo,
     	questo tu devi proibirgli, in modo che veneri anche noi.'	

  19A 	allora la madre raggiunto Viśvarūpa nella selva nandana, gli diceva:
     	' figlio perché fai prosperare l'altrui partito e distruggi il partito materno?
     	non devi fare ciò.'
     	Viśvarūpa pensando a non trasgredire alle parole materne, andava a venerare Hiraṇyakaśipu,

  20A 	da Vasiṣṭha figlio di Hiraṇyagarbha, Hiraṇyakaśipu fu maledetto:
     	' giacchè tu hai scelto un altro hotṛ il tuo sacrificio non si compirà, e un essere non ancora nato ti ucciderà.'
     	per quella maledizione Hiraṇyakaśipu cadde ucciso,

  21A 	e Viśvarūpa per accrescere la parte materna praticava un grandissimo tapas,
     	per rompere il suo voto, Indra gli mandava molte bellissime apsaras,
     	e vedendole ne ebbe la mente agitata, e in breve divenne attratto da quelle apsaras,
     	e vedutolo attratto, le apsaras dissero: 'noi torniamo donde siamo venute.'

  22A	e a loro diceva il figlio di Tvaṣṭṛ:
     	' dove andate voi? rimanete con me finché vi sarà il meglio.'
     	 a lui loro dicevano:
     	'siamo le apsaras donne divine e scegliemmo un tempo il grazioso Indra e il potente Viṣṇu.'

  23A 	allora Viśvarūpa diceva loro:' ora gli dèi assieme ad Indra non esisteranno più.'
     	quindi recitava dei mantra,
     	e per quei mantra apparve Triśiras,
     	con una delle sue bocche beveva il soma ben offerto nei riti di tutti i mondi dai ri-nati che
     	sacrificavano, con un'altra beveva l'acqua coll'altra gli dèi e Indra.
     	quindi Indra vedendolo crescere in tutte le parti bevendo il soma, cadde in pensieri,

  24A 	e gli dèi assieme ad Indra si recarono da Brhamā e gli dicevano:
     	Viśvarūpa beve il soma preparato in tutti i sacrifici,
     	e noi rimaniamo senza le nostre parti,
     	il partito degli asura prospera e noi ci indeboliamo,
     	tu devi stabilire quanto è il meglio immediato per noi.' 

  25A 	a loro Brahmā diceva:' il ṛṣi Dadhīca, quel bhṛguide è impegnato nel tapas,
     	a lui chiedete la grazia, che come lasciato il corpo,
     	colle sue ossa sia fabbricata la folgore.'

  26A 	gli dèi allora andarono là dove il bhṛguide Dadhīca praticava il tapas,
     	e giunti là dèi e Indra gli dicevano: ' o venerabile, è saldo e forte il tuo tapas?' 
     	e Dadhīca a loro disse:' benvenuti, che posso fare per voi?
     	quanto mi direte io compirò.'
     	a lui dissero:' tu o venerabile, per il bene del mondo devi lasciare il tuo corpo.' 
     	allora Dadhīca grande yogin saldo in animo, uguale in gioia e dolore si concentrava,

  27A 	e partita la sua grande anima, il creatore prese le sua ossa fabbricava la folgore,
     	e con la folgore invincibile e indistruttibile, nata dalle ossa del brahmano, e penetrata da Viṣṇu, Indra
     	uccideva Viśvarūpa,
     	e ne tagliava la testa,
     	immediatamente nato dalle membra rotte di Viśvarūpa, sorgeva da Tvaṣṭṛ il suo nemico Vṛtra che Indra
     	uccideva,

  28A 	per la paura di quel doppio brahamanicidio, Indra lasciato il regno degli dèi entrava in un
     	loto che era
     	nato nelle acque del lago mānasa,
     	e col suo grande potere divenuto minuscolo, entrava in uno stelo di loto,

  29A 	e cessata la sicurezza del protettore del mondo, del marito di Śaci pe il brahmanicidio, il mondo divenne
     	senza sovrano,
     	e rajas e tamas penetrarono gli dèi,
     	e non vi erano più i mantra dei grandi ṛṣi,
     	e apparvero dei rakṣas,
     	e il brahman andava perduto,
     	e senza sonno e deboli i mondi divennero violabili,

  30A 	e dèi e ṛṣi consacrarono sul trono divino Nahuṣa il figlio di Āyus,
     	Nahuṣa con cinquecento luci accese sulla fronte che prendevano la forza di tutti, governava il cielo,
     	i mondi ritrovarono la loro natura, e divennero sicuri,

  31A 	quindi Nahuṣa disse:
     	' tutto quello che possiede Śakra è stato dato a me eccetto Śacī.'
     	ciò detto si recava da Śacī e le diceva:
     	' o bellissima, io sono il sovrano degli dèi, godi con me.'
     	a lui Śacī rispondeva:
     	' tu per natura sei devoto al dharma, sei nato nella stirpe di Soma,
     	non devi oltraggiare la moglie di un altro.'

  32A 	e a lei diceva Nahuṣa 
     	' io occupo il posto di Indra,
     	io ho preso regno e gemme di Indra, non vi è qui nessun adharma, tu sei di Indra.'
     	ella gli disse:
     	' io ho un voto che non è compiuto,
     	fatte le abluzioni per quello io verrò da te in qualche giorno.'
     	così apostrofato da Śacī, Nahuṣa se ne andava,

  33A 	e Śacī, afflitta dal dolore, bramosa di vedere il marito, presa da paura di Nahuṣa andava da Bṛhaspati,
     	e vedutola arrivare entrato in meditazione, saputo che desiderava suo marito, Bṛhaspati disse: 
     	' intenta al tapas con questo voto, invoca la benefica dea Upaśruti,
     	ella ti mostrerà dove sta Indra,

  34A 	ella salda in grande concentrazione, invocava con mantra la dea benefica Upaśruti,
     	e Upaśruti giungeva vicino a Śacī,
     	e le diceva: ' sono qui giunta invocata da te,
     	che posso fare per il tuo bene?'
     	inchinata la testa Śacī disse:' o Beata, tu devi mostrarmi mio marito, se tu pensi il vero.'
     	ella la conducava al lago mānasa,
     	e là le mostrava Indra dentro lo stelo di loto,

  35A 	Indra veduta la moglie emaciata e languida, cadeva in questi pensieri:
     	' oh, un grande dolore oggi mi è sorto,
     	ella è giunta piena di dolore in cerca di me perduto da lei.'
     	a lei Indra diceva:' che ti succede?'
     	ella gli disse:
     	' Nahuṣa mi ha comandato, 
     	io ho ottenuto del tempo da lui.'

  36A 	a lei Indra diceva:
     	' vacci,
     	 tu devi dire a Nahuṣa: ' vieni su di un carro mai visto prima trainato dai ṛṣi,
     	grandi veicoli ha Indra piacevoli alla mente su cui io sono salita,
     	tu ne devi far preparare un altro.'
     	così apostrofata ella felice partiva,
     	e Indra rientrava nello stelo del loto,

  37A 	e vedendo tornare la indrāṇī, Nahuṣa le diceva:' il tempo è maturo.'
     	a lui Śacī diceva come le aveva detto Śakra,
     	e lui andava da Śacī salito su un carro trainato dai ṛṣi,

  38A 	allora il figlio di Mitra e Varuṇa nato in un vaso, Agastya li vedeva così offesi da Nahuṣa,
     	e fu colpito dal suo piede,
     	allora diceva a Nahuṣa: ' avendo fatto una cosa proibita, cadi dunque sulla terra,
     	e un serpente sarai finché vi sarà la terra e le montagne.'
     	immediatamente per quelle parole del grande ṛṣi perciò cadeva dal carro,

  39A 	e quindi di nuovo il trimundio divenne senza sovrano,
     	allora dèi e ṛṣi andarono a rifugiarsi dal Beato Viṣṇu a causa di Indra,
     	e gli dissero:' o Beato, tu devi salvare Indra divenuto colpevole di brahmanicidio,
     	allora il dio fonte di grazie diceva loro: ' che Śakra compia il sacrificio dell'aśvamedha per Viṣṇu,
     	e allora riotterrà il suo posto.'

  40A 	allora dèi e ṛṣi non vedendo allora Indra, dissero a Śacī:' vai o bellissima riporta qui Indra.'
     	ella ancora si recava al lago, 
     	e sollevato Indra da quel lago si reca da Bṛhaspati,
     	e Bṛhaspati conduceva Śakra al grande sacrificio all'aśvamedha,
     	quindi resa vittima un'antilope nera scartato il cavallo, fattola veicolo per Indra, Bṛhaspati faceva
        ottenere al signore dei marut il proprio posto,

  41A	quindi il re degli dèi inneggiato da dèi e ṛṣi in paradiso divenne purificato dal
     	brahmanicidio che diviso in quattro parti fu distribuito tra donne, Agni, alberi e vacche,
     	così Indra reso potente dall'energia di un brahmano, uccisi i nemici ottenne la propria sede, 

  42A 	un tempo il grande ṛṣi Bharadvāja sulla Gaṅgā celeste, toccava in ordine i tre passi compiuti da Viṣṇu,
     	e il dio colpito con l'acqua sul petto da Bharadvāja, ne ebbe il torace avvolto d'acqua,

  43A 	Agni maledetto dal grande ṛṣi Bhṛgu, fu spinto a divorare ogni cosa,

  44A	Aditi cuoceva del cibo per gli dèi che mangiandolo potessero uccidere gli asura,
     	allora Budha compiuti i suoi voti là giungeva,
     	e chiedeva ad Aditi di dargli la bhikṣa,
     	ma Aditi pur richiesta non la dava prima che i figli la consumassero,
     	e Budha adirato per non aver avuto la bhikṣa richiesta, divenuto Brahmā, disse che la seconda nascita di
     	Vivasvat sarebbe stata un uovo nato morto da Aditi,
     	e dunque Mārtāṇḍa divenne Vivasvat il dio dello śrāddha,

  45A 	Dakṣa aveva sessanta figlie,
     	di queste tredici le dava a Kaśyapa, dieci a Dharma, dieci a Manu, e ventisette alla luna,
     	benchè fossero esse nakṣatra tutte uguali, Soma amava di più Rohiṇī,
     	quindi le rimanenti mogli prese da invidia, raggiunto il padre, gli rivelavano il motivo:
     	' o venerabile, tra tutte noi uguali Soma preferisce di più Rohiṇī,
     	egli diceva loro: ' un male ai polmoni lo prenderà.'

  46A 	per la meledizione di Dakṣa, un malattia polmonare prendeva il re Soma,
     	e afflitto dal male, si recava da Dakṣa,
     	e Dakṣa gli diceva: ' non ti sei comportato ugualmente con loro.'
     	e là i ṛṣi dicevano a Soma:' deperirai per questa male polmonare,
     	sul mare nella regione occidentale vi è il tīrtha hiraṇyasara,
     	là giunto devi bagnarti.'
     	là dunque andava Soma al tīrtha hiraṇyasara,
     	e raggiuntolo compiva le sue abluzioni,
     	e bagnatosi, si liberava dal male,
     	e là nel tīrtha reso splendente Soma, da allora in poi il tīrtha fu chiamato col nome di prabhāsa, 
     	e per quella maledizione Soma anche oggi si spegne durante il novilunio,
     	e mentre va alla luna piena il suo corpo mostra una macchia come di nuvola,	
     	e diviene del colore delle nuvole, e poi la luna ritorna senza macchie,

  47A 	il grande ṛṣi Stūlaśiras nella parte nord orientale del meru, praticava il tapas,
     	mentre praticava il tapas, un vento puro denso di ogni profumo soffiando gli toccava il corpo,
     	e col corpo provato dal tapas rinfrescato dal vento, ne aveva grande sollievo in cuore,
     	e là mentre era soddisfatto di quella ventilazione, gli alberi non mostravano fioritura, ed egli li malediva:
      	'non avrete dunque i fiori in tutte le stagioni.'

  48A 	Nārāyaṇa per il bene del mondo, un tempo nasceva come il grande ṛṣi di nome Vaḍavāmukha,
     	mentre praticava il tapas sul monte meru, il mare invocato non veniva,
     	dal sudore delle membra di quello infuriato, il mare fu reso immobile, 
     	e tale quale era il suo sudore emesso, egli divenne salato,
     	e gli disse: ' tu diverrai imbevibile,
     	solo nominata da Vaḍavāmukha la tua anima diverrà dolce da bere.'
     	e pure oggi obbediente all'ordine di Vaḍavāmukha l'acqua del mare si beve,

  49A 	Rudra amava Umā la figlia del monte Himavat,
     	ma il grande ṛṣi Bhṛgu raggiunto l'himavat gli diceva:' dammi tua figlia Umā.'
     	e l'himavat gli diceva: ' lei desidera e ha scelto Rudra.'
     	e a lui diceva Bhṛgu:' giacché tu hai rifiutato di darmi la vergine, allora nessun ricettacolo di gemme tu 	avrai.'
     	e da allora in poi lui è obbediente alle parole del ṛṣi,

  50A 	di tal fatta è la grandezza dei brahmani,
     	che pure gli kṣtriya ottenuta l'eterna e immutabile terra in moglie ne godono,
     	questa è formata da Brahmā, da Agni e da Soma,
     	e da questa il mondo è sostenuto.”
     


                              CCCXXX


   1 	il Beato signore disse:
     	“ Sūrya e la luna di certo coi loro raggi che sono conosciuti come i miei capelli,
     	fanno rivivere e riscaldano l'universo e ciascuno dei due lo solleva,

   2 	e per il loro tepore e vigore il mondo diviene lieto,
     	per queste azioni fatte da Agni e Soma o rampollo di Pāṇḍu,
     	io sono chiamato Hṛṣīkeśa, il Signore fonte di doni, creatore del mondo,

   3 	io prendo la mia parte dell'offerta consacrata nei sacrifici,		
     	e il mio colore è il miglior fulvo, perciò io sono chiamato Hari,

   4 	io sono la dimora e il cuore dei mondi, la legge divina accertata,
     	quindi dai savi io sono chiamato Ṛtadhāman e Satya,

   5 	un tempo ritrovai la terra che era perduta, e nascosta,
     	e come Govinda gli dèi mi inneggiano coi loro inni,

   6 	śipiviṣṭa è chiamato chi è privo di capelli,
     	e quanto possiede questo è chiamato śipiviṣṭa,

   7 	il ṛṣi figlio di Yasku, con cognizione di causa mi cantava Śipiviṣṭa
     	in molti sacrifici, da lui io porto questo segreto nome,

   8 	inneggiandomi come Śipiviṣṭa, l'intelligente ṛṣi figlio di Yasku,
     	per mia grazia ha recuperato il Significato perduto negli inferi,

   9 	io non sono nato, non nasco, né mai nascerò,
     	sono l'anima di tutti gli esseri, perciò sono detto l'Aja,

  10 	mai io ho pronunciato prima qualcosa di vile e volgare,
     	io ho la divina Sarasvatī, la figlia di Brahmā che è la verità,

  11 	in me ho deposto o kuntīde, essere e non essere,
     	ed essendo la sede di Brahmā fatta di loto, i ṛṣi mi conoscono come Satya,

  12 	non mi sono mai prima mosso dal sattva, sappi che il sattva è fatto da me,
     	in questa mia nascita il sattva mi è ancestrale o Conquista-ricchezze,

  13 	riconoscimi come sātvata essendo intento ad agire senza desideri,
     	io appaio conosciuto come sātvata, e io sono il Sātvata signore dei sātvata,

  14 	io aro la terra o pṛthāde divenuto un grande aratro di ferro scuro,
     	ed essendo scuro di pelle, per questo io sono Kṛṣṇa o Arjuna,

  15 	io ho unito la terra alle acque, e lo spazio al vento,
     	e il vento alla luce, quindi io sono il Vaikuṇṭha,

  16 	il nirvāṇa è la suprema beatitidudine, ed è chiamato il supremo dharma,
     	da questo io non mi sono mai mosso, e per questa azione io sono l'incrollabile,

  17 	terra e cielo entrambi sono diffusi nell'intero universo,
     	e per essere io il supporto di entrambi, sono di certo sotto di loro,

  18 	e così mi pronunciano i sapienti dei veda che conoscono il senso dei suoni,
     	essi mi cantano davanti alla vedī come Adhokṣaja, così è la regola, 

  19 	questa parola è pronunciata unanimamente dai supremi ṛṣi,
     	non vi è altro Adhokṣaja al mondo eccetto il potente Nārāyaṇa,

  20 	la mia luce è il burro sacro che supporta al mondo la vita dei viventi,
     	e Ghṛtārci io sono conosciuto dai non confusi sapienti dei veda,

  21 	tre elementi sono detti nati dall'agire, e sono chiamati
     	pitta, śleṣman, e vāyu, questa è detta la loro unione,

  22 	il vivente da questi è supportato, e quando essi sono afflitti, va in rovina,
     	perciò i sapienti dell'āyurveda, mi chiamano Tridhātu,

  23 	Vṛṣa è chiamato tra i mondi il Beato Dharma o bhārata,
     	sappi che sono chiamato il supremo Vṛṣa nel commentario al nighaṇṭu,

  24 	kapi è il migliore cinghiale, e Dharma è detto Vṛṣa, 
     	perciò Kaśyapa il Prajāpati mi chiamava Vṛṣakapi,

  25 	dèi e asura non conoscono mai il mio inizio, la fine e la metà,
     	sono cantato senza inizio, né fine né metà, io sono il potente Signore che osserva il mondo, 

  26 	io sento solo suoni puri o Conquista-ricchezze,
     	e non prendo nessun male, quindi sono detto Śuciśravas,

  27 	un tempo divenuto un cinghiale di divino aspetto con una sola zanna, 
     	io ho sollevato questa terra, quindi io sono Ekaśṛṅga,

  28 	e avevo tre gobbe quando ho assunto la forma di un cinghiale,
     	e Trikakut sono chiamato a causa del mio corpo,

  29 	chi è chiamato Viriñca dai sapienti della dottrina di Kapila,
     	è lo stesso Prajāpati, io sono colla mente il creatore di tutti i mondi,

  30 	e io che sono eterno, che sto nel sole, e possiedo sapienza e potenza,
     	i maestri sāṃkhya decisi in ogni cosa, mi chiamano Kapila,

  31 	Hiraṇyagarbha pieno di splendore è quello che è inneggiato nei veda, 
     	dagli yogin sempre è venerato, e io sono chiamato Vibhu,

  32 	mi dicono il ṛgveda coi le sue ventuno parti,
     	e anche il sāman colle sue mille parti, le genti sapienti dei veda,
     	negli āraṇyaka, i savi a me devoti ardui da trovare mi cantano,

  33 	cinquantasei più otto e anche trentasette sono,
     	le parti nello yajurveda l'ādhvaryava, e così io sono chiamato,

  34 	l'atharvan dalle cinque kalpa, rinforzato dalle kṛtya,
     	mi dichiarano i savi sapienti dell'atharvan,

  35 	quelle che sono le differenti parti che sono cantate nelle divisioni,
     	e tutti i suoni e le loro pronunce sappi che sono fatte fa me,

  36 	quello che sorge come l'Hayaśiras o pṛthāde, fonte di grazie, 
     	io sono la sua più grande frazione, sapiente delle divisioni, dell'ordine dei suoni,

  37 	sulla via indicata da Rāma, per mia grazia, il grand'anima
     	Pāñcāla, ottenne il giusto ordine dall'essere eterno,
     	e lui del gotra di Bābhravya divenne il primo sapiente dell'ordine,

  38 	ottenuta una grazia da Nārāyaṇa, e raggiunto un supremo yoga, 
     	Gālava ottenne la conoscenza del giusto ordine e la diffuse,

  39 	e Kaṇḍarīka e il potente re Brahmadatta,
     	ricordarono ciascuno dei due il dolore di nascita e morte, di tutte
     	fin dalla prima delle sette nascite, e ottenne la sede degli yogin,

  40 	un tempo o pṛthāde io sono nato per qualche ragione, figlio
     	di Dharma o tigre fra i kuru, quindi io sono chiamato Dharmaja,

  41 	un tempo Nara e Nārāyaṇa praticarono un tapas ineguagliabile,
     	saliti sul carro di Dharma sulla montagna gandhamādana,

  42 	allo stesso momento si svolgeva il sacrificio di Dakṣa,
     	e Dakṣa non aveva approntato l'offerta per Rudra o bhārata,

  43 	allora secondo le parole di Dadhīca, egli distruggeva il sacrificio di Dakṣa,
     	scagliava ad ogni istante il suo fiammeggiante tridente con furia,

  44 	e il suo tridente, avendo completamente ridotto in cenere il sacrificio di Dakṣa, 
     	rapido verso di noi veniva presso l'āśrama a badarī,
     	cadendo con grande violenza o pṛthāde, sul petto di Nārāyaṇa,

  45 	quindi i capelli di Nārāyaṇa permeati da quell'energia,
     	divennero color dell'erba muñja, quindi io sono Muñjakeśvat,

  46 	e quel tridente divelto dal grido huṃ del grand'anima,
     	e abbattuto da Nārāyaṇa tornava in mano di Śaṃkara,

  47 	e Rudra assaliva i due ṛṣi intenti al tapas,
     	quindi Nārāyaṇa anima universale, con una mano afferrava per la gola
     	quell'assalitore, e per questo ne ebbe la gola blu,

  48 	allora Nara per colpire Rudra afferrava una canna,
     	e la ispirava con dei mantra e questa divenne una grande ascia,

  49 	e scagliata violentemente a Rudra andava allora in pezzi,
     	quindi io sono chiamato Khaṇḍaparaśu, per la rottura dell'ascia.”

  50 	Arjuna disse:
     	“ in questo scontro o vṛṣṇi, capace di distruggere il trimundio,
     	chi ottenne la vittoria? questo dimmi o Janārdana.”

  51 	il Beato Signore disse:
     	“ combattendo in quello scontro Rudra e Nārāyaṇa in persona,
     	violentemente agitati divennero tutti i mondi interamente allora,

  52 	il fuoco non prendeva la splendida oblazione preparata nei riti,
     	i veda più non apparivano alle menti dei ṛṣi dall'anima compiuta,

  53 	e il rajas e il tamas insieme penetravano negli dèi, 
     	la terra tremava e il cielo andava in pezzi,

  54 	le stelle erano prive di splendore, e Brahmā cadeva dal suo seggio,
     	l'oceano si seccava, e l'himavat si spezzava,

  55 	e così apparendo quei portenti o rampollo di Pāṇḍu,
     	Brahmā circondato dalle schiere divine e dai ṛṣi, grandi anime,
     	si recava rapidamente al luogo dove si svolgeva lo scontro,

  56 	e messosi composto a mani giunte, il dio dalle quattro facce, che penetra i misteri,  
     	diceva queste parole a Rudra: ' sia fatta grazia ai mondi,
     	getta le armi o Signore universale per il bene dell'universo,

  57 	il Signore e anima del mondo che è imperituro e immanifesto, 
     	immutabile, il creatore aldilà degli opposti, quello che dicono l'increato,

  58 	questo è il benevolo aspetto unico di lui che è divenuto manifesto,
     	è nato come Nara e Nārāyaṇa nella stirpe di Dharma,

  59 	i due supremi dèi dai grandi voti sono intenti in un grande tapas, 
     	e per una qualche ragione io sono nato dalla sua grazia,
     	e tu sei nato dalla sua ira o caro, eterno nella prima creazione,

  60 	assieme a me, agli dèi e ai grandi ṛṣi, al dio fonte di grazie,
     	inchinati presto, che la pace vi sia senza indugio per i mondi.'

  61 	da Brahmā così apostrofato, dunque Rudra gettando via il fuoco dell'ira,
     	si inchinava allora al potente dio Nārāyaṇa,
     	e chiedeva rifugio ad Hari, al primo eccellente dio, fonte di grazie,

  62 	allora il benefico dio, vinta l'ira e vinti i sensi,
     	pieno di gioia diveniva là riunito assieme a Rudra,

  63 	e venerato dai ṛṣi, da Brahmā e dagli dèi,
     	Hari il signore dell'universo diceva al dio Īśāna:

  64 	' chi conosce te, conosce me, e chi segue te segue me,
     	non vi è alcuna differenza tra noi due, non pensare altrimenti,

  65 	da ora in poi questo colpo di tridente che sia un marchio di bellezza,
     	e per la stretta della mia mano tu diverrai Śrīkaṇṭha.'

  66 	disposti questi segni e fatti allora reciprocamente,
     	e compiuta una grande amicizia da due ṛṣi con Rudra,
     	quei due supremi praticavano il tapas licenziando gli abitanti del cielo,

  67 	ti ho raccontato o pṛthāde, la vittoria di Nārāyaṇa in questo scontro,
     	e anche ti ho spiegato i nomi segreti o bhārata,
     	che sono celebrati e elencati dai ṛṣi,

  68 	così in queste molte e varie forme io mi aggiro sulla terra,
     	e nel mondo di Brahmā o kuntīde e nell'eterno mondo delle vacche,
     	tu da me protetto in battaglia, hai ottenuto una grande vittoria,

  69 	colui che procede davanti a te mentre sei occupato in combattimento,
     	sappi che è Rudra o kuntīde, il dio degli dèi Kapardin,

  70 	egli e Kāla e ti ho detto che è nato dalla mia ira,
     	e tu hai ucciso i nemici che prima furono abbattuti da lui,

  71 	al dio degli dèi, signore di Umā dall'incomparabile natura,
     	piamente inchinati, all'immutabile Hara, signore dell'universo.”
     


                              CCCXXXI


   1 	Janamejaya disse:
     	“ o brahmano, grandissima è la storia che hai raccontato,
     	udita la quale tutti i muni sono caduti in supremo stupore,

   2 	questo storia dei bhārata compresa di centomila strofe, è sorta mescolando
     	col mestolo del tuo pensiero l'incomparibile mare della tua sapienza,

   3 	come il burro dalla panna, come il sandalo dai monti malaya,
     	e come le āraṇyaka dai veda, e l'amṛta dalle piante medicinali, 

   4 	questa storia è sorta o brahmano come l'incomparibile amṛta, 
     	che ha per soggetto la storia di Nārāyaṇa o scrigno di tapas, da te raccontata, 

   5 	il Signore Beato, il dio che è l'anima di tutti gli esseri,
     	per il suo splendore non si può guardare Nārāyaṇa o supremo ri-nato,

   6 	e in lui dove entrano alla fine del kalpa tutti gli dèi con Brahmā in testa,
     	e i ṛṣi assieme ai gandharva, e ad ogni cosa mobile e immobile,
     	non vi è purificatore migliore io credo in cielo e quaggiù,

   7 	tutte le purificazioni divine negli āśrama, le immersioni in tutti i tīrtha,
     	non sono così ricchi di meriti come la storia di Nārāyaṇa,

   8 	completamente purificati siamo qui avendo udito dall'inizio questa storia,
     	di Hari, il Signore dell'universo che distrugge ogni male,

   9 	nulla di eroico ha compiuto il mio nobile Conquista-ricchezze,
     	che ha ottenuto una suprema vittoria avendo Vāsudeva come alleato,

  10 	non vi è nulla di inottenibile io credo nei tre mondi per chi
     	ha come amico e alleato Viṣṇu protettore del trimundio,

  11 	i miei antenati o brahmano, erano tutti ricchi,
     	avendo essi Janārdana che pensava al loro miglior bene,

  12 	neppure per mezzo del tapas si può vedere il Beato venerato al mondo,
     	che loro hanno visto in persona adornato dal marchio di bellezza,

  13 	e di loro ancora più ricco Nārada nato dal Parameṣṭhin,
     	io so che non ha scarso splendore il ṛṣi, l'imperituro Nārada,
     	che avendo raggiunto l'isola bianca ha visto Hari in persona,

  14 	per grazia del dio ha acquisito di vedere la sua forma manifesta,
     	e quanto ha visto allora era il dio che era nel corpo di Aniruddha,

  15 	perché dunque fatto ciò, Nārada di nuovo andava 
     	all'āśrama badarī, per vedere Nara e Nārāyaṇa o muni?,

  16 	tornato dall'isola bianca, Nārada figlio di Parameṣṭhin,
     	raggiunto l'āśrama badarī e incontrati i due ṛṣi,

  17 	per quanto tempo vi stava, e quali storie egli raccontava?
     	e tornato dall'isola bianca quella grandissima anima,

  18 	che gli dissero i due ṛṣi Nara e Nārāyaṇa grandi anime?
     	tutto questo secondo verità mi devi raccontare.”

  19 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	inchinandomi al venerabile Vyāsa dall'infinito splendore,
     	col suo permesso io ti racconterò la storia di Nārāyaṇa,

  20 	raggiunta la grande isola bianca e veduto l'immutabile Hari,
     	e tornato Nārada o re, rapidamente raggiungeva il meru,
     	portando in cuore il peso di quanto gli aveva detto l'anima suprema,

  21 	dopo a lui sorgeva o re, una grande costernazione dell'anima,
     	che avendo percorsa una lunga via era di nuovo tornato salvo,

  22 	quindi dal meru si recava alla montagna gandhamādana,
     	e dal cielo volava rapido sul grande badarī,

  23 	e quindi vedeva i due dèi antichi, supremi ṛṣi,
     	che praticavano un grandissimo tapas, stando in sé stessi con grandi voti,

  24 	superiori per splendore al sole che illumina tutto il mondo,
     	segnati dal marchio divino, e portando una crocchia a cerchio, i due supremi,

  25 	con membrane infradita, e con dei segni di cerchio ai piedi, 
     	con larghi toraci, lunghe braccia e quattro testicoli,

  26 	con sessanta denti, con otto zanne, con voci simili a nubi tonanti,
     	con belle bocche, e ampie fronti, bei menti, nasi e sopracciglie,

  27 	le teste dei due dèi erano simili a larghi parasoli,
     	di questi segni erano dotati quei due conosciuti come il grande Puruṣa,

  28 	e vedendoli Nārada ne fu lieto, e da loro fu onorato,
     	ricevuto con un benvenuto e richiesto della sua salute,

  29 	e divenne pensieroso scorgendo i due supremi esseri:
     	' simili a quegli uomini che là insieme erano onorati da tutti

  30 	gli esseri che ho visto all'isola bianca sono i due supremi ṛṣi.'
     	così pensando nell'animo, e compiuta la pradakṣiṇa,
     	si sedeva là su uno splendido seggio fatto di erba kuśa,

  31 	quindi i due, tesori di tapas, di gloria e di splendore,
     	quei ṛṣi dotati di pace e disciplina, avendo compiuto rettamente i riti quotidiani,

  32 	dopo i due grandi onoravano Nārada con l'acqua per i piedi e l'offerta ospitale,
     	e compiuti i riti quotidiani e per l'ospite, si sedevano sui seggi, 

  33 	e quando loro là si sedettero, i luoghi si illuminarono,
     	come il luogo dei sacrifici per i fuochi fiammeggianti di burro sacro,

  34 	quindi Nārāyaṇa là diceva queste parole a Nārada,
     	che era ben seduto, riposato e che era felice per l'ospitalità ricevuta:

  35 	“ dunque ora hai veduto il Beato, l'eterna suprema anima,
     	la nostra suprema natura là nell'isola bianca?”

  36 	Nārada disse:
     	“ ho veduto lo splendido Puruṣa, l'immutabile che ha ogni forma,
     	tutti i mondi e gli dèi assieme ai ṛṣi là vi stanno,
     	e pure ora io lo vedo vedendo gli eterni voi due, 

  37 	dei segni di cui Hari è dotato nel suo immanifesto aspetto,
     	di questi segni siete voi due dotati portando il vostro aspetto manifesto,

  38 	io ho visto voi due là al fianco del dio,
     	e qui ora sono giunto licenziato dall'anima suprema,

  39 	chi può essere di certo uguale a lui per splendore, gloria 
     	e bellezza nei tre mondi a parte voi due figli di Dharma?

  40 	lui mi ha rivelato allora il nome conosciuto come kṣetrajña,
     	e mi ha rivelato le sue apparizioni che vi saranno, 

  41 	e là quegli uomini bianchi che sono privi dei cinque sensi,
     	e illuminati, tutti questi sono devoti del supremo Puruṣa,

  42 	sempre essi venerano il dio, e lui si rallegra assieme a loro,
     	il Beato, anima suprema ha cari i suoi devoti e i ri-nati,

  43 	egli venerato si rallegra sempre e ha cari i devoti al Beato,
     	fruitore universale, omnipervadente, il dio è amico e ha cari i devoti,
     	fortissimo per splendore è il creatore, la causa e il creato, 

  44 	intento al tapas, ha uno splendore superiore a quello dell'isola bianca,
     	così è detto e conosciuto il proprio splendore,

  45 	egli è la pace dei perfetti dall'anima compiuta nei tre mondi,
     	colla sua sublime intelligenza è intento nel voto della rinuncia,

  46 	non scalda Sūrya, non splende Soma,
     	non soffia il vento mentre il Signore degli dèi pratica un arduo tapas,

  47 	il fruitore universale, stando a terra fatta una vedī alta otto spanne,
     	quel dio stando su un piede solo, con le braccia alzate, rivolto a nord,
     	recitando i veda completi, pratica un tapas difficilissimo,

  48 	quale offerta Brahmā, e i ṛṣi, e Paśupati in persona,
     	e gli altri supremi dèi, i daitya, i dānava e i rākṣasa,

  49 	i nāga, gli uccelli, e gandharva, e i siddha, e quanti sono i re ṛṣi,
     	quale offerta e oblazione sempre secondo le antiche regole offrono,
     	questa interamente è riposta ai piedi del dio,

  50 	e i riti che preparano i sapienti rivolti solo a lui,
     	tutti questi sono presi sulla testa dal dio in persona,

  51 	di questi illuminati grandi anime nessun altro è più caro a lui,
     	che si trovi nei tre mondi, quindi io sono devoto a lui solo,
     	e qui sono giunto, licenziato dalla suprema anima,

  52 	e così mi diceva il Beato dio Hari in persona,
     	io qui risiederò a lui devoto, sempre assieme a voi due.”
     


                              CCCXXXII


   1 	Nara e Nārāyaṇa dissero:
     	“ ricco sei, e favorito da lui sei che hai visto il Signore in persona,
     	nessuno l'ha mai visto prima neppure il dio nato dal loto in persona,

   2 	il Beato supremo Puruṣa di origine immanifesta, è arduo da vedere,
     	le parole che tu hai detto o Nārada sono vere,

   3 	non si trova nessuno al mondo più caro a lui dei suoi devoti,
     	quindi lui stesso si è mostrato a te o supremo ri-nato, 

   4 	il luogo in cui l'anima suprema pratica il tapas,
     	nessuno può raggiungerla, eccetto noi due o supremo ri-nato,

   5 	la luce di questo luogo che appare come la somma di mille soli,
     	per la sua luce che lui da sé fa splendere,

   6 	da quel dio, dal Signore anima universale o savio, sorge 
     	la pazienza dei dotati di pazienza o ottimo, con la quale è unita la terra,

   7 	da quel dio sorge il gusto per il bene di tutti gli esseri,
     	a cui le acque sono unite, e ne ottengono il naturale gusto,

   8 	da lui è sorto lo splendore che per natura ha la qualità della forma,
     	a cui è unito Sūrya, e con cui illumina i mondi,

   9 	da quel dio supremo Puruṣa, ha avuto origine il contatto, 
     	con cui è unito il vento, e quindi soffia sui mondi,

  10 	dal potente Signore di tutti i mondi è nato il suono,
     	a cui è unito lo spazio, e rimane cosi scoperto,

  11 	da quel dio sorge la mente che sta in tutti gli esseri,
     	a cui è unita la luna, che possiede la qualità di rendere visibile,

  12 	ha nome ṣaḍbhūtotpādaka, il luogo conosciuto dai veda,
     	dove risiede il Beato fruitore di offerte e oblazioni con la sapienza per compagna,

  13 	di quelli che sono privi di colpe al mondo, che hanno abbandonato mali e meriti,
     	di questi che procedono sulla sicura strada o ottimo ri-nato,
     	si dice che il sole che distrugge le tenebre di tutti i mondi è la loro porta,

  14 	con tutte le membra bruciate dal sole, invisibili da tutti e in ogni luogo,
     	divenuti materia infinitesimale, sono entrati nel dio,

  15 	perciò dunque liberati, stanno nel corpo di Aniruddha,
     	divenuti solo mente entrano ancora in Pradyumna,

  16 	e usciti da Pradyumna, allora entrano in Saṃkarṣaṇa,
     	il Jīva, questi ottimi savi dei sāṃkhya assieme ai devoti del Bhagavat,

  17 	quindi liberati dai tre guṇa rapidamente entrano
     	nell'anima suprema o migliore dei ri-nati, nel kṣetrajña, per natura privo di qualità,
     	e sappi che il kṣetrajña omnipresente è in verita Vāsudeva,

  18 	con mente concentrata, perennemente coi sensi controllati,
     	quelli che sono devoti a lui solo entrano in Vāsudeva,

  19 	e pure noi due, nati nella stirpe di Dharma o ottimo ri-nato,
     	rifugiati nella gradevole viśālā, siamo intenti ad un fiero tapas,

  20 	quelle che sono le manifestazioni del dio care ai celesti,
     	e appariranno nei tre mondi, porteranno dunque felicità o ri-nato,

  21 	intenti noi due alla nostra regola prima citata o ottimo ri-nato,
     	e praticando rettamente il voto supremo di estrema difficoltà,

  22 	tu ci hai veduto pure nell'isola bianca o ricco in tapas,
     	quando unito al Bhagavat, hai compiuto le recitazioni,

  23 	tutto noi due conosciamo di mobile e immobile nel trimundio,
     	quanto è passato, o sarà, o è presente di bene e male.”

  24 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	udite queste parole dei due intenti in quel fiero tapas,
     	Nārada messosi a mani giunte, completamente devoto a Nārāyaṇa,

  25 	recitava rettamente i molti mantra relativi a Nārāyaṇa,
     	per mille anni divini nell'āśrama di Nara e Nārāyaṇa,

  26 	il venerabile ṛṣi lo splendido Nārada risiedeva là,
     	venerando il dio e i due: Nara e Nārāyaṇa.
     


                              CCCXXXIII


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	Nārada il figlio di Parameṣṭhin in un qualche momento,
     	compiuti i riti divini secondo le regole, compiva poi quelli per gli avi,

   2 	quindi a lui diceva queste parole il potente figlio maggiore di Dharma:
     	“ a chi sacrifichi o migliore dei ri-nati intento ai riti per dèi e avi?

   3 	questo dimmi come avviene o migliore dei dotati di intelligenza,
     	che cosa stai facendo? e quale frutto desideri da questo?”

   4 	Nārada disse:
     	“ un tempo mi hai detto che i riti per gli dèi si devono compiere,
     	il sacrificio è la suprema divinità, l'eterna anima suprema,

   5 	quindi questo pensando, sempre io sacrifico all'immutabile Vaikuṇṭha,
     	da lui un tempo sorgeva Brahmā il Grande-avo del mondo,

   6 	e pure l'amato Parameṣṭhin generava mio padre,
     	io sono il figlio nato dal suo desiderio prodotto per primo,

   7 	io sacrifico agli avi o saggio, e lo compio secondo le regole di Nārāyaṇa,
     	così il Bhagavat mi è padre, madre e avo,
     	ed io sacrifico sempre nei riti per gli avi, al Signore dell'universo,

   8 	un'altra śruti o dio, celebrando figli e padri,
     	la sapienza vedica è perduta, e ancora il padre fu istruito dai figli,
     	quindi i figli fornendo i mantra diventano come padri,

   9 	forse prima voi due che siete di anima compiuta, l'avete saputo 
     	figli e padri si onorano vicendevolmente,

  10 	preparate tre piṇḍā e messa prima dell'erba kuśa sulla terra,
     	perché un tempo gli avi hanno acquisito il nome di piṇḍa?”

  11 	Nara e Nārāyaṇa dissero:
     	“ un tempo la terra circondata dal mare che era perduta,
     	fu sollevata da Govinda, assumento l'aspetto di cinghiale,

  12 	e avendo fissata la terra al suo posto, il supremo puruṣa,
     	usciva colle membra imbrattate di fango e d'acqua, a compiere i doveri mondani,

  13 	e giunto il tempo dei riti quotidiani, col sole giunto a mezzogiorno,
     	toltosi velocemente dei pezzi di fango attaccati alle zanne, il potente,
     	li depositava a terra stendendo l'erba kuśa o Nārada,

  14 	e destinandoli a sé stesso compiva il rito per gli avi secondo le regole,
     	avendo offerto da sé quelle tre piṇḍa secondo le regole il potente

  15 	con semi di sesamo pieni d'olio sorti dal sudore delle sue membra,
     	il Signore degli dèi rivolto ad est compiva da sé l'offerta offrendola,

  16 	e pronunciava quindi le parole per fissare i limiti:
     	' io sono il creatore sorto da me a creare i padri.'

  17 	egli pensando, in quel momento alla suprema regola del rito per i padri:
     	'dalle mie zanne dono usciti fuori verso la direzione meridionale,
     	questi globi fatti di terra, perciò che siano i padri,

  18 	questi tre privi di forma, che portano solo la forma di globi,
     	siano al mondo gli eterni padri da me creati,

  19 	io sono il padre, il nonno e pure l'antenato,
     	qui si deve sapere che io sono stabilito nei tre piṇḍa,

  20 	non vi è nessuno superiore a me, chi dunque devo io venerare?
     	o chi è mio padre al mondo? io sono il nonno,

  21 	io sono il padre del nonno, io qui sono la causa.'
     	queste parole avendo detto, il dio degli dèi Vṛṣākapi,

  22 	avendo fornito completamente i piṇḍa sul monte varaha,
     	avendo venerato sé stesso da là andava a scomparire,

  23 	per questo motivo o ottimo pensatore, i padri sono conosciuti come piṇḍa,
     	e ottengono eternamente venerazione come ha stabilito Vṛṣākapi,

  24 	quelli che venerano i padri, gli dèi, i guru e gli ospiti,
     	le vacche e il principali ri-nati, e pure la madre terra,
     	colle azioni, il pensiero e le parole, celebrano Viṣṇu,

  25 	stando dentro i corpi di tutti i viventi il Beato, 
     	il Signore uguale verso tutti gli esseri, nel bene e nel male,
     	il grande, Nārāyaṇa grand'anima è l'anima universale, così è scritto.”
     


                              CCCXXXIV


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	udite le parole pronunciate da Nara e Nārāyaṇa, 
     	grandemente devoto al dio e solo a lui diveniva,

   2 	risiedendo pr mille anni nell'āśrama di Nara e Nārāyaṇa,
     	udita la storia del Beato, e veduto l'immutabile Hari,
     	rapidamente andava sull'himavat dove c'era il suo āśrama,

   3 	e i due conosciuti asceti, i ṛṣi Nara e Nārāyaṇa,
     	il quel piacevole āśrama praticarono un supremo tapas,

   4 	e pure tu nato nella stirpe dei pāṇḍava che sei di incomparabile valore,
     	coll'anima purificata sei oggi divenuto, avendo udito dall'inizio questa storia,

   5 	né questo mondo né l'altro appartiene ad uno o ottimo principe,
     	che disprezzi l'immutabile Viṣṇu con parole, pensieri e azioni

   6 	sprofondano all'inferno per gli anni eterni gli avi di chi
     	disprezzi il dio Hari, il migliore degli dèi Nārāyaṇa,

   7 	come può essere dunque disprezzata l'anima del mondo?
     	e quest'anima o tigre fra gli uomini si deve sapere che è Viṣṇu, così è stabilito,

   8 	colui che è il nostro guru, il ṛṣi figlio di Gandhavatī,
     	ci ha illustrato o caro, la grandezza dell'anima suprema,
     	da lui io ho udita questa storia e l'ho raccontata a te o senza-macchia, 

   9 	sappi che Kṛṣṇa il dvaipāyana, che Vyāsa è il potente Nārāyaṇa,
     	chi altri o tigre fra gli uomini poteva essere il creatore del mahābhārata?
     	e chi può illustrare i molti tipi di dharma eccetto che il Signore?,

  10 	che proceda il grande sacrificio come tu hai stabilito,
     	tu hai stabilito l'aśvamedha, avendo acquisito il dharma in verità.

  11 	udita questa grande storia, il sovrano figlio di Parikṣit,
     	allora tutti i riti iniziava per compiere il sacrificio, 

  12 	ti ho raccontato questa storia riguardo Nārāyaṇa,
     	un tempo Nārada la raccontava al mio guru o re,
     	alla presenza dei ṛṣi, dei pāṇḍava e di Kṛṣṇa e Bhīṣma,

  13 	il supremu guru, signore del trimundio, sostegno della terra, scrigno di pace e controllo, 
     	della condotta vedica, supremo bene dei ri-nati, e degli immortali, che Hari sia la tua meta,

  14 	scrigno di tapas, recipiente di gloria e della grandezza dei grandissimi, uccisore di Ariṣṭa,
     	che dà rifugio sicurezza e meta ai suoi devoti sia con voi il fruitore del sacrificio,

  15 	che è oltre i tre guṇa, che ha quattro o cinque forme, il fruitore dei frutti dei riti pii, 
     	invincibile e fortissimo stabilisce sé stesso come rifugio dei ṛṣi che bene agiscono,

  16 	a lui osservatore del mondo, al puruṣa non nato, del colore del sole, al signore, al rifugio,
     	a questo ṛṣi sorto dall'acqua inchinatevi voi asceti devoti solo a lui e pure tu inchinati,

  17 	egli è l'origine del mondo, la sede dell'amṛta, sottile, antica, suprema, inamovibile,
     	i sāṃkhya e gli yogin lo trattengono in cuore, e colla mente lo conoscono eterno gli asceti.
     


                              CCCXXXV


   1 	Janamejaya disse:
     	“ ho udito della grandezza del Beato, dell'anima suprema,
     	e della nascita nella casa di Dharma, avuta da Nara e da Nārāyaṇa,
     	e della antica produzione dei piṇḍa creati dal grande cinghiale,

   2 	e di come è predisposta la creazione e la dissoluzione,
     	tutto questo abbiamo udito o brahmano, da te illustrato o senza-macchia,

   3 	e tu ci hai parlato prima della grande testa di cavallo
     	di Viṣṇu, che fruisce di offerte e oblazioni nel grande oceano a nord est,
     	questa fu vista dal beato Brahmā, dal Parameṣṭhin,

   4 	perché fu prodotta un tempo da Hari, che sostiene il mondo,
     	questo aspetto splendente e grande come mai prima o migliore dei saggi?

   5 	e avendo veduto il migliore degli dèi, straordinario e dall'incomparabile splendore,
     	in quel santo aspetto di testa di cavallo che fece Brahmā o muni?

   6 	questo nostro dubbio o brahmano, sorto dalla conoscenza dei purāṇa,
     	illustraci o supremo intelligente, il motivo del grande puruṣa,
     	purificati da te siamo o brahmano, che ci hai raccontata questa santa storia.”

   7 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	ti illustrerò interamente questo purāṇa che consiste nei veda,
     	che il venerbile Vyāsa raccontò al re figlio di Dharma,

   8 	avendo udito della forma a testa di cavallo del dio nell'aśvamedha,
     	il re preso dal dubbio lo interrogava.

   9 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ quando avvenne che Brahmā vedeva il dio che portava la testa di cavallo,
     	per quale ragione sorgeva quel corpo creato dal dio?”

  10 	Vyāsa disse:
     	“ qualunque cosa al mondo sia unita ad un corpo o signore di popoli,
     	è composta dai cinque elementi nati dalla mente del Signore,

  11 	il Signore ha creato l'universo, il potente Nārāyaṇa signore universale,
     	egli è l'anima dentro gli esseri, fonte di grazie, fornita e priva di qualità,
     	ascolta o supremo sovrano, della distruzione degli esseri e dell'immanifesto,

  12 	essendo un tempo la terra immersa nell'acqua in un unico mare,
     	e l'acqua immersa nella luce, e la luce nel vento,

  13 	e il vento essendo immerso nello spazio, e lo spazio nella mente,
     	e la mente immersa nel manifesto, e il manifesto entrato dentro l'immanifesto

  14 	e l'immanifesto entrato nel puruṣa, e il puruṣa nel rifugio universale,
     	la tenebra era dappertutto, e non si vedeva alcunché,

  15 	e il braman sorgeva dalla tenebra, la tenebra è per natura la radice del sacro,
     	esso è conosciuto come la natura universale, dentro il corpo del puruṣa

  16 	costui è chiamato Aniruddha, e lo dicono l'origine,
     	e l'immanifesto si deve conoscere come i tre guṇa o ottimo sovrano,

  17 	il dio Viṣvakṣena, che ha la sapienza per alleato, è il potente Hari,
     	egli si è fatto un letto nelle acque, caduto a dormire nello yoga,
     	pensando alla creazione dell'universo, bellissima e origine delle molte qualità,

  18 	mentre pensa alla creazione, ricorda le sue grandi qualità, 
     	quindi nasce l'ahaṃkāra, e Brahmā, il sublime dalle quattro facce,
     	il beato Hiraṇyagarbha, il Grande-avo di tutti i mondi,

  19 	sorto nel loto da Aniruddha, che appare come il loto nell'ombelico,
     	dai mille petali, vi siede splendido l'eterno,

  20 	e il potente con vista portentosa vedeva che i mondi erano fatti di acqua, 
     	e stando nel sattva il Parameṣṭhin allora crea le schiere degli esseri,

  21 	nel petalo del loto acceso dai raggi del sole, prima
     	Nārāyaṇa ha posto due gocce di acqua che stanno là con supreme qualità,

  22 	il Beato, l'Incrollabile senza inizio né fine le guardò,
     	una goccia allora splendeva di bellezza simile a miele,

  23 	e allora nasceva il tamasico Madhu per ordine di Nārāyaṇa,
     	dura era l'altra goccia, ed essa era il rajasico Kaiṭabha,

  24 	questi due supremi dotati dei guṇa tamas e rajas,
     	fortissimi, mazza in pugno attaccarono entrando nello stelo del loto,

  25 	e vedevano in quel loto, Brahmā dall'incomparabile splendore,
     	che creava per primi i quattro veda dalla bellissima forma, 

  26 	allora quei due supremi asura vedendo i veda nel loro aspetto,
     	con violenza afferrarono i veda sotto gli occhi di Brahmā,

  27 	e i due supremi dānava presi i veda eterni,
     	penetrarono a fondo rapidamente nell'oceano a nord est,

  28 	allora rubati i veda, Brahmā cadde in costernazione,
     	reso privo dei veda, diceva allora queste parole al Signore:

  29 	' i veda sono la mia suprema vista, i veda sono la mia suprema forza,
     	i veda sono la mia suprema dimora, i veda sono il mio eterno brahman,

  30 	tutti i veda mi furuno rubati colla forza dai due dānava.
     	a metà sono nati i mondi da me privati dei veda,
     	senza i veda come posso impegnarmi a creare i mondi?

  31 	ahime, un grande dolore nato dalla sparizione dei veda,
     	mi affligge giunto al cuore, e mi tormenta di fiera sofferenza,

  32 	chi mi può sollevare ora dal mare della sofferenza in cui sono sprofondato,
     	riportando i veda perduti? a chi io sono dunque caro?'

  33 	mentre così si lamentava Brahmā o supremo sovrano,
     	gli sorse l'idea di inneggiare ad Hari, o migliore dei dotati di intelletto,
     	quindi recitava una suprema preghiera il potente messosi a mani giunte:

  34 	' omaggio a te cuore del brahman, omaggio a te nato prima di me,
     	tu origine del mondo, tu la miglior dimora, tu l'illustre scrigno di sāṃkhya e yoga,

  35 	tu inconcepibile creatore di manifesto e immanifesto, tu la strada sicura,
     	fruitore universale, tu non nato, sei l'anima dentro tutti gli esseri,

  36 	io sono nato dalla tua grazia, o dimora del mondo, o Nato-da-sé,
     	la mia prima nascita è la mia mente venerata dai ri-nati,

  37 	e per secondo nacque il mio potere nei primi tempi,
     	e dalla tua grazia nacque come terza la mia grande parola,

  38 	e da te per quarto è nato pure il mio udito o illustre,
     	per quinto da te è nato quanto è detto il mio odorata,

  39 	e da te stabilito per sesto io sono nato nell'uovo,
     	e la mia settima nascita è la nascita dal loto o incomparabile fulgore,

  40 	di creazione in creazione io sono tuo figlio aldilà dei tre guṇa,
     	prodotto o Occhi-di-loto, dotato della suprema qualità,

  41 	tu sei il Signore per natura, tu il Nato-da-sé, il supremo puruṣa,
     	da te io sono creato coi veda per occhi, avanti di età,

  42 	i veda che sono la mia vista mi hanno rapiti io sono cieco, svegliati,
     	ridammi i miei occhi io sono caro a te, e tu sei caro a me.'

  43 	così pregato, il Beato puruṣa, rivolto in ogni direzione,
     	abbandonava il sonno e si alzava per agire sui veda,
     	con la potenza del suo yoga assunto il suo secondo corpo,

  44 	divenuto splendente come luna con bel corpo e bel naso,
     	il potente divenuto con testa equina splendida e dimora dei veda,

  45 	dalla sua testa sorgeva il cielo con stelle e costellazioni,
     	i suoi capelli erano i lunghi e splendenti raggi del sole,

  46 	le sue orecchie il cielo e gl'inferi, e la sua fronte la terra,
     	la Gaṅgā e la santa Sarasvatī, le due grandi fiumane erano le sue sopraciglie,

  47 	i due occhi Soma e Sūrya, il naso ancora era la dea Saṃdhyā,
     	la sillaba oṃ la sua memoria, e la luce era stabilita la sua lingua,

  48 	i denti erano gli avi o re, che bevono il soma, così si sa,
     	il mondo di Brahmā e quello delle vacche erano le labbra del grand'anima,
     	e il suo collo era o re, la notte fatale, aldilà dei guṇa,

  49 	fatta questa testa di cavallo composta da varie forme,
     	si rendeva invisibile il potente Signore universale ed entrava nel profondo,

  50 	ed entrato dunque nel profondo usando un supremo yoga,
     	e usando il suono ben educato, emetteva il suono oṃ,

  51 	questo suono ben risuonante, andando ovunque dolcemente,
     	si spargeva dentro la terra, dotato delle qualità di tutti gli esseri, 

  52 	quindi i due asura messi i veda sotto i vincoli di un accordo,
     	sprofondarono nelle regioni sotterranee, da dove proveniva il suono,

  53 	e in quel frangente o re, il dio che portava la testa di cavallo,
     	Hari, afferrava tutti i veda che erano negli inferi,
     	e di nuovo li dava a Brahmā, che quindi ritrovava la sua natura,

  54 	e avendo fissata la testa equina nel grande mare a nord-est,
     	allora quella testa equina divenne la dimora dei veda,

  55 	quindi non vedendo nessuno i due dānava Madhu e Kaiṭabha,
     	di nuovo in fretta la tornarono e guardando i due
     	là dove i veda erano stati riposti, videro il luogo vuoto,

  56 	quindi quei due fortissimi, usando una suprema violenza
     	di nuovo rapidamente uscirono dalla dimora degli inferi,
     	e scorgevano il puruṣa, il potente, originario creatore,

  57 	bianco, splendido come luna piena, che stava col corpo di Aniruddha,
     	e di nuovo immerso nel sonno yogico era quel supremo valoroso,

  58 	posto sopra le acque in un giaciglio della misura di sé,
     	ricco delle spire dei nāga, attorniato da una ghirlanda fiammeggiante,

  59 	dotato di splendore privo di macchie, brillante di bellezza,
     	i due grandi dānava vedutolo lanciavano una grande risata,

  60 	e dissero soverchiati da rajas e da tamas quei due:
     	' quell'uomo bianco giace immerso nel sonno,

  61 	è lui che ha fatto il furto dei veda dal profondo,
     	di chi è costui, e chi è, e perché dorme avvolto in spire?'

  62 	così avendo forte parlato i due svegliavano Hari,
     	e il supremo e saggio puruṣa sapendo che i due erano abili guerrieri,

  63 	guardando i due grandi asura, allora poneva mente allo scontro,
     	e quindi sorgeva lo scontro tra i due e Nārāyaṇa,

  64 	coi corpi soverchiati da rajas e tamas i due Madhu e Kaiṭabha,
     	furono afferrati per fare il bene di Brahmā, dall'uccisore di Madhu,

  65 	compiuta rapidamente l'uccisione dei due riportati i veda,
     	sollevava il dolore di Brahmā, il supremo puruṣa,

  66 	quindi da lui attorniato, Brahmā, venerato nei veda, uccisi i nemici,
     	creava allora tutti i mondi coi loro mobili e immobili,

  67 	e data al Grande-avo la maggiore intelligenza per creare i mondi,
     	il dio Hari da là scompariva e se ne andava donde era venuto,

  68 	Hari uccisi i due dānava, di nuovo assumeva il corpo della testa equina,
     	e ancora stabiliva quel corpo per compiere la dottrina della pravṛtti,

  69 	così il gloriosissimo Hari divenne colla testa equina,
     	questo suo aspetto è considerata il più antico, potente e fonte di grazie,

  70 	il brahmano che sempre ascolti ciò, o lo mantenga in mente,
     	non cadrà mai nella distruzione dei suoi studi, 

  71 	propiziandosi con un fiero tapas il dio che ha la testa equina,
     	Pāñcāla ottenne successione sulla via indicata da Rāma,

  72 	ti ho illustrato o re, la storia della testa equina,
     	antica, conforme ai veda, come tu me l'hai chiesta,

  73 	qualsiasi corpo il dio voglia fare, per stabilire il da farsi in qualche luogo,
     	questo stesso fa e modifica in sé da sé stesso,

  74 	lo splendido è lo scrigno dei veda, e scrigno del tapas,
     	il potente Hari è lo yoga e il sāṃkhya, e il supremo brahman,

  75 	i veda sono seguaci di Nārāyaṇa, i sacrifici sono la natura di Nārāyaṇa,
     	il tapas è seguace di Nārāyaṇa, la meta finale è seguace di Nārāyaṇa,

  76 	la verità è seguace di Nārāyaṇa, il giusto è la natura stessa di Nārāyaṇa,
     	il dharma arduo del non ritorno è seguace di Nārāyaṇa, 

  77 	il dharma segnato dall'azione, ha Nārāyaṇa per natura,
     	il profumo che è risaputo il migliore sulla terra ha Nārāyaṇa per natura, 

  78 	il gusto o re, che è la qualità delle acque ha Nārāyaṇa per natura,
     	la forma che si dice la qualità della luce ha per natura Nārāyaṇa,

  79 	il tatto che si dice la qualità del vento ha Nārāyaṇa per natura,
     	e anche il suono che sorge dallo spazio ha Nārāyaṇa per natura,

  80 	e la mente l'elemento che indica la qualità dell'immanifesto,
     	è seguace di Nārāyaṇa, e pure il tempo che è la via delle stelle,

  81 	e Kīrti, Śrī e Lakṣmī queste divinità sono seguaci di Nārāyaṇa,
     	il sāṃkhya è seguace di Nārāyaṇa, lo yoga ha per natura Nārāyaṇa,

  82 	la causa di tutti questi è il puruṣa ed pure la più importate causa,
     	egli è l'impulso delle azioni, e la causa divina di queste,

  83 	è chiamato le cinque cause, Hari è la fine di ogni cosa,
     	è la verità di chi vuol conoscere, in tutti i modi e ovunque,

  84 	lui solo è la verità, il grande yogin, Hari, il potente Nārāyaṇa,
     	i desideri dei ṛṣi grandi anime, e dei mondi assieme a Brahmā,

  85 	dei sāṃkhya e degli yogin, e degli asceti sapienti dell'anima,
     	sono conosciuti dal Keśava, ma nessuno conosce i suoi,

  86 	quelli che in tutti i mondi che praticano i riti per dèi e avi,
     	e che offrono i loro doni, e praticano un grande tapas,

  87 	Viṣṇu è il rifugio di tutti questi, saldo nella potenza e nella condotta,
     	e risiedendo in tutti gli esseri, è detto Vāsudeva,

  88 	egli è il supremo eterno ṛṣi, dal grande potere, pieno di qualità, chiamato l'oltre i guṇa,
     	va rapido verso l'unione coi guṇa, come il tempo lungo le stagioni è unito ad esse,

  89 	neppure le grandi anime conoscono il suo moto, e nessuno qui vede il suo arrivo,
     	i grandi ṛṣi, sapienti per natura in pieno controllo vedono sempre il puruṣa aldilà dei guṇa.”
     


                              CCCXXXVI


   1 	Janamejaya disse:
     	“ si rallegra il Beato Hari di tutti i suoi stretti devoti,
     	e il Beato in persona accetta la venerazione offerta secondo le regole,

   2 	quelli che hanno bruciato ogni erba, che al mondo abbandonano bene e male,
     	a costoro tu indichi il percorso lungo la via delle successioni,

   3 	ed essi raggiungono la quarta meta che è il supremo puruṣa,
     	questi uomini devoti esclusivi, raggiungono il supremo luogo,

   4 	dunque la dottrina della esclusiva devozione è la più cara a Nārāyaṇa,
     	questi senza raggiungere le tre mete, vanno all'immutabile Hari,

   5 	i savi che rettamente controllati, i veda colle upaniṣad
     	studiano stando alle regole, e quelli che praticano il dharma dell'ascesi,

   6 	io so che a questi spetta la miglior meta, quella degli uomini devoti a lui,
     	da quale dio o ṛṣi fu promulgato questo dharma

   7 	dei devoti esclusivi? quale è la pratica, e quando fu compiuta?
     	questo mio dubbio recidi, io ne ho la massima curiosità.”

   8 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	mentre iniziava lo scontro degli eserciti tra kuru e pāṇḍava,
     	essendo angosciato Arjuna, furono cantate dal Beato in persona,

   9 	l'origine e la meta finale, come precedentemente ti ho illustrato,
     	impenetrabile è questo dharma, e arduo da conoscere per le anime incompiute,

  10 	commisurato al sāmaveda, fu compiuto nel primo yuga,
     	e fissato dal Signore in persona o re, da Nārāyaṇa,

  11 	su questo punto o grande re, dal pṛthāde fu interrogato Nārada,
     	quel gloriosissimo, in mezzo ai ṛṣi e alla presenza di Kṛṣṇa e Bhīṣma,

  12 	e dal mio guru fu illustrato o supremo sovrano,
     	come fu rivelato là da Nārada, e così ascoltalo,

  13 	quando uscita dalla bocca di Nārāyaṇa, vi fu dalla mente la nascita 
     	di Brahmā o protettore della terra, allora Nārāyaṇa in persona,
     	compiva con questo dharma i riti di dèi e avi o bhārata,

  14 	e i ṛṣi che si nutrono di schiuma di latte, seguirono questo dharma,
     	e i brahmani nella foresta, dai ṛṣi ottennero questo dharma,
     	e dai vaikhānasa lo ebbe Soma, e quindi andò a scomparire,

  15 	quando vi fu la seconda nascita di Brahmā dalla vista o sovrano,
     	allora dal Grande-avo Soma questo dharma nasceva,
     	che ha la natura di Nārāyaṇa o re, ed egli lo impartiva a Rudra,

  16 	quindi concentrato nello yoga al tempo del kṛtayuga o sovrano,
     	rivelava questo dharma a tutti i ṛṣi vālakhilya,
     	e quindi di nuovo scompariva per la māyā del dio,

  17 	quando vi fu la terza nascita di Brahma quella grande dalla parola,
     	là allora questo dharma è sorto dallo stesso Nārāyaṇa o sovrano,

  18 	e un ṛṣi di nome Suparṇa lo ottenne dal supremo Puruṣa,
     	attraverso la pratica del tapas, del controllo e delle rinunce,

  19 	tre volte al giorno Suparṇa visitava questo supremo dharma,
     	e da questo voto esso è chiamato quaggiù trisauparṇa,

  20 	questa dottrina è illustrata nel ṛgveda, ed è un voto arduo da compiere,
     	e da Suparṇa ottenne questo dharma eterno

  21 	Vāyu o migliore dei bipedi, e fu divulgato dal soffio del mondo,
     	e alla presenza di Vāyu fu acquisito dai ṛṣi che si nutrono dei resti sacri,

  22 	da loro ottenne questo supremo dharma il grande oceano
     	e quindi di nuovo sconparve assorbito da Nārāyaṇa,

  23 	quando vi fu ancora la nascita sorta dall'udito, del grand'anima
     	Brahmā o tigre fra gli uomini, ascolta come fu rivelato,

  24 	il dio Hari, Nārāyaṇa in persona mentre aveva in mente di creare l'universo,
     	pensava ad un essere che fosse potente da compiere la creazione dell'universo,

  25 	quindi mentre così pensava, sorgeva un essere dalle suo orecchie,
     	Brahmā il creatore delle creature, e a lui diceva il Signore dell'universo:

  26 	' crea tutte le creature o figlio, dalla tua bocca e dai tuoi piedi,
     	io ti darò o grande nei voti, la miglior forza ed energia,

  27 	e prendi da me questo dharma che è chiamato col nome di sātvata,
     	e con quello stabilizza l'intero kṛtayuga secondo le regole.'

  28 	allora Brahmā, inchinandosi al dio Harimedhas,
     	il supremo dharma prendeva colle dottrine segrete e le appendici,
     	e unito alla āraṇyaka sorta dalla bocca di Nārāyaṇa,

  29 	impartito quel dharma a Brahmā dall'incomparabile splendore,
     	che supporta il kṛtayuga, conosciuto come l'agire senza desiderio,
     	se ne andava oltre la tenebra dove si trova l'immanifesto,

  30 	quindi il dio Brahmā, il Grande-avo del mondo, fonte di grazie,
     	creava allora tutti i mondi coi loro mobili e immobili,

  31 	allora sorgeva all'inizio il sublime kṛtayuga,
     	allora il dharma sātvata permeando i mondi vi abitava,

  32 	secondo quel dharma Brahmā il creatore del mondo, per primo
     	venerava il Signore degli dèi il potente Hari Nārāyaṇa,

  33 	per stabilire quel dharma allora lo insegnava a Manu
     	Svārociṣa, desiderando fare il bene dei mondi,

  34 	quindi al proprio figlio Śaṅkhapada o sovrano, Svārociṣa
     	l'illustre signore di tutto il mondo deliberatamente lo insegnava,

  35 	e quindi pure Śaṅkhapada al figlio innato nato da lui,
     	Sudhatman custode delle direzioni lo insegnava o bhārata,
     	quindi di nuovo andava perduto, giunto il tretāyuga,

  36 	un tempo alla nascita di Brahmā dal naso, o supremo sovrano,
     	questo dharma, il potente dio Hari Nārāyaṇa 
     	dagli occhi di loto lo recitava davanti a Brahmā allora,

  37 	e il Beato Sanatkumāra allora lo studiava o sovrano,
     	e da Sanatkumāra, pure Vīraṇa signore delle creature,
     	all'inizio del kṛta o tigre dei kuru studiava questo dharma,

  38 	Vīraṇa avendolo studiato lo offriva a Manu Raucya,
     	e Raucya al figlio di grande intelligenza, dai grandi voti e purificato,

  39 	di nome Kukṣi, che nel dharma custodiva le direzioni, lo dava, 
     	esso uscito dalla bocca di Nārāyaṇa quindi di nuovo scompariva, 

  40 	alla nascita dall'uovo nel grembo di Hari di Brahmā,
     	questo dharma è sorto di nuovo dalla bocca di Nārāyaṇa,

  41 	preso da Brahmā, e usato secondo le regole,
     	lo insegnava poi ai muni di nome barhiṣad o sovrano,

  42 	dai barhiṣad passava ad un ri-nato ben versato nel sāmaveda, 
     	chiamato di nome Jyeṣṭha, Jyeṣṭhasāmavrata Hari,

  43 	da Jyeṣṭha, passava di seguito al re Avikampana
     	e quindi di nuovo spariva quel dharma del potente Hari,

  44 	quella dai piedi che è la settima nascita di Brahmā o sovrano,
     	in quella questo dharma fu di nuovo rivelato da Nārāyaṇa,

  45 	al Grande-avo, al puro che sostiene il mondo all'inizio dello yuga,
     	e il Grande-avo dava allora questo dharma a Dakṣa,

  46 	quindi Dakṣa lo dava al suo nipote primogenito o ottimo sovrano,
     	essendo il sole Savitṛ il primogenito, Vivasvat lo ottenne,

  47 	e all'inizio del tretāyuga Vivasvat lo dava a Manu,
     	e Manu per la prosperità del mondo lo dava al figlio Ikṣvāku,

  48 	e da Ikṣvāku divulgato, diffuso nei mondi vi restava,
     	e alla fine della dissoluzione di nuovo tornerà a Nārāyaṇa o sovrano,

  49 	e il dharma dei saldi nei voti, precedentemente a te o supremo sovrano,
     	è stato illustrato nelle gītā di Hari esposto con succinte regole,

  50 	e Nārada lo ottenne con le regole segrete e gli addendi,
     	questo dharma da Nārāyaṇa in persona, dal protettore dell'universo o sovrano,

  51 	e così oggi o re, questo grande eterno dharma,
     	arduo da conoscere e da compiere, è sempre sostenuto dai sātvata,

  52 	e di chi conosce questo dharma, unito alla sua pratica,
     	secondo il dharma della non-violenza, il Signore Hari si compiace,

  53 	o quando appare distinto in una forma, o conosciuto in due forme,
     	o in tre forme, o considerato in quattro forme,

  54 	Hari lo kṣetrajña, aldilà del possesso, e privo di parti,
     	è la vita di tutti gli esseri, aldilà dei guṇa e dei cinque elementi,

  55 	la mente è conosciuta come il moto dei cinque sensi,
     	egli è il recettacolo del mondo, il saggio creatore del mondo,

  56 	egli è inattivo e creatore, è il creato e la causa,
     	come desidera così gioca o re, l'immutabile Puruṣa,

  57 	ti ho illustrato il dharma della devozione esclusiva o supremo sovrano, 
     	per grazia del mio guru, esso è arduo da conoscere per le anime incompiute,
     	e molti uomini devoti esclusivi sono ardui da trovare o sovrano,

  58 	se l'universo fosse pieno di devoti esclusivi o rampollo dei kuru,
     	intenti alla non-violenza, sapienti dell'anima, lieti nel bene di tutti gli esseri,
     	che abbadonano azioni e desideri, vi sarebbe sempre il kṛtayuga,

  59 	così il venerabile Vyāsa il mio guru o signore di popoli,
     	sapiente del dharma e supremo ri-nato illustrava ciò al dharmarāja,

  60 	nell'assemblea dei ṛṣi o re, e alla presenza di Kṛṣṇa e Bhīṣma,
     	e pure a lui raccontava un tempo Nārada dal grandissimo tapas,

  61 	del dio supremo, del brahman, dell'incrollabile bianco come la luna,
     	a cui vanno a rifugiarsi i devoti esclusivi di Nārāyaṇa.

  62 	Janamejaya disse:
     	“ questo dharma dai molti aspetti seguito dagli illuminati,
     	perché non lo seguono gli altri savi saldi in vari voti?”

  63 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	tre nature o re, sono riconosciute negli incarnati,
     	la sattvica, la rajasica e la tamasica o bhārata,

  64 	il migliore essere tra gli incarnati o continuatore dei kuru,
     	è quello sattvico o tigre fra gli uomini, intento alla liberazione,

  65 	e qui il devoto di Nārāyaṇa conosce il puruṣa che vive nel brahman,
     	quindi la liberazione è riconosciuta come sattvica,

  66 	quanto desidera ottiene, meditando sul supremo Puruṣa,
     	il devoto esclusivo che sempre si rifugia in Nārāyaṇa,

  67 	saggi sono quegli asceti che cercano la liberazione,
     	a costoro che hanno eliminato i desideri, Hari porta la dimora dello yoga,

  68 	quale uomo mentre nasce sia guardato dall'uccisore di Madhu,
     	si deve riconoscere sattvico, e diverrà intento alla liberazione,

  69 	il dharma seguito dal devoto esclusivo è pari al sāṃkhya-yoga,
     	essendo la liberazione per natura di Nārāyaṇa, allora si va alla suprema meta,

  70 	l'uomo guardato da Nārāyaṇa diviene illuminato,
     	così nessuno nasce illuminato o re, per suo proprio desiderio,

  71 	chi ha due nature sono come mescolanza di rajas e tamas,
     	quest'uomo che nasce con questa natura o signore di popoli,
     	legato ai segni dell'agire, non è guardato da Hari in persona,

  72 	lo guarda nascere Brahmā il Grande-avo del mondo,
     	questo uomo sommerso da rajas e tamas,

  73 	a loro piacere dèi e ṛṣi sono saldi nel sattva o supremo sovrano,
     	e quelli privi del più piccolo sattva sono ritenuti soggeti a mutamenti.

  74 	Janamejaya disse:
     	“ in che modo un uomo mutevole può raggiungere il supremo Puruṣa?”
        (...)

  75 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	l'uomo può raggiungere il Puruṣa che è formato dal sottilissimo sattva,
     	che è formato dai tre suoni, e che è il venticinque, astenendosi dall'agire,

  76 	così uno solo è il sāṃkhya-yoga, i veda e gli āraṇyaka,
     	sono tutti i reciproci aspetti di quello chiamato pañcarātra,
     	questo è il dharma l'anima suprema Nārāyaṇa, dei devoti a lui esclusivi, 

  77 	come le frotte d'acqua sorgono dall'oceano e di nuovo in lui o re ritornano,
     	così questi che sono grandi acque di sapienza ritornano a Nārāyaṇa,

  78 	ti ho illustrato il dharma sātvata o parente degli yadu,
     	praticalo secondo le regole, se ne sei capace o bhārata,

  79 	così il gloriosissimo Nārada, al mio guru,
     	ripeteva l'immutabile meta dei devoti esclusivi, degli asceti bianchi,

  80 	e Vyāsa lo rivelava per amore al saggio figlio di Dharma,
     	e io a te l'ho rivelato dopo aver chiesto al guru,

  81 	perciò questo difficile dharma o supremo sovrano,
     	e come te così altri perplessi non l'intendono,

  82 	Kṛṣṇa è il creatore dei mondi e li confonde, 
     	è il loro distruttore e la loro causa o signore di popoli.
     


                              CCCXXXVII


   1 	Janamejaya disse:
     	“ il sāṃkhya, lo yoga, il pañcarātra, i veda e gli āraṇyaka,
     	queste sapienze o ṛṣi brahmano, praticano nei mondi,

   2 	seguono questi un'unica cosa o ne seguono differenti o muni?
     	parla a me che te lo chiedo dei modi di agire nell'ordine.”

   3 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	al supremo liberale di molta sapienza, che nell'isola nacque figlio suo proprio
     	da Parāśara e da Gandhavatī, grande ṛṣi, a lui lontano da tamas e ignoranza mi inchino, 

   4 	il grande ṛṣi che possiede il potere dei ṛṣi, che dicono sesta origine del Grande-avo,
     	che unico figlio nato da una porzione di Nārāyaṇa, il dvaipāyana, grande scrigno dei veda,

   5 	grande scrigno del brahman, il potentissimo Nārāyaṇa, dal nobile splendore,
     	il non nato, l'antico agli inizi del tempo, creava come suo figlio il grand'anima Vyāsa.

   6 	Janamejaya disse:
     	“ tu precedentemente hai detto che nacque o supremo ri-nato,
     	il figlio Śakti di Vasiṣṭha, e che Parāśara fu figlio di Śakti,

   7 	e che il muni Kṛṣṇa il dvaipāyana è figlio di Parāśara,
     	e di nuovo tu dici che lui è figlio di Nārāyaṇa,

   8 	da chi dunque è nato prima Vyāsa dall'incomparabile splendore?
     	raccontami o supremo intelletto, della nascita sorta da Nārāyaṇa.”

   9 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	volendo conoscere i veda, lo scrigno di tapas saldo nel dharma,
     	che è il mio guru, devoto del sapere sedeva ai piedi dell'himavat,

  10 	compiuta la storia dei bhārata, essendo stanco del tapas quel saggio,
     	e noi allora o re, suoi seguaci particavamo il suo servizio,

  11 	Sumantu, Jaimini, e Paila dai saldissimi voti,
     	ed io per quarto discepolo e Śuka il figlio di Vyāsa,

  12 	da questi cinque supremi discepoli circondato, Vyāsa,
     	ai piedi dell'himavat splendeva come il signore dei bhūta tra i bhūta,

  13 	a lui che ci rivelava i veda coi vedāṅga, e interamente i passi del bhārata, 
     	controllato colla mente concentrata, noi attenti sedevamo intorno,

  14 	e durante quel racconto noi interrogammo il supremo ri-nato,
     	riguardo i veda, riguardo il bhārata e sulla sua nascita da Nārāyaṇa,

  15 	avendoci prima parlato dei veda e del bhārata, quel sapiente del vero,
     	iniziò a raccontarci della nascita da Nārāyaṇa:

  16 	“ ascoltate questa eccellente e suprema storia relativa ai ṛṣi,
     	che sorta all'inizio dei tempi, io ho acquisito col tapas o savi,

  17 	giunta la settima creazione delle creature sorta dal loto,
     	il grande yogin Nārāyaṇa abbandonato ogni bene e male,

  18 	creava dal suo ombelico il figlio Brahmā, dall'incomparabile splendore,
     	e quindi costui appariva, e a lui diceva queste parole:

  19 	' dal mio ombelico sei nato, signore e creatore delle creature,
     	crea dunque tu le varie creature, intelligenti e no.'

  20 	così comandato, incerto pensando con mente agitata,
     	inchinandosi al dio fonte di grazie, diceva al Signore Hari:

  21 	' quale potere ho io o signore degli dèi per creare le creature? omaggio sia a te,
     	io non possiedo saggezza o dio stabilisci quanto occorre.'

  22 	così richiesto il Beato divenuto invisibile allora,
     	il dio degli dèi pensava alla Buddhi, il migliore dei pensatori,

  23 	quindi la Buddhi nel proprio aspetto raggiungeva il potente Hari,
     	e staccato da essa col suo yoga la univa a sé allora,

  24 	e alla virtuosa e potente Buddhi che possedeva quel potente yoga,
     	il potente immutabile dio diceva queste parole alla Buddhi:

  25 	' entra dunque in Brahmā per compiere la creazione del mondo.'
     	la Buddhi comandata dal Signore, rapidamente entrava in lui,

  26 	e di nuovo Hari apparve a lui che era unito alla Buddhi, 
     	e di nuovo diceva queste parole: ' crea le creature di vario tipo.'

  27 	così avendo parlato, il Beato da là scompariva,
     	e raggiungeva in un momento la propria sede chiamata deva,

  28 	e acquisita la propria natura divenne l'Uno,
     	ma un'altro pensiero gli sorgeva di nuovo allora,

  29 	'dopo che tutte le creature sono state create da Brahmā Parameṣṭhin,
     	piena di daitya, di dānava, di gandharva, e delle schiere dei rakṣas,
     	la terra ascetica è divenuta oberata da quel peso,

  30 	molti daitya, dānava e rākṣasa fortissimi sulla terra,
     	diverranno e intenti al tapas otterrano supreme grazie,

  31 	e inevitabilmente fatti arroganti per le grazie avute,
     	saranno oppresse le schiere dei celesti, e i ṛṣi ricchi in tapas,
     	e io ho compiuto il giusto modo di sollevare quel peso,

  32 	assumendo vari aspetti sulla terra secondo il giusto ordine,
     	per trattenere i malvagi e per far prosperare i virtuosi,

  33 	io supporterò la terra che è la verità fatta di tapas,
     	con l'aspetto di un serpente la solleverò dal profondo abisso,

  34 	e da me sollevata supporterà l'universo con suoi mobili e immobili,
     	perciò io compirò la protezione della terra una volta nato.'

  35 	così pensando il Beato uccisore di Madhu,
     	creava molte forme nel cui aspetto apparire lui stesso,

  36 	un cinghiale, un uomo-leone, un nano, ed un essere umano,
     	' con queste forme, io devo uccidere i nemici degli dèi che male agiscono.'

  37 	quindi ancora il creatore dell'universo lanciando il suono bhos,
     	pronunciava il suo didscorso, e là nacque Sārasvata,

  38 	questo figlio nato dal discorso del potente aveva nome Apāntaratamas,
     	era sapiente di passato, presente e futuro, di sincera parola, e di saldi voti,

  39 	e l'immutabile origine degli dèi a lui che aveva inchinato la testa diceva:
     	'tu devi divulgare le parole vediche o migliore dei dotati di intelletto,
     	perciò compi come le hai ricevute da me le mie parole o muni.'

  40 	e da lui furono divulgati i veda al tempo di Manu figlio del Nato-da-sé,
     	quindi fu soddisfatto il Beato Hari dalle sue azioni,
     	avendo ben praticato il tapas, il controllo e le rinunce.”

  41 	il Beato signore disse:
     	“ in ogni manvantara, o figlio tu sarai prodotto al mondo,
     	incrollabile o brahmano, perennemente invincibile, 

  42 	e giunto di nuova la quarta era, dei bhārata di nome kuru,
     	appariranno, re famosi sulla terra e grandi anime,

  43 	quando questi figli nascerano da te, vi sarà una discordia nella stirpe,
     	per la reciproca distruzione a parte te o supremo ri-nato,

  44 	e là tu divulgherai i veda in molti modi, dotato del tuo tapas,
     	ed essendo giunto lo yuga scuro tu sarai di colorito scuro,

  45 	e sarai autore di vari tipi di dharma, e creatore di sapienza,
     	sarai intento al tapas, e non sarai libero da passioni,

  46 	ma tuo figlio anima suprema, diverrà libero da passioni, 
     	per grazia del Maheśvara, questa parola non è falsificabile,

  47 	quello che chiamano il figlio della mente del Grande-avo, dotato di supremo intelletto,
     	Vasiṣṭha il grande scrigno del tapas, che splende superando pure il sole,

  48 	nella sua stirpe dunque il grande ṛṣi di nome Parāśara, di grande splendore,
     	sarà tuo padre che è la migliore dimora dei veda, di grande tapas, e dimora del tapas,
     	frutto di una fanciulla, in una vergine dal padre, di questo ṛṣi tu sarai figlio,

  49 	sarai capace di recidere ogni dubbio su passato, presente e futuro,
     	e il tempo delle migliaia di yuga che sono anticamente passate,

  50 	tutte queste da me indicate tu vedrai dotato del tuo tapas,
     	e ancora vedrai molte altre migliaia di passaggi di yuga,

  51 	e me che sono il Cakrahasta senza inizio né fine o muni,
     	per la mia meditazione o muni, queste parole non saranno altrimenti,

  52 	il figlio di Sūrya Śanaiścara, diverrà il grande Manu,
     	e in questo manvantara, vi sarà la primeva schiera dei sette ṛṣi,
     	e tu sorgerai o figlio, per mia grazia non vi è qui dubbio.”

  53 	Vyāsa disse:
     	“così avendo parlato al ṛṣi Sārasvata ad Apāntaratamas, allora
     	il Signore gli diceva queste parole: ' compi tutto ciò.'

  54 	io dunque per la grazia del dio Harimedhas,
     	sono nato col nome di Apāntaratamas, col permesso di Hari,
     	e di nuovo sono nato chiamato rampollo della stirpe di Vasiṣṭha,

  55 	vi ho raccontato della mia primitiva nascita,
     	per grazia di Nārāyaṇa, e come porzione di Nārāyaṇa,

  56 	io ho praticato un grandissimo tapas di suprema difficoltà,
     	un tempo o migliori dei dotati di intelletto, con suprema concentrazione,

  57 	vi ho taccontato tutto quanto mi avete chiesto o figlioli,
     	riguardo alla passata e futura nascita, per amore dei miei devoti.”

  58 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	ti ho raccontato dell'antica nascita del nostro guru o sovrano,
     	di Vyāsa dall'instancabile animo, come mi hai chiesto, ascolta ora

  59 	del sāṃkhya, dello yoga, del pañcarātra, dei veda e della dottrina di Paśupati,
     	queste conoscenze o re e ṛṣi, sappi sono di molte opinioni,

  60 	Kapila il supremo ṛṣi si dice sia l'insegnante del sāṃkhya,
     	l'antico Hiraṇyagarbha e nessun altro è il sapiente dello yoga,

  61 	e Apāntaratamas si dice che sia il maestro dei veda,
     	e alcuni dicono che è il ṛṣi di nome Prācīnagarbha,

  62 	il marito di Umā, il signore dei bhūta dalla bella gola, il figlio di Brahmā,
     	Śiva di proposito rivelava la conosenza detta di Paśupati,

  63 	ma il Beato in persona è il maestro dell'intero pañcarātra,
     	egli si mostra o migliore dei sovrani, in tutte queste conoscenze,

  64 	secondo le scritture e le conoscenze il potente Nārāyaṇa è il culmine supremo,
     	e non lo conoscono così quelli presi dal tamas o signore di popoli,

  65 	i saggi dicono che lui è l'autore degli śāstra,
     	la meta suprema è il ṛṣi Nārāyaṇa, nessun altro lo è, così dicono,

  66 	in tutte le cose certe sempre risiede Hari,
     	il Mādhava non risiede nel dubbi argomentati con forza,

  67 	quelli che sono sapienti del pañcarātra nel giusto ordine o sovrano,
     	che sono devoti alla sua sola natura, entrano in Hari,

  68 	i due sāṃkhya e yoga sono eterni, e pure tutti i veda interamente o re,
     	tutti i ṛṣi insieme affermano che Nārāyaṇa è l'universo primevo,

  69 	qualsiasi azioni buona o cattiva compiuta che si svolga in tutti i mondi,
     	in cielo, nell'aria, in terra, e nell'acqua, viene dalla sapienza di quel ṛṣi.
     


                              CCCXXXVIII


   1 	Janamejaya disse:
     	“ vi sono o brahmano molti puruṣa o invece uno solo?
     	chi è qui il miglior puruṣa, e chi è detto quaggiù l'origine?”

   2 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	per coloro che praticano il sāṃkhya-yoga vi sono al mondo molti puruṣa,
     	non credono che ci sia un unico puruṣa o continuatore dei kuru,

   3 	e di questi molti puruṣa si dice vi sia un'unica origine,
     	e così io ti parlero del puruṣa universale aldilà dei guṇa,

   4 	inchinandomi al guru, a Vyāsa dall'incomparabile splendore,
     	al supremo ṛṣi devoto al tapas, che si controlla nella foresta,

   5 	il puruṣa è ben argomentato in tutti i veda o principe,
     	ed è chiamato e pensato come ṛta e verità da quel leone dei ṛṣi,

   6 	e in generale e nelle eccezioni, i ṛṣi a cominciare da Kapila,
     	avendo meditato sull'adhyātman l'hanno affermato nei trattati o bhārata,

   7 	ma succintamente Vyāsa ha affermato che il puruṣa è uno solo,
     	e questo io ti illustrerò per grazia del ṛṣi dall'incomparabile splendore,

   8 	anche qui raccontano una storia antica,
     	sulla conversazione del Tryambaka con Brahmā o signore di popoli,

   9 	in mezzo all'oceano di latte, splendente d'oro,
     	vi era una grande montagna chiamata vaijayanta o sovrano,

  10 	e là il dio da solo pensava alla meta dell'adhyātman,
     	e sempre risiedeva nel suo splendido seggio sul vaijayanta,

  11 	e mentre stava là il saggio dalle quattro teste,
     	suo figlio Śiva nato dalla sua fronte vi giunse per caso,
     	attraverso il cielo, allora il potente Signore dello yoga dai tre occhi,

  12 	quindi rapidamente scendeva dal cielo, sopra il dio che regge la terra,
     	e davanti a lui stava lieto e rendeva onore ai suoi piedi,

  13 	veduto caduto ai suoi piedi con la mano sinistra
     	lo sollevavva il potente, il solo Prajāpati,

  14 	e il Beato diceva al suo figlio che a lungo era andato:
     	“ benvenuto o grandi-braccia, per fortuna tu mi sei giunto vicino,

  15 	spero siano sempre ottimi i tuoi studi e il tuo tapas,
     	tu sei sempre in un fiero tapas, quindi io allora te lo chiedo.”

  16 	Rudra disse:
     	“ col tuo favore o Beato, la salute dei miei studi e tapas,
     	è sempre immutabile in tutto l'universo,

  17 	molto tempo fa ti ho veduto o Beato, nel tuo splendido seggio,
     	quindi ho raggiunto questa montagna per onorare i tuoi piedi,

  18 	grande curiosità io ho di te che te ne stai da solo,
     	non piccola sarà la ragione di questo o Grande-avo,

  19 	perché dunque la tua sede suprema priva di sete e di fame,
     	abitata da dèi e asura, e dai ṛṣi di incomparabile splendore,

  20 	e frequentata sempre da Gandharva e apsaras,
     	abbandonando hai raggiunto da solo questo grande monte?”

  21 	Brahmā disse:
     	“ sempre io frequento il grande monte vaijayanta,
     	qui con mente concentrata io penso al puruṣa universale.”

  22 	Rudra disse:
     	“ molti uomini hai creato o Brahmā, tu che sei il Nato-da-sé,
     	e altri sono creati da te o Brahmā e questo unico puruṣa universale,

  23 	chi è questo supremo puruṣa, che è meditato da te o Brahmā?
     	questo mio dubbio risolvi, io ne ho grande curiosità.”

  24 	Brahmā disse:
     	“ molti sono uomini che tu o figlio, hai menzionato,
     	ma tutti questi egli trascende e non si può vedere,
     	e ti parlerò dunque del potere del solo puruṣa,

  25 	come dei molti puruṣa si dice vi sia una sola origine,
     	così essi entrano nel puruṣa universale, grandissimo e supremo,
     	eterno e privo dei guṇa quando divengono privi dei guṇa.”
     


                              CCCXXXIX


   1 	Brahmā disse:
     	“ ascolta o figlio come il puruṣa eterno e immutabile,
     	indistruttibile, e inimmaginabile, e omnipresente è dichiarato,

   2 	tu non sei in grado di vederlo, e neppure io né altri o supremo,
     	possiede i guṇa e ne è privo, è universale, e si dice che si veda colla sapienza,

   3 	privo di corpo, egli risiede in tutti i corpi,
     	e pur stando nei corpi non è toccato dalle azioni,

   4 	è l'anima dentro di me e di te, e degli altri che hanno un corpo,
     	e fattosi testimone di tutti non è afferrabile da nessuno,

   5 	la sua testa è l'universo, le sue braccia, piedi, occhi e naso sono l'universo,
     	da solo vive nei corpi, come desidera a suo piacere,

   6 	gli kṣetra sono i corpi, semi del bene e del male,
     	questi sappili, quindi l'anima dello yoga è detto kṣetrajña,

   7 	la sua entrata e la sua uscita solo alcuni esseri possono vederla,
     	colle regole del sāṃkhya e col giusto ordine dello yoga,

   8 	io medito sul suo andare, e non ne conosco il supremo moto,
     	come lo conosco io ti parlerò dell'eterno puruṣa,

   9 	della sua unicità e grandezza, egli è riconosciuto come l'unico puruṣa,
     	l'eterno da solo porta l'appellativo di grande puruṣa,

  10 	unico è il fuoco ma brucia in molti luoghi, uno è il sole, una l'origine dei calori,
     	unico è Vāyu ma spira diviso sul mondo, il grande oceano è l'unica origine delle acque,
        unico è il puruṣa privo di guṇa, di forma universale e tutti entrano nel puruṣa privo di guṇa,

  11 	scartato tutto quanto è fatto di guṇa, scartato ogni azione buona e cattiva,
     	scartando entrambi vero e falso, così si diventa oltre i guṇa,

  12 	e conosciuta la natura sottile impensabile dai quattro aspetti,
     	l'asceta che agisca con impegno, raggiunge il potente puruṣa,

  13 	così alcuni sapienti lo vogliono come l'anima suprema,
     	altri come l'unica anima, e altri come l'adhyātman,

  14 	quello che è l'anima suprema, si dice sia sempre oltre i guṇa,
     	egli è conosciuto come Nārāyaṇa, il Puruṣa, l'anima universale,
     	non è toccato dai frutti come la foglia del loto dall'acqua,

  15 	l'anima attiva è diversa, essa è legata ai lacci della liberazione,
     	essa è legata pure alla somma dei diciassette,
     	così di molti tipi è detto il puruṣa secondo l'ordine,

  16 	lui è l'intera dimora delle regole mondane, la suprema sapienza, il saputo e il conoscitore,
     	chi pensa e il pensiero, chi consuma e l'offerta, chi annusa e l'odore, chi tocca e il tocco, 

  17 	chi vede e la vista, chi ode e l'udito, chi conosce e il conosciuto, il senza guṇa coi guṇa,
     	quanto è detto la principale misura dei guṇa, sempre è eterno e immutabile, 

  18 	quanto è l'origine e la fine del creatore, costui è chiamato Aniruddha dai savi,
     	e quale al mondo è la giusta azione vedica, e benedetta, è il suo pasto,

  19 	tutti gli dèi e i muni ben controllati, nei sacrifici offrono a lui l'oblazione:
     	io, Brahmā l'origine e il signore delle creature, sono nato da lui e tu sei nato da me,
     	da me il mondo coi suoi mobili e immobile, e i veda coi loro misteri o figlio,

  20 	nelle sue quattro forme il puruṣa agisce come crede,
     	così il Beato è illuminato dalla sua sapienza,

  21 	ti ho illustrato o figlio secondo verità quanto mi hai chiesto,
     	e quanto è menzionato secondo verità nello yoga e nella dottrina sāṃkhya.”
     


                              CCCXL


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ il Grande-avo ha illustrato i sublimi dharma legati al dharma della liberazione,
     	tu mi devi dire o signore qual'è il miglior dharma dei modi di vita.”

   2 	Bhīṣma disse:
     	“ ovunque è prescritto il dharma dal vero frutto, come veicolo del paradiso,
     	non vi è qui azione priva di frutti per il dharma di ogni tipo,

   3 	e qualsiasi ambito a cui ciascuno va con decisione,
     	questo stesso e non un altro percepisce o migliore dei bhārata,

   4 	e anche tu o tigre fra gli uomini devi ascoltare la mia storia,
     	riguardo a Śakra, che un tempo mi ha raccontato il ṛṣi divino Nārada,

   5 	il ṛṣi divino Nārada o re, è considerato un perfetto nel trimundio,
     	e percorre i mondi uno dopo l'altro, come un vento inarrestabile,

   6 	un giorno o grande arciere, raggiunta la dimora del re degli dèi,
     	onorato dal grande Indra, si sedeva vicino a lui,

   7 	e a lui sedutosi su un seggio libero, il signore di Śacī chiedeva:
     	' o savio ṛṣi, vi è qualche miracolo visto da te o senza-macchia?

   8 	giacché tu o savio ṛṣi, percorri il trimundio,
     	coi suoi mobili e immobili sempre curioso e lo guardi da perfetto,

   9 	non vi è nulla di sconosciuto a te o ṛṣi divino,
     	e quanto hai visto, sentito o anche inteso, raccontami.'

  10 	 Nārada il migliore degli oratori, al re degli dèi o re,
     	che sedeva in richiesta, raccontava questa lunga storia,

  11 	e come il supremo e competente ri-nato da lui, 
     	richiesto raccontava questa storia, così ascoltala da me.” 
     


                              CCCXLI


   1 	Bhīṣma disse:
     	“ vi era dunque o migliore dei kuru, nell'ottima città di mahāpadma,
     	lungo la riva destra della Gaṅgā, un certo savio in concentrazione,

   2 	nobile, nella stirpe di Soma, esperto nei veda, e privo di ogni dubbio,
     	sempre nel dharma, vinta l'ira, e i sensi, sempre soddisfatto,

   3 	devoto alla non-violenza, sempre sincero, e stimato dalle genti virtuose,
     	intento alla propria disciplina, e alla regola acquisita col pensiero,

   4 	ampia era la stirpe dei parenti, e considerata priva di amici, 
     	era chiamata una grande famiglia, e lui aveva il miglior vitto,

   5 	vedendo i molti figli stando in quella grande famiglia,
     	rifugiandosi nel dharma della stirpe, divenne devoto a compiere il dharma,

   6 	quindi il dharma riferito dai veda, e quello che era detto nei trattati,
     	e il dharma praticato dai rimanenti, di tre tipi pensandoli nell'animo,

   7 	' quale può essere per me il migliore da fare, quale la mia pace e quale il rifugio?'
     	così dunque si esauriva sempre, non trovava una decisione,

   8 	e a lui che in tal modo pensava, un brahmano saldo sul supremo dharma,
     	e ben concentrato, un giorno giungeva come ospite,

   9 	a lui compiva gli onori, coi mezzi stabiliti dalle regole,
     	e quando fu riposato e seduto gli diceva queste parole:
     


                              CCCXLII


   1 	il brahmano disse:
     	' voglio iniziare a parlare con te per la dolcezza delle tue parole o senza-macchia,
     	quello che ti dirò per aver la tua amicizia, dunque ascolta,

   2 	io ho un tempo praticato o grande savio, il dharma domestico e ho avuto figli,
     	io vorrei praticare il dharma supremo, qual'è la via di ciò o ri-nato?

   3 	io desidero praticare me stesso nell'anima, stando
     	da solo in me, non voglio essere legato ai guṇa,

   4 	fin tanto che non è finito il mio vigore, intento al frutto dei figli,
     	io voglio percorrere la via che porta all'altro mondo,

   5 	io desidero il supremo, che è oltre i legami di questo mondo,
     	mi è sorta questa intenzione, dove posso avere la nave fatta di dharma?

   6 	osservando le cose accumulate al mondo, e raggiunte quelle sattviche, 
     	veduta la corona e l'insegna di Dharma sopra le sparse creature, 

   7 	il mio animo non si compiace del tempo dei beni, veduti gli asceti che cercano l'aldilà,
     	seguendo la forza dell'intelligenza o ospite, uniscimi al vero artha e dharma.'"

   8 	Bhhīṣma disse:
     	" l'ospite udite le sue parole che bramavano il dharma,
     	quel saggio con dolci accenti rispondeva questo gentili parole:

   9 	' io pure qui sono confuso, ed ho questo desiderio,
     	e non trovo una decisione, molte sono le porte del paradiso,

  10 	alcuni raccomandano la liberazione, altri ri-nati il frutto dei sacrifici,
     	altri ancora l'ascesi nella foresta, e altri sono stabiliti nella vita domestica,

  11 	altri si rifugiano nel dharma dei re, e altri si rifugiano nel frutto dell'anima,
     	altri praticano la condotta verso il guru, e altri ancora trattengono le parole,

  12 	alcuni obbedendo a madre e padre sono andati in cielo,
     	altri hanno raggiunto il paradiso con la non-violenza, e altri ancora colla verità,

  13 	alcuni uccisi in battaglia rivolti in avanti, di certo sono andati in cielo,
     	alcuni perfezionati nei voti dello spigolare, sono saldi sulla via del paradiso,

  14 	altri intenti nei propri studi, sublimi seguaci dei voti vedici,
     	di grande intelletto, con anima lieta e sensi vinti sono giunti in paradiso,

  15 	e altri intenti all'onestà, uccisi da genti disoneste,
     	onesti e di anima purificata risiedono sulla volta del cielo,

  16 	così essendo dispiegate al mondo le varie porte del dharma,
     	pure la mia mente è scossa, come i lembi delle nubi dal vento.'
     


                              CCCXLIII


   1 	l'ospite disse:
     	' il tuo desiderio o savio io compirò secondo la mia consocenza,
     	il senso che mi fu illustrato dal mio guru ascolta dunque,

   2 	dove nella prima creazione fu generata la ruota del dharma,
     	nella selva naimiṣa sulla riva della gomatī, vi è una città che ha nome dai nāga,

   3 	e là vi fu un grande rito di tutti i trenta dèi o toro fra i ri-nati,
     	e là il supremo re Māndhātṛ aveva disobbedito a Indra,

   4 	e là ha fatto residenza un grande serpente dall'anima giusta,
     	e quel gloriosissimo è conosciuto come Padmanābha o Padma,

   5 	egli con parole, azioni e pensiero o toro fra i rinati,
     	rende contenti gli esseri, saldo nel triplo sentiero,

   6 	con conciliazione, con doni, col dividere, e col bastone, in questi quattro modi,
     	e coll'occhio della sapienza, protegge la propria gente, 

   7 	giunto da lui secondo le regole devi chiedere quanto desideri,
     	egli ti mostrerà senza fallo il supremo dharma,

   8 	questo nāga ospitale con tutti, è intelligente ed esperto dei trattati,
     	dotato di non piccole qualità, desiderate da tutti,

   9 	sempre pratica i riti dell'acqua per natura ed è devoto agli studi,
     	dotato di disciplina e tapas, e di non mediocre ricchezza,

  10 	sacrificando spendido nei doni, paziente, saldo nella suprema condotta,
     	di sincera parola, privo di invidie, di buon carattere, e sicuro rifugio,

  11 	si nutre il cibo rimasto, di gentili parole, esperto del fare e del non fare la più giusta cosa,  
     	privo di avversioni, saldo nel bene dei viventi, di stirpe pura come acqua del gaṅgāhrada.' 
     


                              CCCXLIV


   1 	il brahmano disse:
     	' sollevandomi dal peso, le tue parole che mi tolgono
     	questo grande peso, e che sono consolatorie io ho udito,

   2 	come un giaciglio allo stanco del viaggio, e un seggio allo stanco di stare in piedi,  
     	come bevanda per l'assetato, come cibo per l'affamato,

   3 	come l'ottenimento per chi desidera, e la regola del cibo all'ospite,
     	ben compiuto al giusto tempo, come un figlio per l'uomo anziano, 

   4 	come il vedere chi si ama a lungo pensato in mente,
     	così mi rinfrescano le tue parole che mi hai detto,

   5 	coll'occhio che mi hai dato io vedo in cielo e agirò,
     	farò quanto tu mi hai indicato colle tue parole di saggezza,
     	certamente io compirò quanto tu mi hai detto o signore.'

   6 	'qui, per questa notte bene risiedi dunque con me,
     	all'alba tu partirai ristorato dopo aver ben dormito,
     	il Beato Sūrya col suo cerchio di raggi sta tramontando.'”

   7 	Bhīṣma disse:
     	“ quindi da lui avuta ospitalità, quell'ospite o uccisore di nemici,
     	passava dunque la notte assieme a quel ri-nato,

   8 	discorrendo i due delle varie cose inerenti al dharma,
     	e passata l'intera notte felicemente come in paradiso,

   9 	allora al giungere dell'alba, l'ospite fu onorato da quel
     	brahmano, come poteva, e che era bramoso di compiere il suo agire,

  10 	quindi il savio, sapiente del dharma deciso a compierlo, avuto licenza dalla sua gente,
     	come indicato si recava alla dimora del re serpente, a tempo e con ben salda decisione.”
     


                              CCCXLV


   1 	Bhīṣma disse:
     	" passando per graziose foreste, lungo tīrtha e laghi,
     	uno dopo l'altro, raggiungeva un certo muni,

   2 	e il brahmano da quel savio fu indirizzato verso il serpente, 
     	dopo averlo interrogato e ascoltato in verità, partiva,

   3 	pratico della vita, egli raggiunta come indicato la residenza del nāga,
     	gli diceva con parole adornate dal suono bhos: ' io sono qui.'

   4 	quindi udite le sue parole, la bellissima moglie del nāga,
     	devota al marito, e seguace del dharma si mostrava a quel savio,

   5 	pienamente devota al dharma a lui rendeva onore secondo le regole, 
     	e datogli il benvenuto, gli chiedeva:' che posso fare per te?'

   6 	il brahmano disse:
     	' riposato e onorato io sono stato da te, con affettuose parole,
     	io vorrei vedere o signora, quel divino e supremo nāga,

   7 	questo è quando voglio fare di più, questo è il frutto che desidero,
     	per questo scopo io sono oggi giunto alla dimora del serpente.'

   8 	la moglie del nāga disse:
     	' o nobiluomo, egli è andato per un mese a trainare il carro di Sūrya,
     	in quindici giorni o savio, apparirà senza dubbio,

   9 	questa devi sapere è la causa dell'assenza del mio nobile marito,
     	sia dunque così, dimmi che altro io debba compiere.' 

  10 	il brahmano disse:
     	' per questo solo motivo o virtuosa, io sono giunto qui,
     	aspettando il suo ritorno o divina, abiterò in questa grande foresta,

  11 	e quando sia ritornato salvo, che io sia informato del suo arrivo,
     	e che lui sia informato da te del mio arrivo e delle mie parole,

  12 	io abiterò lungo la sublime spiaggia della gomatī,
     	aspettando il giusto tempo come detto nutrendomi moderatamente.'"

  13 	Bhīṣma disse:
     	" quindi il savio avendo dichiarato ciò ripetutemente alla nāga,
     	quel toro fra i brahmani si recava alla riva del fiume."
     


                              CCCXLVI


   1 	Bhīṣma disse:
     	" invero o migliore degli uomini, per quell'ascetico brahmano,
     	che risiedeva digiunando, era addolorata quella serpentessa,

   2 	riunitisi tutti insieme i parenti del nāga,
     	fratelli, figli, e moglie, si recarono da quel brahmano,

   3 	essi videro su quella pura riva, quel saldo nei voti,
     	quel ri-nato intento alle recitazioni seduto senza mangiare,

   4 	avendo tutti raggiunto il savio e salutatolo ripetutamente,
     	i parenti del suo ospite gli dicevano queste certe parole:

   5 	' oggi è il sesto giorno dal tuo arrivo qui o ricco in tapas,
     	e non desideri nessuna cosa da mangiare o devoto al dharma,

   6 	per questo siamo giunti noi a servirti,
     	tutti noi membri della famiglia dobbiamo darti ospitalità,

   7 	radici o frutti, o foglie oppure latte o migliore dei ri-nati, 
     	o altro cibo da mangiare tu devi prendere o brahmano,

   8 	avendo tu rinunciato a mangiare risiedendo da virtuoso nella foresta,
     	tutti i fanciulli e i vecchi sono afflitti da questa mancanza del dharma,

   9 	nessuno di noi ha ucciso un feto, nè il re ha fatto cose illecite o false,
     	o in famiglia mangiamo prima di dèi, ospiti e parenti.'

  10 	il brahmano disse:
     	' per vostro comando io ritornerò a mangiare,
     	mancano otto giorni al ritorno del nāga,

  11 	se passati queste tre notti il serpente non ritornerà,
     	allora io prenderò i pasti, questo è il mio voto stabilito per lui,

  12 	non dovete averne dolore, tornate donde siete venuti,
     	voi non dovete qui rompere il mio voto fatto per lui.'"

  13 	Bhīṣma disse:
     	" licenziati da quel brahmano, i serpenti tornarono
     	alle loro dimore senza aver compiuto il loro scopo o toro fra gli uomini."
     


                              CCCXLVII


   1 	Bhīṣma disse:
     	" passato interamente tutto il tempo, tornato il serpente,
     	alla propria dimora, avutone il permesso dopo aver compiuto il lavoro per Vivasvat,

   2 	la moglie si avvicinava a lui per lavargli i piedi per prima cosa,
     	e il serpente a quella virtuosa a i suoi piedi, chiedeva:

   3 	' tu o nobildonna sei stata attenta ad onorare dèi e ospiti
     	rettamente come me, secondo le regole che prima ti ho impartito? 

   4 	non hai dunque trascurato di adempiere per debolezza mentale delle donne,
     	al mio comando o belle natiche, contro le regole del dharma?'

   5 	la moglie del nāga disse:
     	' l'obbedienza al guru per i discepoli, il seguire i veda per i savi,
     	compiere i comandi del padrone per i servi, la protezione del mondo per i re,

   6 	e la protezione di tutti gli esseri si dice sia il dharma kṣatriya,
     	e compiere i sacrifici per i vaiśya e praticare l'ospitalità,

   7 	il lavoro degli śūdra è servire savi, kṣatriya e vaiśya,
     	il dharma del capofamiglia o re dei nāga è volere il bene di tutti gli esseri,

   8 	sempre il controllo nel cibo, e il seguire i voti nel giusto ordine,
     	è il dharma e specialmente legato al dharma dei sensi,

   9 	'di chi sono io?, da dove vengo, e in quale modo diverrò?' così
     	sempre è unita la mia mente, e rivolta alla liberazione,

  10 	la devozione al marito si dice sia il supremo dharma della moglie,
     	e i tuoi comandi o re dei nāga io conosco in verità,

  11 	e io stessa conoscendo il dharma, sono sempre salda in te,
     	come posso abbandonando la via della virtù, seguire quella pericolosa?

  12 	per le divinità o gloriosissimo, non è mancato di agire nel dharma,
     	e nell'onorare gli ospiti io sempre sono instancabilemente intenta, 

  13 	oggi sono quindici giorni che è giunto qui un savio,
     	egli non mi ha detto il suo da farsi, ma voleva vedere te,

  14 	egli dunque sta sulla riva della gomatī ansioso di vederti,
     	è seduto recitando il brahman quel brahmano dai saldi voti,

  15 	io da lui fui gentimente fui richiesta o re dei nāga,
     	di mandarti da lui appena tu o supremo nāga, fossi alla mia presenza,

  16 	udito dunque ciò o grande saggio, devi andare là,
     	e offrire a lui la tua visione di essere che ascolta colla vista.'
     


                              CCCXLVIII


   1 	il nāga disse:
     	' chi è costui che tu vedi coll'aspetto di brahmano?
     	è un semplice uomo savio o un dio o bel-sorriso?

   2 	quale uomo può desiderare di vedermi o splendida,
     	e desiderando vedermi, dire le parole prima menzionate?

   3 	per le schiere di dèi e asura, e per quelle dei ṛṣi divini o bellissima,
     	i nāga sono considerati divini, abili e di grande valore,

   4 	degni di rispetto, fonti di doni e pure seguiti da altri,
     	e specialmente tra gli uomini si dice che siamo ricchi di tesori.'

   5 	la moglie del nāga disse:
     	' onestamente io capisco che egli non è un dio o serpente,
     	di lui questo solo intendo, che è tuo devoto e facile ad adirarsi,

   6 	egli attende in cuore di compiere quanto deve, come l'uccello stokaka le acque,
     	l'uccello è felice della pioggia, e lui brama vederti,

   7 	che nessun ospite divino ti debba aspettare agitato, 
     	nessuno nato in una stirpe come la tua può non servirlo,

   8 	abbandonando la tua passione congenita, tu lo devi vedere,
     	non devi bruciare te stesso ora mancando alla sua speranza,

   9 	non dando rifugio togliendo le lacrime a quelli che lo chiedono, 
     	un re o un figlio di re si macchia della colpa di feticidio,

  10 	col voto del silenzio si ottiene il frutto della sapienza, e col donare grande gloria,
     	e colla parola sincera l'eloquenza, e viene onorato nell'aldilà,

  11 	col donare la terra ottiene la meta di chi vive in un āśrama,
     	coll'ottenere ricchezza con mezzi leciti se ne ottengono i frutti,

  12 	compiendo il dovuto devotamente senza desiderio nè difficoltà,
     	nessuno va all'inferno così dicono i sapienti del dharma.'

  13 	il nāga disse:
     	' per opinione e per nascita grande è il mio orgoglio,
     	e la passione nata dal desiderio o virtuosa, è bruciata nel fuoco delle tue parole,

  14 	io non vedo o virtuosa, tenebra superiore alla passione,
     	per la quale vengono specialmente menzionati i serpenti,

  15 	caduto in preda alla colpa il possente Daśagrīva,
     	il rivale di Śakra fu ucciso in battaglia da Rāma,

  16 	udendo che Rāma aveva preso il vitello dentro il gineceo,
     	preso dalla furia per l'offesa, fu ucciso il figlio di Kārtavīrya,

  17 	da Rāma figlio di Jamadagni il fortissimo Kārtavīrya   
     	simile al Mille-occhi in persona per l'ira, fu ucciso in battaglia,  

  18 	questo nemico del tapas, che distrugge ogni bene:
     	la furia, io la trattengo avendo udite le tue parole,

  19 	e specialmente io approvo me stesso o imperturbabile,
     	che ho te o grandi-occhi, come moglie dotata di ogni qualità,

  20 	quindi io andrò laddove sta quel ri-nato,
     	e gli dirò ogni parola che possa partire avendo compiuto il suo scopo.'"
     


                              CCCXLIX


   1 	Bhīṣma disse:
     	" il signore dei serpenti si recava alla volta del brahmano,
     	e procedeva pensando nell'animo a cosa dovesse fare per lui,

   2 	il saggio re dei nāga dopo averlo raggiunto o migliore degli uomini,
     	essendo per natura seguace del dharma, gli diceva queste dolci parole:

   3 	' oh, oh, io ti parlo in pace, non devi adirarti,
     	per quale motivo sei giunto qui? e con quale intenzione?

   4 	giunto direttamente a te, per affetto io te lo chiedo o ri-nato,
     	perchè tu sei qui seduto sulla solitaria riva della gomatī?'

   5 	il brahmano disse:
     	' sappi che io sono Dharmāraṇya, qui giunto a vedere il nāga
     	Padmanābha il migliore dei ri-nati, qui ho una cosa da fare,

   6 	e avendo saputo della sua assenza che lui è andato via,
     	dalla sua gente, lo aspetto come un contadino la pioggia,

   7 	per compiere il suo bene, io recito continuamente il brahman
     	fornito di buona fortuna, concentrato nello yoga felicemente.'

   8 	il nāga disse:
     	' oh dunque tu sei virtuoso di nobile condotta e devoto ai virtuosi,
     	tu sei ricco di studi o gloriosissimo, e guardi gli altri con affetto,

   9 	io sono il nāga o savio ṛṣi, che tu cerchi o signore,
     	comanda come credi, che posso fare di bene per te?

  10 	io ho udito dalla mia gente che tu eri giunto qui,
     	e io in persona sono giunto per vederti o ri-nato,

  11 	e raggiuntoti o signore, ora tu partirai compiuto il tuo scopo,
     	con fiducia tu devi impiegarmi nel tuo scopo o migliore dei ri-nati,

  12 	noi tutti da te siamo stati specialmente gratificati,
     	che tu trascurando il tuo bene, hai pensato a me.'

  13 	il brahmano disse:
     	' io sono giunto per desiderio di vederti o gloriosissimo,
     	io desidero chiederti un certo argomento da ignorante o serpente,

  14 	io con anima salda in me stesso, vado cercando il bene per me
     	e ho atteso che tu fortissimo tornassi a casa o grande saggio,

  15 	splendente sei delle tue qualità, che brillano unite alla gloria,
     	che appaiono interne in te come tocchi della luna,

  16 	questa questione nata in me risolvi o tu che ti nutri di vento,
     	tu devi scoltare o signore la questione che ti dirò.'
     


                              CCCL


   1 	il brahmano disse:
     	' mentre Vivasvat va lungo il suo corso, e tu traini il suo carro di singola ruota,
     	se là qualche portento hai veduto, tu me lo devi raccontare.'

   2 	il nāga disse:
     	' come uccelli sui rami, sui mille raggi del sole
     	risiedono rifugiandovisi, i muni in beatitudine assieme agli dèi,

   3 	da qui uscendo il grande Vāyu immerso nei raggi del sole,
     	si espande nel cielo o savio, che vi è di più portentoso di ciò?

   4 	lo splendido di nome Asita i cui piedi sono le nuvole in cielo,
     	versa le sue acque nelle stagioni di pioggia, che miracolo vi è superiore a questo?

   5 	la pioggia che per otto mesi è trattenuta dallo splendido sole,
     	a tempo di nuovo riappare, quale portento vi è superiore a questo?

   6 	sempre in particolari raggi del sole l'anima è stabilita,
     	da questo viene il seme, e la terra sostiene gli esseri mobili e immobili,

   7 	laddove vi è il dio dalle grandi-braccia, eterno, supremo, imperituro,
     	senza inizio nè fine o savio, quale miracolo vi è superiore a questo? 

   8 	ma questo portento dei portenti ascolta da me,
     	che l'ho veduto nel puro cielo mentre ero insieme a Sūrya,

   9 	mentre un tempo il sole giunto a mezzogiorno scaldava i mondi,
     	appariva uno in ogni parte simile al sole,

  10 	egli illuminava tutti i mondi colla propria splendente luce,
     	avanzava verso il sole quasi frantumando il cielo,

  11 	come la luce del burro offerto pentrata da splendenti raggi,
     	appariva di forma incerta come un secondo sole,

  12 	Vivasvat dava una mano a lui che giungeva vicino,
     	e lui pure la mano destra dava per contro onorarlo,

  13 	quindi tagliando il cielo entrava nel corpo del sole,
     	diventato una cosa sola, il suo splendore si univa al sole,

  14 	e là ci nasceva confusione essendo riunite gli splendori dei due,
     	di chi fosse dei due Sūrya che stava sul carro e chi era giunto a lui,

  15 	e noi con questo dubbio natoci, chiedemmo al sole:
     	' chi è costui che attraversando il cielo è divenuto un secondo sole?' '
     


                              CCCLI


   1 	Sūrya disse:
     	' egli non è il dio del fuoco, nè un asura o un serpente,
     	ma è un muni perfezionato nel voto di spigolare giunto in cielo,

   2 	nutrendosi di radici e frutti, e mangiando foglie cadute,
     	vivendo di acqua, e di puro vento, questo savio era concentrato,

   3 	e da questo savio gli inni furono recitati con anima concentrata,
     	in uno strenuo sforzo di aprire la porta del paradiso, e con ciò è giunto in cielo,

   4 	sempre intento instancabile nella devozione nutrendosi nel voto di spigolare,
     	questo savio è intento al bene di tutti gli esseri o serpente,

   5 	nè dèi, nè gandharva, nè asura e neppure i serpenti,
     	sono qui superiori agli esseri che hanno raggiunto la suprema meta.'

   6 	il nāga disse:
     	'un portento di tal fatta io ho veduto là o ri-nato,
     	l'uomo devoto a Ka, che si è perfezionato raggiungendo la meta dei beati,
     	assieme a Sūrya o brahmano gira attorno alla terra.'
     


                              CCCLII


   1 	il brahmano disse:
     	' è un portento non vi è qui dubbio, io sono molto contento o serpente,
     	con queste tue parole piene di senso, mi hai mostrato la via,

   2 	fortuna sia a te, io partirò giustamente o migliore dei serpenti,
     	io devo essere ricordato da te coi legami dell'amicizia.'

   3 	il nāga disse:
     	' senza avermi detto il motivo per cui sei venuto ora te ne vai,
     	dimmi dunque o ri-nato il motivo per cui sei qui giunto,

   4 	consultami su quanto debba fare, detto o non detto o toro fra i ri-nati,
     	e da me licenziato allora partirai o brahmano,

   5 	un vivente qui non deve lasciarmi avendomi solo visto,
     	tu devi andare o savio ṛṣi dopo esser giunto alla radice dell'albero,

   6 	in te io sono o migliore dei ri-nati e tu sei in me senza dubbio,
     	questo mondo è tutto tuo, quali pensieri hai verso di me o senza-macchia?'

   7 	il brahmano disse;
     	' così è ciò o grande saggio, o serpente dalla vera sapienza,
     	in nessun modo ti eguagliano gli dèi secondo verità,

   8 	quello che io sono, così sei tu o serpente,
     	io e te e tutti gli esseri siamo sempre omnipresenti,

   9 	vi era in me o signore dei serpenti, un dubbio sul conto della purezza, 
     	e io ora rettamente praticherò il voto dello spigolare per questo scopo,

  10 	questa è la mia decisione presa rettamente con giusta ragione,
     	io ti saluto che tu sia benedetto, io ho ottenuto il mio scopo o serpente.'"
     


                              CCCLIII


   1 	Bhīṣma disse:
     	"quel brahmano presa la decisione, salutando il supremo uraga,
     	desiderando iniziarsi o re, si rifugiava dal bhṛguide Cyavana, 

   2 	e da lui avuta l'iniziazione egli praticava il dharma,
     	e questa storia o re, allora fu raccontata 

   3 	e pure dal bhṛguide o re dei re, nella dimora di Janaka,
     	questa santa storia fu raccontata a Nārada grand'anima,

   4 	e anche da Nārada o re dei re, nella dimora del re degli dèi,
     	fu raccontata o migliore dei bhārata, da quell'instancabile essendone richiesto,

   5 	e dal re degli dèi un tempo questa sublime storia fu raccontata
     	agli eccellenti vasu riuniti insieme o signore della terra,

   6 	e quando vi fu il terribile scontro tra me e Rāma,
     	i vasu allora o re, mi raccontarono questa storia,

   7 	e richiesto da te, in verità io o signore di popoli, ti ho raccontato
     	questa santa storia unita al dharma o migliore dei sostenitori del dharma,

   8 	questo è il supremo dharma di cui tu mi chiedi o bhārata,
     	l'instancabile saggezza priva di desideri, di compiere dharma e artha o sovrano, 

   9 	con ferma decisione il grande ri-nato istruito sul da farsi dal re dei serpenti,
     	concentrato su tutte le osservanze, entrava nella selva impegnandosi nel voto di spigolare."