Larga eredità di energie raccolse Madre Agnese dai monti del suo Trentino, dove vide la luce l’ 8 ottobre 1876 neI piccolo paese di Panchià.

Trascorse il periodo della sua vita religiosa, prima di essere eletta Superiora Ge­nerale, in mezzo alle Probande e Novizie, che educò a tenacia di propositi e atti­vità indefessa.

Eletta Superiora Generale nel 1921, resse per dodici anni la Congregazione; de­posta secondo le norme stabilite dalla Chiesa, fu rieletta nel 1939.

Durante il suo governo l’ Istituto prese nuovo impulso, aprì numerose case in Italia; nel 1927 accompagnò le prime Suore che partivano per le Missioni dell’America meridionale, ove prosperarono ben presto quindici case.

Aperta a tutte le esigenze dei tempi nuovi, aprì a Gorizia una Scuola - Convitto per le Infermiere e per le Assistenti sanitarie religiose e laiche. Iniziò alcune Suore agli studi superiori.

Soavemente forte nel suo governo, tutte le Suore ama quale madre, ma le sue predilezioni sono per le Probande e Novizie. A queste impartisce paziente le sue istru­zioni nelle brevi soste tra un viaggio e l’altro, informandole allo spirito della S. Re­gola, della cui osservanza è, a tutte, vero modello.

 

Tratto dal libro sul 1° centenario della congregazione

 

 

 

 

Durante le vicende politiche del 1848, il Padre Luigi con la sua caritatevole previsione aveva fatto istruire alcune suore dal dott. Zambelli. Infatti Udine era città di confine e fu la prima ad essere assediata dalle truppe austriache che volevano riconquistare il dominio Lombardo-Veneto.

Il 21 aprile Udine capitola ed il Venerato Fondatore, verso sera, accompagnò alla porta le otto suore destinate all’assistenza dei feriti, tra il rombo del cannone, il crollo delle case e le grida della popolazione atterrita. Le otto eroine della carità si sparsero per le vie raccogliendo feriti e trasportandoli ai posti di medicazione.

Il gesto altamente umanitario del Padre Luigi e delle sue Figlie ebbe un’eco imprevista nella città.

 

Fu questo l’inizio di una nuova missione per Padre Luigi e per le Suore della Provvidenza. Era grande l’Amore riversato sulle orfane e sulle bambine derelitte; ma così grande che non poteva fermarsi di fronte al lamento di chi, oltre alle miserie del secolo, stava subendo la miseria delle malattie e delle sofferenze.

Delle 12 case, infatti, dove su progetto di P. Luigi hanno operato le suore della Provvidenza, ben 7 sono ospedali e centri di assistenza ai malati.

Tantissime altre case successivamente furono aperte sotto la direzione delle varie suore generali che hanno seguito alla morte di p. Luigi. Molte anche nel periodo sotto la direzione di Madre Agnese superiora nel 1945 anno del primo centenario di fondazione della congregazione.

 

 

 

 

 

Quello delle suore non era solo un servizio, ma il risultato di quell’Amore che giornalmente costruivano con la preghiera e l’osservanza delle regole del loro padre fondatore.

 

A tale riguardo è molto bello e commovente leggere cosa nel 1945 due medici scrissero riguardo al lavoro delle suore negli ospedali.

Si festeggiava il 40° anno di attività ospedaliera di una Suora della Provvidenza nell’ospedale di S. Vito al Tagliamento. Il dott. Pietro Masotti rivolgeva alla festeggiata un riconoscente ringraziamento. Questo avveniva nel 1935. Dieci anni dopo, le stesse espressioni, volutamente, vengono ripetute in una lettera privata del dottore alla stessa Suora, entrambi ritirati dal servizio ospedaliero.

 

PARLA IL MEDICO

 

… Fra tanto sfacelo non posso senza un com­mosso sentimento di affetto e di riconoscenza non ricordare voi buone Suore Ospedaliere, veri esempi viventi di abnegazione, di pietà e di amore! Ricordo quanto dissi nell’agosto del 1935.  Ricorda Lei la magnifica giornata trascorsa in quell’ epoca? Rammenta quanto dissi? Oggi mi è gradito trascriverglielo:

 

« Magnifico esponente di abnegazione, di pietà e di amore reso più verace e più puro dalle convinzioni religiose che sono vita della sua Vita, magnifico esponente è la modesta Suor Sofia che abbiamo imparato a conoscere e ad amare e di cui vo­gliamo onorare plaudenti il qua­rantesimo di sua attività nell’ O­spedale della gentile S. Vito.

Suor Sofia, le maggiori no­stre Autorità, le Signore e Signo­ri qui presenti Vi dicono della loro stima e della loro ammira­zione ed io che vi ho sempre a­vuta accanto nella mia lunga Vita professionale, che vi ho avuta vi­cina per ventitre anni, che ho imparato ad apprezzarvi con il cuore di amico, con l’amore di un fratello, che vi dico? Rendo omaggio al vostro occhio clinico, alla vostra esperienza diagnostica, mi inchino di fronte al vostro grande cuore! Quante lagrime asciugate qui dentro! Quanti dolori leniti, quante parole buone sgorgate dal vostro labbro! Quanti, forse per voi, non hanno stroncato col suicidio una vita divenuta insopportabile!

E ricordate Suor Sofia le prime ansie, ricordate la lunga terribile guerra, le in­fauste giornate di Caporetto. Voi foste l’ultima a lasciare questo luogo di dolore, piangevate allora come una fanciulla senza conforto! E la vostra assistenza vigile e cordiale ai nostri feriti e moribondi qui ed oltre il Piave sacro, chi la può dimenticare?

E’ conseguenza del vostro grande amore l’indole vostra mite e buona, voglio ri­cordarlo pubblicamente, alto e forte.

Quando negli anni della mia giovinezza scattavo, quando la parola mi usciva dal labbro imperiosa, tagliente e dura, io vi osservavo: una nube offuscava allora per un istante il vostro volto, dal ciglio scendeva una mal trattenuta lagrima, ma poi ecco il sorriso, la vostra parola mite e buona.

In quei momenti avrei voluto dirvi: siete una santa, siete una creatura del cielo, ed oggi, sotto la neve degli anni, possedete il segreto di una giovinezza mirabile. Siete sempre giovane come i princìpi, come il dovere, come le speranze. Vivendo la vostra Fede come quella dei Reverendi e Consorelle qui presenti vi dirò: quando entrerete in Cielo attorniata dalle vostre opere, dalle vostre virtù, dai vostri dolori, dai vostri sacrifici, scortata dal popolo festante dei vostri figli adottivi che vi precedettero, da quanti vi hanno voluto bene, vecchi consolati, malati assistiti, diranno a Dio: è no­stra madre; i gloriosi caduti della guerra diranno: e nostra sorella.... Iddio vi dirà: Vieni, o mia figlia!…

Deve scusarmi, Suor Sofia, se oggi, non so perché, ho voluto scriverle ciò, ma un impulso più forte dell’animo mio mi ha spinto a ciò; nella solitudine dell’ora presente mi è gradita cosa soddisfare tale desiderio ed a lei non sarà discaro il ve­dere come nel passare degli anni per nulla è scemato quell’affetto e quella devo­zione che mi ha sempre unito al suo cuore ed alla sua bontà».

 

 

Passa accanto alla Suora infermiera il medico, ma le vive dappresso anche la dottoressa, e, per l’affinità spirituale che la lega alla Suora infermiera, di questa sa valutare coscienziosamente I’opera.

 

UNO SGUARDO CHE OSSERVA

 

Non è facile parlare dell’opera e della figura ideale della Suora infermiera senza averne seguito, ora per ora, l’instancabile quotidiana fatica.

Paziente al lavoro, serena di fronte a qualsiasi sconforto, al di sopra di ogni disgusto che possa salire dalla miseria, essa si aggira silenziosa ed attenta, portando ovunque il sorriso che in lei nasce dall’alto ideale di pietà e di amore, cui la sua vita è dedicata.

Quando vigile coglie negli occhi dell’ammalato l’inespresso bisogno, quando con caritatevole cuore interviene nei momenti più gravi e sa sempre trovare la parola di conforto; quando col proprio esempio sprona e riat­tiva l’opera degli altri, noi sentiamo con più Viva immediatezza, che essa non è sola nella sua opera, ma che in lei e intorno a lei spira una superiore Presenza che le rende agevole e lieta ogni più pe­sante fatica.

Ogni suo atto è preghiera: preghiera intensa e pura che non ha bisogno di trovare parole per esprimersi, poiché direttamente si concreta nell’opera e silenziosamente si trasforma in essenza vitale.

Chiusa nel suo mondo spirituale, senza attesa di un riconoscimento umano che non chiede e non le occorre, la Suora infermiera segue instancabile la via che si è scelta, prodigando senza misura, attraverso il soccorso materiale, i doni dello spirito che la fede nell’ Eterno inesauribilmente riaccende in lei, realizzando attraverso la sua vita il pensiero dell’ Apostolo: “Acciocché per la consolazione con la quale noi stessi siamo da Dio consolati, possiamo consolare coloro che sono in qual­siasi afflizione ,,. (S. Paolo)

 

Dottoressa P. M.

 

Tratto dal libro sul 1° centenario della congregazione