DON SANDRO LUSINI

IL CAMMINO DI SANTIAGO, CAMMINO SPIRITURALE


 

Il Pellegrinaggio a Santiago de Compostella, conosciuto fin dal IX secolo d.C., col nome di "Camino de Santiago" o "via Lattea" ha rappresentato una delle creazioni più originali dello spirito cristiano, "fiaba millenaria dello spirito"(F. Mauriac) un itinerario dove fede, religiosità popolare, arte, letteratura, tradizioni, leggende e vicende storiche si mescolano facendone un pilastro della civiltà europea o secondo una felice espressione di Goethe "l’Europa è nata in pellegrinaggio a Compostella e la sua lingua materna è il cristianesimo".

A Santiago de Compostella sono conservate le spoglie mortali dell’Apostolo S.Giacomo; costui, secondo una più che fondata tradizione, evangelizzò la penisola iberica, arrivando dall’Andalusia fino alla remota, celtica Galizia. Ritornato in Palestina, muore martire nel 42/44 decapitato da Erode Agrippa. I suoi discepoli, Teodoro e Anastasio, ne rubano il corpo e lo trasportano su di una barca in Galizia, ad Iria Flavia, per poi seppellirlo dopo aver eretto un’arca marmorea. Nei secoli, per persecuzioni e migrazioni varie, se ne perdono le tracce fino a che nel IX secolo il monaco Pelayo, interpretando misteriose luci su di un tumulo in un campo (da qui "Campus Stellae" Compostella), avvisato il vescovo Teodomiro, viene rinvenuta un’arca di marmo con i resti mortali di un uomo decapitato. Inizia il mito di Santiago, San Giacomo: il re delle Asturie informa Papa Leone III, Carlo Magno e altri personaggi della cristianità, fa erigere una prima chiesa e in pochi anni, anche in seguito alle necessità politico-religiose di contrastare l’avanzata araba nella Spagna, si sviluppa un movimento religioso e il pellegrinaggio che da tutta Europa porta sempre più numerose folle alla tomba dell’apostolo, facendo di Santiago una delle città sante del cristianesimo accanto a Roma e Gerusalemme.

Successivamente i monaci di Cluny, i re di Spagna, Pontefici, personaggi illustri, come S.Bernardo, faranno del pellegrinaggio a Santiago uno dei cardini religiosi più importanti dell’Europa cristiana.

Ancora oggi, in un rinnovato fervore spirituale, migliaia di persone raggiungono Santiago ripercorrendo le antiche vie, ricevendo ospitalità negli antichi ospizi e nelle chiese disseminate lungo il percorso che nel 1987 il Consiglio d’Europa ha proclamato "Primo Itinerario Culturale d’Europa". Lo stesso Papa Giovanni Paolo II nel 1982 radunò a Santiago gli abati delle principali abbazie d’Europa e consegnò alla città un memorabile discorso sulle radici cristiane dell’Europa; infine nel 1989 a Santiago si svolse una delle memorabili Giornate Mondiali della Gioventù: da allora sempre più numerosi sono i giovani che dalla vecchia Europa e dagli altri continenti si muovono, come gli antichi pellegrini, verso la città dell’Apostolo.

Soprattutto il pellegrinaggio a piedi sta rivivendo una stagione particolarmente feconda dato il significato penitenziale e spirituale dello stesso, recuperando quei valori dello spirito, dell’accoglienza, della capacità di riflessione ed interiorizzazione della fede che un percorso non legato ai ritmi frenetici e spesso alienanti della nostra era, sa ancora conservare intatti e nuovi per l’uomo contemporaneo.

Con questo spirito Don Sandro Lusini, Sergio Schiano e Claudio Giovani da Porto S.Stefano hanno voluto ripercorrere a piedi i circa 750 chilometri che separano Roncisvalle da Santiago, rivivere il significato del cammino, la visita dei luoghi santi disseminati lungo la via, i momenti di preghiera personali e comunitari, la conoscenza e la condivisione con altri fratelli della fatica della marcia, del sacrificio, della riflessione e interiorizzazione del messaggio cristiano, liberi da condizionamenti di tipo materiale.

E’ stato percorso quello che comunemente è chiamato il "Camino francese", il più attrezzato per quanto riguarda le strutture di accoglienza e quello con le maggiori "attrattive" naturalistiche, storiche, artistiche ma soprattutto spirituali.

Partiti il 28 maggio da St. Jean Pied de Port, nei Pirenei francesi, la prima tappa a Roncisvalle di fatto si può considerare il vero inizio del "Camino": qui nell’antica collegiata, legata alle storie di Carlo Magno e dei suoi paladini, al canto del Veni Creator, dei solenni Vespri in latino dei canonici, dopo la S.Messa hanno ricevuto, insieme al altri pellegrini, l’antica benedizione del pellegrino con lo specifico compito di compiere un "vero cammino interiore" sotto la guida dell’Apostolo S.Giacomo e di Maria SS.ma.

In effetti sono tante le immagini di S.Giacomo e di Maria che hanno accompagnato i pellegrini durante le soste di Trinidad de Arre, Pamplona, Puente la Reina, Estella, Viana, Najera.

Le prime giornate di cammino sono state caratterizzate dal caldo torrido, non comune in queste regioni dei Pirenei e della Navarra, con temperature di 35°-40°, da tappe di circa 30 Km giornalieri, rese più difficili dal percorso assai accidentato, dal peso dello zaino (10-12Kg) e dal sorgere delle vesciche, le famigerate "ampollas".

A Najera i tre pellegrini hanno ricevuto ospitalità nell’antico "Hospitales" dei pellegrini, adiacente il Monastero di Santa Maria la Real, dove si venera una delle più belle e antiche immagini di Maria, la "Virgen del Camino". Il culto e la devozione mariana è particolarmente viva lungo il "Camino": la "freccia gialla", la "flecha amarilla" che insieme alla conchiglia indica la strada per Compostella, segnata in tutte le forme e in ogni luogo, perfino nei semafori delle città, è chiamata dagli spagnoli, ed è bellissimo, la "flecha Maria", la freccia Maria.

Il pellegrino, vedendola, non può allora non rivolgere la sua preghiera a colei che da Nazareth "si mise in cammino" per andare a servire la cugina Elisabetta, che accompagnò Gesù con discrezione e amore lungo il suo peregrinare per le strade della Palestina fino al Calvario, e che soprattutto attese vigliante con gli Apostoli l’effusione delo Spirito, grazie al quale il messaggio evangelico si è diffuso fino agli "estremi confini della terra".

Lasciata Najera abbiamo fatto tappa a S.Domingo della Calzada, il caldo è meno opprimente e il percorso e' sicuramente più piacevole e rilassante delle giornate precedenti: si svolge interamente tra campi coltivati, vigneti e sentieri agricoli.

Dopo lunghi chilometri solitari ecco S.Domingo della Calzada, importante cittadina del Camino: il paese deve il nome a santo Domingo uno dei più grandi benefattori della storia della rotta jacopea: nella cattedrale, particolarità unica al mondo, si conserva una gabbia intagliata dove ci sono due polli bianchi e... vivi, a ricordo di un miracolo che qui avvenne molti secoli fa.

Da S.Domingo entriamo nella Castilla y Leon e facciamo tappa a Belorado alloggiando nell'antica chiesa di S.Maria: dopo fatto la doccia, lavato i panni, curato le piaghe, le "ampollas" dei nostri piedi, partecipiamo alla Messa e alla veglia di Pentecoste. Al termine il parroco di Belorado invita tutti i pellegrini presenti a recarsi nella cappella di Santiago per ricevere la Benedizione del Pellegrino. E' un momento particolarmente bello e intenso: nelle varie lingue spiega il significato religioso del pellegrinaggio jacopeo poi, dopo l'invocazione allo Spirito Santo, recitiamo nelle diverse lingue, spagnolo, francese, inglese, tedesco e italiano un salmo biblico.

Al mattino presto, ancora buio, solo le cinque, lasciamo Belorado verso San Juan de Ortega, uno dei luoghi più suggestivi: vi si arriva da un paesaggio solitario e selvaggio, i Montes de Oca: e' un'emozione scorgere il complesso monumentale del Monastero, nella cui chiesa, dalle volte gotiche, e' conservato l'unico capitello romanico che rappresenta il Mistero dell'Annunciazione ed e' legato al fenomeno che qui chiamano "il miracolo della luce": il capitello viene infatti illuminato direttamente dal sole nei giorni dell'equinozio, quando un raggio di sole riesce ad entrare con la giusta angolazione attraverso la finestra andando a lambire di luce dorata il prezioso rilievo, in particolare il grembo della Vergine, colei che porta al mondo "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9).

Domenica pomeriggio siamo a Burgos, capitale del regno di Castilla fin dal 1035, la città del Cid Campeador e dell'imponente cattedrale gotica, al cui interno e' conservato il santo Cristo di Burgos presso il quale sostiamo in silenziosa preghiera.

Lasciata Burgos "il Camino de Santiago" entra nelle "mesetas", altopiano dall'aspetto desertico, tavolato lievemente ondulato, ora pietroso ora coperto di frumento: nonostante il caldo torrido attraversarle regala un fascino incredibile, una suggestione mai provata prima: alcune fonti lungo il percorso ci aiutano ad andare avanti, nello spazio che ci circonda gli unici rumori che si avvertono sono i nostri passi.

Finalmente troviamo un piccolo rifugio di origine templare, Arroyo San Bol, e come tradizione, immergiamo i nostri piedi nelle acque fredde della sorgente per trovare un pò di refrigerio, ma soprattutto per alleviare le screpolature delle vesciche.

Passiamo la notte a Hontanas e al mattino presto superiamo l'ultima meseta e dopo Castrojeriz iniziamo il Camino nella Tierra de Campos, un'immensa pianura assolata, senza alcuna vegetazione ad eccezione degli interminabili campi coltivati a grano. Facciamo sosta all' Ermita di San Nicolas, un eremo del sec. XIII ristrutturato dalla Confraternita Italiana di san Jacopo di Perugia, che oggi ospita uno dei rifugi più caratteristici del Camino, dove i pellegrini di passaggio vengono accolti, secondo un antico rito, con la lavanda dei piedi.

Anche noi riceviamo questo particolare "omaggio", ci sentiamo un pò a casa nostra in quanto finalmente possiamo parlare nella nostra lingua e dopo aver sostato in preghiera all'interno dell'eremo davanti ad un'icona del Cristo Signore e dell'immancabile statua di Santiago riprendiamo il nostro Camno verso Fromista, dove nella chiesa romanica di S.Martin facciamo l’adorazione eucaristica.

Attraversiamo la "Tierra de campos", una vasta piana, completamente circondati dalle messi di frumento che ormai cominciano a biondeggiare: insieme al rosso dei papaveri e al bianco delle margherite sembra un enorme tappeto che si apre sotto i nostri piedi, quasi a volere lenire le asperità della strada di origine romana, le cui pietre e sassi battono inesorabilmente sotto le scarpe, provocando così sempre nuove vesciche (ampollas).

A Villalcasar de Sirga partecipiamo alla Messa nella chiesa romanica dedicata a santa Maria la Blanca: dopo l'eucaristia il parroco accompagna la nostra peregrinazione verso Santiago con una speciale Benedizione: di nuovo sentiamo più che mai vicino ai nostri passi la Santa Vergine e l'Apostolo del Signore.

Queste tappe sono abbastanza deserte, si e' isolati più che mai: questa sfida alla solitudine pone più che mai il pellegrino dinanzi a quella che resta al tempo stesso una delle parti più autentiche del "Camino": la riflessione interiore, la preghiera paziente, lo sguardo deciso, sereno, proteso in avanti verso la Meta da raggiungere.

A Sahagun, definita la "Cluny di Spagna" per le numerose abbazie riceviamo ospitalità nella ex-chiesa della Trinidad: fa una certa emozione dormire dentro la navata di una chiesa, sovrastati dalle volte a crociera e dalle arcate gotiche. E' quasi l'anticipazione di ciò che abbiamo provato, l'indomani, dopo una dura giornata di cammino, nella splendida Cattedrale di LEON, quella che gli storici chiamano la "Pulchra leonina".

E' sicuramente l'opera maggiore del gotico spagnolo, iniziata tra il XII e XIII sec., a croce latina, tre navate, cinque absidi radiali, ma soprattutto 1.800 mq. di vetrate.

Un'amalgama di luce e colori dall'effetto suggestivo abbracciano lo spossato pellegrino che, subito, riacquista energia e vitalità, tanta e' la bellezza e l'emozione "mistica" che il tempio trasmette e infonde.

Purtroppo il tempo stringe e dobbiamo riprendere il "Camino" in direzione di Astorga, e anche qui, la cattedrale con le sue torri e guglie sembra da lontano farci compagnia nell'assolato pomeriggio: in serata partecipiamo alla Messa prefestiva insieme alle Monache di Clausura della Chiesa dello Spirito Santo.

Domenica mattina, molto presto (le 5) partiamo per una delle tappe più lunghe e dure del nostro pellegrinaggio: con l'attraversamento della "valle del silenzio" lasciamo la Castilla y Leon ed entriamo nella regione montuosa del Bierzo: tocchiamo qui le quote più alte, Rabanal del Camino (1.200 mt), Foncebadon (1.400 mt) paese fantasma e infine salendo ancora arriviamo ai 1504 mt della Cruz de Hierro. E' uno dei luoghi/simbolo del Camino: un lungo palo di legno con sopra una croce di ferro, eretta dall'eremita Gaucelmo intorno al 1123, nello stesso punto dove sorgeva un altare dedicato al dio pagano Mercurio.

Alla base della coce si e' formata una montagnola di pietre, da secoli portate dai pellegrini. Anche noi ripetiamo questo semplice gesto accompagnandolo con la recita dell'Angelus e dalle invocazioni alla Vergine, a Santiago e oggi (e' il giorno della sua canonizzazione) a S.Agostino Roscelli.

Dopo una breve sosta a Manjarin, caratteristico rifugio di ispirazione templare, concludiamo la giornata a El Acebo. E' ancora giorno e allora approfittiamo, dopo una doccia un po' avventurosa e...fredda, per lavare gli indumenti, risistemare lo zaino e soprattutto prenderci cura dei nostri piedi.

Le vesciche stanno lentamente guarendo, ma un altro pericolo si aggira per il pellegrino: le infiammazioni ai tendini.

In effetti sarà questo, insieme ad alcune tappe un po' più lunghe della media e il brusco cambiamento del clima e del tempo la maggiore preoccupazione dei tre pellegrini giunti ormai in Galizia: mancano "solo 200" chilometri all'abbraccio con Santiago e ora più che mai e' necessaria la sua protezione: Ultreya! dicevano gli antichi pellegrini e Ultreya! ripetono oggi con la stessa intensità i pellegrini del Terzo Millennio.

 

E al canto del "Te Deum" i tre pellegrini sono arrivati a Santiago

" O Dio, che portasti fuori il tuo servo Abramo dalla città di Ur dei Caldei e che fosti la guida del popolo d’Israele attraverso il deserto, ti chiediamo di custodirci, noi tuoi servi, che per amore del tuo nome andiamo pellegrini a Santiago de Compostella.

Sii per noi compagno nella marcia, guida nelle difficoltà, sollievo nella fatica, difesa nel pericolo, albergo nel Cammino, ombra nel calore, luce nell’oscurità, conforto nello scoraggiamento e fermezza nei nostri propositi perché, con la tua guida, giungiamo sani e salvi al termine del Cammino e, arricchiti di grazia e di virtù, torniamo illesi alle nostre case, pieni di salute e perenne allegria.

Per Cristo nostro Signore. Amen

San Giacomo, Apostolo di Gesù, prega per noi.

Maria, madre di Dio, prega per noi"

 

Pregate per noi a Compostella! Ultreya! Suseya!

Le parole della benedizione ricevuta alla nostra partenza nell’antica collegiata di Roncisvalle riecheggiano nel nostro cuore e nei nostri pensieri mentre iniziamo l’ultima settimana nel nostro "Camino" entrando in Galizia.

A Villafranca del Bierzo ci accoglie una delle chiese romaniche più antiche dedicate a Santiago: il suo splendido portale è chiamato la "Puerta del Perdòn", perché un decreto di Papa Callisto III conferì il privilegio dell’Indulgenza per quei pellegrini che, qui malati, non potevano proseguire per Compostella.

Pian piano i monti della Galizia fanno sentire di nuovo le difficoltà della marcia: raggiungiamo i 1293 mt. del Cebreiro, altro luogo mitico del "Camino". In questa altura, nella chiesa retta dai monaci cluniacensi, si conserva il calice del Miracolo Eucaristico avvenuto all’inizio del XIV secolo: un contadino sale al Cebreiro per ascoltare la Messa nonostante l’imperversare di una tormenta di neve. La tempesta lo fa giungere in ritardo e in cuor suo se ne dispiace molto. Il sacerdote che celebra, sicuramente di minor fede, ride invece silenziosamente di lui e di tutta quella fatica per ricevere un pò di pane e di vino...Ma al momento della consacrazione, l’ostia che tiene in mano si converte in carne e il vino in sangue... Ancora oggi nella cappella di destra il calice del miracolo viene conservato ed esposto per l’adorazione dei pellegrini.

Il due protagonisti, il prete incredulo e il contadino ricco di fede, per espresso desiderio della regina Isabella di Castiglia, sono seppelliti uno accanto all’altro nella cappella di sinistra della chiesa.

Lasciato il Cebreiro, ormai la testa, il cuore, le....gambe dei tre pellegrini non hanno che un’unica meta: Santiago. Le ultime tappe, assai lunghe, non concedono soste se non per il riposo e per la notte: Triacastela, Sarria, Palas do Rei, Arzua, Lavacolla passano tra continui saliscendi e rovesci ...d’acqua non troppo gradita.

Finalmente, Sabato pomeriggio siamo al "Monte do Gozo", il Monte della Gioia: da questa altura (mancano solo 5 Km a Santiago) i pellegrini, di ieri e di oggi, vedono per la prima volta in lontananza la città di Santiago e le torri della sua imponente Cattedrale.

Dopo venti giorni di cammino, giornate di sforzi, vesciche, dolori muscolari ma anche di tanti incontri ed emozioni la meta è lì, a pochi minuti di marcia.

Trascorriamo la notte al Monte do Gozo, in un moderno complesso di accoglienza costruito sull’enorme spianata che nel 1989 vide qui radunarsi circa 700.000 giovani per una delle famose Giornate Mondiali della Gioventù con il Papa Giovanni Paolo II.

Don Sandro c’era in quel memorabile agosto del’89, insieme ad una cinquantina di giovani della Diocesi, e con i suoi ricordi e racconti riesce ad appassionare ancora di più i suoi due compagni di pellegrinaggio, Sergio e Claudio, all’incontro con Santiago.

Domenica mattina partiamo presto, come sempre, e lo zaino sembra più leggero del solito, anche i dolori alle gambe sembrano meno intensi.

Scendiamo dal Monte do Gozo pregando e pian piano la preghiera si ritma con la cadenza dei passi, alla Porta del Camino entriamo nella città vecchia e tutti e tre insieme leggiamo il "Te Deum", attraversiamo la via Sacra, calle Azabacheria, plaza de las Platerias, ed infine plaza de Obradoiro, la piazza della Cattedrale.

Piangiamo di gioia e commozione: il "Camino" è compiuto, la paura di non farcela si è sciolta, ringraziamo con il canto dell’Alleluia il Signore e pian piano ci avviciniamo con altri pellegrini alla scalinata che ci introduce al Portico della Gloria e alla tomba dell’Apostolo S.Giacomo.

Il Portico della Gloria, il portale a tre archi della Cattedrale, ci fa rimanere abbagliati: è un gruppo scultoreo romanico unico, meraviglia della scultura medievale e dell’arte universale, opera di Maestro Mateo iniziato intorno all’anno 1188.

L’arco centrale, il più maestoso, è presieduto da Cristo glorioso in trono, secondo la visione e la descrizione dell’Apocalisse di Giovanni. La sua figura è circondata dai quattro evangelisti; otto angeli portano i segni della passione e altre figure ai lati rappresentano i santi. Nell’archivolto sono rappresentati i ventiquattro anziani dell’Apocalisse nell’atto di accordare i propri strumenti musicali per la solenne liturgia celeste.

La colonna centrale (detta albero di Jesse) raffigura la storia genealogica di Cristo, ed è sormontata dalla statua dell’apostolo s.Giacomo colma di espressione e serena bellezza in viso, nell’atto benevolo di accogliere i pellegrini.

I cinque solchi presenti in questa colonna, formati lungo i secoli dall’atto di poggiarvi la mano destra, testimoniano il ringraziamento e la richiesta di benedizione all’apostolo compiuti da migliaia di pellegrini lungo i secoli.

Anche noi ripetiamo questo gesto, insieme all’altro, caratteristico per il pellegrino, di abbracciare sull’altare maggiore il busto d’argento dell’Apostolo, ormai amico e compagno di vita.

Con profonda pietà ci disponiamo e ci prepariamo alla confessione sacramentale, poi alle 12,00 la Messa Solenne del pellegrino e alla fine assistiamo al rito del Botafumeiro, il gigantesco turibolo dell’incenso che viene fatto oscillare spettacolarmente da un estremo all’altro della navata a crociera, quale significativo riconoscimento dell’avvenuto pellegrinaggio con lo speciale invito di diffondere sempre, in ogni angolo del mondo, il soave profumo del Cristo, ad imitazione del pescatore di Galilea, Giacomo di Zebedeo, apostolo del Signore.

Il pellegrinaggio è concluso, ma il "Camino" riprende: è la Domenica del Corpus Domini, usciamo portando solennemente l’Eucaristia per le strade della città fra pellegrini devoti e distratti turisti, dall’alto della guglia della Cattedrale un’immagine di Santiago, con sguardo benevolo, sembra sorriderci e ci invita a guardare in alto, lassù... "donde se cruza el camino del viento con el de las estrellas" (dove si incrocia il cammino del vento con quello delle stelle).

 

"Non basta essere nel cammino quanto piuttosto essere il cammino".

Riflessioni in margine al "Camino de Santiago"

Ho letto questa frase nella "concha", la conchiglia del pellegrino, in uno dei tanti zaini a fianco del letto in un rifugio del Cammino di Santiago, durante il pellegrinaggio recentemente compiuto. Queste parole, molto evocative, mi hanno subito colpito, anche se il significato più profondo l'ho compreso camminando, e lo scopro man mano che ripenso all’esperienza fatta. Non dico niente di nuovo indicando quanto sia importante il viaggio o il pellegrinaggio nell'espressione della religiosità di tutti i tempi e di tutti i popoli. Il pellegrinaggio alla Mecca o a Gerusalemme e a Roma per rimanere appena nell'ambito delle religioni monoteiste. Gli stessi fondatori delle religioni esistenti sono pellegrini o ricevono la rivelazione durante un viaggio presso luoghi ritenuti "sacri". I Vangeli sinottici racchiudono l'attività messianica di Gesù di Nazareth in un viaggio a Gerusalemme, mentre Buddha riceve l'illuminazione sotto il fico di Benares al termine di un pellegrinaggio. Lo stesso Socrate, spostandoci in un ambito e in una cultura diversa, pellegrino al tempio di Apollo, comprende a Delfo la via aurea della sapienza: "Conosci te stesso!". Mentre Omero nell'Odissea descrive il ritorno di Ulisse ad Itaca come il compimento di un viaggio verso una umanità perduta. Tanti gli anni di viaggio quanto i dieci anni di violenza e di guerra nell'assedio di Troia. E così si potrebbe continuare passando dalle religioni alla letteratura e a tante altre espressioni del genio umano, arrivando anche ad artisti e pensatori dei nostri giorni.

Chi ha percorso il cammino delle stelle, la "via lattea", il cammino di Santiago, si accorge mentre cammina che la Cattedrale dell'Apostolo non può essere la meta, ne è solo un grandioso segno. La meta sei tu, è ciascuno nel suo rapporto con sè stesso e con Dio: "siempre se anda el camino!", è l'espressione tipica che si sente quando si finisce il viaggio a Compostella.

Forse la domanda posta da Dio ad Adamo nel giardino "Dove sei?" (Gen 3,9) è allo stesso tempo una risposta che l'autore della Genesi dà a noi che ci interroghiamo sul perché o sulla necessità di pellegrinare e di intendere la vita come un viaggio. Forse questa domanda risponde ad altre domande. I motivi per cui uno lascia casa e parte. La differenza che corre tra un pellegrino e chi, pur viaggiando, magari non lo è affatto. Si può essere sul cammino anche per caso. È la condizione del vagabondo che non sa dove si trova, né da dove viene e dove sta andando.

Invece il pellegrino conosce bene cosa si è lasciato alle spalle e dove è diretto. Quanto si incontrerà sul cammino sarà una scoperta sempre nuova. La conchiglia, simbolo del pellegrinaggio a Compostella, riassume i temi essenziali del cammino. Da un'unica origine partono le linee della "vieira" e tutte si riconducono allo stesso punto. Come dire che da Dio siamo generati e, ciascuno per la sua strada, a Lui torniamo. La conchiglia ricorda anche il battesimo. Il pellegrinaggio è nato come forma penitenziale, per ridonare a chi è "lontano" l'innocenza delle origini. Il segno della "concha" è anche il simbolo del cuore. Tutte le esperienze che si vivono durante il cammino della vita devono esservi custodite, poiché Dio si rivela nella storia di ognuno ed è lì che propriamente desidera essere cercato. "Non basta essere nel cammino quanto piuttosto essere il cammino".

Il Cammino di Santiago non è solo un tragitto geografico. Il Cammino significa, in ultima istanza, la vita umana. Pellegrinare è camminare senza patria nell’esilio di questo mondo. La fatica del Cammino, non riconducibile soltanto a quella fisica, ci indica che ogni uomo è, per essenza, "viator", pellegrino, creato da Dio e liberato per Cristo.

"Per grazia di Dio io sono uomo e cristiano, per azioni gran peccatore, per condizione un pellegrino senza tetto, della spesie più misera, sempre in giro da paese a paese. Per ricchezza ho sulle spalle un sacco con un po' di pane secco, la santa Bibbia , e basta" , le parole d’inizio dei "Racconti di un pellegrino russo" (1881), un classico della spiritualità cristiana, manifestano la condizione di "creatura" fragile e debole del pellegrino: l’affermazione della creaturalità dell’uomo è il pilastro del Cammino: chi non cammina non sa da dove parte né ha coscienza di dove deve arrivare. Pellegrino è colui che abbandona la sua casa, lascia la sua patria e intraprende di andare verso una terra lontana per cambiare la sua situazione. Quando uno si decide a camminare sperimenta la spogliazione, l’abbandono, si rende conto che quello che possiede non è un "assoluto".

L’immagine del pellegrino riporta alla memoria la figura di Abramo. Ricorda la chiamata e l’esodo nel deserto e la terra promessa. La spiritualità del Cammino jacobeo coincide con la spiritualità biblica. Il credente è colui che esce dalla sua patria, da quello che considera proprio, nasce di nuovo, abbandona le sue sicurezze e i suoi limiti, le sue "Sodoma e Gomorra" e senza voltarsi indietro comincia il suo itinerario verso la meta: il Cammino di Santiago suscita e invita a pensare che l’uomo non è l’unico signore né della storia nè della natura. Il viandante è colui che scopre il Creatore e sa di essere immagine di Dio.

Colui che cammina, senza altro tempo che quello cronometrato dalla creazione, senza altro rumore che il silenzio della natura e dei suoi passi, percepisce che essere uomo significa capacità di apertura, capacità di cercare, di incontrare ed interrogare tutto quello che lo circonda. Ma soprattutto la sua ricerca è volta all’infinito, al mistero, a Dio nella profondità della sua interiorità (cfr. S.Agostino "Deus interior intimo meo, superior summo meo").

Il pellegrino è inoltre un vessillo della speranza, perché sa che la sua meta è provvisoria, in quanto pian piano, passo dopo passo, scopre l’apertura verso la pienezza. Il Cammino di Santiago fu sempre un invito ad andare più in là, "ultreya": dal Monte della Gioia, guardando verso Santiago i pellegrini sanno che la gioia di aver raggiunto una meta non appaga la convinzione che l’uomo deve continuare a camminare, che si è appena all’inizio.

Il pellegrino dopo essere stato presso al tomba di S.Giacomo, aver contemplato il Portico della Gloria, aver visto e toccato la colonna di Jesse che lo univa a tutta l’umanità, aver pregato e ricreato la sua anima con il silenzio, i canti e la Parola, si dirigeva a contemplare la grandezza dell’Oceano, e toccava con le sue mani, simbolicamente, il "Finisterrae", il mondo allora conosciuto.

Tuttavia il pellegrino nell’incontro con se stesso e con l’assoluto, nel Cammino, mai si trova solo. Il Cammino del pellegrino ha un Pedagogo. Per il viandante del Cammino di Santiago il Pedagogo è Cristo. Pedagogo e Cammino, per il pellegrino medievale come ora per quello del terzo millennio, si fanno uno. Perchè il Cammino per l’uomo che crede è Gesù, e questo Cammino non è che un simbolo dell’unico e autentico cammino per gli uomini.

Per raggiungere l’Assoluto, per avvicinarsi a Dio non c’è che un Cammino concreto, Gesù Cristo, la forma visibile dell’Invisibile (Gv 1,18), l’Immagine del Padre, l’icona di Dio (Col 1,15), il Verbo fatto carne (Gv 1,14). Egli è Via, Verità, Vita (Gv 14,6), guida di tutti i viandanti (Lc 24,13).

Attualmente il Cammino a Compostella, in una Spagna mistica, ardente, struggente, sfrenata, laica, sfarzosa, gloriosa...incantata, terra di Vergini, cattedrali, monasteri, cavalieri e pastori continua ad accogliere la vita e la ricerca di numerosi viandanti. Parlare del Cammino risulterà sempre una riflessione povera se non si torna a calcare la strada che racchiude più parole di tutti i diari scritti dai pellegrini.

Considerato che il pellegrinare non riguarda le gambe soltanto, ma soprattutto il cuore, ogni cristiano può e deve adottare questa attitudine nella sua vita, orientandola fino all’incontro col Padre, attraverso Cristo, Cammino vivente (Eb 10,19-22), con la forza dello Spirito.

Il Cammino che Gesù propone ai suoi discepoli va nel senso contrario a quello della sua incarnazione: innalza, divinizza l’uomo facendolo partecipe del dinamismo della sua morte e risurrezione e della sua stessa vita (2Pt 1,4). Chi non si considera pellegrino, difficilmente potrà sentirsi cristiano, discepolo di un pellegrino e membro di un popolo che cammina verso Dio.

Paziente lettore e amico, che ci hai seguito con la preghiera lungo il "Camino de Santiago" e in quelle settimane ti sei appassionato al resoconto di un cammino interiore particolarmente intenso, che queste poche riflessioni ti spingano a cominciare, simbolicamente, la "rotta" che porta a Compostella, e, nel farla, proverai che essa custodisce i suoi segreti solamente per colui che pellegrina e pellegrinando ti accorgerai quanto preziosa sia, per la nostra esistenza, la compagnia e l’immagine di Gesù, il Pellegrino per eccellenza.