Tanti erano i giochi che occupavano la nostra infanzia.Ai primi tepori primaverili, quante corse sull' argine a piedi scalzi!Poi, tra quei lunghi filari di gelsi, arubare le prime uova di cardellino, di merlo e verdone, dai nidi appena costruiti.
Nel primo pomeriggio, c'era il gioco della pendola dove si sfidavano a coppie lungo le strade polverose: pių in lā, le ragazzine giocavano al campanon.
I pių scalmanati giocavano a gobavegno oppure a tegna rogna.Il goba vegno si giocava cosi: un gruppo di 4-5 ragazzi, di cui il primo abbracciato ad un albero o un palo della luce, si ponevano con la schiena curva e abbracciati l'un l'altro, altri 5-6 prendevano la rincorsa e saltavano sulle loro schiene senza muoversi, perdeva chi cadeva dalla schiena oppure quelli della goba,se non reggevano il peso.
I pių grandi si sfidavano al gioco delle burče, palline di terracotta,di vetro colorato e celluloide.Lungo i muri delle case si giocava con le cartine dei giocatori:chi lanciava pių vicino al muro con un colpo di dito medio, aveva diritto di prendersi quelle degli altri concorrenti.Al tramonto si alternava il gioco dei vivi e morti con lo scondicųc,qualche volta partecipavano anche le ragazzine, allora era l'occasione per dare o all'una o all'altra un fuggitivo,innocente bacioche ci vaceva arrossire.D'estate costruivamo capanne con paletti di acacia e ramaglie di gelso:dentro, si sforgiavano le armi per le battaglie tra strade:spade, lance, pugnali e frecce.Per i campi andavamo a raccogliere chiodi arruginiti,pezzi di bonbe,palline di metallo residuati della grande guerra.Venivano venduti e il ricavato serviva per comperare i biglietti degli autoscontri alle fiere di Settembre.Alla domenica mattina dopo la messa,andavamo a vedere i Burci, il frantoio e le montagne di sabbia e ghiaia,qualche volta, non visti, ci accendevamo sigarette di carta di giornale.