Sono a Caprezzo - un piccolo comune di circa 180 abitanti - paesino montano a poco più di 600 metri di altitudine, a 15 minuti di macchina da Verbania.
Sono venuto qui per vedere un lavoro di recupero edilizio eseguito sul monumento che domina il "bordo" alto della piazza più importante di Caprezzo.
La piazza è gremita di gente. Si fa festa proprio per la ricorrenza dei 72 anni dalla sua posa. Tutti sono felici perchè il monumento di pietra - un bel granito rosa di Baveno - è ritornato a splendere proprio come allora. I più anziani se lo ricordano. Qualcuno viene invitato a parlare. Sono preso dalle parole dell'oratore perchè mi appagano: esprimono concetti in cui credo profondamente. Sta dicendo:" la pietra ha sempre richiesto fatica e sudore per essere lavorata, e proprio per questo spesso il prodotto ricavato diventa prezioso ed unico. Essa è un dono della natura. La pietra di questo monumento è quindi importante perchè racconta la storia dell'uomo".
Mi avvicino di più a chi parla e riconosco Vito Iacono. Vito è un esperto in materia di recupero edilizio. Ha eseguito numerosi lavori importanti ma soprattutto ha saputo interpretarli restituendoli alla dignità di cui hanno diritto. Lascio che finisca il suo intervento e vado a salutarlo.
d) Allora, Vito, ancora una volta un bel risultato, vero?
r) Beh, qui è stato facile! Qui conoscono la pietra. La pietra sta dalla parte dell'uomo semplice, che la cura, l'ama, la gode; non dalla parte di certi accademici e tantomeno dalla parte di chi le fa violenza.
d) E' verissimo. Si vedono certi "scempi" fatti passare per restauri o per recupero edilizio. Sono invece interventi di alterazione, demolizione, cancellazione...e vengono anche pagati.
r) Vedi, a questo proposito, non molto tempo fa, un noto professionista - dopo avere ascoltato alcune mie proposte di lavoro riguardanti il recupero dei centri storici - parlando della città di Novara - ha affermato: "mi dispiace ma qui non abbiamo pietra". Sono bastate queste sette parole per descrivere se stesso e la propria cultura. Questa terribile superficialità ed incompetenza è diffusissima ed è terreno fertile per qualsiasi tipo di disastro ambientale e di speculazione.
d) Ma non ci rendiamo conto dell'enorme danno che tutto ciò arreca al nostro patrimonio? Non c'è qualcuno che intervenga?
r) E' proprio questo il punto grave della situazione. Io non so nemmeno se qualcuno si sia preso la briga di controllare con quale velocità stiamo demolendo il nostro patrimonio architettonico; so soltanto che esso, spessissimo, è stato affidato ad operatori inesperti, incompetenti o addirittura disonesti. Essi hanno così potuto in poche ore causare dei danni ingenti e di tipo irreversibile ad un patrimonio che si era salvato per parecchi secoli. A ben cercare, si potrebbero trovare anche i responsabili. Questi hanno, quindi, rotto i legami fra le opere d'arte e la cultura che le ha originate.
d) Ma all'interno di questo "meccanismo perverso" come leggi il ruolo dei professionisti?
r) Mi duole dirlo, ma leggo chiaramente che i professionisti non sono certo esenti da responsabilità; l'esperienza mi ha insegnato che spesso sono proprio loro il perno sul quale gira tutta la storia. Quante volte, infatti, capita di vedere opere pregiate irrimediabilmente danneggiate con la complicità dei professionisti! Pensiamo, a puro titolo di esempio, al caso di un antico camino - originariamente di fine fattura, frutto di grande sensibilità artistica e manuale - talmente malridotto da doverlo degradare ad un pezzo di pietra ancora da sgrossare.
d) Che cosa si può fare, allora, per difendere il patrimonio?
r) Elevare la propria cultura e la propria moralità; due cose che per il nostro Paese possono richiedere varie generazioni, prima che si diffondano nel collettivo.
d) Forse sarebbe utile qualche legge adatta?
r) Le leggi ci sono ma non servono a niente perchè non vengono rispettate nè fatte rispettare.
d) Sono d'accordo; torniamo, però, più specificamente al tuo lavoro. Per te "recuperare la pietra" che cosa significa esattamente?
r) Innanzitutto significa entrare in sintonia con quello che devo recuperare. Io studio ciò che ho di fronte per capirne la dimensione: lo spazio, il tempo e la cultura che l'ha originato. Vedi, quell'opera non è lì per caso. Alla base di un'opera c'è sempre un'idea, un progetto - addirittura un sentimento. C'è dentro una "logica". Quindi, non si può fare del vero "recupero" se non si comprende tale logica; ecco perchè spesso io uso dire che "leggere" un'opera significa collocarla nello spazio, nel tempo - insomma - nella sua storia e recuperarla vuol dire permettere anche agli altri di leggerla.
d) E quando capisci che sei riuscito a farlo?
r) Quando riesco ad assaporarne la sua cultura. Proprio come un bravo attore, chi fa "recupero" riesce a farlo bene solo se sa entrare nel personaggio e lo vive con l'aiuto della preparazione tecnica unita alla sensibilità ed al senso estetico.
d) Capisco bene che cosa intendi dire perchè anch'io ho "sentito" - alcune volte - che un recupero era eseguito a regola d'arte proprio per l'emozione che riusciva a trasmettermi; qualcosa che veniva...dal passato.
r) A questo punto, visto che sei un urbanista, sono io che voglio farti una domanda: quali danni può subire un centro storico cittadino a causa di interventi errati?
d) Può subire danni devastanti ed irreversibili. Voglio spiegarmi con un esempio: prova ad immaginare un fotografo un po' improvvisato che debba "ritoccare" i visi di alcuni tuoi parenti su una vecchia e sbiadita fotografia di gruppo. Immagina - ora - che il fotografo abbia a disposizione altre foto, più nitide, dei tuoi parenti ma senza avere nessuna conoscenza personale degli stessi. Può succedere che la nonna diventi somigliantissima alla zia; il nonno assomigli in modo sfacciato a tuo cognato però con i baffi dello zio Giovanni e così via. Analogamente, molti centri storici vengono consegnati alla tutela ed al restauro di tecnici che hanno l'incompetenza e la superficialità del fotografo citato ma spesso hanno l'aggravante di una dubbia etica professionale. Allora, ecco, un possibile risultato: edifici del quattrocento "abbelliti" e fatti assomigliare a costruzioni dell'ottocento e ridotte così a strutture svuotate d'identità. In questi casi i centri storici sono lesi in modo tragicamente irreversibile.
Ti lascio immaginare con quali danni per la cultura, l'estetica e l'economia. Ma per concludere questa chiacchierata-intervista vorrei porti quest'ultima domanda: quale futuro vedi per il nostro patrimonio architettonico e culturale?
r) Il nostro patrimonio è vastissimo ma non inesauribile, quindi il mio augurio è senz'altro che ci si accorga al più presto di quanto si è stati irresponsabili è si cambi immediatamente e radicalmente rotta. Vedo - a dire il vero - qualche motivo di ottimismo. Mi riferisco al fatto che ci sono in Europa attenti osservatori che ammirano le bellezze ed i valori del nostro Paese. Mi auguro che si possa essere utilmente contagiati dalla loro sensibilità.