Enzo Carrino:"Atlantico" onda.jpg 26.8.98 siamo partiti da Stintino, piscina d'acqua azzurra, appena fuori abbiamo costeggiato cala luna, cala coscia, foradata, grotte di nettuno, un bagnetto nel golfo di Porto Conte ed arrivo ad Alghero il tutto con mare circa "5".
Ad Alghero abbiamo attraccato alla banchina di transito, caricati due carrelli di viveri ecc (gentili al supermercato li hanno consegnati direttamente alla barca), caricato il gasolio (distributore: cisterna mobile su motocarro direttamente al posto di attracco), sostituite alcune giranti (motore e generatore), acquistati alcuni ricambi (cinghie, olio, ecc.), alle 10.00 circa del giorno successivo siamo partiti con mare piatto senza vento rotta su Minorca circa 190 miglia. Navigazione a motore tutto il giorno, verso sera vento, dalle 23.00 circa il vento comincia ad aumentare e da 13 nodi sale a 15, 16, 19......, durante la notte aumenta continuamente così tutti in coperta, siamo in tre su un 51 piedi, al mattino poche gocce ma più si andava verso il sereno e più il vento ed il mare aumentavano, fino a toccare i 40 nodi quasi in prua, è il famoso mistral del golfo del leone eppure le previsioni alla partenza davano solo una differenza di pressione da 1024 a 1016. Come prima notte di navigazione è stata terrorizzante, in alcuni momenti ci siamo messi col mare al giardinetto ed abbiamo imbarcato anche alcune onde, con prua verso l'algeria. Le onde frangevano ed arrivavano da tutte le direzioni. Verso sera, con molte ore di anticipo sulle previsioni, siamo riusciti ad infilarci nel grande fiordo di Mahon che arriva fin quasi al centro di Minorca.
Ci siamo legati alla prima boa, sistemata la randa con i lazy jack semidistrutti, messo ad asciugare le cerate e buona parte degli interni bagnati ci siamo ancorati ed abbiamo dormito profondamente per un bel pezzo, dopo aver pagato l'equivalente di circa £.24.000 a dei "parcheggiatori" arrivati su un gommone (rilasciata ricevuta).
Per tutta la traversata verso i Caraibi e rientro in Italia non vi è stata una burrasca come quella descritta anche nelle frequenti sventagliate di oltre 50 nodi di vento.
Successivamente partiti da Mahon abbiamo costeggiato Minorca nella parte sud fino a S. Galdana, circa 15 miglia, ormeggio in baia, molto frequentata, grossi alberghi, un bel po’ di cemento anche se Minorca rimane la più selvaggia delle Baleari, mare poco mosso.

Fine agosto '98, partiti da S. Galdana (Minorca) con bel tempo abbiamo navigato per diverse ore, spinti in parte dal vento ed in parte dal carburante, attraversate le circa 26 miglia siamo arrivati a cala Ratiada, punta estrema lato est di Maiorca. Ormeggio nel piccolo porticciolo adiacente la cala, sull'unico molo per il transito affiancati ad altre barche a vela, alcune in 4° e 5° fila e qui siamo stati sia parte attiva che spettatori nelle passeggiate acrobatiche di tutti i naviganti per raggiungere la terra (la banchina). Il paesino è carino, vi sono alcuni piccoli supermarket ottimi per fare provvista, il porticciolo non consente l'allontanamento dalla barca anche perché non vi è protezione per venti da sud comunque poco distante vi è la bella cala ratiada dove merita fare un bagno ristoratore. A sera non manca la pattuglia che passa per riscuotere l'obolo di ormeggio comunque ragionevole per il nostro 51 piedi.
Si riparte il giorno successivo costeggiando ancora la parte sud questa volta però è Maiorca, proviamo ad issare il gennaker ma il vento debole ci consente solo di smotorare e con un bel maretto formato navighiamo fino a porto Pedro dove ci fermiamo per un'altra notte all'ancora ed anche qui siamo costretti a sganciare ad i parcheggiatori arrivati in gommone. Mattino successivo continuiamo il nostro viaggio lasciando a distanza l'isola di Cabrera, poiché per ormeggiarvi è indispensabile un permesso che non abbiamo, e terminiamo la tappa in rada a colonia S. Giordi prima di saltare verso Ibiza.
Colonia S. Giordi bellissima baia, con scogli, isolotti, bassi fondali e sabbia chiarissima, accanto ad un piccolo porticciolo dove non ci fidiamo ad entrare per questioni di bulbo.
Magnifico bagno, serata tranquilla, ottima spaghettata a bordo con un bianchetto fresco e tutti a nanna con la mente già ad Ibiza che ci aspetta 75 miglia più avanti.

Inizio settembre '98, con un salto di circa 75 miglia con mare formato balziamo dalla costa sud-ovest di Maiorca, colonia san Giordi, ad Ibiza ed approdiamo direttamente al porto della cittadina di Ibiza, banchina di transito, molo in cemento con piano di calpestio leggermente obliquo e stranamente seguiti da una barca gialla in ferro battente bandiera algerina. È la prima volta che incontriamo in mare una barca da diporto con bandiera algerina, a bordo una coppia giovane ed un anziano.
La cittadina è quella che si immagina, piena di ristorantini folcloristici, locali trasgressivi, gente normale e non, castello che osserva tutto e tutti dall'alto. Troppo turismo per i nostri gusti.
Dopo una giornata di sosta percorriamo ancora il tratto di mare nella parte sud dell'isola passando nel canale che divide l'isola principale con Formentera e l'isolotto di Espalmador, quest'ultimo sabbioso e meta dei giovanissimi.
Attenzione il canale a sud di Ibiza è larghissimo ma quasi tutto un basso fondale con un solo stretto passaggio centrale. Andiamo avanti tralasciando Formentera ma la toccheremo al ritorno.

Approdiamo sulla costa ovest di Ibiza per l'ultima tappa dell'arcipelago, in una caletta che si apre fra altissime coste scoscesi, cala Vedella, bellina e pittoresca, con numerosissime boe e corpi morti, quasi tutti occupati con attracco a prua e poppa di ciascuna barca. Con un po’ di artifici vari..... riusciamo a dare cima a prua ad un gavitello così a poppa, quest'ultima distante circa un metro da un ferro da stiro. La caletta è tranquilla, le pareti di uscita si accavallano quasi l'una all'altra, verso riva vi sono dei bagni delimitati da una zona con galleggianti, anche una coppia di vicini di barca sono abbastanza gradevoli.

Resoconto delle Baleari, comodissime per girarle in barca, poco costosi gli attracchi, almeno quelli principali che abbiamo toccato, numerosissime le baiette e calette adatte ad ancorare anche se non sempre si trova posto facilmente, tutto sommato molto piacevoli e con bella acqua cristallina.
Fra poche ore percorreremo ancora 75 miglia circa per raggiungere la costa spagnola nei pressi di capo della Nao.
Il mare come sempre un po’ in movimento e vento scarso o tanto per non cambiare, sul naso.

Il viaggio continua, dopo circa 75 miglia percorsi nel canale fra Ibiza e la costa spagnola ci avviciniamo e cerchiamo un posto dove atterrare, l'attraversamento del canale non è stato difficoltoso ma una volta sotto la costa spagnola, il mare è diventato cattivo ed è rinfrescato il solito vento quasi in prua.
A forza di motore costeggiamo gli strapiombi del capo de la Nao dirigendoci verso Gibilterra ed ecco dopo un promontorio aprirsi il piccolo porticciolo di Calpe, prendiamo terra e diamo cime alle bitte.
Sorpresa piacevolissima, paesino molto caratteristico con numerosi banchi con coreografiche esposizioni di pescato molto particolari anche se preferisco vederli tutti vivi nel loro habitat marino scopriamo che in questo paesino marinaro ha soggiornato per lungo tempo anche Hemingway.
Cerchiamo invano un negozio dove acquistare una carta nautica per i prossimi attracchi, poiché abbiamo nel cartografico una cartuccia poco dettagliata per la navigazione da Cartagena a Gibilterra.
Il mattino seguente molliamo gli ormeggi e percorriamo ancora circa 50 miglia passando al largo di Benidorm fino ad Alicante. Marina super-moderno ed attrezzato, città frequentatissima e trafficata, qualche supermarket aperto anche 24ore al giorno. Qui incontriamo alcune barche italiane, una coppia sessantenne che naviga da circa quattro anni ininterrottamente e ci consigliano bene per i prossimi marina, in particolare ci parlano molto bene del marina di Aquadulce nei pressi di Almeria, ed alcuni ragazzi che aspettano parte dell'equipaggio per rientrare a La Spezia, questi ultimi ci sconsigliano di costeggiare le saline nei pressi di Cabo de Palos (secondo loro c'è poco di bello da vedere).
Si riparte e via circa 75 miglia fino a Cartagena, porto militare dove nel mentre entriamo nella gola superfortificata incrociamo un sommergibile che esce dal porto semisommerso.
Cartagena, cittadina movimentata e bellina, appena fuori dal porto vi è un monumento composto da un vecchio sommergibile sovrapposto a delle fontane, di fianco ad esso inizia il centro storico, elegantino e raccolto.

Noi nomadi riprendiamo il viaggio verso Gibilterra, puntiamo verso capo s.José o almeria per andare a conoscere il marina di Aquadulce che ci aveva consigliato l'amico italiano (cielito lindo) di cui ho parlato in precedenza. Quest'ultimo, ravennate, ci aveva consigliato questo marina per la sua economicità e ci aveva invitato a chiamare il responsabile (Mario) tramite VHF per chiedere informazioni sulla disponibilità di posti prima di accostare non dimenticando di presentarci come amici di:..."ci manda cielito lindo", ed informandolo anche che fra qualche giorno sarebbe arrivato anch'egli per lasciare la barca (un'alpa) e tornare un po in Italia.

Il mare non prometteva bene pertanto abbiamo deciso di entrare a Garroucha anche perché il sottoscritto, per ovvie ragioni, doveva rientrare in Italia.
Garroucha, una lingua di sabbia di oltre un chilometro su cui si affaccia il paese, ad una estremità di questa si apre il piccolo porto con qualche nave che trasporta sabbia ecc.; ormeggiamo all'ancora in porto verso le 21 sotto un tramonto rosso fuoco che si riflette sono un cielo molto nuvoloso, niente di mai visto prima. Ottima paella in uno dei ristorantini subito fuori dal porto.
Il mattino seguente ci svegliano molto presto perché bisogna far posto alla nave che deve manovrare.
Colgo l'occasione al volo e lascio la compagnia, purtroppo per rientrare al lavoro, con un groppo in gola percorro tutta la strada che sovrasta la spiaggia osservando: i miei tre amici (uno l'avevamo imbarcato a maiorca) e la barca che sopra un mare d'olio, con la bandiera in poppa penzoloni, costeggiano tutto il lungomare e scompaiono verso capo de Gata.
Alla ricerca di un mezzo per rifare le oltre 1000 miglia all'incontrario scopro che per via aerea il viaggio costa circa £. 1.500.000 e volendo adottare la soluzione treno ciò risulta farraginoso, scomodo e costoso. Per puro caso viene fuori la possibilità di rientrare in autobus, ebbene si, vi è una linea di autobus che da Casablanca arriva fino a Roma e non solo, vi è la possibilità di girare tutta l'Europa a modica cifra (Eurolines autolinee internazionali). Con circa £. 200.000 sono rientrato arrivando a Viareggio con circa due ore di anticipo, viaggiando comodamente, con televisione e filodiffusione.

gibilterra.jpg
I miei amici dopo qualche altra tappa sono arrivati a Gibilterra, hanno percorso tutto il canale e si sono ormeggiati in un porticciolo all'estrema punta dell'Africa dopo Tangeri ma qui per una breve sosta le autorità del luogo hanno richiesto la tariffa di attracco equivalente a quella delle navi, poiché il porticciolo è solo per attracco navi. A tale richiesta loro, da ottimi navigatori, hanno quasi tagliato le cime per la fretta di scappare da un siffatto luogo e con circa 50 nodi in poppa hanno cavalcato verso le Canarie incrociando numerose navi. I racconti dicono che dopo 4 o 5 ore il vento è diminuito e dopo circa una settimana che li avevo lasciati, alle ore 23.30, ho ricevuto la loro telefonata e con tanta euforia mi comunicavano di aver appena attraccato a Lanzarote. Felicissimo per loro ho riprovato nuovamente quel dolore dentro, purtroppo non potevo essere con loro!
Qui il mattino dopo l'attracco, per effetto della marea, si sono trovati quasi in secco. Toccate poi quasi tutte le Canarie si sono fermati, prima del balzo, alla baia di Los Cristianos a sud di Tenerife, in rada all'ancora hanno socializzato con diversi navigatori e fra questi hanno conosciuto e trascorso alcuni giorni in compagnia di Giovanni Leone che col suo Joshua attendeva l'Aliseo per partire. Appena il Joshua è salpato hanno preso il suo posto all'ancora ritenuto tranquillo e protetto e due due di essi hanno approfittato per fare un salto in Italia.
Biglietto aereo comprato a tenerife per Milano AR circa £. 600.000. Prossimamente vi darò alcune notizie sui Caraibi estrapolate dai loro racconti; sarò più preciso e riprenderò il racconto in prima persona nel percorso di rientro in Italia e cioè dalle Azorre, Lisbona con insabbiamenti nell'Atlantico. Da dove ho ripreso in pratica la navigazione per riportare la barca a La Spezia.

A metà novembre '98 sono partiti dalle Canarie con rotta verso le isole di CapoVerde, in prossimità (senza toccarle) di queste hanno deviato facendo rotta su Martinica dove dopo un lunga "discesa in folle" (così l'hanno definita) dopo circa 19/20 giorni il 4.12.98 hanno toccato terra a Martinica. Il tutto tranquillamente e senza danni.
Da dicembre '98 ad aprile '99 chi ha potuto hanno girato tantissime isole Tobago....S.Lucia....Dominica.....S.Martin.
Sintesi: tanta delusione, posti supercommercializzati, tanto caldo ma tutti i giorni violenti acquazzoni, nei canali fra le isole sempre mare inca@@ato, costi esagerati (purtroppo per comprare a volte merce fatta venire dall'europa).

In aprile 98 inizio rientro: S.Martin/Azzorre 19 gg. di bolina, una sola burrasca che li ributta indietro di circa 100miglia.
Le Azzorre, forse le isole più belle di tutto il viaggio, prati verdi, clima buono, gente ospitale, turismo accettabile.
Ci prepariamo ed in due andiamo a rimpiazzare due navigatori che sbarcano.
Cinque giorni di galoppata con 40 nodi parte in poppa parte al traverso, lunghissime planate ad oltre 10 nodi percorso circa 900 miglia Lisbona.
lisbona.jpg
Metropoli molto accogliente, relativamente economica, ormeggio nel grande fiume Tago in pieno centro quasi sotto l'enorme ponte (gemello di quello americano), poco distanti dalla torre di Belem.
La città è superservita da un ottimo servizio di mezzi pubblici pertanto il traffico è quasi inesistente, vi sono i vecchi piccoli tram simili a quelli di S. Francisco con un solo carrello a quattro ruote al centro della carrozza il che li fa saltellare continuamente, bella la veduta dal castello di S. Giorgio, piazza Geronimo, la torre di Belem, il monumento a Colombo, forti le escursioni di marea. Una curiosità il tago è navigabile dall'atlantico fino a Madrid!
Il 27.5.99 partenza da Lisbona rotta verso Gibilterra.

Partiamo di buon ora dal tranquillo marina sul Tago nel centro di Lisbona, passiamo subito sotto la campata del ponte, alta oltre 50 metri incrociando una nave, sulla sinistra la grande statua simile al Redentore di Rio, subito dopo sulla destra sfila il bianco monumento a Colombo e dopo di esso la caratteristica torre di Belem. Ancora poco ed in un ora circa siamo fuori dal Tago, l'Atlantico ci aspetta e ci accoglie tranquillo. Seguiamo le indicazioni del portolano e giriamo molto al largo dalla sponda sud del Tago dove è segnalata e ben visibile una considerevole zona di basso fondale per lo più sabbioso. alla nostra destra in lontananza Cascais e l'Estoril.
Molto curiose le tante piccole imbarcazioni portoghesi che danno fondo all'ancora, si allontanano da questa aiutate dalla corrente e poi cominciano a recuperare la cima dell'ancora a mano tramite una grande ruota fissata al centro della barca, probabilmente pescano dei mitili o altro.
Dopo qualche ora di navigazione tranquilla, parte a vela parte a motore, doppiamo il capo di Espichel, passiamo al largo da Setubal e concluse le nostre 60 miglia circa ci ancoriamo nel tranquillo porticciolo di Sines. Quest'ultimo piccolo paese ad anfiteatro, nulla di particolare, ottimo ormeggio, marina recente, tariffa non esagerata pagata alla locale polizia che ci mette a disposizione buone cartine di previsioni meteo.
Il giorno seguente ci troviamo sotto il transito di un fronte freddo così decidiamo di fermarci qualche giorno: tiriamo fuori il tender dalla cala vele, riportiamo i 4 quintali di catena ed ancora dal loro stivaggio in sentina nei pressi dell'albero al gavone di prua e cogliamo l'occasione per ridipingere le tacche in corrispondenza dei 5,10,15, metri, ecc. Ci ritroviamo nuovamente con la prua più bassa di circa 4 dita; la catena e l'ancora erano state spostate al centro barca per la navigazione in oceano con prua più leggera con conseguente migliore assetto.
Trascorsa una giornata a Sines occupata tutta a sistemazione, pulizie e controlli e lavoretti vari, il giorno successivo ripartiamo e con un mare sul 5/6 navighiamo verso il maestoso cabo s. Vincente che ci accoglie, ci accompagna per tutto il doppiaggio e ci saluta col suo suono lugubre, credo si tratti del nautofono.
Prua ad est e dopo ancora poche miglia siamo a Lagos, anche per oggi abbiamo percorso 75miglia di costa prevalentemente alta ed a picco sull'oceano.
Lagos, bellissimo la costa prima dell'ingresso nel porto canale, è piena di rocce a forma di grossi funghi (sembra di tufo) fra cui si aprono piccolissime insenature scavate dall'acqua con piccolissime anse, spiaggette e calette con acqua cristallina. Siamo soli a percorrere il canale di accesso che costeggia la ridente passeggiata della cittadina fino ad ormeggiarci ad un piccolo pontile del marina (chiuso è domenica). Cittadina turistica, rifornimento viveri ai supermarket e l'indomani partenza con rotta verso Albufeira.

Lasciamo Lagos di buon ora, tanto umido e come al solito finché il sole non va a regime non abbiamo un posto asciutto dove sederci, è tutto "un'acquazza"; siamo ai primi di giugno e con cerate o giacche a vento il freddo si fa sentire. Come al solito siamo in quattro (comodissimi, la barca: 4 cabine più che doppie ciascuna con il suo servizio wc e doccia, piu cabina di prua doppia con altro servizio), al timone generalmente 3 turni e..... mezzo :-( (qualcuno si imbosca). Quando mi tocca le mie ore di turno le faccio con piacere ma, contrariamente all'andata, avverto tanto freddo specialmente nelle andature di bolina, si ghiaccia la fronte, la prossima volta oltre ai vari copricapo mi equipaggerò con una fascia da sci di pile o di altro materiale.
Alle nostre spalle pian piano si dissolve la costa di Lagos che nei colori dell'alba assume i contorni di un paese incantato, mi sembra di essere nella più bella fiaba, l'acqua che scivola lungo lo scafo ha il suono dei campanelli del paradiso. (Ma appena si inca@@a è più cattiva dell'........)
enzo.jpg
Passiamo al largo di Albufeira e per la notte decidiamo di rintanarci a Faro, grossa avventura, sia la carta nautica che la cartuccia del plotter non ci forniscono dettagliate notizie, valutiamo bene la costa e i possibili attracchi e decidiamo di non inoltrarci troppo nel golfo di Cadice, in modo da poter saltare direttamente su Cadice città, tentiamo così l'atterraggio.
Abbiamo navigato tutto il giorno lungo una costa sabbiosa con acqua bassa anche a notevole distanza dal litorale, l'avvicinamento, caratterizzato dalla vista di una lunghissima lingua di sabbia dove imboccare l'entrata è una bella scommessa. Ci siamo, entriamo con sospetto in questa grande laguna, seguiamo il canale segnalato dando la destra alle boe, fondale bassissimo, seguiamo il canale per diverse miglia verso est ma non ci convince, riprendiamo verso ovest cercando la cittadina ma quasi alla fine ci insabbiamo, dopo un quarto d'ora di manovre varie riusciamo a disincagliarci, cerchiamo (con circa 25 nodi di vento) e ci ormeggiamo con fatica ad un piccolo molo dove vi è una piccola nave che trasporta sabbia ecc. ma il vento ci spinge malamente contro il bordo alto di calcestruzzo rendendo l'ormeggio precario e pericoloso ed alcuni pescatori ci informano che durante la notte, dove ci siamo fermati, devono attraccare continuamente le bettoline perciò dobbiamo allontanarci.
Ritorniamo al lato est (10miglia circa avanti e indietro) dovrebbe esserci un marina si vediamo gli alberi delle barche ma non riusciamo a trovare l'accesso e siamo di nuovo in sabbia, dopo sapremo che sono entrati con l'alta marea ed è impossibile accedere con la bassa marea.
Ci rigiriamo a fatica ma sembra che la sabbia sia aumentata dietro la barca, proviamo a raggiera finché rigalleggiamo di nuovo. Infine una pattuglia della guardia marina ci affianca e come al solito: documenti, chi siete, da dove venite, dove andate????....... alla fine ci indica l'unica zona dove è possibile ormeggiare: all'ancora, vicino ad un rimorchiatore inglese in disuso, utilizzato per diporto.
Sbarchiamo col tender e subito la vista del posto ci ripaga e ci fa dimenticare tutto il nervosismo accumulato per il problematico ormeggio. Isole di pura sabbia con misere ma dignitose abitazioni, senza strade, senza mezzi pubblici, senza la civiltà, solo poche case poggiate sulla sabbia, tanti fiori, da un lato la laguna dall'altro l'oceano. Ci fermiamo????????? Varrebbe la pena, qualche giorno, qualche mese, qualche......
Mentre cerchiamo un telefono i bimbi del villaggio ci seguono incuriositi......

Rientro a bordo, il giorno dopo si riparte, prua su Cadice, 85 miglia davanti, vento fresco al traverso sui 25/30nodi, oceano in movimento. Lasciamo il Portogallo ci aspetta la Spagna. Gran bella cavalcata, con buon vento, in dodici ore circa tracciamo la corda dell'arco di cerchio che divide Faro da Cadice. Seguendo prima i grattacieli dal largo poi i segnali marini, iniziamo l'atterraggio verso la grande metropoli percorrendo come d'obbligo un bel pezzo della baia metropolitana. Due catamarani con quattro ragazzi ci "abbracciano" passandoci l'uno di prua e l'altro di poppa quando taglamo la linea virtuale tesa tra le bocche dell'insenatura.
Un bel po’ di miglia nel porto ed approdiamo al primo marina segnalato dal portolano. Una veloce spaghettata e via a piedi (e quanto a piedi) per raggiungere il centro della città col suo bellissimo castello e bellissimo lungoatlantico. Una curiosità: lungo la stradina isolata che conduce al marina "parcheggiate" numerose auto, tutte con solita coppietta all'interno, ma stranamente tutti intenti ad osservare lo spettacolino del televisorino portatile applicato al cruscotto della vettura, (spettacolo per niente piccante o ecc.)!!!! O c'era uno spettacolo particolare quella sera oppure utilizzano le auto in modo diverso.....
Stremati dalla lunghissima passeggiata ma appagati per aver conosciuto una parte della città (poco per quanto ci sarebbe da vedere), a notte fonda rientriamo nella nostra piacevole casa galleggiante. Notte tranquilla, escursione di marea abbastanza consistente, l'indomani mattina spedizione per acquisto viveri freschi (latte, pane, frutta, ecc.) e prua verso le Colonne d'Ercole.
Il tempo non ci assiste, è in arrivo una perturbazione, il vento non è favorevole ma con calma, sereni, avvolti nella tranquillità e mestamente costeggiamo il castello di Cadice avviandoci verso le nostre acque, gustandoci le ultime gocce d'oceano e riflettendo sui tre milioni di assicurazione pagate per essere "protetti" fuori dal Mediterraneo, "stiamo azzerando così le ultime cinquantamila lire".
Prima di avvistare Capo Trafalgar avvistiamo delle strane barche ormeggiate con lunghe file di galleggianti e non ci mettiamo molto a capire che sono delle tonnare, ci costringono a mettere la prua al largo e percorrere sei o sette miglia in più per aggirare queste scabrose trappole mortali.

Doppiato Cabo Trafalgar, con in tasca altre circa settanta miglia avvistiamo prima la fascia montuosa dell'Africa, verso cui ci dirigiamo, e successivamente sistaglia alla nostra sinistra la sagoma bianca del faro di Tarifa, posto sul piccolo "isolotto" antistante la cittadina (a ridosso di quest'ultimo sia in uscita che in entrata sono state notate delle barche con diverse bandiere all'ancora).
Nel tardo pomeriggio di uno dei primi giorni di giugno '99, con mare abbastanza tranquillo e tempo abbastanza clemente, iniziamo a costeggiare la punta sud della Spagna.
Navigare nello stretto di Gibilterra non è molto semplice per diverse ragioni, ne elenco qualcuna: il canale è abbastanza largo ma è lungo diverse miglia, vi è una zona centrale a forma di binario riservata (sulla carta) alla navigazione sia in entrata che in uscita delle numerose navi che lo percorrono quasi una dietro all'altra, vi sono traghetti che navigano fra la Spagna e l'Africa, vi sono numerose navi cisterne in rada o all'ancora (anche se non proprio nel canale), c'è da stare attenti alle forti correnti ed ai venti, vi è qualche relitto semisommerso, ecc....
Noi entriamo costeggiando come detto Tarifa ed è proprio davanti a questo paese che vediamo in alcuni punti l'acqua muoversi come se fosse in ebollizione, e per alcuni tratti piccole ondine ripidissime frangersi contro lo scafo, passiamo poco distanti da un relitto sporgente oltre duo o tre metri fuori dall'acqua ed assistiamo alla processione di navi in transito; non rileviamo particolari difficoltà certo le condizioni sono state quasi ottimali! Siamo dentro, sembra quasi di avvertire l'odore di casa, e la mente corre subito alle sensazioni che forse in molti avrete provato: navigare per lunghi periodi lontano dalla costa ci si disabitua all'odore della terra così che man mano che ci si avvicina nuovamente alla costa, già da diverse miglia spesso, si comincia a riassaporare l'odore caratteristico del terreno, della macchia mediterranea o, purtroppo, l'olezzo in cui ci avvolge la nostra civiltà.
Decidiamo di non approdare a Gibilterra per ovvie ragioni e problematiche affrontate in uscita (colonia inglese, avvicinamento tirar su la bandiera gialla, aspettare che la visita a bordo o l'autorizzazione a sbarcare, dogana, posto, ecc.) peccato sarebbe stato piacevole andare a far visita alle scimmie che vi dimorano e forse più costruttivo di incontrare burocrati e norme antiche. Comunque osservando la rocca (Gibilterra) sfilare alla nostra sinistra ci inoltriamo nel fiordo decidendo di pernottare ad Algeciras situata in fondo all'insenatura. Dopo un bel po’ di miglia e quasi al buio arriviamo nel porto.
Solite difficoltà, fondale quasi al limite, banchina di transito inesistente, e più inca@@ati del solito decidiamo di ormeggiarci ad un grande marina in costruzione, direttamente ad un pontile in calcestruzzo, stanchi delle gabelle di ormeggio (anche se non esagerate come in altri luoghi più familiari).
Sembra facile ormeggiarsi ad un pontile in calcestruzzo in costruzione, parabordi su tutta la fiancata, ci assicuriamo (per mancanze di bitte o catene) a dei tombini appena murati ma subito ci rendiamo conto che la marea e la forza del nostro "guscio" avrebbero in poco tempo distrutto i manufatti ma non ci diamo per vinti e approntati degli "springs" e "traversini" e "barbette" di oltre 20metri ciascuno, ci siamo avviluppati, avvolgendoli completamente, ai pontili (sembrava quasi che volessimo portarli via con noi!).
Primo problema risolto. Cerchiamo adesso il solito telefono e negozio per l'approvvigionamento dei viveri freschi se possibile. Percorriamo con una torcia di bordo tutto il cantiere, fra ciottoli, fango, ecc. e con la preoccupazione di incontrare qualche cane, arriviamo in fondo e ci ritroviamo dietro un cancello chiuso alto oltre tre metri, privo di appigli, non tanto solido da poterlo scavalcare e con la polizia passata due volte in pochi minuti. Costeggiamo la rete e come topi, aggrappata ad essa (flettente paurosamente), decidiamo di percorrerne una decina di metri sul baratro di una fogna a cielo aperto per arrivare all'esterno. Poco ci è mancato che.....meglio non pensarci.
Ecco siamo nella civiltà, come gatti impauriti in mezzo ad un fiume di auto che sfrecciamo su una grande arteria. Ci dirigiamo verso la città o meglio dire verso il chiarore delle luci "sui nostri piedi ancora marini" e percorsi oltre due o tre chilometri a notte fonda troviamo un telefono funzionante; col solito cerimoniale ciascuno comunica con casa.
E' il mio turno, nessuno risponde al telefono, potevo starmene a bordo! Non solo per le acrobazie ma adesso: preoccupazione fino alla prossima telefonata. Rientro altrettanto movimentato. All'alba del giorno seguente 60 miglia per Fuengirola.

Fuengirola: mi sfugge qualsiasi ricordo, probabilmente perché non ho toccato terra, sarò rimasto a bordo per qualche motivo, per qualche lavoro, per turno di cucina oppure niente mi ha colpito.
Si accelera ancora di più la già veloce andatura di rientro - purtroppo - Vi chiederete perché? è semplice: chi ha percorso tutte le tappe comincia a soffrire per la lontananza da casa, dagli affetti; il mio è un discorso diverso, cerco di far conciliare la navigazione con il lavoro e purtroppo il tempo non basta mai poi in barca partenze ed arrivi sono così aleatori (meteo, mare, vento, ecc.).
Peccato, toccare la costa di sera, mangiare un piatto caldo, fare quattro passi e spesso ripartire dopo poche ore e pensare fra te e te: Ci tornerò più in questo posto? Ma il tempo stringe. Decidiamo di saltare Malaga e dopo circa 60 miglia approdiamo per la sera a Motril, cittadina turistica, quasi identica a Riccione o Cattolica o Rimini. Poco da dire. Forse è più la costa che ci riserva qualche sorpresa: è cosparsa di numerosissimi generatori eolici che sembrano dei battaglioni di soldati schierati, essi seguono i profili dei pendii e delle vallate e si alternano con chilometri e chilometri di serre, in alcuni punti la costa esposta al sole risulta tutta ingabbiata al punto tale da sembrare un paesaggio non terrestre, non si vede il colore del terreno per diverse miglia.
Ecco da dove arrivano tutti quei prodotti che troviamo nei nostri supermercati; riepilogo: con la rete di autobus che hanno sviluppato si vanno a prendere i turisti perfino dal mar del Nord e dalla Russia, li ospitano a prezzi stracciati in queste megacittà di alberghi alti decine e decine di piani (Benidorm, Torremolinos, ecc.), con migliaia di mulini a vento stesi in parata militare si producono milioni di KiloWatts, con le superserre producono primizie ed altro che troviamo dappertutto, ogni 5 miglia vi è un marina superattrezzato, han capito tutto anche se hanno rovinato parecchie coste.

E noi continuiamo a navigare nel mare di Alboran con la prua verso il tempestoso cabo de Gata osservando ciò (a Torremolinos vi sono addirittura alberghi dove attracchi la barca e vai in camera); forse è più bella la compagnia delle sule o sterne che incontriamo, accompagnati dai numerosi pesci volanti, rimaniamo estasiati davanti a qualche pesce spada che ci salta a poca distanza e mesti quando osserviamo in qualche baia un cormorano che si immerge.
Prossima fermata marina di S.José, attraccati con mezza barca fuori dal porto e raffiche di vento da paura.
Ancora 74 miglia alle spalle e siamo al marina di S.Jose, appena doppiato cabo de Gata, porticciolo piccolissimo, riusciamo a mala pena a ripararci da una raffica di vento fortissima iniziata appena attraccati e durata per fortuna solo qualche ora. Siamo ormeggiati male, di prua e con mezza barca lato poppa quasi fuori dal porto, poiché la nostra barca è spesso la più grande di quelle che troviamo in giro. Paesino piccolissimo e supermarket distantino, acceleriamo il rientro per questioni di lavoro (purtroppo) ed il mattino dopo ci toccano 85 miglia e siamo di nuovo a Cartagena, non è cambiata da quando circa nove mesi fa l'abbiamo lasciata. Il sommergibile che esce non lo incrociamo ma quello poggiato sull'acqua in piazza c'è sempre ed anche l'elegante centro della cittadina ci riabbraccia con piacere. Si corre, giorno seguente ancora 75 miglia e Alicante ci accoglie per la notte col suo supermarina attrezzato e vialone turistico piastrellato con milioni di tessere-mosaico.

Lasciamo di buonora anche questo approdo ma subito ci rendiamo conto che la navigazione sarà faticosa, tre possibili mete principali in programma: Calpe già vista in andata, una delle Baleari oppure direttamente Cagliari, quest'ultima con previsione di diversi giorni continui di navigazione. Dopo qualche ora che navighiamo con mare contro ci rendiamo conto che non è il caso di continuare verso Calpe allora decidiamo di dirigere su Cagliari affrontando una bolina stretta con mare 5/6 ma anche questa navigazione faticosissima verso sera diventa quasi impossibile e ci ritroviamo un po’ stanchi, un po’ giù di morale, un po’ disuniti come equipaggio (siamo in quattro, non tutti bravi velisti e per giunta uno si comporta da passeggero taciturno, capita anche questo a bordo) e ormai ci ritroviamo nuovamente con la prua verso l'Africa non molto distante. A notte fonda si decide di dare motore e dirigersi a nord, sbattendo e cavitando, per ripararci nella baia sud di Formentera. Arriviamo nel primo pomeriggio dopo che la prua e le lampade di via hanno fatto migliaia di tuffi nelle onde, con la sensazione di aver percorso mille chilometri su una mulattiera e con quasi il doppio (190) delle miglia percorse rispetto a quelle risultanti in linea retta dal punto di partenza.
tramonto.jpg
Ma, siamo comunque felici e l'acqua della baia di Formentera è stupenda, sembra un'enorme gemma: pietra-marina, chiara come un diamante e con riflessi luccicanti di un brillante. Si potrebbe non ripartire? Giù il tender, spedizione a terra, lì vedi ci sono dei binari con le barche trainate in secca in rudimentali garage, accostiamo con il naso verso la bellissima costa ed un ferro (tipo paletto di recinzione) semisommerso ci distrugge il tender che rimane gonfio solo in una punta posteriore (succede purtroppo).
Una giornata di riposo a Formentera, pochi terragnoli e quasi tutti italiani, e la voglia-piacere di essere lontani dalla costa ci riassale.
Prua su Cagliari, 380 miglia di navigazione tutto sommato tranquilla, non sempre assistiti da eolo, e quasi a metà di giugno '99 terminiamo la cavalcata delle onde a marina di Campidana Cagliari.
INDICE