Radici e ali per saper guardare oltre.....
quello di oggi è un articolo che piuù lo leggi più vi trovi "il cuore" del pellegrino.
Ciao Nico
«Il Papa pellegrino alle fonti della fede»Articolo pubblicato sul Corriere della Sera |
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19 marzo 2000Ritengo che il prossimo pellegrinaggio del Papa in Giordania e in Israele sia il più importante tra tutti quelli che egli ha fatto in questi 22 anni del suo pontificato. E il più ricco di valori simbolici, il più delicato e in qualche modo il più difficile. Si può affermare che tutti i viaggi precedenti sono stati come una preparazione a quest'ultimo, che in qualche modo li riassume tutti. Esso è anzitutto un viaggio alle sorgenti della fede cristiana e alle radici del cristianesimo. I1 Papa lo ha definito come un "pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza". Egli visiterà qualcuna delle località più significative per il cammino del popolo ebraico, come il Monte Nebo, che (in continuità con il pellegrinaggio recente al Monte Sinai), ricorda il cammino del popolo di Israele sotto la guida di Mosè verso la Terra Promessa. Ma soprattutto si porterà in alcune delle località segnate dalla presenza e dalla vita di Gesù di Nazareth, duemila anni fa. Visiterà il posto presso il fiume Giordano dove Gesù fu battezzato da Giovanni Battista. Andrà a Betlemme, dove Gesù nacque, si recherà ad alcuni luoghi dove Gesù ha predicato e operato miracoli, come il monte delle Beatitudini, il luogo della moltiplicazione dei pani e la roccia sul lago di Tiberiade, dove si ricorda il mandato conferito a Pietro di "pascere il gregge". Sarà a Nazareth, dove abitava Maria madre di Gesù e dove Gesù visse la sua adolescenza. Il culmine del viaggio lo porterà a Gerusalemme, la città più carica di ricordi e di memorie religiose di tutto il mondo, la città dove Gesù morì per la salvezza del mondo e dove si venera il suo sepolcro vuoto e si fa memoria della sua risurrezione. E' dunque un pellegrinaggio che rievoca le origini storiche del cristianesimo, dove si toccano con mano luoghi e paesaggi che fanno da sfondo alla vita di Gesù di Nazareth e portano ancora l'impronta spirituale del suo passaggio. Per questo non è tanto importante che si possa sempre dimostrare storicamente che alcuni dei posti visitati siano il luogo preciso dove è avvenuto questo o quel fatto narrato dai Vangeli. La terra è quella, il cielo e i panorami, il fiume e il lago, le colline e le strade che si snodano lungo i percorsi antichi sono quelle e le memorie archeologiche, diligentemente scavate e studiate anche in questi ultimi anni, ci parlano della venerazione che fin dai tempi più antichi fu tributata in quei luoghi alla memoria dei fatti narrati nelle Scritture e in particolare nei Vangeli. n pellegrinaggio è dunque un atto di omaggio alla natura storica del cristianesimo, messaggio che parte da fatti avvenuti in luoghi e tempi determinati e non da teorie astratte, da deduzioni a priori, da proclamazioni disincarnate. E' anche un pellegrinaggio ai luoghi che più di ogni altro furono testimoni della nascita di quella serie di libri a cui i cristiani danno il nome di Bibbia, di Scrittura Sacra, che contiene anche i testi venerati e amati dal popolo ebraico e non ignoti anche ai fedeli dell'Islam: quella Bibbia che sta alle radici della nostra storia ed è fonte di speranza per il nostro futuro. Quale emozione il sentir risuonare ancora ai nostri giorni, tra le pietre e il vento, tra le rovine di scavi antichi e nei luoghi di convegno di oggi, le parole dei Salmi, le invettive dei profeti, le parole esigenti e liberatrici di Gesù! Ma quello del Papa non sarà solo un viaggio alla ricerca delle mémorie del passato più antico. Sarà un viaggio ricco di incontri con tutte le comunità e realtà che oggi vivono in quei paesi, una presa di contatto diretto con gli eredi di una storia antica e recente dove non mancano le lacerazioni, le memorie dolorose, le ferite ancora aperte. Sarà anzitutto un incontro con i popoli, il popolo ebraico e il popolo palestinese, con la Giordania e Israele, con le loro aperture di pace e le loro sofferenze, le loro attese. Il Papa giunge a questi incontri con le parole forti pronunciate domenica scorsa 12 marzo chiedendo perdono per tutte le sofferenze che una errata interpretazione del messaggio cristiano ha potuto infliggere anche a questi popoli. Il Papa ha proclamato un molteplice "mai più" che vuole indicare la ferma volontà della Chiesa cattolica di rimuovere ogni incomprensione e ogni possibile sorgente di tensione e di creare da parte sua le condizioni perché mai più si debba ripetere nella storia dell'umanità qualcosa che ricordi anche solo da lontano le guerre delle "crociate" e la tragedia della Shoah. Per questo sarà anche molto significativa la visita del Santo Padre al memoriale di Yad Vashem, che ricorda l'uccisione di sei milioni di ebrei da parte dei nazisti. Sarà un incontro con religioni diverse, come l'Ebraismo e l'Islam, anzi, con uomini religiosi di queste fedi, che possono incontrarsi in nome di tradizioni comuni e di propositi di pace a cui tutti possono contribuire. Sarà un incontro ecumenico, cioè con tutti coloro che abitano in quelle regioni e si professano cristiani, e in particolare con i loro responsabili. Un incontro quindi che vuole promuovere il dialogo, suscitare volontà di confronto fiducioso tra tutti, creare condizioni di pace e collaborazione tra le confessioni cristiane per estendersi poi alle etnie, agli Stati, alle religioni. Ma sarà anzitutto un incontro con le comunità cattoliche presenti e operanti in Giordania e in Israele, che vogliono porsi come operatori di pace e di riconciliazione, a servizio della collaborazione reciproca, vivendo in quelle terre in pace con tutti, come testimoni del vangelo e della sua capacità di suscitare pensieri e opere di fraternità. Con queste intenzioni il Papa incontrerà anche poveri ed emarginati, ospiti dei campi profughi, rappresentanti di tutti i sofferenti della terra. Un viaggio così ricco di simboli e di gesti, così carico di significati e perciò così delicato e arduo richiede la comprensione di tutti perché non ne vengano fraintesi i fini e ne siano capite le profonde intenzioni di religiosità e di umanità. L'auspicio è che tutti colgano questo, con uno sforzo sincero per superare visioni del passato, e che nessuno ostacoli questi propositi di pace di Giovanni Paolo II, di quest'uomo carico di anni e di esperienze, che ha sofferto nel suo corpo e nella sua storia le contraddizioni e le violenze del secolo trascorso e che porta con sé le speranze e le attese di moltitudini di credenti e in qualche modo dell'umanità intera. |
Riflessione del Card. Martini sul Pellegrinaggio del Papa in Terra Santa, pubblicata sul Corriere della Sera il 19 marzo 2000
«Mi commuove camminare dove il Signore pose la sua tenda»
TEL AVIV - Ci sono una pioggia sottile e una luce
strana, a cavallo tra il giorno e la notte, a salutare l'arrivo
del Papa all'aeroporto "Ben Gurion" di Tel Aviv. Sono
le 16.45 gli orologi battono gli attimi destinati ad entrare
nella storia. Wojtyla percorre da solo, con passo incerto, la
scaletta dell'aereo: cinque minuti dopo appoggia il piede sul
suolo di Israele. Pochi metri e due bambini gli porgono una cesta
con la terra da baciare. Ad attenderlo il presidente della
repubblica Hezer Weizman e il premier Ehud Barak con le
rispettive mogli, tutte le più alte cariche dello stato e anche
alcuni esponenti islamici. Dietro le transenne migliaia di
persone e uno striscione: "Israele saluta Sua Santità
Giovanni Paolo II".
Dopo gli inni nazionali suonati dalla banda militare il Papa
inizia il suo discorso di saluto e parla di pace e giustizia:
"Prego perchè la mia visita contribuisca ad accrescere il
dialogo interreligioso che porterà ebrei, cristiani e musulmani
a individuare nelle rispettive credenze e nella fraternità
universale la motivazione per operare a favore di quella pace e
di quella giustizia che i popoli della Terrasanta non possiedono
ancora. Da quando Paolo VI è venuto qui sono
cambiate tante cose, il mondo ora vi guarda con grande
speranza".
Un messaggio politico per un viaggio che nonostante gli sforzi
del Vaticano non può e forse non vuole allontanarsi dai temi
caldi del processo di pace tra palestinesi e israeliani. Un
riferimento che Giovanni Paolo II trasforma in un appello al
presidente Weizman e a Barak: "Siete noti come uomini di
riconciliazione. Tutti noi sappiamo quanto sia urgente la
necessità di pace e di giustizia non solo per Israele ma per
tutta la regione. Che la fine dei conflitti e delle discordie sia
il dono di Dio alla terra che egli scelse come propria".
Ma Wojtyla ci tiene anche a recuperare i temi religiosi della sua
visita: "Il mio viaggio è un pellegrinaggio in spirito di
umile gratitudine e speranza alle origini della nostra storia. E'
un tributo alle tre fedi che coesistono in questa terra.
Attendevo da tantissimo tempo, di poter venire qui per incontrare
i fedeli delle comunità cattoloche e i membri delle varie chiese
cristiane".
(21 marzo 2000) da "repubblica" del
22.03.2000 Ma se volete saperne di più sul
viaggio del Papa, cliccate su http://www.corriere.it/papa.html