Elenco Poesie e racconti

Parigi, 7 maggio 2023

Il panorama sulla città, dal balcone un pò squallido dell'ottavo piano, era gradevole; e benché non si vedessero altro che case e tristi palazzoni grigi, l'altezza offriva la possibilità di godere un ampio squarcio di cielo, illuminato, al tardo crepuscolo, da improvvisi bagliori colorati.
Potevano essere lampi o residui vaganti di guerre stellari; di sicuro era lo spettacolo migliore che si potesse vedere in città.
In fondo era un fortuna aver trovato un piccolo appartamento così in alto.
Il terreno sarebbe rimasto incoltivabile per molti anni ancora, e un giardino, ammesso che ancora si trovasse un giardino in città, sarebbe stato più un ricettacolodi veleni che un posto piacevole dove accendere un barbecue.Per non parlare degli odori sgradevoli che viaggiavano raso terra e fino ai primi piani delle case.
Certo dall'ottavo piano sarebbe stato più difficile scappare in caso di evacuazione, tanto più che anche l'ascensore nella tromba delle scale era ridotto a un sinistro accumulo di ferraglia.
Ma il peggio sembrava veramente passato, e anche le previsioni meteo diffuse dal satellite, da giorni ormai, erano decisamente buone.

Patrick e Marianne facevano queste riflessioni, dal loro balcone un pò squallido dell'ottavo piano, ma nessuno osava parlare di quello che era accaduto per quasi due anni.
Un pò per scaramanzia, un pò per la paura della rievocazione, se ne stavano in silenzio, pensando le stesse cose, e guardando il cielo sopra di loro, a dire il vero un pò inquietante, come se niente di meglio esistesse al mondo.Nessuno sapeva esattamente quello che era successo.
Era come essersi risvegliati da un brutto incubo, con davanti uno scenario reale post apocalittico, ma salvi, quanto meno.
Uno sconvolgimento della natura, un attacco di forze aliene, un improvviso quanto inaspettato scontro tra potenze, una incontrollata esplosione atomica...Probabilmente tutto questo messo insieme, perché niente e nessuno poteva spiegare, SAPEVA, cosa era successo.

Patrick e Marianne si erano incontrati, più per sostegno che per amore.In due si potevano affrontare meglio le avversità, dividere le spese, proteggere i viveri e le coperte; ci si poteva scaldare e trovare nel sesso un'alternativa più che onorevole alla sopravvivenza, che era stato per lungo tempo unico e necessario obiettivo della vita di entrambi.
Mentre scrutavano il cielo, affascinati e vigili, una luce colpì la loro attenzione.
Sembrava un aereo o una qualche sorta di nave spaziale.Si era visto veramente di tutto in quel cielo nei mesi passati, e quelli che ora sembravano solo bagliori lontani, un tempo erano un brulicare infernale di luci, rumori, esplosioni, assolutamente indistinguibili tra loro per natura, e obiettivi.
Ora quella luce che si muoveva impunemente nel cielo non sembrava aggressiva o pericolosa, benché di natura incerta.
Era ancora troppo lontana per potere essere distinta, e Patrick che aveva acquisito una certa esperienza nel riconoscimento di oggetti non identificati, aveva azzardato l'ipotesi che si trattasse una ronda di ispezione.Si muoveva seguendo un ampio percorso a zig zag, scomparendo tra i palazzi grigi, e ricomparendo più tardi un pò più vicina, un pò più grande.Sembrava proprio che stesse perlustrando l'intera città, alla ricerca di qualcosa (o di qualcuno, penso Patrick), con metodo, lentamente, inesorabilmente.
Si avvicinava, dalla destra rispetto al balcone, là dove doveva esserci un tempo il nord; e quando fu abbastanza vicina Patrick ne individuò bene le forme e i colori, e cercò di spiegare ad Marianne cosa pensava che fosse, dato che aveva visto già qualcosa del genere benché non avesse mai capito a chi o a cosa appartenesse.L'oggetto era una piccola astronave, o comunque qualcosa che non aveva niente a che vedere con un aereo, un elicottero o qualsiasi oggetto volante conosciuto.
In effetti non era detto neanche che si trattasse di un oggetto extraterrestre.
Di sicuro esistevano in giro "oggetti volanti" dalla forma strana, a dalle funzioni molto sofisticate, ma per nulla alieni.Patrick ne aveva visti molti, e aveva anche imparato a distinguere quelli pericolosi, quelli che erano armi da guerra, da quelli che invece avevano funzioni per così dire più scientifiche, o che comunque non rappresentavano un pericolo nell'immediato.
In particolare questo era formato in buona parte da un ampio pannello rettangolare con molti riflettori, o qualcosa del genere, per la maggior parte bianchi, e in minima parte verdi e rossi.Il pannello era come puntato obliquamente sul terreno, e senz'altro, da quello che Patrick aveva capito, era in grado di rilevare con un elevatissimo grado di dettaglio, immagini, suoni e altri dati, dalla porzione di terreno esplorata.Il sistema di propulsione dell'astronave era sicuramente molto avanzato, dato che non si sentiva nessun rumore simile a un motore, ma solo, facendo molta attenzione, si poteva percepire come un sordo "whoooooooo" di frequenza molto bassa; inoltre benché quella che si vedeva in quel momento viaggiava ad una velocità costante, Patrick sapeva che quel tipo di astronave poteva modificare a suo piacimento la velocità, fino a fermarsi, come sospesa, sul punto desiderato; lo aveva già visto fare, da lontano, una o due volte.
La grande luce che emanava falsava molto la sua immagine; in effetti anche se sembrava molto più grande le sue dimensioni non erano maggiori di 8 o 9 metri lunghezza per 3 o 4 di larghezza.Patrick non aveva mai visto in azione quel tipo di astronave, ma sapeva che non era una macchina da guerra, ma non per questo era assolutamente sicuro che fosse inoffensiva.La cosa che più lo turbava era il fatto di sapere che si trattava in qualche modo di una macchina che serviva a cercare qualcosa (o qualcuno, appunto), e che non ne aveva mai vista una così da vicino.Un pò scherzando, ma inquieto, disse ad Marianne :"Vedrai che stanno cercando me...";Marianne scherzando, ma inquieta gli rispose , "Smettila con le tue solite paranoie, se no ti faccio ricoverare di nuovo..."; e aggiunse un pò più seriamente :"...E poi perché mai dovrebbero cercare te?...E chi...dovrebbe cercarti?".
L'astronave era talmente vicina che si potevano distinguere chiaramente il rumore sordo e le sue luci di bordo.Scomparve alla destra del palazzo, e la sentirono allontanarsi, sollevati dalla sottile inquietudine che li aveva pervasi.

Marianne aveva conosciuto Patrick in condizioni piuttosto consuete per il suo lavoro.Era una psichiatra e negli ultimi due anni, a causa del "cataclisma", aveva avuto parecchio da fare.
Non aveva mai capito bene se contenere la follia degli altri, soprattutto dopo gli ultimi eventi, le serviva a non impazzire lei stessa, piuttosto che a esercitare un mestiere come un altro.
Di sicuro, da sempre, più che un medico curante si sentiva un "apprendista stregone", tanto le sembravano vere, a volte, le follie dei suoi pazienti.
Spesso cercava disperatamente in loro qualcosa che fosse possibile condividere, qualcosa che fosse il sintomo di un'altra realtà, invece che, banalmente, il sintomo di una malattia.
Si fermava sempre un passo prima che potesse avere delle conferme, sospinta indietro e spaventata dalla sofferenza dell'altro, che le imponeva il ricorso alla scienza, alla cura, al contenimento, spesso alla contenzione.
Patrick non era stato proprio un folle, non sempre per lo meno, non costantemente.
E per questo che si era lasciata affascinare da lui.
Da questo suo esserci e non esserci, andare e ritornare, scomparire e comparire, come un esploratore in apnea alla ricerca di segreti da riportare in superficie dagli abissi di un mare sempre più profondo.
Più che con altri si era lasciata andare con lui al ruolo di "apprendista stregone", anche se a volte, e sempre più spesso negli ultimi tempi, gli aveva rimproverato, più come compagna, che come medico, di lasciarla troppo spesso sola a proteggere l'indispensabile "normalità".
Non sapeva bene se considerarlo un punto di riferimento per l'al di qua o per l'al di là, per la vita concreta di tutti i giorni, o per la vita di ricerca, quella che ti può portare a conoscere la quintessenza della vita, oppure, se non stai attento, la follia.
Certo quando era riferimento per l'una non poteva esserlo per l'altra; e lei stessa d'altronde non sapeva bene cosa desiderava di più da se stessa.
Patrick si era rivelato un compagno ideale nell'emergenza.
Negli ultimi due anni, da quando... dio solo sa cosa si era abbattuto sulla terra, Patrick aveva dimostrato di saper condurre il gioco della sopravvivenza come se non avesse fatto altro nella sua vita.
All'inizio era stato lei a tirarlo fuori dai... "pasticci", per così dire.
Gli era stato affidato come uno dei tanti pazienti usciti fuori di testa, vittima della strana sindrome che aveva colpito in quel periodo molti maschi adulti sulla quarantina, quasi tutti con la mania dell'avventura e dell'esplorazione.
Tornavano dai loro viaggi, anche solo da una passeggiata in montagna, e raccontavano di avere visto nel cielo strane circonvoluzioni colorate, come dei grandi fuochi d'artificio minacciosi, nascosti tra nubi e vapori che si formavano all'improvviso.

Lei semplicemente gli credette, o per lo meno fu disposta a credere a qualcosa dei suoi racconti, che a dire il vero sembravano citati da un manuale di psichiatria.Gli credette quel tanto da permettergli di "ricomporsi" educatamente, senza abbandonare completamente quelli che i medici chiamavano deliri di persecuzione, ma che ben presto si sarebbero rilevati semplicemente come delle terribili anticipazioni.Non fece in tempo ad "agganciarlo" che ne rimase agganciata.

Pochi giorni dopo le dimissioni di Patrick, lui la cercò, e, sforzandosi di essere credibile il più possibile, la invitò fuori città, non solo per quello che si sarebbe potuto definire un romantico week-end, ma anche perché, come gli confessò quella domenica, era diventato molto pericoloso restare in città."...Ci risiamo..." pensò Marianne in quell'occasione, ma non riusciva a inquietarsi, o a considerare le supposizioni di Patrick semplicemente dei deliri.Si, certo gli sembravano, come dire...delle preoccupazioni un pò eccessive; ma il fatto stesso che Patrick le risparmiasse dei dettagli, che sarebbero stati sicuramente poco credibili, le sembrava una forma di rispetto, di tatto; era troppo accurato nei suoi confronti per essere folle; era troppo centrato su di lei per essere considerato "in preda" a una persecuzione.Mai una sua intuizione, si rilevò tanto preziosa.

Se ora si trovava su quel balcone, provata, ma incolume, lo doveva a quella intuizione, che semplicemente le aveva permesso di credere alle parole di un folle, o presunto tale.La vita non fu certo facile nei due anni che seguirono, ma la maggior parte delle vittime di quella catastrofe perirono nei primi mesi, nei primi giorni, quando nessuno poteva neanche lontanamente sospettare quello che sarebbe accaduto, e tutti si trovarono quindi impreparati, assembrati nelle città.Se ora si trovava su quello squallido balcone, apparentemente fuori da qualsiasi pericolo, lo doveva al fatto di essersi fidata di Patrick, e di averlo sorretto nei momenti di sconforto, quando la follia sembrava prevalere sull'intuizione.In quei momenti Marianne era capace di specchiare le parti migliori di Patrick, quelle che servivano a entrambi per salvarsi la vita.
Con lui, in quei due anni fu capace di occuparsi, senza paure, senza pregiudizi, e...chi l'avrebbe mai detto, senza ribrezzo o schifo, di cose che mai avrebbe pensato di fare nella sua vita.Patrick e Marianne, allentati dall'inquietudine, si erano rilassati in un abbraccio tenero sul loro balcone, ed entrambi, senza dirselo, stavano ripercorrendo i momenti cruciali di quegli ultimi tempi, ...quando all'improvviso, come un incubo che si risveglia, dalla parte sinistra del palazzo e vicina più che mai, l'astronave che sembrava essersi allontanata definitivamente, si mostrò invece in tutta la sua inquietante sagoma, con il suo pannello puntato sulla strada che dava accesso al palazzo e sulla quale si affacciava il balcone, fermandosi, come sospesa, come a scrutare meglio quell'angolo di città, o, peggio, come avesse trovato quello che cercava (o colui che cercava).
Un brivido freddo raggelò il sudore sulla schiena di Patrick;Marianne non sapeva se essere più turbata dal volto di Patrick, che aveva assunto un aria allucinata, o dalla visione immobile e incombente dell'astronave.
Un tempo, non molti giorni prima, sarebbe scappata per molto meno, e con la sua mano in quella di Patrick si sarebbe lasciata guidare verso un nascondiglio sicuro, senza neanche sapere perché e per come quell'astronave era lì.
La regola, un tempo, era nascondersi, sempre, qualsiasi cosa accadesse, possibilmente prima che accadesse; l'importante era non esserci qualsiasi cosa accadesse.Ma ..ora; sembrava tutto finito, cristosanto;"E poi...", continuava a ripetere in silenzio a Patrick, "...perché mai dovrebbero cercare te?"."Scappiamo!" disse Patrick "forse non ci hanno ancora identificato.
Se riusciamo ad arrivare in strada ce la possiamo cavare; conosco ancora dei posti, qui vicino, abbastanza sicuri".
Si precipitarono giù dalle scale, ma Marianne era confusa.
Non riusciva a capire perché.Sarebbe stato così facile se stavolta si fosse trattato di un vero delirio,...finalmente!Uno di quei sani deliri,...si fa per dire, da manuale.
Sarebbero arrivati in strada, si sarebbero messi a correre, poi lei avrebbe preso in mano la situazione, gli avrebbe fatto una delle sue solite romanzine, e lui si sarebbe calmato.
Ma si! Sarebbe accaduto così, certamente.
Non bisognava mai contrariare Patrick immediatamente; doveva rendersi conto un pò da solo del suo delirio, e allora sarebbe stato più facile fargli capire come stavano le cose.
Mentre faceva questi ragionamenti arrivarono ansimando in fondo alle scale.Il portone era socchiuso; la serratura non aveva mai funzionato.
Non fecero in tempo ad aprire completamente il portone che sentirono la luce dell'astronave invadere la strada dalla sinistra; una luce intensa, subito seguita da quel rumore sordo amplificato dai muri della via, e che adesso si poteva percepire direttamente con lo stomaco.
L'unica via d'uscita del palazzo era inutilizzabile.
Non rimase altro da fare che tornare indietro, disperatamente, su per le scale, ma senza sapere bene perché, dato che in alto non c'erano vie di scampo.Arrivati al primo piano sentirono che l'astronave intanto era lentamente entrata all'interno del palazzo."Maledetta serratura..." imprecò Patrick con l'ingenuità di chi si trova in un vicolo cieco, "...se l'avessi aggiustata subito, si sarebbero fermati fuori dal portone".
Ad ogni pianerottolo cercavano di entrare negli appartamenti ma tutte le porte erano chiuse e accuratamente sprangate dall'esterno.
Arrivati al quinto piano si resero conto che il palazzo era completamente disabitato, e che l'unica porta che avrebbero trovato aperta, forse, era quella dell'ottavo piano, quella che loro stessi avevano lasciato spalancata nella fuga."Ho un piano." disse Patrick, come sempre!Sulla sopravvivenza Patrick aveva sempre avuto piani vincenti.Perché non doveva essere così anche questa volta.All'ottavo piano trovarono la porta aperta esattamente come si aspettavano.
Era consolante constatare che una previsione razionale, almeno una, trovasse riscontro nella realtà...ma chissà se fu una buona cosa.Entrarono nell'appartamento e ritornarono sul loro squallido balcone.
Marianne si lasciava guidare, e per la prima e ultima volta nella sua vita, ad occhi chiusi, si lasciò andare completamente al "delirio" di Patrick.
Non si fermò un passo prima.
Sentiva che era arrivato il momento di andare fino in fondo; di esserci completamente, e che non poteva essere diversamente; e capì come intuito e follia potevano essere una cosa sola.
Marianne e Patrick erano gli unici sopravvissuti, ma non lo sapevano ancora.
E ...non lo avrebbero mai saputo!

Paolo Minerva

Elenco Poesie e racconti