Introduzione all' argomento
 
 

Il samurai e il cavaliere sono figli di quel particolare periodo storico che va sotto il nome di Medioevo, che indica una individualita' fragile, che si definisce solo in negativo come momento transitorio tra due fasi storiche diverse. Per un altro verso esso e' un'epoca piu' fornita di individualita' di quanto non lo siano i periodi antico e moderno, i quali sono tali perche'‚ posti all'inizio e alla fine del tempo. Il Medioevo ha pero' connotazioni abbastanza forti, anche se prevalentemente negative. Se riteniamo che in un'altra parte del mondo si sia verificata un'esperienza effettivamente analoga a quella nostra che definiamo medievale, avviene allora un rovesciamento rispetto all'accezione puramente negativa del termine Medioevo. La ragione di cio' e' connessa con il fatto che, proprio attorno ad una interpretazione strutturata e in positivo del concetto di Medioevo, ruota tra l'altro la convinzione che esista uno sviluppo storico dotato di qualche necessita' intrinseca. Fuori dall'accezione originaria e propria, il termine Medioevo viene comunemente usato per il Medioevo giapponese, visto come il maggiore esempio di uso del concetto in senso positivo, con piena allusione cioe' a quelli che si considerano i tratti tipici di questo periodo. E' importante notare come il "caso" giapponese sia forse l'unico fuori d'Europa per il quale gli specialisti del mondo medievale concordino nell'usare termini come "feudale" e "feudalesimo" , consentendo al fatto che essi sono sostanzialmente applicabili al caso giapponese, pur precisando tutta una serie di differenze rispetto al modello europeo. Una considerazione al riguardo concerne l'uso giapponese del termine hoken (??·?), indicante l'assetto istituzionale proprio del loro periodo intermedio, ma recentemente assunto anche per indicare il feudalesimo nella sua accezione piu' vasta. Hoken rende foneticamente gli ideogrammi cinesi feng chen che alludevano alle strutture del periodo Chou (I millennio a.C.), quando l'autorita' regia si articolava in sottounita' territoriali rette da dinastie locali sottomesse, almeno in linea di principio, a quella centrale. Questa articolazione in se forse non e' sufficiente per vedervi un'analogia sostanziale con la nostra esperienza feudale ma, nel caso delle applicazioni giapponesi, l'analogia e' certamente molto piu' reale. A cio' si deve aggiungere il fatto che, in buona misura, il periodo hoken corrisponde a cio' che la letteratura storica giapponese contemporanea definisce anche come chusei(???€), ossia media aetas. Si possono qui osservare due cose, entrambe di rilevante interesse. La prima e' che il feudalesimo giapponese corrisponde in maniera singolare dal punto di vista cronologico al feudalesimo occidentale poiche'‚ entrambe sono dislocati, o con il loro apice, nella prima meta' del nostro millennio; una corrispondenza tanto piu' rilevante in quanto, se c'e' un paese per il quale e' difficile ipotizzare contatti in epoca premoderna, questo e' proprio il Giappone. La seconda osservazione riguarda il fatto che Europa occidentale e Giappone sono i soli due casi in cui si sia avuta un'esperienza feudale e gli unici due casi in cui si sia avuta anche una compiuta modernizzazione. Se questa non fosse una coincidenza, ci troveremmo dinanzi a un singolare paradosso: il feudalesimo, che persino nella nostra coscienza comune sembra riassumere in se tutto cio' che il mondo moderno deve combattere per affermarsi, sarebbe la condizione privilegiata e quasi necessaria perche'‚ quello stesso mondo moderno possa nascere (P. Beonio Brocchieri, In Giappone, un medioevo meno altro degli altri. Edizioni Dedalo, Bari, 1986). Il feudalesimo sembra essere anche condizione necessaria alla nascita e allo sviluppo di quelle figure tipiche e rappresentative d'esso che sono il samurai e il cavaliere. E' nel XII secolo che si fissa in Giappone quel processo storico che, sotto certi aspetti, lo rende simile all'Europa feudale: aumenta il peso dell'aristocrazia militare provinciale e si crea un quartier generale militare con notevoli poteri civili, mentre la nobilta' di corte perde il potere e resta isolata nella torre d'avorio imperiale. Si stabilisce allora, piu' precisamente, quel rapporto tra signore e vassallo sul quale si fonda l'esercizio reale del potere: il signore compensa la fedelta' del vassallo garantendogli il sostentamento, cioe', in sostanza, elargendogli un feudo. La trasformazione dell'aristocrazia provinciale in una casta militare fu un processo lento ma inarrestabile. Gia' prima del XII secolo in alcune regioni si formarono bande costituite da famiglie di militari che, durante le sommosse locali, si mettevano al servizio degli aristocratici inviati dalla corte imperiale Fujiwara(?£ΈΆ) a reggere le provincie. Le famiglie che attraverso queste lotte aumentarono il loro potere, non si limitarono piu' a difendere la pace, bensi' esercitarono pressioni per ottenere il potere dalla corte imperiale di Kyoto. La guerra tra le due potenti fazioni dei Taira e dei Minamoto (guerra Genpei,ll80-ll85) che coinvolse l'intero Giappone, contribui' in modo determinante a consolidare il potere dei samurai("?). Quando Yoritomo (1147-1199) , dopo la vittoria sui Taira a Dan no Ura (1185) divento' Shogun(3/4­·³) e proprietario di molte province , il sistema amministrativo che egli accentro' a Kamakura(³???) fini' per sostituire gli organi del governo civile diKyoto(΅???). Dopo il trionfo dei Minamoto, i samurai si occuparono essenzialmente dell'amministrazione fondiaria vivendo sulle terre a loro assegnate, curando molto il loro addestramento militare e attribuendo un'importanza capitale a qualita' come la lealta', il coraggio e la sobrieta' ; nacque allora in Giappone l'esaltazione della fedelta', del valore, del disprezzo della morte, della supremazia del maschio; essi nobilitavano la violenza, la morte, la vendetta, tutti quegli aspetti aggressivi dei quali i cortigiani e gli abitanti dell'arcipelago avevano sempre avuto timore. Tuttavia, il loro codice d'onore, il Bushido(??"??"), giunse a una compiuta formulazione solo nel secolo XVII sotto l'influenza del Confucianesimo. Tanto il Buddhismo quanto il Confucianesimo hanno infatti concorso a plasmare il Bushido, ma dopo essere stati a loro volta filtrati attraverso la peculiare sensibilita' religiosa giapponese di tradizione shintoista. Il Buddhismo esercitava fascino sui samurai, e i suoi ordini monastici fornivano gli uomini istruiti in grado di aiutare i capi militari delle amministrazioni, servendo anche da rifugio a chi voleva coltivare le arti e le lettere. Fu verso la meta' del XIII secolo, in pieno periodo di Kamakura, che il Buddhismo divento'parte integrante della vita giapponese e le tecniche di meditazione Zen(?΅) ΅)acquistarono particolare importanza. Lo Zen, equivalente giapponese del Dhyana indiano, rappresentava lo sforzo dell'uomo per raggiungere attraverso la meditazione zone del pensiero oltre la sfera dell'espressione verbale. Il suo insegnamento, ostile ad ogni genere di scolasticismo e rivolto a liberare l'uomo da ogni apprensione, attiro' in modo particolare i samurai, alcuni dei quali si ritirarono nel clero Zen. Si venne cosi' a stabilire un rapporto tra le dottrine Zen e l'uso della spada; il fabbro capace di forgiare le resistenti ed affilatissime lame delle spade godeva dei privilegi dei samurai e lavorava usando strumenti e formule rituali: si riteneva che la spada avesse un'anima, e per questo la sua fabbricazione veniva accompagnata da cerimonie religiose di purificazione. Anche l'uso delle due spade, la katana(??) e la wakizashi(??ΊΉ), era regolato da una precisa e minuziosa etichetta ma, in combattimento, esso richiedeva eccezionale freddezza e prontezza di riflessi che venivano fornite dalle dottrine Zen, volte a raggiungere quello stato di abbandono del proprio io, di spontaneita' necessario ai samurai. Acquista grande importanza la guerra Onin (1467-l477), che impegno' aspramente i samurai portando alla creazione del nuovo tipo di autorita' del daimyo(???3/4), alla testa di piccoli principati. Poich‚ essi reclutavano eserciti numerosi, nei quali avevano larga parte i fanti armati di picche, l'antica tecnica del combattimento corpo a corpo tese a scomparire; gli eserciti erano ormai formati da una forza oscillante tra i diecimila e i ventimila uomini reclutati in una sola provincia. La singolar tenzone tese a diventare un anacronismo di fronte alle nuove tecniche militari. Nella battaglia di Nagashino (l575), uno degli scontri con i quali Oda Nobunaga(1534-1582) sconfisse lo shogunato degli Ashikaga-?­?-((1338-1573) e inizio' l'unificazione del paese, vennero usate per la prima volta in considerevole quantita' le armi da fuoco: l'archibugio portoghese, che prima era solo una bizzarra innovazione degli Occidentali, cambio' la tecnica militare. Nel l588, Toyotomi Hideyoshi (1536-1598), ordinando la katana gari (requisizione delle spade)in tutto il Giappone per disarmare la popolazione urbana e limitare l'uso della spada alla sola classe dei samurai, pose il rigido fondamento di un assetto sociale in cui quattro classi, samurai, contadini, artigiani e mercanti avevano una loro distinta e ben specificata posizione giuridica. La politica conservatrice instaurata dagli Shogun Tokugawa (1600-1867) a partire dal l600, isolo' il Giappone dagli altri paesi, mentre il diffondersi di dottrine confuciane forni' un fondamento razionale all'ideale di una societa' formata da una "gerarchia naturale" di classi. Proprio in quanto fondamento di una codificazione etica, il Confucianesimo forniva modelli di comportamento e relativi obblighi per ogni classe sociale. Con l'orientamento umanistico del Confucianesimo e con la crescente urbanizzazione la classe dei samurai si trasformo' gradualmente in una casta burocratica ma anche, essendo maggiori le possibilita' di studiare, in un'elite colta diventando gentiluomini e letterati senza dimenticare di essere uomini d'armi, e quindi di godere del privilegio di portare due spade. Alla fine del XVII secolo, i samurai non erano piu' dei rozzi guerrieri il cui ruolo era giustificato solo dalle necessita' della guerra. Coerentemente con l'ideale confuciano che insegnava a governare con la persuasione, spettava invece ai samurai il compito di guidare il popolo con il loro esempio, ma l'uomo d'azione, erede delle tradizioni militari, non coesisteva facilmente nella stessa persona con il saggio amministratore custode della pace sociale. I samurai, insomma, recalcitravano di fronte alla prospettiva di stabilire rapporti del tutto impersonali con il potere shogunale, di ridurre le proprie funzioni a quelle di funzionari stipendiati per semplici servizi amministrativi, e intuivano che la struttura della societa' feudale stava scricchiolando. Poiche'‚ i samurai si concentravano nelle citta'-castello dei daimyo, si spero' invano in un "ritorno alla terra" che consolidasse l'antico equilibrio tra le classi sociali, ma la classe mercantile si impadroni' del dominio economico, e gli stessi samurai vi si indebitarono pesantemente. Inoltre, mentre un tempo la selezione dei samurai era basata su criteri militari e la nomina a una carica avveniva all'interno di una ristretta cerchia sociale, le esigenze della nuova burocrazia permisero anche alle persone dei ceti inferiori di qualificarsi per una carriera nei ranghi superiori. Fu la creazione , col governo riformista dell'epoca Meiji(l868-l9l2), di un esercito nazionale formato con la coscrizione obbligatoria e quindi libero dai tradizionali vincoli di vassallaggio locale , unito al divieto di portare le due spade, a vibrare il colpo definitivo alla classe dei samurai (A. Tagliaferri, La spada e il ciliegio, in Storia illustrata n. 193, 1973) . Abbiamo visto che cio' che porto' in Giappone alla formazione e allo sviluppo della casta dei guerrieri fu un processo endogeno dovuto al cedimento della nobilta' civile di fronte a un'aristocrazia militare che emergeva dalle classi inferiori dell'antica societa', mentre in Europa cio' fu una conseguenza della disintegrazione della societa' romana e dell'intrusione di nuovi popoli (J.W. Hall, L'impero giapponese, Feltrinelli, Milano, 1969). La Cavalleria, infatti, non era nata in un ambiente gia' cristianizzato, ma nelle tradizioni delle tribu' germaniche del nord Europa, tra le quali il giovane non poteva portare le armi se non le aveva ricevute dalla mano del padre o del capotribu'. Passarono secoli prima che potesse realizzarsi, su tutti i piani, la funzione intima delle due tradizioni: quella del nord selvaggio e barbaro e quella del sud gia' impregnata di sentimenti e idealita' cristiane. Le origini della cavalleria nel mondo germanico sembrano pero' piuttosto di ordine estrinseco, riferite quasi unicamente al rito della vestizione del cavaliere. E' dunque solo un momento formale ed estrinseco della vita del cavaliere, tanto piu' che questa vestizione delle armi, presso i Germani riguardava tutti i giovani fatti idonei all'esercizio delle armi e all'ingresso nella milizia, fosse questa milizia a cavallo o milizia a piedi. La sintesi ottenuta nel pieno Medioevo con l'istituto politico e sociale della Cavalleria, ha invece uno spirito completamente diverso, una sua idealita' e spiritualita'. L'origine piu' vicina, quanto alle idealita' proprie della Cavalleria , sembra vada cercata nella prima meta' del secolo VIII durante le lotte della cristianita' contro gli Arabi. Fu appunto allora che, per affrontare questi agilissimi combattenti a cavallo, si venne man mano mutando la compagine degli eserciti spostandone il nerbo dalla fanteria alla cavalleria, e fu allora che questa pote'‚ incominciare a svolgersi come istituzione a se'. Con la costituzione dell'impero carolingio nel IX secolo, l'esercito venne ad essere composto tutto di cavalieri i quali erano liberi proprietari terrieri che militavano a loro spese . D'altra parte, per mantenere un buon cavallo e il relativo corredo, e talora uno o piu' scudieri occorreva una certa agiatezza che, in un periodo d'economia basato sui beni in natura, solo o soprattutto il possesso terriero poteva dare, anche perche'‚ il cavaliere non riceveva alcun salario dal suo signore ma doveva far fronte personalmente a tutte le spese. Con il prevalere del sistema feudale anche la proprieta' tese a trasformarsi, e l'esercito venne ad essere formato quasi unicamente da cavalieri feudali, cosicche'‚ alla fine del X secolo il termine miles equivaleva a guerriero a cavallo, legato dal giuramento al suo signore. In Francia, pero', dove il feudo di diritto franco era trasmissibile solo e per intero al primogenito, si ebbe una categoria sempre piu' numerosa di cadetti non legati ad alcun signore perche'‚ non proprietari e, in tal modo, posti fuori dei ranghi della vita feudale vera e propria, ai quali si concedeva solo quanto bastava ad equipaggiare un cavallo. Questi cavalieri, per tutto il X secolo , appaiono dalle fonti storiche e dalle Chanson de geste, come elementi particolarmente turbolenti e desiderosi d'avventura. Fu tramite loro che l'anarchia feudale tocco' il suo culmine . Fu verso gli inizi dell'XI secolo che la Chiesa intervenne per frenarli, ammansirli, volgere ad azioni pietose le loro disordinate energie. Anche lo stato che torno' a consolidarsi ed a riacquistare vigore ed autorita', non poteva che appoggiare l'opera della Chiesa. In questi cavalieri erano celati comuni bisogni e comuni aspirazioni, e in questa comunanza c'era la possibilita' di creare un vincolo spirituale comune e un comune ordinamento sulla base di un'associazione inter pares. Essi erano uguali innanzitutto nel coraggio, nello sprezzo del pericolo: si trattava di dare finalita' e significato alla rudezza, alla volonta' di potenza, all'audacia irriflessiva tipiche di quei cavalieri usciti fuori dall'eta' barbarica. Su questo filone, in modo tutto particolare s'innesto' l'azione della Chiesa, trasformando la Cavalleria in una specie di sacramento, circondandola di azioni ed onori liturgici, fissando una serie di obblighi morali sempre piu' elevati, quali la tutela delle chiese, delle vedove, degli orfani, di quanti non trovavano difesa e protezione nel regime esistente. Questa spinta produsse un fenomeno caratteristico: la Cavalleria si affermo' come istituto con caratteristiche proprie, nato nel mondo feudale, ma istituto non propriamente feudale, anzi in condizione di polemica nei confronti della feudalita' nei suoi aspetti piu' deteriori. La Cavalleria era aperta a tutti i nobili e ogni cavaliere poteva creare un altro cavaliere, ed essa riempe di se'‚ e delle sue gesta il periodo che va dall'inizio delle crociate alla fine del XII secolo; diffonde rapidamente i suoi ideali e le sue costumanze in tutta l'Europa romano-germanica, li fa prevalere al di sopra dei confini nazionali, sino a creare una specie di super nazione comune a cavalieri di nazione, lingua e sudditanze diverse. Ben presto, cadetti della nobilta', ministeriales e milites si sentirono accomunati da un unico grande ideale, e il motivo religioso accompagno' i nuovi cavalieri nelle crociate, nella lotta per l'espansione tedesca verso il Baltico, nella stessa lotta che i Comuni sostenevano in Italia a difesa delle loro autonomie contro gli imperatori tedeschi. La Cavalleria era aperta a tutti e, in Italia specialmente, i nuovi nobili erano elevati facilmente alla dignita' cavalleresca. In tutto cio' v'era in germe il motivo dell'insorgere di un ideale morale e spirituale all'interno del mondo feudale, ma vi si nascondevano pure i germi della decadenza di tale istituzione tipicamente medioevale. Le virtu' richieste al cavaliere gli permettevano non solo d'acquistare gloria e rinomanza nel coraggio dimostrato nella causa dei deboli, ma anche terre, feudi, titoli nobiliari, cosi' da consolidare anche economicamente e politicamente la loro posizione. Per questo, dall'inizio del XIII secolo in poi, la Cavalleria tese non solo a fondersi sempre piu' con la nobilta' feudale vera e propria, ma pure a rinserrarsi in una casta, riducendo o sopprimendo del tutto l'accettazione di non nobili tra le sue fila. Non solo, ma tese a divenire un'aristocrazia entro l'aristocrazia. Fu questo il momento in cui il suo fiorire venne meno; un declino che coincide con la morte di Luigi IX il Santo (l2l5-l270), in Francia , e con la fine degli Svevi in Germania. Fu il periodo in cui la Cavalleria sembro' farsi piu' rigida e austera, respingendo elementi borghesi disadatti ma, in questo modo, non accoglieva piu' neppure elementi non nobili ma degnissimi moralmente e fisicamente idonei. Venne meno anche quella nobile gara tra uguali, mediante la quale potevano elevarsi veramente i piu' degni; d'altra parte, il potere monarchico tendeva sempre piu' ad imbrigliarla ed a farne uno strumento a suo diretto servizio creando esso stesso ordini cavallereschi, accentuando in essi soprattutto i doveri di lealismo e di fedele sudditanza accanto alle virtu' guerriere e cristiane che all'inizio caratterizzavano la cavalleria. Le perdite subite nelle Crociate e poi nella Guerra dei Cent'anni (1339-1453) tra l'Inghilterra e la Francia, il massacro delle guerre inglesi delle Due Rose nel XV secolo indebolirono la posizione politica e sociale della Cavalleria. Essa si sciupo' in un formalismo sempre piu' vuoto e continuo' ad accogliere elementi disadatti. Cio' non impedi' che dal tronco feudale e cavalleresco sorgessero quelle vigorose compagnie di ventura le quali, sul finire del XV secolo, liberarono l'Italia dalla piaga delle compagnie ultramontane, ma in realta' erano venuti meno ovunque i grandi ideali in nome dei quali essa aveva dapprima combattuto e di cui si era nutrita ( F.V. Johannes, L'uomo del medioevo, Editoriale Domus, Milano, 1978).