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Sommario

Lavoro notturno.

Nella Gazzetta Ufficiale n° 16 del 21.2.2000 è stato pubblicato il D.Lgs. 532/1999, attuativo della delega contenuta nella legge 25/1999, con la quale è stato riformata la disciplina del lavoro notturno.

L’art. 17 della legge 25/1999 ha sostituito l’art. 5 della legge 903/1977, che nella sua stesura originaria vietava il lavoro notturno delle donne nelle aziende manifatturiere, anche artigiane, dalle ore 24 alle ore 6, salvo che le stesse fossero addette a mansioni direttive o a servizi sanitari aziendali. Il divieto poteva essere derogato dalla contrattazione collettiva.

La nuova formulazione della legge 903 dispone il divieto di lavoro notturno per le lavoratrici madri dal giorno in cui viene accertata la gravidanza e fino al compimento dell’anno di età del bambino.

La norma dispone inoltre che possono rifiutare di passare dal turno diurno al turno notturno:

  1. la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore ai tre anni o dal padre convivente della stessa;
  2. la lavoratrice o il lavoratore unico genitore affidatario di un figlio di età inferiore a dodici anni;
  3. la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile a norma della legge 104/1992.

Alla disciplina così delineata si aggiunge quella dettata dal D.Lgs. 532 che di seguito si descrive sinteticamente, nei suoi punti essenziali. Caratteristica saliente del decreto è l’ampio ricorso alla contrattazione collettiva quale fonte normativa "integrativa" e talvolta "sostituiva" della disciplina legale (che svolge funzioni sussidiarie, in mancanza di diversa regolamentazione contrattuale).

ambito di applicazione e soggetti destinatari

Il decreto si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati con esclusione di quelli operanti nel settore del trasporto aereo, ferroviario, stradario, marittimo, della navigazione interna, della pesca in alto mare e dei medici in formazione. Tra i datori di lavoro esclusi rileviamo la presenza delle ditte di trasporto merci per conto terzi e di autotrasporto di persone e servizi in concessione.

Sono escluse inoltre le attività delle forze armate e di polizia, del corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e più in generale della pubblica sicurezza (es. polizia penitenziaria).

definizione di lavoro e di lavoratore notturno

E’ lavoro notturno quello prestato in un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, ossia dalle 22 alle 5 ovvero dalle 23 alle 6 o, infine, dalle 24 alle 7.

E’ lavoratore notturno:

  1. colui che, durante il periodo notturno, svolga in via non eccezionale almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero (es. chi lavora costantemente dalle 4 alle 12 o dalle 17 alla 1);
  2. colui che svolga in via non eccezionale durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro normale, secondo le norme definite dal contratto collettivo nazionale di lavoro. In difetto di disciplina collettiva, è considerato lavoratore notturno chiunque svolga lavoro notturno per un minimo di almeno 80 giorni lavorativi all’anno, riproporzionati in caso di part-time.

Il tempo di lavoro giornaliero di cui ai punti a) e b) che precedono può essere riferito all’orario giornaliero, settimanale, mensile o annuo (Circ. Min. Lav. 13/2000). La prestazione lavorativa notturna si deve intendere riferita all’orario normale di lavoro, rientrante nella programmazione dei turni non rilevando la prestazione straordinaria che assume carattere di eccezionalità.

Spetta al CCNL individuare i casi di eccezionalità della prestazione lavorativa notturna.

limitazioni al lavoro notturno

E’ istituito una sorta di "diritto di prelazione" in base al quale devono essere destinati al lavoro notturno in via preferenziale i lavoratori che ne facciano esplicita richiesta e tenuto conto delle esigenze organizzative aziendali. Non esiste un diritto di segno contrario, in funzione del quale sia possibile al lavoratore che lo desideri rifiutare in via preventiva la prestazione di lavoro notturno.

La contrattazione collettiva potrà individuare ulteriori limiti all’effettuazione del lavoro notturno.

E’ obbligatorio trasferire al lavoro diurno i lavoratori che sia stati accertati dal medico competente non idonei al lavoro notturno; spetta al CCNL individuare le modalità di trasferimento e le soluzioni applicabili nel caso in cui non sia possibile assegnare il lavoratore non idoneo al turno diurno.

E’ vietato il lavoro notturno dei minori in periodo di dodici ore consecutive che comprenda l’intervallo tra le 22 e le 6 ovvero tra le 23 e le 7; i minori che abbiano compiuto 16 anni possono, eccezionalmente, prestare lavoro notturno quando non vi siano maggiorenni disponibili e sempre che accada un fatto di forza maggiore che ostacoli il funzionamento dell’azienda (art. 10 D.Lgs. 345/1999).

Gli apprendisti non minorenni non possono lavorare tra le ore 22 e le ore 6 (art. 10 legge 25/1955).

E’ vietato il lavoro notturno nelle industrie di panificazione e di pasticceria, anche a carattere artigianale, nel periodo compreso tra le ore 21 e le 4 (artt. 1 e 7 legge 105/1908).

durata della prestazione

L’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore nelle ventiquattro, salva l’individuazione nei contratti collettivi anche aziendali, di periodi di riferimento più ampi in relazione a orari di lavoro plurisettimanali (orari flessibili), su cui calcolare detto limite. Secondo il Ministero del Lavoro (Circ. 13/2000 cit.) i requisiti per poter superare il limite delle otto ore nelle ventiquattro sono due:

  1. la previsione nei contratti collettivi, anche aziendali, di una articolazione oraria su base plurisettimanale;
  2. la previsione d un periodo di riferimento più ampio delle ventiquattro ore.

Tra le ipotesi di orari plurisettimanali possono essere compresi anche i turni week end e, più in generale, tutte le articolazioni dell’orario di lavoro che stabiliscano il calcolo dell’orario settimanale come media di un periodo più ampio. Nel conteggio della media non rientra comunque il riposo settimanale di ventiquattro ore previsto dagli artt. 1 e 3 della legge 370/1934.

Il Governo, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, è delegato ad approvare entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto un elenco di attività rischiose in relazione alle quali il limite delle otto ore nelle ventiquattro è considerato inderogabile.

L’art. 7 del decreto prevede che la contrattazione collettiva stabilisca la riduzione dell’orario di lavoro normale settimanale e mensile nei confronti dei lavoratori notturni e la relativa maggiorazione retributiva. La riduzione di orario spetterà ai soli lavoratori che svolgono regolarmente (non in via eccezionale) la loro prestazione in turni notturni e sarà, con ogni probabilità, attuata con un aumento del numero di permessi retribuiti (r.o.l.). La legge non fissa una percentuale minima di maggiorazione del lavoro notturno, la cui determinazione è demandata interamente alla contrattazione collettiva.

controllo sanitario e tutela della salute

I lavoratori notturni devono essere sottoposti a visita medica a cura e spese del datore di lavoro che deve avvalersi del medico competente. Gli accertamenti sanitari devono essere:

  1. preventivi, volti a constare l’idoneità del soggetto e l’assenza di controindicazioni specifiche al lavoro notturno cui sono addetti;
  2. periodici, almeno ogni due anni;
  3. immediati, in caso di "evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno".

Come già precisato, in caso di inidoneità accertata al lavoro notturno, il lavoratore ha diritto al trasferimento al turno diurno, secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva.

Il datore di lavoro, prima dell’adibizione al lavoro notturno, deve informare espressamente i lavoratori sui maggiori rischi derivanti dalla particolari condizioni di svolgimento del lavoro e deve garantire l’informazione sui servizi per la prevenzione e la sicurezza, previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Deve in ogni caso garantire livelli di sicurezza e di servizi di prevenzione e protezione adeguati alle caratteristiche del lavoro notturno e comunque a un livello equivalente a quello esistente nel periodo diurno.

diritti di informazione e consultazione sindacale

Prima di attivare i turni notturni il datore di lavoro deve informare preventivamente le RSA o, in mancanza, le Oo.Ss. territoriali, anche acquisendo parere negativo: non è cioè previsto un obbligo di contrarre, ossia di ottenere l’accordo dei soggetti sindacali, ma solo di informare e consultare. Nel caso di mancata comunicazione e/o consultazione si ritiene esperibile la particolare tutela dell’art. 28 St. Lav. (condotta antisindacale) e finanche il divieto di richiedere prestazioni di lavoro notturno fino all’adempimento degli obblighi violati. L’esame deve concludersi entro sette giorni dalla comunicazione del datore di lavoro. L’obbligo di consultazione vale per le sole ipotesi di introduzione del lavoro notturno e non pregiudica le situazioni già consolidate (Circ. 13/2000 cit.).

comunicazione del ricorso al lavoro notturno

Il datore di lavoro informa per iscritto la Direzione Provinciale del Lavoro – Settore ispezione del lavoro competente per territorio, con periodicità annuale, dell’esecuzione di lavoro notturno svolto in maniera regolare (non eccezionale) in turni periodici, quando esso non sia previsto dal contratto collettivo. La stessa informativa va inviata anche alle RSA o, in mancanza, alle Oo.Ss. territoriali.

sanzioni

La violazione del limite alla durata della prestazione (otto ore nelle ventiquattro o una media di otto ore in un arco di tempo più ampio, individuato dalla contrattazione) è colpita con la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 300.000 per ogni giorno e per ogni lavoratore. La violazione dell’obbligo di sottoporre i lavoratori notturni alle prescritte visite mediche preventive, periodiche o immediate in caso di evidente inidoneità è sanzionato con l’arresta da 3 a 6 mesi o con l’ammenda da 3 a 8 milioni.