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Sommario
Riforma del contratto di lavoro a tempo parziale. La novella abroga la precedente normativa e la allinea (almeno nelle intenzioni) a quella europea.
Lavoro notturno: precisazioni in ordine alla definizione di lavoratore notturno e limitazione connesse.
Orario di lavoro. Alcune puntualizzazioni del Ministero del Lavoro in ordine ai quesiti e alle problematiche più frequenti.
Ravvedimento operoso. Modalità di correzione in caso di errore del codice tributo. Circolare Finanze 73/E del 26.5.2000
Congedi parentali: il legislatore ha inciso in profondità sulle norme in materia di tutela della maternità e altre materie affini. Una breve panoramica sulle novità della legge.
RIFORMA DEL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE.
Il D.Lgs. 25.2.2000 n° 61 apporta delle significative innovazioni alla disciplina del contratto di lavoro a tempo parziale, abrogando la previgente disciplina, composta da un solo articolo di legge e sostituendola con un testo articolato e complesso, composto da ben 12 articoli e redatto sulla falsa riga (almeno nelle intenzioni) della normativa comunitaria (direttiva 97/81/CE).
Viene innanzitutto affermato espressamente un principio che, pacifico nei fatti, riveste un ruolo importante a livello teorico: la pari dignità del contratto a tempo parziale rispetto al "tradizionale" contratto a tempo pieno e la possibilità di concordare un orario ridotto anche nei rapporti a termine.
La legge si preoccupa quindi di definire la nozione di tempo parziale (un qualsiasi contratto di lavoro che contempli un orario inferiore a quello legale ovvero a quello contrattuale, se inferiore), di part-time orizzontale (una riduzione rispetto all'orario normale giornaliero di lavoro), verticale (una prestazione lavorativa a tempo pieno svolta solo in determinati periodi della settimana, del mese, dell'anno), di lavoro supplementare (il lavoro prestato oltre l'orario a tempo parziale concordato tra le parti e l'orario ordinario di lavoro).
I contratti collettivi nazionali e quelli stipulati a livello territoriale dalle Oo.Ss. comparativamente più rappresentative ovvero i contratti collettivi aziendali stipulati con le RSA di cui all'art. 19 St. Lav. assistite dalle Oo.Ss. che hanno stipulato i contratti collettivi nazionali, possono consentire la stipulazione di un contratto a tempo parziale "misto", che contempli un mix di part-time verticale e orizzontale.
Il contratto a tempo parziale deve essere stipulato per iscritto, a fini probatori (con una significativa innovazione rispetto al passato, dove la forma era richiesta per la validità del contratto, generando numerosi problemi applicativi), con puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese o all'anno.
L'obbligo della forma scritta ad probationem comporta la possibilità della prova per testimoni ma solo nei limiti (angusti) dell'art. 2725 cod. civ. In mancanza dellatto scritto o nel caso che il contratto non riporti la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata (dalla data della sentenza) la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno, restando impregiudicati i diritti sorti a seguito delle prestazioni effettivamente rese prima di tale data (senza obbligo retributivo per le ore non effettivamente lavorate).
In ogni caso, la mancanza o l'indeterminatezza delle clausole non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale; inoltre, il lavoratore ha diritto, in aggiunta alle sue eventuali spettanze retributive, al risarcimento dei danni da liquidarsi con valutazione equitativa.
Quando manchi solo l'indicazione della distribuzione dell'orario di lavoro, sarà il giudice a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, utilizzando laddove possibile le norme stabilite dalla contrattazione collettiva e, in difetto, con valutazione equitativa.
L'assunzione a tempo parziale deve essere notificata entro 30 giorni alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente.
La legge prevede la possibilità per il datore di lavoro di richiedere prestazioni di lavoro supplementare nei limiti (annui e/o giornalieri) stabiliti dalla contrattazione collettivo (anche aziendale) e con le causali ivi previste. In ogni caso la prestazione lavorativa supplementare può essere resa solo con il consenso del lavoratore (la legge, pleonasticamente, precisa che il rifiuto non costituisce giustificato motivo di licenziamento).
In attesa che la contrattazione collettiva disciplini la quantità di lavoro supplementare che può essere prestata dal lavoratore, la legge prevede un limite pari al 10% della durata dell'orario di lavoro a tempo parziale, riferito a periodi non superiori a un mese e da utilizzarsi nell'arco di più di una settimana.
Il legislatore è intervenuto in maniera rilevante, sconfinando in una materia tradizionalmente affidata alla contrattazione collettiva, disponendo che le ore di lavoro supplementare debbano essere retribuite come ore ordinarie, salvo diversa previsione dei contratti. Tuttavia, se le ore di lavoro supplementare eccedono i limiti previsti dalla contrattazione collettiva (o dalla legge, in via sussidiaria) è dovuta una maggiorazione del 50% (o quella prevista dal contratto).
Nel contratto a tempo parziale verticale è consentita la prestazione di lavoro straordinario in relazione alle giornate di effettiva attività lavorativa.
La possibilità di prestare lavoro supplementare o straordinario è consentita solo (salva deroga prevista dalla contrattazione collettiva) nei contratti part-time a tempo indeterminato o in quelli a termine per sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.
Un'altra discutibile innovazione è quella del consolidamento, ossia la possibilità per il lavoratore non occasionalmente impegnato in prestazioni di lavoro supplementare, di chiedere il riconoscimento giudiziale del maggiore orario svolto e il suo "inserimento" nel contratto individuale di lavoro.
Rompendo con la tradizione, la legge consente alla contrattazione collettiva di prevedere la possibilità di stipulare le cd. "clausole elastiche", inserendo nei contratti a tempo parziale la possibilità di variare la distribuzione (e non la quantità) delle ore di prestazione lavorativa ridotta. I limiti sono però assai rigidi e dubitiamo che se ne possa fare un valido uso. Infatti, la legge dispone:
- la necessità di un previo accordo collettivo
- l'obbligo di un preavviso di almeno dieci giorni;
- l'obbligo di corrispondere una maggiorazione retributiva, la cui determinazione è demandata alla contrattazione collettiva;
- il previo consenso (formalizzato) del lavoratore;
- la possibilità di un "ripensamento" del lavoratore, che può revocare, trascorsi almeno cinque mesi dalla stipula del patto e per comprovate e fondate esigenze, la propria disponibilità a prestare la propria opera con orario flessibile, dando al datore di lavoro un preavviso di almeno un mese e senza che il rifiuto possa costituire giustificato motivo di licenziamento.
Un altro principio, ovvio, che la legge ha sentito il bisogno di precisare è il divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale. Con una elencazione pedante la legge elenca tutti i diritti che spettano in eguale misura alle due categorie di lavoratori e con disposizione ancora più ovvia prevede che la riduzione dell'orario comporti una proporzionale decurtazione della retribuzione e degli altri trattamenti economici (anche se la Cassazione si è dovuta occupare anche di controversie tendenti a escludere dalla riduzione per i lavoratori a tempo parziale alcuni elementi della paga, quali gli scatti di anzianità).
Passando di ovvietà in ovvietà, la legge dispone che il rifiuto opposto dal lavoratore alla proposta di convertire il proprio rapporto di lavoro (da full time a part time o viceversa) non costituisca giustificato motivo di licenziamento. L'insieme delle disposizioni poste a garanzia del lavoratore e l'irrigidimento della normativa in materia (lungi dall'introdurre elementi di flessibilità nel rapporto di lavoro) comporterà non pochi problemi applicativi, atteso che l'organizzazione aziendale e le esigenze tecniche e produttive saranno piegate ai bisogni (magari ai capricci) dei lavoratori a tempo parziale.
Sul piano procedurale, la legge prevede che il passaggio da tempo pieno a tempo parziale potrà avvenire con l'assistenza di una RSA o, in mancanza, della Direzione Provinciale del Lavoro: ciò introduce un ulteriore controllo sindacale all'interno dell'azienda.
Ancora più problematica è la norma che prevede la facoltà, in caso di nuove assunzioni a tempo parziale, per i lavoratori occupati presso la stessa unità produttiva, ovvero presso unità produttive site nel territorio comunale, di chiedere la conversione del contratto di lavoro da tempo pieno a part-time. Ciò comporterà un appesantimento delle già gravose formalità procedurali e un elemento di incertezza sulle future assunzioni a tempo parziale (cosa accadrà in caso di violazione dell'obbligo di informare i lavoratori o di convertire i contratti per coloro che ne facciano richiesta ?).
La legge, specularmente, prevede che nel caso di progettate assunzioni a tempo pieno debba essere data la precedenza ai lavoratori già occupati a tempo parziale nella stessa unità produttiva o in altre unità produttive site nel raggio di 100 km, a condizione che i richiedenti svolgano le stesse mansioni o mansioni equivalenti a quelle che si intende acquisire e dando priorità a chi, assunto a tempo pieno abbia in precedenza optato per la conversione a part time e, in subordine, alla situazione familiare dei richiedenti. La violazione del diritto di precedenza comporterà in capo al datore di lavoro l'insorgenza di un obbligo risarcitorio corrispondente alle retribuzioni perdute dal lavoratore nei sei mesi successivi alla data della mancata conversione.
La legge prevede anche specifiche agevolazioni contributive da concedere ai datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato e parziale lavoratori ad incremento dei propri organici; la concessione delle agevolazioni è stata subordinata all'emanazione di uno specifico decreto del Ministro del Lavoro, nei limiti della capienza di uno specifico fondo. Il decreto è stato emanato e concede, per la durata di un triennio, le agevolazioni previste,per le assunzioni effettuate tra il 18 e il 30 giugno 2000 (!) a condizione che le assunzioni riguardino lavoratori privi di occupazione e siano a incremento degli organici esistenti. Le agevolazioni consistono in sgravi sulle aliquote INPS e sono pari a:
7% per parti-time con orario compreso tra 20 e 24 ore
10% per part-time con orario compreso tra 24 e 28 ore
13% per part-time con oario compreso tra 28 e 32 ore.
Nessuna riduzione spetta per orari diversi da quelli sopra indicati.
Opportunamente, la legge afferma la computabilità dei lavoratori a tempo parziale in misura ridotta e proporzionale rispetto alla percentuale di riduzione dell'orario, ogni qualvolta specifiche norme di legge facciano riferimento all'organico aziendale, con la sola eccezione di quelle contenute nel titolo III della legge 300/1970 (relative ai diritti sindacali, dove il numero di lavoratori si conta comunque per testa).
Per quanto riguarda l'aspetto previdenziale, si precisa che il minimale per la contribuzione previdenziale e assistenziale si determina rapportando il minimale giornaliero relativo alle giornate di lavoro settimanale ad orario ridotto con il numero di ore di orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva.
Il minimale giornaliero così determinato è valido anche ai fini INAIL.
Gli assegni per il nucleo familiare si computano per intero se il lavoratore, anche in più rapporti, lavora per più di 24 ore settimanali; in caso contrario, si riconoscono tanti assegni quante sono le giornate effettivamente lavorate, a prescindere dall'orario di lavoro.
Per quanto riguarda le sanzioni, la legge prevede che nel caso di mancata comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro dell'assunzione di un lavoratore a tempo parziale (entro 30 giorni dalla data di assunzione), si applicherà la sanzione amministrativa di lire 30.000 per ogni lavoratore interessato e per ogni giorni di ritardo.
LAVORO NOTTURNO : PRECISAZIONI IN ORDINE ALLA DEFINIZIONE DI LAVORATORE NOTTURNO.
Definizioni. Ai sensi del D.Lgs. 532/1999 per lavoratore notturno si intende colui che:
- svolge, in via non eccezionale, durante il suo normale orario di lavoro, una prestazione lavorativa pari ad almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero;
- svolge, in via non eccezionale, una prestazione lavorativa notturna pari ad almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero per un periodo minimo fissato dalla contrazione collettiva nazionale o, in mancanza, per almeno 80 giorni lanno.
Nel caso in cui la prestazione lavorativa sia inferiore ai minimi sopra indicati, il lavoratore non è soggetto alle disposizioni del decreto legislativo.
Limitazioni. Devono essere adibiti al lavoro notturno con assoluta preminenza i lavoratori e le lavoratrici che ne facciano espressa richiesta.
I lavoratori notturni devono essere sottoposti a visite mediche preventive (se ancora da adibire al lavoro notturno) e periodiche, con cadenza almeno biennale.
I lavoratori e le lavoratrici riscontrati non idonei hanno diritto al passaggio al lavoro diurno e a mansioni compatibili con la loro situazione fisica. La sopravvenuta inidoneità fisica non è, di per sé, giustificato motivo di licenziamento (salvo il caso dellassoluta impossibilità di trovare una nuova mansione compatibile).
La durata della prestazione lavorativa giornaliera dei lavoratori notturni non può eccedere le otto ore giornaliere o, in caso di orari multiperiodali, una media di otto ore giornaliere nel più ampio periodo preso in considerazione.
Obblighi. Il datore di lavoro deve predisporre idonee misure di prevenzione e protezione dei lavoratori notturni, con caratteristiche simili a quelle approntate durante il lavoro diurno. Durante la prestazione di lavoro notturno deve essere assicurato un livello di servizi equivalente a quello esistente nel periodo diurno.
Procedure. Lintroduzione del lavoro notturno deve essere preceduta da una consultazione sindacale con le RSA o RSU o, in mancanza, delle Oo.Ss. territoriali di categoria, che deve esaurirsi entro 7 giorni dalla comunicazione del datore di lavoro.
Si tratta di un obbligo di informazione (sanzionabile con la procedura di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav.) e non di un obbligo di contrarre; di conseguenza, è necessario informare le controparti sindacali ma non è indispensabile concludere un accordo in tal senso.
Nei casi in cui il ricorso, non occasionale, al lavoro notturno non sia previsto dal contratto collettivo (anche aziendale) applicabile nellazienda, deve essere data informazione scritta alla Direzione Provinciale del Lavoro, servizio ispettivo, con cadenza annuale. Analoga comunicazione deve essere indirizzata alle RSA o RSU o, in mancanza, alle Oo.Ss. territoriali di categoria.
ORARIO DI LAVORO: ALCUNE PUNTUALIZZAZIONI DEL MINISTERO DEL LAVORO
Con circolare n° 10 del 15.2.2000 il Ministero del Lavoro ha risposto a una serie di quesiti inerenti la materia dellorario di lavoro.
Orari multiperiodali. lart. 13 della legge 196/1997 ha generalizzato il principio (in precedenza limitato ad ipotesi eccezionali, art. 4 R.D. 692/1923)) per cui lorario normale di lavoro può essere fissato come media in un periodo più ampio, fissato in un massimo di 12 mesi nellanno solare. La fissazione di un orario medio comporta linsorgenza di problemi interpretativi in ordine alla corretta applicazione delle norme sullorario di lavoro nelle imprese industriali.
Comunicazione del superamento dellorario: la legge 409/1998 dispone lobbligo di comunicare il superamento della 45° ora lavorativa nellarco della settimana. Nel caso di orari multiperiodali non eccedenti le 45 ore settimanali (es. 6 mesi a 35 ore e 6 mesi a 45 ore) la comunicazione deve essere effettuata quando la prestazione lavorativa effettiva sia superiore di almeno 20 ore rispetto a quella ordinaria prevista nel contratto.
Quando lorario multiperiodale ecceda le 45 ore (es. 6 mesi a 34 ore e 6 mesi a 46 ore) la comunicazione deve essere effettuata quando lorario ecceda di 3 ore la durata normale dellorario di lavoro concordato (nel caso in esempio, la comunicazione va effettuata dopo la 49° ora di lavoro settimanale, nei sei mesi in cui la durata normale è fissata in 46 ore e dopo la 20 ora mensile quando la durata normale è fissata in 34 ore settimanali).
In ogni caso, lorario multiperiodale programmato dal datore di lavoro deve essere esposto in apposita tabella e deve essere comunicato al servizio ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro.
Motivazione del ricorso al lavoro straordinario. E opportuno che le aziende, pur non essendovi tenute, forniscano nella comunicazione (che può essere effettuata anche con fax o altro strumento telematico) anche le ragioni del ricorso al lavoro straordinario. In assenza delle predette motivazioni, infatti, il servizio ispettivo, al fine di verificare le circostanze di fatto e di diritto che rendono necessario il ricorso al lavoro straordinario, dovrà necessariamente effettuare un accesso presso la sede aziendale (accesso che potrebbe non essere limitato alla sola verifica dei suddetti presupposti).
Limiti al lavoro straordinario. La legge 409/1998 demanda alla contrattazione collettiva la fissazione dei limiti al ricorso al lavoro straordinario; in mancanza, la legge fissa detto limite in 80 ore trimestrali e in 250 ore annue. La contrattazione collettiva è libera di prevedere limiti più ampi o più ristretti rispetto a quelli di legge e può limitarsi a fissare solo la misura annua o solo quella trimestrale, senza che operi - per il limite non previsto alcuna reviviscenza della disciplina legale, che cessa di avere efficacia in presenza di una disposizione collettiva.
Lunico limite "esterno" è quello previsto dalla direttiva UE n° 104/1993, recepita dallaccordo interconfederale del 12.11.1997, che prevede un periodo di riposo giornaliero minimo pari a 11 ore consecutive.
Nelle imprese non industriali vige il disposto dellart. 5 del R.D. 692/1923, che fissa in 2 ore giornaliere e in 2 ore settimanali il limite massimo della prestazione lavorativa straordinaria. Si deve ritenere che tale limite si possa apporre anche ad orari di lavoro multiperiodali e non solo al limite di legge delle 40 ore.
Personale direttivo, quadri e impiegati con funzioni direttive. Il personale con funzioni direttive è escluso dallambito di applicazione della legge sullorario di lavoro (art. 1, comma 2, RDL 692/1923). Lindividuazione dei lavoratori appartenenti a questa categoria è effettuata dalla legge (art. 3, comma 2, RDL 692 cit.) che vi include chi è preposto alla direzione tecnica o amministrativa dellazienda o di un reparto di essa con responsabilità sullandamento della stessa (dirigenti, direttori generali, direttori tecnici o amministrativi, preposti, institori, capi ufficio e capi reparto, purché partecipanti al lavoro manuale solo in via occasionale).
La giurisprudenza è costante nel ricomprendere nella categoria anche il personale direttivo "minore", ossia gli impiegati con funzioni direttive e, quindi, i quadri e gli impiegati inquadrati nei livelli apicali, i quali pur non avendo un potere gerarchico equivalenti a quello dei soggetti indicati nella legge conservano comunque una ampia discrezionalità decisionale e la potestà di determinare autonomamente i tempi della propria prestazione lavorativa.
In ogni caso prevale, in caso di contestazione, la qualificazione effettuata in base alle mansioni effettivamente svolte (purché rientranti nelle previsioni contrattuali riservate al personale con funzioni direttive), rispetto al dato formale contenuto nei documenti di assunzione o nella busta paga.
RAVVEDIMENTO OPEROSO ED ERRORE DI ESPOSIZIONE DEL CODICE TRIBUTO
Il Ministero delle Finanze è intervenuto con propria circolare n° 73/E del 26.5.2000 su un problema piuttosto frequente che si verifica utilizzando i modelli di versamento dei tributi, ossia lindicazione errata di un codice tributo (sia pure a fronte di un versamento di importo esatto).
Secondo il Ministero non è possibile operare direttamente una rettifica utilizzando un altro modello F24, in quanto la modulistica non prevede alcuna possibilità di indicare lerrore in cui il contribuente è incorso.
Non resta quindi che inviare una comunicazione al Dipartimento delle Entrate, Direzione Centrale per la Riscossione, Struttura di Gestione fornendo sia i dati identificativi del contribuente (denominazione o ragione sociale, codice fiscale, dati anagrafici e fiscali) che tutti i dati identificativi del tributo, del codice erroneamente utilizzato e di quello corretto.
Qualora lerrore riguardi il modello F23, la comunicazione di rettifica deve essere inviata direttamente allufficio periferico il cui codice è stato indicato nel modello medesimo; se lufficio periferico è stato soppresso, la comunicazione va effettuata alla Direzione Provinciale delle Entrate.
Trattandosi di un errore formale si applica lart. 13 del D.Lgs. 472/1997 che prevede:
- nessun pagamento, se il ravvedimento avviene entro tre mesi dalla violazione
- il pagamento di lire 40.000 (1/5 del massimo) se la violazione avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa allanno nel corso del quale è stata commessa la violazione
CONGEDI PARENTALI : UNA BREVE PANORAMICA DELLA RIFORMA.
Con il D.Lgs. 53/2000 il legislatore è intervenuto in profondità su un insieme di materie che si ricollegano alla necessità di aumentare, quantitativamente e qualitativamente, lofferta di misure poste a tutela della maternità, della paternità, della formazione, del sostegno per genitori di portatori di handicap.
Al riguardo è significativo quanto disposto dallart. 1 della legge, recante le finalità dellintervento legislativo: "La presente legge promuove un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione mediante:
- listituzione dei congedi dei genitori e lestensione del congedo ai genitori di soggetti portatori di handicap;
- listituzione del congedo per la formazione continua e lestensione dei congedi per la formazione;
- il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città e la promozione delluso del tempo per fini di solidarietà sociale.".
Le misura così descritte si articolano in una serie di interventi mirati nelle seguenti materie:
A) congedi dei genitori
a1) maternità obbligatoria (astensione obbligatoria)
Viene codificata un principio già affermato da una recente sentenza della Corte Costituzionale in forza del quale, nel caso di parto prematuro, il minor periodo di astensione obbligatoria goduta dalla lavoratrice viene aggiunto al periodo di astensione obbligatoria post parto, fino a raggiungere la durata complessiva di cinque mesi.
Viene introdotto il principio della flessibilità dellastensione obbligatoria per maternità, consentendo alla madre lavoratrice di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e per i quattro mesi successivi (anziché due mesi prima e tre mesi dopo), purché il medico specialista del SSN e il medico competente dellazienda attestino che tale differimento non costituisca un pericolo per la vita o la salute della gestante e del nascituro.
Il differimento dellastensione è vietato per tutti quei lavori che verranno individuati da un apposito decreto ministeriale da emanarsi entro il 7 settembre 2000.
Viene conferita una delega al governo per laggiornamento dellelenco delle attività pericolose, faticose o insalubri in relazione alle quali è vietato il lavoro durante il periodo di gestazione e per i 7 mesi successivi al parto.
La legge consente anche al padre lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro nei tre mesi successivi al parto:
- quando la madre sia morta o gravemente inferma
- nel caso di abbandono o di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il padre lavoratore dovrà documentare la ricorrenza di una delle predette situazioni Si estendono al padre lavoratore le norme che consentono, in caso di adozione o affidamento preadottivo di bambini di età inferiore a sei anni, lastensione obbligatoria per i tre mesi successivi alleffettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva o affidataria. Nel caso il bambino non abbia superato i tre anni di età è consentito ai genitori, entro un anno dalleffettivo ingresso dello stesso nella famiglia, di godere del periodo di astensione facoltativa.
Anche per il padre lavoratore durante il periodo di astensione obbligatoria, vige il divieto di licenziamento fino al compimento di 1 anno di età del bambino.
Al termine del periodo di astensione obbligatoria, le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano state occupate allinizio del periodo di gestazione o ad altra ubicata nel medesimo comune. Hanno inoltre diritto di rimanere in detta unità locale fino al compimento del primo anno di età del bambino. Hanno altresì diritto ad essere adibite alle mansioni da ultimo svolte ovvero a mansioni ad esse equivalenti.
a2) maternità facoltativa (astensione facoltativa)
La disciplina dellastensione facoltativa è stata ampiamente modificata dal D.Lgs. 53/2000. Lastensione facoltativa è garantita a ciascun genitore, anche se laltro non ne ha diritto, entro i primi otto anni di vita del bambino, nella seguente misura:
- per la madre lavoratrice in un periodo massimo di sei mesi, continui o frazionati;
- per il padre lavoratore in un periodo massimo di sei mesi, continui o frazionati;
- quando vi sia un solo genitore in un periodo massimo non superiore a dieci mesi, continui o frazionati.
Complessivamente, il periodo di astensione facoltativa non può superare i 10 mesi; tuttavia, qualora il padre lavoratore usufruisca di un periodo non inferiore a 3 mesi, il limite indicato al punto 2. è elevato a 7 mesi e complessivamente a 11 mesi per entrambi i genitori.
Ovviamente, salvo lipotesi in cui entrambi i coniugi siano impiegati presso lo stesso datore di lavoro, ciascuno di loro dovrà autocertificare i periodi di astensione facoltativa goduti dallaltro genitori, nonché i periodi già goduti nei primi otto anni di vita del bambino.
Il genitore che intenda avvalersi di un periodo di astensione facoltativa deve dare al proprio datore di lavoro un preavviso ("salvo casi di oggettiva impossibilità") non inferiore a quindici giorni, con le modalità e i criteri definiti dalla contrattazione collettiva.
Non essendo stato stabilito un limite minimo, i periodi di astensione facoltativa possono essere richiesti anche per una brevissima durata.
Per i periodi di astensione facoltativa i lavoratori e le lavoratrici hanno diritto a una indennità pari:
- al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo di sei mesi (sommando le assenze di entrambi), fino al terzo anno di età del bambino.
- al 30% della retribuzione fino allottavo anno di età del bambino, ma solo nel caso in cui il reddito individuale dellinteressato, calcolato secondo i criteri previsti per i limiti reddituali per lintegrazione al minimo sia inferiore a 2,5 volte limporto del trattamento minimo di pensione a carico dellAGO.
Nel caso previsto al punto 2. il periodo di astensione è coperto da contribuzione figurativa calcolata assumendo per il periodo il 200% del valore massimo dellassegno sociale (proporzionato ai periodi di riferimento) con facoltà di riscatto da parte dellinteressato ovvero con possibilità di versare la contribuzione volontaria.
Il periodo di astensione facoltativa non è utile ai fini della maturazione delle ferie e della gratifica natalizia. Il lavoratore può ottenere, a richiesta, una anticipazione del trattamento di fine rapporto, in deroga alla tipologie elencate tassativamente nellart. 2120, comma 8, cod. civ. Lanticipazione verrà erogata unitamente alla retribuzione del mese che precede linizio del congedo. Analoga facoltà potrà essere prevista negli statuti delle forme pensionistiche complementari.
Lastensione facoltativa può essere richiesta anche dai genitori adottivi o affidatari. Nellipotesi che il minore abbia, al momento del suo ingresso nella famiglia, una età compresa tra i sei e i dodici anni, il diritto allastensione spetta per i primi tre anni dallingresso del minore nel nucleo familiare.
Il trattamento economico sopra indicato non si applica alle lavoratrici domestiche e alle lavoranti a domicilio.
a3) permessi per cure parentali
Entrambi i genitori possono, alternativamente, assentarsi dal lavoro durante le malattie del bambino e fino agli otto anni di età dello stesso. Se il bambino ha più di tre anni spettano a ciascun lavoratori un massimo di cinque giorni lavorativi di congedo. Nel caso contrario la legge non fissa un numero massimo di giornate.
Al genitore che si trova in aspettativa spetta:
- fino ai tre anni di età del bambino la contribuzione figurativa.
- oltre il terzo anno di età e fino allottavo spetta la copertura contributiva calcolata assumendo per il periodo il 200% del valore massimo dellassegno sociale (proporzionato ai periodi di riferimento) con facoltà di riscatto da parte dellinteressato ovvero con possibilità di versare la contribuzione volontaria.
Si desume dalla lettera della legge che durante il congedo nessuna indennità è comunque dovuta dallINPS (o da altro Ente previdenziale), né è espressamente previsto il pagamento di alcuna indennità; si ritiene che i vari CCNL possano comunque provvedere diversamente in materia (per quanto riguarda lintegrazione a carico del datore di lavoro).
La malattia del bambino deve essere documentata con la presentazione del certificato rilasciato da un medico specialista del SSN o convenzionato con esso.
La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero sospende le ferie eventualmente in godimento da parte del genitore (uno solo).
Il periodo di astensione non è utile ai fini della maturazione delle ferie e della gratifica natalizia.
Il genitore che richiede il congedo deve documentare con autocertificazione che laltro genitore non si trovi anchesso in astensione per il medesimo motivo.
Il diritto al congedo non spetta per le lavoratrici domestiche e per le lavoranti a domicilio.
a4) permessi per "allattamento".
In realtà è improprio continuare a chiamarli così, atteso che sono riconosciuti anche al padre lavoratore, sia pure a determinate condizioni. Le modifiche introdotte dalla legge riguardano lapplicabilità delle norme in materia di contribuzione figurativa e di possibilità di riscatto dei relativi contributi.
In caso di parto plurimo, inoltre, la misura dei permessi (pari a 2 ore per orari di lavoro superiori a 6 ore e a 1 ora per orari inferiori) è raddoppiata (la proposta originaria prevedeva che il numero di permessi si moltiplicasse per il numero dei figli nati). Le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.
I permessi e il relativo trattamento economico sono comunque riconosciuti al padre lavoratore:
- quando i figli siano affidati al solo padre
- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga.
- nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.
disposizioni comuni.
Al termine dei periodi di congedo le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto alla conservazione del posto e, salvo che vi rinuncino espressamente, al rientro nellunità produttiva in cui erano occupati o in altra sita nello stesso comune ed hanno altresì diritto ad essere occupati nuovamente nelle mansioni svolte da ultimo o in altre ad esse equivalenti.
Il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione dei congedi (compresi quelli per la formazione) è nullo.
La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o affidato, deve essere convalidata dal servizio ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro competente.
Lassunzione a termine, ai sensi della legge 230/1962 per la sostituzione di lavoratrici o lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa può avvenire con un anticipo fino a un mese rispetto al periodo di inizio dellastensione, al fine di consentire il passaggio di consegna e salvo periodi superiori (ossia, si deve ritenere, più lunghi) previsti dalla contrattazione collettiva.
I datori di lavoro occupanti meno di 20 dipendenti, che assumono lavoratori con contratti a tempo determinato per sostituire lavoratori assenti per congedo (compreso il congedo per la formazione) beneficiano di uno sgravio contributivo del 50%. Il beneficio spetta a condizione che il figlio della lavoratrice o del lavoratore non abbia compiuto un anno di età o non sia trascorso più di un anno dellaccoglienza del minore adottato o affidato.
Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome è possibile procedere, in caso di maternità delle stesse e sempre nei limiti del primo anno di età del bambino, ovvero nel primo anno di accoglienza del minore adottato o affidato, allassunzione di un lavoratore (o una lavoratrice) a tempo determinato, per un periodo massimo di dodici mesi, con la stessa agevolazione prevista nel paragrafo che precede.
B) congedi per la formazione
b1) congedi per la formazione. I lavoratori occupati presso datori di lavoro pubblici e privati, con almeno cinque anni di anzianità di servizio, possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per un periodo non superiore a undici mesi, continuativo o frazionato (cd. "anno sabbatico"). La fruizione di questo permesso è limitata a una sola volta nellarco della vita lavorativa.
Il congedo può essere richiesto per completare il corso di studi della scuola dellobbligo, ovvero al fine di ottenere il conseguimento del diploma di scuola media superiore, del diploma universitario o della laurea o, infine, al fine di partecipare a iniziative formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
Il datore di lavoro può rifiutare la concessione del congedo o rimandarla ad altro momento solo nel caso di comprovate esigenze organizzative. I CCNL prevederanno il numero massimo di lavoratori che può accedere al congedo, nonché le modalità di fruizione dello stesso e le causali in cui può essere negato o differito.
In ogni caso il lavoratore deve dare al proprio datore un preavviso non inferiore a 30 giorni.
Durante il congedo il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione. Il periodo non è utile ai fini dellanzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, la malattia o altre tipologie di congedo.
Il periodo di congedo può essere riscattato dal lavoratore ovvero coperto da contribuzione, a carico del lavoratore, calcolata sulla base dei criteri per la prosecuzione volontaria. Il lavoratore può, su richiesta da presentare al datore di lavoro con un preavviso di almeno sei mesi rispetto alla data prevista per il pensionamento, prolungare il rapporto di lavoro per un periodo pari alla durata del congedo, anche in deroga alle norme concernenti letà di pensionamento obbligatorio.
Il lavoratore può ottenere, a richiesta, una anticipazione del trattamento di fine rapporto, in deroga alla tipologie elencate tassativamente nellart. 2120, comma 8, cod. civ. Lanticipazione verrà erogata unitamente alla retribuzione del mese che precede linizio del congedo. Analoga facoltà potrà essere prevista negli statuti delle forme pensionistiche complementari.
Una grave infermità, debitamente documentata e previa comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo alla sospensione del congedo.
b2) congedi per la formazione continua.
In armonia con la riforma dei cicli scolastici e in attuazione del precetto costituzionale del diritto allo studio, la legge, con disposizione ampiamente programmatica, sancisce che tutti i lavoratori, occupati e no, hanno diritto di proseguire i percorsi formativi per tutta le vita. Lo Stato, le regioni e gli enti locali assicurano una adeguata offerta formativa sul territorio, in grado di consentire percorsi personalizzati, certificati e riconosciuti come credito formativo.
La formazione può corrispondere a una scelta autonoma del lavoratore o a un articolato programma del datore di lavoro. La contrattazione collettiva definisce un monte ore destinati ai congedi per la formazione continua, i criteri per lindividuazione dei lavoratori, nonché le modalità di svolgimento e di retribuzione connesse alla partecipazione ai percorsi formativi. Gli interventi formativi possono essere finanziati da appositi fondi.
C) congedi per eventi e cause particolari
La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a un permesso retribuito di tre giorni lavorativi per anno, in caso di decesso o grave infermità, debitamente documentata, del coniuge, di un parente entro il secondo grado o del convivente purché, in questo ultimo caso, la convivenza risulti dallo stato di famiglia o da altra certificazione anagrafica.
In caso di determinate patologie, da individuarsi con decreto ministeriale, o per gravi e documentati motivi, i lavoratori possono richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, pari a un massimo di due anni, durante i quali il lavoratore conserva il proprio posto di lavoro, senza retribuzione e senza poter svolgere altra attività lavorativa.
Il periodo di congedo può essere riscattato dal lavoratore ovvero coperto da contribuzione, a carico del lavoratore, calcolata sulla base dei criteri per la prosecuzione volontaria.
E prevista la possibilità che il personale rientrato in servizio dopo il congedo possa frequentare corsi di riqualificazione professionale, sia interni che esterni.
D) flessibilità dorario.
E previsto lo stanziamento di fondi a favore del Fondo per loccupazione, destinati ai datori di lavoro con meno di cinquanta dipendenti che abbiano stipulato e applichino accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità, quali:
- progetti a favore della lavoratrice o del lavoratore, anche quando uno dei due sia un lavoratore autonomo, con priorità per coloro che siano genitori di bambini fino a otto anni di età o abbiano in adozione o in affido minori fino a dodici anni di età, di usufruire di determinate forme di flessibilità come:
- part-time reversibile
- telelavoro e lavoro a domicilio
- orario flessibile in entrata e in uscita, banca ore
- flessibilità del turno od orario concentrato
- programmi di formazione per il reinserimento di lavoratori dopo il rientro da un periodo di congedo
- progetti che prevedano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
Per finire in bellezza, è prevista lemanazione di un Testo unico che raccolga, coordini e abroghi espressamente le disposizioni non più in vigore.