Breve storia della letteratura vampirica

di Elissa Piccinini

 

Se il "Dracula" fu e rimane tuttora Il Romanzo Di Vampiri, non si deve però pensare che fu il primo, né tantomeno (immaginiamoci..) l’ultimo. Anzi, se il "Dracula" uscì nella forma attuale fu anche grazie alle sollecitazioni, dirette e indirette, che esercitò sul portato stokeriano tutta la precedente letteratura "vampirica".

         

Già dall’antica Grecia infatti circolavano storie di vampiri, ma allora si trattava soprattutto di vampiri femminili, cioè di Empuse o Lamie che succhiavano principalmente il sangue (e con esso la vita) dai dormienti e dai bambini. Le storie vampiriche più note sono due: la prima ci viene narrata da Flegone, un lidio del II sec. d.C., nei suoi "Mirabilia", la seconda da Filostrato nella "Vita di Apollonio". Ma per vedere il sorgere di una più specifica letteratura vampirica occorre aspettare il XVIII secolo, quando, nell’Europa dell’Est, si svilupparono vere e proprie epidemie di vampirismo che furono all’origine da una parte di trattati "scientifici", dall’altra di opere in cui tutto questo veniva ridicolizzato: era il secolo dei Lumi... In conseguenza di ciò scoppiò una sorta di "vampiromania", che portò i vampiri del folclore nei versi dei più quotati poeti tedeschi come Bürger, la cui "Lenore" (1773) sarà d’ispirazione per tanti poeti successivi (ma anche Stoker usa un suo verso: "poiché i morti galoppano veloci"), o Goethe, che nel 1797 con la sua ballata "La sposa di Corinto" riprenderà da (molto) vicino l’antica Empusa di Flegone che torna da una morte prematura per consumare il suo pasto d’amore. Nello stesso anno Coleridge scriveva la sua "Christabel", uno splendido cammeo, incantato e struggente, su una ragazza-vampiro. D’altra parte in quegli anni i vampiri sono rintracciabili un po’ ovunque: nei poemi di Robert Southey, John Stagg, Walter Scott, Keats, solo per citare alcuni nomi.

         


Ma il vero e proprio anno di nascita del vampiro letterario affonda le proprie origini in una piovosa giornata di giugno del 1816, a Villa Diodati sul Lago di Ginevra. Quel giorno si svolse quello che qualcuno ha definito "uno dei più pazzi tea party all’inglese della storia di tutti i tempi": Shelley e la sua futura moglie Mary, Byron e il suo segretario personale Polidori per passare il tempo decisero di inventare delle storie di fantasmi. Da quella giornata uscirono l’idea del "Frankenstein" e quella de "Il vampiro", un romanzo ancora oggi poco noto, il cui autore fu William Polidori, ma che, all’origine (nel 1819), fu pubblicato con la firma dell’inconsapevole Byron. Goethe arrivò persino a complimentarsi col dissoluto rubacuori, dicendo che quello era il miglior romanzo che avesse scritto: bello sbaglio! Nacque così il prototipo del vampiro: bello, aristocratico, crudele e spietato, libertino e irresistibilmente affascinante. Insomma questo vampiro era un po’ la "vampirizzazione" di Byron stesso, tant’è che aveva nome Lord Ruthwen, lo stesso nome cioè che in un precedente romanzo aveva attribuito proprio a Byron una sua ex amante particolarmente vendicativa. Dopo quel momento le più significative presenze del vampiro in letteratura si trovano nella novella "Vampirismus" di E.T.A. Hoffman del 1828, in cui il tema del vampirismo vira piuttosto verso la necrofagia, in "Lord Ruthwen e i vampiri" di Nodier che, sotto pseudonimo, si propone di continuare le gesta del vampiro vagabondo (una sorta di Casanova vampiro), nel racconto "Il Vij" di Gogol e nello splendido "La morta innamorata" di Gautier, nei quali si continua a parlare di donne vampiro; ma si trovano anche esplicite o accennate entità vampiriche in Poe, Dumas (padre), Tolstoj, Beaudelaire e nelle opere delle due sorelle Brontë. Arriviamo così agli anni 1845-1847, in cui uscirono le 220 dispense settimanali di "Varney il vampiro, o il banchetto di sangue", un feuilleton orrorifico che, benché concepito per un pubblico di massa, divenne ben presto una rarità editoriale. Varney introduce tanti degli archetipi che caratterizzeranno il vampiro in letteratura (molto più del Ruthwen di Polidori) e, soprattutto (nelle ultime puntate), il tipo del vampiro malinconico e addolorato, forzatamente costretto alla solitudine.



Oggi si tende a considerarne gli autori un gruppo di scrittori, i più importanti dei quali furono T.P. Prest e J.M. Rymer. Nel 1872, nell’antologia "In a Glass Darkly" viene pubblicata "Carmilla" di J.S. Le Fanu, un racconto lungo (o un romanzo breve), che fu motivo d’ispirazione per quello che doveva essere l’inizio del "Dracula" di Stoker, ma che fu successivamente eliminato dall’autore: "L’ospite di Dracula". Da quel momento il vampiro inizia il suo lento cammino verso la cima dei più gettonati soggetti letterari e troverà la sua massima espressione proprio nel "Dracula" di Stoker, nel 1897. Da cento anni a questa parte la letteratura (solo quella riconosciuta "minore") pullula di succhiatori di sangue. Ma, per concludere questa breve rassegna letteraria, non possono essere dimenticati due nostri contemporanei che, fra latri, meritano la "fatica" della lettura: lo splendido romanzo di King "Le notti di Salem" (del 1975), che trova una sua appendice nel racconto "Il bicchiere della staffa" (nella raccolta "A volte ritornano"), e la trilogia della moderna "regina dei vampiri" Anne Rice: "Intervista col vampiro" (1976), "Scelti dalle tenebre" (1985) e "La regina dei dannati" (1988). Eppure, per l’esperto vampirologo, ovunque si annidano vampiri, perché loro sono tra noi... E allora, che la caccia al vampiro cominci!

 

 

Elissa Piccinini

elissa.p@tiscalinet.it

 

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