Carne umana

di

Francesco L.P. 2000

 

Non c’era un motivo. Un motivo vero. Resuscitavano e basta.

Esseri umani, uccelli, pesci, bestie tenute in casa, batteri; Arrivati al termine del ciclo vitale, semplicemente ne incominciavano un altro.

In barba a qualsiasi stronza legge della natura o dell’uomo.

Resuscitavano.

***

"Attento a quella bombola. C’è gas nervino dentro."

"Lo so, cazzo…me lo avrai ripetuto un centinaio di volte. Cazzo! C’è gas li dentro, lo so."

"Allora non agitarti tanto, lì dietro. Stà un po’ fermo."

"Non scoppiano mica perché mi sono grattato il sedere!"

"Tu non agitarti e quelle non scoppiano."

"Cristo!"

La dottoressa Sara Wilson lasciò i suoi appunti e guardò verso i due soldati.

"Quanto manca?"

Il tizio grande e grosso che stava alla guida roteò il sigaro e rispose:

"Siamo a metà strada, signora. Ci verranno i calli sotto al culo a tutti, prima di scendere da ‘stà trappola!"

Sara guardò fuori e scorse le macerie polverose della città di Kimberly. Al suo fianco viaggiava il professor John Carter, della Università di Johannesburg, col camice in disordine e lo sguardo assente su un’ape che agonizzava sul fondo metallico del furgone.

Butch Garrison stava al volante, col cappellino voltato all’indietro e il ghigno strafottente; al suo fianco sedeva Stecco Morris, il suo Commilitone, che godeva un mondo nel vederlo infuriare ogni volta che si rifiutava di dargli il cambio alla guida. Sedeva scomposto con la schiena poggiata su due grosse bombole grigio sporco.

Padre Joseph sedeva vicino all’oblò tenendo la bibbia tra le mani e scrutando fuori per recuperare concentrazione dopo aver letto qualche passo. Era lì per portare l’estrema unzione ed accompagnare il condannato sulla sedia elettrica. Lo aveva fatto altre volte, anche se dal suo Vicariato non giungevano più notizie da mesi, ormai.

Altri due soldati stazionavano in piedi ai lati dell’alloggiamento metallico, fumando sigarette, ogni tanto. Un terzo piantonava la gabbia. La gabbia era posizionata in fondo al blindato, larga cinque metri ed alta due; l’interno era ingabbiato, l’esterno foderato da lastre di plexiglas anti sommossa. Pochi buchi per respirare. Il soldato fece scorrere la mano sulla cinta del fucile Ar-70 lancia granate e buttò un occhio dentro. Lo faceva raramente (anche se le consegne dicevano di scrutare il prigioniero ogni cinque minuti-cinque) per due buoni motivi: primo, il prigioniero era incatenato ed imbottito di sedativi, secondo, il solo guardarlo gli scatenava un lungo brivido sulla schiena. Il prigioniero lo guardò ed il soldato inchinò il capo, sorridendo.

"E’ ancora sveglio, questo demonio." Informò il piantone arretrando un poco.

Butch scoppiò a ridere. "Ah si? Perché non vai a cantargli la ninna nanna, Colin? Potrebbe apprezzarlo, non credi?"

Stecco rise anche lui, voltando il viso verso la dottoressa Sara, che pareva abbastanza disgustata: tutto sommato quell’uomo stava per finire fritto su una sedia elettrica. Il prigioniero non aveva aperto bocca, da quando lo avevano prelevato nella capitale, e sembrava del tutto assente…tuttavia, qualcosa, nei suoi occhi…

"Guardate qui!" disse ancora Butch, guardando ai lati del finestrino rinforzato: "che sfacelo! Non c’è più un cazzo di salvabile, da questa parte del mondo! Sono sicuro che se avessimo un minuto di tempo per scendere e curiosare non troveremmo nulla di buono, in mezzo a queste macerie. Loro infettano tutto…"

Padre Joseph chiuse la bibbia ed infilò gli occhialini in tasca. Mille volte gli erano stati posti interrogativi imbarazzanti riguardo a tutto questo, e non aveva saputo rispondere. O non aveva voluto, per non sentir vacillare la sua giovane fede. Tuttavia, le persone ancora vive nutrivano un profondo rispetto per questo prete portoricano, che aveva resistito sinora al desiderio di gettare la tonaca e darsi alla macchia come molti suoi colleghi che si erano aggregati a spedizioni di fortuna verso nuovi orizzonti nascondendo la propria identità e spesso non facendo più ritorno. Lui era ancora un prete, ancora si faceva domande e ancora nutriva speranze verso il genere umano.

Nonostante tutto.

Invece Carter non nutriva speranza o fiducia in nessuno. Né verso i vivi, né verso i morti. Si, perché il movimento liberazione della natura (sorto intorno l’anno 2000) che aveva trovato una spiegazione a questo fenomeno: la natura, finalmente, si era ribellata alle torture dell’uomo perpetrate per millenni e stava semplicemente rigettando sul pianeta tutto il veleno accumulato dopo tanti disastri provocati dall’uomo.

John Carter era uomo di scienza, e tale tesi gli fu portata anche durante un congresso a Firenze, quando Firenze esisteva, e lui aveva abbandonato la sala tirando i fogli per aria. Era uscito tra le risa dei suoi colleghi e tra quelle degli iscritti al movimento, e non aveva dimenticato. Doveva esserci una causa fisica, naturale, spiegabile razionalmente a tutti quei poveri ignoranti, ma gli servivano aiuti, strumenti, luoghi…e non aveva niente. Neppure più la fiducia verso i suoi simili. Ciondolava verso la destinazione perché aveva accettato di scortare il prigioniero assieme a Sara Wilson, giovane figlia di un suo collega perito sotto le zanne delle creature. Una giovane in gamba che eseguiva studi e analisi sull’uomo scortato nel blindato.

Studi e analisi che non servivano ad un cazzo, secondo lui, in quanto il prigioniero meritava la morte e basta. O forse, ormai, gli interessavano più i morti dei vivi. Comunque con questo viaggio avrebbe almeno raggiunto Città del Capo, dove molte strutture ancora funzionavano, poi avrebbe deciso.

Il blindato proseguiva sul sentiero irregolare, sbuffando e scuotendosi continuamente, urtando l’umore di tutti quelli a bordo. Sara Wilson posò la sua cartella sul baule e raggiunse a fatica il distributore d’acqua. Cercò in tasca una pastiglia e se la mise sulla lingua. Poi degluttì anche l’acqua tiepida. Gettò il bicchiere di carta e si voltò per tornare a posto, quando scorse l’agente Zeck accanto a lei. "Sarà la sesta pasticca che manda giù, professoressa Sara…non starà rischiando un intossicazione, vero? Qui abbiamo bisogno di lei…" il tono era falso e suadente al tempo stesso. Sara abbassò il capo per non incontrare l’alito cattivo dell’uomo, poi parlò: "Sono un medico, agente Zeck, e la mia salute è perfettamente sotto controllo, glielo assicuro! Ho soltanto un forte mal di testa." Zeck abbassò la voce. "Davvero? E che ne dice di cambiare sistema per farselo passare? Sopra ci sono due cuccette libere ed io non sono mai stato con una negretta…" Sara fulminò il soldato con lo sguardo e lo scansò violentemente: "Si tolga da torno, maiale! Non andrei con un tipo così squallido neppure se fosse l’ultimo uomo sulla faccia della terra!" Il tono era alto e tutti si voltarono, tranne Butch che dal posto di guida commentò: "che stronzo!". Carter parve finalmente presente a se stesso. Alzò il capo e si sistemò gli occhiali tondi: "L’ultimo uomo sulla terra, Sara? Oh…lo sarà…potrebbe esserlo presto!" Zeck prese a ridere: "Ha sentito, bellezza? Poi potrebbe anche cambiare idea, che ne dice?" "Dice che sei un cazzone, Zeck!" urlò Butch, scatenando l’ilarità di Stecco e poi quella degli altri soldati. Sara, disgustata, cercò lo sguardo di padre Joseph, che la ignorò tornando a guardare fuori. Sara sospirò voltandosi alla gabbia. Tutto a posto.

"Ma dico io!" esclamò infine Butch, "perché dobbiamo stare una settimana su questo vagone di merda per portare quel sovvertista rosso del cazzo invece di piantargli una pallottola in testa subito?!? Che crepi qui o sulla sedia di Città del Capo non fa molta differenza! Cazzo, la differenza è che noi tutti stiamo rischiando il culo per scortare questo signorino sciroccato in mezzo ad un territorio contaminato! Che se ne vada affanculo subito, qui, in mezzo alla strada!"

"Il prigioniero giungerà regolarmente a destinazione, Butch. Così come ci hanno ordinato e così come tu hai accettato!" affermò Sara con piglio deciso.

"Ma…perché!?! Il mondo stà andando a puttane, perché hanno preso questo puntiglio proprio con quello là dietro? Cristo, è un puntiglio del cazzo attaccarsi alla regolarità e a tutte queste stronzate! E’ come cercare di pulire il culo ad una scrofa!"

"Finchè ci siamo noi, creature senzienti ed intelligenti (almeno qualcuno), cercheremo di comportarci come tali, Sergente Butch, facendo il nostro dovere e non lasciandoci andare a laidi comportamenti soltanto perché gran parte del mondo stà andando in rovina", interruppe Carter. "Non crede?"

"Bravo, professore!" pensò Sara.

Butch grugnì tornando a concentarsi sulla strada. Stecco gli diede di gomito scoppiando a ridere: "Eh, te l’ha messo al culo, vecchio caprone!"

"Puah, vai al diavolo Stecco!"

Sara stette in silenzio per un po’, in piedi. Poi si avvicinò alla gabbia, aggiustandosi una ciocca di capelli caduta sulla fronte.

"Come và?" chiese al piantone.

"Al solito. Non chiede di pisciare né da mangiare o da bere, per me non è neppure un uomo, quello là. Non siamo riusciti neppure a farci dire il suo nome e cognome. Scommetto che seduto sulla sedia giù in città, scoppierà a piangere come un poppante. Lo fanno tutti."

"Già…" Sara guardò nella gabbia. Sulla targhetta appiccicata sul frontale, come per le belve feroci c’era scritto: Dottor Crotalo, soggetto molto pericoloso, condannato a morte, Città del Capo, Sudafrica.

Doctor Crotalo stava seduto sulla panca di marmo con la testa bassa e le mani incrociate. Indossava un paio di calzoni militari blue tutti stropicciati e macchiati, calzava stivali di pelle borchiati e sfrangiati. Una giacca jeans che aveva visto giorni migliori dalla quale spuntava una felpa rossa con il cappuccio, che cadeva sulla schiena. Un numero imprecisato di fondine per pistole, bombe a mano e coltelli, tutte naturalmente vuote. La barba incolta di qualche settimana. Folta.

Quando Sara era andata a prelevarlo, presso il nuovo palazzo della Giustizia, lo aveva trovato che veniva malmenato da Zeck e da altri tre rozzi soldati che si facevano bravi dalla camicia di forza indossata dal prigioniero. Gli avevano rotto un dente ed una costola, e sarebbe andata peggio se lei non fosse intervenuta. Avrebbe protestato una volta giunti a destinazione, anche se non sarebbe servito a niente. A niente.

Doctor Crotalo era stato arrestato in Irlanda del nord, quando aveva impudentemente cercato di raggiungere la madre, in coma dopo una lunga malattia. La condanna a morte era scattata dopo un processo farsa, fatto tra cappuccini e brioches. Fece scorrere gli occhi sulle braccia nodose del prigioniero, ricamate da decine di cicatrici e tatuaggi, la falange della mano sinistra mancante. Non si mosse.

Con tutto quello che stava succedendo, pensò lei, era incredibile l’accanimento verso quel rivoluzionario in disgrazia che sedeva incatenato davanti a lei. Per far nascere un bambino, in un’epoca così, bisognava superare mille visite e duemila colloqui burocratici per salvaguardare le comunità ancora esistenti dai virus venerei e non, ma per ordinare la morte di un uomo non c’era da perder troppo tempo. Bastava firmare un foglio. E così i figli erano incominciati a nascere quasi tutti in provetta e la sedia elettrica funzionava il triplo di prima. Era stato un mutamento quasi naturale, quasi congenito nell’uomo. Se avesse avuto una opportunità, una sola oppurtunità, Sara Wilson avrebbe salvato la vita di quell’uomo spaventoso, perché credeva nella legge, non nella vendetta.

Ma era una voce fuori dal coro.

E a volte le voci fuori dal coro sono soltanto voci fuori dal coro.

Si strinse nel tailleur e tornò a sedere.

"Ehi guardate là! Eccone uno!" gridò Stecco all’improvviso, dopo circa tre ore che Sara aveva ripreso posto.

"C’è uno di quelli!" Tutti si misero a guardare fuori, incuriositi e stranamente eccitati.

"Ma dove cazzo lo vedi, rincoglionito?" obiettò Butch con un occhio sulla strada ed uno a piede libero.

"Là, vicino al distributore, sulla destra!" L’essere, un vecchio resuscitato, stava frugando in uno scatolone vuoto. Sentendo lo spostamento di vento provocato dal blindato tirò su il capo marcio, voltandosi lentamente. Non provò neppure a seguire il veicolo, in quanto solo i resuscitati giovani riuscivano a percorrere diversi chilometri a piedi, senza una mèta precisa. Carter si aggiustò gli occhialini, mentre i soldati spiaccicavano il viso sul vetro, per vedere meglio. Padre Joseph invocò nostro Signore senza voltarsi più.

Tutti, ma proprio tutti, avevano visto il film in cui dei morti viventi venivano fermati sparandogli un colpo in testa, Ma questi in testa non avevano niente e quindi non gli fregava un cazzo e continuavano ad avanzare anche con la testa rotta. I soldati cominciarono ad urlare oscenità, battendo con forza sui vetri col palmo delle mani per attirare ulteriormente la sua attenzione, stupidamente, un po’ come fanno i bimbi allo zoo, sui vetri dei rettilari.

Il blindato sfrecciò lontano.

A notte fonda, Stecco stava guidando al posto di Butch, addormentato lì accanto con la testa sotto il berretto, Sara e Carter avevano preso possesso delle cuccette, gli altri soldati dormivano, a parte il piantone alla gabbia, che era vigile ed attento.

Doctor crotalo stava nella medesima posizione del pomeriggio. Stecco si era lasciato alle spalle da qualche ora il centro urbano dove avevano incontrato il resuscitato, ed ora viaggiava con gli abbaglianti e il faro da nebbia in una specie di deserto putrescente. La mappa elettronica sul cruscotto indicava un altro centro a pochi chilometri dalla loro posizione. Stecco Morris si era arruolato nell’esercito irregolare costituito sette anni prima, trovandolo terribilmente divertente ed eccitante, essendo un giramondo che non aveva mai avuto nulla se non una madre gitana ed un’insana voglia d’avventura. Da allora aveva sempre fatto coppia con Butch, lui secco come un chiodo, e Butch nato orso.

Si era offerto volontario per questa missione; al ritorno sarebbe andato a puttane con Butch, come sempre. Diede un’occhiata al compare, e lo vide profondamente addormentato col sigaro spento ficcato in tasca, nella parte superiore della mimetica. Ogni tanto, nel sonno, gli sentiva chiamare i genitori, accoratamente, e questo per un bestione di un metro e novanta e largo come un montone lo faceva intenerire. Gli buttò un plaid addosso.

Notte.

Le ruote motrici posteriori urtarono un gruppo di rocce sporgenti e il mastodontico veicolo ebbe un violento scossone.

Sara si svegliò di colpo, notando che anche altri si erano avvicinati al guidatore.

"Che è successo Stecco?" domandò Butch con la voce impastata dal sonno.

"Non lo so. Una roccia, o un gruppo di rocce di merda! Scendo a controllare."

"No!" Obiettò Zeck stendendo un braccio; "questo posto è insicuro, scendiamo in due e diamo un’occhiata."

"Ahh, Cristo di un Dio…"bofonchiò ancora Stecco sporgendosi in avanti.

Carter e Butch lo squadrarono preoccupati.

"Ma non ve ne siete accorti?" continuò quello, "le luci dei fari… sono spente, non funzionano!"

"Deve essere un problema al sistema elettrico." Suggerì Zeck scansando padre Joseph con decisione. Butch diede una pulitina col gomito ai comandi e si ficcò il sigaro in bocca. "No…no, non vedi che il faro funziona!? Il faro non è mica una luce autonoma. Il faro funziona!"

"Tagliamo la testa al toro, cazzo!" esclamò Zeck.

"Scendiamo e vediamo che cavolo succede."

"Vengo io, Zeck!" Si offrì uno dei piantoni a riposo;

"Okai, ragazzo. Prendi il fucile e seguimi."

Butch si voltò all’interno del furgone: "E voialtri tornate a dormire, ci sarà solo un ispezione esterna, niente che vi impedisca di rimettere le chiappe sul comodo. Coraggio signora!"

Sara si strinse nelle spalle e tornò di sopra, urtando un cavo d’acciaio vicino alla scalette della cuccetta. La luce esterna oscillò spostando il cono di luce sulla destra. Zeck e il soldato stavano per aprire il portello quando si fermarono vedendo l’anomalia. "Chi cazzo ha toccato il cordone che regge l’antinebbia?" Urlò Stecco, Sara arrossì. "ehmm…sono stata io…"

"Cerca di stare attenta, signora!" la rimproverò Butch con un truce sorriso.

"Insomma!" disse Zeck, "la smettiamo di giocare qui dentro? Io e Will stiamo per uscire!"

"Un momento!" esclamò John Carter guardando in avanti dal parabrezza e gesticolando con enfasi. "Un momento ancora! Venite a vedere!"

Padre Joseph e Butch furono i primi ad affiancarsi al professore, anche Sara tornò con gli altri.

Tutti si strinsero per vedere fuori dal blindato. Il faro illuminava una zona piana circondata da un cumulo di immondizia, tra la nebbiolina notturna che spezzava la luce stavano un mucchio di cadaveri in decomposizione.

"Affanculo!" si schernì Butch quasi potesse sentire la puzza lì dentro.

"Qualcuno ha ammucchiato quei poveri diavoli in mezzo alla strada, col rischio che c’è!"

"Devono essere stati i negri di qui!" Affermò Zeck con certezza.

"In questa parte del territorio i negri ne combinano di cotte e di crude; guarda che casino."

Stecco guardò verso Butch. "Che facciamo?"

"Quello che il buonsenso prima ancora dei dispacci militari insegna: gli buttiamo una tanica di benzina addosso e li mandiamo in fumo."

"Puah, che lavoro del cazzo!" si lamentò Zeck pulendosi la bocca.

"e dobbiamo farlo io e Will?"

"Tu, Will e l’altro piantone, tanto il nostro amico è al sicuro, là dentro."

Zeck diede una pacca al piantone. "Beh, coraggio."

Butch passò una tanica a Will e scoppiò a ridere. "Non lesinate sulla benza, soldatini! Fra quei cadaveri ci sono un paio di grassone che vi porteranno via parecchio lavoro, ve lo garantisce il vecchio Butch!"

Stecco stava ridendo quando vide l’espressione corrucciata del professor Carter.

"Beh, che vi prende prof?"

Carter si pulì gli occhiali con una pezzetta lurida e non guardò il suo interlocutore: "non lo so. C’è qualcosa che non và."

Stecco estrasse dalla tasca una fiaschetta di Gin e la passò sotto il naso dello studioso. "Beveteci su, date retta a me! Calma tutti i cattivi pensieri!"

Carter ne bevve un sorso veloce. "Già." Confermò.

Sara vide i tre soldati passare radente la fiancata del blindato, con le torce elettriche e le taniche in mano. L’ultimo si guardava attorno col fucile spianato. I cadaveri distavano a dodici, tredici metri. Zeck aveva fatto indossare agli altri due le mascherine di protezione, ed avevano cominciato a girare a semi cerchio sull’orribile mucchio. Butch manovrava con perizia il faro per evitare che finissero in una zona d’ombra. Attorno non si vedeva un cazzo.

"Devono imparare a bruciare i corpi." Disse Carter a bassissima voce, "tutti i corpi. Quando impareranno?"

Padre Joseph gli fu vicino improvvisamente. "Molte comunità non lo faranno mai. Rischiano di vederli tornare piuttosto di compiere un atto sacrilego che li danni per l’eternità."

Lo scienziato scosse la testa. "Bah, razza di incoscenti, fanatici religiosi!"

"Lei non capirà mai, vero Carter?"

John Carter strizzò gli occhietti da dietro le lenti e sorrise, stirandosi i capelli biancastri sulle tempie. Will e l’altro piantone avevano quasi finito di gettare il carburante sulle carcasse maleodoranti. Zeck abbassò la tanica di Will col palmo della mano, guardandolo negli occhi.

"Me ne frego di quello che dice Butch…l’ultima tanica tientela vicino sul blindato! Non vorrei rimanere a secco di benza in questo casino di merda! Soltanto per sterilizzare un posto da negri dimenticato da Dio! Capito?"

"Ma, veramente, Butch…"

"Affanculo Butch! Siamo scesi noi a rischiare la pelle o questa sporca infezione, l’hai dimenticato?"

"D’accordo."

Carter si avvicinò a Butch con fare frenetico: "Li faccia rientrare nel furgone, svelto!"

Il militare si tolse il sigaro di bocca strabuzzando gli occhi. "Cosa? Ma…perché?"

"Li faccia rientrare subito! Il mucchio di cadaveri non avevano attorno parassiti né mosche sarcofaghe!"

"Ehhh! Stì cazzi! Sono morti, non ci sono animali là attorno perché avranno sentito il rumore del motore e…"

"Stupido soldato! Non ci sono sarcofaghe attorno a quei corpi perché quella razza di mosca depone le uova in cadaveri putrefatti in stato di stasi! Ha capito, ora? Ha capito perché?!?"

Butch tirò giù i piedi da una cassa e sputacchiò verso il professore: "Per Dio! Vuole dire che quei cadaveri non erano lì poco fa, e quindi le mosche non hanno avuto tempo di attaccarli?!"

"Dannazione!! Voglio dire che non lo hanno fatto perché quelli sono dei dannati, maledettissimi resuscitati!!!"

"Cristo Santo!"

Sara, Stecco e il prete incominciarono a battere sul vetro frontale per attirare l’attenzione del piccolo manipolo all’esterno. I vetri blindati risultavano insonorizzati. Zeck ordinò agli altri due di allontanarsi di lì perché gli avrebbe dato fuoco. Sorrise come una jena quando estrasse lo zippo con la bandiera americana.

Will saltellò sul posto, doveva pisciare e guardò Zeck con occhio supplichevole di far presto. L’altro piantone cominciò ad arretrare quando buttò un’occhiata al blindato. Aveva il fascio di luce del faretto alla sua sinistra, e gettava nell’oscurità gran parte dell’abitacolo del furgone. Tuttavia avvertì qualcosa di strano, come delle vibrazioni. Si schernì la fronte con una mano e notò gran movimento nel posto di guida.

"Ehi Will, là dentro stanno cercando di comunicarci qualcosa!"

"Uh? Aspetta, accendo la radio…"

Zeck aveva ancora lo zippo chiuso. "Lascia perdere, è quello stronzo di Butch che vuole divertirsi alle nostre spalle. Do fuoco a questa merda e ce ne torniamo dentro." Will tenne la radio in mano, spenta.

"Ci hanno visto ma non fanno niente!" gemette Sara.

"Maledizione, Butch! Perché non gli hai detto di tenere il contatto radio?" si lamentò Stecco a muso duro. Butch mise in moto il blindato scansando l’amico. "Era una cazzo di stronzata a due metri da noi, perché avrei dovuto?"

Il primo rescuscitato si mise seduto sul sedere, dietro Zeck.

Gli altri ai lati del terzetto, con fare incerto.

"Merda!" gridarono Butch e Stecco, da dentro.

Zeck vide l’espressione terrorizzata degli altri due e si voltò di scatto, liberando il fucile; per farlo dovette lasciare l’accendino.

Will arretrò d’un passo completamente offuscato dalla sorpresa e dal terrore. Vide un resuscitato femmina che saliva dalla nebbia verso il fianco del piantone che cercava di caricare quei vecchi modelli Ar-70. Un morto avanzava verso di lui perdendosi alla luce del faro numerosi liquidi da tutti i fori del corpo.

Zeck sparò in pieno volto al suo resuscitato, che cadde quattro metri più in là. Facendo ragionare il soldato. Vide Will con le braccia larghe sui fianchi che non faceva niente, allora lui lo raggiunse serrandogli il polso in una morsa: "Che fai, stronzo?! Ti stai cacando addosso? Muoviti, porca puttana!" Will aveva le pupille dilatate ed il respiro irregolare.

Il resuscitato femmina affondò i denti nella guancia del piantone, strappandogli la pelle fin sopra l’occhio. La maschera cadde nella nebbia, e questi prese a gridare lasciando il fucile e coprendosi l’orrenda ferita con un gomito. Vista la resa della preda, i resuscitati presero coraggio e strinsero il militare in una sibilante morsa.

Zeck colpì un morto alla testa col calcio del fucile, e schiaffeggiò Will.

"Corri verso il blindato, coniglio!" gridò, "o farai la stessa fine del tuo amico!"

Dalla massa di resuscitati spuntavano le mani del piantone, tra grida e rumori di pelle strappata. Gli anfibi dell’uomo si vedevano ad intermittenza tra le gambe martoriate dei resuscitati, grondanti del sangue che sprizzava dall’alto. Altri resuscitati si alzarono dal mucchio e biforcavano: alcuni cercavano brandelli dal corpo della preda, altri si misero sulla scia dei due ancora vivi. Will guardava in avanti, il suo cervello era come una scheggia impazzita che non riusciva a controllare. I morti avanzavano. Zeck schiaffeggiò la nuca del commilitone e corse via. Il berretto blu di Will rotolò verso i resuscitati.

"Ma che cazzo fa?" imprecò Butch urtando con la testa i comandi del blindato.

Stecco si strinse all’amico. "Lo stà lasciando nella merda, quel figlio di puttana! Lo stà abbandonando!"

Zeck raggiunse il portello del blindato.

"Nooooo!" gridò Sara cercando di raggiungere l’uscita. Carter e padre Joseph la placcarono al volo.

Il capo di Doctor Crotalo virò verso l’alto ed i suoi occhi impari, per una volta, parvero interessati alla scena.

Zeck si infilò nel furgone sputando fuori. "Vai, vai, vaiii!" urlò. Per un lungo istante, Butch fu indeciso tra il tirare il collo a Zeck e l’allontanarsi da quel tragico luogo.

Will ebbe un lampo di realtà ed impugnò la Beretta facendo fuoco verso il mucchio di resuscitati. Questi erano molti e quindi il rinculo non fece cadere i colpiti, che continuarono ad avanzare fino a raggiungere il malcapitato ragazzo. Questi non gridò, abbassò la pistola e incominciò a menare fendenti col pugno verso l’orrido manipolo che gli stracciava la divisa. Will sparò l’ultimo colpo in terra, e mentre i morti lo facevano lentamente a pezzi, la pozza di benzina andò a fuoco!

Butch aveva da poco ingranato la prima, il furgone partì a singhiozzo cercando di evitare il mucchio di cadaveri semoventi, quando la fiamma dal terreno divenne così alta che Butch non vide più nulla.

Il blindato attraversò la zona innaffiata col carburante come in uno spot di pneumatici, il rosso ocra ed il giallo quercia fu tutto quel che si vedeva scorgendo fuori. Butch inchiodò sui freni, Sara e Padre Joseph finirono a terra, anche Zeck e Stecco urtarono frà loro, Doctor Crotalo strinse i denti, lo scossone faceva stridere e tirare le sue catene e i suoi legacci. Butch impugnò saldamente il volante, ridiede gas perché il fuoco andava diradandosi, ma non si avvide del grosso masso laterale.

Il blindato si alzò sulla destra, con due ruote, e proseguì scintillando per mezzo metro, poi si adagiò sul fianco, con le ruote ancora in movimento.

"Professore!" chiamò Sara, "Come stà? State tutti bene?"

I resuscitati cominciarono a muoversi verso il veicolo inerme. John Carter uscì dal mobile delle armi con qualche ammaccatura, via via arrivarono tutte le altre voci rassicuranti, tutte tranne quella di Crotalo. Sara si alzò in piedi e raggiunse la gabbia. Doctor Crotalo stava incatenato su un fianco, in una buffa posizione. Sembrava sano e salvo.

"State bene?" domandò la Wilson evitando il suo sguardo, Doctor Crotalo la fissò per un attimo con i suoi occhi impari (uno nocciola ed uno blu) poi tornò a guardare il vuoto.

Sara non poteva lasciarlo in quella situazione capovolta, poteva rompersi un braccio, visto che vi premeva con tutto il corpo.

"Che botta!" disse Stecco, quando vide che gli altri stavano in piedi.

"Dobbiamo riaddrizzare questo coso!" esclamò Zeck raggiungendo Butch.

Quest’ultimo aveva uno sguardo feroce: "E come lo facciamo, pezzo di merda? Saranno già una trentina, là fuori!" afferrò Zeck per il bavero della mimetica, tirandolo a sé. "Come t’è venuto in mente di mollare Will in mezzo a quell’inferno, figlio di una gran puttana!"

"Gli era partita la zucca, Butch! Non ragionava più, ho dovuto piantarlo in asso!"

"Ti spacco la testa, sporco bastardo!"

Padre Joseph cercò di dividere i contendenti, quando la voce forte e acuta di Sara Wilson non raggiunse tutti: "Basta, basta, accidenti a voi!! Non ne posso più, moriremo tutti se non la smettete, volete capirlo? Tutti!"

"La professoressa ha ragione, Butch…lascia andare quella carogna!"

Padre Joseph aveva un ampio taglio sulla nuca calva.

Butch mollò Zeck.

"Il problema," esordì Carter "è come lasciare questo mezzo! I resuscitati potrebbero riuscire ad aprirlo, prima o poi! Sapete meglio di me quanto siano pericolosi in gruppo!"

"Escluso lo scendere e ribaltare il furgone, non ci sarebbe il tempo materiale, quelle belve ti sarebbero subito addosso!" commentò Butch carezzandosi il mento.

"E inoltre," aggiunse Stecco, "non sappiamo se questo attrezzo ha subito gravi danni, se è in grado di riprendere il cammino, Cristo di un Dio! Potrebbe essere in panne!"

"Che situazione, che lurida, assurdissima situazione."

Padre Joseph strinse la sua bibbia: "mi rimetto alla volontà di nostro Signore."

Zeck cercò di sbirciare fuori. "Ecco, bravo! Noi intanto cerchiamo una soluzione più terrena!"

Sara parlò: "Potremmo gettargli delle esche, della carne, per distrarli e darci il tempo di correre fuori a cercar riparo!"

Butch scosse il capo. "No, non va bene, signora! A parte il fatto che abbiamo soltanto gallette essiccate e tonno in scatola quelli potrebbero non abboccare!"

"E’ esatto!" intervenne Carter. "Per quel che ne sappiamo non sono attirati dal cibo in quanto tale, ma il poterselo cacciare con prede vive…come noi, siamo noi ciò che li interessa."

"Una soluzione la si può trovare…"

Tutti zittirono, voltandosi verso la gabbia storta, in fondo al blindato. Sara trattenne il fiato, mentre Zeck e Carter si avvicinarono ad essa:

Zeck si sporse: "Hai parlato? Hai parlato tu, Doctor Crotalo?"

Crotalo ingoiò saliva e squadrò di traverso tutti i presenti.

"Conosco questa zona a menadito, e potrei avere l’idea per lasciare questa trappola."

Zeck scoppiò a ridere, girò attorno al professore e sferrò un calcio alla gabbia.

"Senti stronzo, se pensi che questo casino possa essere una buona situazione per salvare la pelle hai fatto male i tuoi conti! Mi hai sentito?"

Doctor Crotalo sorrise. "Fammi parlare con qualcuno senza merda nel cervello."

"Ma senti questo stronzo! Non vorrete starlo a sentire?"

"Beh, cosa ci costa, in fondo?" disse Padre Joseph alzando le spalle.

"Ci costa," riprese Butch, "…il fatto che questo fallito è pericoloso come la peste, ecco!"

Sara si sistemò di fronte all’omone. "Beh, non possiamo negare che l’individuo in questione sia un soggetto a rischio, ve lo dico io che l’ho tenuto in…cura per parecchi mesi, ormai. Ma in questo luogo c’è stato, questo è sicuro! Lo conosce!"

Stecco trasalì: "Davvero? Conosce realmente questa zona?"

John Carter alitò sulle lenti degli occhiali e li pose sul naso.

"I fatti di un lustro fa non vi dicono niente?"

Padre Joseph e Butch si guardarono con fare assente. Poi Stecco Morris si battè una mano sulla fronte!

"La strage di Point Rock! Ma certo! La rivoluzione dei neri contro gli integrati che lavoravano dai bianchi! Fu un massacro!"

Butch si avvicinò alla gabbia. "C’era anche questo figlio di puttana?"

"Già." Concluse Carter. Butch guardò dentro: "e da che parte stavi?"

Doctor sorrise dolcemente.

"Io dico che non possiamo fidarci di questo pezzente!" affermò Zeck digrignando i denti. Padre Joseph guardò distrattamente gli altri come per paura di farsi coinvolgere nei loro pensieri.

"D’alternative ne abbiamo poche…inoltre, anche se tentassimo noi la sortita, dovremmo comunque portarcelo appresso…io confido nella buona volontà di tutti gli uomini…anche in quella di…Doctor… Doctor Crotalo, quindi. Abbiamo tutti i nostri angeli custodi."

"Già." Commentò Butch succhiando il sigaro. "Solo che il suo, lui, lo ha ammazzato tanto tempo fa…"

Silenzio.

Zeck avvertì movimento e si tenne ad una poltrona rovesciata.

"Stanno facendo ondeggiare il furgone. Queste lamiere contorte non li terranno a lungo. Lasciamolo chiuso in quella gabbia e usciamo da qui. Che il diavolo se lo porti! Sarà pure più importante la nostra vita della sua, no?!?"

Butch si tolse il cappello ed afferrò Zeck per il colletto: "adesso basta, dannazione! Non voglio più sentire queste stronzate!"

Poi si volse al Crotalo.

"Vorrai qualcosa, oltre ad essere liberato, dico bene?"

Tutti guardarono verso la gabbia.

Doctor Crotalo aveva una frangia di capelli castani sulla fronte, ciuffi e sbuffi sul resto della capigliatura incolta fino al collo. Qualche capello bianco.

"Le mie armi. Tutte."

"Questo è pazzo!" sbraitò Zeck liberandosi dalla stretta di Butch,

"E voi di più che lo state a sentire!"

Butch mantenne la calma, allargò le gambe e sistemò le mani sui fianchi. "Cosa speri di ottenere? Cosa passa per quella tua testa bacata? Niente e nessuno ti salveranno dalla condanna a morte! Qualsiasi cosa tu faccia!"

Crotalo riaccese il sorriso.

"Lo so, ma se proprio devo crepare preferisco farlo su una sedia elettrica piuttosto che finire come i vostri due amici."

Aveva ragione.

I colpi dei resuscitati incominciarono ad arrivare nettamente sui pannelli metallici del blindato. Cupi rimbombi.

"Se proprio dovete decidere qualcosa di strano, maledizione, fatelo adesso!" protestò Carter piegandosi in avanti. "Siete incaricati di farci arrivare sani e salvi a destinazione, volete che la soluzione la si trovi noi scienziati? O forse Padre Joseph?!?"

Butch gettò un’occhiataccia al professore, poi oltrepassò la postazione di Sara e parlò a Stecco e Zeck.

"Liberatelo."

"?"

"!?"

Le pulsazioni di Sara raddoppiarono. Non aveva mai visto Doctor Crotalo libero, ed in posizione eretta.

Stecco incominciò ad aprire i lucchetti, aiutato da Zeck che guardava incredulo verso Butch. Quest’ultimo tolse una chiavetta da una cordicella attaccata al collo e la tirò al prete.

Questi la prese al volo, sorpreso.

"Apra quel mobiletto d’acciaio, Padre, e prenda tutte le armi che contiene. E che Dio mi perdoni."

La gabbia fu aperta e il pannello fatto adagiare in terra, sotto gli occhi di Sara. Doctor Crotalo stava tranquillo a guardare da un’altra parte.

Libero.

Stecco sfilò le catene lasciandole cadere in terra, un brivido lungo la schiena.

Poi Zeck si allontanò subito, mettendosi di lato, prima del professor Carter.

Doctor Crotalo non si stirò, s’alzò in piedi e scese dal piedistallo facendo traballare la gabbia, che dopo l’incidente era tutta storta. Guardò verso il prete e quello gli passò un panno ampio e ricurvo.

Sotto ad esso stavano un Uzi sporco e polveroso, una Beretta Acciaio grossa come un piccione ed un manganello sfolla gente.

Sistemò con cura le sue cose e poi caricò l’Uzi. Butch e Stecco fecero un passo indietro. Il Crotalo li guardò fissi in faccia, sorrise con le guance piene e poi sparò un colpo verso la testa di Zeck, che rovesciò tutto il cervello addosso al vestito di Sara Wilson.

BLEMCK. Un colpo secco e Zeck si accasciò lateralmente in una pozza di sangue.

Padre Joseph cadde con il viso tra le mani, mentre Sara gridava come una pazza cercando di scrollarsi di dosso la materia celebrale di Zeck. Stecco e Butch impugnarono i fucili, puntandoli di scatto verso la figura alta uno e ottantacinque di Doctor Crotalo.

"Figlio di puttana, ti ammazzo!!!" urlò Stecco chiudendo gli occhi.

Butch imprecava tra sé e sé mentre armava l’Ar 70.

Crotalo teneva l’Uzi abbassato, fumante e col colpo singolo in canna.

Butch roteò il sigaro da una parte all’altra della bocca. "Ti faccio saltare il cuore a due metri di distanza, brutto stronzo…te lo giuro davanti a nostro Signore Gesù Cristo! Respira soltanto e ti faccio secco!"

Doctor Crotalo alzò la mano destra, poggiò l’Uzi con la sinistra in terra e sfilò una sigaretta dalla tasca di Zeck.

"Il nostro accordo è ancora valido." Disse con calma.

"Col cazzo!" ribattè Stecco.

Il Crotalo s’accese la sigarette chiudendo gli occhi, ed aspirò il tabacco pessimo come fosse la cosa più bella del mondo.

"Ahhhhh! Il nostro accordo è ancora valido, generale."

Butch sudava copioso, aveva quasi spezzato il sigaro coi denti, respirò forte e tolse l’occhio dal mirino.

"Sparerai a tutti quelli che ti salterà in mente, pazzo criminale?"

Quello assottigliò le labbra, sputando fuori il fumo sottile.

"No."

Stecco abbassò l’arma. "Tanto sei morto, morto comunque!"

Crotalo annuì. Battendo coi piedi verso il fondo del blindato, che ovviamente ora si trovava sulla parete sinistra, scoprì una grande botola circondata da bulloni grandi come noci. Mise la sigaretta tra indice e medio e parlò strizzando gli occhi impari: "la gabbia non è stata montata col furgone, come nei mezzi più moderni. E’ stata fatta passare dal fondo e poi chiusa dentro da questa botola di metallo."

"Con questo?" chiese Carter, Crotalo lo guardò per alcuni istanti, prima di rispondere. "Attireremo i morti verso il portello centrale, e noi ce la fileremo da qui. Poi vi condurrò in un posto sicuro dove trovare un altro mezzo."

Tutti rimasero un po’ in silenzio, dando il tempo al Crotalo di finire la sua cicca. Fu Butch a spezzare il silenzio: "sarà dura svitare questi bulloni…e poi ci servirà una…una specie di esca!" "sarò io!" Affermò Sara convinta. "E’ un classico!" Aggiunse poi quando vide che tutti la squadrarono sorpresi. Immediatamente, come svegli da un antico incantesimo, i membri della spedizione incominciarono a svitare i bulloni con qualsiasi cosa capitasse loro sotto mano: forbici, chiavi inglesi, persino un coltello da caccia. Il blindato oscillava paurosamente sotto la spinta dei morti. Doctor Crotalo si alzò dal suo lavoro avvicinandosi al cruscotto. Quei schifosi bastardi s’erano moltiplicati, c’era persino un’intera squadra di calcio che si univa agli altri spurgando liquidi e vapori nauseanti.

"Crotalo, è fatta!" informò Butch senza enfasi. Velocemente, il criminale afferrò un lembo del pannello, subito imitato da tutti gli altri. "Forza!" schiumò sotto sforzo Stecco, "inizia il tuo show, Sara!"

La negretta si strinse un secondo a sé, poi gettò via la sua giacca e salì verso il portello. S’era insozzata di grasso tutta la camicia, ma sempre meglio del gialliccio cervello, raggiunse l’apertura e si issò a sedere. instupiditi dal nuovo cambiamento, i resuscitati guardarono moccolosi in alto, alzando le mani o gli arti strappati in cerca di carne umana; Non emettevano alcun suono, né sordo né rauco, in quanto non respiravano, s’udiva solo il cozzare delle loro ossa sul metallo del blindato. Sara ondeggiò le lunghe gambe sopra di essi, come un corsaro con la sua preda su una vasca di squali. Questi ebbero come una eccitazione primitiva ed incominciarono ad accalcarsi sotto la donna.

"Ora!" gridò Butch, facendo cadere in fuori il pannello.

Il gruppetto di vivi corse nella notte alla rinfusa, seguendo solo la lucetta rossa della radio (inutile) di Stecco.

Sara sentì il trambusto dei suoi compagni di sventura e saltò di nuovo nel furgone per raggiungere l’uscita. Ma un resuscitato bambina barcollò verso di lei furente. Sara si paralizzò dal terrore, ma memore della fine di Will paralizzato dal terrore, afferrò una sedia lì vicino e con essa fracassò la testa ancora tenera del morto. Questi si rimise subito in piedi con un occhio solo, afferrando la gonna della Wilson. Fuori, il drappello di fuggitivi, giunti a distanza di sicurezza, si erano fermati consci della mancanza di Sara.

John Carter singhiozzò. "è rimasta laggiù…con quei mostri… dobbiamo fare qualcosa!"

"Ma cosa?" domandò Butch cercando di sforzare gli occhi al buio. Stecco puntò il fucile alla testa di Doctor Crotalo.

"Noi proprio niente, Butch! Sarà lui, il Crotalo a guadagnarsi le sue ore di libertà correndo in soccorso della dottoressa…"

Butch sorrise alzando il fucile. "E già, socio! Gran bella idea! incomincia a correre, Doctor Crotalo!"

"Coppia di stronzi." Sibilò il criminale, voltando loro le spalle e rifacendo la strada all’inverso.

Sara s’accorse che il numero dei resuscitati s’era triplicato, e tra essi vi erano molti elementi tornati da poco, in vigoria fisica e tessuti muscolari giovani. I più intraprendenti cercarono di afferrarla per l’ampia camicia beige e per la gonna, altri vagavano alla cieca sperando di incrociare la carne viva e fresca prima di altri.

Il resuscitato bambina era sempre attaccato alla veste sfilacciata, ed aveva iniziato a cercare di mordere i polpacci della donna, che ad un certo punto l’aveva sollevata di peso dal colletto, per trascinarla insieme in un improbabile tentativo di fuga. Sara vide le bocche attorno a lei, deformate dalla morte e dagli agenti atmosferici, ridotte a fauci marcescenti e putrefatte.

Doctor Crotalo virò di qualche metro per non intralciare il cammino incerto di un nuovo gruppetto di resuscitati vestiti militarmente, ed aveva raggiunto una cunetta da dove visionare la situazione. Sara Wilson aveva raggiunto la botola aperta, ma alcuni resuscitati cercavano di trascinarla in terra, altri di riportarla dentro, erano quelli passati dallo sportello lasciato aperto dalla Wilson – esca. Lei lottava con tutte le forze soprattutto da quelli che tentavano di morderla, ma era ansimante e graffiata in tutto il corpo bronzeo dalle unghie consumate dei morti. Con calma, il Crotalo scese dal piccolo pendìo impugnando l’Uzi, sino ad arrivare davanti la botola. Sara lo vide ma non urlò nulla.

Un resuscitato stava di spalle al criminale, fermo sulla sabbia e dondolante col capo. Doctor Crotalo non voleva fare rumore prima del tempo, così estrasse il manganello e con esso fracassò entrambe le rotule della creatura, che cadde in ginocchio, infine gli fracassò la testa; Questo, a volte, li gettava in confusione visiva.

Sara aveva le mani dei mostri sul viso rigato di lacrime e frustrazione, Crotalo lasciò il manganello penzolare dal manico sul polso, con un piede tenne schiacciato a terra il resuscitato. Alzò l’Uzi.

Sara vide che il criminale puntava diritto sulla sua testa.

Fece di no incredula, i mostri strinsero la presa e Doctor premette il grilletto. Due volte. Sara chiuse gli occhi e rivide la scena di Zeck. Le teste marce dei mostri a sinistra e destra saltarono per aria spurgando puzze come un melone avariato caduto dal sesto piano.

Crotalo abbassò l’arma ed invitò la donna a raggiungerlo. Questa non si perse d’animo, spintonò i mostri energicamente e corse via, togliendosi le scarpe.

Giunse nei pressi del criminale e si fermò, portandosi le mani sulle ginocchia e riprendendo fiato.

"Per un attimo…" rantolò, "per un attimo ho creduto che tu…"

Doctor Crotalo si voltò. "Avresti sofferto di meno."

"Ma ero ancora viva, dannazione! Viva!"

"Non ricordartelo, tra un po’ potresti pentirtene."

"Vai al diavolo, raggiungiamo gli altri."

 

"E adesso che si fa, cervellone?" chiese Stecco.

"Camminiamo verso sud per una mezz’ora, raggiungeremo un posto che conosco bene."

"E poi?" riflettè padre Joseph.

Crotalo s’accese un’altra sigaretta, piegando il capo di lato per evitare la brezza notturna. Scrollò il cerino, lo gettò lontano e guardò verso il gruppo.

"E poi avrete altre istruzioni, signori di città. Non potete stare un solo minuto senza avere certezze, eh?"

"Puah!" si lamentò Stecco, "per me questo non sa un cazzo, non sa dove andare al pari di noi!"

Butch guardò verso il criminale: "E’ così Crotalo?"

"Abbiamo trenta minuti di cammino davanti."

"Beh, muoviamoci!" disse semplicemente Carter, mettendosi l’animo in pace. Doctor Crotalo precedeva tutti, seguito da Sara e padre Joseph; poi John Carter e i due riluttanti soldati.

Butch vide che Sara barcollava un po’, ogni tanto, si stringeva nella camicia sbrillentata e sudava. La raggiunse.

"Quelle scarpette non sono il massimo per una gita nel deserto, eh?" Lei sorrise dolcemente. "Devo avere la febbre. Un po’ di febbre."

Butch estrasse dalla tasca una barretta di cioccolato fondente e la offrì alla dottoressa. "Tenga, signora. Non contiene vitamina c, non abbassa la febbre, ma dà energia. Sicuro." E strizzò l’occhio.

Sara l’accettò, appoggiando una mano sul braccio dell’omone.

"Grazie Butch."

Dopo una ventina di minuti, scivolati via tra il silenzio degli umani, il gruppetto arrivò in vista di una specie di tendone da circo, dai colori sgargianti, sistemato ai piedi di un gruppo di caverne basse.

Doctor Crotalo si fermò.

"E’ questo?" chiese Butch affiancandolo. Crotalo annuì.

"E’ una comunità un po’ particolare, ma sono cazzuti, ed un tempo possedevano un aereo rubato ad un plotone di polizia finito quaggiù."

"Un tempo?" protestò Carter, asciugandosi il collo con un fazzoletto.

"Che significa un tempo?"

"Significa che ora non ne sono sicuro. Ultimamente ho visto il mondo da una finestrella ferrata."

"Quindi," aggiunse Butch, "questa…comunità, questi tuoi amici potrebbero non esserci più…essere tutti morti!"

Stecco s’avvicinò al Crotalo con fare minaccioso.

"Ci sono."

Gli altri si guardarono incuriositi.

Un individuo alto circa un metro e ottanta spuntò da una specie di oasi secca. Impugnava un fucile a pompa e aveva un’espressione tutt’altro che rassicurante. Puntò una torcia sul gruppetto di vivi, Carter e Sara si coprirono gli occhi con le mani. Il nuovo arrivato indossava una veste lunga color azzurro, stivali di camoscio e numerosi anelli e bracciali ad entrambe le mani; uno spacco vertiginoso su due cosce snelle e perfette, il seno tornito ed osceno, il viso da uomo. Era un uomo.

"Chi cazzo siete? Cosa ci fate qui?"

Butch abituò gli occhi al lampo della torcia e mosse un passo in avanti. "Ci siamo persi per strada, frocetto, facci entrare in quella specie di tendone…"

"Scordatelo grassone. Girate i tacchi e tornate da dove siete venuti, o sparo."

"Dannazione a tutto, io…"

Il prospero sfrigolò sulla scatola sfiammellando allegramente. La sigaretta luccicò bel buio irreale al di fuori del cono di luce. Il travestito ordinò agli altri di non muoversi, poi illuminò il punto preciso, scorgendo la faccia di Doctor Crotalo che stava aspirando la nicotina ed il tabacco.

"Per la miseria! Doctor Crotalo! Che cazzo ci fai tu, quaggiù?"

"Affari. Come sempre."

"Cristo, non voglio rogne durante il mio turno di guardia! Proprio ora dovevi spuntare? Vattene dentro a scornarti con Melody, io non voglio saperne niente."

Doctor Crotalo fece un cenno col capo e gli altri lo seguirono verso l’entrata della tenda.

Lì nei pressi vagavano due grossi uccelli non – morti dal lungo becco, che frugavano lentamente tra l’erba, senza badare ai nuovi arrivati; a differenza dei resuscitati umani, questi erano molto

Meno aggressivi e feroci dei pari condizione.

Melody era un travestito d’un metro e novanta, color dell’ebano e dai capelli ricci e vaporosi, reggipetto taglia sesta, sandali dorati e lunghe unghie multicolore. Stava nei pressi di una vasca trasparente dai vetri sporchi e ricoperti di alghe schifide rampicanti; al suo interno si vedevano a sprazzi muoversi alcuni pesci resuscitati. Un altro trans aveva appena finito di parlargli in un orecchio, quando i rumori dei passi del gruppo giunsero sotto la volta della grande tenda.

Il folto agglomerato di travestiti si divise in due ali quando videro avanzare in testa al gruppo il Doctor Crotalo.

Paura e rispetto fecero strada in loro, che si tennero bene a distanza da egli.

Melody sorrise. Denti bianchissimi e perfetti.

Aprì le braccia.

"Doctor Crotalo, che sorpresa! Qual buon vento?"

"Un vento di fogna."

"Ecco, mi pareva!"

"Ho bisogno d’aiuto, Melody."

"Tu, il grande Doctor Crotalo ha bisogno della mia comunità? Non posso crederci!"

"Allora comincia a farlo, il blindato ci ha mollato in mezzo al deserto."

"Uhmmm…chi sono i tuoi amici?"

"Un prete, un dottore, una dottoressa e due soldati teste di cazzo."

Melody scoppiò a ridere. "Beh, vada per i due scienziati…ma il prete e i soldati proprio no! Sai quanto li detesto!"

Padre Joseph s’allargò il colletto.

"Comunque, bello, cosa cerchi?"

"Un aereo. So che ne hai uno, e adesso serve a noi."

Melody spalancò gli occhioni, si volse verso la comunità e poi tutti scoppiarono a ridere, meno Crotalo, che mordicchiò la sigaretta guardandosi attorno. La gente smise di ridere.

"Ti scorreggia il cervello, amico! Quello serve a noi…torna da dove sei venuto."

"Ci serve quell’aereo."

"Vattene e ringrazia Dio se non ti faccio ammazzare. Nel nostro ambiente sei una divinità, Crotalo, ma in questo tendone sei solo carne per il mio acquario."

Sara ascoltava guardando in basso, stretta a sé s’era fatta piccola. Un travestito piuttosto avanti con gli anni si affiancò a Melody, aprendo un ventaglio e occhiaggiando da sopra il cerone pesante.

"Ammazzalo, Melody, quelli dello Zaire ce lo pagano ancora bene!" In più potremmo tenerci la negretta per il nostro piacere ed i soldati per il lavoro…"

"Uhmmm."

Doctor Crotalo fulminò il consigliere con lo sguardo. "Stai parlando troppo, Bonnie. Piantala."

"Pensaci, Melody…ammazza questo fallito e prenditi il resto."

Melody sembrava divertita.

"Mi stai facendo incazzare, Bonnie."

Melody alzò una mano e si avvicinò al Crotalo, passandogli una mano sui muscoli del braccio, sulla patta dei calzoni.

"Una volta eravamo in affari, Doctor…tu cosa offri per quell’aereo?"

Bonnie schiumò rabbia isterica: "sei pazza, pazza, non puoi…!"

Doctor Crotalo aprì il fuoco a raffica con l’Uzi, colpendo Bonnie e aprendosi a raggiera su una decina di travestiti che si gettavano folli di terrore ovunque potessero cercare riparo. Melody rimase ferma, Sara si coprì le orecchie gettandosi in terra, Butch e Stecco alzarono le loro armi, piuttosto riluttanti ma ben decisi a salvarsi la pelle.

Melody aveva uno sguardo furente, digrignò i denti e tornò a parlare verso Doctor:

"Come hai osato…?!?"

"Devi scusarmi, ma mi stava proprio sui coglioni. Torniamo a noi, ti do subito l’offerta che chiedevi. Mi dai l’aereo ed io non ti faccio saltare le nuove protesi che vedo esplodere dal tuo decoltè."

Sorrise trucemente con la sigaretta fumante in bocca.

Melody sudò freddo. "Potrei dar ordine ai miei di massacrarvi…"

"Si, ma cosa te ne frega di un pugno di travestiti morti quando puoi rimanere viva tu?"

"Sei una carogna insuperabile, Doctor Crotalo, la sentinella che ti ha fatto entrare qui pagherà con la vita!"

"L’aereo."

"Bastardo." Melody estrasse dalla scollatura del vestito una chiave blu, simile a quella delle automobili.

"Questa è la chiave dei comandi, l’aereo si trova nel piccolo hangar nella caverna."

Crotalo sorrise. "Conosco la strada."

Melody scattò improvvisamente gettando la chiavetta nell’acquario dei non – morti, scatenando un putiferio.

I travestiti saltarono sul gruppetto, che aprì il fuoco a cerchio con Crotalo e Stecco, mentre Butch menava fendenti paurosi sui nemici. Sara, Joseph e John Carter stavano in terra con la testa tra le mani. Doctor Crotalo sostituì il caricatore come per incanto e si avvicinò al punto dove Sara giaceva per terra.

"Alzati, devi recuperare quella chiave, o siamo fottuti!" e giù raffiche di mitraglietta, tra grida e fumi di piombo.

La Wilson alzò gli occhi da terra, incredula: "Checcoosa?"

"Avvicinati a quel maledetto acquario e cerca di recuperare la chiave, maledizione!"

"Non ci penso nemmeno!"

"Cristo Santo, schiodati da lì e vola a pescare quella cazzo di chiave!"

Padre Joseph la prese per mano alzandosi da terra. "Andiamo, la prenderemo insieme!"

La sentinella stava correndo verso l’entrata già dopo le prime raffiche, maledicendo mille volte il momento in cui aveva autorizzato quel pazzo scellerato a penetrare nella loro comunità.

Se il caos era stato portato (e non aveva dubbi) dal rivoluzionario, non avrebbe sprecato parole: avrebbe fatto irruzione sotto il tendone e avrebbe sparato diritto in fronte al criminale bianco. Era quasi arrivato, udiva chiaramente il fracasso di una mitraglietta e di numerose pistole, grida confuse e acre odore di morte. Poi ne sentì un altro, d’odore. Nauseante, gonfio, penetrante.

Odore di putrefazione. Il primo morso gli arrivò all’altezza del collo, appena sopra la spalla. La carne sporca si sollevò in aria come il filamento soffice di una pizza napoletana; il resuscitato lo teneva fermo con tutte e due le mani: una premeva sulla schiena nuda, l’altra gli premeva il seno sinistro facendolo sanguinare sotto le dita ossuta del mostro. Altri morti si trascinavano contro di lui dai lati dell’apertura del tendone, quasi a formare un tragico, grottesco agguato. La sentinella gridò con quanto fiato avesse in corpo e sparò in aria col fucile, prima di veder i propri seni siliconati scoppiare sotto i morsi e le strette delle creature affamate, che lo cinsero in una stretta fatale.

All’interno il casino era totale. I fumi densi del piombo gettavano nel caos anche le figure più nitide. Decine di travestiti giacevano per terra crivellati di colpi, il prete e Sara correvano verso l’acquario.

Tenendosi curvi, altri trans sparavano come dannati da dietro i pali che tenevano inchiodati a terra le corde del tendone, Butch e Stecco stavano gomito a gomito, sparavano e caricavano, sparavano e caricavano, schizzi di sangue avevano intriso la faccia di Butch, che digrignava i denti col sigaro, schiumando e bestemmiando ad ogni colpo sibilato vicino; ad un passo da loro stava lui, figura ieratica di classe e piombo: Doctor Crotalo sparava tenendo la mitraglietta Uzi con una sola mano, stringendola un po’ per obliquo, e sparando ad ogni cosa si muovesse sopra al mezzo metro, l’altra mano teneva la Beretta fumante che usava per finire i caduti o per prendere tempo ogni volta che i due soldati dovevano ricaricare; ogni tanto gridava come un ossesso per caricarsi e spaventare gli avversari, un taglio all’altezza del gomito destro sanguinante e una mira infallibile.

Sara e Joseph giunsero alla base del rudimentale acquario, che si ergeva in quasi un metro e mezzo, quindi dovevano alzarsi, anche perché il vetro spesso aveva tutta l’aria di essere robusto; Sara si spostò all’indietro una ciocca di capelli, fissando il prete che boccheggiava ad un passo da lei, con l’espressione da ebete. Si rimboccò la manica sinistra e si accucciò tenendosi al lato, pronta a scattare verso l’acqua schifosa. Padre Joseph l’afferrò per un polso. "Ma…che vuole fare?!? È impazzita? Non vorrà ficcare una mano lì dentro? In nome di Dio!"

"Lo ha sentito Doctor Crotalo, no, padre? Dobbiamo recuperare quella chiave, ed io ho tutta l’intenzione di farlo!"

Un proiettile schizzò sopra al prete, che si appiattì per terra piagnucolando quando essa si infilò alla base della vasca. Sara strattonò per liberarsi della stretta del povero diavolo, e si alzò tutta per pescare la preziosa chiavetta.

"Non lo faccia, la prego! Verrà morsicata, non lo faccia! Troveremo un altro sistema!"

Stecco Morris s’era ustionato la mano toccando la canna rovente del suo fucile, aveva la fronte e la guancia sporca di grasso ed olio, i timpani lesi dai colpi attorno.

Butch gridò continuando a sparare: "Quanti? Quanti ce ne sono ancora, Crotalo? Non vedo una sega in mezzo a questo casino!"

"Non lo so. Tre o quattro, credo! Ora ci dividiamo e li staniamo come topi di fogna."

"D’accordo!"

John Carter si trascinò sul terreno per allontanarsi da un paio di cadaveri stesi lì accanto, aveva il giustificato terrore del vederseli tornare da un momento all’altro. Aveva perso di vista quasi tutti, a parte Doctor Crotalo, che si ergeva in mezzo all’inferno.

Si sfilò gli occhiali scheggiati e notò che qualcuno gli aveva pestato le mani a sangue, se le ripulì sul camice cercando di orientarsi verso l’uscita.

Per un secondo il fumo si diradò, rivelandogli che stava andando

Verso la giusta direzione: L’uscita!

Si fece forza e coi gomiti guadagnò terreno, sentiva Butch e Stecco che gridavano qualcosa in codice militare, scansò un corpo crivellato quando s’avvide che qualcuno stava penetrando nel tendone là dove era diretto.

Qualcuno col passo lento ed incerto, la bava penzoloni e numerose ferite ed ecchimosi! Un gruppetto piuttosto numeroso di resuscitati, attirati dall’odore crasso del sangue. L’ultimo della fila, che in vita era stato un frate, stringeva nel pugno il pancreas e la testa della sentinella, orribilmente accecata. John Carter trasalì, avvertendo un conato di vomito. Si passò la manica sulla bocca e si tirò in piedi, incurante delle pallottole vaganti. Butch e Stecco si erano allargati attorno al Crotalo, che aveva individuato un paio di travestiti sparanti dietro una cassa. Butch aveva perso completamente l’udito e la sensibilità facciale, tantochè mentre sparava gli era colato un rivolo di bava dal lato della bocca. Aveva ucciso un nemico spuntato improvvisamente davanti, poi non aveva più notato Stecco. Questi, invece, era sicuro d’aver scorto uno di quelli che dopo aver sparato l’ultimo colpo, credeva d’aver trovato rifugio dietro una specie di baldacchino appoggiato in fondo alla tenda. Stecco Morris, al secolo William, veniva chiamato Stecco per via della sua magrezza disarmante; per trovare il giusto giro – vita, in caserma avevano dovuto fargli altri cinque buchi sulla cintura della mimetica, ed ogni tanto Butch lo pigliava per il culo.

"Yuhuuh!" canticchiò col fucile spianato, "ti sono finiti i colpi, brutta checca?" si avvicinò con fare sicuro all’accrocco di legno.

"…io, invece, ho ancora una decina di angioletti da spararti nel petto, muso nero! Perché non ti fai vedere, potrei essere clemente e freddarti con un solo colpo, che ne dici?"

Silenzio. Si avvicinò.

"Non dici nulla, stronzetta? Eppure t’ho sentito ridere, poco fa, quando hai beccato il braccio di Doctor Crotalo! Perché non vieni a far ridere anche il vecchio Stecco Morris?!"

Butch aveva avuto un attimo di tregua. Si scambiò uno sguardo di intesa col Crotalo, che ansimava, tenendo le armi fumanti con le braccia tutte insanguinate. Il criminale ne aveva fatti fuori due, quelli della cassa, finendoli con la Beretta, ed ora stava mezzo curvo, senza parlare. Butch tirò su col naso, chiamando il suo amico: "Stecco, Stecco, qui noi tutto bene! Dove cazzo ti sei ficcato?"

Stecco Morris stava alle spalle dei due, e ormai il suo avversario non poteva che stare rannicchiato dietro alcune travi di legno che una volta avevano formato il letto.

"Ho quasi fatto!" gridò alzando il mento. "Questa testa di cazzo vuol continuare il gioco senza aver capito d’aver perduto!"

Butch sembrava preoccupato. Cercò il Crotalo con lo sguardo, questi lo ricambiò, ma sembrava sfinito.

"Stecco!"

"Sono qui, ho detto! Allora, frocetta, dove ti sei ficcato?"

Il nero travestito uscì dall’angolo, impugnando una piccola due colpi.

"Sono qui, bianco." E lo centrò in piena fronte.

"Sono qui."

Sara e Padre Joseph stavano cercando di agganciare la chiavetta con una sorta di canna da pesca ricavata da un tubo di latta appoggiato su altre macerie. Alzarono il capo di scatto, udendo lo scoppio metallico della pistola.

Butch si guardò in giro. "Stecco! Stecco, per carità! Cos’è successo!"

Doctor Crotalo spinse indietro Butch, avviandosi con passo svelto verso l’angolo della nuova tragedia. Vide il travestito che scaricava il secondo ed ultimo colpo sul viso di Stecco già in terra in una pozza di sangue.

Il Crotalo abbassò le armi, anzi, riposizionò la pistola nella fondina a sinistra, e si fece consegnare l’arma dal nemico, che stava inerme accanto al corpo di Stecco. Doctor gettò la piccola arma lontano, alle sue spalle. Il nero lo guardò senza paura, avvicinandosi.

"Uccidimi pure, adesso. Questa è stata una guerra, e in una guerra c’è sempre un perdente."

Crotalo gli sparò in bocca: "Lo so." Rispose, facendosi indietro.

Butch corse verso il suo amico, stringendo il corpo rachitico tra le manone. "Stecco, Stecco!" singhiozzò chiudendo gli occhi e gettando la testa per aria; "Stecco, amico mio! Perché? Perché proprio tu, maledizione! Stecco!" gli baciò le mani e lo strinse forte come per rianimarlo.

Sara si portò una mano alla bocca, sentendosi montare le lacrime agli occhi. Padre Joseph la strinse forte.

"Arrivano!" gridò finalmente Carter, correndo come un pazzo verso Doctor Crotalo. Gli afferrò un braccio ma questi lo ricacciò indietro. I resuscitati si rovesciavano nel tendone, alcuni fermi sui cadaveri per spolparli, altri proprio tra i travestiti cominciavano a tornare in piedi!

"Dobbiamo andare, Butch." Disse il Crotalo, verso l’omone. Questi stava ancora singhiozzando, quando si voltò aveva gli occhi iniettati di sangue e l’espressione folle. Impugnò la pistola e se la puntò in testa. Crotalo non mosse un muscolo.

"E’ tutta colpa tua, figlio di una gran puttana! Non doveva essere Stecco il prezzo da pagare per la tua merda di condanna. Adesso mi ammazzo! Anzi, prima ammazzo te e poi mi sparo in testa!"

Doctor allungò una mano. "Non fare cazzate."

"Non t’avvicinare, stronzo! Nessuno si avvicini! Mi ammazzo, ho detto!"

Doctor Crotalo tenne sempre la mano tesa, poi allungò un calcione verso la pancia di Butch, che lasciò l’arma, piegandosi e tossendo.

Il Crotalo lo colpì alla testa col manganello trascinandolo via.

"Aiutami, professore!" ordinò a Carter, "qui nessuno si ammazza sino all’aereo, specialmente se è l’unico in grado di guidarlo! Avete preso quella cazzo di chiave?!?"

Sara si riprese dallo schock, schizzò verso un cadavere sottraendogli il mitra, e con questo fece fuoco sulla vasca. Quando questa andò in frantumi e l’acqua defluì, padre Joseph artigliò la chiave con fare trionfante!

Crotalo, Carter e il dolorante Butch si unirono agli altri, proprio quando la spinta dei resuscitati si faceva incontrollabile. Videro i sussulti orribili dei travestiti che venivano divorati ancora vivi, in quanto non tutti colpiti mortalmente dalla girandola di proiettili. Uno di questi, in particolare, s’era risvegliato trovandosi divorato dalle ginocchia in su, con un resuscitato che lo aveva afferrato al pene coi denti, e lo scuoteva per non perdere la presa. Il travestito lacrimò di dolore, vedendo prima dell’oblio l’odiato Doctor Crotalo che lasciava indisturbato il retro del tendone; alzò con fatica immane la sua pistola e sparò verso la schiena del rivoluzionario, o la presunta tale. Invece quella si piantò nel polpaccio uscendo sul ginocchio con un sinistro sfrigolare!

Doctor Crotalo gridò a denti stretti, cedendo sulla gamba offesa e venendo sorretto da Carter e Sara.

"Doctor Crotalo, cosa ti ha colpito…?"

"Niente, Cristo! Continuate a camminare!" ma la Wilson incalzò:

"Che continuare, la tua gamba è fuori uso, dobbiamo…" zoppicando penosamente, il Crotalo strinse il collo della professoressa stringendo i denti. "Non dobbiamo fare un cazzo di niente! Solo raggiungere quello strafottuto aereo! Mi hai sentito bene, professoressa Wilson?" quella annuì terrorizzata. "E avete capito bene tutti quanti? Io ho già una condanna sulle spalle, ma voi vorrete tornare alle vostre stamberghe del cazzo!"

John Carter tirò avanti per non incrociare lo sguardo dolorante del criminale, che avanzava tra lui e Sara tentando di sollevare a scatti la gamba forata, che zampillava sangue come una fontanella infernale.

Butch faceva strada, sembrava aver ritrovato un barlume di raziocinio, sebbene il suo aspetto testimoniasse l’esatto contrario: capelli per aria, viso segnato da lacrime, sangue, olio, grasso e sudore, andamento sballottante.

Sara odiava la cocciutaggine del Crotalo. La situazione era critica, certo, ma i resuscitati non erano certo veloci, e lei era convinta che potevano fermarsi in qualche pertugio e occuparsi di quella gamba. Si immedesimava col criminale, immaginando benissimo il dolore tremendo di quel momento. Respirò forte e guardò il rivoluzionario con fare gelido. "Vuoi o non vuoi, una volta arrivati su quell’aereo io mi occuperò della tua gamba, a costo di addormentarti con un cazzotto in bocca!"

Carter e padre Joseph trasalirono. Doctor Crotalo strinse le labbra, sostenendo lo sguardo della ragazza.

"Ma cosa te ne frega? Gamba o non gamba sono destinato alla sedia elettrica…"

"Il tuo tardivo piangerti addosso non mi farà desistere, uomo! Su quell’aereo, se mai ci arriveremo, mi impegnerò nel ricucirti quel buco, perché sono un medico, incaricato per di più della tua persona. Mi sono spiegata?"

Crotalo tornò a guardare davanti.

"Ti sei spiegata."

Il gruppetto si infilò in un’apertura celata da un drappo viola, e giunsero in una specie di stalla abbandonata, dove un grosso cargo militare giaceva semi – nascosto da paglia e arbusti vari. Veramente grosso. Butch riuscì a sorridere. "Accidenti! Con questo bestione arriveremo a destinazione in un baleno."

"Ci sarà carburante a sufficienza?" domandò con ansia Carter, "non vorrei proprio altri problemi, dopo tutto quello che abbiamo passato!"

Padre Joseph e Butch girarono attorno al perimetro dell’aereoplano studiandolo ammirati, mentre Doctor Crotalo sedette esausto su una balla di fieno, stendendo la gamba. Sara gliela cinse forte con una cinta, tamponandogli la ferita con ciò che poteva possedere al momento: paglia, erba ed un fazzoletto da naso.

Il Crotalo fece una smorfia di dolore.

"Con questa, forse, fermiamo l’emorragia permettendoti di…di raggiungere la…beh, si, insomma, la tua destinazione!" affermò Sara, sforzandosi di essere fredda e distaccata.

Il criminale s’accese una sigaretta, tornando a guardare la giovane donna di sbieco. "Che bello. Proprio una bella notizia."

"Ehi!" chiamò Padre Joseph, "qui ci sono viveri ed acqua!"

"Davvero?" domandò Butch avvicinandosi, "ma allora questi furbastri meditavano una fuga da questo schifo di posto!"

John Carter guardò Sara sorridendo, mentre il prete ringraziò Dio. La carlinga del bimotore era divisa in due sezioni: oltre alla cabina di guida, c’era una specie si posto per le truppe, con panche e dispositivi da lancio per paracadutisti, la seconda parte (la più vasta) conteneva cibo ed acqua, oltre a numerose casse poggiate in piedi contro le pareti, tenute diritte da cinghie di nylon.

Lentamente tutti presero posto a bordo, ultimo Doctor Crotalo, che aiutato da Sara si piazzò a fianco di Butch che era il pilota. L’hangar improvvisato aveva delle infiltrazioni sul tetto leggero, e non era chiuso sul davanti. Bastava guidare il cargo sino allo spazio vuoto e da lì prendere il volo. I fuggiaschi non s’erano presi la briga di togliere la mimetizzazione vegetale dal dorso dell’aereo, cosicchè quando Bucth avviò i due motori, ciocche di alberi, ciuffi di fieno e arbusti sfrangiati caddero dai lati, ammucchiandosi sui bordi dei piccoli finestrini. Il soldato c’aveva impiegato alcuni istanti prima di raccapezzarsi e distinguere tutti i comandi, ma alla fine, il grosso cargo aveva incominciato a sbuffare e muoversi.

Dapprima lento ed incerto, poi più sicuro, infine robusto e deciso, il cargo mosse il testone verso l’aperto, rombando ingratitudine per gli uomini che rompevano il suo torpore. Rombò e sfrigolò sulla rozza pista umana alzandosi verso il cielo che incominciava a far vedere il suo immenso mantello.

Butch aveva tutta la fronte imperlata di sudore, mordeva il sigaro guardando avanti, con espressione allucinata; Crotalo stava seduto al suo fianco, con la gamba lunga e le mani che massaggiavano il polpaccio leso senza conforto. Alle sue spalle Sara lo guardava, ma era uno sguardo perso nel nulla, come gli impiegati di un tempo, sotto la metropolitana, alle sette del mattino. Carter e Padre Joseph in silenzio, col capo chino. E stettero così per molto tempo, ogni tanto la Wilson rifaceva la fasciatura al Crotalo, che non si lasciava sfuggire un solo lamento, una sola smorfia di dolore.

"Se penso…" sbuffò Butch torcendo il collo "si, se penso che tutto questo è successo per te, brutto figlio d’una puttana, mi prende la fottuta voglia di aprirti un buco nel cervello e gettarti di sotto. Brutto comunista baciaculo!"

Sara guardò Butch, e quello sputò sul finestrino. "All’inferno! E invece te ne stai al posto che doveva essere del mio amico Stecco, beato ed assistito dalla Wilson…porco d’un mondo!"

Doctor Crotalo morse un pezzetto di sigaretta e se l’accese, allungando le labbra. Scosse il cerino e lo gettò per terra.

Soffiò il fumo. "Non l’ho dato io l’ordine di condannarmi alla sedia elettrica, non ho dato io l’ordine di venirmi a prendere con quattro sbirri e un prete. Per non parlare di questi due stregoni. Tra non molto, se tutto va bene, avrai la soddisfazione di vedermi friggere…" sorrise, e i suoi occhi s’accesero d’una luce ribelle. "Se tutto va bene…"

Butch gli gettò uno sguardo, Sara parve più pronta: "che significa? Che stai cercando di dirci, Crotalo? Che hai un piano? Che alla minima occasione ci sparerai piantandoci in asso?"

"Io non ho detto un cazzo di niente!"

Sara cercò in una specie di tasca interna, una tasca grande come un guanto, che portava a tracolla sopra il reggiseno. Ne estrasse un piccolo block notes ed un registratore tascabile. "Coraggio, ora abbiamo il tempo. Parlami della prima volta che sei finito in galera!"

Doctor Crotalo sorrise, scuotendo la testa. "Ahhh…non hai ancora rinunciato alla tua idea di usarmi come un animale da studiare, Wilson!? Riponi quel giocattolo, non ho nulla da dirti…"

"Si invece. Servirà alla mia ricerca e a tenerci svegli. Coraggio!"

Doctor Crotalo si pulì le mani con un fazzoletto, erano ancora sporche di olio, tirò su col naso e guardò verso la dottoressa.

"Stà bene. Inizia a scrivere: io sono il cattivo, socialmente pericoloso, catturato finalmente dalla polizia e condannato a morte. E voi, che siete il popolo, continuerete a vivere felici e contenti. Fine."

Butch scosse la testa, Sara richiuse il taccuino. "ma bene, bravo, molto divertente! La stessa manfrina che hai messo su il giorno del tuo processo. Quando hai fatto scena muta condannandoti con le tue stesse mani…ma perché? Perché un uomo butta via la sua esistenza come hai fatto tu? Io…"

Crotalo riprese a guardare avanti. "Io non ho buttato via proprio niente. Per Dio, che cazzo devo sentire…probabilmente la cosa più emozionante che hai visto in vita tua è quando hai deciso di affrontare il vicino di casa che ti ha dato della sporca negra…hai passato metà della tua vita cecandoti sui libri e l’altra metà a cercare di capire se ne è valsa la pena…e adesso se tutta eccitata perché puoi guardare da vicino il pericolo pubblico numero uno, il grande Doctor Crotalo! Io ho viaggiato e sparato con la stessa velocità con cui tu prepari un hamburger, e l’ho fatto perché l’ho voluto! Io, io e nessun altro! E se adesso qualcuno ha deciso che per questo merito la sedia elettrica…beh, vaffanculo, l’ho voluto e pagherò sulla mia pelle…ho imparato la vita molto presto, bambina, creperò, ma non voglio sentirmi addosso il fiato di una studentella alle prime armi…sono stato chiaro, dannazione?"

Sara sentì montarsi agli occhi le lacrime di frustazione, gettò sul rivoluzionario le sue carte e si allontanò, sbottando a piangere solamente quando le voci di Butch e Padre Joseph arrivarono ovattate, nella coda dell’aereo.

"Tu non credi in un cazzo, non è vero?" stava dicendo Butch, stringendo nervosamente la cloche del cargo. "Anni e anni di lotte, repressioni e odi fratricide non ti hanno insegnato niente…ma guardate, guardate, Carter e Joseph…ecco il tipo d’uomo che ci siamo tirati fuori…la gente aspetta rifornimenti e aiuti e noi dobbiamo portare questo porco sulla forca a tutti i costi…"

"Io non credo nella giustizia. Non credo nella vostra giustizia. Domani sarò morto, ma non avrò imparato niente."

Il cargo si fece lontano.

"…Niente."

Sara Wilson s’accorse di stare seduta su una di quelle strane casse ammucchiate in coda. Il cargo virò e lei quasi cadde, avvertendo le casse urtanti l’un l’altra. Sentì uno strano rumore, come un gas spurgante e si rimise ben diritta per controllare. L’angolo di una cassa quadrata presentava un angolo sfondato, dal quale fischiava un gas azzurrino, che fischiava liberandosi in aria con una certa forza; Sara si avvicinò timidamente, avvertendo subito l’odore nauseabondo di una entità andata a male. Chissà cosa avevano caricato sul cargo, i travestiti. Si portò un fazzoletto alla bocca e arretrò d’un passo per correre ad avvertire gli altri, ma un forte braccio scuro la cinse alla vita, e la lama d’un pugnale balenò accanto alla sua gola.

"Zitta, puttana. Un solo fiato e ti sgozzo come un maiale!"

Un alito pestilenziale, un fascio di muscoli nervosi. Profumo da donna mischiato al sudore.

"Un travestito del tendone!" Pensò immediatamente la donna, trasalendo.

"Cosa vuoi?"

"Avete fatto un casino, là dentro…ma io sono più furba delle altre…mi faccio condurre in un posto sicuro e vi ammazzo tutti, a cominciare dal Crotalo!"

Sara avvertì del liquido denso scendergli lungo la schiena, probabilmente il trans era ferito, e quello che sentiva era il suo sangue caldo.

"Non…non fare idiozie…" rantolò Sara, cercando una posizione col collo atta a garantirgli una respirazione lontana dal fetore. "L’idiozia l’avete fatta voi venendo a romperci i coglioni in casa nostra!"

La Wilson cercò di replicare, ma desistette quando avvertì la pressione della lama ghiacciata sulla sua carotide; "E’ ferito, vero? Il Crotalo è ferito?"

Sara scosse il capo chiudendo gli occhi, ma quello la strapazzò con violenza: "Non dire palle, il Crotalo è ferito…vi ho sentito bene!"

"Si, si, è ferito…e con questo?"

"Con questo andiamo nella cabina, io e te, e insegniamo un po’ di buone maniere a quel selvaggio…cosa ne dici? Altrimenti ti apro una seconda vagina sopra l’ombelico."

Le labbra carnose del travestito accanto alla guancia della dottoressa.

"Ma…ma che cosa vuoi che importi al Crotalo della mia vita, maledizione!!! Quello mi lascerà crepare senza muovere un muscolo!" Sara stava implorando senza rendersene conto.

"Tanto peggio per te, puttana. Siete già morti. Dove credete di arrivare con questo trabiccolo!?! I resuscitati sono dappertutto, aumentano ogni giorno di più…è soltanto questione di tempo, poi anche tu, io, e quei cazzoni là davanti saremo pronti ad incrementare il numero di quei mostri la fuori."

"Mio…mio Dio!"

Doctor Crotalo non aveva proferito più parola da quando Sara Wilson aveva lasciato il suo posto accanto agli altri. Ogni tanto Butch lo guardava di traverso, senza mai mollare la cloche di comando, come per paura di non poter resistere alla tentazione di strozzare il rivoluzionario con le proprie mani.

Padre Joseph dormiva, col capo ciondoloni ed il riporto che ondeggiava lievemante sulla tempia sinistra. Accanto a lui John Carter seguiva col corpo i movimenti del cargo, oscillando col tronco di qua e di là, senza tentare di opporsi agli scossoni, lo sguardo un po’ folle perso lontano, la fischetta di alcool in mano, la barba incolta ed i capelli per aria.

Il grosso bimotore sembrava fermo in mezzo al cielo, come una nube carica di pioggia indecisa su dove scaricare.

I calzoni del Crotalo erano strappati sul punto dell’entrata del proiettile, non sapeva se il corpo estraneo era schizzato fuori oppure no, nella seconda ipotesi sarebbe salito alla forca con una gamba di meno. L’unica cosa che aveva ben presente era il fatto che dalla stoffa recisa vedeva sulla pelle una chiazza bluastra dai bordi viola, un colore per nulla rassicurante. Un dolore micidiale.

Guardò avanti nel blu, lontano.

Sara ed il travestito superstite balzarono nella cabina di pilotaggio come d’incanto, il nero teneva un coltello puntato di lama sulla gola della Wilson, che aveva sulla pelle scura il segno lungo e sottile dell’arma premuta, non riusciva a parlare per la stretta potente e per il terrore; il travestito schiumava dall’angolo della bocca un pastone di sangue misto a saliva e guardava tutti con un’espressione folle e disperata. Tutti si voltarono di scatto, tranne il Crotalo, che rimase fermo impalato con le mani sulla gamba offesa.

"Fermi!" Strillò il trans, muovendo il coltello tra la Wilson e gli altri passeggeri. "Un solo respiro e ammazzo questa puttana!"

"Porca troia!" Esclamò Butch battendo le mani sulla cloche; "Ci mancava solo questa scimmia pazza!"

"Voglio il Crotalo! Voglio quella carogna e poi sarete liberi di schiantarvi dove vi pare!"

Sara schizzò il viso in alto, disturbata dalla richiesta esagitata.

"Calma!" Esortò Padre Joseph portando i palmi delle mani in avanti, "cerca di restare calma, per amor del cielo!"

"Non voglio parlare con te prete, e nemmeno col dottore…voglio sentire il parere del ciccione; Allora soldato, cosa ne dici? Lasciami il Crotalo e non avrete più problemi dalla sottoscritta!"

Un secondo di silenzio.

"Che intendi dire? Spiegati, maledizione!"

"Il tuo amico che è crepato, quello secco…mi ha beccato proprio in mezzo alla schiena…sanguino come una fontana e non ho molto tempo da vivere…consegnami Doctor Crotalo e giuro davanti a Dio che lo ammazzo e mi butto di sotto!"

Doctor Crotalo degluttì pesantemente.

"Uh! Mi intriga, per l’inferno! Hai voglia se mi intriga!" Butch scoppiò a ridere come un diluvio improvviso nella foresta Amazzonica; "Giuro che ho sognato di ammazzare il Crotalo dalla prima volta che l’ho visto…questa gente mi è testimone…voglio vedere morto il Crotalo più di chiunque altro!"

"Ma…Butch…" rantolò Sara, quasi dimentica della lama assetata del suo sangue a mezzo millimetro da lei.

Anche Padre Joseph si tirò in piedi: "Adesso basta, in nome di Dio! Non permetterò che quest’uomo sia mercificato come un qualsiasi prodotto da barattare! Se vuoi uccidere il Crotalo, razza di mascalzone, dovrai passare anche sul mio cadavere!"

Il travestito colpì di traverso lo zigomo del prete con l’elsa del pugnale, mandandolo a sbattere sullo schienale di Butch, che urtò col petto il quadro comandi.

"Detto fatto!" Avvertì il trans strillando come un gallinaccio.

Sara allora fu lesta ad approfittare della nuova situazione: si raggomitolò in un attimo e di slancio successivo colpì il folle con una violenta spallata alle costole. Il pugnale volò in fondo, il travestito cadde di schiena urlando e sanguinando vicino al portellone d’entrata merci, mentre Butch aveva il suo bel da fare nel tentar di far riprendere quota al bestione. Sara, il travestito, Carter e Padre Joseph rotolarono per terra dallo scossone, come un gigantesco vuoto d’aria, mentre Doctor Crotalo guardò alle sue spalle.

Sara e il travestito stavano lottando forsennatamente avvinghiati l’un l’altro. Nonostante le fattezze grottescamente femminili, sotto la pelle del trans guizzavano fasce muscolari potenti ed asciutte e benchè la Wilson si battesse con coraggio leonino, era senz’altro destinata a soccombere.

Il professor Carter giaceva coi gomiti in alto, ruttando incapace di rimettersi in piedi imbottito com’era di alcolici, mentre il solo prete parve piuttosto lucido. Si guardò attorno e poi afferrò una barra di ferro lunga circa un metro, utilizzata di solito per mensole di armadietti.

Sara si avvide di tale operazione e afferrò il volto del suo avversario con entrambe le mani, cercando di alzarglielo. "Forza Padre!" Gridò infine, "spaccagli la testa, mi stà uccidendo!"

Padre Joseph spalancò gli occhi come rendendosi conto solo ora di quel che doveva fare!

Il travestito colpì Sara con una ginocchiata al ventre per farsi mollare, e Sara strillò di nuovo: "Padre! In nome di Dio!"

Joseph strinse la barra con entrambe le mani, come un rozzo giocatore di baseball e si preparò a colpire forte.

In quel preciso momento una figura scivolò al suo fianco, spalancando il portello di entrata, un potentissimo getto d’aria colpì il prete, che arretrò chiudendo gli occhi, senza tuttavia mollare la presa. Quando riaprì gli occhi chiari vide il Crotalo curvo sul portello. "Ora Padre, ora!"

Sara stava per esalare l’ultimo respiro stretta tra le dita adunche del travestito, quando vide il corpo sollevato del nemico volare a piombo giù dal cargo, con un fischio stridulo. La testa spappolata.

Vide il Crotalo richiudere con fatica lo sportello. E vide padre Joseph in ginocchio, con la mano sinistra sul capo e la destra che stringeva una grossa barra insanguinata.

Carter aveva la bocca tutta sporca di giallo, s’era rimesso in piedi bofonchiando e ruttando come un trattore, appoggiandosi alla parete metallica dell'aeroplano; la testa gli girava e a lui parve che uno sciame di vespe avesse nidificato nel suo cranio. Bestemmiò più volte cercando di raggiungere Padre Joseph. Superò il nerboruto bandito e si trovò vicino al prete.

Più in là di qualche passo stava anche Sara Wilson, i vestiti laceri e il bel viso confuso. Stringeva una spilla di nessun valore che serviva ora soltanto a tenere insieme ciò che un tempo era stata la sua camicetta. Guardava verso il prete.

Carter fissò la dottoressa e poi il Crotalo, quindi strinse forte le braccia di Padre Joseph costringendolo ad alzarsi: "Joseph…Padre…"

Il prete aveva un paio di occhiaie da far spavento. La ciocca di capelli pendula sulla guancia, le pupille dilatate. Si aggiustò i capelli con un gesto meccanico e guardò finalmente il suo interlocutore: "Io…o Mio Dio…ho ucciso…ho ucciso un uomo…" voltò la testa di qua e di là, cercando niente o tutto; "Ho ucciso un figlio di Dio…io ho…Signore mio!"

Attraversò la carlinga per tre metri afferrando Doctor Crotalo per il bavero della giacca. "Ho ucciso! Io! Io ho…ucciso…ho…" Fissò negli occhi il Crotalo, ma negli occhi impari di quello non c’era nulla. Lo fissò e lo rifissò a lungo; Il rivoluzionario non spostò lo sguardo da quello del prete.

Joseph ebbe un lungo brivido di gelo improvviso, tolse le mani dalla giacca del bandito e le rilasciò inermi lungo il corpo. Sanguinava dal capo e dallo zigomo. Abbandonò la testa come a sentirsela improvvisamente troppo pesante, la lasciò ciondolare per un po’ ed infine pianse.

Crotalo restò per un secondo fermo immobile di fronte all’uomo di Chiesa, poi lo sorpassò velocemente, urtandolo leggermente.

"Benvenuto nel club." Gli mormorò infine quando lo ebbe di lato.

Il cargo viaggiava in una posizione finalmente stabile. Butch sembrava di nuovo padrone della situazione; Doctor Crotalo zoppicò verso il suo posto di secondo pilota, fece leva sulle braccia e s’infilò sul sedile con una smorfia di dolore. Butch lo guardò di sottecchi.

"Dimmi un po’ una cosa, bastardo…" esordì subito dopo, "perché Doctor Crotalo? Perché ti chiamano proprio così?"

Il rivoluzionario sorrise, estrasse una sigaretta dalla tasca superiore e se l’accese in tutta tranquillità.

Il cargo sfrecciò lontano.

TUMPH.

Il rumore si fece sentire ancora, a distanza di mezzo minuto. Un po’ più forte. "Avete sentito?" Chiese Padre Joseph alzando improvvisamente lo sguardo. Sara e Carter si interrogarono, mentre Butch voltò la testa indietro, cercando di cogliere il discorso tra i suoi compagni di sventura: "Che dite?" Chiese, "quale rumore?"

"Si, l’ho sentito anch’io! Come un urto, o…un colpo sordo ad una porta…" aggiunse la Wilson.

"Okay, okay, porco cazzo! Se è uno di quei fottuti porci neri che stà in agguato nel magazzino stavolta lo staniamo subito!" Butch estrasse la sua pistola e la lanciò al professor Carter. Questi la prese al volo con una certa riluttanza e poi guardò Butch con uno sguardo interrogatorio.

"Forza, professore!" Butch scoppiò in una delle sue risate isteriche; "Adesso tocca a te! Io, Crotalo e persino il prete abbiamo già dato…" rise, "adesso tocca a te! Và la dietro e fai saltare le cervella a quei bacherozzi neri, se ancora si annidano in fondo."

"Tu sei pazzo, Butch. Completamente pazzo!"

"Vai professore. Io devo guidare, il Crotalo ha la zampa quasi in cancrena, Padre Joseph è in stato di shock e la signora ha già fatto da esca in quel dannato blindato."

Carter e Sara si lanciarono un’occhiata. "Adesso tocca alla scienza!"

Carter scosse il capo; "Al diavolo, al diavolo, maledetto pazzo!"

Butch rise stringendo forte la cloche: "Ahhh, coraggio, magari è solo un grosso topaccio di fogna candidato a scivolare all’inferno!"

Carter si aggrappò al sedile e fece qualche passo indietro guardando in cagnesco tutti gli altri.

"Al diavolo!" Imprecò ancora tentando di scacciare la paura. Si voltò e camminò lentamente verso il fondo. Sara lo guardò superare la tendina logora e scomparire verso la coda del cargo.

Padre Joseph tornò a fissare il vuoto.

Carter stentò a trovare equilibrio nel centro del magazzino. Non aveva inteso rumori da quando era giunto sul fondo, ma solo un forte e acre puzzo di carne avariata. Tirò fuori un fazzoletto a pallini e ci si tamponò il viso. Camminò ancora e raggiunse una cassa diritta in piedi come un’armadietto da college, ma più ampio ed alto; Lo toccò e ci si mise di lato. La puzza sembrava venir generata proprio da lì dentro. S’accorse che la pistola di Butch pesava come un accidenti ed allora la posò in cima ad un’altra cassa quadrata, più bassa. Sul fondo del cassettone alto si apriva una macchia scura e fetente, larga quanto due palmi di mano, sembrava unto da tramezzino. Carter la valutò attentamente e poi provò a muovere la cassa. Niente.

Una cosa gli parve subito certa: lì dentro c’era qualcosa che marciva, ed in breve qualcosa peggio del colera si sarebbe scatenato a bordo, così il professore si guardò attorno alla ricerca di qualcosa per aprire la cassa, giusto quanto bastava per vedere cosa diavolo stava andando a male, poi si sarebbe industriato con gli altri per trovare un modo rapido per scaraventarla di sotto!

Tastò il legno con il palo della mano, e trovò la giuntura che chiudeva il coperchio. Insieme alle casse doveva senz’altro esser stato caricato a bordo un piede di porco, qualcosa atto ad aprire le stesse, quindi si mise le mani sui fianchi e focalizzò un paio di grosse forbici larghe, più simili a cesoie. Potevano andare bene, si avvicinò barcollando e le prese.

Schiodò la parte superiore della cassa, quella distante dalla macchia di marciume e poi saltò indietro, per non essere aggredito dalla puzza terrificante. Buttò fuori dai polmoni un po’ di aria e non fece caso alle volgarità proferite da Butch in lontananza; L’interno della cassa era buio, un liquido nauseabondo colò lentamente in terra, formando una pozza lurida alla base del legno. Carter stette ben attento a non metterci il piede, si coprì la faccia con un largo fazzoletto ed imprecò cercando di guardare dentro. Col piede di porco tastò alla cieca, premendo contro qualcosa di grosso e mollo; La puzza giungeva a lui con folate intermittenti, la massa scura all’interno della cassa piombò poi su di lui improvvisamente, avvolgendolo schifosamente e gettandolo in terra.

"Cristo!" Gridò Carter, annaspando sotto il quarto di bue marcio, "…levatemi questo schifo di dosso, maledizione!"

Butch, Joseph e Sara si voltarono, intuendo dietro la tenda quel che stava accadendo al professore, il soldato scoppiò in una risata: "Che c’è, professore? Hai incontrato un manzo marcio resuscitato?!? Coraggio, puoi finalmente dimostrare l’esattezza dei tuoi studi!"

Butch rise istericamente, battendo le mani sulla cloche con forza.

Carter bestemmiò violentemente, aggiustandosi gli occhialini e rovesciando la massa putrescente in terra. Il ventre del bue si gonfiò ed esplose in un nugolo di vermi grassocci, Carter fece leva con le mani sul pavimento e tornò in piedi, strofinandosi con vigore i palmi contro il camice; "Cristo di Dio, guarda come mi sono combinato! Al diavolo! Adesso verrete a rovistarvele voi, queste altre casse di merda!"

Il bue si assestò sulle sue viscere nere, spalmandosi come una disgustosa gelatina. Carter si voltò verso la sala comandi brandendo l’arnese: "Al diavolo! C’è solo carne imputridita, qui dentro! Dobbiamo atterrare o come minimo ci beccheremo il colera! C’è una puzza da fare schifo!"

Sara si risvolse a Butch mettendogli una mano sul braccio: "Ha ragione, Butch! Quanto credi potremo resistere così?"

Il soldato morse l’estremità del sigaro irrigidendo i polsi. "Quanto basta per portare questo accidenti alla forca, signora."

"Abbiamo deviato e di molto." Continuò passando una logora cartina alla dottoressa; "Siamo in prossimità di Richard’s bay, ad est, verso il mare. Da quella parte c’è un piccolo avamposto alleato costruito in una vecchia stazione sotterranea mai utilizzata; A capo di questa c’è una vera carogna, Ze Zè Livingstone, un ex combattente Mau – Mau datosi all’esercito regolare. Se non sono stati spazzati via potremo fare una tappa laggiù."

Doctor Crotalo sorrise, scuotendo impercettibbilmente il capo. Ze Zè Livingstone è un bastardo venduto, non avremo nessun aiuto da lui, se non saremo in grado di pagare…"

Butch lo guardò di traverso per un lungo istante, prima di parlare: "Allora illustraci il tuo piano, grand’uomo!"

"Ehi!" Starnazzò John Carter chiudendo gli occhi. "Avete sentito cosa ho detto? Qui non c’è niente da utilizzare! Solo pericolo di infezioni! Maledizione!"

Carter aveva il camice bianco che era diventato come quello di un pittore pazzo, variopinto e schizzato dei più diversi colori. Strillava così forte che non si avvide del resuscitato che scivolò fuori dalla cassa appena aperta, in agguato da ore dietro al quarto di bue.

Carter stava per lanciare il piede di porco in un momento di rabbia, quando un dolore lancinante lo colpì al cervello come una rasoiata. Non ebbe neppure il tempo di gridare, solo aprì la bocca e strabuffò gli occhi per scorgere la creatura che banchettava col suo gomito. La sfoglia di pelle si sollevò come una pasta di scrippella, scoppiando poi in un velo di sangue leggero. La creatura mordeva guardando in volto la sua vittima, come a saggiarne le reazioni. Questa abbassò la spalla offesa alzando contemporaneamente l’attrezzo per colpire.

Le altre casse incominciarono ad oscillare, come sotto un misterioso ordine mentale.

I resuscitati scivolarono fuori, chi velocemente chi piano, in cerca di un po’ di cibo. John Carter abbassò il piede di porco con quanta più forza possedesse, ed il cranio del morsicatore saltò in un geyser di sangue. Carter balzò indietro gridando come un tacchino.

"Aiuto! Aiuto! Ahhhhhhhhh!"

Doctor Crotalo alzò gli occhi, Padre Joseph e Sara si strinsero le mani.

"Che cazzo succede?" chiese Butch, conoscendo già la risposta. Crotalo zoppicò appoggiandosi al sedile del soldato, "non siamo soli in questo viaggio."

Il prete, la dottoressa ed il bandito lasciarono la sala comandi scorgendo Carter che correva loro incontro in un mare di sangue. "Ah! E’ pieno di resuscitati! Dio Mio, siamo in aria con un carico di mostri!"

Crotalo lo tirò verso gli altri due, aprendo il fuoco con l’Ar – 70 verso il gruppo di resuscitati, dietro la tenda; La canna da fuoco rovente vomitò piombo in un fiore di fuoco. La tenda tremolò e poi si strappò in mille pezzi rossi, finalmente comparirono i primi mostri, increduli ed ottusi, venendo falciati dalle raffiche del sovversivo; Wilson e Joseph trascinarono un sofferente Carter verso Butch, che bestemmiava e guidava con la stessa velocità. Doctor Crotalo aveva la stessa espressione di sempre.

Sparava e sputava bile, ricaricava e ricominciava a sparare.

L’inferno di fuoco durò una decina di secondi, poi, con tutta tranquillità, il Crotalo abbassò l’arma rovente, guardando per terra.

Sara Wilson si avvicinò subito. Guardò oltre il bandito e si avvide che nuovi resuscitati –cinque o sei- stavano tentando di superare i corpi dei caduti, che a loro volta tentavano in tutti i modi di tornare in piedi.

L’espressione di Sara era lucidamente folle.

"Stanno per tornare." Disse semplicemente fissando senza vedere davanti a lei.

Il Crotalo si fasciò una mano ustionata e restò a fissare in basso: "Lo so."

Sara non si mosse.

"Lo sai…e allora riprendi a sparare…che aspetti…"

Doctor Crotalo diniegò, aprendo appena un po’ le labbra secche. "No, ho fracassato tutte le casse dietro di loro…se sparo ancora un solo colpo rischio di forare i pannelli metallici di questo coso, ed allora la pressione ci ucciderà tutti."

Affermò tutto questo senza mai guardare in viso la dottoressa.

Padre Joseph si aggrappò al sedile, guardando implorante il rivoluzionario.

"E’ vero, Crotalo? Stai dicendo la verità?"

Crotalo mosse il capo in segno affermativo, coprendo con una mano l’otturatore scarico del suo fucile.

I resuscitati, fumanti e sbocconcellati ripresero la loro marcia incerta, in cerca del cibo vivo che avrebbe placato per pochissimo tempo la loro irrazionale fame di carne.

"Che facciamo?" Butch guardava ora avanti ora indietro. Poi gridò per l’insostenibile eco del silenzio. "Che facciamo?"

Doctor Crotalo zoppicò verso Joseph, Sara e Carter, spingendoli nella cabina di pilotaggio. Li spinse dentro e chiuse la porticina di ferro sprangandola. Stavano stretti come sardine, facendo appello alle sue forze febbricitanti, Crotalo calciò col piede buono il sedile accanto al pilota, facendolo deragliare dalla sua posizione, poi parlò a Butch. "Dovremo stare un po’ stretti." Doctor Crotalo guardava Butch col collo un po’ piegato verso destra, un modo di guardare, simile al cobra, che agghiacciava il sangue nelle vene. Sara si tenne tra le braccia di Padre Joseph, che teneva la testa in alto per respirare, al loro fianco Carter si teneva aggrappato ai pannelli elettronici con entrambe le mani, schiacciato di schiena. Crotalo puntava il fucile in alto e si sosteneva serrando la destra sul sedile di Butch.

Questi aveva i capelli spettinati appiccicati sotto il berretto dal sudore, guardò gli altimetri e poi Crotalo sopra di sé.

"Che situazione del cazzo…quanto resisteremo qui dentro?"

Doctor Crotalo lo guardò senza rispondere.

"Quanto? Un’ora? Dieci minuti?"

"Dipende da quelli…"

"Che vuol dire?"

"Che se ci si mettono di impegno questa porta non li fermerà, ed allora dovremo raccomandare l’anima a Satana."

Trenta secondi dopo, i primi colpi dei resuscitati fecero piegare il metallo leggero della cabita di pilotaggio.

 

***

 

L’albero di Natale stava sul mobiletto metallico accanto alla scrivania come un insulto.

Walter Gano lo aveva notato subito, entrando nell’ufficio della segretaria.

Stette in silenzio con le mani lunghe sui fianchi a fissare una cartina geografica attaccata sul muro con le puntine da disegno; Era ingiallita dal tempo e dalla nicotina. Gano vagò con gli occhi chiari sul centro di Parigi, segnato con una casetta sulla carta. Gano sorrideva spesso ai suoi interlocutori, ma era impossibile non notare nel fondo dei suoi occhi quella intensa, nostalgica malinconia che non abbandonava mai il suo sguardo.

"Basta, Walter…hai consumato quella piantina, ormai, a forza di scrutarla! I chilometri che mancano non diminueranno certo se li stai sempre a fissare!"

"Eh?" Come risvegliato da un millenario incantesimo, Gano si voltò di scatto, fissando la monumentale donna di colore sprofondata nella poltroncina di attesa come se la vedesse per la prima volta.

"Lo so, Louise, lo so…ma sono almeno due ore che aspettiamo qui dentro…porca miseria, mi manca l’aria…quanto cazzo ci vuole per parlare con questo…questo…" Gano schioccò le dita per supportare il suo pessimo inglese.

"Livingstone." Gli corse in aiuto Louise Manard, "Ze Zè Livingstone".

"Già, si, il Generale Ze Zè Livingstone…ma chi crede di essere questo Generale? L’Imperatore di Richard’s Bay?"

Louise sorrise pazientemente, fissando lo scheletrico spilungone davanti a lei. "Oh, lui qui è molto di più, amico mio…Ze Zè Livingstone è un ex ribelle militante, che ha raggiunto il potere lasciando dietro di se una lunga scia di sangue. Ha contatti coi ribelli di Gaborone e con i santoni Vudu di Port Au Prince. Se qui qualcuno gli manifesta ostilità è destinato a morire nel peggiore dei modi."

"bah, sai che novità!"

"Non sarà una novità ma è meglio se ti ci abitui subito! Ze Zè è l’unico che può fornirti un aiuto per trovare un mezzo che possa accompagnarti nella capitale. Te lo avrò ripetuto un miliardo di volte!"

Walter Gano sorrise, mettendo le mani in tasca ed avvicinandosi alla grassa donnona; "E’ che sono un po’ duro di comprendonio, ultimamente…"

"Questa situazione è difficile per tutti, Walter, ma mi sembra che tu la stia vivendo peggio di altri!"

"Può darsi."

Estrasse di tasca una boccetta di plastica priva di scritte e ne cavò fuori una pasticca bianca e blu, che inghiottì senza acqua.

"Ahhhhh, dannazione, ho un mal di testa da paura, e questa attesa non mi facilita le cose."

"Ti capisco. E la tua fretta è più che giustificata, ma…una volta giunto a Parigi potresti scoprire che…"

Gano si voltò di scatto fissando Louise aggrottando la fronte come a dire: "Vai avanti." "Potresti scoprire che…si, insomma…"

"Che Parigi è nello stesso stato di altri capitali europee…l’ho messo in conto, ma devo raggiungerla lo stesso…sono bloccato in questo incredibile continente da undici anni…adesso devo sapere. Non posso più fregarmi di tutto e tutti." Tornò a fissare la cartina. "Devo sapere."

La porta si aprì di scatto, ed un negro alto quasi due metri saettò nella stanza battendo gli stivali incrostati sul pavimento. Indossava uno striminzito basco azzurro ed il corpo statuario era ricoperto di cartuccere di tutti i tipi; Sembrava un duro.

"Walter Gano e Louise Manard?" Chiese in maniera asciutta e formale, leggermente infastidito.

Gano annuì, "Si, siamo noi." Aggiunse la Manard.

"Il Generale vi stà aspettando, prego, seguitemi." Il soldato non guardò mai le due persone che gli stavano davanti.

Nel corridoio, ampio e luminoso, Gano notò la perfetta pulizia ed il leggero odore di disinfettante; A metà del camminatoio i tre incrociarono la segretaria che camminava curva e veloce tenendosi aggrappati addosso i vestiti stracciati. Gano allungò una mano e fece per parlare, quando Louise lo pizzicò ad un fianco, costringendolo a stare buono e zitto. A Walter parve di stare in una specie di sogno.

Prima o poi si sarebbe svegliato?

Il gruppetto giunse cinque minuti dopo nei pressi di un portone di bronzo massiccio ed imponente, ai lati del quale bivaccano tre piantoni neri, dalle facce minacciose e segnate dalla guerra, che guardarono storto il bianco, non appena giunse loro a tiro. Stavano giocando con alcune pagliuzze di bambù, che utilizzavano per spingere delle palline fatte con carta stagnola lungo un improvvisato percorso.

Il soldato aprì il pesante portale con entrambe le mani, quindi si volse al bianco.

"La tua arma. Dammela."

Al fianco sinistro di Gano pendeva una fondina professionale nera, dalla quale spuntava il calcio mastodontico di una colt Python 45, grossa come un cannone da campo. Il calcio puntava verso il soldato.

Gano ci pensò su.

"No, te lo poi scordà. Niente pistola."

Louise guardò supplichevole verso l’amico, ma questo pareva irremovibile, sfidò il soldato con lo sguardo, e rimase immobile, sentiva il fascio nervoso guizzare sotto gli abiti.

"Nessuno lascia la propria arma, non la lascia nessuno e tu dovresti saperlo!"

Il soldato mise la bocca a forma di O e fissò da vicino lo spilungone; questi aveva i capelli biondi, lunghi e scapigliati, sulle tempie una stempiatura lenta e inesorabile, la barba incolta e folta. Il soldato rise battendosi una mano sui calzoni mimetici. Li spinse nel salone, e Louise, finalmente, potè tirare un sospiro di sollievo.

Il salone era ampio ed irregolare, con alcuni pannelli sul lontano soffitto che erano stati coperti da tavole chiodate; sul fondo del locale stava una specie di piscina, putrida e maleodorante, sul cui bordo stava un uomo grosso come un ippopotamo, vestito da militare (ma senza basco), con le mani dietro la schiena e gli stivali ridicoli che dovevano fargli un accidenti di male. Fissava l’acqua repellente e fumava un sigaro con lo stesso impegno con cui, probabilmente, faceva l’amore. Alla sua destra partivano una lunga serie di tavolacci in plastica blu, sui quali stavano legati numerosi resuscitati, che puzzavano e spurgavano come fogne sotto pressione.

I resuscitati tentavano di slegarsi dai legacci senza alcuna logica, riuscendo soltanto, in numerosi casi, a procurarsi sanguinosissime ferite.

Non emettevano alcun suono.

Ze Zè Livingstone attese che il suo soldato uscisse dal salone e poi gettò il sigaro nella vasca puzzolente.

Finalmente si voltò, rivelando un corpo osceno, grasso come un maiale, con lo stomaco che partiva dalla base del collo, le braccia piccole ed innaturali, le gambe storte. Un leggero prognatismo si notava immediatamente sul viso nero come il carbone; piccoli baffetti spelacchiati e capelli gretti come la notte. Si avvicinò ai due, sorrise da sopra le capezze d’oro, rivelando un sorriso perfetto, incorniciato da denti d’oro. Tese la mano.

Louise la strinse sorridendo, Gano fece altrettanto, sentendo la stretta viscida del Generale, floscia come quella di una checca.

"Un bianco! Da dove viene, signor Gano?"

"Sono Italiano, ma risiedo qui da un sacco di tempo."

"Ah, Italia! Che bel posto, l’Italia…belle donne, bel cibo…si…bello."

Walter Gano aveva un’emicrania pazzesca, sudava freddo e si vide costretto a slacciarsi l’ultimo bottone in alto della camicia verde variopinta, per riuscire a respirare meglio.

Gli rimase la sgradevole sensazione della stretta di Livingstone, come l’essere avvolti da cinque salsicce umide.

Ze Zè camminò goffamente intorno ai due, poi si soffermò accanto alla donna.

"Louise Manard; ci siamo visti altre volte…sei sempre uno splendore!"

"E tu menti sempre male, Generale!"

"Te la fai coi bianchi, adesso?"

"Walter Gano stava nella Polizia di Stato italiana, vorrebbe tornare in Europa per vedere in che stato è…"

"Ehhhhhhh, in che stato vuoi che sia? Come il resto del globo! Forse ti sei trovato male nel nostro Paese?"

Walter Gano alzò il mento appena un po’, contrasse lo zigomo sinistro sin quasi sotto l’occhio e replicò, come se fosse la cosa più faticosa del mondo.

"Non sono stato male. Trovo comprensibile il fatto che io voglia vedere cosa è rimasto di casa mia."

"Certo, capisco. Da quanto manchi dall’Italia?"

"Un sacco di anni, sono stato ad Instanbul e poi sono tornato brevemente in Italia; sono ripartito per rimpatriare un’estremista nero che era latitante da queste parti, poi è scoppiato tutto…i miei agenti sono morti ed il latinante non lo so…"

"Io l’ho trovate un mesetto fa che stava per essere ammazzato da alcuni guerriglieri dello Zimbabwe." Intervenne Louise.

Livingstone guardò Gano. Questi aveva la faccia graffiata ed una mano fasciata alla meglio. Il racconto reggeva.

"Cosa ti serve, monsieur Gano?"

"Un mezzo di trasporto qualsiasi, una Jeep, un carro…qualcosa che mi permetta di raggiungere la Capitale e da lì’ prendere un volo…"

"Beh, in effetti qualcuno contatta spesso da quelle parti…anche il palazzo delle Nazioni Unite pare sia ancora efficiente."

Gano piegò il capo. Attese il resto.

Ze Zè Livingstone alzò l’indice e lo mosse nell’aria schifosa del locale: "Ma di solito chiedo qualcosa in cambio e così, ad occhio e croce, non mi sembri in grado di offrirmi granchè…"

Era vero. Gano aveva persino perduto i documenti civili e quelli che lo indicavano come un Ispettore di Polizia, ma aveva vissuto abbastanza da sapere che in un luogo come quello, con un uomo come quello, sarebbero bastati a malapena per pulircisi il culo.

Il grasso militare si avvicinò al tavolo del resuscitato più vicino.

"Stò riflettendo, amico Italiano…la mia non è una situazione facile…se io ti agevolo senza nulla in cambio i ribelli e la popolazione ancora viva di queste parti,incominceranno a pensare che io sia un debole, un rinunciatario…con un bianco, poi…"

Ze Zè Livingstone liberò un resuscitato particolarmente "vecchio", spingendolo poi a calci verso il bordo della vasca. Questi, ogni volta che veniva ricacciato in piedi allungava le braccia marcite per afferrare il Generale, che sghignazzava come un bambino intento a torturare una lucertola. "Vedi, Monsieur Gano, voglio essere franco con te. Gli uomini come te, come i ribelli, o come la Manard non valgono un cazzo. Sono come queste bestie schifose, parassiti immondi da spazzare via, prima che ti attacchino la loro fetida malattia; quindi io potrei chiedere in cambio la tua pistola o i tuoi vestiti, le uniche cose che possiedi, insomma, e darti in cambio un autista fino a laggiù…ma potrei anche farti ammazzare in mezzo alla giungla e poi lasciarti a concimare i vermi. Capisci che potrei farlo?"

"si."

"E solo perché sei bianco. Oppure perché mi stai sui coglioni, o solo perché la mia cameriera ha rovesciato il servizio più costoso del the ed io debbo sfogarmi con qualcuno. Mi segui?"

"si."

"Guardate, avvicinatevi tutti e due."

Gano e Louise si guardarono allarmati, poi fu il biondo a fare il primo passo. In breve si ritrovarono nei pressi della vasca, con Ze Zè che sghignazzava orribilmente, pungolando il mostro con uno scacciamosche; lo spinse, lo spinse e questi piombò nella merda, senza un suono. Ma i tre ebbero la netta visione della melma che si muoveva, il resuscitato stava per rimettersi in cammino, come niente fosse, come uno stupido burattino di carne.

Gano guardò il Generale con aria sospettosa, questi gli sorrise, invitandolo con la mano ad aspettare.

Poco dopo una massa più scura di melma si mosse alle spalle del resuscitato, lentamente, salendo dal fondo; Louise si sporse da dietro l’Ispettore, riuscendo a scorgere una pinna di pescecane lunga e marrone che sporgeva dalla melma affusolata. Il resuscitato non si accorse neppure del nuovo arrivo, anche quando il primo morso gli squarciò la poca pelle dalla schiena si limitò a scuotere il capo e ad aprire la bocca in un muto segno di dissenso. Il muso dell’incredibile squalo era privo di occhi, la parte laterale del corpo spappolata e bucherellata, la coda scheletrica con ben visibile la lisca finale. Una puzza terrificante.

Gano sgranò gli occhi, Louise si tappò la bocca sentendosi montare lacrime di sgomento.

Lo squalo colpiva alla cieca, urtando spesso e volentieri il bordo della vasca facendo schizzare melma e schifo intorno al suo perimetro.

Gano era terrorizzato, strinse forte le nocche delle mani sino a farle sbiancare, si costrinse a restare calmo perché non voleva farlo vedere al Generale.

A proposito di questo c’è da dire che pareva divertirsi parecchio, aveva messo le mani dietro la schiena e batteva lo scacciamosche dietro al polpaccio. Ritmicamente.

Poi, dopo qualche istante, la superficie stantìa della piscina tornò ferma ed immobile.

"Sapete dove lo abbiamo trovato?"

Gano guardò lontano, Louise non staccava gli occhi dalla piscina.

"Uhm…sapete dove lo abbiamo trovato?"

La donna scosse il capo, incredula.

"All’imboccatura della foce di un fiume che scorre poco lontano da qui. Un fiume che và al mare. Questo bastardo stava fuori dal suo ambiente da giorni, ma continuava a muoversi e ad agitare quelle sue mascelle come un maledetto…mi sono guardato coi miei uomini ed ho trovato divertente portarlo qui. Così ci butto i resuscitati; mi faccio felice ed elimino un problema." Tornò a guardare verso Gano; "Allora, cosa ne dici?"

Walter Gano fissò per un istante il pavimento, sentì la rabbia montare piano. Alzò gli occhi verso quelli porcini di Ze Zè.

"Dico che se non fossi nella condizione peggiore le sparerei uno dei pochi proiettili rimastimi in quella testaccia bacata. Giudaccio cane, ma cosa ha nella testa? Merda?"

Livingstone parve sorpreso. Guardò Louise e poi scoppiò a ridere, notando la faccia costernata di quest’ultima. Agitò lo scacciamosche sopra la testa, dando la schiena ai due amici.

"Ahi, ahi, mon italièn…ricorda che il nostro patto è sempre in fase di discussione!"

Strinse le labbra e passeggiò ancora in semicerchio, balbettando qualcosa.

"Eh si si. Ci vuole un altro resuscitato!"

Andò ad un tavolo su cui stavano diversi bisturi ed un becco boutsen; afferrò il bisturi dalla lama più larga e con esso tranciò i legacci del corpo più vicino. Questo corpo aveva capelli castani vaporosi, sporco e lacero dilatò gli occhi quando Livingstone lo spinse con un calcio verso la piscina.

"N – no, non…voglio…io non…"

Louise spalancò gli occhioni nocciola, Gano balzò in avanti con le sue lunghe gambe, giungendo nei pressi dei due.

"E’ vivo!" Gridò, "quell’uomo è vivo, come me e lei! Non è un resuscitato!"

Ze Zè sorrise divertito, puntando una pistola alla nuca del tremolante malconcio; "Che vuoi dire?"

"Come che voglio dire? E’ già rivoltante il suo gioco con quelle creature, ma buttare quel cristiano lì dentro sarebbe uno sporco omicidio!"

"E’ stato morso ad una spalla ieri l’altro, presto diventerà uno di loro."

"No! Possiamo provare a sterilizzare la ferita, asportargliene una parte finanche…ma non lo getti lì dentro, per l’amor di Dio!"

Louise Manard respirava forte, il suo ansimare si sentiva nitidamente sopra le voci dei due contendenti.

Il Generale premette la canna della pistola contro la testa di quello, che era in evidente stato confusionale. Poi, rapido ed improvviso come un baleno, colpì di rovescio il viso di Gano, utilizzando lo scacciamosche. Un rumore secco, sordo, e quando Walter rialzò la testa, un rivolo di sangue copioso gli scendeva dallo zigomo, sino alla bocca; "Allora scegli tu, Italièn: se questo straccio è un resuscitato, lo getto come d’abitudine nella vasca del pesce…se invece insisti con la tua malsana teoria dell’uomo vivo…beh, allora gli faccio saltare le cervella qui, subito, in quanto è una spia di guerra."

"Guerra, pace…ma si è dato un’occhiata intorno, cazzo!?! Non c’è più niente, qui! Soltanto i resuscitati da una parte e noi –i vivi- dall’altra: pochi e disorganizzati!"

"Io ci sono. Quindi anche la mia gente ed il mio regime: due secondi e poi sparo."

Gano estrasse la sua colt Python e la puntò vicino al naso di Ze Zè Livingstone.

"Ed io ti apro un terzo occhio sulla fronte, grosso sacco di merda!"

"Puoi dire addio alla tua vita, Walter Gano."

"E tu alla tua."

Proprio in quel momento il portone di ingresso si aprì’, ed un soldato di colore entrò di corsa, armato di un fucile moderno di precisione.

"Generale, un grosso cargo militare stà sorvolando la zona, vola in maniera sconsiderata e non ha preso contatto con noi."

Un altro soldato giunse nella sala, fermandosi di colpo per non urtare il suo compare. "Stà atterrando! Stà atterrando, non possiamo abbatterlo perché non sappiamo cosa trasporti."

Livingstone abbassò la sua arma. "Uhm…cosa trasporta, Meyonga? Guai. Un sacco di guai."

Poi, d’improvviso, i due soldati si resero conto della situazione, puntarono le loro armi contro il bianco, che abbassò la sua.

"Dobbiamo organizzarci, possiamo cavarne qualcosa di buono, da questa novità. Seguimi, Walter Gano, mi farai compagnia."

Più tardi, nella orribile sala della piscina, rimase solo Louise Manard, sconvolta per aver assistito all’esecuzione sommaria del resuscitato ancora in vita, crivellato di colpi dai due soldati.

 

***

 

Esternamente, l’insediamento di Ze Zè Livingstone e della sua scarna comunità si mostrava come una grossa bocca di cemento che si ergeva improvvisa dopo una breve savana, uscendo dal terreno simile alla bocca di un serpente in agguato nell’erba; una moderna ed inaccessibile porta sotterranea larga quanto un palazzo e profonda come una stazione della metropolitana, con vicino una piccola ma funzionale pista di atterraggio guardata a vista giorno e notte da quattro soldati del Generale, che aprivano il fuoco su tutto ciò che si muovesse loro intorno senza averne dato avvisaglia. Va detto che i resuscitati umani non erano molto numerosi in quel punto. Qualcuno, tra i civili della Stazione U. N. O. (così’ chiamata) mormoravano una leggenda secondo la quale anche i mostri avessero terrore della ferocia del Generale e se ne tenessero a debita distanza.

La mastodontica serranda di acciaio incominciò lentamente ad alzarsi, con un rumore infernale di cardini e motori. Dietro ad essa comparirono dalla semi – oscurità Ze Zè Livingstone, Walter Gano e una dozzina di soldati irregolari.

Il Generale ordinò ai suoi di non fare un solo passo, abituò gli occhi porcini al cambio di luce e scrutò alla sua sinistra, verso la pista di atterraggio; i suoi piantoni erano arretrati di qualche metro, tenendo le armi puntate contro quel bestione soffiante che stava per fermarsi incerto. Polvere e scintille di metallo.

Il soldato che aveva accolto Gano e Louise avanzò verso Livingstone, scansando un nugolo di mosche fameliche: "Direi di portarci sotto la pancia dell’aereo e di aprire il fuoco a raggio se, eventualmente, esso contenesse una massa di resuscitati."

Ze Zè grugnì qualcosa, si accese un nuovo sigaro e sorrise, puntando il sorriso d’oro verso l’italiano.

"Hai sentito? Adesso i resuscitati guidano cargo militari. E magari qualcuno fa da hostess ed altri tengono la rotta, qualcuno prepara persino il caffè…Bah, non dire cazzate, Bijk!"

Poi indicò ancora lo spaesato Gano, tenendo il sigaro tra le dita grassocce: "Tu!"

"?"

"Si, proprio tu…và a vedere chi cazzo viene a portare il suo cesso scassato sulla mia terra. Vai al portello e grida: fermi tutti, polizia!"

Gli altri risero di gusto.

"Potrebbero essere dei figli di puttana peggiori di te, Ze Zè…scordatelo, ci vado col cazzo!"

Tutte le nere bocche dei fucili si alzarono su l’ispettore.

"Non ti ho chiesto un piacere, Gano."

Gano sudava freddo e si stava cagando addosso dalla paura. Aveva il volto segnato dalla fatica e dal dolore, i pantaloni bianchi impastati dal grasso e dal sangue.

"Che Dio ti maledica, Ze Zè Livingstone…che Iddio ti maledica!"

Quello rise, sputando in terra un po’ di tabacco.

"Dio ha maledetto tutti, mon ami…tutti quanti."

Lento ed incerto, il poliziotto si incamminò verso il cargo, ascoltando le grida e le risate del gruppo alle sue spalle, in un animalesco dialetto strano.

Ben presto l’ombra gigante del veicolo volante si proiettò sul biondo, che raggiunse il lato con il portello, attendendo da un momento all’altro il colpo atto a spacciarlo; Gano non sfiorò neppure il calcio della sua colt, ben convinto che tale gesto avrebbe anticipato la sua visita al Creatore.

Rimase fermo immobile, senza guardare né alle sue spalle né sopra i finestrini del cargo. Poi, da una parte indefinita sopra di lui, una voce forte e chiara gli fece una domanda in francese, lingua del quale Gano non sapeva un cazzo; "Chi c’è li sopra?" ribattè lui in inglese, schermandosi lo sguardo con una mano. Ancora la voce cavernosa.

"Parli inglese? Sei un soldato? Noi vogliamo parlare con Ze Zè Livingstone, siamo nella merda fino al collo!"

"A chi lo dici!" Replicò lo sbirro, un po’ sollevato. "Mi chiamo Walter Gano e…beh, devo considerarmi un prigioniero di Ze Zè…qual è la vostra situazione?"

Sara Wilson si affacciò faticosamente dal finestrino della cabina di pilotaggio, con un’espressione disperata.

"Siamo senza carburante, e l’aereo è invaso dai resuscitati! Ti prego, aiutaci!"

"Quanti siete chiusi in quella cabina?"

"Io ed altri quattro…questo oblò è troppo stretto per lasciar passare almeno uno di noi, e la porta non reggerà ancora a lungo! Aiutaci!"

"Ze Zè!" Strillò Gano senza voltarsi.

"Si, dì pure, italiano!"

"Se non risolviamo questa situazione la merda invaderà anche il tuo lettino!"

"Cosa vuoi fare?"

"Fai saldare in qualche maniera il portello di questo cessone, al resto penso io!"

Livingstone diede ordini rapidi e precisi, ben presto un gruppetto di neri si portò sotto lo sportello, saldando e "murando" il portello di accesso, appoggiandoci poi contro una struttura in metallo, molto pesante. Gano guardò, poi tornò a gridare col suo inconfondibile vocione verso l’alto: "Ehi, mi sentite? Cercate di appiattirvi verso il basso il più possibile, mi raccomando…state giù il più possibile…"

"Ho capito quello che vuoi fare, uomo…d’accordo!" la voce era nuova, non era la prima che Gano aveva udito da dentro il cargo.

Walter Gano impugnò la sua Python, l’afferrò con entrambe le mani e chiuse un occhio, mirando al centro del vetro frontale. Sparò uno, due colpi, ed il vetro del gigantesco parabrezza esplose in centinaia di pezzi, liberando completamente la cabina. Concludere un’operazione come quella da dentro avrebbe comportato –minimo- un mucchio di frammenti di vetro sparsi su tutti i corpi. E chi si sarebbe preso la briga di sparare forse non ne sarebbe uscito vivo. Il vetro del cargo era spesso da far paura, solo un cannone come quello di Gano poteva penetrarlo come burro.

Gli occupanti incominciarono a scendere aiutati dal poliziotto, mentre i soldati del Generale ripresero il lavoro già fatto per il portello con la parte frontale, isolando finalmente tutto il veicolo.

Ze Zè Livingstone diede disposizioni affinchè altri quattro soldati restassero a bada del bestione, dell’eventualità, remota, che qualche resuscitato riuscisse a liberarsi.

Walter Gano stava aiutando Doctor Crotalo, l’ultimo, a calarsi dal muso del cargo, con evidente difficoltà visto le condizioni della gamba; Gano guardò in volto il rivoluzionario. "Chi è il pilota tra di voi?" chiese. Quello indicò Butch con un gesto della testa, e Gano guardò il Sergente, prima di rivolgersi ancora al bandito: "Se Ze Zè lo scopre, la vita di voialtri non vale più un fico secco!"

Doctor Crotalo annuì.

Infatti, dal primo momento in cui il cargo era stato avvistato, il cervelletto del Generale s’era messo in moto per trovare il modo di utilizzare al meglio questa splendida novità volante. Ed una volta trovato il pilota gli altri si sarebbero rivelati del tutto inutili.

Il Generale si avvicinò al gruppetto, notando la ferita profonda e purulenta di John Carter al braccio, che se lo teneva penosamente ciondoloni, come un prolungamento inutile e superfluo.

Livingstone scansò Gano e si avvicinò a Carter. "Questo ammazzatelo subito, dagli altri voglio sapere chi è il pilota e perché son atterrati proprio qui."

I due soldati rimasti con Livingstone puntarono i fucili sulla zucca di Carter, che chiuse gli occhi piagnucolando. Poi Doctor Crotalo uscì dal fondo del gruppetto, affrontando il Generale a viso aperto.

"Il pilota sono io, Generale."

John Carter cadde sulle ginocchia, implorando pietà.

Sara Wilson cercò di tenerlo in piedi, ma il professore stava floscio come un sacco di patate pesante ottanta chili.

Livingstone spalancò gli occhietti sputando il sigaro e cercando di capire se ciò che vedeva non fosse il frutto di un rincoglionimento prematuro: "Doctor Crotalo…sei tu?"

Il Crotalo si accese una paglia, scuotendo il fiammifero e gettandolo ai suoi piedi. "Sono io."

Ze Zè fermò il fucile dei suoi, facendo un solo passo avanti.

"Sapevo che t’avevano preso in Irlanda, che eri stato condannato a morte!"

"Infatti."

"Diable! Quando ricevetti la notizia stappai una bottiglia di vino, quello buono! Ma, parola mia, vedendoti oggi quel vinello mi và di traverso!"

"Mi spiace per te."

"Così saresti il pilota!?! Ma se lo sanno tutti che non guidi neppure una bicicletta!"

"Questo invece lo guido."

Livingstone smise di sorridere e si fece più sotto.

"Vuoi coglionarmi, Doctor Crotalo? Mi hai preso per uno stronzo? Faccio sputare ai tuoi amici il nome del pilota in meno di cinque minuti, se me li porto giù in laboratorio!"

"Fai pure, non me ne frega un cazzo."

"Che state aspettando voi? Ammazzate quel vecchio e bruciate il corpo! Poi voglio vedere Gano insieme a questi altri stronzi giù nella piscina!"

Doctor Crotalo afferrò il machete di un soldato veloce come il vento, piroettò alla samurai e troncò netto il braccio di John Carter dalla clavicola, radente l’ascella, giù, fino a far cadere il braccio in terra, come un ramo secco. Carter gridò come una belva colpita a morte, il morso aveva infettato in profondità, ma dopo il primo spurgo di sangue nero, il sangue rosso cominciò a zampillare finalmente libero.

"Presto!" Intimò Crotalo, "dobbiamo cicatrizzare la ferita, stronzi!"

Ma i soldati non si mossero, allora Gano stracciò un pezzo della sua camicia e vi diede fuoco, avvolgendolo poi sul machete del Crotalo; Questi poggiò la lama di piatto sul troncone sanguinolento, facendola frizzare e puzzare orribilmente. Carter giaceva svenuto.

Sara piangeva inconsolabile. "bastardo, sei un bastardo, Doctor Crotalo, uno schifoso bastardo…"

"Basta Sara, vieni via, non guardare." Padre Joseph la abbracciò forte, e la Wilson soffocò il suo pianto sul petto del prete.

"Beh!" Intervenne il Generale, divertito, "che Crotalo sia un bastardo non c’è dubbio, ma è pur vero che ha salvato quell’uomo dalla fucilazione."

Sara riemerse dall’abbraccio di Joseph, con gli occhi lucidi. "Vuol dire che rinuncia alla sua barbara esecuzione?"

"Certamente, Mon Dieu! Voglio godermi la faccia di quel poveretto quando gli riferirò che ha perso un braccio e metà della spalla. E per merito del Crotalo! Avrebbe preferito senz’altro perire in un attimo sotto i colpi dei miei fidi!"

Gano tenne alzato il capo del ferito, squadrando il Generale con occhi di fuoco, "mi chiedo perché esseri disumani come te non finiscano tra le braccia dei resuscitati, sporco figlio di puttana!"

"Perché sono un tipo divertente, e Satana ama i tipi divertenti, Gano."

Butch consegnò le proprie armi alla milizia di Livingstone. "Io sono un regolare soldato delle Nazioni Unite, Generale Livingstone, e mi riprometto di sporgere regolare verbale di quanto succede quaggiù, del suo esercito irregolare e dei suoi comportamenti xenofobi e tirannici!"

"Nazioni Unite merda, Sergente. E merda quegli Stati Uniti dai quali senza meno proviene. Non c’è più niente, solo gruppi di persone disposti ad uccidere per un metro quadro di fango. Ed è proprio quanto faccio io. Difendo la mia popolazione dalla gente come voi. I vostri notiziari dicono ancora che la situazione è sotto controllo, Sergente Butch?"

Livingstone scoppiò a ridere, vedendo e gustando la visione di un gruppo civilizzato costretto alla disperazione da una situazione che per lui non era poi tanto diversa da prima.

Il gruppo si incamminò verso l’entrata per i sotterranei.

"Stazione U. N. O. E’ stata costruita undici anni fa grazie alla breve collaborazione tra il Sudafrica e la Nuova Zelanda, per far si che un treno speciale sotterraneo, una specie di monumentale strada metropolitana collegasse Richard’s Bay (allora influente porto economico e politico) a Johannesburg, la capitale. Inutile dire che i lavori non furono mai conclusi a causa della situazione che tutti conoscete. Quando sono salito al potere ho scelto Stazione U. N. O. Come base operativa e civile per il mio popolo. Anche se sono stati avvistati gruppi di resuscitati sempre più numerosi spingersi verso di noi, quasi tutte le città, da Maseru a Kimberlay, infatti, non danno più segno di vita, prova che i resuscitati hanno conquistato anche quelle. Ed allora queste bestie si spingono verso i centri costieri, in cerca di cibo. Per poi entrare in acqua e perdersi tra le onde. Si spingono dappertutto. Prima o poi saremo costretti a tapparci sotto il livello della terra, ma abbiamo cibo ed acqua a sufficienza, in qualche modo ce la faremo."

Butch e Gano portavano il professor Carter sempre privo di sensi. Sara guardò l’entrata di Stazione U. N. O.

"Fino a dove arriva questo…questo treno?"

"Al momento giunge sino a Welkom, un centinaio di chilometri dalla Capitale. Ma non è mai stato messo in moto, quindi è probabile che non funzioni nulla, altrimenti l’avrei utilizzato."

Crotalo sorrise come una sirena della morte. "Già. Magari per piantare in asso il tuo popolo, eh, Generale?"

"Non meriti neppure risposta, sacco di immondizia. Sei il più lurido, squilibrato figlio sfornato da questo nuovo millennio di merda!"

La saracinesca si abbassò alle spalle del gruppo, guidata ai lati da ruote grosse come pneumatici di Tir, azionate da due uomini di Livingstone.

Passarono in silenzio nella volta sotterranea, illuminata efficacemente dal soffitto ampio, mediante globi elettrici posizionati a dieci metri gli uni dagli altri. Il generatore autonomo doveva stare in una delle porte che si notavano numerose ai lati del corridoio. Si affiancarono ad un bussolotto inabitato, ricoperto al suo interno da nylon spesso come muro. Padre Joseph aveva inteso parlare di Stazione U. N. O. quando era in seminario, dopo esserci entrato verso i quarant’anni, illuminato improvvisamente dopo una vita passata a foderare materassi. Guardava a destra e sinistra con espressione allucinata, stando vicino alla Wilson.

"La mia Bibbia…" sospirò infine rompendo il silenzio. Doctor Crotalo, Livingstone e Gano lo guardarono.

"Ho perduto la mia Bibbia e… si, ho bisogno della mia Bibbia."

"Piantala!" Gli intimò Butch, battendo i denti, "abbiamo altro a cui pensare che non alla tua Bibbia!"

"Ma…ma io senza la mia Bibbia mi sento perduto…Generale senta…io…ho bisogno della mia Bibbia!"

Gano trasalì, convinto che da un momento all’altro Livingstone gli avrebbe sparato a bruciapelo; Fra tutti loro, il prete era quello meno indiziato ad essere il pilota del cargo!

Invece Ze Zè si fece una risata battendo la mano sulla schiena del prete. "E’ giusto! Che diamine! Un uomo di fede senza la sua Bibbia è come un crociato privo del suo spadone, non è così? Avrai la tua Bibbia, brav’uomo! In questa terra abbiamo una religione che è un miscuglio generato dai conquistatori spagnoli, dagli schiavi dei campi di cotone fuggiti qui e da altro nato dalle nostre radici…in mezzo a questo casino, tra libri Vudu e bamboline infilzate, troverai senz’altro una bella Bibbia nuova! Contento?"

"Si! Si, signore, grazie!"

"Coraggio, Padre Joseph…venga!" Sara lo prese sottobraccio.

I soldati in coda pungolavano Doctor Crotalo per spingerlo ad una marcia più sostenuta, ma il bandito zoppicava vistosamente per via del buco dietro al polpaccio, ed andare al passo con gli altri gli era impossibile.

"Problemi, li dietro?" Chiese il Generale senza rallentare.

"Il bianco chiamato Crotalo fatica a camminare, Generale. Credo sia ferito."

Il Generale si fermò, lasciò sfilare la testa del gruppo e si affiancò al criminale, osservando curvo il foro del proiettile.

"Hai trovato chi ti mette il sale sulla coda, eh, Doctor Crotalo?"

Il Crotalo fece una smorfia, cercando di tirare avanti. Livingstone gli afferrò il ginocchio stringendolo forte, Crotalo schiumò dai lati della bocca, fermandosi.

"Che c’è? Ti fa male? Il proiettile è uscito?"

"Ungh…si!"

"Buon per te. Ho della morfina nel mio ufficio, se fai il bravo te ne lascerò usare un po’. Intesi?"

Il Crotalo annuì.

"Se non farai scherzetti dei tuoi ti permetterò di ricevere cure, Doctor Crotalo…è un’affare convenientissimo, credimi!"

Doctor Crotalo aveva pupille piccolissime, l’iride più chiara aveva nel centro in basso una riga nera perpendicolare. Ed era impossibile fissare il criminale negli occhi per più di un secondo.

Sara si avvicinò a Gano.

"Dove ci portano?"

"Non ne ho idea. Io sono arrivato poche ore prima di noi. Sono di Roma e stavo cercando un mezzo per avvicinarmi al mio continente."

"Capisco."

"E’ una follia. Se davvero i resuscitati stanno accerchiando questo buco ben presto Stazione U.N.O. diverrà una trappola per topi. Dannazione, col vostro cargo potevo benissimo chiedervi un passaggio; Dove siete diretti?"

"Johannesburg. Il 31 Dicembre Doctor Crotalo deve essere giustiziato, ed io e Carter facevamo parte del suo accompagno medico – scientifico. Comunque eravamo rimasti senza carburante, quindi…"

"Non sarebbe stato un problema. Ze Zè Livingstone possiede numerose taniche di benza pè quell’affare…per questo vole a tutti i costi er nome del vostro pilota."

"Capisco…siamo stritolati in una bella situazione."

"mmm, già!"

"Cosa credi voglia fare il Generale?"

"Scappare. Non può divulgare il suo piano altrimenti dovrà portare tutti i suoi uomini con se. In un’ala del sotterraneo ho visto donne e bambini. Vole scappà come un verme, lasciando la sua gente a crepare."

"Che figlio di puttana!"

"Già, appena scoprirà chi di voi è il pilota del cargo (e credimi non ci metterà molto) io, te, e tutti quelli che non gli servono a niente verranno uccisi a sangue freddo."

"E’ una cosa orribile, dobbiamo fare qualcosa." Sara rabbrividì di freddo e di paura.

"Si, ma cosa? Ze Zè possiede uomini armati che si fidano ciecamente di lui, siamo stati disarmati e quel Crotalo riesce a malapena a camminare!"

"Walter, io parlo qualche parola di italiano, se sarà necessario comunicarci in codice useremo questo sistema, va bene?"

"Okai."

 

Ze Zè Livingstone stappò nella sua stanza una bottiglia di alcool distillato, bevve avidamente sputando il tappo per terra. Ruttò e posò pesantemente i suoi cinturoni sul tavolo. Il liquido colò sul petto villoso e scuro. Il Generale fissò un punto imprecisato del muro, cercando di non mettere a fuoco le immagini di morte che prevedeva per lui. Poi una voce femminile lo raggiunse, tagliente come un rasoio.

"Hai paura, vero?"

Il Generale non si voltò. Bevve ancora.

"Io non ho mai paura di niente, Paula. Ricordalo."

"Ma smettila. Sei patetico. Ulisse mi ha detto che non sei riuscito neppure ad ammazzare quell’italiano, Walter Gano…la verità è che non sei in te, hai paura; Ogni giorno che rimaniamo in questo posto aumenta il rischio di rimanerne intrappolati. E tu lo sai."

Finalmente il Generale si voltò, posando la bottiglia sul tavolo. Fece un paio di passi in avanti giungendo nei pressi di un letto matrimoniale coperto sopra e ai lati da una leggera tendina bianca.

Paula uscì da essa, completamente nuda. Aveva seni piccoli e sodi, bionda naturale, dal fisico felino. Sfiorò col suo corpo il Generale, parlandogli in un orecchio.

"Puzzi di alcool e di sudore da dare il voltastomaco…ed io sono stufa da farti da puttana; Voglio andarmene, Generale…ora, subito, o sai che non ne avremo più la possibilità."

"Sai che non è possibile."

"Per te tutto è possibile. Prendiamo il cargo di quei pezzenti che sono arrivati oggi; ammazza quei poveracci e fuggiamo con quello…posso preparare le provviste sufficienti e…"

"…E chi lo guida? Io? Tu?"

Paula baciò lascivamente il collo taurino dell’uomo, aprendogli la patta dei calzoni ed incominciando a massaggiare verticalmente i testicoli piccoli ed umidicci.

"Devo scoprire chi degli uomini col Crotalo sa guidare quell’affare. Domani mattina me ne occuperò di persona.

"Hai detto il Crotalo? Dunque è ancora vivo, quel figlio di puttana?"

Ze Zè parve infastidito dalla domanda, voltò la donna afferrandola per il polso e gli prese un capezzolo tra le dita, strizzandoglielo forte; "Si, è vivo. Ma è un morto che cammina. La sua sorte è già segnata. Ti interessa ancora?"

"Mi fai…male…"

"Ti interessa Doctor Crotalo?"

"Doctor Crotalo è una leggenda in tutto il mondo, Generale…la sua faccia è simbolo di libertà in molti paesi del globo!"

Il Generale abbassò la mano verso il pube di Paula, carezzandogliene il vello. "E’ un volgare rivoluzionario destinato a salire sulla forca, mia cara. E se vuoi saperla tutta, contro di me non resisterebbe un solo minuto."

Paula baciò l’uomo con la lingua, a lungo, mugulando. "Mi piace quando dici così…" si sdraiò sul tavolo, aprendo leggermente le gambe. Il Generale si calò i calzoni. "Promettimi che domani gli farai sputare il nome del pilota, Generale, promettimelo!"

Ze Zè Livingstone possedette Paula con bestialità sul tavolo, tenendo la testa in alto, con la bava alla bocca. "Unngh, si...te…lo… prometto…"

Paula finse numerosi orgasmi, quand’ebbero finito, il Generale diede uno schiaffo alla donna, facendola sanguinare da un lato della bocca. Paula arretrò verso il muro, coprendosi con la sinistra.

"Lo farò, Paula, ma ricorda: io non ho paura. Non voglio sentirti più formulare una simile frase, hai capito, vacca schifosa? Il Generale Livingstone non ha paura mai, di nessuno!"

"Io…io ti odio, razza di maiale! Tu non mi porterai mai con te, vero?"

"Debbo ancora decidere." Senza lavarsi affatto, il Generale rimase in mutande e si infilò a letto.

"Ah, un’ultima raccomandazione: non fingere orgasmi in maniera così spudorata, donna: io non ne ho affatto bisogno!"

La notte passò in fretta, stremati dalle avventure e dalle fatiche, i prigionieri dormirono profondamente in una cella comune completamente spoglia, dal forte odore di orina trasudante dai muri e dagli angoli; Sara Wilson aveva dato una rapida occhiata alla ferita di Crotalo, ed aveva appurato con sollievo che se, naturalmente, la situazione non era migliorata, se non altro non era peggiorata. John Carter era stato coperto dalla giacca leggera Jesus color avana che Gano aveva fornito, rimanendo in maniche di camicia anche la notte: non pativa il freddo e non aveva mai indossato un maglione in tutta la sua vita. Teneva le maniche lunghe dai polsini slacciati. Carter sudava in preda ai deliri della febbre. L’unica a giovare di un po’ di umanità era stata Louise Manard, l’amica di Gano, che era stata fatta alloggiare in un’altra stanza, addirittura con un lettino da ospedale dove riposare.

Gli anfibi dei soldati del Generale rimbombavano nei corridoi, instancabili e rigidi alle consegne del loro leader.

Verso l’alba la risatina leggera di Sara Wilson destò molti degli occupanti della cella.

"Beh?" Chiese Gano, "Chette pija?"

"Ma niente, niente!" E cercò di coprirsi il sorriso con il dorso della mano. "E’ che stavo pensando al Doctor Crotalo!"

Sentitosi tirato in ballo, il bandito alzò lo sguardo verso la negretta; "Uno neppure può morire in pace! Naufrago del cielo, gambizzato, minacciato, ogni due secondi trova qualcuno che lo chiama figlio di puttana…e la cosa divertente è che non sa se sperare di farcela per arrivare al 31 o cercare di morire subito per NON arrivarci…"

Per un istante Gano e Sara incrociarono lo sguardo serio del bandito, che li stava scoltando senza voglia, quindi scoppiarono a ridere.

Doctor Crotalo scosse la testa e tornò a dormire.

Butch si lamentò girandosi nella sua mimetica. "Ma che cazzo vi ridete, porca troia? Fatemi dormire."

Anche Padre Joseph, nel suo dormiveglia sorrise, senza aver capito nulla.

Poi, come resosi conto d’improvviso della situazione del rivoluzionario, i due tornarono seri. Gano si mise a sedere con le spalle al muro, fissando lo spioncino della porta. "Io non voglio aspettare che quel maniaco fanatico di Ze Zè Livingstone decida della nostra sorte dopo aver tirato di coca…non so il Crotalo, ma io non ci stò."

Sara sorrise contenta, Butch si alzò sulle braccia girandosi il berretto.

"Sul serio?" chiese all’italiano.

Gano annuì, stringendo le labbra.

Butch si mise seduto, guardando Sara e Gano. "Dobbiamo stare uniti e svegli, cercando il minimo appiglio per tentare una sortita. Anche il più piccolo, insignificante appiglio cui aggrapparci."

Gano e la Wilson annuirono in maniera convinta, coi volti in penombra; Anche Padre Joseph, come svegliato dalla nuova aria tra i prigionieri alzò il capo, parlando: "Contate anche su di me!"

"Bene!" Affermò Sara.

Poi Butch si volse al Crotalo.

"E tu, Crotalo? Inutile rammentarti ancora la tua situazione…tutto sommato che crepi qui o a Johannesburg non cambia di molto la faccenda per quel che ti riguarda ma…sei dei nostri?"

Doctor Crotalo annuì per un’istante, prima di tornare a guardare in avanti.

"Magnifico. Allora sarai la nostra punta di diamante. Sara, dobbiamo prendere tempo e comportarci in maniera tale che Crotalo riceva la dose di morfina che gli è stata promessa."

"Certo."

Gano si alzò scrocchiando la schiena. Aveva un’età indefinibile. "Oggi sarà una giornata terribile, Ze Zè ci interrogherà per sapere chi di voi è il famoso pilota."

Butch frugò nelle sue tasche, trovò il documento militare delle Nazioni Unite con su scritto pilota e tutto quanto, lo ingoiò in un’istante.

Fuori dalla stazione, intanto, i resuscitati aumentavano di numero.

Lo squalo resuscitato non si muoveva a caso come i resuscitati umani. Stava in attesa nel fango, e si metteva in moto solo quando avvertiva la massa melmosa scuotersi. I sei prigionieri stavano in fila con le mani legate dietro, sul bordo della famigerata piscina. Alle estremità della fila Walter Gano e Sara Wilson; Davanti a loro c’era un vero e proprio plotone di esecuzione comandato dal Generale Livingstone. Ai lati della stanza due file di lettini coi resuscitati catturati che si contorcevano immobilizzati.

Gano guardò in basso.

"Che c’è, italièn? Hai una strana espressione…non ti trovi a tuo agio?"

"Beh, a dir la verità no. Me pare da stà nella favola di peter Pan…solo che tu non sei capitan Uncino, ed io sono troppo vecchio per fare uno dei bambini dell’Isola che non c’è!"

"Non so chi sia questo Peter Pan, Gano, ma sono lieto di vederti col senso dell’umorismo intatto…Louise, quando prese contatto con me, mi ha narrato delle tue formidabili battute di spirito. Spero che almeno quelle non le ingoi, il nostro amato pesciolino dietro di te!"

"’Tacci tui."

"Allora, signori: Non ho tempo da perdere. Ho una proposta molto favorevole per tutti voi. Il pilota del cargo faccia un passo avanti, ed io prometto salvezza immediata per tutti gli altri. Il pilota rimarrà con me per una certa operazione, verrà retribuito e trattato come uno del mio esercito! Per quanto riguarda gli altri, verranno accompagnati fuori, muniti di una jeep, di armi e di provviste."

"E per io e Gano?" Chiese Louise, che stava vicino a Doctor Crotalo. "Noi due non c’entriamo niente con questa gente, come possiamo aiutarti nello scoprire chi di queste persone è un pilota? Cosa ne sappiamo, accidenti?" Louise sembrava una cantante Gospel: Aveva una massa enorme di capelli vaporosi e lucenti, tenuti alti sulla fronte da un nastro di stoffa rossa.

"Noi eravamo soltanto venuti per chiedere un favore, ma è stata una follia…" Louise Manard lacrimò; "Perdonami Walter, è stata una follia."

"Non è colpa tua." Gano sorrise dolcemente, "il problema sono questi pidocchi contaminati da un pezzetto di potere piccolo così…"

Gano aveva sul viso ancora il segno rosso dello scacciamosche del Generale. Egli mise le mani dietro la schiena e camminò verso lo spilungone, guardandolo con un largo sorriso.

"Vuoi davvero sapere perché siete stati infilati in questa lista, Louise?"

Il Generale spostò lo sguardo verso la donnona, senza allontanarsi dal poliziotto. "Perché il tuo caro amico Gano ha confabulato a lungo con Crotalo, quando li ha liberati dal cargo assediato, e sono sicuro che sappia chi era ai comandi dell’aereoplano. Dunque, il prete e la dottoressa sono esclusi, il vecchio pure, e tanto ormai sarebbe inutile…quindi il cerchio si stringe a due persone. Doctor Crotalo ed il Sergente Butch; Uno di questi due è il nostro pilota."

"Perché non dici ai tuoi soldati a cosa si riferisce quella tua certa operazione?"

"Uhm, cominci a rompermi i coglioni, Gano…non tirare troppo la corda…"

I soldati rimasero impassibili.

Doctor Crotalo sorrise, aveva voglia di fumare.

"Vuoi lasciarli a crepare perché sai che tanto qui nun ce stà gniente da fa’! Tra pochi giorni, forse tra poche ore, la superficie di questo posto sarà invasa da moltitudini di resuscitati, e tu sarai costretto a rinchiuderti in questa tomba; A meno che non trovi il modo di tagliare la corda, modo che i miei sfortunati compagni d’avventura ti hanno involontariamente fornito, giungendo qui col loro aereo. Sei un ber paraculo, Generale, nulla da dire!"

"Gano, bastardo, dovevo ammazzarti lo stesso giorno in cui ho visto apparire la tua faccia da cazzo qui dentro!"

Livingstone corse verso la Manard, la afferrò per i capelli e la trascinò verso i lettini delle creature. Gano gridò.

"Che vuoi fare, maledetto? Stai parlando con me, lascia stare quella donna!"

Livingstone rise forte, piegando la resistenza della donna con uno strattone del gomito; "Il tuo tentativo è stato patetico, Ispettore, i miei uomini non capiscono una sola parola d’inglese! Ma meriti ugualmente una punizione!"

Lentamente, subito aiutato da un nerboruto negro, Livingstone abbassò la testa della Manard verso il resuscitato prigioniero, che avvertendo una preda iniziò ad aprire e chiudere la bocca pregustando il momento in cui avrebbe strappato carne da quel corpo vivo e pulsante.

"Nooooooooooo!" Gridò Louise, ma non poteva assolutamente sottrarsi alla mossa combinata dei due aguzzini. Paula, da fuori il portone, rabbrividì, essendosi fatta un’idea di quello che stava accadendo in quell’orribile posto.

"Allora, gente? Il pilota del cargo si faccia avanti ora e questa grassona avrà salva la vita!"

Butch abbassò lo sguardo, sperando che nessuno lo stesse osservando, avrebbe voluto alzare il capo e gridare con quanta forza avesse avuto che il pilota di quel maledettissimo cargo era lui. Per salvare una vita umana.

Avrebbe voluto.

Gano scattò in avanti, ma il Crotalo lo mise a terra con una spallata, sedendocisi in pratica sopra.

Le mani premettero schiena e nuca di Louise verso la testa ondulante del mostro, che lacrimava pus e vermi. Le mascelle saettarono e la guancia della Manard esplose come colpita da acido liquido. Il resuscitato cercò di ingoiare in fretta la grossa fetta di carne scura come per paura che qualcuno potesse sottrargliela, mentre Livingstone e il soldato scaraventarono la povera donna verso un angolo.

"Pezzo di merda!" Gridò Gano sotto il peso del Crotalo, "sei un pezzo di merda, limortacci tua! Lasciami, maledizione! Lo voglio ammazzà cò le mani mia!"

Doctor Crotalo guardò verso il Generale, che d’improvviso sentì addosso il gelido tocco della morte. "Hai visto?" Gridò per scacciare lo sguardo del rivoluzionario, "hai sulla coscienza la sorte della tua amica! Diventerà una di loro, e la colpa è solo delle tue bravate! Se proprio vuoi saperlo, visto quello che t’è costato, ti dirò che avevi visto giusto! E’ tutto esatto, io partirò da solo con il pilota, lasciando questi quattro morti di fame a condurre una vita da topi di fogna! E glielo dico in faccia, tanto non capiscono un cazzo di quello che biascico!"

Paula si appoggiò alla porta, portandosi una mano davanti alle labbra, tossì per ricacciare le lacrime di frustrazione e delusione che sentiva crescergli dentro.

Louise stette nell’angolo, incapace di piangere; il morso ben tracciato che aveva sul viso sanguinava copiosamente senza dargli alcun dolore. Doctor Crotalo tornò ben dritto, schiarendosi la voce: "Saprai chi di noi è il pilota del cargo, Generale. E per te sarà una sorpresa. Dammi prima la morfina che mi hai promesso."

Negli occhi di Sara tornò vita. Accanto a lei John Carter guardava verso il niente, col camice sporco di sangue troncato sulla spalla.

Ze Zè Livingstone analizzò da dietro i suoi occhietti la richiesta del criminale, mordendosi un labbro. Il Crotalo sembrava remissivo. Finalmente remissivo di fronte ad uno più velenoso di lui.

"E sia, Crotalo…ma ricorda bene: basta giocare."

Un nuovo soldato arrivò trafelato nello stanzone, facendosi largo tra i fucilieri ed arrivando direttamente davanti al Generale. I due parlarono in francese.

"…Saranno almeno un migliaio, Generale…dovreste vederli…non si contano!"

Livingstone scosse il palmo della mano. "Impossibile. Fino allo scorso mese n’abbiamo contati a malapena duecento nel raggio di chilometri e chilometri. Ti sbagli."

"Per carità, Generale! Dammi ascolto! Alcuni sono resuscitati molto anziani, doveva esserci un cimitero piuttosto grosso nella foresta…qualche cimitero che non avevamo scoperto prima!"

"Merda! Sono arrivati al cargo?"

"No, no, ma ci giungeranno presto se non facciamo qualcosa!"

"Stà bene, prendi tutti gli uomini che puoi, compresi questi fucilieri e vai a spazzar via quei sacchi di pus dal mio territorio, fai il cazzo di quel che ti pare, ma tieni lontano i morti dal cargo! Ci siamo ben intesi, Manuèl?"

"Si, si, Generale."

Gli occhi impari del Crotalo scintillarono, e lui controllò le pulsazioni affinchè non facessero scorgere nessun’emozione al suo nemico; Doctor Crotalo conosceva una decina di lingue e dialetti, ed il francese era uno dei primi che aveva imparato.

Manuèl diede rapide spiegazioni ai fucilieri, che corsero fuori dalla sala con un gran baccano. Livingstone estrasse la sua pistola puntandola sul gruppo di prigionieri.

"La mia morfina, Generale."

"Al diavolo, Crotalo…"

"Stai perdendo tempo prezioso, cazzone, devi arrivare al cargo, trovarti una via di entrata, respingere l’assalto dei resuscitati chiusi al suo interno ed infine far partire quel bestione. Tutto questo prima che i resuscitati di fuori non raggiungano la stazione."

"Per l’inferno, tu…tu hai capito tutto quel che dicevamo!"

"Anche io!" Strillò Butch, con le vene del collo gonfie come corde di basso.

Ze Zè Livingstone corse verso un mobiletto posto sopra i resuscitati legati, lo strappò dalla parete e ne rovesciò a terra il contenuto. Cerotti, garze sterili, lacci emostatici ed una piccola siringa bianca dall’ago mozzo; Sparpagliò tutto sino ad impugnare con fare trionfante la piccola siringa.

"Eccola, eccola…ora te la inietto, ma tu non muovere un muscolo, non respirare neppure!"

"E chi si muove?"

"Qualcuno…" rantolò Gano, "…mi vuole spiegare cosa cazzo succede?"

"La Stazione U. N. O. Stà per essere attaccata da centinaia di resuscitati, Gano, e la nostra unica via di fuga stà per esserci preclusa!" Gli spiegò Butch fra lapilli di bava ed occhi strabuzzati.

Livingstone non si accorse neppure del fatto che tutti i prigionieri si erano allargati, allontanandosi dal bordo della piscina. Si piegò sul rivoluzionario strappandogli le bende ed i medicamenti. Gli iniettò bruscamente una dose di morfina. "Ecco!" rantolò strofinando un po’ di cotone con spirito per disinfettare, "con questa andrai avanti per qualche ora!"

Doctor Crotalo rimase immobile al suo posto.

"Verrete entrambi con me, tu e Butch, ma con le mani legate. Non ho più tempo per le stronzate!"

Il colpo arrivò preciso e rapido al lato del ginocchio di Livingstone, rompendogli menisco e rotula. Il Generale non ebbe neppure il tempo di gridare; si piegò su se stesso ed aprì la bocca per il dolore tremendo. Miriadi di ossicina incominciarono a vagare libere per il suo ginocchio.

Doctor Crotalo osservò la punta dei suoi stivali, camminò lentamente attorno al corpo rannicchiato e colpì col tacco l’altra gamba del despòta, il CRACK giunse forte alle orecchie di tutti i presenti, assolutamenti ammutoliti da tale scarica di violenza improvvisa. Stavolta il Generale gridò, stringendosi le gambe al petto come se volesse tenerle insieme, Doctor Crotalo colpì ancora il militare al volto, spezzandogli i denti.

Poi, con tutta tranquillità, andò verso Gano, dandogli la schiena.

"Slega."

Anche Walter si mise schiena al criminale, slegando in un baleno il rivoluzionario. Doctor Crotalo era esperto in resistenza al dolore ed alla prigionia, non si massaggiò neppure i polsi. "Da qualche parte dovrebbero esserci le nostre armi. Fatevi un giro e trovatele. Non dovreste incontrare difficoltà, visto che tutti i guerrieri sono fuori, in ogni caso fatevi spuntare gli occhi anche dal culo."

"D’accordo." Affermò Butch, una volta libero. Gano corse a trascinare via la povera Louise, mentre Sara e Joseph si occuparono di John Carter.

Quando tutti furono usciti Doctor Crotalo si avvicinò di nuovo al Generale.

Questi mugolava dal dolore, si avvide dell’uomo sopra di lui e roteò gli occhi cercando di incontrare lo sguardo del suo nemico, per saggiarne le intenzioni.

Doctor Crotalo afferrò Ze Zè per il bavero della giacca e lo trascinò senza ritegno verso la piscina.

"No, questo no!" Gridò Livingstone per un attimo dimentico dei suoi dolori. Crotalo non cercava vendetta, sapeva benissimo che in guerra nessuno avrebbe usato il guanto di velluto; Semplicemente doveva sbrigarsi.

Ze Zè aveva le dita delle mani insanguinate perché cercava di far presa sul pavimento per non farsi trascinare verso una fine orribile; Aveva le gambe che si muovevano a seconda dell’orientamento come quelle di un pupazzo inarticolato. Giunto sul posto Crotalo guardò un’ultima volta il volto del Generale, lo afferrò con entrambe le mani e lo gettò tipo sacco di immondizia nella melma, tirandosi poi in piedi senza sforzo; l’acqua della piscina non era molto alta, il criminale guardò il Generale annaspare nello schifo, prima che, puntuale, il pescecane non azzannasse il bacino del malcapitato. Lo squalo strizzò Livingstone tre volte, mentre questi cercava, gridando, di fare leva sulle fauci marcite del mostro.

"Ti avrei evitato questa fine, se avessi avuto la mia pistola, ma chissà che cazzo di fine gli hai fatto fare, Generale."

Il corpo grasso del militare scomparve nel fango insanguinato, mentre il Crotalo s’accendeva, impassibile, un’altra sigaretta.

Il gruppetto doveva fare in fretta. Il discorso fatto da Crotalo per ciò che concerneva il casino vicino al cargo riguardava anche loro, visto che non c’era altra via di uscita; stavano correndo disordinatamente lungo un corridoio dalla luce gialla, con in mano sacchi contenenti la loro roba. Walter Gano aveva rinfoderato la sua colt e trascinava Louise che voleva fermarsi ad ogni passo, supplicandolo di farla morire. Come se non bastasse aveva il cinturone del Crotalo penzoloni su una spalla, e pesava come un accidenti. Sara mandava occhiate al professor Carter, che, tuttavia, sembrava aver ripreso il controllo di se.

"Ce la faccio, ce la faccio, maledizione…quel porco s’è preso il mio braccio, non le gambe. Pensa per te, dottoressa Wilson."

Butch annuì verso Sara, che lasciò la stretta sul fianco dell’uomo in camice. Gano affiancò il gruppetto di testa. "Pensate che quel diavolo, Doctor Crotalo, si farà trovare?"

Sara lo guardò incuriosita, e Walter continuò: "Se, come mi dite, è destinato alla sedia elettrica, niente de più facile che ne approfitti per scappare ora!"

"Doctor Crotalo non gira mai senza le sue armi, Gano. Qui un uomo disarmato è meno che zero. Lo ritroveremo." Rispose Butch.

Il corridoio svoltava a L verso destra, superando un lavandino con la scritta non potabile ed alcuni fustoni per la spazzatura. Durante la corsa avevano incrociato alcuni vecchi di colore ed un paio di bimbi, che avevano manifestato per loro, al massimo, un po’ di curiosità.

Dovevano accelerare ancora.

Doctor Crotalo lasciò la sala della vasca e svoltò a sinistra, perché voleva salire a dare un’occhiata verso l’esterno, constatare il lavoro dei soldati nei pressi del cargo ed escogitare, eventualmente, un modo per arrivare a bordo sani e salvi. Impresa disperata, o quasi.

Qualche metro più avanti, Paula saliva i gradoni verso il portello di Stazione U. N. O. Con passo stanco e pesante, si reggeva al corrimano e si asciugava la fronte imperlata di sudore. Era ancora incredula, ma col passar dei minuti, la sua incredulità si avvicinava a qualcosa di simile alla furia; incontrò un soldato di corsa che quasi la buttò in terra con una spallata, aveva conosciuto carnalmente molti di loro, ma era certa che in caso di pericolo nessuno se ne sarebbe ricordato. In ogni caso, le cose lì di fuori non dovevano andare troppo bene. Arrivò al portello con il meccanismo.

Uno dei piantoni la apostrofò.

"Che ci fai qui, donna? Torna di sotto."

"Io…ho paura, Oman…voglio vedere come vanno le cose."

"Ti ho detto di andare di sotto, tra un po’ i nostri arretreranno e quassù ci sarà un gran trambusto. Và a scaldare il letto del Generale."

Paula sorrise, abbassò il capo, si avvicinò e scansò una ciocca di capelli dalla fronte.

Poi afferrò il fucile dell’altro piantone, appoggiato sulla parete.

"Ehi, che cazzo fai?"

"Apri il portello, o sarò costretta a farti del male." Paula puntò.

"Dammi quel fucile, puttana bianca, dammelo subito!"

La prima raffica tirò indietro la ragazza, che quando riaprì gli occhi vide una lunga scia di sangue, come un sorriso rovesciato, sul muro accanto alla manopola di apertura; Oman era lì, in terra, con gli occhi sbarrati.

L’altro tese le mani aperte, tremolando con le labbra carnose.

"Ehi, ehi, ferma, sei pazza? Io non ti ho mai fatto niente, ricordi? Ti ho sempre trattata con rispetto, io!"

"Apri il portello. Ti aiuto."

"Vuoi davvero aprire il portello? Ma non so come vanno le cose su, e…potremmo anche fare un grosso guaio!"

Paula puntò di nuovo.

"Okai, d’accordo, facciamo come vuoi tu, ma devi essere completamente impazzita!"

Il soldato iniziò a girare la manopola in senso antiorario, mentre Paula fece al contrario, poggiando il fucile per terra; le catene cigolarono ed un sistema pneumatico fece scattare il portellone verso l’alto. Un po’ di luce e l’aria fresca cominciarono a penetrare l’ambiente.

Gli spari erano stati chiari e secchi, sotto la volta delle scale. Calibro uguale a quelli usati dalla milizia di Ze Zè, e non potevano essere stati sparati verso un resuscitato perché essi non avevano nessun senso del sociale, dell’organizzazione. Quindi che pericolo poteva mai venire dal portello chiuso? Doctor Crotalo avvertì l’assenza delle sue armi quando mise il piede sul primo gradino. Un’odore di donna lo raggiunse alle narici, facendolo rallentare un poco. Poi voci, uno stridìo intenso e l’aria fresca. Che stava succedendo? Perché avevano aperto il portello superiore con tanta fretta?

La carotide recisa provocò uno sbocco di sangue rapido e rigoglioso, tanto che, in breve tempo, la giacca verde del soldato divenne rossa. I resuscitati lo sdraiarono per terra ed incominciarono a banchettare, iniziando dalle parti più tenere, occhi, lingua, organi sessuali. Il soldato si muoveva come sotto l’effetto dell’elettroschock, flettendo le dita delle mani ed i piedi, sputando sangue ed esalando l’ultimo respiro. Per i resuscitati, il pasto andava ad incominciare.

Erano spuntati dal nulla, come formiche; e come formiche sembravano scambiarsi un muto segnale di adunanza: presso la porta che dava sottoterra c’era cibo. Tanto, e fresco.

I soldati avevano tentato di raggiungere di nuovo l’apertura, ma doveva esser successo qualcosa, perché il portone era rimasto chiuso.

Avevano premuto il grosso pulsante rosso collegato all’interno, lo avevano schiacciato a lungo, ma il portone era rimasto chiuso.

Allora, presi dalla disperazione e con i resuscitati alle calcagna, si erano cominciati a sparpagliare per trovare una via di fuga. Quelli che si erano ostinati a rimanere per sparare o combattere, erano stati sbranati orribilmente.

Paula si affacciò guardando fuori senza eccessivi timori.

Il piantone era rimasto dentro, e gridava come un tacchino sgozzato.

"Come faccio a richiudere il portone da solo, eh, povera pazza!?! Mi spieghi come faccio? E poi, dove te ne vuoi andare? C’è la morte, li fuori!"

Paula uscì. Lasciò cadere il fucile ed avanzò un poco, vedendo il cadavere smembrato di un soldato buttato sul terreno come uno straccio, con la mano tesa a cercar il bottone dell’allarme. I resuscitati stavano vagando confusamente nei pressi, dappertutto…contendevano tra loro pezzi di femore, polmoni, muscoli duri, cuori strappati alle loro vittime. Un osceno ed infernale pollaio silenzioso.

Il cargo stava tronfio alla fine della pista, qualche resuscitato cercava di arrampicarsi, altri vagavano sotto di esso, con una parvenza di memoria ottusa che li spingeva ad avvicinarsi. Paula tirò via una ciocca di capelli e guardò incerta: come avrebbe fatto a girare il cargo con il giusto verso per prendere quota? E chi lo avrebbe guidato?

Ma, soprattutto, la domanda che gli martellava più la testa in quel momento era: che cosa ho fatto?

Come conscia in quel momento di tutta la situazione, Paula si voltò di scatto, trovandosi di fronte ad un gruppetto di resuscitati che brancolavano sull’uscio della Stazione U. N. O. Doveva superarli per poi rientrare nel portone. Più facile a dirsi che a farsi.

Le creature puntarono subito verso di lei, protendendo le mani (chi poteva) ed il muso in una primordiale espressione di caccia. Paula roteò gli occhi notando il fucile in terra, dietro gli esseri. Prenderlo sarebbe stato inutile: una volta giunta aldilà dei morti si sarebbe semplicemente infilata nella Stazione. Altri resuscitati convergevano nel portone aperto, incominciando a scendere con passo grottesco; se doveva passare, doveva passare subito.

Fece un passo indietro, alzò il gomito sulla sinistra e scattò come un giocatore di football, cozzando sui primi due mostri. Gli altri, sorpresi dallo scatto repentino, si mossero sul posto, allargando le braccia tremolanti. Paula arrivò a tiro delle scale ma si accorse che una creatura la teneva per il maglione. Era un resuscitato anziano, al limite delle forze; non tirava verso di se, semplicemente portava una morsa ferrea al tessuto del maglione. Paula strattonò, ma quello resistette; allora se lo sfilò di corsa, restando in reggiseno. Davanti gli si prospettavano altre creature che stavano scendendo i gradini, li spinse come una monella e li scavalcò, quando questi caracollarono in basso.

"Humbert! Humbert! Dobbiamo richiudere il portone, i mostri hanno ucciso tutti!" Chiamò a gran voce, giungendo sul piano del meccanismo.

Humbert la fissava.

Le mani dei resuscitati frugavano lentamente le intestina del soldato, non avendo più nulla da estrarre grattavano e strappavano la spina dorsale, cercando di spezzarla; stavano chi seduti chi carponi attorno al cadavere, scavato come un panettone da bambini avidi. Finalmente il saccheggio corporale ebbe fine, e la testa di Humbert rotolò, con gli occhi spalancati.

Paula gridò con tutta la sua voce, coprendosi la bocca con le mani.

"No…no, non può essere…è…la…fine."

Alle sue spalle giunsero i resuscitati che si erano alzati dal capitombolo, afferrandola per le spalle e tentando di morderla sul collo.

Doctor Crotalo utilizzò –con facilità, invero- le sue capacità in arti marziali per atterrarli e liberare la ragazza. Una volta liberata dalla stretta dei mostri, quella restò imbambolata, scuotendo il capo. Crotalo la strapazzò per riportarla alla realtà.

"Stupida puttana, che cosa hai fatto?"

Il rivoluzionario restò in attesa, poi la lanciò verso l’interno di Stazione U. N. O.

"Hai completamente precluso a tutti noi la possibilità di una salvezza! Te ne rendi conto, maledizione?"

"Tanto sarebbe stato inutile. Serviva un trattorista, e non c’era tempo…i soldati sono morti, tutti…"

"E tu che speravi di fare? Girare quel bestione e volartene via? Pensavi che fosse come guidare una Cadillac?"

"Io…non lo so; forse volevo solo vendicarmi di Ze Zè, di tutti."

Doctor Crotalo si voltò, tenendo sempre la ragazza per un braccio.

"Li senti? Stanno scendendo, tutti quanti…sanno che ora il cibo in superficie è finito, e vengono a cercarlo qui…tra poco saremo in trappola! Ma giuro davanti a Dio che se ti salvi dai morti ti strangolo io con le mie mani!" Crotalo aveva un alito caldo e gradevole.

"Allora perché mi hai salvata?"

"Perché prima di tirare le cuoia voglio approfondire un’idea che mi gironzola per il cranio."

Ma proprio in quel momento il bandito ruzzolò a terra, come colpito da una pistolettata; Paula guardò inebetita, guardò il bandito stringersi la gamba che perdeva sangue a getto. Il buco perdeva ogni minuto di più.

"Vattene, comincia a correre."

"Ma…"

"Vattene, maledizione! Devi trovare gli ex prigionieri con le armi…ne va della tua vita, più che della mia!"

La ragazza scomparve dietro un angolo.

Doctor Crotalo si trascinò con le spalle al muro, la ferita cedeva, ma non faceva più male di prima. Strinse attorno ad essa un altro fazzoletto, che annodò aiutandosi con i denti, poi sospirò forte, notando le prime sagome dei morti giungere a lui. Dio, come sarebbe stato facile fargli saltare quei crani marciti con un colpo di fucile, sarebbe stato né più né meno come tirare al Luna Park. Invece poteva, al limite, tentare una scarpata, od uno sputacchio.

"Eccoli!" Gridò poi Butch, indicando i mostri all’orizzonte.

"Crotalo!" Chiamò pure Gano, lanciando la pistola al rivoluzionario. Questi l’afferrò gettandosi di lato: la testa del resuscitato saltò come un fico maturo, proprio come nei suoi pensieri. Anche Butch aprì il fuoco, ed anche quelli che non centrava in testa, erano rimandati indietro dal contraccolpo. Il bottino di Gano era di due su cinque. Aveva visto un mucchio di film dell’orrore nei quali i protagonisti beccavano al primo colpo le teste dei mostri, ma lui, che non era un novellino, ne riusciva a centrare a malapena due su cinque.

Sara, Carter e Louise erano rimasti più indietro, con Padre Joseph che li controllava a vista.

L’ultimo del gruppetto di resuscitati si afflosciò contro la parete, sputando sangue verde.

"Okay, bel lavoro, gente!" Commentò Butch, abbassando il fucile.

"Com’è la situazione, su?" chiese Joseph, timorosamente. Il Crotalo, che era rimasto per terra, fece di no col capo, gettando Sara e Carter nella disperazione.

"Vuoi dire che non è possibile raggiungere l’aereo? Oh Dio, no!" John Carter alzò il capo al cielo, mentre Sara aiutò il bandito a rimettersi in piedi. "Dio non c’entra un cazzo, professore: se ci troviamo in questa bella situazione è per la ragazza che vi ha condotti qui."

Come per effetto di una chiamata, Paula comparve da dietro il corridoio, con addosso la giacca di Gano.

Tutti la guardarono.

"Che significa?" Chiese Sara.

Il Crotalo indicò Paula con una rotazione del mento.

"Deve aver scoperto il piano del suo galoppino e per vendicarsi ha aperto il portone della Stazione."

Gano applaudì la giovane. "Brava. Bella prova!"

Butch gettò il berretto per terra, con forza. "Ma porca puttana! Mi chiedo se non stiamo ammattendo tutti quanti, gente! Questo sconvolgimento stà facendo friggere i cervelli di tutti quanti! Mi spiegate cosa facciamo, ora?"

Butch camminò in cerchio, contando con le dita.

"Abbiamo tre feriti, poche munizioni e nessun mezzo per spostarci da qui…cosa facciamo?"

Gano sorrise spingendo Sara e il Crotalo. "Intanto ci spostiamo, prima che arrivino altri mortacci da quella scala."

"E poi Doctor Crotalo ha un piano."

La voce di Paula arrivò improvvisa, tra lo spagnolo, l’inglese ed il francese. Butch sistemò uno spallaccio e gridò verso la ragazza, sturandogli un timpano: "Ma che vuoi? Che piano? Che cazzo farnetichi? Non ti bastano i guai che ci hai procurati? Meriteresti di essere fucilata qui, ora! Di che piano parli, quel poveraccio riesce a malapena a camminare!"

"Diglielo, Crotalo."

Doctor Crotalo tirò un lato delle labbra, come chi stà per sputare, poi sfidò lo sguardo di tutti, rimanendo in silenzio.

Butch morse la fine del sigaro, giungendo davanti al bandito. Guardò prima Paula poi ancora il Crotalo, mettendosi molto vicino.

"E’ vero quello che dice questa pazza? Hai un piano?"

Sara spalancò gli occhioni, Doctor Crotalo mosse le mani, perché si stavano addormentando.

"Se hai un piano, Doctor Crotalo, devi dircelo ora, i resuscitati saranno qui a momenti, e non saranno i pochi di prima…" il pollice indicatorio di Butch rimase nell’aria un paio di secondi, prima che il criminale rispose.

"E’ una follia. Se non funziona avremo solo allungato la nostra agonia."

Gano allargò le braccia. "E capirai, tanto qui è un mortorio!"

Butch lo zittì col palmo della mano, fissando le pupille piccole del Crotalo.

"Non ci credo che è una follia, Crotalo! Tu sei il primo che è scappato dal braccio della morte due volte…il grande Doctor Crotalo pensa solo piani con un’alta percentuale di successo…forza, cosa ti passa per la mente?"

"Il treno sotterraneo, quello che è stato interrotto…"

"Si? Avanti, non farti cavare le parole di bocca!"

"Il grassone ha detto che non è stato sperimentato,e che quindi potrebbe non funzionare…"

Gano caricò la sua colt, e concluse il pensiero del criminale: "Nessuno ha negato che potrebbe anche funzionare!"

"Esatto. Se funziona, anche se per un solo centinaio di chilometri, siamo già fuori da questo inferno."

Anche Carter ne convenne, "si! E saremmo anche più vicini a Johannesburg!"

Padre Joseph non trattenne un sorriso, volgendosi a Butch.

"ma…e tu sapresti guidare un coso del genere, Sergente?"

Il Sergente raccolse il berretto e se lo calò in testa. "Puah, ho guidato cargo, elicotteri e mezzi pesanti…per cavarmi da questa situazione mi metterei al volante della macchina di belzebù senza freni, se necessario!"

"Ben detto!"

"Ma, dove cazzo è questa metropolitana?" Chiese Gano con la curiosità di un bambino.

Doctor Crotalo zoppicò verso Paula, prendendola per un’orecchia.

"Sarà questa cagnetta a portarci là."

"Io non l’ho mai vista, ma so qual è il suo hangar…"

"Allora coraggio, e che ognuni si raccomandi al suo Dio, se quell’affare non dovesse partire."

Gonfio come un gufo appollaiato sull’albero, il silenzio scese sul gruppetto di sopravvissuti che ripresero il cammino sotto la volta.

Gano infilò le mani in tasca e camminò in silenzio per alcuni metri, sino a che Louise non lo raggiunse.

"Oh, Louise! La tua ferita come và?"

"Per ora sopravvivo, ma resto un pericolo per voi, e tu lo sai bene!"

"Bah, qui è diventato pericoloso pure fare un peto. Pensa soltanto a giungere a Johannesburg…non è detto che laggiù non si possa fare qualcosa per te."

"Per carità, i dottori sono la medicina peggiore di ogni malattia! E tu come stai? Ti vedo cupo, silenzioso."

"Stavo pensando al popolo di Livingstone, a tutta quella gente…si sono rintanati chissà dove…potremmo portarne molti con noi e…"

"La morte del Generale è già cosa nota, e sono spiazzati dalla notizia…non li vedremo Gano, non vogliono farsi aiutare da noi, dal Crotalo."

"Preferiscono morire? Nessuno preferisce la morte ad una pur piccola speranza di salvezza!"

"Questo paese è strano, Gano, ancor più strano per un occidentale come te…qui le tradizioni, le paure, i misteri sono così radicati che nemmeno una catastrofe come quella dei resuscitati può farle variare più di tanto…"

"Già." Bofonchiò lui, per nulla convinto.

Le ombre lunghe dei fuggiaschi ondeggiarono per qualche minuto, prima di spegnersi del tutto in fondo al corridoio imperioso.

Guidati da Paula, presero un’ascensore largo ed alto, simile a quelli ospedalieri, che portarono il gruppetto ancora più in profondità; Butch Garrison buttò il capo all’indietro, facendo un lieve rumore con la zucca.

"Chi ci dice che questa bastarda non stia inventando un’altra diavoleria per vendicarsi di noi?"

"No! Io non intendo far del male a nessuno di voi…Ze Zè mi aveva promesso una via di fuga, ma era una menzogna…mi ha usata in tutti questi anni, ha avuto quel che si merita."

"E poi a cosa le servirebbe?" Aggiunse Gano, "è nella nostra stessa, identica situazione, con la sua mossa avventata rischia la pelle esattamente come noi."

"Sarà." Concluse Butch, chiudendo gli occhi.

Doctor Crotalo respirava forte. Aveva un braccio teso contro una parete dell’ascensore, l’altro intorno al collo di Sara, che faticava non poco per tenerlo in piedi.

"Dio!" Gli disse Butch, "sei ridotto da fare schifo!"

Anche Sara guardò il bandito, "è vero…sei sicuro di farcela?"

Quello annuì, ciondolando un po’ la testa.

"Sicuro. C’è un mucchio di gente importante già piazzata dietro il vetro della mia sala friggitoria. Non possiamo farla aspettare troppo. Ce la faccio."

L’ascensore, che aveva soltanto un pannello con un bottone blu ed uno nero, si assestò silenziosamente, aprendo le porte per liberare gli occupanti.

Il posto era pulito e discretamente illuminato, ampio; immerso in un silenzio innaturale.

Lentamente e con circospezione tutti gli umani abbandonarono l’ascensore, che restò aperto. Si guardarono intorno, ed il loro battito cardiaco tornò sotto controllo.

"E’ così calmo qui…" disse a fil di voce Louise, quasi incredula.

"Perché non restiamo qualche giorno?"

Tutti si voltarono verso Padre Joseph, che stringeva i pugni.

Si fece avanti con convinzione e raggiunse il centro del gruppo.

"Sappiamo che di sopra ci sono delle provviste, e qualcuno di noi potrebbe andare a prenderle…una volta chiuso l’accesso all’ascensore nessuno potrebbe disturbarci. Potremo riposare, curarci e –perché no?- permettere ad un essere umano come il Crotalo di godere ancora qualche giorno in più della propria vita! Che ve ne pare? Siamo stanchi, afflitti, sfiduciati…" camminò verso tutti i compagni, prese Gano per il bavero della camicia, ma quello rimase impassibile; allora si volse a Butch che gli fece di no col capo. Infine Carter lo accarezzò sulla schiena.

"Apprezziamo il suo tentativo, Padre, ma…qui l’aria non ci sarà per molto, e sopra le condizioni potrebbero peggiorare ulteriormente…potremmo non avere più le condizioni per lasciare la stazione; lo capisce, vero?"

Il prete si passò una mano sui pochi capelli, asciugandosi il sudore gelido con un fazzoletto.

"Io…si, avete ragione! Bisogna proseguire…"

Butch imbracciò il fucile.

"Allora, piccola, per dove si va?"

Paula indicò una strettoia alla destra del gruppo, che muovendosi per una cinquantina di metri, incominciò ad intravedere sotto il marciapiedi i binari.

Camminarono ancora sino a giungere alla fine del camminatoio, che si allargava come a formare un’ampolla ferrata. Una volta c’era un portale, ma era stato tolto dai cardini; o mai montato. Il mezzo era li, lucido e perfetto, con le portiere chiuse ed i fili elettrici attaccati alle giunture del soffitto.

Assomigliava ad un rapido giapponese.

Macchinari ed attrezzi giacevano per terra, disordinatamente.

Il gruppetto si avvicinò alla spicciolata, senza dir nulla. Butch sollevò il berretto e si grattò il capo.

"Mai vista una cosa del genere! E’ un bell’attrezzo, non c’è che dire!"

"Facciamo il punto della situazione." Consigliò Gano, facendo sedere Louise su una cassa.

"Allora, siamo arrivati al famoso treno sperimentale; le domande sono due: il generatore sarà in funzione? Se no, dove trovarlo? E poi dobbiamo considerare la seconda domanda! Questa è la stazione di partenza, e sappiamo che da qui questo coso non s’è mai mosso…ma le altre stazioni? In che stato si trovano? I resuscitati saranno riusciti a penetrarvi?"

Le domande rimasero nell’aria, nessuno aveva voglia di trovargli una risposta.

Paula si avvicinò al poliziotto.

"Il generatore non è lontano da qui, me lo ha riferito un soldato di Ze Zè che fu portato qui per essere picchiato a sangue come punizione; Non è un problema metterlo in funzione, è una semplice leva di tensione."

"Bene. E questa è una."

"Per le altre stazioni non so cosa dirvi…avete l’aria di averne già passate tante!"

Dopo una decina di minuti, Butch armeggiò con uno sportellino sul lato sinistro del vagone di testa, simile a quello per la benzina delle automobili; in un attimo lo sportello fischiò aprendosi, e il soldato scivolò nell’abitacolo futuristico, accendendo le luci in tutto il corpo del treno.

Poi aprì anche gli sportelli del vagone immediatamente dietro quello di testa.

"Yuupieeeeee! Coraggio, saltate su, questo attrezzo è un drago!"

Gano e Sara diedero la precedenza ai feriti, poi furono tutti a bordo, tranne Paula.

Butch si sporse dal suo posto di guida.

"Io vado a dare tensione all’impianto, voi state pronti a partire."

Butch gli puntò il fucile dal finestrino.

"Eh no, cocca: ti accompagno io o viene Gano con te…da sola non vai da nessuna parte!"

Di nuovo ci fu suspance, poi la giovane allargò le braccia, indicando col capo una torretta alle sue spalle, alta un metro da terra.

"Il generatore è quello, Sergente: mi avvicino, apro e giro la levetta. Se vedi qualcosa che non va apri pure il fuoco!"

Butch morsicò il sigaro, girandolo da una parte all’altra della bocca. Mirò.

Walter Gano lo indicò. "Stai calmo Butch! Calmo!"

"Quella puttana stà prendendosi gioco di noi, non l’avete capito?"

Doctor Crotalo seguì la scena con la gamba tesa, sudava e respirava forte. Fissava i due protagonisti. Paula si avvicinò alla torretta.

"Ecco, io stò andando, Sergente…"

"Ed io ti faccio secca. Ho detto che uno di noi verrà con te, tu apri quello sportello ed io ti scaravento all’inferno! Giuro su Dio!"

Paula alzò le mani, si piegò sullo sportello e lo toccò con due dita.

"Fermo, Butch! Non sparare…stà calmo e non sparare…maledizione!"

Gano fece un passo verso il soldato, ma questi girò il fucile verso l’interno della carrozza, facendo gettare in terra per il terrore Sara e Louise.

Gano gridò: "Ma che cazzo vuoi fare? Sparare ad uno di noi? Ti sei bevuto il cervello? Abbassa quel cazzo di fucile!"

"Non volete capire…è così che abbiamo perso…prima i piantoni, poi Stecco ed infine la gente di Stazione U. N. O. Grazie a queste carogne! Noi ci fidiamo e loro ce lo mettono in culo!"

Butch aveva di nuovo un’espressione folle.

"Abbiamo bisogno di te, Butch…ragiona! Sei l’unico insostituibile, noi non sappiamo far funzionare questo treno…cerca di ragionare o…"

"O…?"

Un rumore ridondante e pieno investì la sala, come una sirena, ma più sottile, in sottofondo. Il generatore sbuffò e si mise a girare a pieno regime, come una catena di montaggio tutti gli ingranaggi ed i meccanismi del treno si misero in funzione; la luce crebbe di intensità.

Paula aveva girato la leva.

Butch si guardò intorno, abbassando il fucile.

"Ecco, qui è tutto a posto."

Gano battè la spalla del Sergente, affacciandosi dal finestrino.

"Allora salta su, ragazza: ce ne andiamo."

Padre Joseph esultò, stringendo le mani di Sara, anche John Carter sorrise tra lo sporco del viso, togliendosi gli occhiali con un gesto nervoso.

Paula rimase ferma sulla piattaforma.

Gano si affacciò ulteriormente, poggiando le mani sul metallo freddo.

"Io non verrò con voi."

Silenzio gelido.

"Non verrò. La mia vita non ha alcun senso, né qui, né da altra parte."

"ma…ma cosa significa, porco Giuda? Proprio ora che le nostre speranze di salvezza crescono notevolmente tu…"

"Ho deciso di restare. La mia gente è questa, ora. Che io lo voglia o no. Non mi va di ricominciare da qualche altra parte, e poi per cosa? Magari la prossima stazione è peggiore di questa. Se devo morire morirò qui. E guarda che ho già deciso, quindi vedi di non sputare qualche altra stronzata."

Gano si accorse di esser rimasto a bocca aperta, la richiuse e parlò forte, senza togliere gli occhi dalla ragazza.

"Crotalo! Ehi, Doctor Crotalo!"

Gli occupanti della seconda carrozza guardarono confusi verso il criminale. Gano chiamò ancora.

"Mi senti, Doctor Crotalo?"

Il Crotalo alzò gli occhi stancamente, verso il poliziotto.

"Ti sento, sbirro."

"Passami una delle tue pistole, per favore."

Doctor Crotalo guardò verso Sara, che stava seduta compostamente vicino a lui, tormentandosi le mani esili. Sfilò una Beretta dalla fondina, la girò verso il calcio e la porse alla dottoressa. Poi le indicò Gano con un gesto del viso.

Sara si alzò di scatto, con pochi passetti raggiunse il poliziotto, che senza guardarla tese la destra, aprendola.

Sara gliela passò. "Eccola."

Gano tirò la pistola alla giovane donna chiamata Paula, che la afferrò al volo.

Walter tirò su col naso, per darsi un contegno.

"Che Dio ti benedica."

Paula si strinse nelle spalle, il calcio potente della Beretta le infuse un po’ di sicurezza.

"Grazie."

Butch chiuse gli sportelli, abbassò la leva del fermo e tirò in basso quella acceleratrice, facendo muovere il treno, che dopo un paio di singhiozzi imboccò l’oscurità, lasciando negli occhi azzurri di Gano l’immagine di una ragazza armata di pistola, con indosso la sua giacca.

 

***

 

Non avrebbe saputo dire con precisione il tempo passato appennicato sul sedile di plastica super – lusso del treno sotterraneo, quando Walter Gano riaprì gli occhi si ritrovò curvo a braccia conserte, indolenzito; guardò sbuffando il suo Seiko a lancette antico, che gli indicò approssimativamente il fatto che aveva dormito per una quarantina di minuti. Non di più.

Sparsi sul resto della carrozza stavano gli altri, Doctor Crotalo guardava fuori dal finestrino l’oscurità intermittente, Sara dormiva profondamente accanto a Padre Joseph, che aveva la bocca aperta ed una posa scomposta; John Carter se ne stava sdraiato su tutte e quattro le file dei posti a sedere, bofonchiava nel sonno, pareva sofferente; con il braccio teneva la parte amputata, come se, in una reminescenza improvvisa, fosse ancora convinto di dover proteggere l’arto ferito.

Louise era sveglia. Aveva un fiore di carta nelle grandi mani ed i piedi lunghi sul parquet nuovo. Stava dritta con la testa appoggiata all’indietro. Guardò distrattamente il poliziotto che si rimetteva in piedi, massaggiandosi i reni. Gano strizzò un occhio grattandosi la barba. Il monotono ritmo delle rotaie. Sembrava tutto a posto, il treno filava che era una meraviglia.

"A che stai pensando?" Gli chiese Louise, dolcemente.

"Ma a niente, ad una cazzata!"

Butch si sporse dal suo sedile imbottito, aveva un piede poggiato in alto e succhiava uno stecco esile di liquerizia.

"Racconta anche a noi questo pensiero, Gano…servirà a tenermi un po’ sveglio; questa cavolo di metropolitana gigante va sempre diritta, rischio di addormentarmi ad ogni metro!"

Gano sorrise, cercò di ricomporre i capelli inutilmente, quindi andò a sedere vicino al conducente, voltandosi anche a Louise.

"Fra tutte le cose a cui dovrei pensare in un momento come questo…beh, mi vengono in mente solo stupidaggini, piccoli pezzetti di quotidianità che ora mi sembrano fondamentali per tirare avanti…"

"Nulla è più necessario del superfluo, diceva un tale." Affermò la Manard senza alzare il tono della voce.

"Tipo?" Chiese Butch.

"Tipo la mia macchina. Possedevo una vecchia Opel Kadett modello Olympia, bianca col tettuccio nero; era piena di buchi e mi piantava in asso nelle situazioni meno indicate: quand’ero in ritardo, ad esempio…o durante un inseguimento al Muro torto…quante volte mi ha fatto incazzare."

Louise rise di gusto, tenendosi la pancia e la bocca per non gridare. Anche Gano sorrise, ben sapendo che a volte la drammaticità d’un momento può scatenare ilarità come reazione, come valvola di sfogo.

"E poi che fine ha fatto?" Chiese ancora Butch, piuttosto divertito.

Walter si grattò la nuca.

"La parcheggiai in viale delle Milizie, sempre a Roma…poi non l’ho più vista, povera amica mia…"

Gano divenne serio, e nel vagone scese un terrificante silenzio. L’italiano prese ancora parola, rialzando la nuca.

"Quanto darei per poterci fare ancora un giro, uno solo, per le vie incasinate della mia città; poterla mandare affanculo di notte, in inverno, prendere a calci i suoi sportelli o il suo scassatissimo volante…" scosse il capo. "Ve l’ho detto, era solo una sciocchezza."

Butch tornò a guardare il rettilineo ferrato che aveva davanti.

Louise si voltò verso il professor Carter, che respirava pesantemente, in maniera per nulla naturale.

Lo indicò. "Ehi, avete visto quello? Non stà mica bene, per me!"

In effetti il respiro dell’uomo pareva un sibilo distorto.

Gano scambiò un’occhiata col Sergente e si avvicinò al professore disteso.

Lo prese per i fianchi leggermente, scuotendolo. "Professore, dite professore: vè sentite bene?"

Carter sudava copiosamente, aprì gli occhi e vide la figura appannata del poliziotto.

"No…io, credo di avere un attacco di cuore, ma…non c’è niente che possiate fare per me."

Walter fece sedere il professore, gli sbottonò il camice lacero e chiese a Louise di portargli un po’ d’acqua. Louise prese un borraccia metallica e la porse all’italiano, che fece sorseggiare un goccio di liquido all’uomo sofferente. Carter bevve un po’, poi rise piano, chiudendo gli occhi.

"Stò bene, stò bene, non preoccupatevi…non ho mai sofferto di cuore in vita mia…devono essere state le emozioni; si, tutte le emozioni patite in questo maledetto viaggio!"

Poi si coricò di nuovo su un fianco, accostando i piedi e coprendosi con il camice. Sembrava invecchiato di cent’anni.

Gano fece cenno a Louise di allontanarsi insieme a lui.

"Pover’uomo." Bisbigliò poi. Anche Butch parlò piano.

" Come è messo?"

"Male, poveretto."

"E c’è niente che possiamo fare per lui?"

"No. Dice di non soffrire di cuore e quindi non ha con se nessun farmaco."

"Uhm. Brutta faccenda."

Louise si strinse le braccia.

"Credete…credete che qualcuno di noi giungerà a Johannesburg sano e salvo? Che ci salveremo, insomma?"

Butch grugnì forte, si alzò un attimo, si tirò i pantaloni dal culo e tornò seduto. Gano si volse al Crotalo, che lo guardò negli occhi un’istante, si accese una sigaretta e tornò a guardarlo. Uno sguardo che poteva dire un miliardo di cose.

Allora Louise si voltò in fretta e tornò seduta, fissando il professore, in caso questi avesse avuto bisogno di lei.

 

***

 

Il treno superò la terza stazione deserta, con le cabine tecniche e del personale ancora sigillate nel nylon, polverose ma per nulla invase da organismi resuscitati o vari; Gano, Sara, Padre Joseph e Doctor Crotalo stavano in piedi dietro il vetro che li separava per metà da Butch.

"Finora è andata bene, ma…quanto credete che manchi ancora all’ultima fermata di questo affare?" Domandò la dottoressa come se parlasse a se stessa, Butch si tolse il sigaro di bocca, sembrava rilassato.

"Difficile dirlo, signora…se quello che ci ha detto Livingstone corrisponde a verità, il viaggio si concluderà tra meno di un’ora e poi dovremo proseguire a piedi o in un’altra maniera. Comunque poco."

"Allora dobbiamo in ogni caso prepararci." Crotalo fece scattare l’otturatore dal suo fucile, voltandosi ai due rimasti in coda.

"Dobbiamo svegliare i due poltroni, dilazionare le munizioni e le poche provviste. Non sappiamo com’è la situazione nel punto in cui il treno ci scarica."

"Giusto." Ne convenne Gano, recandosi dal professor Carter.

Faceva freddo.

"Professore, mi spiace per lei ma tra un po’ arriviamo, dobbiamo prepararci…"

John Carter era morto.

La situazione arrivò immediatamente al cervello dell’esperto Walter, che coprì gli occhi sbarrati dell’uomo con un lembo del camice constatandone la rigidità del rigor mortis.

Di li a poco giunse come una furia Sara Wilson, che si gettò sul corpo del professore, piangendo come una matta.

"No!!! Non anche tu, professore…mio Dio, basta, non ne posso più di questa storia…" Doctor Crotalo la tirò via, e lei scoppiò in un pianto ancora più disperato. "Non ne posso più…" scivolò seduta per terra, con la mano che copriva il pianto isterico. "Non ne posso più." Ripetè un’ultima volta.

Dopo la scarna ed innaturale cerimonia funebre svolta da Padre Joseph, il cadavere del professore fu portato in una delle ultime carrozze, e qui chiuso, perché da lì a pochi minuti esso sarebbe "tornato".

Doctor Crotalo sbattè la porta a scia e si trovò davanti Walter Gano.

"Dobbiamo dare un’occhiata alla tua amica."

"Che cosa intendi dire?"

"Che ha una brutta cera e sai benissimo che una fasciatura fatta in fretta e furia non potrà fermare il contagio. Lo sapevi da subito."

Gano parve cadere dalle nuvole.

"E con questo? Louise si è comportata straordinariamente bene finora, è stata la migliore di noi…quando la situazione peggiorerà troveremo una soluzione." Fece per passare oltre ma la mano forte del rivoluzionario lo fermò per un braccio.

"E’ proprio questo il problema. Noi non possiamo permetterci che la situazione peggiori. Non possiamo permettercelo, Gano! Non viaggi da solo, per la miseria!"

Gano voleva replicare, poi guardò in lontananza Louise, che sudava copiosamente sventolandosi con un fazzoletto viola.

Gano si liberò della presa.

"Ci penseremo quando la situazione peggiorerà." E si allontanò.

Il treno andò.

Louise aveva un senso di vuoto, un’acidità di stomaco inspiegabile, visto che non mangiava da un giorno e mezzo; boccheggiava cercando più ossigeno, le erano venute due occhiaie da far spavento e vedeva tutto con il color rosso accentuato. Voltò il capo in direzione dei suoi compagni, vide il Crotalo e Gano accesi in un’animata discussione, gli altri stavano accanto alla cabina di guida.

Passò mezz’ora.

Butch sorrise, tutto stava andando alla grande: tra non molto sarebbero giunti al capolinea anticipato e da li raggiungere la capitale non sarebbe stato più difficile dell’organizzare un pic – nic. Anche Sara, accanto a lui appariva più distesa.

Louise sedeva al solito punto, con di fronte il Doctor Crotalo che la guardava fissa da qualche secondo, con un’espressione vagamente truce; il criminale sedeva con la gamba bucherellata lunga sui sedili, il fucile appoggiato docilmente al petto, le mani ad abbracciarlo. Guardava.

Walter Gano passò tra i due, tenendosi con una mano agli appigli metallici inchiodati al soffitto con delle viti massicce.

Scambiò un’occhiata col bandito posizionandosi davanti alla donna.

"Come stai?"

"Stò male Walter. Male da non potertelo spiegare…"

Crotalo poggiò la gamba ferita a terra.

"Si, ma…cosa ti senti? La ferita butta ancora? O c’è dell’altro?"

Louise provò a sorridere.

"Dio, come sei ingenuo, Walter Gano…"

"La tua amica stà tornando." Disse Crotalo piano, senza guardare.

"Stà zitto!" Gli intimò il poliziotto.

"No, no, ti prego…quel farabutto ha ragione…sono troppe ore che mi sento in questo stato."

"Spiegami meglio."

"Io…non provo più dolore…semplicemente non provo più nulla, è come se un vuoto inesorabile mi stia inghiottendo…non ho mai provato nulla di più orribile…ti prego Walter, allieva il mio dolore…io…stò cambiando…"

Louise chiuse gli occhi.

"Cambiando come? Cosa stai chiedendomi, Louise Manard? Io non potrei mai!"

"Ti stò chiedendo la prova di amicizia più grande, italiano…non farlo fare a Crotalo; quello non aspetta altro." Faticò per sorridere ancora.

Il Crotalo non si mosse.

"Oh mio Dio…" Gano guardò con orrore la pistola che gli penzolava al fianco. Si pulì la bocca come per scacciare un gusto schifoso e parlò ancora.

"Vuoi che…" lasciò cadere la nuca come se la forza di gravità cambiasse d’improvviso le proprie leggi. Anche le mani si distesero morbide ai lati del corpo dinoccolato.

"…Vuoi che ti uccida."

Louise annuì faticosamente.

Doctor Crotalo notò che la donna non era più padrona dei propri muscoli; le mani e le gambe formicolavano sotto la pelle increspandola in mille venuzze, senza emettere alcun vero movimento articolare.

Louise schiumò dalla bocca, gli occhi lacrimarono una sostanza giallastra.

Louise aveva gli occhi chiusi.

Doctor Crotalo si alzò alle spalle del poliziotto.

"Falle saltare la testa ora, Gano. E’ già morta ed il corpo continuerà a muoversi. Falle saltare la testa o ci aggredirà."

"No, io…"

"Un resuscitato senza testa è praticamente innocuo, Gano…ma devi fargli saltare la testa ora! La stai solo facendo soffrire."

Louise si alzò senza aprire gli occhi, protese le mani e Walter era soltanto a pochi passi.

Allora Doctor Crotalo poggiò il calcio del fucile all’incastro con la clavicola e puntò, arretrando una gamba e torcendosi un poco di lato. La canna sfiorò la spalla del biondo davanti a lui.

"Tra un momento sarà finito tutto."

Walter Gano fu in quel preciso istante che recuperò tutto il suo bagaglio di nervi continuamente logorato. Scansò col palmo della mano sinistra la canna puntata del criminale, estraendo con la destra la colt Python 45; la nera bocca dell’arma da fuoco si posizionò sulle fauci spalancata del resuscitato donna, che muoveva le dita come tarantolato.

Gano lacrimò.

"Lo faccio io."

Doctor Crotalo abbassò il ferro.

Walter Gano si tappò l’orecchio con la mano libera, con la destra alzò il cane e chiuse gli occhi, contraendo l’indice sul grilletto uno, due, tre, quattro, cinque, sei volte.

Il cervello contaminato del mostro esplose inondando tutta la parete alle sue spalle di liquidi biancastri, mentre ricadeva seduto e sfilacciato.

La pistola picchiettò ancora sul tamburo esaurito che girava nel fumo, Gano riaprì gli occhi ricominciando a respirare. Crotalo gli abbassò il braccio.

"Basta. Lo hai fatto. Ora dobbiamo gettare il corpo di fuori."

Il rivoluzionario afferrò il tronco che incominciava a riprendere i movimenti e si avvicinò alle porte pneumatiche. Faticò non poco per trovare la leva di emergenza che fece aprire una sola porta, poi cercò di conservare equilibrio mentre la creatura ricominciava a scalciare.

"Forza, che aspetti? Dammi una mano!"

Gano accorse ed insieme spinsero il resuscitato fuori, che sparì nell’oscurità senza un rumore. Doctor Crotalo richiuse il portello, guardò Gano e si allontanò. Come automi, Sara, Butch e Padre Joseph tornarono a guardare la ferrovia davanti, senza fare domande.

Senza fare domande.

"Ci siamo."

Gradualmente il treno incominciò a rallentare, Butch girò il berretto con la visiera all’indietro, esplodendo in un sorriso che valeva dieci anni di vita.

"Stazione di Welkom, signori; Stazione di Welkom!"

"Non ci credo!" Affermò Sara. "Siamo arrivati!"

Padre Joseph l’abbracciò forte chiudendo gli occhi, Gano e il Crotalo controllarono le munizoni di pistole e fucili.

"Quante ne abbiamo?" Gli chiese Walter rinfoderando la colt.

"Poche." Rispose il criminale aprendo appena le labbra.

"In campana, gente!" Tuonò infine Butch girando per sempre la levetta di accensione e spegnimento. "Welkom non è Johannesburg, abbiamo ancora un mucchio di strada davanti; non sappiamo se questa zona sia meglio o peggio di quelle che abbiamo visitato finora. Quindi suggerirei di riprendere il cammino."

"A piedi?" chiese Joseph.

Butch annuì. "Si Padre, almeno finchè non troveremo un passaggio o un nuovo mezzo di locomozione."

Lentamente, i cinque superstiti lasciarono il vagone della super metropolitana, dirigendosi nel silenzio più assoluto verso la scala mobile spenta con su scritto exit e work in progress, il luogo si presentava come un antico cantiere totalmente in disuso, con le plastiche usate per coprire gli attrezzi e i nuovi macchinari rose dai topi o da qualcos’altro.

Uno scheletro umano giaceva con le dita strette intorno ad un piccone.

La risalita in superficie attraverso le scale mobili fu lenta e faticosa, sia per la stanchezza sia per la gamba del Doctor Crotalo, che doveva fermarsi spesso e bisognava continuamente del sostegno della Wilson. Il gruppetto giunse nel bel mezzo della scala.

"ssst!" Intimò il prete portandosi un dito alla bocca.

Gli altri tacquero, guardandosi intorno timorosi.

"Che c’è?" Chiese alla fine Gano, stanco di quel pesante silenzio.

"Non sentite questa musica?"

Crotalo inclinò leggermente il capo, guardando verso l’alto.

Butch scoppiò a ridere. "Saranno le trombe celesti che annunciano la nostra venuta, Padre!" E riprese a salire.

"Il prete ha ragione." Affermò anche il Crotalo, d’improvviso. Butch si fermò.

"Su c’è gente che stà ascoltando musica."

Sara sentì il cuore salirgli in gola. Ma non avrebbe saputo sincerarsi se per la gioia o la paura.

Semplicemente affermò, sforzandosi di apparire con un tono di voce normale: "I resuscitati non ascoltano musica. Finora non sono stati accertati casi di resuscitati con dei pur vaghi agganci a usi o comportamenti che tenevano quand’erano in vita."

"Lassù c’è gente viva e vegeta come me e voi!" Concluse il prete, affrettandosi sui gradini.

Butch lo afferrò per la giacca, borbottando da dietro il sigaro.

"Non fare il coglione, porca vacca! Potrebbe essere semplicemente lo stereo rimasto acceso di qualcuno che ha tirato le quoia!"

Sara era ferma esattamente al centro del gradino, e stava allargando le braccia.

"Va beh, ma tanto non possiamo mica rinfilarci nel treno, giusto? Dobbiamo comunque andare a vedere."

Gano e Doctor Crotalo si guardarono, imbracciarono per bene le armi ed andarono in testa, ricominciando a salire.

Padre Joseph si segnò.

"Signore mio, segui i nostri passi!"

I cinque riemersero in una vasta sala color crema, piuttosto malridotta. Alla loro sinistra stava un prefabbricato che indicava una biglietteria, i vetri nuovi erano stati distrutti e il suo interno usato come una discarica di rifiuti. Più avanti due stavano scopando per terra.

Un forte rimbombo di musica Techno.

Doctor Crotalo lasciò gli altri indietro e zoppicò verso i due focosi amanti, trascinandosi il fucile.

Afferrò lui per il collo tirandolo in piedi e lei –che stava praticamente nuda- gridò qualcosa all’indirizzo del bandito, che le puntò il fucile sul grugno.

"Stà zitta."

"Chi sei?" Mugulò il ragazzo bianco, cercando di tirarsi su i calzoni.

"E’ il Doctor Crotalo!" Esclamò la ragazza senza coprirsi, "non l’hai riconosciuto?"

"Che vuoi?" Il ragazzo tremava come una foglia.

"Cazzo succede qui? Cos’è questo casino?"

Il ragazzo sorrise, allargando le braccia.

"Ehi! E’ un party, amico!"

Il Crotalo si voltò un’istante verso gli altri, poi tornò a stringere il collo del ragazzetto.

"C’è il Guru Samansch a Welkom, Crotalo! E noi abbiamo organizzato una festa per accoglierlo degnamente!" Informò la ragazza cercando inutilmente di allentare la presa dal collo del suo ragazzo. Quindi il rivoluzionario lo lasciò cadere come un sacco di patate.

Butch si avvicinò al Crotalo.

"Chi è questo Guru Samansch? Lo conosci?"

Crotalo si accese una sigaretta, poggiando il fucile sul gomito.

"Hai presente il Generale Livingstone?" Rispose gettando il cerino, il Sergente annuì perplesso.

"Solo più grande." Concluse.

I cinque si allontanarono lasciando i due giovani e il criminale tornò a parlare.

"Da quando questa maledetta faccenda dei morti è incominciata, la brava gente e i capoccioni hanno tentato di trovare una spiegazione, improntando summit, tavolate di esperti, immancabili talk – show, tonnellate di merda gettate in faccia alle persone via auditel."

Sara rabbrividì.

"Naturalmente un mucchio di figli di puttana col pelo sullo stomaco ha trovato di che campare, organizzando piccoli eserciti della salvezza personali, o nuove religioni adatte a portarsi dalla propria parte masnade di creduloni in grado di abboccare all’idea che Gesù Cristo sia stata la balla del millennio e che questo casino ne è la prova!"

Padre Joseph si segnò.

"Guru Samansch è uno di questi. Ha mischiato un po’ di Cattolicesimo, un po’ di Buddismo ed una spruzzata di dei Africani per convincere gli stronzi che lui aveva previsto tutto e che soltanto convertendosi al suo credo si potrà salvare l’anima."

Tirò a fondo dalla sua sigaretta.

"Più o meno quello che fanno da sempre tutte le religioni."

Sara inasprì i suoi lineamenti, portandosi al lato del criminale.

"Tu non credi proprio in niente, eh, Doctor Crotalo? Sei come un animale attaccato solo al suo territorio!"

"Io non ho mai avuto un territorio, dottoressa. Ma è vero, non credo in un cazzo."

"Ma allora tutte le tue battaglie, gli scontri nei territori in cui Onu e Nazioni Unite non volevano ficcare il naso…?"

"Acqua passata. Io credo che se posseggo una bella casetta che fa gola ai miei vicini e ci metto un bel cartello con su scritto: vi prego, sono un uomo pacifico e non ho niente da poter rubare, trovo ugualmente, prima o poi, qualcuno che vuole metterci il naso per forza. Allora gli sparo addosso e agli altri passa la voglia di riprovarci. E' tutto chiaro?"

"Questa tua barbara visione della vita ti ha solo condotto ad una bella condanna a morte, te ne rendi conto, razza di…"

"Andiamo, Wilson! Io ho quarant’otto condanne rimediate in tutti i maggiori stati civili, e perché sono stato condannato a morire proprio a Johannesburg? Te lo sei mai chiesto?"

"Beh, perché Città del Capo non esiste più e…"

"Balle. Sono stato destinato in quella città di merda perché c’è l’ultima sede ancora attiva delle Nazioni Unite, e la mia esecuzione funzionerà da deterrente per un pò contro quanti hanno in testa di farla saltare, in tutto questo casino."

"Politica e sempre politica…ma ti rendi conto di quello che è successo? La politica non esiste più, Crotalo!"

"La politica diventa importante proprio in situazioni come questa, dottoressa: cosa credi che si agiti nei governi ancora funzionali? Se questo inferno avrà fine bisognerà che qualcuno sia già pronto a prendere lo scettro, e la morte in diretta di Doctor Crotalo sarà un eccellente campagna propagandistica."

"Stai solo cercando una giustificazione alla tua misera fine, Crotalo…mi dispiace."

Il criminale sorrise.

"Manca ancora qualche chilometro, al momento in cui metterò piede in quella fottuta camera, Sara Wilson…ancora qualche chilometro…"

La musica ti avrebbe spaccato i timpani al primo giro di basso, e le luci sparate sul soffitto impedivano una corretta messa a punto del cervello. Un palco costruito in fretta e furia portava sul fondo un telo bianco, fatto probabilmente con un lenzuolo trovato in giro; scritte in rosso inneggiavano a sconosciute divinità, puzza di fumo d'erba e di vino scadente.

Sotto di esso un centinaio di persone di tutte le provenienze ballavano come in trance, muovendo solo la testa e le spalle, in un ipnotico movimento ondulatorio. Sul palco Guru Samansch beveva da una brocca ambrata e poi danzava anche lui, col volto tondo rigato dal sudore e dalle finte lacrime di estasi; aveva in testa un cespuglio di capelli enormi, neri e ricci come una fetta di foresta fluviale, vestito di una tunica arancione ed ornato da una croce ribaltata.

Alle spalle del palco improvvisato si apriva l’ultima mini rampa di scale che portavano in superficie.

Per terra erano rimasti i più deboli o chi era rimasto sotto dalle troppe droghe ingurgitate. La gente ballava tra pozze di vomito e cadaveri di gente che non ce l’aveva fatta. Tra poco quegli stessi corpi si sarebbero rialzati per banchettare.

Altra gente stava appoggiata alle pareti laterali, scopavano e si scambiavano le lingue, tra festival di froci e di trans convinti di aver finalmente trovato la loro libertà.

Doctor Crotalo, alla testa del gruppetto, entrò nel salone (che in origine doveva essere una sala d’attesa), fermandosi un attimo per guardarsi attorno. La musica cessò, e subito Gano, Crotalo e Butch alzarono le armi, convinti di essere già in pericolo. Invece Guru Samansch aveva solo impugnato un comune microfono.

Gesticolava da perfetto frontier – man.

"Che questa cerimonia si sia svolta qui, nel cuore di una regione sempre definita selvaggia dagli uomini ciechi che si proclamano civili, rende ancora più gustoso il giorno del trionfo. Guardate e beatevi di ciò che vi abbiamo portato: musica, vino, sesso e comunità. La nostra ultima notte in questo inferno regalatoci da un falso dio della pietà sarà accompagnata dal pieno appagamento di tutte quelle cose che ci sono state negate da una società feroce fondata sul proibizionismo. Se solo ci avessero ascoltato, se solo avessero avuto la voglia di guardare oltre le loro case patetiche, le loro donne infelici e i loro figli già contaminati dal denaro e dai falsi ideali, ora non saremmo qui a celebrare l’addio del nostro credo a questo mondo. La setta di Guru Samansch lascia questo posto di eretici, rifiuta questa società che ci ha portati allo sfacelo, ai morti che camminano sulla terra!" Aprì le lunghe braccia accogliendo in esse il boato che giunse studiato e puntuale dalla folla ubriaca.

"Noi rifiutiamo questo mondo!"

Poi, in un attimo di silenzio, si udì una voce che si alzò dal pubblico verso i sopravvissuti.

"Doctor Crotalo! Hai il coraggio di presentarti in pubblico, bastardo rotto in culo!"

"Doctor Crotalo, Doctor Crotalo!" Le voci diventarono decine, ed anche il santone sul palco dovette abbassare il microfono per capirci meglio.

Un fascio di luce girò all’impazzata illuminando la faccia incattivita del Crotalo, che era rimasto fermo ed immobile.

"Cosa ci fa qui Doctor Crotalo?"

Di nuovo il tizio corse verso il gruppetto dei cinque, indicando il criminale. Era un uomo sui trentacinque anni di età, con una bandana sulla testa ed una giacca jeans striminzita indossata su un golf militare.

"Lui! Lui ha ucciso Marilyn Manson! Ha ucciso il nostro cardinale!"

Sara parve allibita, stirò le braccia in basso e guardò il bandito con gli occhi spalancati.

"Lo hai fatto davvero?"

Il Crotalo non si voltò.

"Durante una trasmissione televisiva, qualche anno fa. Non faceva che attaccarmi, quella checca isterica, parlava ed arringava il pubblico; era più bravo di me a parlare e così ho trovato un altro modo di farlo tacere."

"L’hai ammazzato durante la diretta televisiva?"

Quello annuì.

"Si, ed il conduttore vinse il premio dell’anno come trasmissione di attualità. I giornalisti non mi hanno dato pace per mesi."

L’invasato raggiunse finalmente il Crotalo, che scartò di lato e colpì l’aggressore alla base della nuca con una gomitata rapida come un fulmine

A ciel sereno. Quello stramazzò al suolo senza un gesto o un urlo.

Lo stanzone parve una polveriera pronta ad esplodere da un momento all’altro; Walter Gano e Butch si misero schiena contro schiena pronti a rintuzzare eventuali attacchi, ma non successe nulla.

La gente si volse verso il loro profeta, che incrociò le braccia sotto la tunica capace e riavvicinò il microfono alla bocca.

"State tutti fermi, non è accaduto nulla!"

Tutto il silenzio del mondo giunse nello stravagante raduno, poi centinaia di occhi scrutarono in tondo i cinque nuovi venuti: stanchi, laceri, feriti.

Due punk aiutarono l’uomo piombato in terra a riprendere i sensi.

"Ma, Guru…quell’uomo ha sfondato il cranio di uno dei nostri…" si lamentò il punk più alto, coi capelli rossi. Aveva il viso rivolto al palco, ma lo sguardo perso altrove.

Samansch drizzò le dita adunche verso il basso, rivolte a Doctor Crotalo, che si era lasciato l’aggressore alle spalle, senza degnarlo di uno sguardo; un gesto che invitava a farsi avanti.

Butch e Gano lo guardarono, poi attesero da lui il primo passo e lo seguirono in silenzio, scrutando dalla gente per scorgere un qualche nuovo atto di aggressione.

"Amici del Guru Samansch, miei giovani adepti…" attaccò il santone col tono di chi è abituato a farsi seguire a prescindere, "vi presento Doctor Crotalo ed i suoi amici, inviatoci qui come segno divino da non prendere in burla. Sarà proprio lui, il grande Doctor Crotalo, a celebrare il nostro addio alla terra!"

Di nuovo il boato, più forte di quello precedente.

"Che intende dire?" Chiese Sara, che aveva l’aria di un cerbiatto in una tana di lupi.

"Non lo so." Le rispose il Crotalo, ma aveva lo aguardo solito di chi si apprestasse ad uccidere.

"C’è anche un prete con loro, Guru!" Strillò qualcuno dal mezzo.

Samansch arricciò il labbro superiore con un’orribile espressione e sembrò prestare finalmente attenzione al manipolo alle spalle del criminale.

"Un…prete? Si faccia avanti, allora!"

Gli invasati si aprirono in due ali, ma Joseph parve terrorizzato.

"Cosa?" Gemette, "io andare li sotto…? Ma no, non ne ho nessuna intenzione!"

"Buuuuuuuuuuuuuu!" Ulularono gli adepti del Guru, facendo assordare il prete, che sembrò rimpicciolirsi.

"Ecco il ministro del Dio che ci ha condotti in questo inferno, amici miei: un piccolo, timido, spaventato coniglietto!"

Padre Joseph si schiarì la voce, tentò di allargarsi il colletto, ma non aveva più colletto da un paio di giorni.

"Buuuuuuuuuuuuu!" Gridò ancora la folla, il Guru dalla pelle olivastra sorrise mostrando una fila di denti gialli.

"Non hai allora nulla da dire a questa gente, caro pastore di anime?"

Joseph si volse disperato al Crotalo, i suoi occhi imploravano un consiglio, una decisione.

Il Crotalo gli indicò di avanzare col viso, i suoi occhi impari scintillarono tra le luci artificiali.

E Joseph avanzò, sempre tenendo la testa all’indietro, sempre tremolando.

Gli altri quattro rimasero fermi. Sara si aggrappò al braccio massiccio di Butch.

"Che vogliono da lui, Butch? Che cosa vogliono?"

"Uh; non lo so, signora. Non ci capisco niente, in questa gabbia di matti."

Padre Joseph avanzò. Quando intuì di non poter più avanzare si decise finalmente a scrutare in volto il suo interlocutore, inghiottendo un po’ di paura.

Qualcuno più vicino sputò al prete, che occhieggiò le macchie di saliva sulla sua giacca senza dire nulla.

"Che cosa vuoi?"

Il tono apparve più deciso, più sicuro. Il popolo zittì.

Guru Samansch sorrise sorpreso.

Doctor Crotalo guardò alle sue spalle.

"Gano, quanti colpi hai?"

Walter aprì il tamburo della sua colt.

"Una quindicina, compresi quelli nel tamburo."

"E tu, Butch?"

"Abbastanza da trascinare all’inferno con me parecchie di queste carogne."

Il Crotalo annuì, se doveva crepare si sarebbe presentato in presenza di messer Satanasso con un’intera fila alle sue spalle.

"Cosa hai da dire a questa gente, prete? Li hai visti? Gente che ha sfidato qualsiasi impervia per raggiungere il nostro party, per ultimare il nostro scopo. Sono riuscito laddove altre religioni hanno fallito: unire le più diverse specie di uomini!"

Padre Joseph lo guardò a lungo, in un’istante sfilarono nella sua mente un triliardo di cose, ma nessuna di esse riuscì a prendere al volo. Così rimase zitto.

"Allora, cosa hai da dire?"

Walter Gano si avvicinò al prete, guardando subito verso l’alto.

"Se vuoi posso dirtela io una parola, Guru Maranche o come cazzo ti chiami!"

Quello guardò torvo, placò la sua gente con una mano e poi, se avesse avuto un fulmine magico, di Gano non sarebbe rimasto che qualche pelo di barba.

Sara e Butch fissarono il poliziotto sorpresi, e questi parlò ancora.

"Di tutte le più bieche stronzate che ho avuto modo di sentire da quando sono venuto al mondo, amico mio, le tue sono così grosse da meritarsi un premio oscar alla cazzata, se mai ne hanno indetto uno!"

Silenzio incredulo, poi Butch e Sara se ne scapparono con un fragoroso applauso, e anche Doctor Crotalo sorrise scuro in volto; Sara si avvicinò al biondo e a padre Joseph, prendendo parola.

"Questi morti che avete lasciato in terra come bestie tra non molto diverranno dei resuscitati in cerca di carne umana; la vostra! Come potete essere così incoscienti?"

Il Guru si spogliò della tunica, e tutti i partecipanti fecero altrettanto, mentre un crampo involontario testimoniò in anticipo che la nuova, oscena vita, stava penetrando nei tessuti inattivi dei cadaveri.

La gente, tutta nuda, cantò una lagna in qualche lingua che s’erano inventati, mentre i resuscitati iniziarono ad alzarsi da terra, con orribile fragore di ossa e carne caduta.

I cinque inorridirono.

Il Guru riprese il microfono da terra, rivolgendosi a nessuno.

"Guarda, guarda, simbolo violento di questa società in continua lotta con se stessa: guarda la nostra fusione con la nuova razza di abitanti, con la nuova stirpe!"

Alle creature non parve vero di trovare tanta carne umana fresca e conseziente a portata di mano. Incominciarono a far scempio di gole, seni, scalpi umani sanguinanti. La zona sotto il palco divenne un gigantesco pasto per i resuscitati, che posizionavano le vittime in terra per poterle poi aprire con comodità.

"Limortacci sui…" commentò Gano incredulo, aprendo la bocca; "Li ha convinti a farsi sbranare tutti!"

Butch sparò dritto in testa ad un morto che gironzolava troppo vicino, ed anche Doctor Crotalo aprì il fuoco senza pietà.

Fiumi di sangue e di organi interni fumanti si sparsero sul pavimento grazie agli squartamenti operati dalle creature, organi presto spartiti dai mostri, con le bocche sporche di sangue e tracce di fegato.

Il Crotalo indicò a Butch la porta oltre il palco, e questi annuì, scappellando le capocce ad un paio di resuscitati che brancolavano proprio in quella zona; Walter Gano teneva la colt Python con entrambe le mani, e sparava solo a colpo sicuro per non sbagliare un colpo, dietro di lui Sara e Joseph si tenevano chini, seguendo i passi del poliziotto italiano.

Una giovane donna stava sdraiata con i palmi delle mani aperte all’insù, mentre un paio di resuscitati le avevano aperto la vagina e da essa traevano schifosi pezzi di carne tenera; la ragazza era ancora viva, non emetteva suoni, solo contraeva il viso ad ogni fitta del tremendo dolore. Rassegnata.

Doctor Crotalo la scavalcò atterrando sulla gamba buona. Sparò ad uno di essi, poi, mentre l’altro si alzava verso di lui, usò il fucile a mò di mazza per fracassargli il cranio, notando il caricatore completamente scarico.

Allora gettò l’arma impugnando la pistola. Sparò ancora in faccia di un resuscitato, poi si avvide che Guru Samansch stava ancora al centro del palco, con il volto ricolto verso l’alto e le braccia leggermente aperte. Non si sparava più.

"Crotalo!" Lo chiamò Butch, che insieme agli altri aveva già raggiunto le scale di uscita.

Anche il soldato non aveva più il suo fucile, troppo facile intuire che lui e Gano erano rimasti a loro volta senza munizioni.

Doctor Crotalo ne avrà avute ancora quattro, cinque. Si fermò, piazzandosi in una posizione favorevole, ed aprì leggermente le gambe. Tese il braccio armato e chiuse un occhio, mettendo a fuoco il cuore del santone sul palco.

"Crotalo!" Chiamarono pure Gano e Sara.

"Doctor Crotalo, che cazzo fai?" Strillò Butch.

La mano sinistra del Crotalo andò a stringere il gomito del braccio armato teso, per non perdere equilibrio dopo il colpo.

Una mezza dozzina di resuscitati comparvero sul palco, alle spalle del predicatore, tra essi c’era il punk roscio, con la pancia aperta che perdeva organi e liquidi ad ogni passo.

Doctor Crotalo riaprì l’occhio.

I resuscitati erano quasi a ridosso del folle, tra meno di un secondo lo avrebbero ghermito.

Flettè il braccio e rinfoderò la pistola brunita.

Zoppicò ai lati della stanza e raggiunse le scale.

In un attimo furono fuori.

Era il 30 Dicembre. Pomeriggio.

La luce colpì gli occhi dei cinque, che si sentirono ritemprati come una dinamo efficiente.

Le travi del Governo che vietavano l’accesso e otturavano l’entrata a questa stazione erano state ovviamente divelte dai facinorosi, due di essi, evidentemente lasciati a guardia, dormivano della grossa appoggiati ad un albero, ignari del massacro avvenuto poco sotto di loro; Gano li prese a calci, per farli svegliare. Si trovavano in un parco, senza nessuna costruzione nelle vicinanze. Odore freddo di muschio. Gano aveva il Seiko fracassato e quindi lo gettò via, dopo quindici anni e più di servizio attivo.

"Chi siete, cosa succede? Dov’è Guru Samansch?" Chiesero appena metabilizzato il brusco risveglio.

"Sparite, vermi!" Gli intimò Butch facendo il gesto di colpirli col dorso della mano. "Qui ora è zona operativa delle Nazioni Unite!" Gonfiò il petto. Quelli scapparono a gambe levate.

Gano sorrise stancamente.

"Zona operativa, eh?"

Butch si strinse nelle spalle.

"Quanto manca per arrivare in città?" Chiese Padre Joseph.

Sara guardò all’orizzonte.

"Se avessimo una macchina quaranta minuti, tre quarti d’ora al massimo; non di più."

"In ogni caso muoviamoci, quelli non ci metteranno molto ad uscire da lì sotto!" Mise in guardia Gano.

E così camminarono. Doctor Crotalo aveva davvero chiesto troppo alla sua gamba martoriata, non riusciva più a fletterla, era dura ed insensibile come il tronco di un pioppo.

"Anche tu sei rimasto a corto di proiettili, eh, Crotalo?" Gli chiese Butch dopo una ventina di minuti di marcia.

Doctor Crotalo pensò alla manciata di colpi rimasti nel caricatore automatico.

"Si. Sono a secco anch’io."

All’orizzonte solo alberi e monti bruni.

Dovettero fare molte soste per permettere al criminale di riprendere fiato. Con quella gamba il minimo che poteva accadergli era di doverla amputare, per evitare la cancrena estesa. Una maledetta faccenda.

Walter gano, camminando con le mani in tasca, pensava e ripensava ad uno strano particolare.

Se il Crotalo era davvero restato senza colpi, come mai stava per sparare al Guru sul palco? Lo aveva visto proprio bene prendere la mira e quasi schiacciare il grilletto; Possibile mai che uno con l’esperienza del Crotalo si mettesse a puntare avversari senza rendersi conto d’essere rimasto con il ferro da tiro scarico?

Walter Gano lo guardò di sguincio.

L’avrebbe tenuto d’occhio. Se stava escogitando qualcosa per tagliare la corda dopo avergli fatto saltare la testa non si sarebbe lasciato trovare impreparato. Che diamine, non era la prima volta che aveva a che fare con pazzoidi di quel tipo.

L’avrebbe tenuto d’occhio.

Poco ma sicuro.

Doctor Crotalo zoppicò avanti a tutti. Sara lo seguiva a pochi passi, aveva un foulard lurido stretto nella mano e lasciava la testa oscillare in alto perché era troppo stanca per tenerla eretta. Per ultimo Gano, che con le marce non aveva proprio nulla a che fare. Aveva fatto fare un culo così al padre per sfuggire al servizio militare proprio perché odiava camminare forzatamente. E il padre, funzionario di banca su in Svizzera, era riuscito nel compito.

Adesso doveva trotterellare come una paperella dietro al manipolo di disperati.

Sperando che non saltasse allegramente fuori dai cespugli qualche resuscitato in vena di rompere i coglioni.

Sara occhieggiò alla tremenda ferita del Crotalo, che stava curvo e la teneva stretta, serrando le mascelle per non mettersi a gridare o lamentarsi.

"E’ proprio in un brutto stato." Azzardò dopo qualche chilometro.

Doctor Crotalo la guardò un attimo. "Pare così."

"Se tu non fossi…si, insomma, se non fossi destinato alla…alla tua condanna, insomma, credo che te la amputerebbero. L’infezione è troppo estesa."

"Già, e invece mi siedo sulla sedia elettrica. Che culo, eh? Cos’è, dovrei sentirmi sollevato?"

"Oh? Oh, no, certo che no…intendevo solo dire che…"

Butch superò i due gettando le braccia al cielo.

"Ma certo, alleluya! Riconosco questo posto, Centerville! Domani all’alba, al più tardi all’ora di pranzo, vedremo spuntare le prime case di Johannesburg! Ce l’abbiamo fatta!"

Padre Joseph sorrise a Gano, mentre il criminale sedette su un masso. Gli alberi andavano facendosi più radi. Qualche metro più avanti giaceva un mucchietto di cadaveri dati alle fiamme in maniera ordinata e pulita.

"Guardate la!" Indicò Butch.

"Sapete cosa significa?"

Gano fece di no con la testa.

"Significa che le nostre pattuglie limitrofe funzionano ancora!"

"Infatti è da parecchio che non vediamo morti gironzolare qua attorno." Ne convenne Walter.

"Con una botta di fortuna potremmo persino incrociare una pattuglia uscita per ispezione!" Concluse il soldato sedendo a sua volta.

Sara sedette sul prato, stringendosi le gambe al petto.

"Non mi sembra quasi vero…dopo tutto quello che abbiamo passato…" fu quasi un rantolo.

Butch Garrison gettò l’accendino al Crotalo, fissando la punta rossa del suo sigaro.

"E dopo tutti i compagni caduti che ci siamo lasciati alle spalle…Louise Manard, i ragazzi di scorta, il professor Carter, il povero Stecco…"

Si grattò la nuca capiente, sputò sull’erba e ci piazzò sopra l’anfibio.

Sara guardò lontano, verso un fiumiciattolo che terminava in un laghetto piuttosto ampio.

"Al diavolo, ragazzi!" Esordì anche il poliziotto massaggiandosi il collo. "Se non trovo il modo di tornare al mio paese mi aggiungerò alla lista!"

"Ma dai, Walter!" Sara lo rimproverò dolcemente. Nella sua mente si formò l’immagine nitida del professor John Carter che smanettava su boccette e alambicchi. A prima vista poteva sembrare un uomo burbero ed insensibile, ma era uno dei pochi medici che non erano sfuggiti al proprio dovere per cercare scampo chissà dove, ma aveva continuato a studiare, a ricercare, a cavarsi gli occhi sui libri.

Ed era stato ripagato in quella maniera orribile.

Guardò verso Padre Joseph, che stava seduto in modo buffo con le mani appoggiate sulle ginocchia. Anche per lui sarebbe stato facile rinnegare Dio e tutto quel che esso comporta per un prete, ma non l’aveva fatto. Padre Joseph era rimasto. Come John Carter.

Sentì le lacrime montare agli occhi ed allora si alzò in piedi di scatto, liberandosi di tutti i vestiti.

Butch e Gano, che stava mangiando una disgustosa barretta energetica, la guardarono come se in quell’istante fosse atterrato un U. F. O.

Lei saltellò allegramente verso il piccolo laghetto artificiale.

"Forse vi sembrerò completamente impazzita, gente…ma ho una gran voglia di fare il bagno; e quindi lo farò!"

Con un grido per sopportare il cambio di temperatura la giovane di colore entrò a piedi uniti nel laghetto, bagnandosi il collo, le spalle, il seno.

Walter Gano rimase con la bocca aperta e la barretta smangiucchiata a due millimetri da essa; Padre Joseph guardò altrove.

Doctor Crotalo scagliò la cicca lontana, piegandosi un poco e scuotendo la testa.

"Venite, che cosa state aspettando? E’ magnifico! E si può anche bere in quantità!" Sara spruzzò un po’ d’acqua verso i compagni.

Butch si piazzò il sigaro tra i denti sfilandosi la giacca della mimetica e calandosi le brache rimanendo in mutande.

"Eccomi, porca mignotta! Non faccio un bagno da almeno due mesi! Stò arrivando, signora!"

Sara rise, gettando acqua sul monumentale Sergente appena questi gli fu a tiro.

Padre Joseph sedette sul bordo in pietra della vasca ricostruita, bagnandosi la nuca e le braccia.

"Gano, che stai aspettando, italiano?" Gli domandò Butch sciacquandosi le ascelle.

"Ma…ma io non ho il costume!"

Sara Wilson gli tirò dell’acqua, ridendo in maniera cristallina.

"Io invece ce l’ho trasparente!" E rise, contagiando il prete ed il soldato.

"Avanti, Gano, non fare il cazzone!" Strillò ancora Butch, che aveva un bel crocefisso d’oro penzolante sul petto villoso.

"Roba da matti." Si lamentò il poliziotto, sfilandosi le polacchette marroni. "Siamo nel mese di Dicembre, volete farmi venire un accidenti?"

Gettò il revolver accanto ai cinturoni di Butch, e rimase con un paio di boxer quadrettati e disegnati da pupazzetti.

Poi entrò in acqua, come un bambino che ha paura delle tracine.

I tre risero, spruzzando acqua l’un l’altro e cercando (Gano e Sara) di far capicollare il gigante Butch in acqua, senza alcun risultato.

Ci fu soltanto un attimo di stasi.

Quando, senza nessun preavviso, Doctor Crotalo entrò nel laghetto, vestito solo del paio di pantaloni macchiati e laceri e coperto soltanto dei suoi tatuaggi e delle sue cicatrici a forma di foro di proiettile.

Il tramonto colse poi i sopravvissuti, coi suoi colori pastello e la sua bellezza provocatoria in un inferno come quello.

 

***

 

"Quanto è passato, soldato?"

Il militare si tolse dalla posizione del riposo e diede un’occhiata al suo orologio.

"Dall’ultima volta che il Sergente Garrison ha preso contatto con noi quindici minuti, Colonnello."

Il Colonnello O’Mallory si alzò dalla scrivania e mise le mani dietro alla schiena, fissando le sfumature dell’alba da dietro la finestra.

Il Colonnello O’Mallory era un uomo imponente e dall’aspetto severo, biondo cenere coi capelli a spazzola ed una scucchia discretamente pronunciata.

"Abbiamo mandato le nostre Jeep?"

"Sissignore, ma il Sergente e i suoi compagni di sventura sono giunti da est, dalla parte disastrata della città. Più di tanto i nostri mezzi non potranno addentrarsi."

"E’ giusto, lo capisco. Voglio essere informato ogni cinque minuti."

"Certo, signore."

"Anche se il Sergente Garrison ha comunicato da cabine telefoniche ancora attive, non significa che non possa riprovarci."

Tornò alla scrivania e appoggiò le nocche dei pugni sul legno.

"Che diavolo, dopo aver fatto questa fatica sarebbe assurdo che sorgano problemi proprio ora. A proposito, soldato…voglio convocare lo Stato maggiore in questa stessa sala diciamo tra…trentacinque minuti. Ed una promozione per meriti sul campo del Sergente, lo voglio premiare io in persona, quel bravo Cristo."

"Ehm, Colonnello…lei crede davvero che il Sergente Butch stia conducendo qui da solo Doctor Crotalo?"

"Lo crederò solo quando li avrò avvistati con questi occhi, figliolo; ma non credo che il Sergente sia impazzito al punto tale da inventarsi una fandonia simile sui due piedi!"

"Logico, signore."

"Ah, mi raccomando: la pattuglia che si recherà a prelevare il criminale deve essere equipaggiata con tute anti sommossa e fucili narcotizzanti. Doctor Crotalo non da’ una seconda possibilità ai suoi nemici; mi sono spiegato bene, soldato?"

"Benissimo, signore. Signore…è vero quel che si dice? Che il Crotalo non sia un volgare assassino ma che un tempo abbia…abbia combattuto per qualcosa insomma…"

"Soldato, mi piacerebbe restare a parlare con te per tutta la giornata, ordinare un paio di birre e guardare alla tv una partita di calcio. Ma questa è una fottuta base militare, e a te non deve fregare un accidenti di chi è o non è il nostro prigioniero, capito bene ragazzo?"

"Sissignore."

"E allora scatta, maledizione, volatilizzati!!!"

La porta si chiuse.

O’Mallory si voltò di nuovo alla finestra.

"Per qualcosa…bah!"

Walter Gano, da quando erano entrati in città, non aveva distolto gli occhi dalla fondina del Crotalo per un solo istante; Il rivoluzionario camminava ormai con la testa curva e la gamba tesa in maniera impressionante, che trascinava sull’asfalto senza riuscire più a fletterla. Si appoggiava a Sara e Padre Joseph, dando l’impressione che, ad ogni passo, la più infernale delle torture si abbattesse sul suo fisico. Ridotto da fare schifo.

Ciocche di capelli umidi ed incrostati penzolavano davanti ai suoi occhi, ed ogni tanto crollava giù, strattonando il povero prete e Sara, che si rivolgevano a Butch e Gano per rimetterlo in piedi.

Se fingeva, fingeva maledettamente bene.

"Coraggio, ragazzo." Gli disse Butch con un tono di voce normale. "Siamo quasi arrivati."

Il gruppetto camminò al centro di un viale maestoso, ai lati del quale stavano una fila di automobili carbonizzate, mucchi di resuscitati dati alle fiamme e alcuni sciacalli umani che correvano all’impazzata con sterei e quant’altro potevano arruffare.

Più avanti alcuni cittadini tenevano inchiodato sul marciapiedi un resuscitato nerboruto, che si muoveva come la coda recisa di una lucertola schioccando la bocca per cercare di mordere qualcuno. I cittadini gridavano e si davano disposizioni per tenere fermo il mostro, giunse infine una coppia di anziani di colore che tenevano in mano una grossa zappa campestre, grossa quanto l’elica di un bimotore; la tenevano stancamente a quattro mani, urlarono a quelli davanti di fare largo ed infine abbatterono l’arma improvvisata sulla testa della creatura, che si fracassò su tutti i lati, lasciando una chiazza scura sul marmo.

I cittadini ontinuavano a gridare, occorreva evidentemente fare a pezzi il resto del corpo.

Sara Wilson abbassò il viso sulla spalla del criminale con un moto di ribrezzo.

"Mio Dio, è disgustoso."

"Già." Le rispose Butch, "questa è la parte peggiore della città…dobbiamo fare ancora qualche sforzo per giungere nel settore pattugliato dall’esercito."

"Allora non ci resta che camminare, gente." Concluse Gano.

Camminarono ancora, ben attenti a rimanere al centro della strada, in quanto la follia collettiva aveva portato, più di una volta, a sparare a vista su innocenti cittadini che camminavano furtivi radenti al muro, scambiati per resuscitati. Ed uno che camminava curvo e zoppo come il Crotalo attirava mirini ed attenzioni. Bisognava camminare alla luce del sole.

Un sole senza nessun calore, quel giorno del trentun Dicembre.

I militari erano divisi in due plotoni.

Al centro di essi stava il Colonnello O’Mallory.

Alla sua destra si aprivano i tiratori scelti, coi volti coperti da passamontagna e le dita sul grilletto, dalla parte opposta quelli muniti invece di colpi anestetizzanti. Sui tetti altre squadriglie di cecchini. Si vedeva, poco lontano, il tetto alto e frastagliato del palazzo delle Nazioni Unite.

Un paio di soldati accompagnavano O’Mallory in ogni movimento, indossavano elmetti con visiera abbassata e scudi deflettenti.

Dalle poche finestre abitate movimenti di teste curiose, nella penombra, ansiosi di vedere dal vivo Doctor Crotalo, il più grande malvivente del nuovo secolo.

"Guarda che bel comitato d’accoglienza." Fu il primo commento che Walter Gano si lasciò sfuggire tra i denti.

La fila alla destra del Colonnello si abbassò in ginocchio, e fu un concerto di caricatori e di ferraglia.

Butch morse e sputò via la punta del sigaro.

Gano appariva il più innervosito. Antimilitarista convinto, si sentì lo stomaco in subbuglio, all’apparire di tutte quelle tute scure, quegli occhi ostili.

"Non è che qualcuno di questi stronzi sbrocca e lascia partire un colpo?" Si lamentò.

"No, no, stà tranquillo Gano. E’ finita." Lo rassicurò Butch, andando in testa al gruppo.

Doctor Crotalo alzò appena il viso, chiese sottovoce a Sara e Joseph di lasciarlo libero di muoversi e fissò l’esercito che si era mosso per lui. Li vide un po’ sfocati.

Gano fissò di nuovo la pistola del bandito.

Nel giro di un secondo il gruppetto fu circondato e puntato da ogni angolo. Sara, Gano e Padre Joseph ruotarono a disagio in mezzo a quel casino.

"Butta le armi a terra, Doctor Crotalo. Ti do esattamente cinque secondi a partire da ora." Disse un graduato con tono della voce ferma e dura.

"Quattro. Tre. Due."

"Vientele a prendere, testa di cazzo…"

"Crotalo!" Schiumò Gano, "no!"

"Uno…"

"Fermi! Fermi tutti, porca puttana!" Strillò il poliziotto parandosi davanti al criminale. "La prendo io la sua pistola. Restate calmi e tranquilli; La prendo io."

Molti tiratori scelti mossero le teste verso il Colonnello, che ricambiò lo sguardo scuotendo appena un po’ la testa.

Walter Gano si girò frontalmente al criminale, fissandolo negli occhi.

"Stò per prendere la tua pistola, Doctor Crotalo. La prendo e la consegno a quei brutti musi. Se hai qualcosa da fare falla adesso. Se vuoi tentare una sortita, spararmi o chissà cos’altro fallo adesso. Perché ora la prendo."

Il Crotalo rimase fermo, fisso, come se Gano non avesse aperto bocca. Agghiacciante.

Sara e Padre Joseph si allargarono un po’.

Gano tese il braccio destro verso il basso, aprì il pollice e l’indice e lo portò verso il calcio della pistola del bandito.

O’Mallory si volse al graduato, gli fece segno di avvicinarsi e quando questi obbedì gli avvicinò le labbra all’orecchio.

"Se il Crotalo tenta qualcosa falciali tutti."

Il graduato annuì senza battere ciglio e tornò curvo al suo posto.

Walter Gano vide tutta la sofferenza sul volto del compagno di avventura. Impugnò il calcio della pistola e la depose lentamente per terra, facendola poi scorrere con una spinta verso i piedi del Colonnello.

"Ecco la vostra arma, soldatini."

I soldati, come un sol uomo, scattarono verso il gruppetto spianando le armi verso il volto del Crotalo.

Il graduato si avvicinò a Gano.

"Togliti dai piedi, biondo."

Walter Gano tornò a guardare verso il criminale.

"Perché? Perché, Crotalo? Avevi ancora colpi nella tua automatica; Ti sarebbe stato facile farci fuori e prendere il largo…"

Un soffio di aria gelida investì tutti i protagonisti della scena.

Gli occhi impari del criminale fissarono a lungo quelli limpidi del poliziotto.

"Io, te…i sopravvissuti…la battaglia contro i resuscitati e i casini che sono successi…questa è una guerra che abbiamo perso, Gano. Possiamo batterci e sbatterci ma non si può cambiare il corso delle cose.

E’ l’unica cosa che ho imparato in tutta la mia vita.

E’ finita."

Walter Gano gli tese la mano.

"Per lo meno ci abbiamo tentato."

Il Crotalo gliela strinse.

"Si. C’abbiamo tentato, sbirro."

"Addio."

"Ci vediamo."

Brutalmente il Crotalo fu costretto ad inginocchiarsi –e qui gli sfuggì un grido di dolore- e i polsi gli furono serrati da un paio di manette speciali. Il manganello lo gettarono lontano, e lo tennero fermo per i capelli. La faccia a contatto col cemento.

O’Mallory si avvicinò coi suoi angeli custodi a Butch, e i due si strinsero la mano.

"Inutile dire l’importanza incredibile di quello che è riuscito a fare, Sergente Garrison. Insieme al cordoglio per la perdita degli altri bravi soldati che hanno dato la vita per l’impresa di riuscire a catturare questo criminale."

Butch guardò verso il Crotalo che ansimava a terra, percosso dai militari che soffiavano come belve.

Il Colonnello continuava a parlare.

"L’ho già consigliata per una promozione, Sergente Garrison; e’ stato semplicemente eccezionale, e lei sa che io non mi faccio sfuggire complimenti gratuiti."

"No. Lo so."

O’Mallory chiamò a se il graduato.

"Da questo momento la conduzione del prigioniero verso il luogo della condanna passa al Sergente Garrison."

Il graduato annuì leggermente infastidito.

I soldati rialzarono il Crotalo in piedi. Sara e Padre Joseph riuscirono a raggiungerlo.

Butch si mise sull’attenti, parlando al Colonnello con tono chiaro e forte.

"Nossignore. Rifiuto l’incarico, signore."

Silenzio, rotto soltanto dall’eco degli spari in lontananza.

O’mallory si voltò per metà, incredulo.

"Sergente?"

"Rifiuto l’incarico, signore. Non sarò io a condurre il prigioniero verso la condanna. Nossignore."

Il Colonnello si avvicinò all’omone, squadrandolo per bene. Il Sergente Butch Garrison stava sull’attenti un po’ storto, sporco, lacero, sanguinante e presumibilmente stanco ed affamato. Febbricitante.

"Lei sa che cosa questo significa, Sergente?"

"Sissignore."

"Può dire addio alla sua promozione e ad un mucchio di altre cose per questa stupida insubordinazione."

Butch incominciò a piangere come un bambino dell’asilo nido.

"Grazie a quest’uomo e a Walter Gano, che abbiamo incontrato strada facendo, è stato possibile giungere sino a qui, signore. Non posso essere io a condurlo verso quella maledetta sedia elettrica." Chinò il capo sul petto incapace di respingere il pianto disperato.

"Dio solo sa quanto mi costa rinunciare ai nuovi incarichi, signore…ma non sarò io a condurre Doctor Crotalo verso la morte."

Il sorpone dell’uomo tremava e sussultava sotto il pianto isterico e un po’ liberatorio.

Walter Gano, che era stato spinto fuori dal cerchio delle operazioni si strinse nelle maniche di camicia, guardando il colpo di scena tra le folate di vento gelido.

O’Mallory annuì suo malgrado, indurendo le mascelle ampie.

"Come vuole, Sergente. Levatemi tutta questa gente di torno ora, avanti!"

Sara e Padre Joseph, incaricati da quel dì di accompagnare il condannato verso la sua sorte, furono gli unici che ebbero libero accesso alle scalinate del palazzo, insieme al plotone di soldati. Quando Sara Wilson passò accanto all’omone che stava ancora piagnucolando lo strinse forte, baciandolo con affetto sulla guancia.

"Ciao Butch, grazie di tutto."

Il soldato la strinse forte.

"Addio, signora."

Poi Sara alzò la mano destra verso Gano, che stava lontano con le mani in tasca. Walter la vide e le sorrise, un po’ forzatamente.

Il drappello si incamminò sulle scale.

Walter Gano si incamminò verso gli uffici, sfiorando Butch senza dirgli nulla. Non ve n’era più bisogno, e lo sapevano entrambi.

Il manipolo con a capo O’Mallory camminò imponente nel corridoio ampio e asettico del palazzo delle Nazioni Unite. Dagli uffici e dalle postazioni si affacciavano ritmicamente soldati ed impiegati che scrutavano in mezzo al plotone per riuscire a vedere il noto criminale, che era ormai trascinato da Sara e Padre Joseph. Una donna sgattaiolò in mezzo a tutti e fece scarabocchiare al criminale un foglio sulla donazione degli organi o su qualche altra stronzata. Presero un ascensore enorme che li condusse in basso. Superarono sei stanze protette e O’mallory firmò decine di documenti. La tv locale (ne funzionava ormai una soltanto) aveva avuto il permesso di filmare la condanna ma non di mandarla in diretta, quindi la troupe sostava tranquillamente nell’ultima frazione di corridoio, proprio davanti il vetro che si affacciava sulla camera della morte. Una donna si sitemò i capelli e si avvicinò al Colonnello.

"Colonnello, io sono…"

"So benissimo chi è, dopo…dopo…adesso abbiamo da fare!"

Via via che camminavano, il drappello di soldati perdeva unità che si fermavano a pattugliare le altre stanze. Al seguito del criminale rimasero O’Mallory, Sara, Padre Joseph e due soldati.

Il gruppetto si fermò davanti ad una porta blindata, non distante dal vetro.

"Ecco, siamo arrivati." Annunciò il Colonnello. Poi si volse alla donna dello special Tv.

"Venga, venga pure avanti, signorina."

"Mio Dio!" Civettò quella quando si trovò a due passi dal condannato. "Questo è il feroce Doctor Crotalo?"

Il Crotalo la guardò.

O’mallory si aprì la bocca in un largo sorriso.

"In persona. Sembra che abbia aiutato il nostro plotoncino a raggiungere Johannesburg; Un po’ tardiva la tua buona condotta, non credi?"

Anche la signorina sorrise.

"Quali accuse, di preciso, gravitano su quest’uomo, Colonnello?"

"Per carità, miss: se dovessi mettermi ad elencare tutti i reati compiuti da quest’individuo sarei costretto a rimandare l’esecuzione della condanna. Ed invece tutte le brave persone che ancora abitano questa terra vogliono ricevere la splendida notizia della fine dell’incubo rappresentato dall’aver Doctor Crotalo a piede libero!"

"Benissimo, Colonnello: se ricorda con precisione queste parole potremo riutilizzarle dopo per l’intervista!"

"Va bene. Le basti sapere, per ora, che Doctor Crotalo è accusato di diserzione, omicidio, rapina per scopi propagandistici rivoluzionari e tanto altro. Per Dio, Crotalo: un tempo la tua faccia sventolava sulle bandiere del terzo mondo…come cazzo hai fatto a ridurti in un morto di fame simile?"

Doctor Crotalo strinse le mani sulle spalle di Sara e del prete.

"Vaffanculo: sei marcio e corrotto fin dentro il buco del culo."

Steven O’mallory la piantò di ridere, sbuffò poco e fece segno ai soldati di aprire la porta blindata.

"Lei non può entrare qui, dottoressa Wilson. Il suo compito era di assistere il povero professor Carter negli studi su questo pazzo furioso. La commissione la stà aspettando al terzo piano."

Sara guardò la scena come smarrita, poi fece appello alla scarsa capacità di concentrazione che ancora possedeva per replicare.

"Certamente, Colonnello. Ho con me tutti gli studi e in quanto al professore io…" si portò una mano al collo per prendere la borsetta con gli appunti e gli studi ma non la trovò.

Divenne pallida.

"Qualcosa non và, dottoressa?"

Abbassò il capo.

"No, Colonnello. Va tutto bene." A parte il fatto che aveva perduto gli ultimi mesi della sua vita professionale. Tutti i rischi, i pericoli passati in viaggio erano stati vissuti per niente, per una borsetta di pelle perduta chissà dove.

"Va tutto bene."

Sara si avvicinò al Crotalo.

"Pare che ci si debba salutare, dottoressa." Disse lui piano, quasi rilassato.

Lei sorrise dolcemente.

"Si, così pare." Si voltò, con la netta sensazione che gli occhi del Crotalo fossero ancora fissi su di lei.

Fece qualche passo incerto, con le mani strette al petto, poi tornò a voltarsi.

Tornò indietro di corsa, bloccandosi davanti al bandito che aveva le mani incrociate dai ferri sul davanti.

"Nessun uomo dovrebbe morire perché è stato un altro a deciderlo, Doctor Crotalo; mi dispiace."

Il Crotalo annuì.

Rumori di chiavistello annunciarono che la terribile porta fu aperta.

Padre Joseph aiutò il bandito a scendere le scale.

"Ce la fai? Riesci a camminare?"

"Me la cavo."

La stanza era quadrata, perfettamente quadrata. Grigia. Senza finestre. La sedia stava tronfia al centro di una pedana di legno spessa mezzo metro. Aveva i legacci di cuoio ed una specie di scolapasta da applicare alla testa.

Doctor Crotalo rimase impassibile, cercando di rimanere ben stabile sulle piante dei piedi. Guardò un secondo verso il prete. Questi aveva un pallore mortale, il riporto scombinato e tagli più meno sanguinanti in tutta la faccia.

Si avvicinarono un po’. Alcuni tecnici dall’aspetto formalissimo giunsero per preparare la sedia e controllare il pannello elettrico che stava applicato di fronte alla sedia. Avevano camici bianchi e fedi al dito. I soldati fecero sedere Doctor Crotalo su una panca laterale all’attrezzo di morte, in attesa che tutto fosse ben controllato.

Doctor Crotalo sedette, poggiando i polsi torturati dai ferri sulle ginocchia. I tecnici continuavano nel loro via-vai, trascinando un carrello metallico che reggeva una benda ed una sorta di pannolone. Il pannolone serve ad evitare che, una volta fritti, i condannati non defechino in terra. Una scossa di quel voltaggio porta anche a queste conseguenze. Alla faccia di chi pensa che la sedia elettrica sia indolore.

"Non voglio la benda, io." Protestò il Crotalo. "Ho affrontato la morte sempre faccia a faccia, e non la temo. Non voglio la benda."

I due tecnici si guardarono, mentre O’Mallory sorrise tetro.

"Hai una visione della sedia elettrica un po’ troppo romantica, bandito. La benda serve ad impedire che i tuoi occhi schizzino via. Non è uno spettacolo splatter, questo."

Padre Joseph chiuse gli occhi piegando la testa di lato.

Passò ancora qualche minuto, poi tutto fu pronto.

"Come ti senti? Vuoi confessarti?" Gli chiese Joseph con un sussurro.

"No. No, prete; non credo in nessun Dio, io."

Rimasero un po’ in silenzio. I tecnici diedero corrente a tutto l’impianto.

La telecamera accese una lucetta rossa da dietro il vetro.

"Ma c’è una cosa che puoi fare per me."

Padre Joseph stava in piedi vicino la panca. Si abbassò per ascoltare meglio la richiesta del rivoluzionario.

"Dimmi pure."

"Stringimi la mano, prete."

Padre Joseph aprì meglio gli occhi e posò entrambe mani sopra quelle rovinate dalla polvere da sparo del criminale.

"Non lasciarle. Non lasciarle fino al momento in cui dovrò salire su quel dannato attrezzo."

Padre Joseph appoggiò la guancia sulla nuca del condannato.

"Non le lascerò. Non temere. Resterò sino alla fine."

Infine, Doctor Crotalo fu fatto alzare in piedi.

Sara incrociò Walter Gano che usciva da una stanzetta del secondo piano.

"Oh, Walter: com’è andata?"

Quello diede una scrollata di spalle senza togliere le mani dalle tasche profonde.

"Roma, Parigi e Londra non danno più notizie di loro da settimane. E qui gli aeroporti sono stati tutti chiusi. Tu?"

"Ho perso i miei studi."

"capisco."

Stavano per parlare ancora entrambi, ma nessuno lo fece. Gano continuò a scendere, mentre la Wilson si fermò davanti ad un distributore di acqua.

La nuova alba del nuovo anno fece capolino, ed il sole, che tra tutti gli dei è quello più crudele, mostrò agli uomini il suo sorriso più grande, cogliendo Walter Gano seduto sui gradoni del palazzo delle Nazioni Unite.

Intento ad aspettare il niente.




Clicca sull'immagine per tornare all'indice: