Il libro: Danse Macabre
by
Stephen King
La prima volta che uscì in Italia era stato ridotto a un mini-mini tascabile di centocinquanta misere paginette. Si era nel lontano 1985 e le edizioni Theoria avevano allora tradotto e pubblicato il terzo e il decimo capitolo di un altrimenti articolatissimo saggio di Stephen King sull’horror letterario e cinematografico ("Danse Macabre"), che nell’edizione integrale americana contava ben quattrocento pagine! Si dovette arrivare al 1992 prima di poter leggere il testo completo in italiano e non più in un osticissimo americano colloquiale dalle gergalità ben difficilmente reperibili in un normale Garzanti Inglese-Italiano! Decisamente curiosa fu allora la presenza in copertina di un’assolutamente incongrua e improbabile Satanik (l’eroina del fumetto nero senz’altro geniale di Magnus & Bunker, ma ben poco consona all’oggetto in questione…) È però soltanto in questo nostro 2000 nuovo di zecca che il saggio di King (a vent’anni dalla sua prima uscita in America) è riuscito a conquistarsi anche in Italia la brossura (!), grazie a Frassinelli. Ma non è certo questa l’unica conquista. A rendere ancor più ghiotta la recente riedizione concorre pure la presenza di due illustri prefatori: Antonio Faeti e Gianni Canova, entrambi attenti e attivi lettori del mondo kinghiano (il secondo fin dai tempi di uno dei primissimi saggi su King, uscito con le edizioni Arnaud).
Ma per chiarire in cosa consiste questo saggio dai caratteri assolutamente sui generis, è bene partire dall’inizio. Nato da un corso di scrittura creativa tenuto nel 1979 all’Università del Maine, venne pubblicato due anni dopo, perché "volevo – dice King – rendere omaggio agli autori di narrativa fantastica che non hanno avuto la mia stessa fortuna, forse perché sono nati nel momento sbagliato". In pericoloso e sempre precario bilico fra autobiografia e saggistica, il volume rivisita le grandi tappe dell’horror mondiale dai polpettoni gotici dell’Ottocento alle chicche nere di cinema e varia editoria della fine degli anni ’70. Grande è l’arbitrio (e King stesso lo ammette), che lo porta ad escludere grandi archetipi come "Il fantasma dell’opera", ma grande e assolutamente geniale è anche la capacità di lettura e di analisi di importanti fenomeni letterari divenuti archetipo. Il Vampiro, il Licantropo e La Cosa Senza Nome, presenti nell’immaginario collettivo fin dai tempi più antichi, sono stati risucchiati dall’iconografia (sempre più mediatica) di tre creature dell’Ottocento: Dracula, Mister Hyde e il Mostro di Frankenstein. King raccoglie, racconta, analizza. Anzi, meglio ancora, King danza, in orrifiche spirali, la sua Danse Macabre, esplicito omaggio al gotico sepolcrale di ispirazione medievale di marca beaudelairiana. E Danse Macabre invita il lettore alla danza, in un volteggio fatale in cui vertiginano ricordi d’infanzia strettamente intrecciati ad analisi frutto di un’indiscussa competenza professionale, dalle illuminazioni spesso geniali. Lo stesso Faeti ne dà magistrale esempio citando l’accostamento che King opera fra il Mister Hyde di Stephenson e "Il marchio della bestia" di Kipling. Personalissima mistione di sacro e profano quindi, di letteratura cioè e autobiografia, dalle imprevedibili conseguenze, il saggio si fa leggere come un romanzo, offrendo – a chi le sa trovare fra le righe – le chiavi per aprire tante porte che altrimenti rimarrebbero fatalmente chiuse, non solo nei romanzi che precedono il saggio, ma anche in tutti quegli scritti che questo saggio seguiranno. Come in "Cuori in Atlantide", che si deve leggere sapendo che nel lontano 1957 in un piccolo cinema di provincia, durante la proiezione de "La Terra contro i dischi volanti"…
Elissa Piccinini