La danza della sconfitta (RICCARDO COLTRI)


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Si chinò e raccolse la croce, due rozze assi di legno legate insieme. La conficcò nel terreno, vicino alla fossa che aveva

appena ricoperto. E in cui aveva messo una bara vuota.

Arretrò di qualche passo per osservare il lavoro, mentre il sole tramontava alle sue spalle, insanguinando la valle.

"Vaja con Dios", mormorò alla fine Jim, toccandosi il berretto.

Poi lo tolse dal capo in segno di rispetto e restò ancora qualche attimo davanti alla tomba, gli occhi chiusi. Terminò la

preghiera con una promessa: quando tutto sarebbe finito, sarebbe tornato per eseguire una sepoltura più dignitosa.

Oh, sì, pensò. Metterò un'iscrizione, vecchio mio, di quelle che fanno piangere la gente buona. E ci saranno anche

statue di angeli. E corone di fiori. Sì… Corone di fiori.

Tirò su col naso e si asciugò in fretta un occhio. Scosse la testa non appena la mente riformulò la solita domanda, quella

che lui chiamava Domanda Del Perditempo.

Perché il mondo era diviso in forti e deboli?

MH!… Divertente, vero?

Ma aveva smesso da parecchio, oramai, di cercare la risposta.

Probabilmente c'era. Ma non la voleva sapere, così come non voleva sapere se esisteva o no un Dio o se infilarsi una

pietra nelle brache e farsi una nuotata nel fiume era così annegante come sembrava.

Si voltò e scese la collina, camminando lentamente e guardando per terra. Fra un po' sarebbe stato buio, e Lui sarebbe

tornato, come ogni notte da troppo tempo.

Ma la vita doveva continuare. Soprattutto adesso.

Era dura, sì. Molto.

Ma a che cosa si poteva confrontare la vita, in fondo? Cioè… L'alternativa qual era, se ce n'era una?

Oh, adesso vedi di piantarla, si disse.

"Dove l'hai seppellito?", gli chiese Timmy non appena fu tornato alla casa di mattoni.

Jim annuì in direzione della finestra. "Sulla collina. Vicino alla quercia grande. Il lupo non la troverà.

E anche se la trovasse, non fa differenza. La bara è vuota…".

"E lui sa benissimo perché è vuota, e scommetto che in questo momento si sta scompisciando dalle risate. - Timmy

assottigliò gli occhi. - Non credi anche tu che si stia scompisciando dalle risate, Jimmy?".

Jim si sedette davanti al fuoco e leccò una cartina. La infilò in bocca e accese. "Rida pure, se vuole. Fa bene, a farlo.

Perché stasera, se si fa di nuovo vedere, morirà. La pagherà cara per Tommy, lo giuro. E' ora di finirla".

"Hai un piano nuovo?".

Jim guardò in direzione del pentolone, dove bolliva l'acqua per la zuppa.

"Jimmy?".

"Uhu?".

"Allora, hai un piano nuovo o no?".

"Ci sto pensando. Potremmo lasciarlo lì, quello, stanotte".

"A cosa… ti riferisci?".

"Al pentolone. Lasciamo il fuoco acceso, e se quel figlio di puttana scende dal camino, come ha fatto ieri, troverà una

bella sorpresa, stavolta. Gli bruciamo il culo".

Timmy tentennò la testa. "Non lo so, Jim. Quel bastardo è furbo".

"Hai fatto munizioni per le fionde?".

"Sì. Ho raccolto un bel po' di pietre".

"Le finestre?".

"Ho inchiodato un'asse nuova su quella del bagno. La notte scorsa era stata tolta".

Jimmy sgranò gli occhi. "Era riuscito a togliere quella del bagno? Stai scherzando?".

Timmy fece di no con la testa.

"Cristo santo".

"Sai, ho pensato che dovremmo rinforzare la zona est. Inchiodare qualche asse in più sulla porta e magari mettere anche

delle trappole, qua e là. Buchi ricoperti da ramoscelli, o cose così".

"Ci vorrà del tempo, ma sarà la prima cosa che faremo doma…".

Toc toc

"…ni". Jimmy guardò fuori della finestra.

"Merda", disse.

Il sole era tramontato, il mondo era già buio.

E la luna era alta nel cielo.

"YU-UUUH? Siete in casa, cuoriciniii?".

Jim arricciò il naso e grugnì. "Fatti fottere, lupo!".

Dall'esterno arrivò una risata sguaiata.

"Timmy! L'armadio! Aiutami a spostare l'armadio davanti alla porta!".

"Arrivo!".

"Ehi, porcellini! Aprite la porta, non vi faccio niente, voglio solo parlare un po'! AHR! AHR!".

"Dài, Timmy, spingi!".

"Nnnngh!".

"Volete che faccia PUF alla vostra casetta?".

Tim smise di spingere e si asciugò la fronte. Arricciò il musetto. "Questa è una casetta di mattoni, coglione! Provaci!".

"Ehi, stronzo! Ieri sera mi sono pappato il tuo fratellino, lo sai? Con del vino rosso! Tua

madre invece me la sono fatta con contorno di patate! AHR! AHR!".

Timmy strinse i denti.

"Non ascoltarlo", gli disse Jimmy.

"Hai sentito? Ha detto che si è… anche la mamma".

"Balle".

"Sei certo che sia al sicuro, da nostro cugino Benny?".

"Ha una casa che è una specie di fortezza. E il lupo non può essere arrivato fin là".

"Sì, ma…".

"Lo sta dicendo solo per provocarti. Non abboccare".

"Non vi sento più, porcellini! Ci siete ancora, vero?"

"Jim, passami la fionda".

"Tieni. Sta' attento".

Tim si diresse nel punto della parete dove c'era la feritoria e prese la mira.

Questa è per Tommy, sacco di merda, pensò, chiudendo un occhio.

Scoccò.

"OUH!".

"L'ho beccato, Jimmy! L'ho beccato! Aha!".

Jim sorrise e spiò dalla feritoia: il lupo saltellava, tenendosi una zampa.

"Cristo! Mi ci faccio una bella scorpacciata con voi due piccoli bastardelli, lo giuro!".

"Quella era per Tommy, lupo!", gli rispose Tim, e offrì il palmo della mano a Jimmy, che battè il cinque.

"Vi papperò. Tutti e due! Gnam gnagnam gnagnam, statene certi!".

"Noi siamo sempre in casa, se ci cerchi!".

Il lupo ringhiò di rabbia e corse all'altro lato del cortile.

… Oppure stava scappando? Tim scosse la testa, accigliandosi.

"Jim. - disse - Non lo vedo più".

"Da che parte è andato?".

"Destra".

"Forse l'hai ferito di brutto".

"Naa. Sta facendo qualcosa. E' ancora là, da qualche parte. E sta facendo qualcosa".

"Gli hai quasi frantumato una zampa. Io dico che non si fa più vedere, stasera".

"Dici?".

"Penso di…". Jim guardò il soffitto. "Timmy…", chiamò.

"Che c'è?".

"Ritiro tutto quello che ho detto. Ho sentito un rumore".

"Non…".

"Ssssssssssss".

I due porcellini rimasero in silenzio, le orecchie tese.

Toc… toc-toc…

"E' qui sopra", disse ad un certo punto Jim, sottovoce. "Sul tetto. Vuole di nuovo calarsi dal camino".

"Oh, no…".

Jimmy guardò il suo fratellino. "Oh no cosa? E' perfetto, invece. Cadrà nel pentolone di acqua bollente".

"Ma sei sicuro che funzionerà?".

"Deve funzionare. Si ustionerà, e noi lo cattureremo".

"E se togliessimo la pentola? Cadrebbe direttamente sul fuoco".

"Mmsì. Ma atterrando da quell'altezza potrebbe spegnerlo. Bene che vada, si scotta un po'. E quando si rialza siamo

fottuti. Con l'acqua bollente, invece, andiamo sul sicuro".

Timmy annuì, pensoso. Poi schioccò le dita. "Senti questa. Togliamo il pentolone. Attizziamo il fuoco e, per essere ancora

più sicuri che si faccia molto male, sotto ci mettiamo qualcosa di… appuntito. Un paletto affilato. Capisci cosa intendo?".

"Fantastico! Lo spiediniamo!".

"Esattamente. Dài, dammi una mano. Io ravvivo il fuoco, tu cerca qualcosa. C'è il forcone, nello sgabuzzino".

"Sì! Vado subito a prender…".

Si udì un RRRRRRRRRRUUUUUUUUMBLE

seguito da uno SPLASH! e dal grido di dolore del lupo, che era appena atterrato nella pentola.

"M-merda!", esclamò Timmy, premendosi una mano sul cuore.

"Lascia perdere tutto, fratello, sarà per la prossima volta. - disse Jim, abbassando la visiera del berretto - Adesso

riempiamolo di botte, quello stronzo".

"Ehi, cosa…? Aspettate, fermi!".

"Prendi questo".

"AW!".

"E questo!", disse Timmy.

"Uuuuuuh!".

Jimmy si sedette sul petto del lupo cattivo e lo prese a sberle.

"Aw! Aw! Aw!".

Gli sputò in faccia.

"Uugh…".

"Ptù. Sacco di merda. Ehi, Timmy, gli pisciamo addosso?".

"Volentieri", rispose Tim.

"Ehi!… NO! Fermi!".

"Gna ha ha ha". "Gnaaeh eh eh!".

"Maledet… ti. Bastar… di! Vi faccio a pezzi…".

"Oh oh oh. Cos'hai detto?". "Gne eh eh!".

"Vi ucciderò…".

"Forse nei tuoi sogni, lupo", disse Jim.

E lo colpì alla testa.

Un…(Oooh, la testa, la sua povera teeesta)

Un maialino grassottello con un paio di forbici in mano?

Cos'era, un sogno o cosa?

L'altro, poco più in là, aveva un martello e dei chiodi.

Il lupo spostò lo sguardo alla sua destra, e notò una siringa con un rimasuglio di liquido blu all'interno. Un laccio

emostatico legato al braccio. Si sentiva la testa leggera, leggera, e nel cervello c'era una musichetta che faceva:

DLIN, DI-LIN-DIN, DI-LIN-DIN, DLIN...

"Hosa… hate… hacendo?". Nel dirlo, sbavò.

"Sssh. Dormi, è un sogno".

"E' un hognio? Hei hicuro?".

"Sì, sì. Sssh, dormi, ti svegliamo noi".

"Hosa mi avete dato?".

"Niente. Non preoccuparti".

"Alloha mi svegliate voi?".

"Sì, sì".

"Ha bene, hrazie… Huonanotte". Il lupo sorrise di un sorriso demente. Poi abbassò lentamente le palpebre

pesanti e...

sbattè gli occhi, riprendendo i sensi. "Ooh…", si lamentò, accigliandosi. "Ma cosa…?".

La visuale era ancora quella di un maialino grassottello. Solo, più nitida di prima…

Ma quando era stato, prima? Quanto tempo era passato?

Roteò i pugni nelle orbite. Stava ancora sognando, giusto?

"Sai, lupo, ci abbiamo pensato su", disse la voce di Jim.

"Uhu?". Il lupo tentò di alzarsi, ma ricadde. Le scottature, su tutto il corpo, bruciavano e prudevano. "Ooh. Dio".

"Tu sei un lupo. Noi - Jim si indicò - siamo maialini, e siamo cacciati. Ma non è colpa tua. Fa parte della Natura".

"Sì… Sono d'accordo…".

"Ci sono i Forti e ci sono i Deboli".

"Mh-mh".

"E i Forti mangiano i Deboli. E' normale".

"Certo che lo è".

"Quindi, ti lasceremo andare. Vai per la tua strada, lupo".

Jim andò verso la porta (l'armadio era stato rimesso al suo posto) e la spalancò. Ruotò il braccio ad indicargli l'esterno:

era ancora buio. "Ecco qui. - disse - Sei perdonato. E libero".

"Dici sul serio?".

"Oink".

"Era un sì?".

"Oink", annuì Jimmy. "Sarebbe troppo facile per noi vendicare la morte del nostro fratellino spaccandoti la testa e

facendoti uscire quella prugna secca che hai al posto del cervello. Sarebbe troppo facile infilarti una mano in bocca e

spingere in giù fino a prenderti un polmone e poi strappartelo via. No, non combatteremo la violenza con la violenza.

Non ci abbasseremo a tanto. Solo, devi prometterci che non ci tormenterai più".

"Lo prometto. Sì. Prometto che… non vi tormenterò MAI più".

"Abbiamo la tua parola?".

"Avete la mia parola".

Jimmy e Timmy si guardarono, come a voler soppesare la promessa del loro nemico. "Secondo te è sincero?".

"Sì, Tim. Ha imparato la lezione".

"Sì, l'ho imparata… Vi assicuro che l'ho imparata".

Tim sospirò. "Va bene. - disse - Fuori di qui".

Il lupo si alzò, sorreggendosi con le braccia. "Hnnn", disse nello sforzo. "Hnnnnnn. Cristo, datemi una mano".

"No. Devi farcela da solo".

"Hnnnngh… AH!". Alla fine il lupo fu in piedi, anche se barcollante. Timmy e Jimmy lo guardavano come si guarda

qualcosa di… strano.

"Come ti senti?", chiese il porcellino Jim, e Tim nascose una sghignazzatina con la mano.

"B-bene", rispose il lupo. E sorrise, ebete.

Poi tossì e sputò sangue.

"Tch. Mi farei vedere, se fossi in te", gli suggerì Jimmy.

"Giàa". Il lupo barcollava, lo sguardo stralunato. "Sì, farò così. Cosa facevi con le forbici, prima?".

"Come hai detto?".

"Oh, lascia perdere. Devo averlo sognato".

"Vattene, lupo. Prima che cambiamo idea. Esci dalla nostra casetta di mattoni e dalla nostra vita pacifica e non farti più

rivedere".

"Potete scommetterci".

"Vai, allora!… O qualcosa ti trattiene in questo posto?".

"Mmpfff!", fece Timmy, stavolta senza nascondersi.

"Che cosa…?".

"Forse sei talmente affezionato a noi che… come dire… ti senti inchiodato qui".

"Mmmmpfff!".

"Vi siete bevuti il cervello? Credete che non me ne andrò?".

"Fai un po' tu".

"Be', sta a vedere, porcellino". Il lupo fece un ironico saluto militare e si voltò verso la porta aperta. "Adios!".

"Ciao, né?".

Il lupo cattivo camminò lentamente. Fece una smorfia, come di uno a cui non tornino alcuni conti.

"Ma che cazzo…?", disse.

Abbassò gli occhi a guardarsi il ventre.

Era squarciato, e fuoriuscivano le budella. Ma non sentiva nessun dolore, era come se…

Ebbe, improvvisa e apparentemente senza motivo, la fugace immagine di una siringa con un liquido blu all'interno.

Mi hanno drogato!, capì. In modo che non sentissi niente!

I suoi intestini fuoriuscivano man mano che avanzava verso la porta, così smise di camminare. Orripilato, seguì con lo

sguardo il loro viscido percorso, e notò che un'estremità era inchiodata al pavimento di legno. Sgranò gli occhi.

"AH! Ah ah!". "Eoh eoh eoh!". I porcellini risero alla sua espressione e lo indicarono.

"Mi avete… sbudellato!".

"Noi? La colpa è tua, potevi rimanere dov'eri!".

Il lupo cattivo si sporse in avanti e vomitò un fiotto di sangue scuro. Lo osservò sul pavimento con aria trasognata.

"Sto… Sto morendo. Aiutatemi…".

"Gnegne gnegne gneeee gné", cantilenò Timmy.

"Nonno-no-o, nonno-no-o, non ti aiutiaa-mo", aggiunse l'altro porcellino.

In coro: "Tu sta-i moren-do, e noi no-oo".

"Vi preg… ooorgl!". Altro fiotto di sangue. Il lupo cadde in ginocchio, e il porcellino Jimmy lo sorresse per le ascelle.

"Alzati. C'è una cosa che devi fare per noi, prima di schiattare".

"N-non ce la facc…".

"Alzati, ho detto!".

Il lupo a fatica si alzò, barcollante come un ubriaco.

"V-vi prego…", biascicò. Spostò lo sguardo a sinistra, e vide che l'altro porcellino sopraggiungeva con una torcia

accesa.

Un brivido gli salì lungo la spina dorsale.

"Ehi. - disse - C-che cosa vuoi fare con quella?".

"Balla, lupo", disse il porcellino con un sorrisetto cattivo.

Jimmy ora aveva un violino fra le braccia. Diede il tempo, battendo tre volte la zampetta sul pavimento, poi prese a

suonare una canzonetta country… che poi rallentò, rallentò, fino a trasformarsi in una nenìa lenta e triste, simile a…

Simile a…

(Taa, tat-tataaa - tatta tatta tatta-taaa)

(Jimmy lo guardò e sorrise, sperando che avesse capito)

La marcia funebre…, intuì dopo un po' il lupo cattivo.

"Balla, brutto figlio di puttana", ripetè Timmy, avvicinandogli la fiamma della torcia alla coda. "Balla per noi".

Il lupo chiuse gli occhi e trasse un respiro…

"YOOOAW!", gridò quando il fuoco attecchì al pelo scuro della sua coda, e spiccò un balzo, facendo fuoriuscire altri

dolorosi centimetri di intestini.

"Ho detto di ballare!".

"UOOAUH! OUH!".

"Gne eh eh".

"V-vi prego… Pietà!".

"Scordatela".

"Sarò buono, non vi tormenterò mai più, lo giuro!".

"Sì? Perché non mi baci il culo, lupo?".

"Non uccidetemi così… Voglio un prete, prima".

"Ti piacerebbe, eh? Coraggio, danza".

"YAUHAU!". Fuoriuscirono altre budella. "B-basta!".

"Abbiamo quasi finito. Che c'è, non hai più energie? Ti senti svuotato?".

Il lupo si tenne gli intestini. Un pezzo gli scivolò fra le dita come un lombrico ribelle, e lui tentò di rimetterlo dentro senza

riuscirci. Dalle fauci colavano sangue e schiuma. Era come se nella pancia vi fosse una festa con tanti mortaretti e fuochi

artificiali.

E' finita, pensò, e nel pensarlo sputò altro sangue.

La porta, dinnanzi a lui, era ancora spalancata.

Vi si diresse, dimenticando il piccolo particolare di avere le interiora inchiodate al pavimento, e altri centimetri di budella si

srotolarono come un gomitolo viscido e insanguinato.

La porta…

Sto raggiungendo la porta… Ecco la porta, eccola, sto per uscire, sto per andarmene, per riguadagnare la

libertà…

Il lupo continuò ad avanzare, un sorrisetto ebete stampato sul volto. Il dolore era intenso, supremo, ma poco importava,

perché stava per uscire, capite, stava per uscire da quella cazzo di casetta di mattoni, uh, sì, se ne stava andando, si

fottessero quei porcellini, ah ah ah, oddio, sì, stava per infilare la porta, fra poco sarebbe uscito e li avrebbe fatti fessi, ah

ah ah, o Signore nell'Alto dei Cieli, era da morire dal…!

Cadde riverso al suolo con il muso all'ingiù a pochi passi dalla porta. Ebbe la forza per voltarsi un po' e guardare dietro di

sé. Metri di viscere dipanate lo rincorrevano, insieme a una striscia rossa simile a una frenata sanguinolenta.

Era come essere legati a un cordone ombelicale mortale.

Posso… ancora… farcela…, pensò.

Nell'agonia, all'interno della sua mente risuonarono, cupe, le note di QUELLA canzone. Quella che loro cantavano

sempre quando erano tutti insieme e felici, prima dei suoi attacchi notturni. Quella che aveva ascoltato tante volte…

Siam tre piccoli porcellin

Siamo tre

Fratellin

(Due, sono rimasti in due, AH AH!)

Mai nessun ci dividerà

(FATTO!)

Tralla lalla là

Il più piccolo dei tre

(Me lo sono pappato!)

Ad un tratto disse: ahimè…

Poi tutto divenne confuso e distorto, e il lupo cattivo ebbe un guizzo di dolore.

"Farò… PUF… alla vostra… casetta", biascicò, e sorrise.

Furono le sue ultime parole.

L'istante successivo era rimasto così, con gli occhi aperti incrociati e gli angoli della bocca arricciati verso l'alto.

"Questa è una casetta di mattoni, coglione", mormorò Timmy, togliendosi il berretto come per rendere onore a un nemico

che si era battuto valorosamente.

Jimmy si fece il segno della croce e sputò sul pavimento.

Si avvicinò al lupo e lo guardò.

"Che occhi GRANDI, che hai", gli disse.

Sghignazzate.

Poi restarono in silenzio per un po'.

"Cosa facciamo, adesso? - chiese ad un tratto Timmy, serio - Gli diamo una sepoltura regolare?".

"Certo", annuì Jimmy.

Si guardarono.

Di nuovo, scoppiarono a ridere.

"C'è bisogno di un tappeto nuovo in salotto", fece presente Jimmy.

"E di tendine per il bagno".

"Vero".

"E strofinacci per la polvere".

"Anche".

Timmy sgranò gli occhi. "Ehi!", disse.

"Cosa c'è?".

"Perché con il cranio non ci facciamo un portacenere?".

Jimmy lo indicò. "E' un'idea, fratello. - disse, camminando verso lo sgabuzzino - E' un'idea…".

Uscì con uno zerbino. Sopra c'era scritto: WELCOME.

Lo mise fuori, davanti all'uscio. Quindi, rientrò.

"Che c'è per cena, Tim?".

"Non indovinerai mai".

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(Riccardo Coltri, 1999)




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