Il libro: "I vendicatori" & "Desperation"

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Richard Bachman & Stephen King

 

King ha ormai abituato i suoi lettori ad esperimenti editoriali di vario tipo. Uno di quelli che più mi ha entusiasmato è stata la pubblicazione dei due "romanzi gemelli" "Desperation", firmato da King, e "I vendicatori", firmato da Richard Bachman.

Il rapporto di King con Bachman è sempre stato particolarmente ambiguo, Richard era "La metà oscura" di Stephen, "non proprio un bravo ragazzo"; ma proprio quello stesso Bachman, morto ormai da anni per un diagnosticato "cancro da pseudonimo", rispuntò fuori all’improvviso con il suo romanzo mai pubblicato. Intendiamoci bene, Bachman è morto e sepolto, fu la vedova a trovare il manoscritto de "I vendicatori" nella polverosa soffitta fra le carte del marito. E King, cosa ne pensava? King pensava: "Io ora non sono Richard Bachman". E così fra un sorriso sornione e una scrollata di spalle, il nostro sembrava ai tempi volersi parare dal timore di un insuccesso. Lui diceva di aver seguito una Voce interiore che gli avrebbe suggerito di usare i personaggi di "Desperation" per comporre il cast di "I vendicatori". E, in effetti, proprio di un cast si tratta, di una compagnia teatrale, i cui attori recitano in entrambi i copioni ricoprendo però ruoli diversi. Così chi è morto nelle prime pagine di uno, nell’altro può rimanere vivo e vegeto fino al the end e viceversa. In un’intervista King diceva che non è importante che sia letto prima un romanzo oppure l’altro, l’importante è leggerli entrambi. Anche se può sembrare una sbruffonata che fa sorridere non possiamo dargli torto: le idee ci sono, e pure buone, anche se ci pare che il parto "bachmaniano" funzioni meglio di quello kinghiano. Più compatto e serrato il respiro del primo (forte delle sue "sole" 400 pagine), più dispersivo e a volte troppo lento il secondo (dall’alto delle sue 600 pagine, di cui almeno 100 di troppo). Come si diceva, però, entrambi i romanzi risultano buoni.

"I vendicatori" cala nella tranquilla realtà di un tipico quartiere americano un incubo di orrore e distruzione, che si materializza dalla mente di un bambino, fondendo i toni del western con i tecnologismi di robot e guerrieri spaziali dell’ultimissima generazione. Nel piccolo Seth si fondono il Male e il Bene, è una lotta interiore che esplode distruggendo tutto quanto incontra sul suo cammino. Il tema che lega questo romanzo al "Desperation" di King è la possessione da parte di un demone, un vampiro del 2000, che succhia agli altri energia vitale, ma psichica questa volta: il sangue non viene succhiato, viene solo sparso e disperso sulle rovine di un mondo che sembra ormai soccombere agli attacchi del Male e dell’Irrazionale. Un demone che viene dalle profondità della terra, così simile al clownesco e per questo tanto più spaventoso "It".

In "Desperation" invece sono più marcati i tratti dell’horror-western con toni biblici da Vecchio Testamento che tanto ricordano le pagine de "L’ombra dello Scorpione": un poliziotto di una piccola cittadina mineraria del Nevada viene posseduto da quella stessa entità che si era impadronita di Seth e sovrapposta alla sua mente ne "I vendicatori". Uccide così tutti gli abitanti e tutti coloro che si trovano disgraziatamente a passare da quelle parti, ad eccezione di un piccolo drappello di pochi eletti (l’Associazione dei Sopravvissuti a Colli Entragian). Anche qui la salvezza viene da un bambino (figura salvifica centrale in tutta l’opera di King), dal significativo nome biblico (David), come del resto biblica è l’atmosfera che si respira per una buona metà della narrazione. Non mancano i miracoli, né i tradizionali araldi del Signore del Male: lupi, scorpioni, ragni e via discorrendo.

Tanto è rimasto della precedente produzione di King in questi libri quindi, ma tanto si è pure evoluto. Si ha l’impressione che i suoi romanzi si vadano via via "acculturando", il suo "citazionismo", per così dire (sia diretto sia soltanto suggerito) ha avuto in queste ultime creazioni una notevole impennata e questo sembra giovare molto al tono delle sue opere.

Eravamo infatti già abituati alla particolarità dell’opera di King di costruirsi su richiami interni fra romanzi diversi: personaggi che ritornano, storie che si intrecciano, luoghi inventati che arrivano a sistemarsi in una rigorosa mappa geografica e che fanno da sfondo ad alcune delle più note avventure nate dagli incubi di King (il più famoso è certamente Castel Rock in cui sono ambientati romanzi come "Cujo" , "Cose preziose" e diversi racconti, ma anche Derry e, recentemente, Little Tall Island…). Anche in questo caso il gioco dei richiami si impone di prepotenza all’attenzione del lettore: una delle protagoniste femminili di "Desperation" e de "I Vendicatori" era anche una delle protagoniste di "Rose Madder". Per il resto però la struttura è molto particolare e senza dubbio originale: i due romanzi si scambiano i protagonisti come potrebbero farlo due ragazzini alle prese con un album di figurine, e, soprattutto, il gioco funziona. E funzionano anche i cenni (che sono spesso inseriti fra le righe dei suoi libri) ai "romanzi di Stephen King" (nell’ultimo caso si tratterebbe di Shining, uno dei più amati dall’autore).

Ma il "citazionismo" kinghiano non è solo questo. È anche un costante riferimento a romanzi, film, canzoni che in qualche modo aiutano a costruire e a innervare la storia. Da "Insomnia" in poi anche la cultura classica (mitica e filosofica) è entrata in dosi massicce nelle sue pagine (le Parche di "Insomnia", il Minotauro di "Rose Madder…).

È bene però fare una menzione particolare ad "Alice nel paese delle meraviglie" e "Alice dietro lo specchio", che King cita spesso nelle sue opere. Nel caso dei "romanzi gemelli", in un’intervista, ha addirittura dichiarato che questi suoi due lavori si pongono nello stesso rapporto in cui si ponevano, più di un secolo fa, i due di Lewis Carrol. Forse la cosa è più complessa, ma può senz’altro servire per far capire a chi non conosce "il solitario del Maine" il mondo "altro" in cui si muovono i suoi personaggi, un mondo in cui (una volta oltrepassato lo specchio) tutto, ma proprio tutto, può accadere: dove semplici giochi per bambini possono diventare fin troppo reali strumenti di distruzione e dove una miniera abbandonata può diventare la fetida e putrescente culla del Male.

 

Elissa Piccinini

elissa.p@tiscalinet.it

 

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